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1 Associazioni Crisane Lavoratori Italiani C ircolando per CHIVASSO e dintorni... DICEMBRE 2017 Noziario per soci e simpazzan distribuzione gratuita stampato in proprio da Circolo ACLI di Chivasso via Italia 10 Strumento di informazione e di collegamento con i soci, non è un periodico e non ha caraere giornalisco scaricabile anche dal sito www.aclochivasso.it può essere richiesto inviando una mail a [email protected] Alle attività già in essere quali, lAlzheimer Caffè, la formazione delle assistenti familiari, lassociazione Angelo Vassallo di Libera, l'asso- ciazione Trebbiatori e gli incontri dei nostri cir- coli e relativi consigli direttivi, si stanno aggiun- gendo: un gruppo di giovani che si interessa di fotografia e video, un coro polifonico, l aper- tura di un punto di incontro per il gruppo di ac- quisto lAlveare dice sì”. Altre attività sono inoltre in itinereper cercare di riempire e sfruttare questa sede al meglio sempre con lobiettivo di rivitalizzare il quartie- re oggi carente di strutture sociali. Quanto riusciremo a fare non lo sappiamo ma la speranzaci sostiene. A gennaio, con altre associazioni collaboreremo per portare a Chivasso la mostra fotografica EXODOS, sulla tematica dei migranti, edita dalla regione Piemonte. Sempre a gennaio ab- biamo in programma un incontro di formazione LA NUOVA LEGGE ELETTORALEin previ- sione delle elezioni primaverili. Con la parrocchia San Giuseppe Lavoratore stia- mo programmando un momento di riflessione sulla tematica del lavoro in occasione della fe- stività del 1° maggio. Anche i servizi di patronato e di caf si sono rior- ganizzati per migliorare la loro attività con la- C arissimi soci e simpatizzanti, termina un altro anno ed è tempo di fare un mi- nimo di bilancio. Come già anticipato nel numero di aprile abbia- mo aperto la sede del centro incontri I CAREnellex convento cappuccini di via Mazzè ed in questa saletta stiamo iniziando a proporre le nostre attività. In questi mesi abbiam cercato di apportare qualche miglioria, come le doppie porte agli in- gressi, e un poper volta cercheremo di creare un ambiente il più possibile confortevole ed ac- cogliente che ci permetta di farlo diventare un punto di incontro per il quartiere della zona cap- puccini. Già con il prossimo anno speriamo di poter pro- porre anche pomeriggi di musica e di svago. pertura del nuovo FRONT OFFICE, aperto tutto il giorno per informazioni ed appuntamenti. Lo sforzo è notevole anche in considerazione che a fronte dellaumento dei servizi erogati, abbiamo subito tagli economici importanti; ma riteniamo che, come ACLI, non possiamo dero- gare dal nostro impegno a favore dei cittadini soprattutto dei meno abbienti. Una notazione di tipo politico. In estate si è in- sediata la nuova amministrazione comunale con a capo il sindaco Claudio Castello, già asses- sore della giunta precedente: a lui ma a tutti gli amministratori di maggioranza e minoranza facciamo i migliori auguri affinchè possano su- perare le beghe elettorali e impegnarsi concre- tamente sui problemi del territorio chivassese dando anche una dimostrazione di volontà poli- tica per ridurre la distanza tra cittadini e stato. Concludo facendo a tutti voi laugurio per un Santo Natale di serenità in famiglia e un 2018 di felicità. Beppe stocco Un caro e sincero augurio di Buon Natale! Il titolo è volutamente provocatorio, perché a parlare in linea ufficiale di Vangelo sono più di una Chiesa Cristiana. Eppure non basta. Non basta mai! La voce di Dio sovrasta le nostre fra- gili predicazioni. Ma non è solo questo. Nel suo significato originario Vangelo è Buona Notizia di liberazione dalle nostre schiavitù. Nuovo Esodo. Grazia di Amnistia. Ma chi sono i messaggeri di liberazione, che danno carne al vangelo, qui a Chivasso? Ne cito quattro, scusandomi con quanti ho di- menticato: lex (sic!) assessore Annalisa DeCol, che con tanta ostinazione ha voluto un ricove- ro per gli emarginati; linfaticabile Lina Borghe- sio da sempre concretamente attenta alle don- ne in difficolltà; gli impegnati Aclisti dellAlzhai- mer Café e corso badanti annesso; le due fami- glie di Casa Betlemmecon i loro progetti di accoglienza missionaria in casa propria. Quello che abbiamo notato in questi nostri an- ni di militanza fratesca è come i cattolici delle parrocchie dormano della grossa sul Vangelo che riguarda la vita di relazione con le persone e con il territorio. Sbattersi per il lavoro-casa-sanità-accoglienza- ecologia-politica del bene comune? Ronf- Ronf. Meglio spiritualizzare la fede? Attenzione! Il Vangelo si vive dentro la città. Non si può guardare la realtà delle cose dalle- sterno, quando si è parti in causa. Si rischia di indurire il volto e di atteggiarci a giudici; o di ammansire la propria coscienza. I quattro esempi che ho citato, diversi tra lo- ro, vivono la loro fede uscendo dal tempio. Non sono dei sacrestani. Si sono rimboccati le maniche, e hanno tessuto lesistenza di accenti fraterni. Gesù, per amore del Vangelo, è uscito dallor- todossia della religione del sabato, per ripristi- nare il Sabato di Dio: quello della dignità di ogni persona! Dove trovare un po’ di Vangelo vivo in città! di Fra Carlo

Circolando - aclichivasso.it dicembre 2017[6960].pdf · professore di sociologia Maurizio Ambrosini. Questo scritto demolisce molte credenze dif-fuse tra la popolazione italiana da

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Associazioni Cristiane

Lavoratori Italiani

Circolando per CHIVASSO e dintorni... DICEMBRE 2017

Notiziario per soci e simpatizzanti distribuzione gratuita stampato in proprio da Circolo ACLI di Chivasso via Italia 10

Strumento di informazione e di collegamento con i soci, non è un periodico e non ha carattere giornalistico

scaricabile anche dal sito www.aclochivasso.it può essere richiesto inviando una mail a [email protected]

Alle attività già in essere quali, l’Alzheimer

Caffè, la formazione delle assistenti familiari,

l’associazione Angelo Vassallo di Libera, l'asso-

ciazione Trebbiatori e gli incontri dei nostri cir-

coli e relativi consigli direttivi, si stanno aggiun-

gendo: un gruppo di giovani che si interessa di

fotografia e video, un coro polifonico, l’aper-

tura di un punto di incontro per il gruppo di ac-

quisto “l’Alveare dice sì”.

Altre attività sono inoltre “in itinere” per cercare

di riempire e sfruttare questa sede al meglio

sempre con l’obiettivo di rivitalizzare il quartie-

re oggi carente di strutture sociali.

Quanto riusciremo a fare non lo sappiamo ma la

“speranza” ci sostiene.

A gennaio, con altre associazioni collaboreremo

per portare a Chivasso la mostra fotografica

EXODOS, sulla tematica dei migranti, edita

dalla regione Piemonte. Sempre a gennaio ab-

biamo in programma un incontro di formazione

“LA NUOVA LEGGE ELETTORALE” in previ-

sione delle elezioni primaverili.

Con la parrocchia San Giuseppe Lavoratore stia-

mo programmando un momento di riflessione

sulla tematica del lavoro in occasione della fe-

stività del 1° maggio.

Anche i servizi di patronato e di caf si sono rior-

ganizzati per migliorare la loro attività con l’a-

C arissimi soci e simpatizzanti,

termina un altro anno ed è tempo di fare un mi-

nimo di bilancio.

Come già anticipato nel numero di aprile abbia-

mo aperto la sede del centro incontri “I CARE”

nell’ex convento cappuccini di via Mazzè ed in

questa saletta stiamo iniziando a proporre le

nostre attività.

In questi mesi abbiam cercato di apportare

qualche miglioria, come le doppie porte agli in-

gressi, e un po’ per volta cercheremo di creare

un ambiente il più possibile confortevole ed ac-

cogliente che ci permetta di farlo diventare un

punto di incontro per il quartiere della zona cap-

puccini.

Già con il prossimo anno speriamo di poter pro-

porre anche pomeriggi di musica e di svago.

pertura del nuovo FRONT OFFICE, aperto tutto

il giorno per informazioni ed appuntamenti.

Lo sforzo è notevole anche in considerazione

che a fronte dell’aumento dei servizi erogati,

abbiamo subito tagli economici importanti; ma

riteniamo che, come ACLI, non possiamo dero-

gare dal nostro impegno a favore dei cittadini

soprattutto dei meno abbienti.

Una notazione di tipo politico. In estate si è in-

sediata la nuova amministrazione comunale

con a capo il sindaco Claudio Castello, già asses-

sore della giunta precedente: a lui ma a tutti gli

amministratori di maggioranza e minoranza

facciamo i migliori auguri affinchè possano su-

perare le beghe elettorali e impegnarsi concre-

tamente sui problemi del territorio chivassese

dando anche una dimostrazione di volontà poli-

tica per ridurre la distanza tra cittadini e stato.

Concludo facendo a tutti voi l’augurio per un

Santo Natale di serenità in famiglia e un 2018 di

felicità. Beppe stocco

Un caro e sincero

augurio di

Buon Natale!

Il titolo è volutamente provocatorio, perché a

parlare in linea ufficiale di Vangelo sono più di

una Chiesa Cristiana. Eppure non basta. Non

basta mai! La voce di Dio sovrasta le nostre fra-

gili predicazioni.

Ma non è solo questo.

Nel suo significato originario Vangelo è Buona

Notizia di liberazione dalle nostre schiavitù.

Nuovo Esodo. Grazia di Amnistia.

Ma chi sono i messaggeri di liberazione, che

danno carne al vangelo, qui a Chivasso?

Ne cito quattro, scusandomi con quanti ho di-

menticato: l’ex (sic!) assessore Annalisa DeCol,

che con tanta ostinazione ha voluto un ricove-

ro per gli emarginati; l’infaticabile Lina Borghe-

sio da sempre concretamente attenta alle don-

ne in difficolltà; gli impegnati Aclisti dell’Alzhai-

mer Café e corso badanti annesso; le due fami-

glie di “Casa Betlemme” con i loro progetti di

accoglienza missionaria in casa propria.

Quello che abbiamo notato in questi nostri an-

ni di militanza fratesca è come i cattolici delle

parrocchie dormano della grossa sul Vangelo

che riguarda la vita di relazione con le persone

e con il territorio.

Sbattersi per il lavoro-casa-sanità-accoglienza-

ecologia-politica del bene comune? Ronf-

Ronf.

Meglio spiritualizzare la fede?

Attenzione! Il Vangelo si vive dentro la città.

Non si può guardare la realtà delle cose dall’e-

sterno, quando si è parti in causa.

Si rischia di indurire il volto e di atteggiarci a

giudici; o di ammansire la propria coscienza.

I quattro esempi che ho citato, diversi tra lo-

ro, vivono la loro fede uscendo dal tempio.

Non sono dei sacrestani. Si sono rimboccati le

maniche, e hanno tessuto l’esistenza di accenti

fraterni.

Gesù, per amore del Vangelo, è uscito dall’or-

todossia della religione del sabato, per ripristi-

nare il Sabato di Dio: quello della dignità di

ogni persona!

Dove trovare un po’ di Vangelo vivo in città! di Fra Carlo

2

Migrazioni e Migranti Tra dati di fatto e precomprensioni!

di Arturo Masetto

I n questo articolo ho raccolto una serie di

brani tratti dalle conclusioni dei primi 4 ca-

pitoli del libro “Migrazioni” – Egea editore del

professore di sociologia Maurizio Ambrosini.

Questo scritto demolisce molte credenze dif-

fuse tra la popolazione italiana da partiti e mo-

vimenti xenofobi (vedi tab. 1.1).

Il termine “immigrato” comporta sempre, più

o meno consapevolmente, una valenza peggio-

rativa. Altri stranieri residenti non sono perce-

piti o etichettati come immigrati: o perché pro-

vengono da paesi sviluppati, o perché sono

individualmente affrancati grazie all’eccellenza

in qualche campo di attività. Infatti, quando ad

attraversare le frontiere sono i cittadini del

Nord del mondo, preferiamo parlare di

“mobilità”, anziché di migrazione. Solo quan-

do sono in possesso di credenziali educative

adeguate e hanno competenze che possono

servire alle esigenze del mondo sviluppato

possono essere autorizzati a entrare: è il caso

per esempio di medici e infermieri. Per queste

ristrette categorie si è coniata la definizione di

migrazioni qualificate. Nella tab. 1.2 abbiamo visto

l’incidenza dei rifugiati e richiedenti asilo sul

complesso della popolazione migrata, insisten-

do su tre evidenze statistiche. Primo, i rifugiati

di norma fanno poca strada: sono accolti princi-

palmente in altre regioni del loro paese o nei

paesi vicini. Secondo, in Europa ne arrivano

relativamente pochi rispetto al carico che sop-

portano oggi paesi come Li-

bano, Turchia, Pakistan e

Giordania. Terzo, in Italia

sono sì cresciuti, ma rimango-

no una quota esigua sul com-

plesso della popolazione im-

migrata: all’incirca il 3%, e il 3

per mille della popolazione

residente complessiva.

Agli ingressi, in realtà calanti,

fa riscontro una crescita

dell’emigrazione verso l’este-

ro. Benchè non si tratti neces-

sariamente di cervelli in fuga,

e neppure soltanto di giovani,

il fenomeno segnala che sia-

mo inseriti in un contesto internazionale in

cui la mobilità è costitutiva e la riaffermazione

dei confini nazionali suona velleitaria e anti-

storica.

Va notato a questo punto che il dibattito pubbli-

co prescinde da questi dati conoscitivi. Nel 2015 in-

sisteva sull’aumento degli arrivi di rifugiati in

Europa, principalmente accolti in realtà dalla

Germania. Nel 2016 trascurava l’Europa per

dire che gli arrivi sono cresciuti del 18% in

Italia

Per concludere, va ribadito che l’immigrazio-

ne in Italia è sostanzialmente stabile, è dettata

da ragioni di lavoro o familiari (vedi tab. 1.2),

è in prevalenza femminile, europea, prove-

niente da paesi di tradizione cristiana. Non c’è

nessuna invasione in corso, tanto meno isla-

mica (vedi tab. 2.1).

Non è vero che gli immigrati arrivano dai pae-

si più poveri del mondo. In Italia come altro-

ve, provengono in gran parte da paesi inter-

medi quanto a posizionamento sull’indice di

sviluppo umano. Non sono neppure, media-

mente, i più poveri dei loro paesi.

Lo sviluppo di una certa area geografica nella

fase iniziale stimola l’emigrazione, perché più

persone scoprono nuove aspirazioni e dispon-

gono delle risorse per par-

tire. Solo nel medio-lungo

periodo l’emigrazione ral-

lenta ed eventualmente

s’inverte. A questa persi-

stenza dell’emigrazione

contribuisce il

grande fenomeno

delle rimesse, che

sostengono il be-

nessere di milioni

di famiglie nei pae-

si d’origine.

L’idea della pover-

tà come causa

dell’emigrazione si

traduce poi nella

paura di un assalto al nostro sistema di welfare.

Questa paura non è confermata dai dati dispo-

nibili: per ragioni anzitutto demografiche, gli

immigrati danno alle casse dello Stato più di

quanto prelevano, e come consumatori contri-

buiscono a far prosperare determinati mercati,

malgrado i costi indubbi dell’accoglienza dei

richiedenti asilo e rifugiati. Questo è meno ve-

ro a livello locale, dove determinate spese so-

ciali aumentano, rendendo auspicabile un rie-

quilibrio tra centro e periferia nell’impiego de-

gli introiti fiscali generati dagli immigrati.

Non va poi dimenticato il fondamentale con-

tributo che le donne immigrate danno alle fa-

miglie italiane, soprattutto facendosi carico

dell’assistenza agli anziani: sono il perno del

welfare invisibile che ha consentito di abbatte-

re i costi sociali della non autosufficienza.

Come mai persiste l’immigrazione irregolare e

si rivela così difficile da sradicare, malgrado

diversi decenni ormai di dichiarata chiusura

delle frontiere e di misure sempre più rigide

per restringere le possibilità di ingresso e per-

manenza sul territorio degli stranieri non auto-

rizzati. Possiamo concludere affermando in

maniera diretta o indiretta, l’immigrazione irrego-

lare trova sponde all’interno della società ricevente. Per

alcuni aspetti ne serve direttamente i fabbiso-

gni, per altri la riluttanza ad attuare una regola-

zione stringente si spiega con gli intrecci tra

una relativa apertura delle frontiere e altri inte-

ressi e valori: una più severa repressione li

metterebbe a repentaglio. Interviene infine la

3

questione dei costi, delle risorse umane e orga-

nizzative necessarie per attuare politiche più

determinate ed efficienti in materia.

Resta poi il fatto che nell’affrontare la questio-

ne, si sbaglia bersaglio e frontiera da presidiare:

l’attenzione di opinione pubblica, media e poli-

tica si concentra sulla sponda Sud e sugli sbar-

chi dal mare, mentre gli studi sull’argomento

spiegano che gli immigrati irregolari perlopiù

arrivano da Est, entrano in modo regolare, e

sono accolti e protetti soprattutto da famiglie

italiane.

Si potrebbe domandare: ma allora dobbiamo

accogliere tutti? Credo vada riconosciuto con

chiarezza che nessuno Stato nazionale, per

quanto democratico, abbia mai rinunciato a

regolamentare gli ingressi e ad espellere cittadi-

ni stranieri ritenuti indesiderati.

Il problema è trovare un equili-

brio tra istanze di difesa delle

frontiere, interessi vari che pro-

muovono l’apertura, obblighi

internazionali di protezione dei

rifugiati. Bisogna fare in modo

che la difesa dei confini non

danneggi in modo grave altri

valori e legittimi interessi. In

realtà poi le società riceventi già

oggi accolgono in maniera se-

lettiva, al di là e al di fuori delle

norme scritte: più le donne de-

gli uomini, più chi è meno visi-

bile di chi non può nascondere

la propria diversità, più chi tro-

va lavoro di chi non lo trova,

più chi rimane nascosto di chi

protesta, disturba o infastidisce

i cittadini. Non stiamo affatto

accogliendo tutti, e non lo fac-

ciamo sulla base di norme chia-

re e imparziali. Sull’altro fronte,

le persone partono perché sono

sottoposte a minacce molto se-

rie, come nel caso minoritario

dei rifugiati, oppure perché

hanno agganci sul posto e quin-

di speranze di poter trovare un

lavoro e sistemarsi.

Rimane alla fine una questione

di fondo che ha oggi serie con-

seguenze. Gli attori politici, da

anni, alcuni in modo

civile, altri in forme

semplificate e aggres-

sive, promettono una

chiusura delle frontie-

re solo in parte realiz-

zabile. La promessa

alimenta chiusure e

diffidenza. La sua

mancata realizzazione

semina rancore e sfi-

ducia. Dire la verità

all’opinione pubblica,

anziché fare mostra

di assecondarla, è un

onere imprescindibile

dei veri leader politici:

le migrazioni in un sistema democratico, intri-

so di valori liberali ed economicamente aperto,

possono essere controllate soltanto in parte,

salvo decidere di rinunciare a una parte non

irrilevante dei vantaggi della democrazia politi-

ca e del mercato libero.

Nei paesi sviluppati, come in molti paesi emer-

genti, si registra tuttora una domanda di lavoro

immigrato. Riguarda principalmente i livelli

inferiori del sistema occupazionale, tutt’altro

che aboliti, a dispetto delle retoriche sulla so-

cietà della conoscenza e sull’immigrazione qua-

lificata. La crisi economica l’ha intaccata, ma

non rovesciata: i cittadini europei rimangono

restii a ripiegare sui lavori più faticosi e meno

riconosciuti socialmente, quelli che abbiamo

definito i lavori “delle cinque P” (pesanti, peri-

L’angolo del Poeta… di fra Carlo Basili Mediterraneo Balneare

D’estate il mare è ripulito dal catrame,

dalla sporcizia delle carcasse morte.

Verranno i villeggianti a villeggiare

Sulle tombe degli emigranti annegati

neppure un fiore, ma il palo

variopinto dell’ombrellone.

colosi, precari, poco pagati, penalizzati social-

mente). Di fatto i sistemi economici hanno

sempre bisogno di nuovi immigrati, e per certe

occupazioni di immigrati soli, senza legami fa-

miliari.

Politicamente però questi fabbisogni sono dif-

ficili da ammettere, dati i livelli raggiunti dalla

disoccupazione. Per questa ragione economia

e politica si divaricano: la prima richiede brac-

cia, la seconda le nega o le concede con molta

reticenza: da qui deriva la definizione di

“importatori riluttanti”.

Dal canto loro, la maggior parte degli immigra-

ti accettano una retrocessione nella scala del

prestigio sociale pur di potersi inserire in un

contesto che appare loro più promettente di

quello che si lasciano alle spalle.

Due risorse di diverso tipo possono però di-

fendere gli immigrati nel mercato del lavoro,

La prima è rappresentata dalla tutela sindacale,

a cui di fatto gli immigrati in Italia si sono ri-

volti con grande favore in questi anni. La se-

conda è invece il lavoro autonomo, aumentato

molto negli anni pre-crisi e tuttora in moderata

crescita.

L’inserimento lavorativo degli immigrati è un

percorso a ostacoli, molto esposto agli anda-

menti del mercato, ma va ricordato ancora una

volta che 2,3 milioni di immigrati sono regolar-

mente occupati nel nostro paese e rappresenta-

no più del 10% dell’occupazione complessiva.

Se la promozione rimane difficile, l’esclusione

è ancora più improbabile, e la tenacia dei pro-

tagonisti malgrado le avversità fa pensare che il

futuro non sia già scritto.

Ad un anno dalla chiusura del Convento dei

Cappuccini, anche il nostro fra Carlo ha lasciato

Chivasso per continuare la sua attività evangeli-

ca a Pinerolo…

Alla luce dei suoi lunghi trascorsi come “frate

tra la gente” ed “in corsia”, noi abbiamo prova-

to a farci raccontare la sua esperienza e abbia-

mo provato a strappare qualche pensiero.

Che bilancio fai dei tuoi 16 anni chivassesi?

Ho amato Chivasso. Tanto.

Che cosa ti è piaciuto della nostra città?

Le persone innanzi tutto. ma lo direi di chiun-

que. Sono un frate o no?... Tra i luoghi, direi che

Chivasso mi ricorda con un po’ di fantasia Tori-

no: la città e la collina, anche se da voi ormai

devo dire così, manca un Pavese. Poi il parco

Mauriziano…

E la città?

Ti stupisco. Ho ammirato lo sforzo di Andrea

Sindaco nel dare una struttura più moderna a

Chivasso. Non poteva risolvere tutto. Ma ha fat-

to molto.

Intervista a fra Carlo un frate/Amico

Redazione

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VOLTURE CATASTALI

Sì. ma guarda che la nostra Diocesi ha avuto sei

pastori che ci hanno preparato alla sua venuta.

Oltre Bettazzi, un patito come me degli anni

‘60, non dimentico mons. Miglio. Ingiustamente

dimenticato.

Dici così perché è stato tuo professore…

Guarda: non era un gran comunicatore. Meglio.

Non ha venduto fumo. Ad esempio, ha spinto

anche la Chiesa chivassese sulla via delle unità

pastorali.

L’avessero ascoltato…

...Forse noi cappuccini saremmo rimasti dove

eravamo.

Senza parrocchia, ma in convento. Già.

E perché ci avete lasciato?

La tua domanda è complessa e insidio-

sa.

Insidiosa? Ti ho messo in difficoltà?

Quello che penso fino in fondo non lo

dirò a nessuno, neppure sotto tortura.

I panni sporchi si lavano in famiglia.

Però, credimi, sono sereno. Dico solo

che si doveva fare di più, anche per la

Chiesa locale.

Eravate un po’ troppo aristocratici e ar-

roccati sulle vostre posizioni.

Il populismo non mi è mai piaciuto.

Neppure il fondamentalismo. E anche

sul fronte dei devozionalismi, che tan-

to vanno per la maggiore…

Lasciamo perdere. Non comprometterti.

Invece, ritorniamo al punto: perché ci

avete lasciato?

La domanda è complessa. È dipeso da

una serie di fattori. L’ultimo, ma pro-

prio l’ultimo, è stato la questione eco-

nomica. Il convento era a pezzi, per-

ché non c’erano i quibus per sanarlo.

Alcune cose che avete fatto sono state

straordinarie: annunciare il Vangelo come buona

notizia per tutti. È stato qualcosa di grande per i

chivassesi!

A me non piace dire “ho fatto” oppure “l’avevo

detto”.

Si, ma in Ospedale sei stato l’artefice di un altro

stile nei confronti dei malati, infermieri, medici.

La verità è che siamo stati una sola famiglia,

insieme.

La Diocesi l’ha capito?

Non lo so. Mi importa che si sia realizzato qual-

cosa di grande, di unico, dove ho solo cercato

di fare la mia parte: con gioia e con ritardi,

stanchezze… dal 2008 il cuore… però ho potuto

dare un po’ della mia carne. E benedico il Si-

gnore, i medici-infermieri-malati, che mi hanno

permesso di avvicinarli.

Insomma, il bilancio è stato positivo a Chivasso.

Non devo dirlo io. Posso dirti che aver

“lavorato” con gli amici delle Acli mi ha aiutato

a capire Chivasso e ad amare ancora di più il

Signore. Per far digerire a quei birboni (non

posso fare i nomi) il Vangelo, ho sviluppato un

forte interesse per Gesù di Nazareth. Volevo

convertirli: mi hanno convertito loro.

E dimmi: com’è che sei finito a Betlemme? Chi-

vasso non ti ha voluto?

Ti metto una mano sulla bocca. Non è stato un

bel momento. Ho dovuto cercarmi un buco do-

ve abitare e digerire delle porte… blindate. ma

se non si accolgono tanti poveri diavoli, perché

accogliere un frate? Siamo o no in padania,

cribbio! Però sono stato ospitato con estrema

cura e generosità da “Casa Betlemme”, in via

degli angeli… lì san Pietro si chiama Giorgio; le

madonne sono due belle dame; e poi c’è tanta

gioventù innamorata e non ancora; e il mio

amico Giuseppe a cui mando un saluto juventi-

no. Non dimentico il dottore, figlio di san Luca,

che imita i frati in sandali.

Lasci un po’ del tuo cuore a Chivasso?

Non vivo di nostalgia. ma gli/le amici/che sono

molti. Come sarà a Pinerolo. Spero. Chiudo,

salutando i francescani secolari: “ad maiora”!

Allora anche tu, come il PD ti prepari all’inciucio

con FI?

Lo sai bene da che parte sto. Non sono affatto

un destrorso!

Eh si, abbiamo perso, oltre che un amico, un fra-

te, il volto di una Chiesa impegnata nella vita,

anche politica, della città!

Intesa come cosa pubblica, bene comune. Ma

non abbiamo avuto un gigante in merito, qui… Il

Vescovo Bettazzi? Avrebbe dovuto fare scuola.

Io ho semplicemente e… da lontano seguito il

suo esempio.

Mi sembra anche per quanto riguarda il Concilio…

Se fosse attuato, la Chiesa uscirebbe definitiva-

mente dal Medioevo!

È quanto con molto coraggio sta facendo papa

Francesco.

L’ULTIMO DEI….CAPPUCCINI SE NE VA’….

Un pranzo per salutare il compagno di viaggio di questi

ultimi 15 anni l’amico fra Carlo che da Chivasso si spo-

sta a Pinerolo. A lui facciamo i migliori auguri per la

sua missione. A noi mancherà molto ma continueremo

a volergli bene e ad approfittare della sua “penna”.