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FESTIVAL FILOSOFIA AL MARE collana diretta da Carlo Tatasciore Volume VI

collana diretta da Carlo Tatasciore Volume VI · po della filosofia antica, è stato messo in rilievo un aspetto ulteriore del relativi smo del bene. Platone nella Repubblica evidenzia

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FESTIVAL

FILOSOFIA AL MARE

c o l l a n a d i r e t t a d a C a r l o Tat a s c i o r e

V o l u m e VI

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I libri di questa collana sono tutti d' oc­casione, ma di bella e buona occasione. Derivano sempre da un precedente evento di dialogo filosofico, in piazza, al mare, d'estate. Concentrazione e ri­flessione filosofica per un pubblico di non "esperti" che reclama chiarezza argomentativa e insieme ampio respi­ro problematico. Finalità elevata e di­battuta questione; impresa ardua per i relatori, poi Autori, chiamati . a divul­gare le questioni che accompagnano la vita quotidiana di noi tutti. Ma filo­sofe e filosofi di vasta esperienza che, muovendosi tra indirizzi di pensiero diversi, sono chiamati al gesto di river­sare nel segno scritto la parola e il dia­logo. Piccoli gioielli di comunicazione onesta, tradotta in scrittura agile per i lettori. Dalle conversazioni del festi­val "Filosofia al Mare" di Francavilla e Ortona (Abruzzo), un'eco meditata per continuare a meditare.

Gereon W olters

Globalizzazione del bene?

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Tutti i diritti riservati Prima edizione: giugno 2015 Copyright© 2015 Orthotes, Napoli-Salerno ISBN 978-88-97806-97-4

Orthotes Editrice www.orthotes.com

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I.

Cos'È "GLOBALIZZAZIONE"?

Vorrei iniziare il mio intervento nel modo più "frizzante" possibile,

partendo cioè da una definizione tratta da Wikipedia, l'enciclopedia più globa­lizzata al mondo:

La globalizzazione si può definire una situazione nella quale mercati, produzioni, consumi e anche modi di vivere e di pensare sono connessi su scala mondiale in un continuo flusso di scambi che li rende interdipendenti e tende a unificarli secondo modelli comuni ma che si divide in vari settori che contengono diversi aspetti. 1

1 Consultato il 30 settembre 2013. - Esisto­no certamente esposizioni più approfondite, per esempio G. MARRAMAO, Passaggio a Occidente: Filosofia e globalizzazione, Bollati Boringheri, T orino 2003, specialmente il Capitolo I.

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6 Globalizzazione del bene?

Vorrei subito fornire un sintetico commento di questa definizione che or­ganizzerò in tre punti. Iniziamo con il ri­ferimento ai «mercati» e alle «produzio­ni»: uno sguardo sui label in un qualsiasi grande magazzino europeo ci mostra che nei nostri paesi parecchie fabbriche che per tanti anni erano dei veri e propri gio­ielli delle rispettive industrie nazionali sono state spazzate via innanzitutto dalle industrie asiatiche. Mi riferisco a Paesi

· come la Cina, l'India, le Filippine o il Bangladesh. A volte qui da noi si è tro­vato il modo di sostituire posti di lavoro, perduti nella competizione global�, tra­mite innovazioni in altri campi. In tut­ta questa vicenda, però, si assiste a una perdita notevole da parte dell'Europa. E anche il futuro dell'Asia non si mostra del tutto roseo. Le condizioni. di lavoro solitamente sono terribili, gli stipendi sono minimi e i lavoratori sono spesso mantenuti come schiavi.

Se passiamo poi al riferimento ai «modi di vivere» globalizzati, come si legge nella definizione di Wikipedia, è

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Cos'è ({globalizzazione"? 7

evidente che lo stile ··di vita - almeno nei Paesi europei - sta diventando sempre più· globalizzato per non dire uniforme. La gente segue la Stessa moda, marigia presso lo stesso fast food, sente la stessa musica pqp, guarda gli stessi film, legge gli stessi libri � così via. Quanto ai fast food devo riscontrare che in Italia è ben evidente la più grande resistenza alla globalizzazione all'insegna di McDo­nald's & Co. Non è un caso che proprio nel Bel Paese nacque il movimento slow food che- fortunatamente- nel frattem­po si sta a sua volta globalizzando. Ed è ancora l'Italia che finora ha resistito alla colonizzazione da parte di Starbucks. Su Facebook gira un manifesto che annun­cia l'apertura di caffetterie Starbucks in Italia, che è però un'autentica "bufala". Speriamo che non ne preannunci l'arri­vo, anche se mi auguro di cuore che le ragioni dell'attuale riserbo americano cambino. Harold Schultz, l'amministra­tore delegato di ·starbucks, così si pro­nunciava il 20 Marzo 2013 nel canale televisivo in assoluto più globalizzato,

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8 Globalizzazione del bene?

l'americana CNN: «lo onestamente pen­so che aprire oggi un negozio in Italia data la situazione politica ed economica non sia nell'interesse primàrio dei nostri azionisti».2

Rimanendo all'interno del contesto della definizione Wiki; se andiamo alla terza parte della definizione, vale a dire

. quella relativa ai «modi di pensare» glo­balizzati, ci stiamo avvicinando al bene. Le concezioni del _bene sono per così

. dire "prodotti" del pensare, così come lo è anche la scienza� Dalle nostre parti diverse concezioni del bene furono pro­dotte da ben due millenni e mezzo, in­nanzitutto nei think tanks della religione e della filosofia. Il prodotto filosofico si chiama da sempre "etica", mentre quello religioso fa riferimento a un Dio buono e ai suoi comandamenti.

.

2 "I think candidly opening a store in Italy today given the political issues and the economie issues I don't think is in the primary interest of our shareholders." - si veda: http:/ /outfront.blogs.cnn. corn/2013/03/20/outfront-extra-why-are-there­no-starbucks-in-italy (visto nel luglio 2014).

Cos1 è ({globalizzazione))? 9

Nelle sezioni seguenti mi limiterò a occuparmi della produzione filosofica.

Qui la prima domanda sorge sponta­nea: se le concezioni· del bene nel mon­do globalizzato fossero prodotti come quelli mat.eriali, perché non facciamo un outsourcing della domanda del.bene allo stesso modo in cui facciamo produrre i computer in Cina o eseguire l' elaborazio­ne dei dati in India e cosi via? Potremmo per esempio lasciar stabilire all'Istituto dell'Accademia delle Scienze di P echi­no se il recupero delle cellule staminali da embrioni residui dopo la fecondazio­ne in vitro sia bene o male. Potremmo poi chiedere a buon prezzo all'India n Council /or Philosophical Research . a N uova Delhi di determinare una volta per sempre cos'è il bene in generale? E così via dicendo. Un tale outso14rcing del pensare ci permetterebbe di chiudere in­teri dipartim�nti o, forse, perfino univer­sità e risparmiare così tanti soldi.

In una situazione sempre più diffici­le per le università, il fatto che finora, a quanto pare, a nessun politiCo sia venuto

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in mente di fare una proposta simile, è forse un barlume di speranza. Certo, ci potrebbero essere da parre dei politici semplicemente ignoranza o disinteres­se. Non vorrei far passare sotto silenzio, però, il fatto che perfino iri questo am­biente sempre più egoistico, aggressivo e volgare sia sopravvissuta una convinzio­ne civile, ossia che, diversamente da tanti processi produttivi e prestazioni

. di ser­

vizi, la "produzione" di concezioni filo­sofiche del bene è legata alla nostra vita e alla nostra cultura a tal punto che solo noi possiamo farla. Rendere outsourcing il discorso sul bene sarebbe come ren­dere outsourcing noi stessi. Resta la do­manda, se anche per la filosofia del bene vale quel «continuo flusso di scambi che rende mercati, produzioni, consumi etc. interdipendenti e tende a unificarli se­condo modelli comuni», come si legge nella definizione Wiki . ·

II.

Cos'È IL BENE?

. per chiarire meglio questo punto,

dobbiamo per prima cosa occu­parci del concetto del bene. Il . bene in senso filosofico ha a che fare con le no­stre azioni morali. Quando definiamo "buona" un'azione, ciò dipende solo dal gusto o dai nostri sentimenti? Il regno del bene è paragona bile all'ambito culi­nario? Se uno ammazza la sua famiglia, possiamo llmitarci ad alzare le spalle e a dire de gustibus non est disputandum (non si deve discutere sui gusti), come in un ristorante cinese, se qualcuno si mangia· con gusto un cagnolino? Un a tale posizione sul concetto di bene piena di "rassegnazione" viene confermata da una panoramica ·superficiale sulla storia della filosofia: qui ci si rende subito con-

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to che una definizione unica e universale del bene non esiste. Il concetto del bene è piuttosto legato a differenti ambienti storici e culturali. Inoltre, già nel cam­po della filosofia antica, è stato messo in rilievo un aspetto ulteriore del relativi­smo del bene. Platone nella Repubblica evidenzia una distinzione importante. Ci sono due tipi fondamentali ·di beni: "Beni che amiamo per se stessi, oppure per i vantaggi che arrecano (per esempio .avere intelligenza, vista e salute)" .3 Que­sta distinzione mi sembra essenziale per ·

la nostra domanda "cos'è il bene?". Nell'antichità troviamo diverse pro­

poste che riguardano il bene in sé, cioè le cose che sono intrinsecamente buone: Platone e il suo allievo Aristotele parla� no perfino di un sommo bene. Lo chia­mano eudaimonia, vale a dire felicità. La felicità come sommo bene caratterizza essenzialment� l'intero pensiero antico.4

3 PLATONE, Repubblica 357b. 4 La storiografia recente, in effetti, soprat­

tutto dopo gli studi sul pensiero antico di Pierre Hadot, ha sottolineato come la filosofia antica '

Cos'è il bene? 13

Ci sono però notevolì differenze su cosa significhi felicità e su come sia possibile attenerla. Secondo Platone essa consiste innanzi tutto in uno stato d'animo che ri­sulta da una vita retta e virtuosa. Aristo­tele condiv:ide la concezione platonica del sommo bene come felicità, ma più di Platone accentua il mezzo indispensabile per raggiungerla: la razionalità (ma an­che l'apporto di desideri ed ·e mozioni), una disposizione naturale dell'uomo, che è indispensabile per trovare quel giusto mezzo tra gli estremi, che caratte­rizza una virtù (etica e non . dianoetica). Così, per realizzare per esempio la vir­tù del coraggio si deve trovare il giusto mezzo tra gli estremi della viltà e della temerarietà.

Epicuro, invece, in piena età ellenisti­ca, propone una nuova e rivoluzionaria concezione della felicità, che colloca al

in sostanza, non sia altro che uh insieme organiz­zato di "raccomandazioni" o "esercizi" spirituali per l' ottenimento della .felicità che per un Greco di V e IV. secolo a.C. è qualcosa di concretamen­te ottenibile e realizzabile qui e ora in questa vita.

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centro dell'attenzione il corpo material­mente connotato.· La felicità epicurea non consiste più nel vivere virtuosamen­te o almeno le virtù - che rimangono fondamentali anche in Epicuro - sono strumentali al piacere. Nella sua recente e magistrale presentazione. della filosofia epicurea Francesco Verde scrive in meri­to: "Il piacere è il nucleo centrale dell'e­tica di Epicuro" .5 Questa definizione del sommo bene come piacere fu subito fraintesa e considerata ancor oggi come un mero e volgare "edonismo": per noi un "epicureo" è, infatti, una persona che gode nel mangiare, nel bere bene, nel fare sesso ecc. e che non si interessa più di null' altro. Dallo stesso Epicuro, però, il piacere fu definito in maniera as­sai diversa: esso "coincide direttamente con l'assenza di dolore nel corpo e con l'assenza di turbamento nell'anima" .6 Il piacere epicureo, quindi, è tutt'altro che

5 F. VERDE, Epicuro, Carocci, Roma 2013, p. 162.

6 Ibidem.

Cos'è il bene? 15

un volgare edonismo: esso è "intrinseca­mente legato alla sottrazione del dolore piuttosto che all'aggiunta continua (e smodata) di piaceri di diversa natura" _7

N o n vorrei dilungarmi in questa sede sulle concez;ioni del bene nel Medioevo e nel Rinascimento per arrivare· fino al Settecento. Si comprende bene che nel­la maggior parte dei casi il riferimento a Dio come fonte e criterio del bene era essenziale.

Il gran numero di concezioni distin­te del bene fino a oggi suggerisce che, come in cucina, anche in riferimento al bene vale il motto "non si deve discutere . . " sul gustl .

Dubito però che sia veramente così. Esistono, infatti, azioni che sono repu­tate dappertutto e in qualsiasi società come mali, per esempio l'omicidio, il furto, la frode e così via. · Altre azioni, invece, vengono considerate dappertut­to come bene, per esempio l'onestà, la prontezza nel soccorrere, l'amore verso

7 I vi, p. 167.

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i genitori ecc. Inoltre, in tutte le culture troviamo uno strumento affascinante per . giudicare moralmente le azioni. N o i stes­si l'abbiamo imparato fin da bambini: la cosiddetta regola aurea, la regola d'oro.8 Una delle tante formulazioni è: "Fa' agli altri quello che vorresti fosse fatto a te! ". Con la regola d'oro facciamo un primo passo al di là dell'idea che il bene sia solo una questione di gusto. Possiamo dire, piuttosto, che la regola d'oro è una for­-mulazione semplice di ciò che i filosofi chiamano "universalizzazione", ovvero un tipo di generalizzazione degli orienta­menti delle nostre azioni. La regola "Fa' agli altri quello che vorresti fosse fatto a te! " ci dice, infatti, di evitare da par­te nostra azioni che non vorremmo ve­dere eseguite dagli altri su di noi. Degli orientamenti possono essere morali solo se in situazioni equivalenti essi valgono

8 Le voci "Golden Rule" risp. "Goldene Re�

gel" nelle versioni inglese e tedesca di Wikipedia forniscono ulteriori citazioni da scritti importan­ti di altre culture. Per il Cristianesimo si veda an­che Matteo 7 , 12 e Luca 6, 31.

Cos) è il bene? 17

per tutti. La formulazione più elaborata di questo principio è forse il cosiddetto imperativo categorico di Immanuel Kant (1724-1804): "Agisci in modo che la massima della tua volontà p()ssa sempre valere nello. stesso tempo come pdndpio di legislazione universale". 9

Con l'idea kantiana di "universaliz­zazione" comincia una tradizione di concezioni del bene, che viene chiama­ta "deontologica", cioè legata al dovere. N ella prospettiva deontologica il bene non consiste più in valori concreti come nel vivere virtuosamente o nel piacere di Epicuro. Il bene è diventato piuttosto un qualcosa di formale: le azioni sono mo­ralmente buone, se seguono l'imperativo categorico.

Accanto alla linea deontologica kan­tiana c'è un altro approccio che non lascia il bene al gusto individualè, il cosiddetto utilitarismo, anch'esso esito . dell'Illumi-

9 ,Handle nur nach derjehigen Maxime, durch die du zugleich wollen kannst, dass sie ein allgemeines Gesetz werde". I. KANT, Grundlegun g zur Metaphysik der Sitten, Akad. Ausg. IV, p. 421.

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nismo del Settecento. L'utilitarismo fu "inventato" dall'inglese Jeremy Bentham (1748-183 2). Secondo Bentham il bene consiste nella "massima felicità del mag­gior numero possibile di persone". Esso, quindi, viene definito dalle conseguenze del nostro agire. Per questo motivo, l'u­tilitarismo che ha segnato innanzitutto la tradizione anglosassone, viene anche chiamato "consequenzialismo" .10

Queste due concezioni moderne e . universalistiche d�l bene, la deontologia e il consequenzialismo, nella maggior · parte dei casi giungono a risposte simili. ·

Esse hanno anche in comune il fatto che si tratta di approcci razionali e illumini­stici. Ciò significa che, a differenza del Millennio precedente, non vengono più invocati Dio e i suoi rappresentanti terre-

10 Stranamente lo stesso Bentham era uno dei critici della Déclaration des droits de t ho m­me et du citoyen del 1789; per un riassunto della posizione di Bentham si veda TH. HoFFMANN, ]eremy Bentham, in A. Pollmann, G. Lohmann (cur.), Menschenrechte. Ein interdisziplinà"res Handbuch, Metzler, Stuttgart 2012, pp. 68-71.

Cos'è il bene? 19

ni per insegnarci cosa sia il bene, ma solo la propria ragione e la propria buona vo­lontà. Ambedue sono fallibili. Cionono­stante, le concezioni universalistiche del bene sono, da 250 anni, le migliori rispo­ste che si potevano fornire alla domanda del bene. N o n è esagerata l'affermazione che le concezioni illuministiche del bene hanno segnato sia lo sviluppo sia lo stato attuale dei sistemi politici e giuridici in Occidente. Tra i loro frutti più preziosi va menzionata la teoria dei diritti fonda­mentali dell'uomo, che ha trovato il suo culmine dal punto di vista politico nel­la "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" delle Nazione Unite, firmata a Parigi nel1948.

Di seguito mi limiterò. a trattare della globalizzazione del bene nella forma del­la globalizzazione dei diritti dell'uomo.

Prima di parlare della "Dichiarazio­ne" del 1948 vorrei dare uno sguardo agli altri tentativi della globalizzazione del bene.

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III.

GLOBALIZZAZIONE DEL BENE �

L. a Grecia antica non era mlnl­mamente interessata ad alcuna

. globalizzazione del bene. Oggetti di ri­spetto morale reciproco erano solo i cit­tadini (polites) della propria polis, cioè dell_a propria città, e, al massimo, delle poleis alleate. Perfino nella propria polis non tutti beneficiavano di uguale rispet­to morale. Si comprende perfettamente che possedere degli schiavi era cosa ben compatibile con la propria felicità e. che lo status e la condizione morale delle donne erano di gran lunga inferiori ri­spetto agli uomini!

TI filosofo australiano Peter Singer ha osservato nella storia intellettuale dell'Occidente un Expanding Circle, cioè un cerchio in espansione deg1i esseri che

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possono richiedere rispetto morale, un cerchio, che a suo avviso ha ormai supera­to addirittura i limiti della specie umana, includendo anche animali provvisti della capacità di soffrire. A mio avviso Singer ha pienamente ragione a definire questo sviluppo millenario "moral progress" .11

A questo punto dobbiamo arrestar­ci per fare una distinzione importante, vale a dire quella tra ciò che è fattuale e ciò che è normativa . Sappiamo bene che nel mondo odierno la schiavitù è ancora molto diffusa, anche se è forse proibita dalla legge. Le donne nella maggior par­te del mondo sono emarginate o, quan­to meno, hanno diritti minori rispetto a quelli degli uomini, per non parlare degli animali in grado di provare soffe­renza. Il cerchio in espansione di esseri che meritano identico rispetto morale non descrive; quindi, un fatto del nostro mondo. E piuttosto una norma, un im­perativo, che aspetta ancora di essere re.::

11 P. SINGER, The Expanding Circle: Ethics, Evolution, p.nd Moral Progress. With a New Af terword, Princeton University Press, Princeton [1981] 2011.

Globalizzazione del bene 23

alizzato universalmente. Ciò che vale per l' expanding circle di Singer, vale anche per le concezioni storiche del bene in generale. Sono tutte proposte normative, solo a volte effettivamente seguite dagli uomini. Più spesso però la realtà mora­le non corrisponde alle norme. Ognu­no di noi, eccetto i pochi santi, fornisce esempi d'incoerenza morale quasi ogni giorno. Pèr non creare eccessivo imba­razzo, scelgo un esempio del Settecento: Thomas J efferson, autore principale del­la "Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti" (1776), si esprimeva così:

Noi riteniamo che le seguenti veri­tà siano di per sé stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati ugua­li, che essi sono dotati dal loro. Crea­tore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi vi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità.12

12 "We hold these truths to be self-evident, that ali men are create d e qual, that they are en­dowed by their Creator with certairi urialienable Rights, that among these are Life, Liberty, and

· the Pursuit of Happiness."

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Al tempo stesso Jefferson nel corso della sua vita possedette circa 600 schia­vi e aveva avuto almeno cinque figli dalla sua schiava Sally Hemmings. Per quan­to ne sappiamo, J efferson - insieme alla maggior parte dei suoi contemporanei -non si è mai accorto dell'ovvia contrad­dizione tra i suoi ideali illuministici e il suo status di padrone di schiavi, di cui sfruttava il loro lavoro, possibilmente abusandone perfino sessualmente.13 N e­gli States ci sono voluti quasi due secoli per giungere negli anni Sessanta del se­colo scorso all'uguaglianza razziale.

Torniamo all'incoerenza tra gli ideali e la realtà del bene in relazione alla sua globalizzazione. Il primo tentativo di globalizzazione del bene che conosco è

13 Cfr. R.D. GERSTE, «Die im Dunklen sieht m an nicht - Thomas J efferson, Idealist und Sklavenhalter», in Neue Zurcher Zeitung del 17.06.2014. L'autore riferisce di una mo­stra ("Slavery at Jefferson's Monticello") che si è tenuta a Philadelphia da aprile fino ad ottobre 2014. - http:/ /www.visitphilly.com/events/phi­ladelphia/ slavery-at-jeffersons-monticello.

Globalizzazione del bene 25

l'esortazione di Gesù alla missione che trovia�o nel Nuovo Testamento, per esempio nel Vangelo di Matteo (28 19-20): "Andate dunque e ammaestrat� tut­te le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo insegnando loro ad osservare tutto dÒ che vi ho comandato." - Si comprende da sé che tutto ciò che Gesù aveva co­mandato corrisponde al bene. N el corso dei secoli fino al suo culmine nel XIX secolo la missione cristiana ha assunto forme molto diverse. Quasi tutte hanno avuto in comune l'uso della spada per au� mentare la forza di persuasione del bene n�lla sua versione cristiana, o .per meglio dtre, nelle sue varie versioni. In quasi tutti i casi, la globalizzazione serviva in­nanzitutto per giustificare acquisizioni territoriali. Gli esempi della violenta glo­balizzazione cristiana abbondano. Vorrei qui ricordare solo alla fine del1'VIII seco­lo Carlo Magno e le guerre sassoni, poi le Crociate, l'Orda Teutonicus, che, dopo i suoi inizi per scopi caritativi a Gerusa­lemme durante la Terza Crociata si mise . '

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in marcia a partire dal XIII secolo per

una "crociata del nord". Questa consiste­

va nella colonizzazione e nella cristianiz­

zazione delle tribù baltiche e di diverse

parti dell'attuale Polonia. 14 Dicevo, che la globalizzazione cri­

stiana del bene raggiunse il suo culmine

nell'Ottocento, quando, per esempio

nel mondo cattolico, venne fondato un

gran numero di congregazioni religiose

con il solo scopo della missione. N o n è

. un caso che questo periodo aureo della

missione cattolica coincida col colonia- ·

lismo. Sotto la protezione del dominio

coloniale, la globalizzazione del bene,

così definita dagli stessi colonizzatori,

poteva finalmente fiorire. La globalizza­

zione missionaria del bene a differenza

di quella economica non conteneva però

uno scambio. Era piuttosto una strada a

senso unico.

14 L' Ordo T eutonicus esiste ancor oggi con sede centrale a Vienna. È tornato però alle sue origini caritative. Nella Wikipedia italiana c'è un'ottima voce "ordine teutonico" (consultata nel giugno 2014).

Globalizzazione del bene 27

Passiamo ora ·. dalla globalizzazio­ne . del bene ...

in sens.o cristiano a quella universale gia menzionata che troviamo nella "Dichiarazione universale dei di­ritti dell'uomo" delle Nazione Unite del 1948. L'avevo cara.tterizzata come frut­to del pensiero universalistico dell'Illu­minismo europeo. Tale dichiarazione è quasi un riassunto delle diverse dichia­razioni simili che prendono le mosse con la "�ich.i��azione di Indipendenza degli Stati Uniti dell776 e la Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen dell' As­semblea N azionale Francese del 17 89.

Il fatto che la "Dichiarazione univer­sale dei diritti dell'uomo" sia una dichia­razione delle Nazioni Unite, esprime bene questo aspetto universalistico. 15 .

15 Dobbiamo però renderei conto che la "Di­chiarazione" non è un trattato di diritto interna­zionale, ma solo una risoluzione dell'Assemblea Generale, che non obbliga giuridicamente gli Stati che l'hanno votata. Ci sono tuttavia dichiarazioni su�cessive, c�e possiedono un obbligo giuridico e nsultano piÙ o meno equivalenti alla "Dichia­razione" del 1948. Si tratta del "Patto internazio-

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Possiamo limitarci quindi alla "Di­chiarazione". Il primo articolo recita: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti." 16 Questo è nient'altro che una versione delle con­cezioni universalistiche del bene, che sono iniziate con l'Illuminismo. I diritti dell'uomo secondo la "Dichiarazione" sono per prima cosa (I) universali, cioè sono validi per tutti gli uomini; in secon­do luogo (II) sono egualitari, cioè valgo- ·

no per tutti nello stesso modo; sono, poi (III), categorici, cioè valgono in modo incondizionato e sono, infine (IV), indi­viduali e soggettivi, perché sono validi per ogni singolo uomo. Esempi di tali diritti universali dell'uomo sono:

naie sui diritti economici e culturali" e del "Patto internazionale sui diritti civili e politici", ambedue entrati in vigore nel 197 6, ma non ratificati però da circa 25 stati membri delle Nazione Unite, tra cui Cina, Cuba, Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman, Singapore e così via.

16 La versione inglese si trova sul sito delle Nazione Unite: http://www.un.org/en/docu­ments/udhr.

Globalizzazione del bene 29

il "diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persO­na" (art. 3); la proibizione della schiavitù (art. 4); il divieto· di "trattamento o puni­zioni crudeli, inumani o degradan­ti" (art . .5 ) ; una serie di articoli che assicurano l'u­guaglianza nel contesto giudiziario; "il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limita­zione di razza, cittadinanza o reli­gione" (art. 16); "il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione" (art. 18); "la libertà di opinione e di espres-sione" (art. 19).

·

Queste concezioni universalistiche ed egualitarie del bene non sono viste di buon occhio da tutte le culture del mon­do. Spesso sono considerate come espres­sioni dell'imperialismo culturale occiden­tale.17 Innanzitutto il mondo islamico ha

17 Si veda B.R. BARBER, ]ihad vs. McWorld, in F.J. Lechner, J. Boli, The Globalization Reader, Wiley-Blackwell, Chicester 20124, pp. 28-36.

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grande difficoltà nell'accettare queste "norme". Non stupisce, quindi, che nel 1990 la "Conferenza Islamicà dei Ministri degli Esteri" ha approvato una "Dichia­razione Islamica dei Diritti dell'Uomo", che consiste di 25 articoli. 18 Di particolare importanza sono gli ultimi due:

L'Articolo 24 suona così: "Tutti i di­ritti e le libertà enunciate nelle presente Dichiarazione sono soggette alla Sha­ri' ah Islamica."

Ciò è confermato dall'Articolo 25: "La Shari' ah Islamica è la sola fonte di riferimento per l'interpretazione di qual­siasi articolo della presente Dichiara­zione." - La fonte e il criterio dei diritti umani è quindi la tradizione giuridica islamica, basata sul Corano e le h adi t h, vale a dire i Detti del Profeta. Questo fondamento religioso è in forte contra­sto con la concezione illuministica, egua­litaria e universalizzante, che si basa sulla

18 http:/ /WW\V.studiperlapace.it/view _news_ html?news_id=20050107184105 (visto nel giugno 2014).

Globalizzazione del bene · . 31

sola ragione. Inoltre, la Shari' ah, come ogni testo - innanzitutto ogni testo re­ligioso- è oggetto di diverse interpreta­zioni, da quelle più conservatrici a quelle più liberali, come sappi?-mo bene dalla storia dd cristianesimo. E un fatto però

' ' che nella maggior parte dei Paesi Islami-ci prevalgono interpretazioni più o meno conservatrici.

Il particolarismo della "Dichiarazione Islamica" è ben evidente non solo nel ri­ferimento generale alla Shari' ah, ma an­che in articoli specifici. Così per esempio:

l'Articolo 2 dichiara: "a) La vita è un dono dato da Dio e il diritto alla vita � garantito a ogni essere uma­no. E dovere degli individui, delle società e degli stati proteggere que­sto diritto da ogni violazione ed è vietato sopprimere la vita tranne che per una ragione prescritta dal­la Shari'ah."- Non c'è dubbio, che i guerrieri di Dio in diversi Paesi Islamici, quando sopprimono la vita dei loro avversari e presenta-

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no le loro teste tagliate su Internet si sentono in piena sintonia con la Shari'ah. L'Articolo 5 dice: "Uomini e don­ne hanno il diritto al matrimonio e nessuna restrizione derivante da razza, colore o nazionalità im­pedirà loro di beneficiare di tale diritto". Il contenuto di qÙesto ar­ticolo è buono ma, diversamente dalla "Dichiarazione Universale", non viene menzionata una restri­zione derivante dalla religione. In­fatti, siccome secondo la Shari' ah l'appartenenza religiosa del padre definisce quella dei figli, alle don­ne musulmane è proibito sposare uomini di altre religioni, mentre i maschi musulmani possono sposa­re donne cristiane o ebraiche. L'Articolo 6 garantisce alla donna di essere "uguale all'uomo in di­gnità umana", parla però di dirit-· ti e obblighi speciali e dichiara "il marito [ . . . ] responsabile del m an­tenimento e del benessere della fa­miglia". Inoltre, l'uomo può avere

• ..., .. k

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fino a quattro mogli, mentre alla donna musulmana è concesso un solo marito. Restrizioni simili valgono per la libertà della religione (Introdu­zione, Art. 9, 1 0), la libertà della scienza (art. 16), l'espressìone del­la propria opinione (art. 22).

Particolarismi relativi ai diritti dell'uo­mo sono riscontrabili però non solo nel mondo islamico. Anche in ambienti non o poco democratici africani e asiatici c'è spesso una forte polemica contro l'uni­versalismo egualitario della "Dichiara­zione Universale" delle Nazione Unite

. .

' considerato come un'imposizione occi-dentale sulle loro culture. Queste critiche hanno in comune di dare maggior valore ai diritti collettivi piuttosto che ·ai dirit­ti individua�i. Ciò è evidente, per esem- . pio, nella concezione dei "valori asiati­ci", proposta innanzitutto in Paesi come Cina, Indonesia, Malaysia e Singapore.

Adesso vorrèi tornare alla nostra do­manda sulla globalizzazione del bene.

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Occupandoci dei diritti dell'uomo, ab­biamo visto che in culture diverse ci possono essere concezioni contrastanti e rivali sul bene. N o n vedo, però, come noi in Occidente potremmo trarre gio­vamento dall'importazione del bene nel­la forma dei cosiddetti diritti dell'uomo non universali e non egualitari. Lo dico francamente: quanto alla concezione del bene concernente i diritti dell'uomo, l'Occidente non ha niente da imparare dall'Oriente o da altre parti del mondo.19 Anzi, mi sembra che la strada dovrebbe andare nella direzione opposta. A mio avviso, la "Dichiarazione Universale" è un progresso enorme nel percorso del­la civilizzazione. Per la prima volta nella storia dell'umanità ogni essere umano diventa un soggetto portatore di diritti fondamentali, indipendentemente dalla sua razza, sesso, religione, nazionalità, posizione sociale e così via.

19 Si deve tener conto, però, che questo non vale per tutti gli altri aspetti del bene.

Globalizzazione del bene 35

Secondo me d sono. innanzitutto tre

ostacoli - non di rado connessi tra loro -all'effettiva universalizzazione dei diritti dell'uomo.

.

Le pretese religiose, innanzitutto in società, dove non c'è separazio­ne tra stato e religione. In secondo luogo: Le ideologie razziste e nazionaliste che pretendono una superiorit� del proprio gruppo. Infine, terzo: Le dittature di ogni tipo, che pos­sono sopravvivere· solo grazie alla limitazione o alla soppressione dei diritti dell'uomo.

Anche se in Europa, d�l punto di v!sta t:orico, quanto al bene non pos­siamo Imparare nulla da altre culture è

' comunque assai opportuno essere mo-desti. Innanzitutto vorrei ricordare qui la differenza tra l'ideale e la realtà. La realtà dei diritti dell'uomo in Occidente lascia molto a desiderare.. I nostri . ami­ci americani gestiscono sempre· il lager

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di Guantanamo, dove da anni tengono in prigionia persone senza processarle. L'anno scorso (2013) una commissione del Parlamento Europeo su criminalità organizzata, riciclaggio di denaro spor­co e corruzione ha rilevato che nell'D­nione Europea circa 880.000 persone lavorerebbero come schiavi e un quarto di loro come schiavi del sesso.20 Potrei continuare col massacro a Srebrenica nel 1995, in cui 7000 musulmani bosniaci furono uccisi da parte dei Serbi. Invece di continuare sul presente vorrei, per un attimo, dare uno sguardo al passato.

Centocinquanta anni fa, nel 1864, e sette. anni prima di farsi dichiarare in­fallibile, Papa Pio IX, nel cosiddetto Syllabus Errorum21 forniva un elenco di

20 http:/ /www.spiegel.de/wirtschaftluntemeh­men/fast-eine-million-sklavenarbeiter-leben-in-der­eu-a-927563.html ("EU-Bericht: In Europa leben 880.000 Sklavenarbeiter" (13.10.2013 ).

-

21 PIO IX, "Syllabus Erro rum", · in H. Denzinger, P. Hiinermann (cur.), Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus /idei et· morum [. .. ], Herder, Freiburg [1864] 200540, pp. 7 98-809.

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�sattai?ente 80 errori dei suoi tempi, tra 1 quah la libertà di religione (15)· l'u­guaglianza del protestantesimo (o 'delle altre confessioni cristiane) come forma di cristianesimo rispetto . al cattolicesi­mo (16); dubbi sulla competenza della Chiesa nel "definire la religione cattoli­ca come la unica vera religione" (21); lo stato secolarizzato (19 seg.) e così via. Il �ill�b� del .1864 ricorda in molti punti la

Dtchtaraztone Islamica" del 1990.- Un ahro esempio storico per la differenza tra l'ideale e la realtà del bene è la Gran­de Guerra che cominciò cento anni fa. Per le futili ragioni delle élite europee fu tolta la vita a circa l O milioni di perso­ne, mentre il doppio ne uscì ferito. - Il Fascismo italiano poi certamente non fu una sorgente di bene nella forma dei diritti dell'uomo, mentre nel N azismo tedesco fu raggiunto il livello civilizzato­re più basso della storia con la Seconda Guerra Mondiale e lo sterminio degli Ebrei europei. ·

In breve, sia là storia dei diritti dell'uo­mo in Occidente, sia il presente esortano

'

alla modestia. In prima battuta dobbia-

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mo evitare di dare avvio a nuove missio­ni armate a difesa dei diritti dell'uomo basati sulla ragione.22 L'esempio più di­sastroso è quella "crociata" (ipsissimum verbum) nell'Iraq del fondamentalista cristiano (born-again Christian, cristia­no rinato) G.W. Bush, assistito da una "coalizione dei volenterosi" (coalition o/ the willing) europei.23 L'attaccÒ fu giu- ·

stificato con una menzogna (armi di di­struzione di massa possedute da Saddam .Hussein) e pretendeva di introdurre nell'Iraq la democrazia stile americano e i diritti dell'uomo. Il risultato fino adesso è più di 200. 000 morti, un paese distrut­to e il terrorismo islamico che avanza.

22 Ci sono però eccezioni. Nel 2005le Nazio­ni Unite hanno approvato a grande maggioranza una risoluzione "Respo{\sabilità di Proteggere" ("Responsibility to Protect") che in casi di genoci­dio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e pulizia etnica permette interventi militari a con-_ dizione che il Consiglio di Sicurezza le autorizzi. Si veda (visto luglio 2104): www.un.org/en/pre­ventgenocide/ adviser/ responsibility .shtml.

23 Tra i paesi "volenterosi" c'era purtroppo anche l'Italia.

;

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Globalizzazione del bene 39

Che cosa possiamo fare in Occidente se nel mondo intorno a noi osserviamo la globalizzazione del male piuttosto che quella del bene? Secondo me non pos­siamo fare molto. La propaganda mi­gliore . che possiamo fare per le nostre concezioni .del bene consiste nel viverle

' ?-on spacciandole per vantaggi diversi, tnnanzitutto economici. In paesi come la Cina e nei Paesi Islamici, infatti, i social network dimostrano sempre di più come nel mondo si diffonda il messaggio dei diritti universali ed egualitari dell'uomo. Certo, in Cina c'è una dittatura che op­prime tante libertà, tra le quali la libertà

·di opinione. Lo stesso vale per le dittatu­re islamiche. Dubito, però, che a lungo andare l'oppressione della libertà d'opi­nione sarà coronata da successo. Questo esito mi sembra sempre più difficile in un mondo collegato dalla rete.

Il bene nella forma dei diritti dell'uo­mo, inoltre, mostra una grande attrattiva. Centinaia di migliaia di persone da tutte le parti del mondo, dove .le élite chiedo­no i diritti . dell'uomo relativi alle loro culture, arrivano alle nostre frontiere. In

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questi giorni il Sud dell'Italia è il più visi­bile e ovvio esempio di ciò. Certo, questi flussi migratori sembrano in gran parte causati da guerre e dalle terribili condi­zioni economiche di vita. Sebbene forse la maggior parte dei migranti non ne sia consapevole, tali condizioni hanno a che fare con la mancanza di rispetto per il bene nella forma di diritti dell'uomo nei rispettivi Paesi di appartenenza. Questi Paesi non sono stati di diritto e in alcuni casi si tratta perfino di stati falliti come la Somalia, il Congo o il Sudan.

Per noi in Europa, soprattutto (ma non solo) per l'Italia, l'attrazione del bene nella forma dei diritti dell'uomo e dello stato di diritto mette duramente alla prova la nostra concezione del bene: siamo chiamati a dare il buon esempio nel trattare queste persone che non ab­biamo chiamato. La nostra teoria del bene nel mondo globalizzato deve di­ventare prassi, anche per loro che flno a poco tempo fa vivevano lontano da noi. 24

24 Questa prassi del bene certamente non include di concedere asilo politico a tutti coloro che arrivano.

Pro/ilo delt autore

Gereon Wolters è professore emerito di filosofia all'università di Costanza. Dal 19 65 al 1967 ha studiato teologia cattoli­ca nell'Università di Innsbruck (Austria) e poi filosofia e matematica nelle U niver­sità di Tiibingen e Kiel. Dopo il dottora­to in filosofia nell'Università di Costanza, con una tesi sulla teoria assiomatica del matematico, fisico, astronomo e filosofo settecentesco J ohanri Heinrich Lambert, nel 1985 ha conseguito l'abilitazione per filosofia e storia della scienza con un li­bro sul fisico, fisiologo e filosofo Ernst Mach ( 1838- 1916). Dal 1988 fino al 2009 è stato professore di filosofia all'Universi­tà di Costanza e dal 1984 fino a 2008 an-

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42 Gereon W olters

che professore a contratto nella Facoltà di biologia dell'Università di Zurigo.

Nel semestre invernale 1996/97 ha la­vorato come research fellow al Center /or Philosophy o/ Science dell'Università di Pittsburg (USA); nel semestre invernale 2002/03 al Max Planck Institut /ur Wù­senscha/tsgeschichte di Berlino; nell'anno accademico 2008/09 al Netherlands In­stitute /or Advanced Studies a W assenaar (Olanda) e infine, nell'anno accademico

.2009/10, all'Helsinki Collegium /or Ad­vanced Studies a Helsinki. Dal 2004 è membro di Leopoldina- Accademia Nazio­nale Tedesca e dal 2009 preside di una del� le quattro classi dell'Accademia. Dal 20 l O è anche membro dell'Academùz Europea.

Le sue ricerche si concentrano su filo­sofia della scienza generale, filosofia della biologia, storia della relatività, filosofia nel nazionalsocialismo, scienza e religione.

Tra le sue opere: Basù un d Deduktion. Studien zur Entstehung und Bedeutung der Theorie der axiomatischen Methode bei ].H. Lambert (1728-1777), W. de Gruyter, Berlin/New York 1980; Mach

Pro/ilo dell'autore 43

I, Mach II, Einstein und die Relatività'ts­theorie. Bine Fàlschung und ihre Folgen, W. de Gruyter, Berlin/New York 1987; Vertuschun& Anklage, Recht/ertigung. Impromptus zum Ruckblick der deutschen Philospphie au/s ((Dritte. Reich'', Bonn University .Press, Bonn 2004; Ambiva­lenz und Kon/likt. Katholische Kirche un d Evolutionstheorie, U niversitatsverlag Konstanz (UVK), Konstanz 2010. Per il download delle pubblicazioni, alcune anche in italiano, si rinvia al sito perso­nale http:/ /www.uni-konstanz.de/FuF/ Philo/Philosophie/philosophie/index. php?article_id=49&clang=O e a quelli in ResearchGate e Academia.edu.

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l f t

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5 I.

. INDICE

Che cos'è "globalizzazione"?

11 II. Che cos'è il bene?

21 III. Globalizzazione del bene

41 Profilo dell'autore

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Finito di stampare per conto di Orthotes da Print Group Sp z o.o. nel mese di giugno 2015

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