MIGLIORI_Come Scrive Platone

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    Educao e Filosofia

    Educ. e Filos., Uberlndia, v. 20, n. 40, p. 41-80, jul./dez. 2006.

    COME SCRIVE PLATONEESEMPI DI UNA SCRITTURA A CARATTERE

    PROTRETTICO

    Maurizio Migliori1

    RESUMO

    Vrios estudiosos dedicados ao pensamento de Plato defendem atese segundo a qual o texto do ateniense incongruente,contraditrio e at mesmo irremediavelmente estranho. Nesteartigo, tentamos demonstrar em que medida a crtica ao texto dePlato deve recair no sobre o seu gnio literrio ou seu talentofilosfico extraordinrios hiptese obviamente absurda , mas,isso sim, sobre a qualidade do intrprete e do mtodo usado paraestudar o pensamento do filsofo. Aqui, entre outras coisas,analisamos, com base em trechos emblemticos dos prpriosdilogos, o conceito platnico de escrito-jogo, verdadeiramentefundamental para a compreenso das aparentes desarmonias dotexto platnico.

    PALAVRAS-CHAVE: Erro voluntrio. Escrito. Seriedade.Dialtica. Educao.

    ABSTRACT

    Many scholars dedicated to the Platos philosophy sustain thatatenians text is incongruous, contradictory and even irremediable

    1 Professor deStoria della Filosofia Antica, Universit degli Studi di Macerata-UNIMC.

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    strange. In this article, we try to demonstrate how the censure toPlatos text must fall again not on his extraordinary literary geniousor his philosophical talent hypothesis clearly absurd , but, as amatter of fact, on the quality of the interpreter and the methodused to understand Platos philosophical thought. Here, amongother things, we analyse, on the basis of emblematic portionsextracted of the dialogues, the platonical concept of written-game, truly essencial to the comprehension of the apparentdisharmony of our philosopher text.

    KEYWORDS: Voluntary mistake. Writing. Seriousness. Dialectics.Education.

    Alcune premesse di metodo

    Tra le molte cose sconcertanti che caratterizzano gli studiplatonici una emerge con particolare spicco: la presenza in varistudiosi dell inconscia convinzione che Platone siairrimediabilmente strano e capace di gesti a volte inesplicabili.In effetti, lo studioso dei dialoghi ha continuamente limpressionedi trovarsi di fronte a svolte e salti (per non dire contraddizioni)che non sembrano giustificati, per non parlare del vero e proprioshock che si prova la prima volta di fronte ai dialoghi aporeticio dello smarrimento che si ha sempre di fronte alle testimonianzearistoteliche, come quelle densissime degli ultimi due libri della Metafisica.

    Questa precomprensione determina spesso un effettoscientificamente poco ammissibile: di fronte ai passi pievidentemente contraddittori si pratica la rimozione, quando nonsi giunge ad affermazioni sconcertanti del tipo: Qui Platone haevidentemente dimenticato quello che ha detto nella paginaprecedente.

    Lipotesi che qui presentiamo , al limite, opposta: Platone haun controllo eccezionale del suo testo per cui occorre soffermarsicon particolare attenzione proprio l dove emerge lincongruenza,

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    il salto, lassurdo. La difficolt che la critica incontra non connessaprimariamente ai temi proposti o ad eventuali limiti espositividellAutore che, come tutti riconoscono, insieme grandissimofilosofo e grandissimo genio letterario. Il dato distintivo dei dialoghi che lAutore, per ragioni eminentemente educative, hainventato e sviluppato una particolare tecnica di scrittura: questa la caratteristica che distingue Platone da tutti gli altri scrittori difilosofia. Non si tratta affatto di esoterismo, nel senso tradizionaledel termine2, ma di una particolare concezione teorica: Platone convinto che la filosofia non si apprende, ma si fa, per cui il maestro

    deve essere colui che aiuta il soggetto a compiere il suo percorsoeuristico che insieme vitale e intellettuale3. Pertanto lo scrittore,se vuole essere filosofo, deve spingere il lettore a fare filosofia,non dando soluzioni ma indicando i problemi e le vie che portanoalla soluzione degli stessi:

    2 Non posso approfondire tale questione, connessa alla Scuola di Tubinga-Milanoe al Nuovo paradigma; rimando a tre articoli in cui ho gi svolto questo tipodi riflessioni: M. Migliori,Il recupero della trascendenza platonica e il nuovo paradigma , Rivista di filosofia neo-scolastica, 79 (1987), pp. 351-381;La scuoladi Tubinga-Milano , Il Cannocchiale, 1992, pp. 121-142;De la critique deSchleiermacher aux commentaires rcents. Evolution et articulation du nouveau paradigme de Tbingen-Milan, tudes Philosophiques, 1998, pp. 91-114.

    3 Lettera settima, 340 B 7- D 6: A tali individui bisogna mostrare che cosa sia nelsuo insieme tale lavoro, quale caratteristica abbia, quante cose implichi e quantafatica comporti. Infatti, chi ascolta, se veramente filosofo, adatto e degno diessa, in quanto dotato di natura divina, pensa che quella che ha sentito sia unavia meravigliosa e che si debba intraprendere subito e che non si possa vivereagendo diversamente. Quindi, unendo i suoi sforzi a quelli di colui che loconduce nella via, non desiste prima di aver raggiunto completamente il fine,o prima di aver acquisito la forza per potere da solo procedere senza uno che loguidi. In questo modo e secondo questi pensieri vive un uomo siffatto,dedicandosi alle sue faccende, quali che siano, in tutto seguendo sempre lafilosofia e quel modo di vivere quotidiano che pi di ogni altro lo pu renderecapace di apprendere, di ricordare, di ragionare con la piena padronanza di sestesso; passa la vita odiando invece il modo di vivere contrario a questo;Lettera settima, 341 C 5- D 2: questa conoscenza non comunicabile come lealtre, ma da molte discussioni su questi problemi e da una comunanza di vita,allistante, come luce che si sprigiona da una scintilla balzata via, essa nascenellanima e da se stessa si alimenta.

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    Ma non credo che comunicare la trattazione di questiargomenti sia bene per gli uomini, se non per quei pochi chesono capaci da soli di trovare soluzioni sulla base di pocheindicazioni4.

    Fornire questo aiuto rispettoso dei livelli di maturazionedellallievo, il dire in modo semplice per anime semplici e complessoper anime complesse, ha evidentemente ben differenti livelli dipossibilit nella comunicazione orale e in quella scritta. Nella prima,infatti, linterlocutore certo e le anime sono a contatto, cosa

    che programmaticamente esclusa nellaltra. Per questo un grandescrittore filosofico come Platone imposta una forma dicomunicazione, di insegnamento, che definisce sia nellaLetteraSettima5 sia nelFedro6,con i termini di attivit non seria e di gioco,giungendo ad affermare che filosofo

    colui che ritiene che in un discorso scritto su qualunqueargomento vi necessariamente molta parte di gioco e chenon sia mai stata scritta unopera in versi o in prosa degna dimolta seriet7.

    Certo si tratta di giochi non futili anzi molto belli8, scritti nonsolo come promemoria ma anche per chi segue la stessa traccia9,un impegno tale da potervi dedicare tutta la vita10. E tuttavia digiochi si tratta: Platone, proprio perch convinto socraticamenteche la filosofia lavoro comune e scoperta, d luogo ad uninsegnamento che sempre, ma soprattutto nella forma scritta,

    avvicina al vero ma senza rivelarlo, comunica informazioni vere

    4 Lettera settima, 341 E 1-3.5 Cfr. ancheLettera Settima, 344 C 3-8.6 Fedro, 276 C 2-3; 278 D 3-6.7 Fedro, 277 E 5-8.8 Fedro, 277 E 1-2.9 Fedro, 276 D 4:pant t tatn cnoj metinti.10 Fedro, 276 D 7-8:kenoj, j oiken, ... oj lgw pazwn dixei.

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    che non sono tout court la verit, ma che richiedono lapartecipazione, lelaborazione e uno sviluppo da parte del lettore.Per cos dire, lAutore imposta un gioco che laltro deve svolgere.Ci richiede sempre, e quindi giustifica, una grande reticenzaeducativa del maestro che non vuole impedire al lettore di scoprirela verit comunicandogliela direttamente. In questo senso si pudire che la filosofia platonica scritta , ad un tempo, non scritta nelsenso che, pur in presenza di un pensiero compiuto, nonabbiamo mai una vera e propria esposizione neanche di quelleteorie che gli sono universalmente attribuite, come la teoria delle

    Idee.In questa chiave di gioco serio, il corpus platonico apparecome un vero e proprio protrettico che propone filosofia percostringere il lettore filosofo a trovare soluzioni sulla base di pocheindicazioni, il che implica la proposta di difficolt crescenti chevia via nello svolgimento delle opere selezionano i veri filosofi.

    Se questa la situazione, non possibile uscire dalla situazionedi blocco in cui si trovano gli studi platonici se non si comincia alavorare in modo fermo e costante sul terreno della tecnica discrittura del filosofo ateniese. Il problema diviene allora quello dicapire, caso per caso, quali sono gli strumenti con cui Platone,muovendosi con assoluta libert, gioca con il lettore11.Naturalmente linterprete deve muoversi con grande prudenza econsapevolezza, per evitare di cadere in continui arbitri: il giocodi Platone non deve essere scoperto dalla intelligente inventivadel lettore, ma deve essere esplicito e concretizzarsi in segnalitestuali.

    Cercher di evidenziare questo dato negli esempi che oraproporr. Non mi interessa, in questa sede, sostenere una qualchespecifica soluzione ma solo mostrare come, prestando la dovutaattenzione alla tecnica di scrittura e scoprendo i segnali che

    11 Ho gi affrontato questo tipo di riflessione, ma con un taglio ed esempi deltutto diversi, in M. Migliori,Tra polifonia e puzzle. Esempi di rilettura del gioco filosofico di Platone, inLa struttura del dialogo platonico , a cura di Giovanni Casertano,Loffredo, Napoli 2000, pp. 171-212.

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    Platone ha inserito nei dialoghi, emergono problemi e soluzioniche altrimenti rischiano di essere ignorati, con conseguenze assairilevanti sul piano interpretativo.

    Un errore volontario

    Parto da un testo che ho gi sottoposto ad analisi, ma chedevo nuovamente presentare perch costituisce un caso estremoe, come tale, capace di evidenziare la portata di quanto stiamodicendo. Si tratta infatti di unerrore voluto, ostentato e non corretto

    esplicitamente, ma solo implicitamente.Il passo implicato quello inFilebo, 33 C 35 C. Socrate vuolesottolineare il ruolo determinante che ha lanima in quanto sededei desideri, anche di quelli corporei, come la fame e la sete. Perraggiungere questa conclusione Platone deve svolgere unatrattazione sulle forme conoscitive, facendo alcune distinzioni:

    affezioni deboli che sfuggono allanima abbiamo assenza di sensazioneaffezioni che passano dal corpo allanima abbiamo sensazioniconservazione di sensazioni abbiamo memoria

    Ma - prima stranezza - allinterno di questa linearetrattazione, Platone inserisce la distinzione tra memoria ereminiscenza, una questione che non ha, apparentemente, alcunaconnessione con il tema12. Socrate stabilisce un forte stacco tra lamemoria, che puramente recettiva e passiva, e la reminiscenza,che attiva e autonoma: si tratta di unazione che lanima compie

    da sola, unazione forte (un rivivere) che si esplica sia sul pianosensoriale sia su quello intellettuale.Il successivo svolgimento porta a concludere che la sede dei

    desideri lanima perch, quando il corpo vuoto, il desideriochiede una cosa diversa (essere riempito) da quello che il corpoprova; lanima agisce in forza della sensazione e della memoria.

    12 Filebo, 34 B 2 C 2.

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    Lesposizione perfetta e lineare. Tuttavia, anche questo testocontiene un nuovo inserimento apparentemente inesplicabile, unbrano che sembra inutile:

    SOCRATE Che, dunque? Colui che si trova vuoto per la primavolta, potrebbe forse attingere dalla sensazione delriempimento o dalla memoria unesperienza che non provanel presente n mai ha provato nel passato?PROTARCO E come potrebbe?13

    Socrate introduce la questione della prima volta ed escludelogicamente che in quel caso si possa far uso della memoria. Ilfatto che tale inoppugnabile affermazione contraddice lasoluzione proposta alla fine del brano, che quindi risulta errata:

    SOCRATE Dunque, non rimane altra ipotesi se non che sialanima ad avere rapporto con il riempimento, evidentementein virt della memoria. Infatti, con che cosaltro potrebbeaverlo?PROTARCO Con nientaltro, direi14.

    Non c dubbio che qui ci troviamo di fronte ad un errorevolontario in senso forte, proprio perch la sua evidenza ricavatadalle parole dellAutore e non da inferenze e ragionamenti dellettore. In caso contrario bisognerebbe dire che Platone fuori disenno: dopo aver escluso (senza alcuna necessit argomentativa!!)che la prima volta lanima desiderante possa ricorrere alla memoria,

    afferma subito dopo che lunico strumento che pu spiegare ildesiderio la memoria. Un errore cos evidentemente segnalato non plausibile. E infatti Socrate inserisce anche una doppia maliziosasottolineatura, in quanto nella conclusione dice che non rimanealtra ipotesi possibile e chiede con che cosaltro potrebbe averlo?.

    13 Filebo, 35 A 6-10.14 Filebo, 35 B 11 C 2.

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    Il fatto che Platone, fedele allimpegno didattico che abbiamosopra illustrato, ha gi fornito nel testo lindicazione che consenteal lettore che ha seguito il gioco platonico di trovare la soluzione.Chi legge il testo facendo filosofia ricorda linutile trattazionesulla reminiscenza. Se c una funzione attiva dellanima, cunaltra possibile risposta: alla base del desiderio cla reminiscenza,non la memoria. Il che costituisce, anche teoreticamente, unarisposta di ben diversa rilevanza.

    Come ho detto, non importante, in questa sede, accettarequesta soluzione: bisogna per riconoscere che qui ci troviamo di

    fronte ad un gioco estremo e che, se non si legge il testo conquestottica, ci si trova di fronte ad un passo assurdo. Si pu,ovviamente, rifiutare lipotesi proposta, ma solo per proporneunaltra che dia ragione di questo evidente gioco filosofico.

    Una maturit precoce?

    Siamo partiti, per cos dire, dalla fine, da un brano tardo edestremo e, proprio per questo, spero, chiarificatore. Volendoprocedere ora in modo pi graduale, per evidenziare la portata diquesta proposta metodica potremmo cominciare ad applicarla allastessa questione dei giochi platonici.

    Molti di coloro che sono propensi ad accettare questo ambitodi riflessione pensano poi che esso vada limitato ai dialoghi tardio, al massimo, a quelli di mezzo, in quanto sarebbe frutto di unamaturazione che il maestro dellAccademia avrebbe poi esplicitatoprima nelFedro, poi nellaLettera Settima. In realt, se assumiamo

    correttamente la questione (si tratta ribadiamo di unaimpostazione educativa connessa ad una concezione dellafilosofia), troviamo evidenze di tale impostazione fin dai primidialoghi. Ci costituisce anche una spiegazione della loroaporeticit.

    La testimonianza pi evidente la incontriamo in uno deiprimissimi dialoghi, lEutifrone: lAutore mostra di conoscere lasoluzione, che per non viene fornita al lettore.

    Socrate ed Eutifrone discutono della santit, a partire

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    dallaccusa che questultimo muove al padre, reo di aver ucciso uncolono. Dopo un primo infelice esempio di santit, Zeus cheincatena Crono, un mito che Socrate esplicitamente dichiara dinon poter credere, Eutifrone propone una prima definizione: santo ci che caro agli Dei. In questo modo egli cerca di rimanereallinterno della tradizione e di valorizzare tutti quei rituali concui gli uomini credono di far cose gradite alle divinit. Si precisapoi che devono essere gradite atutti gli dei, ma la risposta risultainsufficiente. Socrate ha buon gioco a mostrare che, mentre lessereamato una caratteristica estrinseca, la santit una qualit

    intrinseca di un oggetto o di una azione. Ci porta a concludereche una realt, che in s santa, viene poi, proprio per questo,amata dagli dei.

    Socrate stesso, a questo punto, cerca di far uscire la discussionedallimpasse ponendo la questione del rapporto tra giusto, concettopi ampio, e santo: si tratta di capire quale parte del giusto sia ilsanto.

    Si opera una diairesi: una parte del giusto si prende cura degliuomini, unaltra parte degli dei ed questa la santit. Occorrevedere di che tipo di cura si parli. Socrate osserva che non puessere simile a quella dellallevatore di animali, ma a quella delservitore nei confronti del padrone. Ma anche cos non si ancoradetto quale effetto produca tale cura: bisogna determinare ilservizio, il tipo di collaborazione che gli uomini possono rendereagli dei. Per questo bisogna capire che cosa gli dei stessi sipropongono:

    SOCRATE: E che diremo, allora, dei fini molteplici e belliche gli di perseguono? Quale lo scopo principale che essiperseguono?EUTIFRONE: Te lo dissi anche poco fa, o Socrate, che occorreun notevole impegno, per poter imparare con esattezza comestiano queste cose. Tuttavia, ti dir in breve questo: che, seuno capace di dire e di fare cose gradite agli di, pregandoe sacrificando, queste sono azioni sante; e siffatte azioni sonoquelle che salvano le famiglie e le citt. Invece, le azioni

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    contrarie a quelle gradite agli di sono empie: e sono questeche sovvertono e rovinano ogni cosa15.

    La risposta di Eutifrone risulta particolarmente inadeguataanche perch, come Eutifrone stesso sottolinea, ritorna alladefinizione precedente che identificava santit con gradito aglidei. Ci potrebbe solo confermare il basso profilo teoretico di questopersonaggio se non fosse per lo sconcertante commento di Socrate:

    Avresti potuto dirmi molto pi brevemente, o Eutifrone, se

    avessi voluto, ci che io ti ho domandato, ma evidente chenon sei disposto ad istruirmi. Infatti, anche ora, propriomentre eri sul punto di farlo, ti sei ritirato. Se me lavessidetto, avrei ormai imparato da te che cosa sia la santit. Eora, poich necessario che lamante segua lamato dovunquequesti lo conduca, daccapo, dimmi...16.

    Quello che deve colpirci che il filosofo, evidentemente, saqual la risposta che Eutifrone gli nega, altrimenti non potrebberipetutamente affermare che questi si trattenuto e che, se nonlavesse fatto, egli avrebbe appreso che cos la santit. Ora, aparte il gioco di sapere e non sapere, questa situazione non hasenso nel confronto in atto: Socrate potrebbe dare lui la risposta,visto che prima ha impostato la questione del rapporto con il giusto.Invece rinuncia e quindi il dialogo si avvia alla sua conclusioneaporetica. Ma tale esito determinato da questa errata risposta diEutifrone non corretta da Socrate.

    Ora, se usciamo dalla finzione scenica e ci poniamo di fronteallautore che ha costruito tale finzione, se cio leggiamo questodialogo come un messaggio filosofico rivolto a noi, vediamo chePlatone ha messo in bocca ad Eutifrone una risposta inadeguataed ha segnalato con forza tale inadeguatezza. LAutore ci sta

    15 Eutifrone 14 A 9 B 7.16 Eutifrone 14 B 8 - C 5.

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    dicendo che qui va posta una risposta diversa e che tale risposta la soluzione del problema impostato nel dialogo. Ma tale esito restanon detto per volont di Platone che conduce il dialogo allesitoaporetico: il lettore che deve andare alla ricerca nel dialogo diquelle allusioni che lo aiutano a formulare la risposta17. Come sivede, siamo di fronte alla struttura formale di un rebus: la soluzionec, si indica anche il luogo teorico in cui andrebbe collocata,ma non scritta: va trovata.

    Ora, questo atteggiamento, perfettamente coerente con quantosiamo venuti dicendo nelle premesse di metodo, ci porta ad una

    riflessione su chi ha scritto un simile dialogo: si trattaevidentemente di un maestro che ha gi elaborato una propriaimpostazione educativa rigorosa e che si ritiene autorizzato asfidare il lettore, un autore maturo che manifesta unevidentesapienza nella costruzione architettonica del dialogo, semplice inapparenza, ma estremamente studiato nelle movenze enellatteggiamento di Socrate. Ci troviamo, quindi, di fronte ad unquadro contrario a quello tradizionale che, come in molti casianaloghi, giudica questo dialogo giovanile sulla base di unarelazione stretta tra forma del dialogo (cio semplicit espositiva econtenuto elementare) da una parte ed et dellAutore dallaltra.Ma se vogliamo conservare questa relazione, dobbiamo dire chelAutore di questo gioco rilevante e complesso un uomo maturo eun maestro affermato. E quindi chiederci: ci sono dialoghigiovanili di Platone?

    17 Cfr. G. Reale, in AA. VV.,Platone, Tutti gli scritti , a cura di G. Reale, Rusconi,Milano 1991, 19944 (traduzioni di M. L. Gatti, M. T. Liminta, C. Mazzarelli, M.Migliori, R. Radice, G. Reale), p. 19-20, n. 29: in questo caso dobbiamo affermareche lAutore volutamente, non rende esplicita la risposta, che il lettore devesaper trarre da solo... Platone dar, peraltro, una chiara e inequivoca indicazioneallusiva a p. 15 A, in modo che il lettore attento non esca di strada insieme adEutifrone.

    18 Ad esempio, la distinzione tra cura, quiqerapea, e allallevamento deglianimali, costituisce il fulcro della correzione della prima diairesi delPolitico,275 D 276 D, e quindi caratterizza latteggiamento del politico verso i cittadini.

    19 Un esempio ancora pi evidente si trova inGorgia, 463 A 466 A.

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    Questa redazione non giovanile del dialogo trova una seriedi ulteriori conferme che qui non possiamo approfondire.Tralasciando argomenti specifici18, non dovrebbe sfuggire che citroviamo di fronte ad una prima diairesi, cio allemergere delmetodo che solitamente viene riservato al Platone maturo19 e checon questopera aporetica Platone imposta precocemente unodei problemi di fondo della sua filosofia, il rapporto con Dio, temache ricorre costantemente nella sua produzione fin nella sua ultimaopera20.

    Il rinvio della trattazione del BeneSe su un tema come quello della santit Platone pratica la

    tecnica del rinvio e dellallusione, non pu che risultare ovvia lascelta di operare con altrettanta e anche maggiore spregiudicatezzaa proposito del Bene. Qui saremo sufficientemente sommari, perchsi tratta di testi molto conosciuti e studiati21. Val la pena analizzarli,tuttavia, perch anche in questo caso non abbiamo solo il rinvio:Platone da una parte mostra di sapere, dallaltra ostenta di nonvoler dire, eppure dice e molto, solo che questo molto deve esserescoperto dal lettore stesso.

    I dialoghi di riferimento sono, com noto, soprattutto due:Repubblica e Filebo.

    Nella Repubblica, Platone si rifiuta esplicitamente di parlaredel Bene, limitandosi a riferire sul figlio del Bene e somigliantissimoa lui22, non pagando il debito ma i soli interessi23: tutto vienericondotto ad una serie di paralleli con il sole.

    Ora, tralasciando le ragioni con cui Socrate stesso giustifica

    20 Cfr. ad esempio,Leggi, IV, 716 C 717 B.21 Su questo tema cfr. quanto dico in:Sul Bene. Materiali per una lettura unitaria dei

    dialoghi e delle testimonianze indirette, inNew Images of Plato, Dialogues on the Idea of the Good, Edited by G. Reale and S. Scolnicov, Academia Verlag, Sankt Augustin2002, pp. 115-149

    22 Repubblica, VI, 506 E 3-4.23 Repubblica, VI, 507 A 2.

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    questa rinuncia24, lo stesso fatto di affermare e poi svolgere unrapporto di somiglianza cos radicale implica una conoscenzaapprofondita. Inoltre, si afferma che Adimanto ha gi sentitoSocrate parlare di questo tema pi volte25. In tal modo la rinunciaa scriverne risulta particolarmente evidenziata. Infatti, serestiamo allinterno della fiction, Socrate non dovrebbe avere alcunadifficolt, dal punto di vista dellacomunicazione interna al dialogo,a richiamare in breve le affermazioni che Adimanto ha gi sentitosenza aggiungervi ulteriori spiegazioni, invece di procederefaticosamente attraverso analogie e allegorie, con spiegazioni

    annesse e riferimenti incrociati.Tale situazione paradossale si spiega solo se si ricorda che ladiscussione orale c solo nellimmagine fittizia, perch nella realtnoi siamo di fronte ad uno scritto. In questo caso scattano i vincoliche il filosofo scrittore si autoimposto per ragioni filosofico-educative. Se ragioniamo in termini di teatro filosofico, di quelloche la scena dicea noi e di quello checi porta a sentire e a pensare,vediamo come Platone parlando con il lettore comunica di nonvolere esplicitare la definizione del Bene.

    Per avere la conferma che Platone ha architettato uno dei suoigiochi, basta che il lettore raccolga le caratteristiche del Bene cheemergono malgrado questa rinuncia:

    1. scienza e verit sono belle, ma non sono il Bene, che diversoe ancor pi bello; pertanto, la sua condizione deve essere giudicatasuperiore26;

    2. il Bene causa di conoscenza e verit ed di conseguenzaconoscibile27;

    3. il Bene fornisce alle realt non solo la conoscibilit, ma anchelessere e la sostanza;

    24 Il tema lasciato da parte ora (t nn , 506 E 1) per limpossibilit di chiarire,nel contesto attuale, quello che tuttavia Socrate crede (to ge dokontoj mo ,506 E 2) in proposito.

    25 Repubblica, VI, 504 E 8:ok ligkij; , 505 A 3:pollkij .26 Repubblica, VI, 509 A 4-5.27 Repubblica, VI, 508 E.

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    egli stesso non essere, ma superiore allessere per dignit epotenza28.

    Come si vede, questa realt non affatto inconoscibile osconosciuta: malgrado il rinvio Platone ci dice che abbiamo unPrincipio Primo il quale, pur chiamandosi Bene, non solo causaassiologica, ma anche ontologica e gnoseologica.

    La stessa situazione si ripresenta, ad un livello di maggiorecomplessit, ma anche di maggiore chiarificazione, nelFilebo29. Dinuovo, Platone si rifiuta di definire il Bene, pur essendo chiaro chela vita buona, tema delFilebo, va giudicata alla luce del Bene: infatti,

    la scelta fatta allinizio a favore della vita mista si basa sui caratteriformali del Bene30; inoltre, il criterio con cui assegnare il secondoposto, tema che giustifica la continuazione del dialogo, laffinitdi uno dei due contendenti, pensiero e piaceri, alla causa, a ci cherende buona la vita mista31. Pertanto, non stupisce che si debbacogliere il Bene, o chiaramente per s o anche qualche suatraccia32 e che nella mescolanza pi bella e pi stabile si possacomprendere che cosa sia per natura, nelluomo e nel tutto, ilBene e quale Idea bisogna in qualche modo attribuirgli33.

    Tuttavia, come nellaRepubblica, giunto al momento di definirein qualche modo il Bene, Socrate dichiara che si comporter come

    28 Repubblica, VI, 509 B 7-10.29 Possiamo, in questo caso, rinviare ai nostri studi analitici: M. Migliori,Luomo

    tra piacere, intelligenza e Bene. Commentario storico-filosofico al Filebo di Platone,Vita e Pensiero, Milano 1993; 19982; Lo sviluppo tempestoso di un gioco compatto: lastruttura del Filebo , in Il Filebo di Platone e la sua fortuna, a cura di P. Cosenza, M.DAuria Editore, Napoli 1996, pp. 353-373;LIdea del Bene nel Filebo, in AA. VV.,Studi in onore di Antonio Possenti , a cura di G. Almanza Ciotti, S. Baldoncini, G.Mastrangelo Latini, Istituti Editoriali Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma,Macerata 1998, pp. 429-457.

    30 Filebo, 20 D-22 B: : essere compiuto (tleon ), sufficiente in s (kann) e cometale diverso e superiore (diafrein ) a tutti gli altri; soprattutto il Bene risultadesiderabile (aretj ).

    31 Filebo, 22 C-E; le stesse affermazioni vengono poi ribadite nel momento in cuiinizia la trattazione finale (60 B-C, 61 A).

    32 Filebo, 61 A 4-5.33 Filebo, 64 A 1-3.

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    chi, cercando una determinata persona, si informa sulla sua casaper poterlo poi incontrare34; in seguito, giunto nei vestiboli dellacasa del Bene, si limita a dire che la causa che rende apprezzabilequalsiasi mescolanza quella che realizza misura e proporzione,cio il bello e la virt35, parla cio dei soli effetti.

    Tuttavia, queste stesse affermazioni confermano che il Bene conoscibile conosciuto, anzi, nel suo solito modo allusivo, Platoneci d tre indicazioni molto forti sulla natura del Bene:

    1. il Bene potente ( to gaqo dnamij, 64 E 5) adifferenza del bello, nella cui natura (tn to kalo fsin, 64 E

    6) pure si manifesta e si nasconde;2. nellelenco dei cinque beni che chiude il dialogo, troviamoal primo posto ci che nei pressi della misura,prton mn pVper mtron 36. La misura in quanto tale, su cui tanto ci si soffermatiin precedenza, non in questo elenco, per cui o supponiamo chenon sia un bene o dobbiamo pensare che sia il Bene stesso, la causache, come tale, non pu essere nellelenco dei beni. Questo risultaconfermato dal primato che ha, tra i beni, ci che nei pressidella misura, mentre gli altri elementi cui la misura stata primacostantemente associata, proporzionato, bello, completo esufficiente, sono relegati al secondo posto37;

    3. Socrate afferma:

    Dunque, se non possiamo cogliere il Bene in una sola Idea,dopo averlo colto con tre, ossia bellezza, proporzione everit, diciamo che attribuiamo giustamente a questo, presocome un uno, la causa delle realt che sono nella mescolanza,e che la bont della mescolanza deriva da questo, in quantoesso Bene38.

    34 Filebo, 61 A-B.35 Filebo, 64 D-E.36 Filebo, 66 A 6.37 Filebo, 66 B 1-2.38 Filebo, 65 A 1-5.

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    Quindi, c un principioUno che sintetizza in s gli elementiche troviamo in bellezza, proporzione e verit, che causaontologica delle realt che troviamo nella mescolanza e, in quantoBene, causa della bont della mescolanza stessa; inoltre, vista lapresenza della verit, anche causa gnoseologica.

    Questa affermazione, molto esplicita, trova la sua confermain un gioco che caratterizza lintera struttura del dialogo. Comnoto, nella prima parte Platone svolge una lunga trattazionemetafisica, in cui descrive la realt come un misto uni-molteplice,che dipende dallazione di unPeras su un Apeiron. Tale trattazione

    sembra quasi inutile a molti studiosi e scompare del tutto nellaseconda parte del dialogo.In realt ilPeras svolge nella prima parte la stessa funzione

    che compete al Bene-Misura nella seconda:a) una potenza che agisce sullindeterminato, un limitante che

    rende possibile lesistenza stessa del misto in tutti gli aspettidella realt, dalle cose concrete alla musica, alle stagioni finoalle molte cose belle che esistono nellanima39;

    b) b) ha una funzione valoriale: la Dea (causa efficiente) vedeche le cose indeterminate sono cattive, che lordine buono elo realizza per lazione delPeras40.A questo punto, il gioco diviene chiaro: Platone ha fatto due

    volte lo stesso tipo di affermazioni: Se colleghiamo le due parti deldialogo senza lasciarci fuorviare dalla differenza terminologicaadottata dallAutore, vediamo che per Platone c un principiolimitante, polifunzionale, che agisce su un principio di infinitezzaper dar luogo ad un cosmo misto in cui

    c molto illimitato e sufficiente limite, e, al di sopra di essi,una causa non da poco, la quale, ordinando e regolando glianni, le stagioni e i mesi, pu, a buon diritto, essere chiamatasapienza e intelligenza41.

    39 Filebo, 25 D - 26 C.40 Filebo, 26 B 7 - C 1.41 Filebo, 30 C 4-7.

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    Il Filebo, quindi, apporta molti chiarimenti sulla natura delPrincipio polare, in particolare sulla struttura delle cause: Dio hafunzione di causa efficiente42, l Apeiron quella di causa materiale,il principio comePeras agisce come causa formale, confermata dallasua funzione di ordine e dallaffermazione che (come Bene) causadella bont della mescolanza, mentre come Bene anche causafinale, sottolineata dalla ridondante affermazione della suadesiderabilit.

    Un esercizio infinito

    Questi primi esempi dovrebbero essere sufficienti a mostrarein che senso la scrittura platonica tesa a proporre stimoli filosoficial lettore. Questa costruzione di esercizi, certamente non fini a sestessi ma intrinsecamente filosofici, trova il suo culmine nelParmenide, che non a caso risulta uno dei testi pi equivocati. Infattiquesto dialogo centrale per giustificare la cosiddetta crisi delsistema platonico, una sorta di autocritica che avrebbe aperto lastrada a nuovi e diversi sviluppi. Se per prestiamo attenzione aisegnali che Platone ci fornisce, il quadro cambia radicalmente43.Si dice spesso che vi sono sette obiezioni di Parmenide, ma inrealt si tratta di tuttaltro. Subito prima, Socrate ha battuto laposizione di Zenone con linserimento della dottrina delle Idee.Parmenide, che approva esplicitamente lobiezione delgiovanissimo filosofo ateniese fatta contro il suo amasio, gli chiedese per conosce i problemi che tale teoria solleva. Seguono ottoquestioni:

    1. premessa: contrariamente a quello che sembra supporre ilgiovanissimo Socrate, esistono idee di tutte le cose, anche diquelle ridicole (130 B-E);

    42 Filebo, 26 E 27 C; 30 C-D.43 Anche in questo caso, per ulteriori verifiche ed approfondimenti, rimando al

    mio studio analitico: M. Migliori,Dialettica e verit. Commentario filosofico alParmenide di Platone , Vita e Pensiero, Milano 1990, 20002.

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    2. prima critica di Parmenide: le cose non partecipano n di tuttalIdea n di una parte (130 E 131 E);

    3. seconda critica di Parmenide: se dalle cose si risale allIdea siprocede allinfinito (131 E 132 B);

    4. prima variante proposta da Socrate e rifiutata da Parmenide:le Idee sono pensieri (132 B-C);

    5. seconda variante proposta da Socrate e rifiutata da Parmenide:le cose sono copie e le idee sono modelli (132 C 133 A);

    6. prima difficolt teorica maggiore, conseguente alla rigidaseparazione tra mondo e Idee: luomo non avr scienza (133

    B 134 C);7. seconda difficolt teorica maggiore, conseguente alla rigidaseparazione tra mondo e Idee: Dio avrebbe la massimaconoscenza e il massimo potere, ma non conoscerebbe navrebbe potere su questo mondo (134 CE);

    8. Conclusione di Parmenide: tuttavia non si pu fare a menodelle Idee in funzione della dialettica, cio della filosofia (134E 135 C).Si noti larchitettonica del brano: la struttura delle critiche

    ha una duplice articolazione, quelle tecniche (2 e 3) e quelleteoretiche di fondo (6 e 7) ed ha al suo interno due ipotesi,probabilmente accademiche, che cercano di aggirare le difficoltcon una diversa formulazione della teoria delle Idee (4 e 5), ma cosa soprattutto rilevante ai fini del nostro discorso sono posteallinterno di due affermazioni perentorie a favore dellesistenzadelle Idee (1 e 8).

    Come si vede, lo stesso schema chiarisce che qui non si sta

    affatto attaccando la teoria delle idee: allinizio e alla fine si affermacon forza la necessit di questo strumento teorico. Platone sa tantobene che possibile fraintendere questo intervento che alla fineesplicita la sua posizione in modo reiterato: il vero filosofo scoprele Idee in quanto senza non si d filosofia. Infatti queste difficoltspingono molti a sostenere che le Idee

    non esistono o che, se esistono, necessariamente sonoinconoscibili alla natura umana; cos dicendo sembrer dire

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    una cosa sensata e, come osservavamo prima, sar difficileconvincerlo.Solo un uomo molto dotato potr comprendere cheesiste un genere per ogni realt e una sostanza in s e per s; solo unoancora pi eccezionale sapr scoprirlo e potr essere capace diinsegnarlo ad un altro, dopo averlo esaminato in tutti gli aspetti .Sono daccordo con te, Parmenide - conferm Socrate. - Diciesattamente quello che penso.Per, Socrate - disse Parmenide - se qualcuno non vorrammettere che esistano le Idee delle realt, a causa di tuttele difficolt gi dette e di altre ancora, e non vorr porre

    unIdea per ogni singola realt,non avr un punto di riferimento per il suo pensiero, in quanto non ammetter unIdea di ciascunadelle realt che esistono, che sia sempre la stessa per ciascuna realt:cos distrugger la forza della dialettica. Ma di un tale problemami sembra che tu abbia gi avuto particolare sentore.Dici il vero- riconobbe.Che cosa farai dunque della filosofia? Dove ti volgerai, senon hai una soluzione per questi problemi?.Non mi sembra di vederne alcuna allorizzonte.Infatti, Socrate - disse - tu hai tentato di definire il bello, ilgiusto, il buono e ogni singola Idea troppo presto, prima diesserti esercitato adeguatamente. Infatti, lho capito laltrogiorno, ascoltandoti qui mentre discutevi con il nostroAristotele. Bello e divino, sappilo, lo slancio che ti spingeverso gli argomenti. Ma, visto che sei giovane,esercitati,impegnandoti a fondo in quellattivit che pu sembrare inutile eche i pi considerano puro gioco di parole, altrimenti la verit tisfuggir.44.

    Il problema che per salvare le Idee occorre fare un lungoesercizio dialettico, tanto complesso che Socrate lo definisceesercizio senza fine45e che cos Parmenide presenta:

    44 Parmenide, 135 A 4 D 6.45 Parmenide, 136 C 6.

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    In breve, posto che di un qualsiasi oggetto si ipotizzi semprelesistenza, la non esistenza e una qualsiasi altra affezione,devi esaminare le conseguenze sia in rapporto alloggettostesso, sia in rapporto a ciascuno degli altri oggettisingolarmente considerato, qualunque tu scelga, sia inrapporto a pi oggetti intrecciati tra loro, sia in rapporto atutti gli oggetti presi insieme. Inoltre devi esaminare anchegli altri, sia rispetto a se stessi, sia rispetto a qualsiasi altrooggetto tu voglia scegliere, con lipotesi che esista o che nonesista, se vuoi vedere con sicurezza la verit dopo aver svolto

    compiutamente il tuo esercizio46

    .Il giovane filosofo non riesce a comprendere bene la proposta

    del vecchio Eleate, per cui Parmenide costretto dalle insistentipreghiere dei presenti a offrirne un piccolo esempio nella secondaparte del dialogo, esempio di un esercizio che quindi esso stessoun esercizio. Ma di filosofia, quindi pieno di giochi, di problemi, diindicazioni a tutto campo sulla metafisica e sulla protologiaplatonica. Ma non questo il luogo per approfondirli.

    Resta per chiaro che una lettura diversa delle critiche diParmenide rende inesplicabile la stessa struttura del dialogo chepassa dal superamento della posizione dei fisici (qui rappresentatida Zenone) fino al chiarimento della natura dialettica del mondodelle Idee, secondo un modello che era stato anticipato formalmentenel Fedone47.

    46 Parmenide, 136 B 6 C 5.47 Ho gi mostrato (M. Migliori,Il Parmenide e le dottrine non scritte di Platone ,

    Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli 1991 (pp. 117), ora anche inVerso unanuova immagine di Platone , a cura di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 19942, pp.165-222, pp. 169-184) come una serie di parallelismi forti sottolineino il gievidente collegamento tra lo svolgimento delParmenide e la presentazionedelle Idee e del loro possibile superamento in una dimensione protologicapresente nelFedone, 95 E 107 B: ci che in questo ultimo dialogo presentatocome possibilit e risolto su un piano puramente formale, viene poi svolto (inmodo chiaro ed esplicito, anche se sempre non adeguato n compiuto) nelParmenide.

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    Una necessaria diffidenza

    Se Platone scrive utilizzando la tecnica che stiamo cercandodi illustrare, il lettore obbligato ad essere sempre cauto e, per cosdire, sospettoso anche laddove il testo sembra evidente. Propongoa questo proposito un altro esempio in qualche misura estremo.

    Se si chiedesse ad uno studioso qual la definizione di sofistache Platone propone difficilmente non si sarebbe daccordo su questa:

    limitare larte che produce contraddizioni, parte simulatrice

    dellarte di produrre opinioni, del genere che produceapparenze sulla base della capacit di produrre immagini,sezione non divina ma umana dellattivit produttiva, cioquella parte che fa meraviglie nei discorsi48

    visto che il testo stesso afferma

    chi dir che di questa stirpe e di questo sangue il verosofista, dir, come sembra, la cosa pi vera49.

    Eppure ci apprestiamo a mostrare che non cos e che questaindubitabile verit va tuttavia integrata con una serie di dati, sullabase di chiarissime indicazioni fornite da Platone stesso.

    La struttura di definizioni del Sofista

    La prima questione riguarda la serie di altre definizioni che

    riempiono la prima parte del dialogo. In breve50

    , abbiamo 4 diairesie sette definizioni: la prima diairesi (221 C - 223 B) ci fornisce la

    48 Sofista, 268 C 8 D 2.49 Sofista, 268 D 2-4.50 Per una pi esatta comprensione della nostra ricostruzione delSofista, rinviamo

    a un nostro articolo: M. Migliori,Verso il filosofo: dialettica e ontologia nel Sofistadi Platone, Rivista di filosofia neo-scolastica, 91 (1999), pp. 171-204, e al volumeIl Sofista di Platone, Valore e limiti dellontologia, Morcelliana, Brescia 2006.

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    prima definizione:il sofista un cacciatore di giovani ricchi; la secondadiairesi (223 C - 224 E) ci d quattro definizioni, che sono variantidel sofista commerciante e produttore di conoscenze che riguardanolanima, sia proprie sia altrui, sia al minuto sia allingrosso; conla terza diairesi (224 E - 226 A) incontriamo la sesta definizione:ilsofista un erista; la quarta diairesi (226 B - 231 B) ci fornisce lasettima definizione:un sofista di nobile stirpe, purificatore dellanima.

    Ora, non solo queste definizioni non vengono mai in nessunmodo negate o anche solo messe in discussione, ma

    a)trovano la loro giustificazione nella natura multiforme

    delloggetto indagato, su cui Platone molto insiste51

    ;b)costituiscono la base per la successiva indagine tesa a trovareuna definizione che in qualche modo le unifichi52.

    Lultima definizione tuttavia radicalmente diversa da quelleprecedenti proprio per la struttura diairetica della definizione.Infatti, la diairesi inizia distinguendo, nellambito dellattivit(tcnh ), quella produttiva e quella acquisitiva: mentre le primedefinizioni sono tutte acquisitive, quella finale produttiva. Si trattaquindi di una differenza radicale. Per cercare di capire questamodificazione, dobbiamo prestare attenzione a due dati.Il primo costituito dalla quarta diairesi che ha un andamentodel tutto diverso: a prima vista non possiamo porla in nessunadelle due articolazioni proposte, perch cos strutturata:

    arte del separareil buono dal cattivo il simile dal simile purificare

    il corpo lanimagiustizia punitiva insegnamentoper la cattiveria per lignoranza

    educazione istruzione per chi crede di sapere dei mestieri

    ammonimento confutazione

    51 Sofista, 218 C-D; 223 C; 225 E; 226 A; 231 C; 236 D; 240 C; 261 A.52 Sofista, 231 C 232 B.

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    Platone non ci dice affatto come va intesa questarte delseparare da cui parte questa diairesi, che quindi risulta gi perquesto aspetto straordinaria. Molto pi rilevante poilimbarazzo che Platone mostra nel collocare questa figura tra glialtri sofisti. In effetti questi sofisti cercano di far superare ai loroallievi una forma di ignoranza, quella

    forma ben distinta, grande e pericolosa, che si contrapponea tutte le altre... il credere di sapere qualcosa senza saperlo53.

    Essi ritengono che chi ignorante lo sia involontariamente eche bisogna preventivamente convincerlo della propria ignoranza,non con lammonimento paterno, ma con un metodo confutatorio,ponendo domande e mostrando che le risposte sono tra di loro incontraddizione.

    Per tutte queste ragioni, Teeteto, dobbiamo affermare che laconfutazione la pi grande e la pi efficace dellepurificazioni e dobbiamo anche pensare che chi non statoconfutato, fosse anche il Gran Re, proprio in quanto non stato purificato nelle cose pi grandi, privo di educazionee brutto, proprio in ci in cui, a chi intende essere veramentefelice, converrebbe essere puro e bello al massimo grado54.

    Proprio perch si tratta di unattivit educativa del tuttopositiva, che opera una purificazione necessaria e lodevole, loStraniero di Elea teme di attribuire ai sofisti un onore troppo grande

    riferendo a loro questarte e sottolinea che occorre prestare grandeattenzione perch le somiglianze ingannano55: siamo di fronte aduna relazione che ricorda quella tra cane e lupo, tra lanimale piselvaggio e quello pi domestico56. Con tutte queste cautele, lo

    53 Sofista, 229 C 1-5.54 Sofista, 230 D 6 - E 3.55 Sofista, 231 A-B.56 Sofista, 231 A.

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    Straniero accetta una tale figura di sofista di nobile stirpe57, veroeducatore che mira a creare le condizioni per la conoscenza e lavirt e che purifica i suoi allievi con la scoperta del loro nonsapere.

    Il gioco ora chiaro: siamo di fronte a Socrate, sofista del tuttoeccezionale. Ma proprio il fatto che lAutore ha sentito la necessit,sofferta, di introdurre anche questo personaggio, ci deve farsupporre che, in questa prima parte, Platone intenda presentarciuna tipologia, in qualche misura completa e al suo temporiconoscibile, dei sofisti che avevano operato in Grecia. Allora la

    prima parte non sbagliata, ma rappresenta la ricostruzionedei tipi di sofista come storicamente si presentavano, al livellodella loro autoconsapevolezza, per quello che il pensiero comunepoteva fenomenologicamente riconoscere e capire.

    Ci spiega il secondo dato con cui dobbiamo fare i conti.Dovendo cercare che cosa c a fondamento di questa figura, perarrivare alla ultima e diversissima definizione, lo Straniero devepassare attraverso il parricidio, cio una lunga trattazioneteoretica, un passaggio obbligato del platonismo, che modificaradicalmente tutti i termini in gioco. Solo in tale visione platonica possibile dare senso a quella definizione, che quindi svela il sofistacome solo il Filosofo pu pensarlo e dirlo. In senso forte solo questa vera, anche se le altre non sono false, ma solo fenomenologiche,descrittivamente valide.

    Il sofista nel Politico

    Tuttavia, neanche questo basta, perch lultimo e definitivochiarimento sul sofista pu essere dato solo nelPolitico.58. Questodialogo, infatti, posto in una condizione straordinaria: seprendiamo la fine delSofista e linizio delPolitico vediamo subito

    57 Sofista, 231 B.58 Anche in questo caso, per giustificare le affermazioni che far, rimando al mio

    studio analitico: M. Migliori,Arte politica e metretica assiologica. Commentariostorico-filosofico al Politico di Platone, Vita e Pensiero, Milano 1996.

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    che non c alcuna soluzione di continuit: i due dialoghi sono inrealt anche uno solo! Cos Platone ci ha segnalato che sono due itemi da trattare, e ben diversi, ma che la loro trattazione profondamente intrecciata.

    Infatti, al vertice degli avversari del vero politico, dei falsipolitici, ecco avanzare una folla differenziata di esseri molto strani,un insieme assai variegato di bestie, leoni, centauri, moltissimi satiri,bestie deboli e astute e altri mostri che rapidamente si scambianofra di loro nature e potere59. Lo Straniero ha un moto di sorpresa,perch solo ora ha capito che costoro sono i sofisti.

    Ma in realt neanche questo vero. Torniamo allultimadiairesi delSofista: possiamo farlo tranquillamente proprio perchi due dialoghi sono esplicitamente connessi, e dobbiamo farlo, seintendiamo usare questi testi per fare filosofia. Guardiamo qual lultima movenza della diairesi:

    arte produttiva acquisitiva

    divina umana

    cose raffigurazioniimmagini apparenze

    con strumenti con il corpo (mimetica)in base a scienza in base a opinione

    di un ingenuo di un simulatoredemagogo sofistain pubblico in privato

    con discorsi lunghi con dibattito

    Come si vede, Platone ci aveva gi detto che c un simulatoreche ha le stesse caratteristiche del sofista, solo che opera in pubblicoe con discorsi lunghi: il demagogo, quello che poi si riveler comeil sofista-politico. Tuttavia, lAutore non ha nemmeno fatto un giocosuperfluo e la sorpresa dello Straniero , dal punto di vista della

    59 Politico, 291 A-C.

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    fiction, corretta. Il dato viene esplicitato alla fine delPolitico, quandosi torna su questi personaggi60 che cercano di svolgere attivitpolitica senza possedere scienza, uomini di parte, che propaganole pi grandi riproduzioni, anzi, sono essi stessi riproduzioni,essendo grandissimi imitatori e ciarlatani. Costoro sono definiti isofisti pi grandi tra i sofisti. Ecco la ragione vera della sorpresa!

    Abbiamo quindi unottava definizione di sofista: il sofista ilpolitico che opera su base non scientifica, ingannando e utilizzandola sua abilit per nascondere gli errori. Questo laspetto pimicidiale della sofistica, che solo qui poteva essere chiarito perch

    sarebbe risultato poco comprensibile senza la delineazione del veropolitico.In sintesi, esistono sei descrizioni adeguate e due definizioni

    filosofiche del sofista, una nelSofista e una nelPolitico.

    Larchitettonica di un dialogo

    Possiamo ora offrire alcuni esempi pi tecnici della praticaplatonica, scusandoci in anticipo per la sommariet dellatrattazione che, come gi detto, vuole essere puramenteindicativa.

    Il primo esempio vuole richiamare lattenzionesullarchitettonica del dialogo, che spesso un complesso gioco diindicazioni in positivo e in negativo, di richiami e di opposizioni.Per questo pu essere utile riflettere sulla particolare struttura deidiscorsi in onore di Eros che troviamo nelSimposio, tralasciando leparti narrative, che pure hanno una rilevanza eccezionale.

    Lo svolgimento dei vari argomenti sembra facilmenteidentificabile alla luce del giudizio formulato da Socrate stesso chedistingue tra il suo parlare in nome della verit e lintervento ditutti gli altri che hanno pensato solo a fare un bel discorso61. Lostacco decisivo e non pu essere relativizzato. Il lettore pu quindi:

    60 Politico, 303 B-C.61 Simposio, 198 D 199 B.

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    1. essere convinto che abbiamo una serie di discorsi falsi cui sicontrappone un discorso vero;

    2. essere in dubbio sulla successione dei primi discorsi sia perchstabilire lordine di discorsi falsi sembra scarsamente rilevante,sia perch, in assenza di indicazioni testuali, tutto si riconducealla fantasia degli interpreti.In realt, Platone d segnali chiari su entrambi i terreni.Subito dopo aver detto che il solo discorso di Socrate vero,

    sentiamo Dotima spiegare a Socrate che Eros non n bello nbuono. Questo per non autorizza affatto a dire che brutto e

    cattivo. Per spiegare tale affermazione, senza alcuna apparenteragione, Diotima allarga il discorso alla conoscenza. C qualcosadi intermedio fra sapienza ed ignoranza, lopinare rettamentesenza essere in grado di fornire spiegazioni: non un sapere, vistoche non sa spiegare, ma non neppure ignoranza, visto che cogliela realt62.

    Platone ci ha cos detto che non corretto dedurre da unaverit, il discorso di Socrate, la falsit degli altri. In effetti, se fosserotutti falsi, Platone si sarebbe assunto la responsabilit di dar voceallerrore senza contraddirlo adeguatamente. Cos, invece, siamoora in grado di avvederci del fatto che ci sono solo due discorsi chevengono esplicitamente richiamati per essere respinti:evidentemente essi racchiudevano un errore cos grave che Platonenon poteva, da buon educatore, tacere. Il primo laffermazionedi Fedro che le grandi figure mitiche, come Alcesti e Achille, hannocompiuto le loro azioni per la spinta di Eros, laltro il mito diAristofane. Su entrambi laffermazione di Diotima, che risale ad

    un momento precedente i discorsi che si tengono nel simposioin onore di Agatone, chiarissima:

    Sii pur certo, o Socrate. Infatti, se tu prendessi inconsiderazione il desiderio di distinguersi degli uomini, timeraviglieresti della loro condotta irragionevole, a meno

    62 Simposio, 201 E 202 A.

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    che tu non prendessi in considerazione le cose che ti ho detto,osservando come essi si trovino in una condizionestraordinaria damore di diventare famosi e di acquistaregloria immortale che duri per sempre, e come proprio perquesto siano pronti ad affrontare tutti i pericoli, pi ancorache non per i figli, e a consumare le loro ricchezze e sostenereogni sorta di fatiche e perfino a morire per questo. O tucredi, invece, che Alcesti sarebbe morta per Admeto, e Achilleavrebbe seguito Patroclo nella morte, e il vostro Codrosarebbe andato a morire prima del tempo per salvare il regno

    ai figli, se essi non fossero stati convinti che della loro virtsarebbe rimasta immortale la memoria, che ancora oggi noiconserviamo? Ci vuol altro! Credo proprio - soggiunse - chetutti facciano quello che fanno per la virt immortale e perquesta fama gloriosa, tanto pi, quanto pi valgono: infatti,essi amano limmortalit63;

    Per si sente fare un certo discorso, secondo cui quelli cheamano sono coloro che cercano la loro met. Il mio discorsodice, invece, che lamore non amore n della met ndellintero, a meno che, caro amico, essi non siano il Bene64.

    Naturalmente, unanalisi approfondita del dialogo cipermetterebbe di scoprire bel altri riferimenti, ma, ai fini del nostrodiscorso, basta riconoscere il tipo di gioco platonico, che apre unvasto campo di ricerca: si tratta di vedere quali nessi di ripresa, diinveramento o di falsificazione, troviamo rispetto a discorsi che

    non sono necessariamente falsi, ma che hanno tutti bisogno di unaverifica.Ci giustifica lordine che tuttaltro che casuale. Anche su

    questo il segnale di Platone inequivoco: si procede per puracollocazione di posto, ma, quando arriva il turno di Aristofane, il

    63 Simposio, 208 C 1 E 1.64 Simposio, 205 D 10 E 3.

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    singhiozzo gli impedisce di parlare e al suo posto intervieneErissimaco. Cos, con questa comica invenzione, Platone costruisceuno svolgimento che, in breve, pu cos essere ricostruito.

    La prima posizione quella puramente retorica di Fedro, undiscorso errato e di scarsa importanza. Platone lo sottolinea conun inserimento che svaluta il discorso, che provoc una discussioneche non merita di essere riferita, e, tramite il ritorno in scena diAristodemo, costituisce una sorta di intervallo:

    [Aristodemo] narrava che Fedro pronunci allincirca questo

    discorso, e che dopo quello di Fedro ce ne furono alcuni altriche egli non ricordava bene e, lasciandoli da parte, pass adesporre il discorso di Pausania65.

    Segue quello umanistico di Pausania, che propone un idealeelevato di amore stabile tra due adulti maschi sulla base di unadistinzione tra due forme di eros, uno volgare e uno celeste. Poi,grazie allinvenzione del singhiozzo, c il medico Erissimaco, chesi ricollega esplicitamente al discorso di Pausania, che gli paregiusto, per quanto riguarda la duplice natura di Eros, maincompleto in quanto va applicato allintero cosmo66. Cos costruisceun quadro incentrato sulluniversale armonica presenza di opposti.Ma egli stesso sottolinea che ha tralasciato molte cose e che toccherad Aristofane colmare il vuoto67.

    In effetti, dopo uno scambio di battute, il commediografoprecisa che non far un discorso burlesco e, alla fine del mito,sottolinea di aver fatto un discorso del tutto diverso da quello di

    Erissimaco68

    . Ma la diversit non riguarda evidentemente ilcontenuto, visto che il medico subito afferma che il discorso gli piaciuto69, ma la forma: alla struttura logica si infatti sostituita

    65 Simposio, 180 C 1-3.66 Simposio, 185 E 186 B.67 Simposio, 188 E.68 Simposio, 193 D-E.69 Simposio, 193 E.

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    quella mitica. Soprattutto forte il legame concettuale tra i duediscorsi, in quanto il commediografo ha fornito lelemento chemancava al discorso precedente (e cos ha svolto il ruolo che gliaveva assegnato Erissimaco stesso di completarlo), in quanto il mitoruota intorno al fondamento unitario che alla base dellacompresenza degli opposti. Solo che lunit che Aristofane afferma un principio assoluto, onniassorbente e distruttore delle differenze.Platone lo dimostra con un riferimento sconcertante:

    E se ad essi, mentre giacciono insieme, si avvicinasse Efesto

    con i suoi attrezzi e domandasse loro: Che cos, o uomini,che volete ottenere luno dallaltro?. E se essi non sapesserorispondere, e quegli domandasse ancora: Forse questoche volete: diventare la medesima cosa luno con laltro, inmodo che non vi dobbiate lasciare n giorno n notte? Se questo che desiderate, io voglio fondervi e unirvi insiemenella medesima cosa, in modo che diventiate da due che sieteuno solo, e finch vivrete, in quanto venite ad essere in questomodo uno solo, viviate insieme la vita, e quando morirete,anche laggi nellAde, invece di due siate ancora uno, unitiinsieme anche nella morte. Guardate se questo chedesiderate, e se vi basta ottenere questo. Sappiamo bene che,sentendo queste cose, neppure uno direbbe di no. N direbbedi desiderare altro, ma direbbe di avere udito proprio quelloche desiderava da tempo, ossia, congiungendosi e fondendosiinsieme con lamato, da due diventare uno70.

    Come si vede la situazione diviene paradossale perch questaunione comporta la totale scomparsa della singolarit anche per quanto riguarda lanima , che sarebbe dissolta: questunit non salvale differenze, ma le distrugge tutte senza rispettare nessun livelloontologico. Una posizione che Platone non poteva in alcun modoavallare e che, non a caso, determina il rifiuto di Diotima.

    70 Simposio, 192 D 2 E 9.

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    STRANIERO Ecco, Socrate, qual era la vita degli uominisotto Crono. Di questa attuale, che la comune convinzionedice essere sotto Zeus, tu stesso ne hai esperienza in quantosei qui presente. Potresti e vorresti giudicare quale delle duesia pi felice?SOCRATE IL GIOVANE In nessun modo.STRANIERO Vuoi, allora, che in qualche maniera giudichi ioper te?SOCRATE IL GIOVANE Certo.STRANIERO Se, dunque, gli allievi di Crono, avendo cos tanto

    tempo e tanta facilit per poter dialogare non solo con gliuomini ma anche con le bestie, si servivano di tutto ci perfilosofare, discutendo sia con le bestie sia fra di loro, edomandando a tutte le creature se qualcuna, in possesso diuna sua capacit specifica, conoscesse qualcosa di diversodalle altre per arricchire il pensiero, facile giudicare che gliuomini di allora superano di molto in felicit quelli di oggi.Se, invece, pieni a saziet di cibo e di bevande, raccontavanoluno allaltro ed alle bestie storie, come quelle che ancoraoggi si raccontano di loro, anche questo molto facile dagiudicare, se devo esprimere francamente la mia opinione71.

    Laffermazione, nella sua apparente inutilit, risulta chiaraed ha un primo effetto. Il dominio di Crono corrisponde a quellache solitamente viene chiamata let delloro, quella in cui tutti ibeni sono garantiti alluomo dalla natura e dalla attenzioneprovvidenziale degli dei. Ora Platone, rovesciando il giudizio

    tradizionale, sottolinea che la felicit non garantita nemmeno daquesto stato di benessere, perch tutto dipende dalluso che del lorotempo hanno fatto quegli uomini. La conclusione, per, che non possibile rispondere perch ignoriamo che cosa davvero facessero.

    Linserimento resta quindi insoddisfacente e non trova in s laspiegazione: Tuttavia, in questo modo il lettore ha ricevuto un

    71 Politico, 272 B 1 D 2.

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    segnale connesso al tema della felicit: non dovrebbero sfuggirgligli altri due passaggi in cui il tema torna ad essere proposto, inmodo altrettanto incongruo. Ed qui che Platone ci offre lagiustificazione di questi inserimenti.

    Nel corso della trattazione sulle costituzioni imitative, dopoaverle classificate e averle considerate tutte solo imitazioni di quellaunica e superiore vera costituzione scientifica che per risultainapplicabile nella realt umana, si osserva:

    STRANIERO Dunque, in quale di queste costituzioni non rette

    meno difficile vivere, visto che difficile in tutte, e in quale pi pesante? Bisogna che in qualche modo vediamo questoproblema, anche se un discorso accessorio rispetto al temaattuale. Ma, in fondo, forse per questo che noi tutticompiamo tutte le nostre azioni72.

    Il punto decisivo che Platone dice esplicitamente che il finedellazione umana la felicit, che non un tema rilevante esuperiore come ad esempio il Bene, ma che il vero motore dellenostre azioni. Pertanto, in un ragionamento sul comportamentoumano come quello politico tale tema non pu assolutamente esseredimenticato n in una esposizione mitica n nella riflessioneteoretica.

    Infatti, questa la sottolineatura finale del dialogo stesso, nelmomento in cui si celebra la possibile costituzione di uno stato ilmeno scorretto possibile, ad opera del vero politico:

    STRANIERO Diciamo, allora, che questo il compimento deltessuto, ben intrecciato, dellazione politica: la tecnica regia,prendendo il comportamento degli uomini valorosi e quellodegli uomini equilibrati, li conduce a una vita comune, inconcordia e in amicizia e, realizzando il pi sontuoso e ilmigliore di tutti i tessuti, avvolge tutti gli altri, schiavi e

    72 Politico, 302 B 7-9.

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    liberi, che vivono negli stati, li tiene insieme in questo intreccio,e governa e dirige, senza trascurare assolutamente nulla diquanto occorre perch la citt sia, per quanto possibile, felice73.

    Il riferimento mitico non risulta allora inesplicabile, mamanifesta precocemente quello che il tema, la domanda decisivache sottende tutta la vita degli esseri umani.

    Il (cauto) utilizzo di altri dialoghi

    A volte possibile trovare la spiegazione di alcune situazioniin altri dialoghi. Bisogna naturalmente muoversi con ancoramaggiore cautela in queste occasioni, perch il rischio di inserimentiarbitrari estremamente elevato. Lesempio che far muove perda una situazione veramente paradossale.

    Sul tema dellinsegnabilit della virt, Platone polemizzaduramente con politici e sofisti. Tale problema affrontato senzaesito, nelProtagora , in una serrata discussione tra Socrate e il sofista.Ora, com noto, ilMenone si apre con lo stessa tema, imposto inmodo quasi brutale, senza alcuna introduzione, con una domandadiretta. Il punto che nel corso della discussione, non si ricordaaffatto Protagora, ma Gorgia74 e il suo incontro con Socrate (cio ildialogo che ha il titolo del sofista stesso): in quelloccasione forse siparl della concezione gorgiana della virt, ma Socrate non riescea ricordare bene, per cui affida a Menone il compito di sostenere laparte del retore, visto che sicuramente ne condividelimpostazione75. Tuttavia, il giovane viene poi accusato di non

    voler ricordare la definizione gorgiana di virt76

    .La scena risulta quindi molto strana e difficilmente spiegabile:com possibile che entrambi non ricordino nemmeno per cenniche cosa Gorgia affermasse?

    73 Politico, 311 B 7 C 6.74 Menone, 70 B-C.75 Menone, 70 C-D.76 Menone, 76 A-B.

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    Visto che Platone stesso rimanda alGorgia, la chiave pu forseessere trovata in quel dialogo. Qui, contrariamente a quello chesolitamente si sostiene, Gorgia viene trattato con molto rispetto77,anche sul piano personale. infatti il sofista stesso che pone ilproblema etico78 che sottende lutilizzo della forza propria deldiscorso: egli cerca di difendere il retore da accuse che dipendonodelluso scorretto di queste tecnica. A conferma della sua personalerettitudine, Gorgia aggiunge che, se uno dei suoi allievi non sanulla del giusto e dellingiusto, lo imparer da lui79.

    Quindi, Gorgia non afferma di insegnare esplicitamente etica,

    in quanto ne parla in termini pratici come un frutto naturale delsuo stesso operare o comunque quasi come una funzione disupplenza. Infatti, nel dialogo omonimo, Menone dichiara che hasempre apprezzato Gorgia perch si propone solo di rendere abilia parlare, mentre non promette di insegnare virt e deride altriche lo fanno80.

    Ma la questione ben pi grave per due ragioni: in primoluogo questa apertura etica costituisce il punto debole dellaposizione del sofista, quello che consente a Socrate di batterlorapidamente e in modo oggettivamente umiliante, in quanto ilmaestro finisce con loccupare una parte assai limitata del dialogoche pure porta il suo nome; nella parte restante intervengono ilsuo allievo Polo e il suo amico ed estimatore Callicle: ben tristeruolo per il pi grande retore di quella generazione. Peggio ancora,i suoi allievi mostrano,in opere operato, il fallimento del suoinsegnamento, perch via via si apre la strada un immoralismoche culmina nelle testi di Callicle.

    In sintesi, Platone riconosce il soggettivo impegno di Gorgia,ma testimonia, sul piano teorico e su quello pratico, il suo fallimento.

    77 Per giustificare adeguatamente le affermazioni che mi appresto a fare, devorimandare ad un mio studio: M. Migliori,Gorgia quale sofista di riferimento per Platone, Giornale di metafisica, NS 21 (1999), pp. 101-126.

    78 Gorgia, 456 A - 457 C.79 Gorgia, 460 A.80 Menone, 95 C.

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    Letta in questa chiave, lapparente paradossalit del Menoneacquista senso: i due interlocutori non ricordano che cosa Gorgiaaffermava della virt perch il retore non ha una concezione eticadegna di considerazione filosofica. La sua etica della situazione,puramente descrittiva, non sufficiente81.

    La situazione scenica, la dimenticanza, acquista cos il sensodi un giudizio: il sofistanon possiede il concetto di virt.

    Lutilit del metodo proposto

    Tutto il nostro discorso spinge a prestare unattenzione al testoche ben diverso da certo formalismo che affronta e isola la parola.Non questione di filologia, ma di filosofia, platonica beninteso.Senza questo tipo di cura, si perdono segnali di notevole rilevanzae si finisce con lattribuire a Platone posizioni che non sono le sue.

    Un esempio di segnale famosissimo, soprattutto per la suadrammatica inutilit, quello delSofista. Mai parola fu pi inutiledi quella pronunciata dallo Straniero:

    STRANIERO - Di questo, allora, ti prego ancora di pi.TEETETO - Di che cosa?STRANIERO - Dinon ritenere che io sia diventato una speciedi parricidaTEETETO - Perch?STRANIERO - Per difenderci, per noi sar necessariosottoporre a prova il discorso del nostro padre Parmenide,e forzare il non-ente, sotto un certo rispetto, ad essere, elente, a sua volta, sotto un certo rispetto, a non essere.TEETETO - Evidentemente questo il punto su cui dovremodar battaglia nei nostri discorsi.82

    81 Per letica di Gorgia, cfr. quanto diciamo in M. Migliori,La filosofia di Gorgia.Contributi per una riscoperta del sofista di Lentini , CELUC, Milano 1973, pp. 118-135.

    82 Sofista, 2541 D 18.

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    Qui abbiamo lesplicita richiesta dinon considerare loperazioneche sta iniziando come un parricidio, cio come un totale rifiutodella posizione parmenidea. Al contrario si dice che per difenderequella posizione bisogna in qualche modo relativizzarla: per salvarelessere e il vero dalloffensiva dei sofisti, bisogna ammettere che ilnon essere in qualche modo sia. Malgrado questa affermazione,non sono calcolabili i manuali e anche gli studi che parlanotranquillamente di parricidio, senza segnalare, magari solo convirgolette come abbiamo fatto sopra, la peculiare valenza deltermine.

    C un esempio meno noto, ma ancora pi importante, almenosul piano teoretico. La prima tesi delParmenide riguarda lUno-Uno, per cui tutte le argomentazioni concludono con limpossibilitdi una qualsiasi predicazione. Il risultato in qualche modo ovvio:lUno non partecipa dellEssere, non in alcun modo; diconseguenza non nemmeno Uno: se infatti lo fosse, parteciperebbedellEssere. Pertanto non potrebbe avere qualcosa o essere qualcosa:non ha nome, n se ne ha definizione, n scienza alcuna.

    Questa condizione, in realt, potrebbe anche essere interpretatain senso positivo, come espressione della massima forma ditrascendenza, sul modello che diverr canonico nel neoplatonismo.Platone ha presente questa possibilit quanto meno perch conoscela trattazione eleatica, di cui questo Uno manifestazione.Pertanto, proprio in questo caso, costringe il giovanissimoAristotele a fare una affermazione perentoria, esprimendo lunicogiudizio che troviamo sullesito delle 8 tesi.

    E possibile dunque che questa sia la condizione dellUno?.A me non pare possibile.83

    Daltra parte, questa negazione ovvia, visto che la funzionedellUno dovrebbe essere quella di dare ragione del reale, mentrequesto Uno non in grado nemmeno di dare ragione di se stesso.

    83 Parmenide, 142 A 6-8.

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    Non a caso Platone ci d anche la ragione per cui un puro Unonon pu essere a fondamento del reale:

    Infatti una realt nella sua interezza non potrcontemporaneamente avere la duplice funzione di subire efare. Altrimenti lUno non sarebbe pi Uno, ma due84.

    Infatti, Platone abbandona immediatamente questa ipotesidellUno-Uno e formalizza con una lunga trattazione una nuovaipotesi, quella dellUno-che-85, che sar utilizzata nell esercizio

    svolto nelle tre successive tesi.BIBLIOGRAFIA

    I. Platone(edizione critica e traduzione)

    BURNET, J.Platonis Opera. Oxford, 1892-1906 (con varie edizioni).

    REALE, G (ed.).Platone: Tutti gli Scritti. Milano: Bompiani, 2005.

    II. Bibliografia secondaria

    MIGLIORI, Maurizio.Arte politica e metretica assiologica:Commentario storico-filosofico al Politico di Platone. Milano: Vitae Pensiero, 1996.

    ______.De la critique de Schleiermacher aux commentaires

    rcents. Evolution et articulation du nouveau paradigme deTubingen-Milan. tudes Philosophiques, 1998, p. 91-114.

    ______.Dialettica e Verit: Commentario filosofico al Parmenidedi Platone. Milano: Vita e Pensiero, 2000.

    84 Parmenide, 138 B 3-5.85 Parmenide, 142 B-C.

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    ______.Gorgia quale sofista di riferimento per Platone. Giornaledi Metafisica, NS 21 (1999), p. 101-126.

    ______.Il Parmenide e le dottrine non scritte di Platone.Istituto Suor Orsola Benincasa. Napoli, 1991.

    ______.Il recupero della trascendenza platonica ed il nuovoparadigma. Rivista di Filosofia Neoscolastica, 79 (1987), p. 351-381.

    ______.La filosofia di Gorgia. Contributi per una riscoperta delsofista di Lentini. Milano: Celuc, 1973.

    ______. La scuola di Tubinga-Milano. Il Cannocchiale, 1992,pp. 121-142.

    ______. LIdea del Bene nel Filebo. In:Studi in onore di AntonioPossenti. A cura di G. Almanza Ciotti, S. Balconcini,G.Mastrangelo Latini. Pisa-Roma: Istituti Editoriali PoligraficiInternazionali, 1998, p. 429-457.

    ______. Lo sviluppo tempestoso di un gioco compatto: la strutturadel Filebo. In:Il Filebo di Platone e la sua fortuna. A cura di P.Cosenza. Napoli: M.DAuria Editore, 1996, p. 353-373.

    ______.Luomo tra piacere, intelligenza e Bene. Commentariostorico-filosofico al Filebo di Platone. Milano: Vita e Pensiero, 1998.

    ______. Sul Bene. Materiali per una lettura unitaria dei dialoghi edelle testimonianze indirette. In:New Images of Plato: Dialogueson the Idea of the Good. Edited by G. Reale and S. Scolnicov.Academia Verlag, Sankt Augustin, 2002, p. 115-149.

    ______. Tra polifonia e puzzle. Esempi di rilettura del giocofilosofico di Platone. In:La struttura del dialogo platonico: a curadi Giovanni Casertano. Napoli: Loffredo, 2000, p. 171-212.

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    ______.Verso il filosofo: dialettica e ontologia nel Sofista diPlatone. Rivista di filosofia neo-scolastica, 91 (1999), p. 171-204.

    Data de Registro 12/06/06Data de Aceite 12/07/06