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COME SUPERARE LA MURAGLIA GOOD ITALIAN WINES GUIDA PRATICA ALL’ESPORTAZIONE DI VINO IN CINA

Come superare la muraglia

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Guida pratica all'esportazione del vino in Cina

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COME SUPERARELA MURAGLIA

意大利美酒荟

GOOD ITALIAN WINES

GUIdA PRATICAALL’ESPORTAzIOnE dI vInO

In CInA

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➜ IL vInO In CInA OGGI

Con 17 milioni di ettolitri di vino consumati nel 2011 (dati Oiv), la Cina è già oggi il quarto mercato mondiale per il vino.

La crescita dei consumi prosegue e, secondo le stime più autore-voli, entro il 2020 la Cina raggiungerà la prima posizione.

C’è una forte e consolidata presenza di vino di produzione locale nelle fasce di prezzo più basse.

Quello che da alcuni anni sta crescendo in maniera esponenziale è il vino importato, che si colloca nelle fasce alte e, sempre più, medio-alte e medie.

Il consumo pro-capite è ancora modesto e, con il diffondersi di stili di vita occidentali e di un ceto medio con buone capacità di spe-sa, gli spazi di crescita disponibili sono an-cora giganteschi.

Il successo sul mercato cinese però non è automatico per chiunque vi si affacci.

Vince chi è capace di comprendere meglio le caratteristiche uniche della società, della cultura e del mercato cinese e, avendo capito, di agire di conseguenza con coerenza e determinazione.

Finora il vino italiano ha clamorosamente mancato l’obiettivo.

Ci sono ancora grandissime opportunità per occupare la posizio-ne che i nostri vini meritano, ma occorre agire presto perché tut-ti i grandi e medi paesi produttori stanno lavorando sodo per con-quistare quote di mercato che in seguito sarà difficile e costoso strappare loro.

Entro il 2020 la Cina sarà il primo mercato del mondo

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➜ ELEMEnTI SOCIOECOnOMICI RILEvAnTI

La recente impennata nelle importazioni di vino è il risultato del-la combinazione di più fattori positivi. Da un lato c’è il dato og-

gettivo dell’abbattimento dei dazi doganali dal precedente 65% all’attuale 14%.

Non è un caso che l’anno in cui è stato intro-dotto il nuovo regime doganale, cioè il 2005, coincida con l’avvio della crescita delle im-portazioni con un tasso medio del 166% anno su anno.

La minore imposizione fiscale non avrebbe però potuto da sola innescare questa corsa se non si fosse incrociata con il contemporaneo enorme allarga-mento di un ceto medio dotato di buona o ottima capacità di spesa e molto desideroso di abbracciare stili di vita occidentali.

LA «BELLA FIGURA» E IL VANTAGGIO ITALIANOOgni giorno in Cina grandi masse di persone arrivano a un benes-sere economico mai sperimentato prima e hanno un grandissimo desiderio di mostrare lo status raggiunto attraverso l’adozione e l’ostentazione di stili di vita occidentali.

Questo desiderio di esibire il nuovo benessere nasce anche da un concetto molto profondamente radicato nella cultura cinese: quel-lo di miànzi, letteralmente “faccia”.

Il miànzi è un concetto molto complesso che comprende la repu-tazione, l’onore, il rispetto di sé. Soprattutto, però, è riferito alle azioni che fanno migliorare la reputazione e il rispetto degli altri.

Di fatto è quasi sovrapponibile al concetto italiano di bella figura,

Il dazio sulle importazioni di vino è sceso dal 65 al 14%

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espressione adottata in tutto il mondo perché non ha equivalenti in altre culture occidentali.

Le nuove classi abbienti cinesi sono estremamente sensibili al fascino dello stile italiano e conoscono molto bene i nostri grandi marchi del design, della moda, dell’automobile, del lusso e, più in generale, di tutto ciò che si identifica con la qualità e l’eleganza del vivere.

Non c’è dubbio che anche la cucina italiana rientri fra gli elementi che costruiscono l’immagine favorevole del nostro Paese in Cina e predispongono i cinesi culturalmente più evoluti a riservare un’ot-

tima accoglienza ai nostri vini.

Partendo da questa considerazione di fatto, sarebbe però un gravissimo errore immagi-nare che, come è successo in altri mercati, anche in Cina la ristorazione italiana possa trainare la diffusione dei nostri vini.

ABITUDINI ALIMENTARI MILLENARIELa Cina ha una tradizione culinaria – anzi, una molteplicità di tradi-zioni regionali – di tale antichità, raffinatezza e varietà che non suc-cederà mai che, per quanto rispettata e anche ammirata, la cucina italiana – o di qualsiasi altra origine – possa incidere in maniera significativa sulle abitudini e sui comportamenti quotidiani.

A questo si aggiunge il fatto che, contrariamente alla situazione di Paesi come la Germania o, ancora di più, gli Stati Uniti, la Cina non è mai stata meta di emigrazione e quindi non esiste una comunità di origine italiana attraverso la cui influenza si impongano modelli alimentari del nostro Paese. Di conseguenza, anche se nelle gran-di città sono certamente presenti ristoranti italiani, sperare di otte-nere vendite significative puntando su questo canale come è suc-cesso in altri Paesi è semplicemente illusorio.

L’unico reale canale di vendita che possa garantire un flusso im-portante di ordinativi è la ristorazione cinese di qualità. Questo im-pone però di avere ben presente in quale modo il vino viene bevuto durante un pasto cinese.

L’Italian Style è ben noto e molto apprezzato

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SI MANGIANO DIECI PIATTI DIVERSI IN CONTEMPORANEA

In certi banchetti formali di altissimo livello il servizio può ricorda-re in parte quello occidentale, con portate - in questi casi spesso in gran numero - servite una dopo l’altra in una sequenza rigida-mente stabilita. Ma si tratta di occasioni rarissime, in realtà più occasioni cerimoniali che pasti.

Di norma in un pranzo cinese è una persona sola, solitamente chi ha fatto l’invito, che ordina per tutti anche se è uso che chieda ai commensali se hanno desideri, preferenze o cibi che non amano. In ogni caso le ordinazioni sono comuni: il pasto è sempre un even-to sociale ed è considerato un gesto di pessima educazione ordi-nare un piatto solamente per sé.

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Fatte le ordinazioni, anche in ristoranti di livello molto alto le por-tate arrivano in tavola in un ordine casuale, a mano a mano che vengono pronte in cucina. Si mettono al centro della tavola - di so-lito su un piano rotante se si tratta di un pranzo con più di tre o quattro persone. Tutti si servono ripetutamente dai piatti di portata a loro piacere, prelevando ogni volta l’equivalente di pochi bocco-ni per depositarlo nella propria ciotola o piattino. Così si passa da un delicato pesce cotto a vapore a un piatto di manzo in salsa pic-cante, da verdure fritte a ravioli con carne di maiale, da una zuppa con funghi a gamberi saltati in padella, in un continuo sbocconcel-lare questo e quello con il piano rotante tenuto in quasi perenne movimento.

Così parlare di abbinamenti tra vini e cibi risulta non solo inutile ma addirittura controproducente.

SI PASTEGGIA A TÈ

Il posto che il vino occupa nella nostra cultura, sia come accompa-gnamento che valorizza la cucina sia come elemento nodale della cultura del gusto, in Cina è riservato alla tradizione millenaria del tè.

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Una tradizione che, al di là delle differenze fra i due prodotti, pre-senta impressionanti analogie con quella vitivinicola europea.

In città di ogni dimensione, nei centri com-merciali e nei quartieri delle grandi città si trovano innumerevoli negozi che vendono decine, e a volte centinaia, di diversi tè. Ne-gozi molto simili alle nostre enoteche.

Allo stesso modo, ogni ristorante cinese ha una lista dei tè. Lista che nei ristoranti di qualità può essere lunga e articolata quanto una rispettabile carta dei vini dalle nostre parti e per tutta la durata del pasto si fa in modo che ci sia sempre tè nella tazza di ciascuno.

BRINDISI E STATUSIl vino, invece, viene portato in tavola essenzialmente per esibire uno status sociale legato al successo economico ma anche all’ap-parire al passo con i tempi, capaci di adottare stili di vita moderni e occidentalizzanti.

Lo si beve sempre brindando, toccando i bicchieri e augurandosi l’un l’altro a gran voce «GANBEI!», l’equivalente del nostro «Cin cin» o «Salute!».

Durante un pranzo d’affari, ma anche in una semplice cena fra ami-ci, è normale vedere persone che all’improvviso di alzano con il bicchiere del vino in mano per fare il giro del tavolo brindando l’uno dopo l’altro con tutti i commensali.

Questi giri di brindisi generali sono spesso intervallati da numerosi brindisi “locali”, nel senso che si tocca il bicchiere di volta in volta con una persona seduta vicino a sé.

Non si brinda a nulla di particolare, semplicemente si condivide l’atto del bere con le persone insieme alle quali si sta mangiando.

Di fatto, il vino, come qualsiasi bevanda alcolica, appartiene alla fon-damentale sfera della socializzazione e, così come non si ordinano piatti per sé, non si usa portare alle labbra il calice del vino senza prima coinvolgere almeno qualcuno dei presenti in un brindisi.

In tavola il tè occupa il posto che per noi spetta al vino

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Poi, tra un sorso di vino e l’altro, si torna a bere tè.

Con tutto ciò, la quantità di vino che si consuma in un pranzo può anche essere molto rilevante.

IL VINO PER LA SALUTE

Nonostante l’alto valore che le religioni tradizionalmente prevalen-ti in Cina, buddismo e taoismo, attribuiscono alle virtù di modera-zione e compostezza, di fatto nella cultura cinese non esiste con-danna sociale dell’ebbrezza.

Al contrario, è considerato segno di grande ospitalità insistere per-ché gli ospiti tracannino alcolici fino a essere completamente ubria-chi. Cosa che si ottiene piuttosto facilmente con l’abitudine tradi-zionale di brindare con baijiu, letteralmente “alcol bianco”. Il quale non è altro che un’acquavite ad altissima gradazione (40-60 gradi) ottenuta dal sorgo, cereale molto diffuso in Cina.

Con l’aumento dei redditi che porta alla facilità di acquistare alco-lici, il forte consumo di baijou e altri bevande locali ad alta grada-zione ha cominciato a creare problemi di salute di dimensioni pre-occupanti. Questo ha spinto il governo cinese alcuni fa a favorire il consumo del vino come alternativa sana ai distillati.

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➜ LA SFIdA CULTURALE

La sfida culturale che occorre affrontare in Cina è semplice ma, allo stesso tempo, di grande impegno. Occorre instillare nei

cinesi della classe media il concetto che in Italia il vino si beve a tavola come loro bevono il tè, e contribuire così a farlo entrare stabilmente nelle abitudini quotidiane per andare al di là dell’at-tuale immagine legata al brindare, ovviamente senza cancellarla.

OBIETTIVO IL TRADE

La sfida culturale non si può combattere a livello di consumatori. In un Paese così vasto sarebbe impresa improba e destinata a si-curo fallimento.

Per non sperperare risorse, tutti gli sforzi devono essere concen-trati sugli intermediari commerciali in un mercato saldamente do-minato dall’equivalente del nostro Horeca.

Lo spettacolare ritmo di sviluppo del merca-to del vino di importazione ha attirato, conti-nua e continuerà ancora nei prossimi anni ad attirare verso il settore moltissime operatori che ne intuiscono le potenzialità commercia-li ma sono privi di una specifica preparazione professionale.

Per esempio: nei ristoranti il vino viene quasi sempre scaraffato. Spesso per essere servito in una brocca di vetro da mezzo litro come quelle che tendiamo ad associare al “vino della casa” delle nostre vecchie trattorie popolari. Dato che nella cultura cinese la ritualità è un elemento molto importante, nei locali di alto livello che desiderano darsi un tono, capita di assistere a un doppio passag-gio. Prima dalla bottiglia al decanter - anche per vini giovani che

C’è un grande bisogno di formazione degli operatori

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non ne avrebbero minimamente bisogno. Poi, per comodità, dal decanter alla solita brocca da mezzo litro.

Anche a livello di distributori e importatori la situazione generale non è molto migliore. Si incontrano professionisti molto preparati - in questi casi possono essere davvero preparatissimi. Ma più spesso capita di avere a che fare con persone che non hanno idea di quale possa essere la differenza fra un Cabernet e un Pinot, e

non hanno mai nemmeno sentito parlare di Sangiovese.

Guidare una degustazione per professioni-sti del settore può essere un’esperienza molto frustrante, con persone che tracan-nano il vino non appena viene versato nel bicchiere, magari mentre chi parla sta an-cora illustrando il vino precedente.

Tutto ciò porta a una conclusione: il compito che si deve assumere chi vuole affermarsi stabilmente in Cina è una costante opera di informazione e formazione degli intermediari. Solo così l’attenzione si può spostare dal piano puramente economico alla valutazione delle caratteristiche e dei valori di qualità, diversità e affidabilità dei prodotti. In caso contrario ci si condanna a una micidiale rincorsa di prezzi al ribasso.

Questo lavoro di informazione e formazione degli intermediari è finora completamente mancato da parte italiana, mentre i francesi lo perseguono con coerenza e determinazione da molti anni.

I risultati si vedono nell’enorme distacco fra le vendite di vini fran-cesi e quelle dei vini italiani, sia in termini di volumi sia per quanto riguarda il prezzo medio.

I francesi hanno cominciato anni fa a formare gli intermediari

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➜ I dATI dI MERCATO

LA FRANCIA CORRE, L’ITALIA ARRANCA IN AFFANNO

Dal 2005 al 2011 il mercato del vino in Cina è cresciuto comples-sivamente di uno spettacolare 1928%, con una media annuale

del 166%. Il grafico relativo al periodo 2007-2011, però mostra in maniera impietosa la diversa performance fra il vino italiano e quel-lo francese.

Il valore delle vendite italiane è passato da 20 a 94 milioni di dolla-ri. Un incremento del 370% che, isolato dal contesto, può far appa-rire giustificato il facile ottimismo di certi proclami che si sentono e leggono nell’ambiente.

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Il confronto con la Francia però mostra con crudezza il nostro gra-ve ritardo e, peggio, l’incapacità di tenere il passo sin qui mostrata. Nello stesso periodo, infatti, le importazioni di vino francese sono passate da 98 a 751 milioni di dollari. Un balzo in avanti del 666% che testimonia come la Francia corra a una velocità quasi doppia rispetto alla nostra.

La conseguenza si vede nel grafico che mostra l’andamento delle quote di mercato. Mentre la Francia mantiene e rafforza il suo do-minio assoluto con un’espansione senza sosta che la sta portando verso il 60% del vino venduto, l’Italia arranca insieme ai paesi di media produzione, restando ben al di sotto del 10%.

I dati preliminari relativi al primo semestre del 2012 mostrano che la situazione non è migliorata. Anzi, il divario continua a crescere.

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La tabella mostra che non solo la Francia continua a consolidare il suo dominio ma, cosa ancora più preoccupante, che anche tutti gli altri competitor stanno correndo più veloci di noi.

Peggio di quello relativo ai volumi è il dato del valore, con un’Italia unico esportatore a mostrare una crescita zero.

PERCHÉ I PRIMI NEL MONDO SONO ULTIMI IN CINA

In tutto il mondo il vino italiano conquista spazi sempre maggiori. Le statistiche Oiv mostrano che nel 2000, la Francia vendeva all’este-ro 15,4 milioni di ettolitri di vino, mentre l’Italia si fermava poco sotto quota 14,7 milioni.

Nel 2011 noi siamo cresciuti fino a 24,3 milioni di ettolitri, mentre la Francia è arretrata fino a 14,1, in parziale risalita dal minimo di 12,5 toccato nel 2009.

Cosa sta succedendo? Come mai il vino italiano conquista quote sempre più rilevanti in tutto il mondo e in Cina vendiamo sei volte meno dei francesi portando a casa un decimo dei loro introiti?

La risposta è molto semplice: i Francesi han-no tenuto gli occhi aperti, hanno saputo co-gliere i segnali che indicavano quello che sa-rebbe successo in Cina, e si sono comportati di conseguenza.

Da quando, 12 anni fa, la Cina è entrata a far parte delle nazioni che aderiscono al Wto,

PAESI VOLUME (hl) INCREMENTO VALORE ($ MLN) INCREMENTO

FRANCIA 557.000 11.8% 367 25.3%

AUSTRALIA 149.000 10.4% 90 12.5%

SPAGNA 114.000 48.1% 34 30.8%

ITALIA 92.000 7.0% 34 0

CILE 90.000 16.9% 37 27.5%

La Francia domina perché ha investito nel marketing

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l’Organizzazione mondiale del commercio, la Francia ha investito nel Paese in maniera massiccia e continuativa con azioni collettive di marketing focalizzate soprattutto sull’informazione e sulla for-mazione per diffondere sempre più capillarmente fra gli operatori del settore la conoscenza dei vini francesi.

LA NOSTRA GRANDE OPPORTUNITÀ

I dati di vendita nel mondo stanno lì a dimostrarlo: quando i con-sumatori scoprono i vini italiani, la loro qualità, la loro ineguaglia-bile varietà e, non ultimo, l’imbattibile rapporto qualità-prezzo, li scelgono senza più ripensamenti.

Il bassissimo livello attuale delle nostre vendite in Cina e la con-tinua espansione del mercato cinese significano che gli spazi da conquistare sono immensi.

Però la Cina è diversa dagli Stati Uniti, dalla Germania e da tutti gli altri mercati dove i nostri vini sono riusciti ad affermarsi grazie all’intraprendenza individuale dei produttori e all’effetto amplifi-catore della ristorazione italiana.

Senza azioni di promozione coordinate che facciano conoscere e apprezzare il vino italiano nel suo complesso, nessuna singola azienda avrà mai la forza sufficiente per ottenere un successo stabile.

Senza un progetto di informazione e formazione del trade, il vino italiano finirà per essere spinto in una posizione sempre più mar-ginale, facendosi superare non solo dalla Francia ma da tutti quei Paesi del Vecchio e Nuovo mondo che si stanno velocemente at-trezzando come si deve per sfruttare le opportunità offerte dal mercato cinese.

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➜ COME vInCERE In CInA

L’esempio francese è illuminante. In Cina, il successo non arriva per caso. Occorre un progetto coerente e articolato al quale i

singoli produttori si possano appoggiare per fare massa critica ed evitare di disperdere risorse preziose senza ottenere risultati.

In Italia purtroppo non abbiamo organismi capaci di svolgere azio-ni di promozione collettiva efficaci come quelle che per la Francia sa fare la Sopexa. Ma questa non è una scusante per restare fermi.

In un Paese che esporta più della metà del vino che produce, nessuno può permettersi il lusso di stare a guardare mentre le bottiglie degli altri occupano uno dopo l’altro tutti gli spazi sugli scaffali del più grande mercato del mondo.

Quindi, come in altri settori, dove non arriva il pubblico bisogna che si diano da fare i privati. Però non ognuno per sé, perché il lavoro da fare è troppo complesso per poterlo af-frontare da soli.

È partendo da queste evidenti considerazioni che è nato il proget-to GOOD ITALIAN WINES, la prima grande azione integrata e coor-dinata per affrontare in maniera razionale il mercato cinese.

Non possiamo permetterci di lasciare la Cina agli altri

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INFORMAZIONE, FORMAZIONE, SELEZIONE, PRESENZA E CONTINUITÀ

Questi sono i passaggi indispensabili per affermarsi e guadagnare in Cina. Vediamoli uno per uno.

INFORMAZIONE

Nessun intermediario può vendere vini di cui non ha mai sentito parlare, di cui non conosce i territori, le uve, le persone. Non a caso «La Revue du vin de France» ha un’edizione cinese che negli ultimi anni ha rappresentato un importante motore per sostenere l’espan-sione del vino francese.

Ora anche il vino italiano ha il suo veicolo di informazione per parlare al mercato cinese. La presenza sull’edizione cinese della rivista IL MIO VINO, una delle articolazioni del pro-getto GOOD ITALIAN WINES è la prima, indi-spensabile mossa per farsi conoscere e co-minciare a vendere in Cina.

FORMAZIONE

Oltre a leggere di vini e territori, importatori, distributori, enotecari e ristoratori devono imparare a riconoscere, valutare e, soprattutto, presentare ai loro clienti le caratteristiche e la qualità dei nostri vini.

Anche in questo, i francesi ci precedono da anni con corsi e scuo-le di formazione dedicate al vino francese ma, con intelligente lun-gimiranza, anche alla cultura del vino in generale.

Ora il progetto GOOD ITALIAN WINES colma il ritardo con il lancio dell’ISTITUTO DELLE SCIENZE DEL VINO che si svilupperà secon-do una tabella di marcia che prevede il progressivo allargamento delle attività dalla formazione di degustatori fino alla collaborazio-ne con università e istituti di ricerca.

Il primo passaggio, la formazione all’assaggio, è indispensabile per

Ora anche in Italia esiste un progetto integrato

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creare professionisti attivi nei vari passaggi della filiera commer-ciale che abbiano una buona conoscenza generale del vino ma an-che un deciso orientamento al vino italiano.

Lo sviluppo verso l’istruzione superiore in viticoltura, enologia e marketing del vino è poi necessario per affermare l’Italia come pun-to di riferimento del mondo del vino cinese.

Partecipare attivamente a questo progetto sin dall’inizio significa fare dei nostri vini materia di insegnamento e farli conoscere a fon-do ai professionisti presenti e futuri.

SELEZIONE

In un Paese grande come la Cina, con i tassi di crescita che sta vivendo il vino, è inevitabile che si possano incontrare personaggi di ogni tipo che saltano sul carro subodorando la possibilità di fa-cili e ingenti guadagni.

Le barriere linguistiche e culturali sono tali che spesso è difficilis-simo distinguere fra partner affidabili e avventurieri che nella mi-gliore delle ipotesi fanno perdere tempo e nella peggiore sparisco-no nel nulla insieme al nostro vino e ai nostri soldi.

L’unica garanzia è affidarsi a chi conosce bene il Paese e lo speci-fico settore del vino. Perciò nell’ambito di GOOD ITALIAN WINES è stato creato un ufficio a Canton, con personale cinese alle dipen-denze de IL MIO CASTELLO che si avvale anche della consulenza e collaborazione quotidiana di esperti locali per dare alle aziende italiane che partecipano al progetto ogni assistenza nella selezione dei partner commerciali.

PRESENZA

Il contatto diretto con gli operatori della filiera commerciale è un momento fondamentale per riuscire a vendere davvero il vino. Alla fine, niente può sostituire fino in fondo la faccia, le parole, la stret-ta di mano del produttore.

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La Cina è lontana e immensa, non si può partire per vendere il vino porta a porta. È indispensabile investire razionalmente le risorse con una partecipazione fieristica. Ma anche per le fiere vale quan-to abbiamo detto per gli intermediari: la veloce espansione del set-tore ne fa nascere ogni giorno. Difficile, anzi: impossibile, senza una profonda conoscenza capire quale possa essere la fiera che fun-ziona davvero.

E poi, anche una volta trovata la fiera giusta, il rischio di passare inosservati nel nostro piccolo stand è altissimo.

Così il momento centrale di GOOD ITALIAN WINES è la partecipa-zione alla più grande e consolidata fiera di settore della Cina, l’uni-ca capace di attirare compratori da ogni angolo del Paese.

Una partecipazione che si concretizza in un grande padiglione di tremila metri quadrati che non potrà passare inosservato, e orga-nizzato in maniera innovativa per garantire che nessuno dei pro-duttori presenti passi inosservato.

CONTINUITÀ

Una volta trovato un importatore, il lavoro di vendita in Cina non è finito, comincia.

Bisogna proseguire anno dopo anno per coprire il Paese in manie-ra sempre più capillare, e nessun singolo importatore lo potrà mai fare per noi. La Cina è semplicemente troppo grande e complessa perché questo sia possibile.

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➜ HOnG KOnG, LA PORTA vERSO IL nULLA

Nel quadro della vastità e complessità della Cina vale la pena di accennare al diffuso mito di Hong Kong come “porta d’acces-

so” al mercato cinese.

Insieme a Macao, Hong Kong è una delle due regioni amministra-tive speciali. Ciò significa che mentre è nominalmente inclusa nel territorio della Repubblica Popolare, di fatto è un Paese del tutto separato. In Cina si guida sulla destra, a Hong Kong sulla sinistra. L’ex colonia inglese ha un sistema politico diverso, con un governo eletto che nulla ha a che fare con il governo di Pechino. Ha una moneta diversa. Per attraversare la frontiera fra Hong Kong e la Repubblica Popolare Cinese occorre il visto.

E, soprattutto, le merci - a partire dai vini - che passano da Hong Kong alla Cina sono sottoposte ai medesimi controlli doganali che devono passare quelle che arrivano diretta-mente dall’Europa per nave o via aerea.

Conclusione: la vicinan-za geografica maschera una totale estraneità e Hong Kong è la porta per il mercato - anzi, per i molti diversi mer-cati - della Cina più o meno quanto Istanbul può essere la porta ver-so i mercati europei.

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Provincia di Guangdong Guangzhou (Canton) 104.303.132 180.000

Provincia di Shandong Jinan 95.793.065 153.800

Provincia di Henan Zhengzhou 94.023.567 167.000

Provincia di Sichuan Chengdu 80.418.200 485.000

Provincia di Jiangsu Nanchino 78.659.903 102.600

Provincia di Hebei Shijiazhuang 71.854.202 187.700

Provincia di Hunan Changsha 65.683.722 210.000

Provincia di Anhui Hefei 59.500.510 139.700

Provincia di Hubei Wuhan 57.237.740 185.900

Provincia di Zhejiang Hangzhou 54.426.891 102.000

Regione autonoma del Guangxi Zhuang Nanning 46.026.629 236.000

Provincia di Yunnan Kunming 45.966.239 394.000

Provincia di Jiangxi Nanchang 44.567.475 167.000

Provincia di Liaoning Shenyang 43.746.323 145.900

Provincia di Heilongjiang Harbin 38.312.224 454.000

Provincia di Shaanxi Xi’an 37.327.378 205.600

Provincia di Fujian Fuzhou 36.894.216 121.300

Provincia di Shanxi Taiyuan 35.712.111 156.300

Provincia di Guizhou Guiyang 34.746.468 176.000

Provincia di Jilin Changchun 27.462.297 187.400

Provincia di Gansu Lanzhou 25.575.254 454.300

Municipalità di Shanghai Shanghai 23.019.148 6.341

Regione autonoma uigura dello Xinjiang Ürümqi 21.813.334 1.660.400

Municipalità di Pechino Beijing 19.612.368 16.800

Provincia di Hainan Haikou 8.671.518 34.000

Reg. amm. spec. Hong Kong Hong Kong 7.061.200 1.104

Regione autonoma del Ningxia Hui Yinchuan 6.301.350 66.400

Provincia di Qinghai Xining 5.626.722 721.200

Regione autonoma del Tibet Lhasa 3.002.166 1.228.400

Reg. amm. spec. di Macao Macao 552.300 29

Regione autonoma della Mongolia Interna Hohhot 24.706 1.183.000

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➜ Un PAESE-COnTInEnTE

Con un’area di poco meno di 10 milioni di chilometri quadrati, l’estensione della Cina è vicina a quella dell’intera Europa, inte-

sa nel senso più vasto, come espressione geografica dall’Atlantico agli Urali. La sua popolazione di 1,4 miliardi significa che un abitan-te della Terra su 5 è cinese.

Questi due numeri ci dicono una verità fondamentale: le dimensioni della Cina sono quelle di un continente

1,4 miliardi di persone pronte a bere vino italiano

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Un solo importatore non può e non deve bastare per tutta la Cina

Constatazione di cui chiunque voglia fare affari con la Cina deve assolutamente tene-re conto pena la pressoché matematica cer-tezza di insuccesso e sperpero di denaro.

Ma non basta: quello che agli osservatori esterni appare spesso come un sistema politico monolitico saldamente controllato

da Pechino è un realtà un complicato puzzle amministrativo con 33 divisioni di livello provinciale - composte da 22 province, 5 regioni autonome, 4 aree metropolitane e 2 “regioni amministrative specia-li” - i cui governi locali di fatto godono di una autonomia decisionale per certi versi più ampia di quella dei governi nazionali dei Paesi membri dell’Unione Europea.

Per chi vende vino questo significa una cosa molto semplice: pen-sare di poter affrontare il mercato cinese affidandosi a un unico im-portatore sarebbe come illudersi di coprire tutti i mercati europei dopo aver trovato un importatore in Danimarca.

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➜ I CAnALI dI dISTRIBUzIOnE

Una delle voci consolatorie che girano per giustificare il succes-so dei vini francesi è la massiccia presenza delle catene della

grande distribuzione francese sul territorio cinese. Come dire: «Per forza loro riescono a vendere e noi no, noi non abbiamo equivalen-ti di Auchan o Carrefour con centinaia di punti vendita in Cina».

È un mito privo di fondamento.

È vero che la Gdo francese è presente in forze in Cina come in gran parte del mondo. Ma la realtà è che in Cina le vendite di vino di qualità non passano per i supermercati.

Il vino si vende nei ristoranti, nei sempre più numerosi locali di tendenza e wine bar e nel crescente numero di punti vendita specializzati.

Accanto alle enoteche di quartiere che già da qualche anno si vedono nelle città, il fenomeno più recente è la nascita di imponenti “grandi magazzini del vino”. Enoteche multi-piano che, non a caso, a volte integrano i grandi spazi destinati ai vini di tutto il mondo, oltre che con l’ovvia presenza di distillati, an-che con un reparto dedicato al tè.

La tendenza quindi è evidente: il vino è saldamente nelle mani del-la mescita e della distribuzione specializzata e non c’è in vista al-cuno spostamento verso i canali generalisti. Se non vendiamo ab-bastanza in Cina è solo colpa nostra, non di Auchan.

Il vino si vende nel canale HORECA, non nella GDO

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➜ FILIERA LUnGA

I prezzi al dettaglio in Cina spesso appaiono incomprensibili. Due bottiglie dello stesso vino che in Italia esce dalla cantina a 3 euro

possono arrivare sugli scaffali delle enoteche a prezzi variabili fra 270 a 700 yuan. Vale a dire qualcosa come da 30 a 80 euro.

Una forbice enorme che si può capire solo tenendo conto del fatto che la filiera commerciale è estremamente complessa e in certi casi può essere lunghissima.

Fra distributori e grossisti regionali e locali, nel tragitto dall’impor-tatore alla vendita al dettaglio il vino può arrivare a passare anche per tre o quattro livelli di intermediazione.

Non solo, ciascun distributore e grossista applica ricarichi larga-mente variabili a seconda del volume d’affari complessivo che gli garantisce il rivenditore successivo.

D’altra parte, ci sono anche distributori che gestiscono punti ven-dita propri, accorciando la filiera in maniera drastica. Questo però non sempre si traduce automaticamente in un vantaggio per il con-sumatore finale perché nel suo punto vendita il distributore può semplicemente decidere di applicare ricarichi particolarmente alti.

Tutto ciò produce due conseguenze fondamentali.

La prima è che la complessità e lunghezza della catena commer-ciale amplifica sempre in maniera enorme ogni variazione del prez-zo di uscita dalla cantina, e di questo chi vuole esportare con suc-cesso in Cina deve tener conto.

La seconda, non meno importante conseguenza è che la larghissi-ma forbice dei possibili prezzi finali è un ulteriore motivo per non affidarsi mai a un solo importatore. L’unico modo che abbiamo per essere ragionevolmente certi che, almeno da qualche parte, il no-stro vino arrivi sugli scaffali a prezzi ragionevoli è fargli prendere molte strade diverse.

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➜ LA PERICOLOSA CHIMERA dI InTERnET

La Cina ormai ci ha abituati ai primato raggiunti bruciando le tappe con ritmi di crescita a due e tre cifre e le statistiche re-

lative agli acquisti online non fanno eccezione.

Nel 2012 i cinesi che fanno acquisti su In-ternet hanno raggiunto quota 242 milioni, superando di 75 milioni il numero dei com-pratori USA e nell’ultimo trimestre dell’anno fatturato dei siti di e-commerce ha raggiun-to la cifra astronomica di 319 miliardi di dol-lari. Come dire che i cinesi spendono online qualcosa come 40.000 dollari al secondo.

Sull’onda di questi dati strabilianti, si sta diffondendo in Italia un pericoloso equivoco, cioè che proprio In-ternet possa essere una scorciatoia per aprire finalmente ai vini

Internet è un canale di vendita per i distributori cinesi, non per i produttori

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italiani quel mercato del vino cinese dove ci stiamo facendo strin-gere nell’angolo da un po’ tutti. Non è così. Gli acquisti via Internet in Cina sono fatti esclusivamente dai consumatori finali, in gran parte via smartphone. Non esiste la minima possibilità, né dal pun-to di vista logistico né dal punto di vista legale, che aziende este-re vendano direttamente ai privati nel territorio cinese.

Allo stesso modo, non esiste nessuna pos-sibilità che un importatore acquisti online una partita di vino da un produttore che non ha mai visto di persona. Come sanno bene francesi, australiani, cileni, spagnoli e gli al-tri le cui vendite continuano a galoppare a nostre spese, oggi più che mai l’unico modo per vendere in Cina è la presenza fisica con azioni collettive organizzate.

Ogni giorno sprecato a inseguire la chimera di Internet è un gior-no in più in cui lasciamo campo libero alle loro azioni concrete.

Nessun importatore ordina partite di vino online

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➜ REGOLE AMMInISTRATIvE PER L’IMPORTAzIOnE

Se è vero che dal 2000 ad oggi l’importazione dei vini esteri in Cina è cresciuta esponenzialmente, è bene considerare che il

processo di importazione dei prodotti alimentari (e in particolare alcolici) in Cina presenta tuttora un iter burocratico complesso.

L’IMPORTATORE

Per poter esportare il proprio vino in Cina, il produttore italiano deve o affidarsi a un importatore locale già qualificato ovvero, (qualora il volume di investimento lo giusti-fichi) costituire una società che abbia come oggetto sociale l’importazione e/o la distri-buzione di vino e bevande alcoliche.

SPEDIZIONE E DOGANA

All’interno della normativa cinese sull’importazione, i vini rientrano nella categoria dei beni a libera importazione, seppure soggetti a monitoraggio da parte dell’autorità locale.

All’arrivo di una spedizione di vino in Cina doganieri hanno l’obbli-go di controllare la fattura pro forma, la bolla di trasporto e la po-lizza di carico, mentre l’ufficio locale dell’AQSIQ provvede al con-trollo del prodotto, certificando l’effettiva corrispondenza tra il

Sezione a cura dell’avv. Giovanni Pisacane e dell’avv. Daniele ZibettiGWA - Greatway Advisory

L’importazione

del vino è libera ma soggetta a monitoraggio delle autorità

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3130

contenuto e quanto riportato sull’etichetta, oltre la conformità di quest’ultima con le normative nazionali in vigore. L’ispezione del prodotto è inoltre volta ad accertare che il valore della merce di-chiarato corrisponda al vero.

Per ogni carico i doganieri redigono un memo sul quale viene sti-mato il valore presunto della merce da importare. Su tale valore stimato si calcolano dazi e le imposte i quali dovranno essere cor-

risposti all’erario cinese entro15 giorni dalla redazione del memo.

A partire da ottobre 2012 gli importatori nazionali o stranieri sono soggetti all’ob-bligo di registrazione ogni singola spedi-zione presso la AQSIQ indicandone lo scopo e il contenuto della stessa.

PROCEDURA PER LA PRIMA IMPORTAZIONE

Per ogni importazione di un nuovo prodotto l’AQSIQ compila un report del prodotto che include:

• la verifica dei documenti;

• la corretta etichettatura del prodotto;

• l’ispezione del contenuto delle confezioni (per il vino possono essere fino a 6 bottiglie per un massimo di due litri).

Perché l’autorità competente possa procedere in tempo alle verifi-che del carico, è necessario assicurarsi che tutti i documenti giun-gano a destinazione prima che la merce venga imbarcata.

L’elenco della documentazione che deve essere contenuta nel fa-scicolo è tassativo e comprende:

• 5 copie in originale della lista di carico;

• 5 copie in originale della fattura pro forma, timbrate e firmate;

• 5 copie dell’etichetta frontale e posteriore (in cinese);

Tutti i documenti devono arrivare alla dogana prima dei vini

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• documento in originale (+ 1 copia) della traduzione dell’etichetta frontale in lingua cinese;

• documento in originale (+1 copia), della licenza di produzione e la sua traduzione in cinese;

• un originale (+ 1 copia) della certificazione sanitaria del produt-tore e la sua traduzione in cinese;

• un originale (+ 1 copia) descrizione del processo di produzione del prodotto con corrispondente traduzione in cinese.

Una volta che tutta la documentazione è stata esaminata e risulta essere conforme alle norme di legge, l’Autorità rilascia una certifi-cazione che attesta la genuinità e la veridicità dell’etichetta, la stes-sa ha validità due anni.

Inoltre, ai fini della prima importazione del prodotto, l’autorità cine-se AQSIQ ha il compito di controllare per ogni carico:

• visura della camera di commercio,

• certificato di esportazione dal paese di origine,

• il contratto di fornitura sottoscritto con l’acquirente/distributore in cinese,

• la bolla di trasporto dettagliata,

• una accurata descrizione dei materiali con cui è comporto il packaging.

Anche in questo caso verrà rilasciata una certificazione da parte dell’AQSIQ che attesta la genuinità e la conformità del prodotto alla normativa vigente, in questo caso la validità della certificazione ha la durata di 3 anni.

Page 32: Come superare la muraglia

3332

In teoria oggi è consentito l’accesso agli investitori stranieri sia nei mercati all’ingrosso che al dettaglio, prevedendo gli stessi

requisiti imposti agli operatori nazionali.

Non è raro, tuttavia, che la certezza del diritto che dovrebbe con-traddistinguere tali norme vada scemando.

Per queste ragioni è fortemente raccomandato confrontarsi in via preventiva con un legale prima di intraprendere una nuova attività economica in Cina.

Qualora si intenda costituire una società dedita all’importazione del vino in Cina, la forma consigliata è la “Wholly Foreign Owned En-terprise” (WFOE), un modello verosimilmente assimilabile alla “So-cietà a Responsabilità Limitata” di diritto italiano.

Per costituire una nuova società (WFOE) in Cina è necessario otte-nere l’”Approval Certificate” da parte dell’ufficio locale del “Ministry of Commerce of the People’s Republic of China” .

L’autorizzazione attiva un sistema di controllo volto a monitorare tutti gli investimenti stranieri in Cina e viene rilasciata solo a segui-to della valutazione della fattibilità del business.

Sebbene il capitale sociale minimo richiesto per la costituzione di una WFOE sia di soli RMB 3,000.00 al fine di ottenere il nulla osta da parte del MOFCOM è necessario considerare il generico princi-pio per cui il capitale investito debba essere proporzionato al tipo di attività commerciale che si vuole porre in essere.

➜ COSTITUIRE UnA SOCIETà In CInASezione a cura dell’avv. Giovanni Pisacane e dell’avv. Daniele ZibettiGWA - Greatway Advisory

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3332

Per ottenere con certezza l’approvazione da parte del MOFCOM va stimato un capitale sociale minimo superiore a RMB 500,000.00. Solo una volta ottenuto l’Approval Certificate si può procedere alla costituzione della società.

Una volta costituita la società occorre ottenere il riconoscimento della personalità giuridica, e solo in seguito è possibile avviare la procedura per richiedere la licenza di importazione del vino (Al-coholic Drink Wholesale License).

Per avviare la procedura è necessario compilare l’apposito modulo online presente sul sito del MOFCOM “http://www.mofcom.gov.cn”. In seguito sarà sufficiente seguire le istruzioni così come riportate nel portale.

Una volta compilato il modulo online, il ri-chiedente viene “abilitato” alla stampa di tutta la documentazione che, in formato cartaceo, deve essere consegnata e de-positata agli uffici della Commissione Mu-nicipale del Commercio della provincia in cui ha sede la società.

Non bisogna dimenticare che alla consegna della domanda in for-mato cartaceo è necessario allegare al modulo anche:

• copia della Business Licence (documento che accerta l’apertura dell’attività. Viene rilasciato dalla Camera di Commercio locale);

• copia dell’Organization Code Certificate;

• copia Tax Certificate (certificato di imposte);

• La modulistica e maggiori informazioni sul tema sono disponibi-li sul sito del MOFCOM, esclusivamente in lingua cinese.

Solo dopo aver ottenuto un primo nulla osta da parte dell’autorità locale del MOFCOM è possibile accreditare la società presso l’uf-ficio locale del “Administration of Quality Supervision, Inspection and Quarantine”

L’AQSIQ ha il compito di ispezionare i carichi e di controllare la conformità tra i prodotti importati e le etichette riportate sulle con-

Il capitale sociale deve essere “proporzionato all’attività”

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fezioni e svolgerà poi un ruolo importantissimo nel processo di importazione, in particolare al momento della “Prima Importazione” di un nuovo prodotto.

Una volta ottenuto l’accreditamento presso l’AQSIQ, bisogna prov-vedere alla registrazione presso lo “State Administration of Foreign Exchange” nota anche come SAFE.

Questo ulteriore adempimento è necessario per tutte le società ad investimento estero ed è finalizzato ad ottenere l’autorizzazione ad

aprire un conto corrente in valuta straniera presso qualunque banca cinese, strumento necessario per ricevere pagamenti dall’e-stero in valuta diversa dal RMB cinese.

Per accreditare una società presso il SAFE è necessario procedere con la compilazio-ne dell’apposita modulistica scaricabile dal portale “http://www.safe.gov.cn”. Alla mo-dulistica opportunamente compilata, va al-legato:

• il nulla osta timbrato del MOFCOM assieme all’originale della domanda che ha avviato il procedimento;

• copia del Certificato di Approvazione del business rilasciato alla WFOE;

• copia della “business license” che si ottiene alla registrazione della WFOE;

• copia del certificato di registrazione presso la locale autorità do-ganale.

Infine è necessario registrarsi presso gli uffici della Tax Authority dove verrà rilasciato un codice fiscale per il pagamento dei dazi doganali.

Una volta portati a termine tutti gli adempimenti sopra riportati, bisogna recarsi nuovamente presso l’ufficio locale del MOFCOM, e consegnare tutto il fascicolo contenente le autorizzazioni e le cer-tificazioni rilasciate da:

Avviata la procedura, ci sono solo 30 giorni per presentare la documentazione

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• AQSIQ - Ufficio doganale

• SAFE - Tax Administration

Dopo che tutti gli adempimenti sono stati portati a termine verrà rilasciata la Licenza di Importazione (Alcoholic Drink Wholesale Li-cense), e solo a quel punto sarà possibile procedere alla importa-zione del vino.

Tutta la procedura deve essere conclusa tassativamente entro 30 giorni dalla prima registrazione. In caso contrario decadono tutti i passaggi già eseguiti.

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2 EDIZIONE CINESE DELLA RIVISTA IL MIO VINOQuesta sarà, dopo quella tedesca e quella americana, la terza edizione in lingua straniera della rivista IL MIO VINO. Come tutte le edizioni della rivista, anche quella cinese sarà diretta principalmente agli operatori della filiera commerciale e sarà quindi inviata in abbonamento gratuito a tutti gli importatori

e ai principali distributori locali di vino e bevande alcoliche, oltre che a un gruppo selezionato di ristoratori.L’edizione cinese della rivista sarà strumento fondamentale per diffondere la cultura del vino italiano facendo comprendere i valori che ci sono dietro ogni produzione e quindi dietro le differenze fra i territori. La rivista sarà inoltre strumento importante per il lancio della prima, unica, grande fiera del vino italiano a Canton in Cina.

3 LA PRIMA, UNICA, GRANDE FIERA DEL VINO ITALIANO A CANTON IN CINADal 30 Maggio al 1 giugno 2013 si terrà GOOD ITALIAN WINESla prima fiera del vino Italiano a Canton in Cina. Sarà parte integrante di INTERWINE la più antica e prestigiosa fiera del vino di tutta la Cina. 30.000 metri quadri espositivi, 1.200 espositori20.000 visitatori professionali.

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5 L’ISTITUTO DELLE SCIENZE DEL VINOAvere un solido gruppo di sommelier ben preparati, magari anche perfettamente bilingue con l’italiano, sarà elemento molto importante per la diffusione della cultura del nostro vino e per presidiare nel modo migliore la fiera di Canton. Per raggiungere l’obiettivo di formare ottimi sommelier direttamente in Cina, noi abbiamo dato vita all’

ISTITUTO DELLE SCIENZE DEL VINO.

Avrà sede a Canton e terrà i suoi corsi in una prestigiosa location.

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