Upload
hoangtuyen
View
212
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
Ci sono parole che
hanno fortuna
Vivono il loro periodo felice
sulla bocca di tutti e quando
muoiono rinascono a vita
nuova, come se non fossero
mai state pronunciate,
perché nessuno le ha
verificate davvero
Ci sono parole d’ordine
Diventano subito intoccabili pur
rimanendo ambigue. Chi le usa non può
non conoscerne il significato e meno
ancora può assegnare loro un senso. Sa
soltanto che le deve pronunciare per
essere “in linea”
E ci sono parole solo
“di moda “
Hanno vita intensa, ma effimera.
Non lasciano traccia. Si
dimenticano presto e si
sostituiscono
Parole, parole...
è quello di fornire degli
elementi per dire che
le parole
“laboratorietà” e
“competenze”,
che sono
strettamente connesse,
non rientrano in
nessuno di questi tre
casi
L’obiettivo di questa
conversazione
Il rapporto tra contenuti
e competenze: una questione europea
Arduino Salatin ricorda che esistono in Europa tre tipologie fondamentali di relazioni tra contenuti disciplinari e competenze nei curricoli
Quella italiana prevalente è stata fino ad ora la prima, la seconda e la terza
sono quelle che si sta tentando di far passare con le “indicazioni per il curricolo”
della scuola di base, in parte con le “Indicazioni nazionali per i licei” e, più
marcatamente, nelle Linee-Guida per l’istruzione tecnica e professionale ( Schede per il biennio 30.04 e 12.5, 2010, per il secondo biennio e il Quinto anno 16.1.2012)
Aldo Tropea
1. Quella tradizionale che mette al centro i contenuti descritti sotto forma di saperi
2. Quella che mette al centro lo studente in una prospettiva costruttivista, che vede come essenziale il processo metodologico di assunzione degli apprendimenti, più che i contenuti
3. Quella che vede al centro gli obiettivi di apprendimento descritti in termini di competenze, generalmente fissate da istanze esterne ( es. il mondo dellavoro)
C’è una stretta relazione tra
modello curricolare e
organizzazione della didattica
La forza dell’impianto gentiliano stava (sta?) proprio nella coerenza
tra contenuti e modalità di organizzazione del tempo-scuola, degli
ambiti di progettazione e valutazione, del modo di concepire la
collegialità come veste giuridico-formale delle decisioni e non come
corresponsabilità educativa
Era, insomma, costruito a misura del singolo docente e della sua
capacità di insegnare la sua disciplina nella sua aula, in quella che
Piero Romei chiamava “l’organizzazione a pettine”: tanti individui e
un responsabile della legittimità delle procedure, il Preside
Aldo Tropea
Il modello gentiliano della sequenza segmento
disciplinare più segmento disciplinare riproduce
quello dell’ “ordo studiorum” dei Gesuiti ( anche
se il loro Ginnasio aveva – e non lo nascondeva -
una robusta finalità professionalizzante)
Ma quella organizzazione presupponeva un tipo di studente che non esiste più, per un insieme di fattori convergenti
• Non esiste più un monopolio dell’agenzia formativa scuola
• I meccanismi stessi dell’apprendimento sono radicalmente modificati
dallo sviluppo delle nuove tecnologie
• Come dimostrano le ricerche delle neuroscienze, la percezione umana
appare immersa nella dinamica dell’azione, per cui esiste un nesso assai
stretto tra percezione, azione e progetto
• Le cose e i processi con i quali entriamo in contatto vengono appresi in
modo significativo quando acquistano un senso funzionale al progetto
d’azione che intendiamo attivare e sviluppare.
• Diventa infine sempre più determinante, anche come riferimento
valoriale, il gruppo dei pari, reale o virtuale
D’altra parte…..
Aldo Tropea
Le discipline riescono a coinvolgere
gli studenti quando hanno a che
vedere con qualcosa che le rende
utili: la comprensione delle
procedure consente di capire ciò
che accade nel mondo.
Del resto, la filosofia, la
matematica e la scienza sono
nate ben prima della loro
codificazione formale nelle
università dell’800, per consentire
all’umanità di operare e
rispondere a domande ed operare
Per questo è necessario mettere
i giovani di fronte a situazioni-
problema, da risolvere attraverso
l’autonoma capacità d’azione,
l’essere competenti.
Secondo l’EFQ la competenza è: la capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità e le attitudini personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; descritte in termini di responsabilità e autonomia.
Senza saperi, niente competenze
Aldo Tropea
Siamo stati a lungo – e forse lo siamo ancora – coinvolti in una
battaglia che ha teso ad identificare la didattica per competenze come
una didattica senza discipline
Deve essere chiaro, a scanso di equivoci, che le competenze senza conoscenze non esistono, e che le conoscenze non utilizzate in uno specifico compito di vita, di studio o di lavoro, non si costituiscono neppure come tali
Si tratta invece di combattere da un lato quella degenerazione che
pretende di considerare secondario e successivo il legame dei
contenuti disciplinari con la realtà; dall’altro quella di considerare
inessenziale l’oggetto specifico di cui consta la competenza
Aldo Tropea
Fare centro davvero sul soggetto: questo vuol dire essere “rigorosi”
ogni buon insegnante sa che il lassismo sta proprio
nel richiedere solo qualche nozione memorizzata
Aldo Tropea
Partire dagli esiti attesi
• porre davvero l’accento su ciò che lo studente deve fare e non (solo) sull’analisi di ciò che l’insegnante deve proporsi
• essere in grado di spiegare agli studenti “a cosa serve” quel che stanno apprendendo, senza rimandi a un lontano futuro
• mettersi in condizione di certificare le competenze o almeno le abilità e le conoscenze che ne costituiscono segmenti
• farsi capire dagli interlocutori esterni
Gli esiti sono :
“L’insieme delle conoscenze, abilità e competenze che un
individuo ha acquisito ed è in grado di dimostrare alla fine
di un processo di apprendimento “(EFQ)
I risultati sono dunque un insieme di attestazioni di ciò che
il soggetto deve conoscere, capire, saper fare al termine di
un determinato periodo di apprendimento.
Ragionare in termini di esiti di apprendimento significa
Marc Prensky , l’informatico che ha inventato
il termine “nativi digitali”, ha svolto un’indagine
rivolta a studenti di tutti i ceti sociali, di tutte le età, di tutte le nazionalità. In
un recente convegno organizzato dall’ADI Norberto Bottani ha così sintetizzato
le loro risposte:
• non tollerano più lezioni cattedratiche;
• vogliono essere rispettati, vogliono che si abbia fiducia in loro;
• vogliono che si tenga conto delle loro opinioni e che li si apprezzi;
• vogliono coltivare le proprie passioni e i propri interessi;
• vogliono creare, utilizzando gli strumenti del loro tempo;
• vogliono lavorare con i loro coetanei, in gruppi di lavoro, per realizzare progetti;
• vogliono prendere decisioni ed essere coinvolti nel controllo dell'esecuzione;
• vogliono essere collegati con i loro coetanei per esprimere e condividere le loro
opinioni, in classe e al di fuori della scuola;
• vogliono cooperare e competere con altri;
• vogliono che l'educazione sia anche legata alla realtà.
Che scuola vorrebbero
gli studenti?
Quest’ultimo aspetto è tuttavia molto
problematico
Spesso infatti la realtà virtuale interferisce con quella reale rappresentata da un
territorio, dalle sue opportunità e dai suoi problemi
Per la formazione si pone dunque il problema di essere “sensata”, capace cioè di
riempire il baratro che separa oggi sempre più spesso il “curricolo di scuola” dal
“curricolo di vita”, utilizzando gli strumento della grande rete ma al tempo stesso
ricucendo il rapporto con il mondo, con il lavoro, con la problematicità del futuro
Le competenze non sono un patrimonio teorico
“La competenza non è uno stato
od una conoscenza posseduta. Non è riducibile
né ad un sapere, né a ciò che si è acquisito con
la formazione. La competenza non risiede
nelle risorse (conoscenze, capacità…), ma nella mobilitazione
di queste risorse. Qualunque e competenza non può essere
separata dalle proprie condizioni di messa in opera.
La competenza è un saper agire o reagire
riconosciuto. Qualunque competenza per esistere
necessita del giudizio altrui”
(Le Boterf)
Per “laboratorietà” possiamo dunque semplicemente
intendere Un modo di far scuola capace di rispondere positivamente ai bisogni dei
nostri giovani, che parte dal semplice ma non banale presupposto che
si apprende a fare ciò che non si sa fare facendolo in una comunità
che apprende , secondo il modello che è stato autorevolmente definito
( Allan Collins, John Seely Brown, Susan Newman) “apprendistato cognitivo”
Questa modalità presuppone un profilo di insegnante capace di
organizzare le condizioni perché l’allievo
• osservi ed imiti una competenza esperta al lavoro( modeling)
• sia assistito attraverso feedback continui ( coaching)
• sia stimolato a reimpostare il lavoro sulla base dei risultati ( scaffolding)
• sia incoraggiato ad assumersi spazi di autonomia e responsabilità
Dopo tutto questi non sono compiti che spettano ad un bidello
Luigi
Venerdì scorso Luigi stava andando a scuola
Era veramente preoccupato per la lezione di matematica
L’ultima volta non era riuscito a tenere la classe sottocontrollo
L’insegnante di matematica era stato poco gentile adargli quell’incarico
è probabilmente la più importante
innovazione pedagogica dell’ultimo
ventennio. (Jonassen, 2003)
Ma perché questo avvenga, è
indispensabile che venga coinvolto
l’emisfero sinistro del cervello
PBL
Problem Based Learning(Barrows & Tamblin, 1980)
… la logica si capovolge: i
problemi sono il fulcro e
sono loro che spingono lo
studente ad impossessarsi
dei contenuti necessari a
risolverli.
31/05/2012 19
Le “regole” di questa relazione didattica sono “potenti” nell’innescare il cambiamento
LA PROGETTAZIONE DI ATTIVITA’ ESIGE DI ESSERE CONDIVISA E PRESUPPONE QUINDI COOPERAZIONE
• tra le discipline
• tra gli adulti esperti
• tra gli esperti e gli allievi
IMPLICA UN PATTO DI LEALTA’
ESIGE UNA PREVISIONE:
• delle risorse materiali e professionali
• dei tempi, delle scadenze e delle verifiche
Verso la “didattica laboratoriale”Secondo il club dei 15, tale espressione viene usata per
indicare qualsiasi attività tesa a raggiungere un risultato di
apprendimento definito e concreto, attraverso una serie di
procedure e di attività operative progettate e verificabili
dall’insegnante. Per esempio:
� Attività che si svolgono in classe o in un’aula attrezzata
� Progettazione e attuazione di attività in stretta interconnessione con strutture esterne
alla scuola quali musei, parchi naturali, officine, laboratori scientifici, ecc.
� Azioni finalizzate alla costruzione di manufatti, o all’esecuzione di misure, o di verifiche
di particolari assunti teorici
� Discussioni per progettare, realizzare, interpretare esperienze ed esperimenti nelle
quali gli alunni elaborano e condividono idee e ipotesi, analizzano dati sperimentali, li
confrontano li collegano alle conoscenze di vita quotidiana, ad altri ambiti sperimentali
o teorici;
� Realizzazione di esperimenti ( qualitativi e quantitativi) svolti e a volte progettati dagli
allievi, singolarmente o in gruppo, con l’utilizzo sia di “materiale povero di uso comune”
sia di apparati e strumenti di laboratorio;
� Osservazioni e manipolazioni effettuate in ambienti naturali o su microambienti
ricostruiti o virtuali o su campioni di materiali;
“Competenze didattiche e laboratorio” – Una ricerca condotta tra gli istituti dell’innovazione didattica -
Confindustria e LIUC
Non tutta la didattica però
si può svolgere in questo modo
a) Prima di tutto per ragioni di tempo. E’ evidente che la lezione
frontale è molto più “economica”, anche se meno efficace e
meno coinvolgente
b) Poi perché occorrono comunque momenti di sistemazione e
consolidamento delle esperienze, rispetto ai quali le discipline
costituiscono indispensabili principi e strumenti organizzativi
c) Per questo agli insegnanti che lavorano in maniera
laboratoriale occorre più competenza disciplinare, non meno:
perché debbono padroneggiare ( conoscere e utilizzare in
maniera appropriata) la specificità del proprio approccio, di
quelli che si chiamavano infatti “nuclei fondanti”
E’ necessario per questo
flessibilizzare l’organizzazione
della didattica Si può?
Ciò si può fare, ad esempio, riducendo l'unità
oraria a 45' e utilizzando quello che resta per le
attività scelte. Questo è possibile sulla base
dell’art.4 del DPR 275
Poichè la didattica per competenze si esercita prima di tutto nella proposizione di
compiti, si potrebbe pensare ( e in alcune situazioni si è sperimentato) di
organizzare il tempo scuola in due parti: una razionalizzando la struttura
tradizionale, un’altra come budget di tempo da investire su base settimanale o
annua per attività di recupero/potenziamento, alternanza scuola-lavoro, aree di
progetto
Superare la rigidità del binomio
classi-orario
Si deve prevedere la possibilità di costituire
gruppi di studenti in modo funzionale a
seconda delle diverse attività previste
dal piano formativo
alcune di queste ( potenziamento, recupero, gruppi di ricerca, uscite
sul territorio, svolgimento di compiti di realtà ecc.) hanno bisogno di
piccoli gruppi; altri, come lezioni frontali, conferenze, alcune
esperienze multimediali, possono invece avere platee più ampie del
normale gruppo-classe
La realizzazione di esperienze di classi aperte è possibile e
responsabilizza sia gli insegnanti, sia gli studenti
1. Compattare alcune discipline attraverso la progettazione di
situazioni-problema
2. Superare la programmazione per anno scolastico e organizzarla su
cicli biennali e cercando di superare nei fatti la disciplina assurda
oggi ancora contraddittoriamente vigente sulla valutazione e sui
debiti
3. Uscire il più possibile dall'aula spostando le attività in tempi luoghi
e situazioni non necessariamente "scolastici“
Altre possibilità, sulla base del DPR 275/99
spazi di innovazione nella normativa
a. Una competenza sia di studio, sia di lavoro si sviluppa in un contesto nel quale
lo studente è coinvolto nell’affrontare situazioni e nel portare a termine
compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere problemi, che implicano il
coordinamento operativo di quanto sa, sa fare, sa essere o sa collaborare con gli
altri.
b. Tutti gli insegnanti devono avere consapevolezza del ruolo degli apporti delle
loro discipline allo sviluppo delle competenze.
c. L’ambiente nel quale si svolgono i percorsi dovrebbe assumere sempre più le
caratteristiche di un laboratorio nel quale si opera individualmente o in gruppo
al fine di acquisire e controllare la qualità delle conoscenze e abilità
progressivamente acquisiteAldo Tropea
In termini più chiari nel settore dei Tecnici e dei professionali, in
termini meno chiari e “grammaticalmente corretti” nei licei ( e questo
è un bel problema) i documenti del riordino utilizzano la nozione di
competenza
d. Nella promozione delle varie competenze previste, anche a livello di biennio
iniziale, va curata con particolare attenzione l’integrazione tra quanto sviluppato
nell’area generale, comune a tutti gli indirizzi, e quanto oggetto di insegnamento
nell’area specifica di ciascun indirizzo. La prospettiva è quella. delineata dal
regolamento dell’obbligo di istruzione, della collaborazione e convergenza tra le
diverse aree.
e. Ciò è possibile principalmente attraverso la convergenze dell’area generale e
dell’area di indirizzo nella costruzione di progetti non periferici rispetto alla
didattica ordinaria
f. Anche la valutazione deve riferirsi alle competenza. Essa necessita di una
“progettazione a ritroso” e di una pluralità di fonti informative e di strumenti
rilevativi.
Aldo Tropea
e ancora>
Aldo Tropea
La “progettazione a ritroso”
identificare gli esiti di apprendimento
desiderati a partire da quelle generali
elencate nei regolamenti
determinare cosa costituisce
evidenza accettabile degli esiti
Definire il progetto formativo attraverso
l’individuazione di compiti esperti
formulare di prove di accertamento
delle competenze e determinarne i
livelli di possesso
Gli ambiti della
progettazione: il Dipartimento
• Il Dipartimento fortunatamente non è stato, almeno in questa fase,
formalmente definito come nuovo “organo collegiale” dalla
composizione pre-definita burocraticamente.
• E’ un bene, poiché la struttura organizzativa di un qualunque ente deve
sempre essere considerata come una risorsa finalizzata al
raggiungimento di un obiettivo, non può esistere un unico modello
organizzativo
• Il Dipartimento non è un altro nome del gruppo di materia
Aldo Tropea
è la sede in cui…
• Determinare un numero dominabile di competenze conseguibili
attraverso l’individuazione di compiti concreti, ossia di quelle aree di
progetto che chiamano in causa più discipline (il gruppo di materia non
è il Dipartimento)
• Individuare le conoscenze disciplinari indispensabili legate ad un
saper fare specifico
• Costruire prove valide e attendibili che testano il conseguimento
delle competenze e/o di segmenti di competenza a diversi livelli
• Condividere criteri di costruzione e valutazione delle prove, modelli
di certificazione
La domanda di partenza
Poste le competenze del profilo, formulate in
maniera dominabile, quali sono le attività
attraverso cui possono essere conseguite, fermo
restando che il rapporto non può essere mai di
uno a uno?
31/05/2012 31
� Trasparenza
� maggiore attenzione ai nuclei fondanti delle discipline
� precisione nella definizione di standard, ossia delle soglie di
accettabilità
� certificazione diversa dal tradizionale esito espresso da un
voto o da un giudizio di personalità.
Il valoredi questa impostazione
Aldo Tropea
L’alternanza scuola-lavoro, intesa come metodologia didattica e quindi ben distinta dal classico stage - è uno degli strumenti – oggi forse il principale - per attuare una didattica “laboratoriale”
Perché essa possa realizzarsi, occorre
che il percorso in alternanza sia situato
con chiarezza all’interno di un curricolo
strutturato per l’acquisizione di
competenze
Partendo dall’alternanza, ciò consente di
• Organizzare per “attività” tutto il curricolo
• Integrare i periodi di alternanza con quelli di aula
• Individuare quali competenze possono meglio essere acquisite con
periodi di permanenza in azienda e costituiscono il perno del patto
formativo
• Mettere in evidenza, di converso, quali attività d’aula nelle loro diverse
forme sono comunque indispensabili per rendere proficui i periodi di
permanenza in azienda
• Due indirizzi utili: www.itctosi.va.it ; www.requs.it
Aldo Tropea
Qualcosa dunque si può fare
Se non fosse così, ogni scommessa di innovazione sarebbe persa in
partenza, poiché la nostra storia ci insegna che le norme seguono,
non precedono i cambiamenti reali
Molti insegnanti – anche se non tutti e forse neppure la maggioranza –
ma comunque molti - hanno già cambiato la loro cultura
professionale
In ogni caso, i problemi non possono costituire un alibi per la
conservazione poiché nessun nuovo investimento può essere
produttivo se non accompagnato dall’abbandono delle modalità di
insegnamento gentiliane
Detto questo>
Aldo Tropea
QUELLO CHE NON HO:
• Una ridefinizione del profilo professionale che riconosca la progettazione delle attività non come “lavoro aggiuntivo”, ma come il modo con cui si “preparano le lezioni” oggi, sia di tipo individuale, sia di tipo collegiale ( di una collegialità ragionevole: non sempre tutti insieme…)
• Il riconoscimento delle funzioni di coordinamento organizzativo e didattico
• un organico funzionale modulato sulle attività e non solo sulle classi
• Una formazione basata sul supporto alla progettazione e alla valutazione
• Una riorganizzazione delle classi di concorso che consenta davvero la flessibilità dell’offerta formativa
• Più spazio per l’area tecnologica, specie negli istituti professionali
• Più risorse, o almeno maggior trasparenza nella loro assegnazione
• … e di sicuro molto altro, che non tocca a me sottolineare se non per dire che però non ci deve bloccare
Aldo Tropea
Non necessariamente lavoro “in più”, ma certamente lavoro “diverso”
Che ha però
necessariamente bisogno
di un’altra formazione e di
figure di coordinamento
forti e riconosciute
Verso l’esterno: nel nostro caso,
essenziale il tutor
Verso l’interno: il coordinatore
dei CdC e di Dipartimento,
inteso come stimolo, memoria
e raccordo tra i diversi team che
operano sui gruppi-classe
Sul piano del controllo, lo
svolgimento del lavoro viene
garantito non dalla firma di
partecipazione a una riunione,
ma dall’effettiva realizzazione
del compito