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“Laboratorialità” Roma, 29 maggio 2012 Aldo Tropea

Convegno nazionale Scuola Secondaria di secondo grado ... · Roma, 29 maggio 2012 Aldo Tropea. Ci sono parole che hanno fortuna Vivono il loro periodo felice ... il soggetto deve

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“Laboratorialità”

Roma, 29 maggio 2012

Aldo Tropea

Ci sono parole che

hanno fortuna

Vivono il loro periodo felice

sulla bocca di tutti e quando

muoiono rinascono a vita

nuova, come se non fossero

mai state pronunciate,

perché nessuno le ha

verificate davvero

Ci sono parole d’ordine

Diventano subito intoccabili pur

rimanendo ambigue. Chi le usa non può

non conoscerne il significato e meno

ancora può assegnare loro un senso. Sa

soltanto che le deve pronunciare per

essere “in linea”

E ci sono parole solo

“di moda “

Hanno vita intensa, ma effimera.

Non lasciano traccia. Si

dimenticano presto e si

sostituiscono

Parole, parole...

è quello di fornire degli

elementi per dire che

le parole

“laboratorietà” e

“competenze”,

che sono

strettamente connesse,

non rientrano in

nessuno di questi tre

casi

L’obiettivo di questa

conversazione

Il rapporto tra contenuti

e competenze: una questione europea

Arduino Salatin ricorda che esistono in Europa tre tipologie fondamentali di relazioni tra contenuti disciplinari e competenze nei curricoli

Quella italiana prevalente è stata fino ad ora la prima, la seconda e la terza

sono quelle che si sta tentando di far passare con le “indicazioni per il curricolo”

della scuola di base, in parte con le “Indicazioni nazionali per i licei” e, più

marcatamente, nelle Linee-Guida per l’istruzione tecnica e professionale ( Schede per il biennio 30.04 e 12.5, 2010, per il secondo biennio e il Quinto anno 16.1.2012)

Aldo Tropea

1. Quella tradizionale che mette al centro i contenuti descritti sotto forma di saperi

2. Quella che mette al centro lo studente in una prospettiva costruttivista, che vede come essenziale il processo metodologico di assunzione degli apprendimenti, più che i contenuti

3. Quella che vede al centro gli obiettivi di apprendimento descritti in termini di competenze, generalmente fissate da istanze esterne ( es. il mondo dellavoro)

C’è una stretta relazione tra

modello curricolare e

organizzazione della didattica

La forza dell’impianto gentiliano stava (sta?) proprio nella coerenza

tra contenuti e modalità di organizzazione del tempo-scuola, degli

ambiti di progettazione e valutazione, del modo di concepire la

collegialità come veste giuridico-formale delle decisioni e non come

corresponsabilità educativa

Era, insomma, costruito a misura del singolo docente e della sua

capacità di insegnare la sua disciplina nella sua aula, in quella che

Piero Romei chiamava “l’organizzazione a pettine”: tanti individui e

un responsabile della legittimità delle procedure, il Preside

Aldo Tropea

Il modello gentiliano della sequenza segmento

disciplinare più segmento disciplinare riproduce

quello dell’ “ordo studiorum” dei Gesuiti ( anche

se il loro Ginnasio aveva – e non lo nascondeva -

una robusta finalità professionalizzante)

Ma quella organizzazione presupponeva un tipo di studente che non esiste più, per un insieme di fattori convergenti

• Non esiste più un monopolio dell’agenzia formativa scuola

• I meccanismi stessi dell’apprendimento sono radicalmente modificati

dallo sviluppo delle nuove tecnologie

• Come dimostrano le ricerche delle neuroscienze, la percezione umana

appare immersa nella dinamica dell’azione, per cui esiste un nesso assai

stretto tra percezione, azione e progetto

• Le cose e i processi con i quali entriamo in contatto vengono appresi in

modo significativo quando acquistano un senso funzionale al progetto

d’azione che intendiamo attivare e sviluppare.

• Diventa infine sempre più determinante, anche come riferimento

valoriale, il gruppo dei pari, reale o virtuale

D’altra parte…..

Aldo Tropea

Le discipline riescono a coinvolgere

gli studenti quando hanno a che

vedere con qualcosa che le rende

utili: la comprensione delle

procedure consente di capire ciò

che accade nel mondo.

Del resto, la filosofia, la

matematica e la scienza sono

nate ben prima della loro

codificazione formale nelle

università dell’800, per consentire

all’umanità di operare e

rispondere a domande ed operare

Per questo è necessario mettere

i giovani di fronte a situazioni-

problema, da risolvere attraverso

l’autonoma capacità d’azione,

l’essere competenti.

Secondo l’EFQ la competenza è: la capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità e le attitudini personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; descritte in termini di responsabilità e autonomia.

Senza saperi, niente competenze

Aldo Tropea

Siamo stati a lungo – e forse lo siamo ancora – coinvolti in una

battaglia che ha teso ad identificare la didattica per competenze come

una didattica senza discipline

Deve essere chiaro, a scanso di equivoci, che le competenze senza conoscenze non esistono, e che le conoscenze non utilizzate in uno specifico compito di vita, di studio o di lavoro, non si costituiscono neppure come tali

Si tratta invece di combattere da un lato quella degenerazione che

pretende di considerare secondario e successivo il legame dei

contenuti disciplinari con la realtà; dall’altro quella di considerare

inessenziale l’oggetto specifico di cui consta la competenza

Aldo Tropea

Fare centro davvero sul soggetto: questo vuol dire essere “rigorosi”

ogni buon insegnante sa che il lassismo sta proprio

nel richiedere solo qualche nozione memorizzata

Aldo Tropea

Partire dagli esiti attesi

• porre davvero l’accento su ciò che lo studente deve fare e non (solo) sull’analisi di ciò che l’insegnante deve proporsi

• essere in grado di spiegare agli studenti “a cosa serve” quel che stanno apprendendo, senza rimandi a un lontano futuro

• mettersi in condizione di certificare le competenze o almeno le abilità e le conoscenze che ne costituiscono segmenti

• farsi capire dagli interlocutori esterni

Gli esiti sono :

“L’insieme delle conoscenze, abilità e competenze che un

individuo ha acquisito ed è in grado di dimostrare alla fine

di un processo di apprendimento “(EFQ)

I risultati sono dunque un insieme di attestazioni di ciò che

il soggetto deve conoscere, capire, saper fare al termine di

un determinato periodo di apprendimento.

Ragionare in termini di esiti di apprendimento significa

Marc Prensky , l’informatico che ha inventato

il termine “nativi digitali”, ha svolto un’indagine

rivolta a studenti di tutti i ceti sociali, di tutte le età, di tutte le nazionalità. In

un recente convegno organizzato dall’ADI Norberto Bottani ha così sintetizzato

le loro risposte:

• non tollerano più lezioni cattedratiche;

• vogliono essere rispettati, vogliono che si abbia fiducia in loro;

• vogliono che si tenga conto delle loro opinioni e che li si apprezzi;

• vogliono coltivare le proprie passioni e i propri interessi;

• vogliono creare, utilizzando gli strumenti del loro tempo;

• vogliono lavorare con i loro coetanei, in gruppi di lavoro, per realizzare progetti;

• vogliono prendere decisioni ed essere coinvolti nel controllo dell'esecuzione;

• vogliono essere collegati con i loro coetanei per esprimere e condividere le loro

opinioni, in classe e al di fuori della scuola;

• vogliono cooperare e competere con altri;

• vogliono che l'educazione sia anche legata alla realtà.

Che scuola vorrebbero

gli studenti?

Quest’ultimo aspetto è tuttavia molto

problematico

Spesso infatti la realtà virtuale interferisce con quella reale rappresentata da un

territorio, dalle sue opportunità e dai suoi problemi

Per la formazione si pone dunque il problema di essere “sensata”, capace cioè di

riempire il baratro che separa oggi sempre più spesso il “curricolo di scuola” dal

“curricolo di vita”, utilizzando gli strumento della grande rete ma al tempo stesso

ricucendo il rapporto con il mondo, con il lavoro, con la problematicità del futuro

Le competenze non sono un patrimonio teorico

“La competenza non è uno stato

od una conoscenza posseduta. Non è riducibile

né ad un sapere, né a ciò che si è acquisito con

la formazione. La competenza non risiede

nelle risorse (conoscenze, capacità…), ma nella mobilitazione

di queste risorse. Qualunque e competenza non può essere

separata dalle proprie condizioni di messa in opera.

La competenza è un saper agire o reagire

riconosciuto. Qualunque competenza per esistere

necessita del giudizio altrui”

(Le Boterf)

Aldo Tropea 2012

un’altra idea di formazione

Per “laboratorietà” possiamo dunque semplicemente

intendere Un modo di far scuola capace di rispondere positivamente ai bisogni dei

nostri giovani, che parte dal semplice ma non banale presupposto che

si apprende a fare ciò che non si sa fare facendolo in una comunità

che apprende , secondo il modello che è stato autorevolmente definito

( Allan Collins, John Seely Brown, Susan Newman) “apprendistato cognitivo”

Questa modalità presuppone un profilo di insegnante capace di

organizzare le condizioni perché l’allievo

• osservi ed imiti una competenza esperta al lavoro( modeling)

• sia assistito attraverso feedback continui ( coaching)

• sia stimolato a reimpostare il lavoro sulla base dei risultati ( scaffolding)

• sia incoraggiato ad assumersi spazi di autonomia e responsabilità

Dopo tutto questi non sono compiti che spettano ad un bidello

Luigi

Venerdì scorso Luigi stava andando a scuola

Era veramente preoccupato per la lezione di matematica

L’ultima volta non era riuscito a tenere la classe sottocontrollo

L’insegnante di matematica era stato poco gentile adargli quell’incarico

è probabilmente la più importante

innovazione pedagogica dell’ultimo

ventennio. (Jonassen, 2003)

Ma perché questo avvenga, è

indispensabile che venga coinvolto

l’emisfero sinistro del cervello

PBL

Problem Based Learning(Barrows & Tamblin, 1980)

… la logica si capovolge: i

problemi sono il fulcro e

sono loro che spingono lo

studente ad impossessarsi

dei contenuti necessari a

risolverli.

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Le “regole” di questa relazione didattica sono “potenti” nell’innescare il cambiamento

LA PROGETTAZIONE DI ATTIVITA’ ESIGE DI ESSERE CONDIVISA E PRESUPPONE QUINDI COOPERAZIONE

• tra le discipline

• tra gli adulti esperti

• tra gli esperti e gli allievi

IMPLICA UN PATTO DI LEALTA’

ESIGE UNA PREVISIONE:

• delle risorse materiali e professionali

• dei tempi, delle scadenze e delle verifiche

Verso la “didattica laboratoriale”Secondo il club dei 15, tale espressione viene usata per

indicare qualsiasi attività tesa a raggiungere un risultato di

apprendimento definito e concreto, attraverso una serie di

procedure e di attività operative progettate e verificabili

dall’insegnante. Per esempio:

� Attività che si svolgono in classe o in un’aula attrezzata

� Progettazione e attuazione di attività in stretta interconnessione con strutture esterne

alla scuola quali musei, parchi naturali, officine, laboratori scientifici, ecc.

� Azioni finalizzate alla costruzione di manufatti, o all’esecuzione di misure, o di verifiche

di particolari assunti teorici

� Discussioni per progettare, realizzare, interpretare esperienze ed esperimenti nelle

quali gli alunni elaborano e condividono idee e ipotesi, analizzano dati sperimentali, li

confrontano li collegano alle conoscenze di vita quotidiana, ad altri ambiti sperimentali

o teorici;

� Realizzazione di esperimenti ( qualitativi e quantitativi) svolti e a volte progettati dagli

allievi, singolarmente o in gruppo, con l’utilizzo sia di “materiale povero di uso comune”

sia di apparati e strumenti di laboratorio;

� Osservazioni e manipolazioni effettuate in ambienti naturali o su microambienti

ricostruiti o virtuali o su campioni di materiali;

“Competenze didattiche e laboratorio” – Una ricerca condotta tra gli istituti dell’innovazione didattica -

Confindustria e LIUC

Non tutta la didattica però

si può svolgere in questo modo

a) Prima di tutto per ragioni di tempo. E’ evidente che la lezione

frontale è molto più “economica”, anche se meno efficace e

meno coinvolgente

b) Poi perché occorrono comunque momenti di sistemazione e

consolidamento delle esperienze, rispetto ai quali le discipline

costituiscono indispensabili principi e strumenti organizzativi

c) Per questo agli insegnanti che lavorano in maniera

laboratoriale occorre più competenza disciplinare, non meno:

perché debbono padroneggiare ( conoscere e utilizzare in

maniera appropriata) la specificità del proprio approccio, di

quelli che si chiamavano infatti “nuclei fondanti”

E’ necessario per questo

flessibilizzare l’organizzazione

della didattica Si può?

Ciò si può fare, ad esempio, riducendo l'unità

oraria a 45' e utilizzando quello che resta per le

attività scelte. Questo è possibile sulla base

dell’art.4 del DPR 275

Poichè la didattica per competenze si esercita prima di tutto nella proposizione di

compiti, si potrebbe pensare ( e in alcune situazioni si è sperimentato) di

organizzare il tempo scuola in due parti: una razionalizzando la struttura

tradizionale, un’altra come budget di tempo da investire su base settimanale o

annua per attività di recupero/potenziamento, alternanza scuola-lavoro, aree di

progetto

Superare la rigidità del binomio

classi-orario

Si deve prevedere la possibilità di costituire

gruppi di studenti in modo funzionale a

seconda delle diverse attività previste

dal piano formativo

alcune di queste ( potenziamento, recupero, gruppi di ricerca, uscite

sul territorio, svolgimento di compiti di realtà ecc.) hanno bisogno di

piccoli gruppi; altri, come lezioni frontali, conferenze, alcune

esperienze multimediali, possono invece avere platee più ampie del

normale gruppo-classe

La realizzazione di esperienze di classi aperte è possibile e

responsabilizza sia gli insegnanti, sia gli studenti

1. Compattare alcune discipline attraverso la progettazione di

situazioni-problema

2. Superare la programmazione per anno scolastico e organizzarla su

cicli biennali e cercando di superare nei fatti la disciplina assurda

oggi ancora contraddittoriamente vigente sulla valutazione e sui

debiti

3. Uscire il più possibile dall'aula spostando le attività in tempi luoghi

e situazioni non necessariamente "scolastici“

Altre possibilità, sulla base del DPR 275/99

spazi di innovazione nella normativa

a. Una competenza sia di studio, sia di lavoro si sviluppa in un contesto nel quale

lo studente è coinvolto nell’affrontare situazioni e nel portare a termine

compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere problemi, che implicano il

coordinamento operativo di quanto sa, sa fare, sa essere o sa collaborare con gli

altri.

b. Tutti gli insegnanti devono avere consapevolezza del ruolo degli apporti delle

loro discipline allo sviluppo delle competenze.

c. L’ambiente nel quale si svolgono i percorsi dovrebbe assumere sempre più le

caratteristiche di un laboratorio nel quale si opera individualmente o in gruppo

al fine di acquisire e controllare la qualità delle conoscenze e abilità

progressivamente acquisiteAldo Tropea

In termini più chiari nel settore dei Tecnici e dei professionali, in

termini meno chiari e “grammaticalmente corretti” nei licei ( e questo

è un bel problema) i documenti del riordino utilizzano la nozione di

competenza

d. Nella promozione delle varie competenze previste, anche a livello di biennio

iniziale, va curata con particolare attenzione l’integrazione tra quanto sviluppato

nell’area generale, comune a tutti gli indirizzi, e quanto oggetto di insegnamento

nell’area specifica di ciascun indirizzo. La prospettiva è quella. delineata dal

regolamento dell’obbligo di istruzione, della collaborazione e convergenza tra le

diverse aree.

e. Ciò è possibile principalmente attraverso la convergenze dell’area generale e

dell’area di indirizzo nella costruzione di progetti non periferici rispetto alla

didattica ordinaria

f. Anche la valutazione deve riferirsi alle competenza. Essa necessita di una

“progettazione a ritroso” e di una pluralità di fonti informative e di strumenti

rilevativi.

Aldo Tropea

e ancora>

Aldo Tropea

La “progettazione a ritroso”

identificare gli esiti di apprendimento

desiderati a partire da quelle generali

elencate nei regolamenti

determinare cosa costituisce

evidenza accettabile degli esiti

Definire il progetto formativo attraverso

l’individuazione di compiti esperti

formulare di prove di accertamento

delle competenze e determinarne i

livelli di possesso

Gli ambiti della

progettazione: il Dipartimento

• Il Dipartimento fortunatamente non è stato, almeno in questa fase,

formalmente definito come nuovo “organo collegiale” dalla

composizione pre-definita burocraticamente.

• E’ un bene, poiché la struttura organizzativa di un qualunque ente deve

sempre essere considerata come una risorsa finalizzata al

raggiungimento di un obiettivo, non può esistere un unico modello

organizzativo

• Il Dipartimento non è un altro nome del gruppo di materia

Aldo Tropea

è la sede in cui…

• Determinare un numero dominabile di competenze conseguibili

attraverso l’individuazione di compiti concreti, ossia di quelle aree di

progetto che chiamano in causa più discipline (il gruppo di materia non

è il Dipartimento)

• Individuare le conoscenze disciplinari indispensabili legate ad un

saper fare specifico

• Costruire prove valide e attendibili che testano il conseguimento

delle competenze e/o di segmenti di competenza a diversi livelli

• Condividere criteri di costruzione e valutazione delle prove, modelli

di certificazione

La domanda di partenza

Poste le competenze del profilo, formulate in

maniera dominabile, quali sono le attività

attraverso cui possono essere conseguite, fermo

restando che il rapporto non può essere mai di

uno a uno?

31/05/2012 31

� Trasparenza

� maggiore attenzione ai nuclei fondanti delle discipline

� precisione nella definizione di standard, ossia delle soglie di

accettabilità

� certificazione diversa dal tradizionale esito espresso da un

voto o da un giudizio di personalità.

Il valoredi questa impostazione

Aldo Tropea

L’alternanza scuola-lavoro, intesa come metodologia didattica e quindi ben distinta dal classico stage - è uno degli strumenti – oggi forse il principale - per attuare una didattica “laboratoriale”

Perché essa possa realizzarsi, occorre

che il percorso in alternanza sia situato

con chiarezza all’interno di un curricolo

strutturato per l’acquisizione di

competenze

Partendo dall’alternanza, ciò consente di

• Organizzare per “attività” tutto il curricolo

• Integrare i periodi di alternanza con quelli di aula

• Individuare quali competenze possono meglio essere acquisite con

periodi di permanenza in azienda e costituiscono il perno del patto

formativo

• Mettere in evidenza, di converso, quali attività d’aula nelle loro diverse

forme sono comunque indispensabili per rendere proficui i periodi di

permanenza in azienda

• Due indirizzi utili: www.itctosi.va.it ; www.requs.it

Aldo Tropea

Qualcosa dunque si può fare

Se non fosse così, ogni scommessa di innovazione sarebbe persa in

partenza, poiché la nostra storia ci insegna che le norme seguono,

non precedono i cambiamenti reali

Molti insegnanti – anche se non tutti e forse neppure la maggioranza –

ma comunque molti - hanno già cambiato la loro cultura

professionale

In ogni caso, i problemi non possono costituire un alibi per la

conservazione poiché nessun nuovo investimento può essere

produttivo se non accompagnato dall’abbandono delle modalità di

insegnamento gentiliane

Detto questo>

Aldo Tropea

QUELLO CHE NON HO:

• Una ridefinizione del profilo professionale che riconosca la progettazione delle attività non come “lavoro aggiuntivo”, ma come il modo con cui si “preparano le lezioni” oggi, sia di tipo individuale, sia di tipo collegiale ( di una collegialità ragionevole: non sempre tutti insieme…)

• Il riconoscimento delle funzioni di coordinamento organizzativo e didattico

• un organico funzionale modulato sulle attività e non solo sulle classi

• Una formazione basata sul supporto alla progettazione e alla valutazione

• Una riorganizzazione delle classi di concorso che consenta davvero la flessibilità dell’offerta formativa

• Più spazio per l’area tecnologica, specie negli istituti professionali

• Più risorse, o almeno maggior trasparenza nella loro assegnazione

• … e di sicuro molto altro, che non tocca a me sottolineare se non per dire che però non ci deve bloccare

Aldo Tropea

Non necessariamente lavoro “in più”, ma certamente lavoro “diverso”

Che ha però

necessariamente bisogno

di un’altra formazione e di

figure di coordinamento

forti e riconosciute

Verso l’esterno: nel nostro caso,

essenziale il tutor

Verso l’interno: il coordinatore

dei CdC e di Dipartimento,

inteso come stimolo, memoria

e raccordo tra i diversi team che

operano sui gruppi-classe

Sul piano del controllo, lo

svolgimento del lavoro viene

garantito non dalla firma di

partecipazione a una riunione,

ma dall’effettiva realizzazione

del compito