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Aer. numero 67 marzo 1974 anno vii volume mi LE SCIENZE SCIENTIFIC AMERICAN Copernico e Tycho Brahe La recente scoperta dellct copia del libro di Copernico annotata da Tycho Brahe rivela come quest'ultimo abbia ideato il suo modello non copernicano del sistema solare di Owen Gingerich el barocco frontespizio dell'A/- magestum novum di G.B. Ric- cioli, edito nel 1651, la musa dell'astronomia Urania tiene in mano una bilancia con la quale sta pesando il sistema del mondo copernicano in contrapposizione a quello ticonico (si veda la figura nella pagina a fronte). Nel sistema copernicano tutti i pianeti compiono una rivoluzione attorno al Sole. Nel sistema geocentrico propo- sto da Brahe vari decenni dopo la pubblicazione dell'opera di Copernico, il Sole compie una rivoluzione attorno alla Terra, in quiete al centro, trasci- nando con sé i restanti pianeti. Agli occhi di Riccioli il sistema geocentrico ticonico prevaleva nettamente nei con- fronti dell'eliocentrismo copernicano. Oggi il sistema di Brahe viene conside- rato un gigantesco passo indietro, ma il fatto più sconcertante è che esso sia stato proposto dall'astronomo più in- novatore nel campo dell'osservazione che sia esistito a partire dall'antichità. L'audace progetto realizzato da Brahe per accrescere la precisione delle os- servazioni lo colloca nella corrente principale della moderna astronomia con un diritto forse maggiore di quello dello stesso Copernico. Nel maggio del 1973 feci una scoper- ta che contribuisce a collocare Brahe in una luce più favorevole. Insieme a un'edizione del De revolutionibus or- bium ccelestium conservata alla Biblio- teca vaticana, trovai il manoscritto ori- ginale degli appunti cosmologici di Tycho. È forse inutile aggiungere che questa scoperta produsse in me una grande sorpresa. Questi appunti perso- nali finora sconosciuti rivelano sul na- scere la concezione cosmologica di Tycho e contengono i primi abbozzi del suo sistema planetario. Per poter valutare in tutta la loro importanza questi appunti, è opportuno considerare sotto una nuova prospetti- va il contesto dell'astronomia coper- nicana nel cinquecento. Quando Co- pernico introdusse la sua ipotesi elio- centrica, la Terra divenne un mem- bro della famiglia dei pianeti che com- pivano una rivoluzione su orbite eccen- triche attorno al Sole. Copernico cerca- va un sistema che fosse « in accordo con la ragione » ed era particolarmen- te soddisfatto della sua ipotesi perché in base a essa i pianeti si disponevano senza forzature a partire dal Sole, col- locato al centro, secondo l'ordine del- le loro velocità, col pianeta più lento collocato nell'orbita più esterna (il pia- neta più lento noto a quell'epoca era Saturno). Il sistema planetario di Tycho Brahe, in cui la Terra riguadagnò la sua posi- zione centrale privilegiata, sembra in- vece a tutta prima rozzamente archi- tettato. Più importante, nel contesto dell'astronomia cinquecentesca, un se- colo prima di Newton, era il fatto che la Terra immobile del sistema ticonico si adattasse alle leggi accettate dalla fisica meglio di quanto non facesse il il modello copernicano della Terra mo- bile. Tycho si duole che il sistema di Copernico « assegni alla Terra, questo corpo pesante, e pigro, non idoneo al, movimento, un moto veloce come quel- lo delle luci eteree, e per di più un tri- plice moto ». Nondimeno, per la mag- gior parte dei contemporanei di Brahe, questa critica non aveva molto senso, poiché gli astronomi del cinquecento consideravano per lo più un sistema astronomico come un insieme di ipotesi geometriche non aventi alcun legame con la realtà fisica. La graduale accet- tazione di una fisica celeste integrata Il frontespizio dell'Almagestum novum di G. B. Riccioli, edito nel 1651, ci presenta la Terra sotto la forma dell'uomo barbuto tutto coperto di occhi (a sinistra) che tiene in mano un telescopio e guarda alle meraviglie celesti di recente scoperta: la strana forma di Saturno (dovuta ai suoi anelli) nell'angolo a destra in alto; Giove con i suoi quattro satelliti e galileiani » immediatamente piú sotto; l'aspetto scabro della super- ficie della Luna e una cometa. Nell'angolo a sinistra in alto i cherubini reggono nel- l'ordine, procedendo verso il basso, Marte, Venere, il Sole e Mercurio. Alla destra del- la Terra è la musa Urania, la quale tiene nella sinistra una sfera armillare e nella de- stra una bilancia, con la quale sta e pesando » il sistema eliocentrico copernicano e quel- lo geocentrico di Tycho Brahe. Per Riccioli il sistema ticonico pesava molto di più. Il sistema di Tolomeo è abbandonato e giace ai piedi di Urania; lo stesso Tolomeo sta osservando la pesatura e commenta: « Vengo innalzato mentre vengo corretto ».

Copernico e Tycho Brahe - download.kataweb.itdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1974_067_1.pdf · la rivoluzione copernicana. In definitiva, lo scopo di un model-

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Aer.

numero 67marzo 1974anno viivolume mi

LE SCIENZESCIENTIFICAMERICAN

Copernico e Tycho Brahe

La recente scoperta dellct copia del libro di Copernicoannotata da Tycho Brahe rivela come quest'ultimo abbiaideato il suo modello non copernicano del sistema solare

di Owen Gingerich

el barocco frontespizio dell'A/-magestum novum di G.B. Ric-cioli, edito nel 1651, la musa

dell'astronomia Urania tiene in manouna bilancia con la quale sta pesandoil sistema del mondo copernicano incontrapposizione a quello ticonico (siveda la figura nella pagina a fronte).Nel sistema copernicano tutti i pianeticompiono una rivoluzione attorno alSole. Nel sistema geocentrico propo-sto da Brahe vari decenni dopo lapubblicazione dell'opera di Copernico,il Sole compie una rivoluzione attornoalla Terra, in quiete al centro, trasci-nando con sé i restanti pianeti. Agliocchi di Riccioli il sistema geocentricoticonico prevaleva nettamente nei con-fronti dell'eliocentrismo copernicano.Oggi il sistema di Brahe viene conside-rato un gigantesco passo indietro, mail fatto più sconcertante è che esso siastato proposto dall'astronomo più in-novatore nel campo dell'osservazioneche sia esistito a partire dall'antichità.L'audace progetto realizzato da Brahe

per accrescere la precisione delle os-servazioni lo colloca nella correnteprincipale della moderna astronomiacon un diritto forse maggiore di quellodello stesso Copernico.

Nel maggio del 1973 feci una scoper-ta che contribuisce a collocare Brahein una luce più favorevole. Insieme aun'edizione del De revolutionibus or-bium ccelestium conservata alla Biblio-teca vaticana, trovai il manoscritto ori-ginale degli appunti cosmologici diTycho. È forse inutile aggiungere chequesta scoperta produsse in me unagrande sorpresa. Questi appunti perso-nali finora sconosciuti rivelano sul na-scere la concezione cosmologica diTycho e contengono i primi abbozzi delsuo sistema planetario.

Per poter valutare in tutta la loroimportanza questi appunti, è opportunoconsiderare sotto una nuova prospetti-va il contesto dell'astronomia coper-nicana nel cinquecento. Quando Co-pernico introdusse la sua ipotesi elio-centrica, la Terra divenne un mem-

bro della famiglia dei pianeti che com-pivano una rivoluzione su orbite eccen-triche attorno al Sole. Copernico cerca-va un sistema che fosse « in accordocon la ragione » ed era particolarmen-te soddisfatto della sua ipotesi perchéin base a essa i pianeti si disponevanosenza forzature a partire dal Sole, col-locato al centro, secondo l'ordine del-le loro velocità, col pianeta più lentocollocato nell'orbita più esterna (il pia-neta più lento noto a quell'epoca eraSaturno).

Il sistema planetario di Tycho Brahe,in cui la Terra riguadagnò la sua posi-zione centrale privilegiata, sembra in-vece a tutta prima rozzamente archi-tettato. Più importante, nel contestodell'astronomia cinquecentesca, un se-colo prima di Newton, era il fatto chela Terra immobile del sistema ticonicosi adattasse alle leggi accettate dallafisica meglio di quanto non facesse ilil modello copernicano della Terra mo-bile. Tycho si duole che il sistema diCopernico « assegni alla Terra, questocorpo pesante, e pigro, non idoneo al,movimento, un moto veloce come quel-lo delle luci eteree, e per di più un tri-plice moto ». Nondimeno, per la mag-gior parte dei contemporanei di Brahe,questa critica non aveva molto senso,poiché gli astronomi del cinquecentoconsideravano per lo più un sistemaastronomico come un insieme di ipotesigeometriche non aventi alcun legamecon la realtà fisica. La graduale accet-tazione di una fisica celeste integrata

Il frontespizio dell'Almagestum novum di G. B. Riccioli, edito nel 1651, ci presentala Terra sotto la forma dell'uomo barbuto tutto coperto di occhi (a sinistra) che tienein mano un telescopio e guarda alle meraviglie celesti di recente scoperta: la stranaforma di Saturno (dovuta ai suoi anelli) nell'angolo a destra in alto; Giove con i suoiquattro satelliti e galileiani » immediatamente piú sotto; l'aspetto scabro della super-ficie della Luna e una cometa. Nell'angolo a sinistra in alto i cherubini reggono nel-l'ordine, procedendo verso il basso, Marte, Venere, il Sole e Mercurio. Alla destra del-la Terra è la musa Urania, la quale tiene nella sinistra una sfera armillare e nella de-stra una bilancia, con la quale sta e pesando » il sistema eliocentrico copernicano e quel-lo geocentrico di Tycho Brahe. Per Riccioli il sistema ticonico pesava molto di più.Il sistema di Tolomeo è abbandonato e giace ai piedi di Urania; lo stesso Tolomeosta osservando la pesatura e commenta: « Vengo innalzato mentre vengo corretto ».

con la fisica terrestre, culminante nellasintesi newtoniana, fu indubbiamentel'aspetto scientifico più significativo del-la rivoluzione copernicana.

In definitiva, lo scopo di un model-lo planetario è la previsione delle posi-zioni dei pianeti. Sotto questo aspettoil sistema epiciclico geocentrico pro-posto da Tolomeo attorno al 140 d.C.dava ottimi risultati. Per poter essereconsiderata seriamente, qualsiasi pro-posta alternativa doveva consentire glistessi risultati pratici. Copernico se nerese ben conto; perciò solo poche pa-gine del De revolutionibus riguardanodirettamente la cosmologia eliocentri-ca. Il grosso del volume è dedicato al-l'esposizione di particolari tecnici pro-

pedeutici a tavole che descrivono i mo-ti dei pianeti. Nel cinquecento Coper-nico era considerato un grandissimomatematico non per la sua cosmologiainnovatrice, bensí per la sua abilità nelprevedere le posizioni dei pianeti.

In realtà le tavole del De revolutioni-bus non segnavano grandi progres-

si nei confronti di quelle tolemaiche. Ilfatto non sorprende se si considera lascarsità dei dati d'osservazione sullacui base le tavole dovevano essere cal-colate. Copernico fu costretto a ricor-rere in modo massiccio alle stesse os-servazioni registrate da Tolomeo. Nes-suno si rese conto pienamente delle im-perfezioni delle tavole copernicane fino

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al decennio 1570-1580, quando Braheiniziò il suo enorme programma di os-servazioni sistematiche, ovvero fu ingrado di stabilire se esse segnassero ono un progresso.

Benché gli astronomi del tempo diCopernico possedessero solo strumentialquanto primitivi, era nondimeno pos-sibile eseguire talune osservazioni inmodo abbastanza preciso anche senzadisporre di alcuno strumento. La piùantica osservazione registrata di Coper-nico, risalente al 1497, era una di que-ste. Egli aveva allora 24 anni e studia-va diritto canonico all'università diBologna. Terminati i suoi studi all'uni-versità di Cracovia, Copernico si erarecato a perfezionarsi in Italia. Il 9marzo egli osservò un occultamento diAldebaran, la stella più splendente del-la costellazione del Toro, da parte del-la Luna, occultamento che ebbe luo-go alle 11 di sera. Più tardi egli si ser-vi di quest'osservazione nel suo libro aconferma della variazione della distan-za della Luna dalla Terra.

Nel 1503 Copernico, allora trenten-ne, fece ritorno in Polonia per prende-re possesso del canonicato di Frauen-burg, che gli era stato concesso grazieal benevolo interessamento dello zioLucas Watzenrode, allora vescovo del-la città. Copernico amministrò i benidella cattedrale e funse da segretarioprivato e medico personale dello zio ve-scovo. La sua posizione di canonicogli diede il tempo e i mezzi per dedicar-si alla sua attività di astronomo, enel 1504 egli poté compiere con ogniprobabilità una serie particolarmenteinteressante di osservazioni.

In quell'anno tutti e cinque i pianetivisibili a occhio nudo (Mercurio, Ve-nere, Marte, Giove e Saturno), e inol-tre anche il Sole e la Luna, stavano en-trando nella costellazione del Cancro,fornendo una serie spettacolosa di con-giunzioni. Fenomeni cosí meravigliosiattraevano naturalmente l'attenzionedegli astrologi; le congiunzioni di Sa-turno e di Giove, poi, sono cosí rare,presentandosi solo una volta ogni ven-t'anni, che veniva loro assegnata un'im-portanza grandissima in astrologia. Aquell'epoca le posizioni dei pianeti veni-vano predette in base alte tavolu ...!fon-sine, che erano state compilate nel due-cento dagli astronomi di Alfonso X ilSaggio, re di Castiglia e di León. Fon-dandosi sul sistema tolemaico, tali ta-vole predicevano che Giove avrebbe su-

ne---T--)erato—Saturno—il—gioino 10, gioi no incui i pianeti sarebbero stati troppo vi-cini al Sole per poter essere osservaticon agio. Si prediceva nondimeno cheimportanti congiunzioni di Giove conMarte avrebbero avuto luogo il 4 gen-naio e nelle prime ore del 22 febbraio,

e una congiunzione di Saturno conMarte doveva cadere il 18 marzo.

Chiunque avesse avuto un interesseper l'astronomia paragonabile a quellodi Copernico non avrebbe potuto nonosservare questi fenomeni. Come le oc-cultazioni di stelle da parte della Luna,le congiunzioni tra i pianeti possonoessere osservate con una certa preci-sione anche senza disporre di strumen-ti. Se Copernico osservò i pianeti nel-l'inverno del 1503-1504 non poté nonrendersi conto del fatto che le predizio-ni dell'almanacco erano sbagliate di 8 NOV.

un intervallo di tempo di circa 10 gior-ni. Pur non esistendo documenti scrit-ti che attestino l'esecuzione di tali os-servazioni da parte di Copernico, JerzyDobrzycki, dell'Istituto di storia dellascienza di Varsavia, mi suggerí un in-dizio grazie al quale possiamo esserecerti che l'astronomo polacco seguii moti planetari nell'anno della grandecongiunzione.

N ella biblioteca dell'Università di Up-psala sono conservati molti volumi

provenienti dalla biblioteca personaledi Copernico, portati in Svezia nel 1627dall'esercito di Gustavo Adolfo durantela Guerra dei trent'anni. Di particolareinteresse sono due volumi d'astronomiarilegati in pelle, con decorazioni nellostile degli artigiani di Cracovia dellafine del quattrocento. Le legature sug-geriscono che Copernico abbia com-prato questi libri quando era ancorauno studente a Cracovia e che a quel-l'epoca, già profondamente interessa-to all'astronomia, abbia cominciato adannotarli. Un volume comprende unaeffemeride per gli anni dal 1492 al1506; l'altro include l'edizione delle

11 diagramma presenta le posizioni pre-dette e le posizioni reali dei pianeti su-periori durante l'inverno 1503-1504. L'au-tore di questo articolo calcolò le posizio-ni predette dei pianeti sulla base delletavole alfonsine, e Bryant Tuckerman, del-l'IBM, calcolò le posizioni reali dei pia-neti sulla base di tavole moderne. Duran-te questo periodo tutti e tre i pianeti pre-sentarono un moto retrogrado verso occi-dente cosicché Marte venne a trovarsi incongiunzione con Giove e con Saturno intre diverse occasioni. Gli errori documen-tati da Copernico si applicano soltanto al-le congiunzioni che ebbero luogo nel feb-braio e nel marzo del 1504 (banda oriz-zontale in colore chiaro). Come si può ve-dere, le posizioni predette di Marte (curvain colore scuro) differiscono dalle posizio-ni reali (curva in nero) di circa due gra-di; le posizioni predette di Saturno (curvain colore chiaro) differiscono dalle posi-zioni reali (curva in grigio) di un grado emezzo. Le posizioni predette di Giove(curva tratteggiata in colore scuro) corri-spondono invece abbastanza bene con leposizioni reali (curva tratteggiata in nero).

9 SETT.

19 SETT.

29 SETT

9 OTT

19 OTT

29 OTT

L'ultimo togho della copia delle tavole alfonsrne per il cala uo delta posizioni piatane, di proprietà di Copernico, contiene un appunto sibillino di pugno dello stessoCopernico. L'appunto (le ultime due righe in basso nella figura) indica che Marte erain anticipo rispetto alla posizione predetta di più di due gradi, e che Saturno era inritardo di un grado e mezzo. L'assenza di osservazioni relative a Giove indica che lepredizioni non presentavano nei suoi confronti un errore apprezzabile. L'unico perio-do in cui tutte queste condizioni erano soddisfatte fu durante le congiunzioni dei pia-neti Del febbraio e nel marzo del 1504. Queste due frasi non datate ci danno una pro-va convincente del fatto che Copernico osservò veramente le congiunzioni del 1504.

18 NOV

28 NOV.

8 DIC

18 DIC

28 DIC

7 GENN

17 GENN

27 GENN

6 FEBB

16 FEBB

26 FEBB

7 MAR

17 MAR

27 MAR

6 APR

16 APR

26 APR

6 MAGG

16 MAGG

26 MAGG

5 GIU

15 GIU

96

94

92 90

LONGITUDINE CELESTE (IN GRADI)

25 GIU116 114 112 110 108 106 104 102 100 98

10 11

Il primo diagramma geocentrico di Tycho, per i pianeti supe-riori, fu rinvenuto dall'autore nelle carte manoscritte ineditelegate nella copia, di proprietà di Tycho, del De revolutionibus

orbium coelestium di Copernico conservata alla Biblioteca va-ticana. Nell'angolo destro in alto si legge: Questo nuovo tipodi ipotesi fu da me trovato nel [15]78, il giorno 13 febbraio ».

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tavole alfonsine per il 1492. Alla finedi questo secondo volume sono rile-gati col testo 16 fogli in più sui qualiCopernico aggiunse tavole scritte inbuon ordine e appunti miscellanei. Infondo all'ultima pagina sono scritte inlatino le due frasi:

Mars superai' numerationem plus quamgradus

Saturnus superatur a numeratione gra-dus 1-1/2

ossia: « Marte supera i numeri di piùdi due gradi; Saturno è superato dainumeri di un grado e mezzo ».

Per analizzare quest'affermazionecriptica, non datata, possiamo servircidi uno strumento utilissimo reso dispo-nibile per la prima volta molti anni fagrazie all'uso di un veloce calcolatoreelettronico. Bryant Tuckerman, dellaIBM, calcolò le posizioni reali dei pia-neti dal 601 a.C. al 1649 d.C., fornen-do una norma con la quale si possono

confrontare almanacchi ed effemeridicompilati dagli astronomi del passato.La longitudine predetta dalle tavolealfonsine per ciascuno dei pianeti su-periori (Marte, Giove e Saturno) pre-senta un caratteristico errore periodico.Nel sistema tolemaico la posizione diun pianeta è predetta calcolandone ilmoto nel grande cerchio orbitale chia-mato deferente, e componendolo colmoto in un epiciclo, o cerchio secon-dario, il cui centro si sposta lungo la

circonferenza del deferente. L'erroreconcernente il moto sul deferente equello relativo al moto sull'epiciclo sicompongono, cosicché il modello del-l'errore risultante è tipico e riflette unacombinazione dei due moti. In terminicopernicani, l'errore nella previsionedella posizione di un pianeta risultadall'imprecisione delle conoscenze di-sponibili sul moto orbitale attorno alSole sia della Terra sia del pianeta.

Dal grafico degli errori riprodottoa pagina Il possiamo vedere che all'e-poca delle congiunzioni, nei mesi difebbraio e di marzo del 1504, c'era unacombinazione di errori quasi unica:Giove si trovava quasi nella posizionepredetta, mentre Saturno era in ritar-do sulle predizioni di circa un grado emezzo e Marte era in anticipo di po-co più di due gradi. Se l'assenza di an-notazioni concernenti Giove indica chela sua posizione a quell'epoca non pre-sentava errori apprezzabili nei con-fronti della posizione predetta, questivalori corrispondono con precisioneagli appunti non datati di Copernico.Le due righe scritte sull'ultima paginadella sua copia delle tavole alfonsinediventano cosí una prova del fatto cheegli osservò le congiunzioni del 1504.

Sarebbe interessante sapere se sia-no stati o no questi fenomeni celesti adare l'impulso iniziale al desiderio diCopernico di riformare l'astronomia.Se cosí fosse ci sarebbe un notevole pa-rallelismo fra Copernico e Tycho, ilquale, dopo altre tre grandi congiun-zioni, decise di dedicarsi all'astrono-mia avendo constatato che c'erano an-cora errori nelle effemeridi del 1563.A quell'epoca le tavole alfonsine pre-sentavano un errore ancora maggio-re per Saturno, cosicché la predizio-ne della grande congiunzione era in ri-tardo di un mese. Le effemeridi calco-late da Giovanni Stadio sulla base del-le tavole pruteniche (prussiane), che sifondavano a loro volta direttamentesull'opera di Copernico, funzionavanomolto meglio, sbagliando la previsionesolo di un giorno o due, ma quest'er-rore era ancora sufficiente a colpire ilsedicenne Tycho.

Benché le discrepanze esistenti fra letavole e i fenomeni celesti rendesserotanto più urgente agli occhi di Coper-nico la necessità di una riforma, eglinon se ne serví mai come di un argo-mento probante a favore del suo siste-ma cosmologico radicalmente nuovo.Era questo un atteggiamento molto sag-gio; Copernico sapeva infatti che talierrori avrebbero potuto essere correttimodificando semplicemente i parame-tri del vecchio sistema. Egli argomen-tò invece a favore del suo sistema elio-

centrico fondandosi su argomenti filo-sofici e cosmologici, e una considera-zione su cui egli puntò molto era lasemplicità della sua ipotesi. Nel Com-mentariolus, un trattatello scritto attor-no al 1512 che circolò soltanto in for-ma manoscritta, Copernico scrisse aproposito dei moti planetari: «Il pro-blema, difficile e quasi inesplicabile, misi presentò infine solubile con mezzi piùesigui e molto più convenienti di quel-li usati in passato, purché mi fosseroconcesse alcune petitiones, che chiama-no assiomi ». Copernico passò poi a de-lineare la sua nuova disposizione elio-centrica dei pianeti, indicando che imoti celesti apparenti avrebbero potu-to essere spiegati supponendo un tri-plice moto della Terra stessa: la rota-zione sul proprio asse, la rivoluzioneorbitale attorno al Sole e la librazio-ne, od oscillazione del suo asse, desti-nata a render ragione della precessio-ne degli equinozi.

Oltre a proporre la concezione elio-centrica, Copernico assegnò prati-

camente la stessa importanza a un se-condo principio filosofico: il concettoplatonico-pitagorico secondo cui i moticelesti devono essere composti da mo-vimenti circolari uniformi. Tale prin-cipio si riso/veva in una forte criticanei confronti di uno tra i principali ac-corgimenti tolemaici: l'equante. Per ca-pire bene il significato dell'equante ela forza di quest'argomentazione avan-zata contro di esso, si devono consi-derare innanzitutto i principali caratte-ri del meccanismo planetario messo inopera da Tolomeo. La Terra era col-locata in prossimità del centro di unaserie di grandi cerchi deferenti, senzaperò coincidere con esso. Ogni piane-ta si muoveva di moto circolare uni-forme su un epiciclo il cui centro eracollocato sul deferente. L'epiciclo pro-duceva le periodiche retrogradazioni delpianeta in occasione delle quali l'astrosembrava fermarsi per qualche tempo epoi « muoversi all'indietro » nel cieloverso occidente per poi fermarsi dinuovo (stazione) e riprendere il suoabituale moto « diretto » verso oriente.Nel sistema copernicano l'epiciclo èconsiderato il risultato del moto orbita-le della Terra attorno al Sole: la re-trogradazione di un pianeta superioreè causata dal movimento più velocedella Terra mentre lo sta superando.Nel caso di Marte l'irregolarità gene-rata dall'epiciclo era tale da poter in-cidere per ben 45 gradi nella sua posi-zione rispetto alla previsione fondatasul solo movimento circolare uniformesul deferente.

Oltre all'irregolarità del moto del

pianeta prodotta dall'epiciclo, era ri-chiesto anche un moto non uniformedel centro dell'epiciclo sul deferente.Per ottenere questo moto non unifor-me Tolomeo escogitò l'equante: un as-se del moto uniforme all'interno deldeferente ma eccentrico rispetto a es-so. Soltanto da tale posizione il piane-ta avrebbe dato l'impressione di muo-versi di moto circolare uniforme. An-che la Terra era collocata, inoltre, inposizione eccentrica ma nella direzioneopposta. Nel caso di Marte l'equantee l'eccentricità potevano modificare ilmoto uniforme fino a 12 gradi d'arcoverso est o verso ovest. L'uso dell'e-quante, dell'epiciclo e del deferente ec-centrico diede a Tolomeo un'elasticitàsufficiente a far fronte alle irregolari-tà del moto dei pianeti superiori e diVenere; ricorrendo a un ulteriore pic-colo cerchio centrale egli riuscí anchea rendere ragione in modo soddisfacen-te del moto di Mercurio.

Copernico apri il suo Commentario-Ius con un attacco all'equante tolemai-co, che appariva violare il principio delmoto circolare uniforme. « Un tale si-stema non sembrava né sufficientemen-te assoluto né sufficientemente razio-nale », egli scrisse. « Essendomi resoconto di ciò, meditai spesso sulla possi-bilità di trovare una disposizione dicerchi più razionale, da cui dipendes-sero tutte le ineguaglianze apparenti,muovendosi tutti i cerchi in sé di motouniforme, come richiede il principio delmoto assoluto. » Uno tra gli obiettiviprincipali dell'opera di Copernico di-venne perciò l'eliminazione geometri-ca dell'equante, che sostituí con unpiccolo epiciclo. Ne segui che, puravendo semplificato il sistema planeta-rio grazie all'eliminazione dei grandiepicicli, la sua devozione al principiodel moto circolare uniforme lo costrin-se a introdurre nuove complicazioni.

Alla fine del Commentariolus Coper-nico osservò: « Cosí dunque trenta-quattro cerchi in tutto sono sufficientia spiegare l'intera costruzione dell'uni-verso e tutte le danze degli astri ». Com-mentatori del secolo scorso diedero li-bero corso all'immaginazione per ab-bellire l'affermazione di Copernico, so-stenendo, senza preoccuparsi di veri-ficare la veridicità delle loro osser-zioni, che all'epoca di Copernico il si-stema di Tolomeo, di per sé abbastan-za semplice, era stato sovraccaricatodi decine di cerchi secondari.

Può darsi che alla formazione di que-sta leggenda abbia contribuito AlfonsoX, alla fine del duecento; al saggiosovrano è attribuita l'affermazione che,se fosse stato presente alla Creazione,egli avrebbe dato a Dio qualche utile

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Mercurio ha due piccoli epicicli (i cerchi piú piccoli) nel pri.mo tentativo di Tycho di spiegare il moto del pianeta in un'or•

bita attorno alla Terra. Il cerchio grande è il deferente e quel-lo punteggiato l'epiciclo. L'illustrazione è del 14 febbraio 1578.

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suggerimento. Questo aneddoto alimen-tò la mitologia, cosicché un recente ar-ticolo dell'Encyclopaedia Britannica so-stiene addirittura che per ogni pianetasi richiedevano da 40 a 60 epicicli!

Lo stesso tipo di analisi fatta con l'aiu-to del calcolatore usato per deci-

frare la breve nota di Copernico suMarte e Saturno mi fu utile per sep-pellire questa popolare leggenda sullagrandissima complessità del sistema

geocentrico nel basso Medioevo. Al fi-ne di verificare tale asserzione, ricalco-lai con cura le tavole alfonsine nellaloro totalità per dimostrare che essesi fondano su l la forma classica e sem-plice della teoria tolemaica con solodue o tre mutamenti marginali di unparametro. Usai poi queste tavole due-centesche per calcolare un'effemeride,g iorno per giorno, per 300 anni. I risul-tati ottenuti furono poi messi a con-fronto con i precisi calcoli moderni,

eseguiti da Tuckerman, delle longitu-dini planetarie e ne emersero modelliripetuti di errori che sono altrettantotipici delle impronte digitali. Tutte leantiche effemeridi precopernicane, cal-colate dai più importanti astronomidell'epoca, dimostrano esattamente glistessi tipi di errore. Ne conclusi cosíche per la predizione delle posizionidei pianeti fu usato solo lo schema to-lemaico, con un solo epiciclo per cia-scun pianeta.

È possibile che siano esistiti epiciclimobili su altri epicicli, che però nonsiano mai stati usati nella compilazio-ne di almanacchi? Ricerche recenti sufonti islamiche compiute da E.S. Ken-nedy e da suoi allievi all'Universitàamericana di Beirut hanno rivelato cheproprio modelli elaborati di questo ti-po furono discussi da astronomi due-centeschi e trecenteschi della scuoladi Maragha e in particolare da Ibnal-Shatir a Damasco. Come Copernico,essi erano guidati nella loro ricerca dimodelli da considerazioni filosofiche edè improbabile che il loro schema siamai stato usato nel calcolo di vere ta-vole planetarie. Se Copernico sia giun-to indipendentemente alla sostituzio-ne dell'equante con un secondo epici-clo o se abbia ereditato questa solu-zione dagli arabi attraverso qualche ca-nale finora sconosciuto è un problemache non siamo in grado di risolvere concertezza.

Tra il 1520 e il 1530 Copernico si de-dicò molto all'elaborazione delle sueteorie, e particolarmente alla teoria pla-netaria, se dobbiamo giudicare dalleosservazioni sul moto dei pianeti spar-se qua e là nel De revolutionibus. Aquell'epoca egli si trovava nella Polo-nia settentrionale, ma una quantità dicompiti amministrativi lo distoglievaspesso dalle sue ricerche astronomiche.In questo periodo Copernico si affaticònella stesura di un trattato monumen-tale paragonabile per vastità all'A Ima-gesto di Tolomeo. Esso doveva inclu-dere i due principi che il Sole si tro-va al centro del sistema solare e che imoti planetari sono composti di moticircolari uniformi. I moti celesti risul-tarono più complicati di quanto egliavesse supposto nel Commentariolus.In particolare, le linee degli apsidi, ov-vero le linee congiungenti la Terra e ipunti equanti nel sistema tolemaico,apparivano dotate di un lento moto dirotazione rispetto alle stelle fisse. Sol-tanto poche osservazioni, alcune dellequali contraddittorie, erano state tra-mandate e Copernico si sobbarcò unlavoro lungo e frustrante per venirnea capo. Infine abbandonò i doppi epi-cicli del Commentariolus a favore deldeferente eccentrico e di un solo epici-clo, una disposizione che rendeva con-to più facilmente dello spostamento de-gli apsidi. Egli conservò nondimeno ildoppio epiciclo per Mercurio, ma nonper sostituire l'equante bensí il cer-chio centrale addizionale postulatoesclusivamente per tale pianeta da To-lomeo. Alla fine Copernico riuscí acavarsela accumulando un numero dipiccoli cerchi superiore perfino a quel-lo di Tolomeo.

La maggior parte del De revolutio-nibus è dedicata a un'analisi partico-lareggiata dei moti del Sole, della Lunae dei pianeti mediante combinazioni dicerchi grandi e piccoli. Quest'analisi,unitamente a un commento di tipo ma-tematico e alle tavole astronomiche,costituisce il 96 per cento del volume.Soltanto una ventina di pagine sono de-dicate alla nuova cosmologia eliocen-trica. I primi capitoli passano in ras-segna le antiche argomentazioni a fa-vore di un'immagine del mondo geo-centrica insieme a controargomentazio-ni di tono curiosamente medievale. Es-si lasciano ben poco prevedere quan-to sarà presentato nel capitolo X « Sul-l'ordine delle sfere celesti ». Tale ca-pitolo è una squillante difesa del siste-ma eliocentrico fondata interamentesull'estetica, e in particolare sul prin-cipio di semplicità. In una possenteperorazione dell'immagine eliocentri-ca dell'universo, Copernico scrive: «Alcentro di tutto sta il Sole. Chi infatti,in questo bellissimo tempio, avrebbepotuto disporre questa lampada in unposto migliore di quello da cui possailluminare nello stesso tempo il tutto?...E certo il Sole come da un soglio rega-le governa la famiglia degli astri che gliruotano attorno.)>

Il sistema eliocentrico offriva unaspiegazione elegante del moto retrogra-do, compresi taluni particolari che nonavevano una spiegazione razionale nel-lo schema tolemaico. Inoltre, nella di-sposizione dei pianeti attorno al Sole,anche gli intervalli che li dividevanonon erano più arbitrari, ma venivanopienamente spiegati dall'architetturadel tutto. È questa, sicuramente, unatra le considerazioni estetiche più per-suasive a favore della cosmologia co-pernicana. Poche persone, nel cinque-cento, compresero però l'armonica uni-tà estetica, che Copernico vedeva nelcosmo.

I ' pensiero che Copernico stesse par-

lando di un sistema reale dev'es-sere sparito rapidamente dalla mentedi quei pochi astronomi che riusciro-no ad aprirsi faticosamente la via nel-la restante parte del trattato. L'appli-cazione del secondo principio esteticodi Copernico, quello del moto circola-re uniforme, era lungi dall'essere sce-vra di ambiguità. Come Tolomeo, an-ch'egli si soffermava qua e là per ac-cennare a disposizioni geometriche al-ternative. Il colpo decisivo a una qual-siasi realtà fisica dei piccoli epicicliplanetari, se ce ne fosse stato bisogno,fu inferto nel VI libro, dove Coperni-co fu costretto ad adottare, per la pre-visione delle latitudini delle posizioni

planetarie, espedienti diversi da quellimessi in opera per la previsione dellelongitudini. Benché pochi lettori sianomai riusciti a spingersi fino a questopunto, la natura ipotetica delle costru-zioni era stata asserita al principio del-l'opera, non da Copernico, in verità, madal curatore anonimo dell'opera in unaprefazione: «Al lettore sulle ipotesi diquest'opera ». La maggior parte de-gli astronomi maggiori dei decenni se-guenti era al corrente che autore ditale prefazione era un teologo lutera-no, Andreas Osiander, il quale avevaprobabilmente preferito non firmarsiin considerazione del fatto che l'operaera scritta da un cattolico ed era dedi-cata al Papa. Nella prefazione di Osian-der si asseriva che l'autore, conforme-mente al compito tradizionale degliastronomi, aveva escogitato ipotesi checonsentivano di calcolare le posizionidei pianeti per qualsiasi tempo. «Matali ipotesi non hanno bisogno di es-ser vere e neanche verosimili — egliscrisse — bensí è sufficiente che forni-scano un calcolo in accordo con le os-servazioni. »

Un attento lettore del De revolutio-nibus interessato unicamente ai parti-colari tecnici del sistema planetariopuò aver trovato grande soddisfazionenella fedeltà di Copernico al principiodel moto circolare uniforme, e sicura-mente sarebbe stato d'accordo con l'a-nalisi di Osiander, mentre d'altra par-te un lettore più incline alla specula-zione filosofica, cogliendo il carattereestetico del principio eliocentrico,avrebbe potuto trovarsi in violento di-saccordo con Osiander.

Ma il De revolutionibus ebbe in real-tà qualche lettore attento? Questo in-terrogativo sorse in una conversazioneche ebbi tre anni fa con un altro stu-dioso di Copernico, Jerome Ravetz.Giungemmo allora alla conclusioneche è probabilmente più elevato ilnumero delle persone vive oggi cheabbiano letto con attenzione il De re-volutionibus rispetto a quello delle per-sone che lo lessero attentamente nel-l'intero cinquecento. Contammo sulledita di due mani i candidati cinque-centeschi: 1) Giorgio Joachim dettoRetico, il matematico di Wittenbergche si recò in Polonia e persuase Co-pernico a pubblicare l'opera; 2) Era-smo Reinhold, il professore di Witten-berg che rimase in patria e che piùtardi compose le Tabuice prutenicce,fondate sull'opera di Copernico; 3)Giovanni Schoner, lo studioso di No-rimberga che si occupò da vicino dellastampa del libro e a cui Retico indi-rizzò la sua prima relazione edita astampa sul sistema copernicano; 4)

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I due epicicli ottengono una nuova disposizione nel secondotentativo compiuto da Tycho per render ragione del moto di

Mercurio attorno alla Terra. In modo simile egli elaborò mo.delli alternativi destinati a spiegare i moti del pianeta Venere.

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Tycho Brahe; 5) Cristoforo Clavio, ilgesuita tedesco che progettò la riformadel calendario gregoriano; 6) MicheleMaestlin, l'insegnante d'astronomia diKeplero, e 7) Giovanni Keplero stesso.

A quell'epoca godevo dell'anno dicongedo per ricerche dallo Smithso-nian Astrophysical Observatory. Duegiorni dopo la conversazione con Ra-vetz, mi capitò di visitare la notevoleCrawford Collection di libri astrono-mici rari al Royal Observatory di Edim-burgo, dove ammirai, tra i pezzi di mag-gior pregio, una copia della prima edi-zione del De revolutionibus, accurata-mente annotata con inchiostri leggibili

di vario colore. Esaminando il libro,mi resi conto che le annotazioni, intel-ligenti e precise, erano state redattesicuramente prima del 1551, ossia anon più di otto anni di distanza dallapubblicazione dell'opera, avvenuta nel1543. Le conclusioni da me raggiuntedue giorni prima nella conversazionecon Ravetz sembravano d'improvvisodemolite poiché mi sembrava poco pro-babile che, se i lettori attenti delDe revolutionibus erano cosí rari comeavevo supposto, la prima copia che micapitava di vedere dopo quella discus-sione fosse cosí ben annotata.

A questo punto mi venne in mente

una seconda idea: forse la copia dellaCrawford Collection era stata anno-tata da uno dei pochissimi astronomiche avevamo menzionato. L'elenco siridusse rapidamente a Retico, Reinholde Schóner, gli unici attivi prima del1550. Prove di carattere interno sug-gerirono che il lettore dovesse essereErasmo Reinhold, il cui nome noncompariva nel libro ma le cui inizialiE R erano ancora leggibili nella deco-rata rilegatura originale. Nel giro dipochi istanti da questa scoperta il mioentusiasmo iniziale fu offuscato quan-do, presa un'impronta della coperti-na, appoggiando su di essa un fo-

glio di carta bianca e sfregando conuna matita, apparve una lettera S dicui non mi ero accorto essendo es-sa ricoperta da una macchia. Venivoad avere cosí le iniziali E R S, che miriportavano in alto mare. Solo due set-timane dopo, lavorando al British Mu-seum e alla Royal Astronomical So-ciety, accertai che Reinhold associavasempre al suo nome l'aggettivo Salvel-densis, dal nome della sua città Saalfeld;si aveva cosí un perfetto accordo conle iniziali. Infine riuscii a procurarmi al-tri campioni della grafia tipica di Rein-hold e il problema fu cosí risolto al dilà di ogni possibile dubbio.

Una tra le annotazioni più interessan-ti contenute nella copia di Reinhold ap-pare sul frontespizio, dov'egli avevascritto in latino: « L'assioma dell'astro-nomia: il moto celeste è circolare euniforme o composto di parti circola-ri e uniformi ». Reinhold era manife-stamente affascinato dalla fedeltà di-mostrata da Copernico al principio delmoto circolare, mentre la scarsità diannotazioni nelle prime venti paginedimostrano che egli non era partico-larmente interessato al principio elio-centrico. Evidentemente egli accetta-va l'asserzione di Osiander secondo cuil'astronomia si fondava su ipotesi. Rein-hold era particolarmente interessatoagli aspetti geometrici dell'ipotesi diCopernico e all'intera idea di mecca-nismi alternativi per esprimere i motidei pianeti. In tutti i punti in cui, nelDe revolutionibus, apparivano tali al-ternative, egli segnò nei margini visto-se enumerazioni in numeri romani.

Reinhold viene spesso annoveratotra i primi fautori della cosmologiaeliocentrica per aver pubblicato le ta-vole pruteniche, utilissime per calco-lare le posizioni dei pianeti sulla basedell'opera di Copernico. La naturadelle tavole è nondimeno tale da ren-derle del tutto indipendenti da qual-siasi sistema cosmologico. Benché l'in-troduzione di Reinhold sia inoltre pie-na di elogi a Copernico, il professoredi Wittenberg non menziona mai lacosmologia eliocentrica. Dato il gran-de interesse da lui manifestato per imeccanismi alternativi, c'è ragione disospettare che Reinhold fosse in pro-cinto di scoprire indipendentemente ilsistema ticonico, ma mori di peste nel1553, a 42 anni, prima di poter formu-lare speculazioni cosmologiche proprie.

Eccitato dal successo ottenuto nellaidentificazione della copia di Rein-

hold, decisi di esaminare il maggiornumero possibile di copie del libro alfine di accertare l'identità dei lettori edei proprietari, nella speranza di tro-vare altri appunti interessanti. Per tre

anni ricercai sistematicamente copiedel libro in posti cosí vari e distinti fraloro come Budapest e Boston, Lenin-grado e Louisville, Copenaghen e SanJuan Capistrano. Nel corso di questericerche vidi e fotografai copie annota-te da Keplero (a Lipsia), da Maestlin(a Sciaffusa), da Tycho (una secondaedizione, a Praga) e da Retico (unacopia donata dall'autore, conservatanel Connecticut). Trovai anche copieannotare da astronomi che avevamo di-menticato di inserire nell'elenco origi-nario: dal compilatore di effemeridiGiovanni Stadio (copia conservata al-l'Accademia militare di West Point) eda Caspar Peucer, il successore diReinhold alla cattedra di astronomiaa Wittenberg (copia conservata all'Os-servatorio di Parigi). In tutto, fino al-la primavera scorsa, riuscii a vedere101 copie del De revolutionibus. Questaricerca confermò che il libro aveva avu-to lettori poco attenti, almeno tra co-loro che sono abituati a leggere conla penna in mano. Nonostante ciò, eb-bi l'impressione che il libro avesse avu-to una cerchia di lettori casuali moltomaggiore di quanto non si ritenga co-munemente.

Nel maggio 1973 ebbi l'opportunitàdi visitare Roma, dove c'erano settecopie della prima edizione che non ave-vo ancora esaminato. Mi recai dappri-ma alla Biblioteca vaticana, dove ar-rivai armato di segnature fornitemidal mio collega polacco Dobrzycki. Al-cuni tra i volumi presenti alla Biblio-teca vaticana vi erano pervenuti conl'eccentrica regina Cristina di Svezia,la quale aveva abdicato al trono nel1654, abbandonando il suo regno pro-testante per Roma. Il padre di lei Gu-stavo Adolfo aveva saccheggiato du-rante la Guerra dei trent'anni l'Eu-ropa settentrionale e tra le altre cosesi era impadronito della maggior par-te della biblioteca personale di Co-pernico. Dobrzycki si era recato a Ro-ma alla ricerca di materiali copernica-ni che la regina Cristina poteva averportato con sé trasferendosi in Italia.Alla Vaticana egli trovò tra i mano-scritti una copia del De revolutionibusnon catalogata. Poiché il libro era sta-to pubblicato proprio mentre Coperni-co stava morendo, Dobrzycki sapevache tale copia non poteva essere ap-partenuta a Copernico e cosí passò allostudio di altri materiali. Fortunatamen-te per me, egli mi diede la segnaturadel volume, che non avrei potuto tro-vare nei cataloghi della Vaticana.

Quando esaminai questa copia, miresi conto che le estese annotazioni suimargini dovevano essere opera di unastronomo di grandi capacità. Alla fi-ne del volume erano rilegate 30 pagine

manoscritte di estremo interesse, pie-ne di diagrammi eseguiti da qualcunoche lavorava nella stessa direzione diTycho e datati 1578. Sul volume nonc'era alcun nome e congetturai che gliappunti potessero essere dell'astronomogesuita Cristoforo Clavio poiché nonavevo ancora trovato la sua copia delDe revolutionibus. Eccitatissimo daquesta possibilità, mi misi in contattocon D.J.K.O'Connel, l'ex direttore del-la Specola vaticana. Col suo aiuto riu-scii ad avere xerocopie di due lette-re di Clavio conservate negli archividei Gesuiti. Tornai ansioso alla Biblio-teca vaticana, dove la mia ipotesi crol-lò nel giro di pochi minuti. Non c'eraalcuna possibilità che la mano cheaveva annotato il De revolutionibusfosse quella di Cristoforo Clavio.

Lasciai Roma deluso e turbato perprendere parte a un congresso su

Copernico che si teneva a Parigi. Quivi,per una coincidenza fortunatissima, ri-cevetti il nuovo facsimile della copiadella seconda edizione del De revolu-tionibus conservata a Praga e conte-nente annotazioni di mano di Tycho. Ilcuore mi si fermò per un istante quan-do ‘idi la grafia del facsimile: mi resiconto allora che la copia della prima edi-zione che avevo visto a Roma era an-ch'essa annotata probabilmente di pu-gno da Brahe. Quella che avevo trova-to alla Biblioteca vaticana era la copiadi lavoro originale di Ticho, forse ilpiù importante manoscritto di Braheche si sia conservato. La seconda edi-zione, conservata a Praga, era una co-pia derivata dalla prima; essa era sta-ta annotata da Tycho nella prospetti-va di una pubblicazione.

Modificai le prenotazioni dei mieivoli e tornai a Roma. Dopo avere mes-so l'uno accanto all'altro il facsimile diPraga con la copia della Vaticana, ba-starono pochi minuti per fugare tutti imiei dubbi. Successivamente i bibliote-cari della Vaticana confermarono cheil libro era appartenuto alla regina Cri-stina, la quale ne era entrata in pos-sesso nel 1648, quando le sue truppesi erano impadronite, a Praga, dellecollezioni raccolte dall'imperatore Ro-dolfo II.

Sul frontespizio della copia di Tychoconservata alla Vaticana appaiono lestesse parole che Reinhold aveva scrit-to sulla sua copia: « L'assioma del-l'astronomia: i moti celesti sono circo-lari e uniformi o composti di parti cir-colari e uniformi ». Avevo già accer-tato che nel 1575, tre anni prima delleannotazioni datate presenti in questovolume, Tycho aveva fatto visita alfiglio di Reinhold a Saalfeld e avevavisto i manoscritti di Reinhold. Cono-

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Sistema proto-ticonico, disegnato da Tycho il 17 febbraio del1578. In questo diagramma sono rappresentati tutti i pianeti.Venere e Mercurio orbitano attorno al Sole; il Sole circon-da la Terra. I deferenti di Marte, Giove e Saturno hanno come

centro la Terra; l'epicielo di ogni pianeta ha le stesse dimensio-ni dell'orbita del Sole attorno alla Terra. Tycho congiunse allo-ra con una retta la Terra e il centro di ogni epiciclo e uniquesto centro al relativo pianeta mediante una linea verticale.

scendo questo fatto, avevo congettu-rato che le concezioni cosmologiche diTycho avessero ricevuto l'impulso de-cisivo a Wittenberg da una tradizioneche onorava Copernico ma seguival'ammonizione di Osiander secondo cuiil compito dell'astronomo si riduce al-la concezione e all'elaborazione di ipo-tesi, nell'impossibilità di raggiungere

in alcun modo le vere cause. La copiadi Tycho cosí venuta in luce confermòin modo clamoroso quest'eredità in-tellettuale, non solo mediante il mot-to sul frontespizio, ma anche, all'inter-no del libro, attraverso numerose anno-tazioni copiate parola per parola daReinhold. In particolare, Tycho, comeReinhold, segnò specificamente in mar-

gine con numeri le varie disposizionialternative di cerchi indicate da Coper-nico. Come Reinhold, Tycho deve avervisto in Copernico semplicemente l'in-ventore di modelli geometrici ipotetici.

L'aspetto più interessante del volumevaticano è costituito dalle trenta pa-gine manoscritte alla fine del volume.Si tratta chiaramente dei primi appunti

di Tycho sul proprio sistema geocen-trico. In principio è la data «27 gen-naio 1578 »: il giorno dopo l'ultimo av-vistamento della spettacolare cometadel 1577. I diagrammi contenuti sulleprime due pagine sono eliocentrici euna nota in un angolo specifica che ildisegno era stato eseguito sulla basedella terza ipotesi di Copernico, corri-spondente a una delle enumerazioniche compaiono in margine al volumestampato di mano di Tycho Brahe.

Diagrammi disegnati circa tre setti-mane dopo presentano per la primavolta una disposizione geocentrica eTycho osserva: « Questo nuovo tipo diipotesi fu da me scoperto il giorno 13febbraio del [15178 » (si veda la figu-ra a pagina 12). Raramente possiamostabilire con tanta precisione il mo-mento di una scoperta vecchia di seco-li! In una serie di carte Tycho indagòposizioni alternative del singolo epi-ciclo per Venere e della coppia di epi-cicli per Mercurio.

Due giorni dopo, nella pagina imme-diatamente successiva, Tycho trac-

ciò il diagramma più interessante del-l'intera sequenza (si veda la figura nel-la pagina a fronte). È facile riconosce-re in esso un sistema proto-ticonico:la Terra è situata al centro, circonda-ta dalla Luna e dal Sole. Tycho collo-cò le orbite di Mercurio e di Venereattorno al Sole. Egli dispose ancora itre pianeti superiori in orbite attornoalla Terra, ma diede a ciascun epiciclola stessa grandezza dell'orbita solare.Egli tracciò allora una linea dalla Ter-ra al centro di ciascuno dei tre epiciclie congiunse il centro di ogni epiciclo alrelativo pianeta con una linea verti-cale. Questa linea verticale corrispon-de in tutti i casi alla distanza Terra--Sole in virtù dell'eguaglianza degli epi-cicli e dell'orbita solare. Tutto quelche occorre per finire la costruzionedel sistema ticonico nella sua versionedefinitiva è completare il parallelogram-ma congiungendo con una linea rettail Sole e ciascun pianeta superiore.

Tycho era ormai in vista della ver-sione finale del suo sistema. La dida-scalia da lui apposta al diagramma ènondimeno degna di nota: « Sfera dellerivoluzioni, dalle ipotesi di Copernico,adattata all'immobilità della Terra ».Tycho stava muovendosi sul pianoastronomico-geometrico, nella più as-soluta fedeltà al modello copernicano,e veniva formulando l'ipotesi che unsistema geocentrico fosse compatibilecon l'insegnamento eliocentrico delmaestro.

È curioso il fatto che Tycho nonpubblicò il suo nuovo sistema se non

un decennio dopo. All'epoca in cui re-dasse queste note, Tycho era un giova-ne di 31 anni, già ben sistemato nel-l'isola di Hven, ma forse ancora in-certo sulla direzione in cui lo avrebberoportato le sue osservazioni intrapreseal fine di riformare l'astronomia. Unpasso del De mundi cetherei recentiori-bus phamomenis ci rivela che egli nonideò certo il sistema ticonico fin versoil 1583, cinque anni dopo aver disegna-to questi diagrammi. Posso supporresoltanto che quei cinque anni abbianocoinciso con un periodo di grande ma-turazione. Nel frattempo Tycho deveaver speculato sul movimento dellagrande cometa del 1577, comprenden-do che essa avrebbe infranto le sferecristalline dell'antica astronomia, sefossero esistite, nel suo moto attraver-so il cielo. Forse egli cominciò a ricer-care una maggiore certezza nel campodell'astronomia e a supporre che leosservazioni compiute con gli strumen-ti giganti di cui era dotato il suo osser-vatorio di Uraniborg avrebbero potu-to condurre, al di là dell'ipotesi, allarealtà fisica. In tal caso, come i suoicontemporanei in quest'epoca pre-new-toniana, predinamica, egli deve averconsiderato la fisica della Terra, pigrae grave, un fenomeno importantissimoda salvare. Possiamo immaginarci co-me Tycho, con l'adozione del propriosistema geocentrico, fosse convinto dicompiere un grande passo avanti ver-so la comprensione della realtà fisicadell'universo.

Fatto abbastanza curioso, il sistematiconico conservò molti tra i vantaggiofferti da Copernico: le orbite plane-tarie erano legate fra loro in un'unitàcoerente e i moti retrogradi erano spie-gati in modo « naturale ». Benché que-sto schema concedesse ben poco alleproprietà speciali del Sole tra i pianeti,esso preservava con la massima cural'unicità veneranda della Terra centra-le. Nell'architettura del sistema diBrahe mancava però un elemento diimportanza capitale per l'ulteriore svi-luppo della fisica. Nel sistema coperni-cano i pianeti sono ordinati armonica-mente, dal Sole verso l'esterno, secon-do la durata crescente del periodo dirivoluzione. Proprio questo elementoavrebbe aperto la via alla matematiz-zazione e alla meccanicizzazione del-l'universo.

Osservato retrospettivamente, il si-stema ticonico, che sembrava avereun peso tanto grande nella bilancia diUrania, ci appare rozzo ed errato: unmonumentale passo indietro. Tycho vie-ne perciò oggi rifiutato come cosmo-grafo ed esaltato come il geniale co-struttore di strumenti le cui osservazio-

ni sistematiche fornirono le basi delleleggi di Keplero. Keplero, a sua volta,è salutato come il « numerologo » lecui orbite ellittiche vanificarono infinel'antico postulato dei componenti cir-colari uniformi per i moti celesti.

Confrontato allo schema ticonico, ilsistema eliocentrico appare oggi a noi,posteri di Newton, nitido e ordinato.Di fatto, è proprio quest'elegante orga-nizzazione che Copernico trovò con-forme alla ragione e che lo condussealla sua cosmologia. All'inizio del Derevolutionibus egli scrisse: «In questadisposizione scopriamo perciò una me-ravigliosa simmetria dell'universo e unlegame armonico tra i movimenti dellesfere e le loro dimensioni quali nonpossono essere trovati in alcun altromodo ».

Proprio in questa disposizione Keple-ro vide la reale possibilità di una fisicaceleste e fece il primo passo, ancora atastoni, verso una dinamica celeste che,riplasmata e formulata in modo genialeda Newton, si dimostrò in definitiva laprimaria giustificazione dell'universoeliocentrico. Può darsi che la visionekepleriana di una fisica cosmica abbiainfluito sullo sviluppo della scienza inmodo assai più significativo che non lascoperta delle tre leggi dei moti plane-tari. È possibile inoltre che la stessainsistenza di Tycho, su un'astronomiafisicamente accettabile e non semplice-mente ipotetica, abbia influito sullaconcezione della natura dell'universodel giovane Keplero. Nella scia di que-sta tradizione, sia Keplero sia Galileoci hanno insegnato a usare i nostrisensi per distinguere tra le varie ipo-tetiche immagini del mondo, accet-tando solamente quelle coerenti conle osservazioni.

Soltanto nella nostra generazione ab-biamo imparato a infrangere i le-

gami che ci tengono avvinti alla Ter-ra; gli uomini in volo verso la Lunahanno visto la Terra ruotare, azzurropianeta viaggiante nello spazio. Veni-va cosí giustificata con l'evidenza l'au-dace concezione di Copernico. Il con-cetto del moto della Terra, visto dalui soltanto con gli occhi della mente,divenne il primo passo essenziale versouna fisica che abbracciava sia la Terrasia il cielo. Cosí il quinto centenariodella nascita di Copernico finisce conl'essere in realtà anche una celebrazio-ne delle origini della scienza modernae della nostra attuale comprensionedell'universo. È dunque opportuno che,insieme al famoso astronomo polacco,onoriamo anche i suoi illustri successo-ri: Keplero, Newton e, sotto una nuo-va luce, Tycho Brahe.

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