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Notiziario interno d’ informazione è quello che non si adatta all’evoluzione tecnologica. La selezione tecnologica sta modificando il nostro modo di vivere e di sentire, chi non segue l’evolversi della tecno- logia è destinato a rimanere indietro e a “morire”. Ogni giorno intorno a noi appaiono nuove apparecchiature, nuovi strumenti di comunicazione e, nel nostro campo, nuove attrezzature sempre più sofisticate che ci permet- tono maggiori funzioni e applicazioni; l’evoluzione tecnologica è così veloce che il nostro adattamento non riesce a stargli dietro ma se non ci adattiamo ci allonta- niamo dal gruppo. Siamo appena entrati nel mondo del- le videocamere digitali con le cassette che già si passa a quelle con la memoria solida, non facciamo a tempo ad imparare un programma che subito ne salta fuori uno nuovo, abbiamo appena capito come fare a masterizzare con il nuovo lettore DVD, che subito dobbiamo passare al Blu-ray e all’alta definizione. Se da un lato è vero che nessuno ci obbliga a rimanere aggiornati, dall’altro è invece vero esattamente il contrario, perché la tecnolo- gia si evolve in tutti gli aspetti della nostra nuova vita e se non ci adattiamo saremo costretti a subire gli effetti negativi della selezione tecnologica, diventare subito “vecchi” e “soccombere”. Solo evolvendoci tecnologi- camente potremo far parte del mondo sempre più tecno- logico di domani… che ci piaccia o no! Vivian TULLIO SOMMARIO L’ EDITORIALE ATTIVITA’ ASSOCIATIVE CONCORSI NOTIZIE VARIE L’ANGOLO DEL PRINCI- PIANTE PARLIAMO DI . . . PILLOLE UN SOGGETTO PER TE CONSIGLI TECNICI LA VOCE DEI SOCI Numero: 42 Edizione: MARZO - APRILE 2010 LE NUOVE FRONTIERE DELL’EVOLUZIONE UMANA Sui banchi di scuola abbiamo sempre studiato che tutti gli esseri viventi, animali, vegetali, microrganismi, si sono evoluti a partire da un progenitore ancestrale se- condo le leggi Darwiniane, tra le quali primeggia la selezione naturale. Solo i più forti, i meglio adattati all’- ambiente riescono a sopravvivere e a trasmettere ai loro discendenti il patrimonio genetico adatto a perpetrare la specie. Gli organismi “deboli” o privi della capacità di sopravvivere alle condizioni ambientali del momento sono destinati a soccombere. E così per migliaia di anni molte specie sono scomparse, mentre altre si sono modi- ficate. Anche l’uomo si è evoluto e continua a evolversi. Riusciamo a sopravvivere grazie alla nostra adattabilità e al fatto che modifichiamo l’ambiente in cui viviamo a nostro piacimento per adattarlo alle nostre esigenze. Anche noi, quindi, sembreremmo costretti a seguire le regole della selezione naturale ambientale. Oggi però non è più così: la selezione nei termini del sopravvive il più forte da un punto di vista fisico non agisce più per- ché, grazie alla medicina, le persone vivono più a lungo, molte malattie convivono con noi, gli anziani godono di maggiore salute. Un altro tipo di selezione si sta ampia- mente diffondendo negli ultimi anni e oggi il più debole

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Notiziario interno d’ informazione

è quello che non si adatta all’evoluzione tecnologica. La selezione tecnologica sta modificando il nostro modo di vivere e di sentire, chi non segue l’evolversi della tecno-logia è destinato a rimanere indietro e a “morire”. Ogni giorno intorno a noi appaiono nuove apparecchiature, nuovi strumenti di comunicazione e, nel nostro campo, nuove attrezzature sempre più sofisticate che ci permet-tono maggiori funzioni e applicazioni; l’evoluzione tecnologica è così veloce che il nostro adattamento non riesce a stargli dietro ma se non ci adattiamo ci allonta-niamo dal gruppo. Siamo appena entrati nel mondo del-le videocamere digitali con le cassette che già si passa a quelle con la memoria solida, non facciamo a tempo ad imparare un programma che subito ne salta fuori uno nuovo, abbiamo appena capito come fare a masterizzare con il nuovo lettore DVD, che subito dobbiamo passare al Blu-ray e all’alta definizione. Se da un lato è vero che nessuno ci obbliga a rimanere aggiornati, dall’altro è invece vero esattamente il contrario, perché la tecnolo-gia si evolve in tutti gli aspetti della nostra nuova vita e se non ci adattiamo saremo costretti a subire gli effetti negativi della selezione tecnologica, diventare subito “vecchi” e “soccombere”. Solo evolvendoci tecnologi-camente potremo far parte del mondo sempre più tecno-logico di domani… che ci piaccia o no!

Vivian TULLIO

SOMMARIO

• L’ EDITORIALE • ATTIVITA’ ASSOCIATIVE • CONCORSI • NOTIZIE VARIE • L’ANGOLO DEL PRINCI-

PIANTE • PARLIAMO DI . . . • PILLOLE • UN SOGGETTO PER TE • CONSIGLI TECNICI • LA VOCE DEI SOCI

Numero: 42 Edizione: MARZO - APRILE 2010

LE NUOVE FRONTIERE DELL’EVOLUZIONE UMANA

Sui banchi di scuola abbiamo sempre studiato che tutti gli esseri viventi, animali, vegetali, microrganismi, si sono evoluti a partire da un progenitore ancestrale se-condo le leggi Darwiniane, tra le quali primeggia la selezione naturale. Solo i più forti, i meglio adattati all’-ambiente riescono a sopravvivere e a trasmettere ai loro discendenti il patrimonio genetico adatto a perpetrare la specie. Gli organismi “deboli” o privi della capacità di sopravvivere alle condizioni ambientali del momento sono destinati a soccombere. E così per migliaia di anni molte specie sono scomparse, mentre altre si sono modi-ficate. Anche l’uomo si è evoluto e continua a evolversi. Riusciamo a sopravvivere grazie alla nostra adattabilità e al fatto che modifichiamo l’ambiente in cui viviamo a nostro piacimento per adattarlo alle nostre esigenze. Anche noi, quindi, sembreremmo costretti a seguire le regole della selezione naturale ambientale. Oggi però non è più così: la selezione nei termini del sopravvive il più forte da un punto di vista fisico non agisce più per-ché, grazie alla medicina, le persone vivono più a lungo, molte malattie convivono con noi, gli anziani godono di maggiore salute. Un altro tipo di selezione si sta ampia-mente diffondendo negli ultimi anni e oggi il più debole

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DIETRO LE QUINTE (di Carving competitivo) di Michele Dotto (Backstage, durata 16’ 30”) Michele Dotto e gli sci, ovvero la fortuna di potere far confluire due passioni in una e produrre video: sulla mon-tagna, ovvio. Questa volta sotto forma di backstage della fiction di Valerio Cibrario, Carving competitivo. Le due passioni sono emerse prepotenti, ma talvolta si sono anche pestate un po’ i piedi, e il risultato lo rivela. “Quando viene girato un video, dietro alle riprese che vengono mostrate c’è lavoro, pazienza e… buona volon-tà”, cita la sinossi che introduce il lavoro di Michele. In-fatti, nella prima parte si assiste ai vari tentativi degli scia-tori-attori di accontentare l’esigente regista Valerio ripe-tendo più e più volte le stesse frasi. Altro che buona vo-lontà! Dei santi. Oltretutto in condizioni atmosferiche avverse, dove il vento pretendeva virulentemente una sua parte, magari da protagonista. Un po’ si è patito anche noi spettatori, pur senza giungere alla beatificazione, che a-vremmo preferito tempi decisamente più brevi e più adatti al ritmo sostenuto e piacevole di un backstage. Molto più interessante la seconda parte, quella girata sui campi da sci, in quota. Qui Dotto molla il freno e si scate-na a riprendere discese spericolate e un po’ angoscianti per quelli come noi che, raramente, hanno visto sciare senza gambe o senza braccia. La cosa mi lascia personal-mente sempre sbigottita e ammirata. Poi è subentrato un senso di rispetto profondo per persone così speciali nel diventare normali volando veloci sulla neve. Ecco, forse mi sarebbe piaciuto sentirli esprimere le loro sensazioni, le loro esperienze, la loro umanità, la loro storia. Magari un’altra volta, perché no? DIVERSITA’ di Vito D’Ambrosio (Fiction, durata 13’) A Vito D’Ambrosio devo riconoscere molti meriti. Innan-zitutto, ha prodotto una delle poche fiction che si sono viste quest’anno al Concorso sociale; poi la sua è una fiction con tutti i crismi: un soggetto interessante con sor-presa finale, dei bravi attori, buone le riprese, una macchi-na di produzione che, a sentir lui, parrebbe essere alla portata di tutti noi Soci, con un po’ di fantasia e di buona volontà. Il risultato è davvero piacevole, a parer mio uno dei suoi migliori da quando lo conosco. Uniche pecche, che lui stesso ha esposto prima di dare a noi la soddisfa-zione di sottolinearle, qualche momento di recitazione “sopra le righe” e qualche occasione persa per tagliare un po’. Ma tutti peccati veniali. Il lavoro è compatto e ben orchestrato. C’è pure l’happy ending. Che si vuole di più? DOPPIA DIVERSITA’ di Renato Ballatore (Fiction, Durata 5’)

Giovedì 11 febbraio 2010

MASTERS OF WAR di Anacleto Carlucci (Documentario, 10’)

Ispirarsi alla bella canzone di Bob Dylan Masters of War, scritta nel 1963 e sempre tristemente attuale, è davvero una bella idea per tessere un corto in cui l’ordito-video bene può intrecciarsi alla trama-testo e raggiungere un alto livello di partecipazione emoti-va. “Venite padroni della guerra voi che costruite i grossi cannoni voi che vi nascondete dietro le scrivania voglio solo che sappiate che posso vedere attraverso le vostre maschere. Io penso che scoprirete quando la morte esigerà il pedaggio che tutti i soldi che avete accumulato non serviranno a ricomprarvi l'anima” Grande musica di un visionario itinerante, che ha sempre cercato di indagare oltre se stesso sfuggendo i facili incasellamenti. “Se i miei sogni-pensieri po-tessero essere visti/Probabilmente metterebbero la mia testa in una ghigliottina/Ma va tutto bene, ma, è la vita e la vita soltanto”. Dunque un’impresa non da poco, quella di Anacleto, che ha scelto di inserire, sovrapposto alle immagini e alla canzone originale, il testo recitato in italiano e tradotto da Fernanda Pivano. E’ molto difficile sfug-gire alla retorica e agli stereotipi, che Dylan stesso detestava. Le immagini scorrono veloci e drammatiche, ma a volte inutilmente ripetute e a parer mio non del tutto dedicate all’approfondimento del tema trattato, che non è solo la “guerra”, ma soprattutto “i padroni della guerra”, diversi in tutte i paesi e in tutti i tempi, ma sempre spinti dalla stessa avidità di potere e di guadagno, esseri vili e assassini. “Voi caricate le armi che altri dovranno sparare e poi vi sedete e guardate mentre il conto dei morti sale voi vi nascondete nei vostri palazzi mentre il sangue dei giovani scorre dai loro corpi e viene sepolto nel fango” Apprezzabile dunque il tentativo di Carlucci di reite-rare la denuncia alla violenza feroce dalla guerra, ma, con uno sforzo in più di interpretazione e di cre-atività, l’accusa avrebbe potuto essere ancor più inci-siva.

COSA ABBIAMO FATTO

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Intrigante il titolo, che da subito promette panorami suggestivi, specchiandosi in un se stesso allungato e deformato. Diviso in quattro parti, questo video di Renato, vuole mostrare le diverse “diversità” possibili, mi si perdoni l’inevi-tabile gioco di parole. Lui stesso nella sua sinossi spiega: “Esiste una diversità fisica, ma anche una diversità più profon-da che deriva dal nostro inconscio”. Seguono quattro brevi sequenze (il film dura 5’): nella prima, accanto ad un cassonetto, dei rifiuti subiscono una diversa fine. Nella seconda, su due panchine affiancate si svolgono due storie ben diverse, una di solitudine, l’altra di felice vita di coppia. La terza propone uno zapping frenetico in cui, come è logico, si mescolano attimi di arida e avida televisione commerciale a momenti, ormai rarissimi, di televisione del pensiero, di approfondimento e ricerca. E’ solo nella quarta parte che ritrovo il Renato a cui mi ero abituata, appassionato cultore del 3D, in cui ha riversato in passato molte idee originali e interessanti: un personaggio in primo piano osserva una piazza alle sue spalle alternativamente indos-sando o togliendosi una maschera, modificando così la sua personale interpretazione della realtà, che da oggettiva diventa metafisica. Davvero bello il lavoro sui quadri di De Chirico. Così, terminata la visione del filmato, mi girava in testa vorticosa la domanda: perché intitolarlo “Doppia diversità?” Mi pare che Renato abbia voluto affrontare le diversità tra uomini che coinvolgono sia l’agire che l’essere, anche se mi viene sponta-neo sollevare alcune obiezioni, prima tra tutte che la diversità nell’essere comporta il più delle volte quella nell’agire, o vice-versa, e che da questo punto di vista la diversità tornerebbe ad essere unica. Potrei poi anche azzardare che la “diversità” già di per sé presuppone un doppio, un secondo termine di paragone senza il quale essa stessa non esisterebbe. Meglio quindi vedrei espressa una “doppia diversità” in uno stesso individuo, ad esempio con handicap e magrebino. Ma allora perché non “tripla” o “quadrupla” diversità? Un portatore di handicap magrebino albino con cittadinanza eschimese? Ma a questo punto ho di sicuro fatto arrabbiare Renato. Mi scuso e me ne vado non prima di averlo ringraziato per l’opportunità che sempre ci offre di approfondire concetti non facili ma stimolanti.

Gabriella Vecchi Lunedì 15 febbraio 2010

La serata è stata dedicata alla proiezione e votazione dei filmati vincitori dei Premi Fedic Scuola e che concorrono al Fedic D’Oro Scuola. Sono stati proiettati i filmati realizzati dagli studenti di Scuole secondarie ma anche da Scuole elementari. Possiamo definirli quindi dei FILMMAKER IN ERBA, anche se abbiamo visto dei film che non hanno niente da invi-diare a quelli realizzati dai veri filmmaker. Molto bravi i ragazzi che hanno sempre la capacità di sorprenderci e quindi complimenti a tutti i partecipanti per le opere realizzate. Abbiamo visto 4 filmati: Alla ricerca della perfezio-ne (16’), una fiction della 2°C Secondaria di Taliercio di Carrara che affronta il difficile problema dell’anoressia-buliemia. Il tema è raccontato in modo delicato ma espone in modo chiaro le conseguenze di rapporti difficili con la famiglia, il seguire falsi esempi o falsi valori di una adolescente del mondo di ieri che si vede riflessa negli atteggia-menti di un’adolescente del mondo di oggi. La ragazza di ieri ce l’ha fatta a superare il suo disagio, ce la farà quella di oggi? Molto brava la protagonista che recita in modo molto naturale e convincente. Il secondo video, un’altra fiction, è Alla ricerca del leone perduto (4’30”) sempre di una classe 2° Secondaria di Grado di Boretto (Reggio Emilia). I ragazzi di una cittadina si accorgono che il simbolo della città, un leone, è scomparso dal suo piedistallo e lo cercano dappertutto per accorgersi che la sparizione era semplicemente dovuta alle necessità di restauro che la statua aveva. Senza nulla togliere all’impegno nella realizzazione, la vicenda del film non coinvolge lo spettatore che, alla fine, del filmato si aspettava qualcosa di più. Il terzo video, Il Banco (10’), di Vincenzo Beschi, Irene Tedeschi, un video sperimentale della Scuola Secondaria Rezzato (BS), è davvero molto accattivante, sia come idea che realizzazione. Il banco scolastico, ripreso di fronte su fondo nero, diventa il punto di riferimento di tutto quello che succede nella vita degli adolescenti. Ogni studente usa il banco come fonte di ispira-zione, come luogo per pensare, per studiare, per rilassarsi, ecc. Un ottimo lavoro, anche se il video avrebbe dovuto essere un po’ più corto. L’ultimo video finalista, Il treno (4’22”) della Scuola dell’Infanzia Alberti di Rezzato (BS), realizzato da Vincenzo Beschi è un piccolo gioiellino: un divertente video di animazione sulla storia di un drago trasformato dal mago in un treno che viaggia “allegro” e “sereno” con il suo classico pennacchio di fumo. Bravissi-mi i bambini nella colonna sonora e bravissimi nel fare le trasformazioni con la plastilina. Un video delizioso, un altro esempio di come i bambini siano pieni di fantasia e di delicatezza.

Vivian Tullio

Giovedì 4 marzo 2010

L’incontro è stato dedicato alla proiezione delle ultime 3 opere presentate dai Soci videomaker al Concorso 2009, con i relativi commenti e votazione. Il primo “corto” di Giuseppe Leto, intitolato Il destino tra le mani, è stato, a mio giudizio, scorrevole e intrigante

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per il suo finale a sorpresa e aperto a molte interpretazioni: il messaggio nella bottiglia è stato letto prima o dopo la pennichella? E’ tutto un sogno? Una parte è sogno e altra parte è realtà? Resta il mistero. Forse è proprio ciò che l’Autore voleva trasmettere. Scherzi a parte, molto bella la colonna sonora, l’espressione del viso dell’interprete; solo un appunto avrei da fare circa la voce un po’ metallica, veloce senza le dovute pause. Il secondo filmato presentato da Roberto Fico (un nuovo e gradito Socio) con il titolo L’uomo che vide la follia dell’uomo tratta un argomento molto triste, la II Guerra Mondiale, la vita nei lager nazisti vissuta dal padre dell’Au-tore e documentata mediante foto e disegni a corredo di un manoscritto (diario) del protagonista. Il tutto supportato da un commento, forse troppo dettagliato, che avrei preferito più dinamico. Questo racconto è stato introdotto da un altro filmato con contenuto estremamente diverso, quasi fantascientifico, con effetti alquanto discutibili, buona co-lonna sonora ma non coerente con l’opera che si voleva rappresentare. Comunque complessivamente bello e molto interessante. Complimenti! L’ultima opera proiettata, realizzata da Roberto Dana dal titolo misterioso Kalinka potrebbe, a mio avviso, essere inserita nel genere “comico”. Infatti, è stato sorprendente l’atteggiamento del pubblico che, dopo un primo momento di sorpresa, si è abbandonato a risate continue con espressioni di vero compiacimento. L’Autore ha voluto rappresentare, in forma quasi sperimentale, un’opera di un coro russo, Kalinka, utilizzando solo le espressioni del volto di un unico personaggio, in sei posizioni diverse, seguendo perfettamente il brano musicale. Complimenti per l’originalità, per il sincronismo tra colonna sonora e il movimento labiale del protagonista. Molto simpatiche e spiritose le varie espressioni del volto che senz’altro volevano trasmettere un momento di allegria. Ci è riuscito!!

Mariù Pesce

Giovedì 11 e 18 marzo 2010

Nelle due serate si sono svolte due lezioni sul tema dell’audio. Guidate e stimolate da Giorgio Sabbatini, le serate sono state molto apprezzate dai Soci, in particolare da coloro ai quali stanno a cuore gli argomenti più pragmatici di ordine tecnico, ma tutti hanno potuto confrontarsi con i diversi aspetti della gestione del sonoro: dai parametri tecni-ci fondamentali per realizzare un audio di qualità, ai principi di recitazione a cui la voce che accompagna le opere si deve ispirare, per arrivare anche all’impostazione “attoriale” nel caso in cui si tratti di interpretare delle vere e pro-prie “parti” di un copione. Le serate sono state “movimentate” da esercitazioni tipiche di un laboratorio tecnico durante le quali alcuni Soci hanno potuto direttamente sperimentare la lettura e l’interpretazione del commento di un documentario. In modo divertente, è stato possibile provare e dimostrare quanto la semplice lettura di un semplice brano sia in realtà tutt’al-tro che semplice (perdonate il bisticcio, voluto!) se si vuole conferire valore alle opere. Abbiamo potuto constatare, con l’evidenza della prova registrata, che una lettura orientata esclusivamente alla com-prensione del testo e senza quindi una adeguata “ricchezza interpretativa”, rischia – paradossalmente – di togliere piuttosto che aggiungere valore a un video. La piccola-grande lezione che personalmente ho tratto da questa breve, ma significativa sperimentazione, è facil-mente condensabile in una sola, ma efficace parola: ESAGERARE! Occorre immaginare di dover raccontare qualcosa a un bambino: per catalizzare la sua attenzione è necessario enfa-tizzare il racconto. “Cappuccetto rosso” letto come se fosse un bollettino ai naviganti, fatalmente, non “acchiappa” neanche il più “letterato” dei bambini! E’ necessario infondere al racconto tutta l’enfasi dell’azione e la sorpresa dei colpi di scena! Oppure, se dobbiamo accompagnare un documentario scientifico, sarà opportuno raccontarlo come se si trattasse della… “scoperta del secolo”, senza farsi prendere dal timore di passare per esagerato, appunto! Quan-do riascolteremo la registrazione, infatti, scopriremo che 9 volte su 10, per quanta enfasi avremo messo nella lettura, risulterà ancora insufficiente! Esagerare, esagerare senza eccezioni: perfino i difetti possono diventare un elemento di forza. Ma… attenzione: prima di cominciare a registrare, qualche piccola analisi sull’obiettivo che vogliamo perseguire va comunque fatta, ovviamente! Se il tenore del nostro messaggio è serio, dovremo mantenere un tono professionale, ma se l’obiettivo è ironico, potremo lasciarci andare con fantasia a tante e diverse interpretazioni. In alcuni casi, se si tratta per esempio di commentare una commedia dialettale, anche la nostra eventuale inflessione abituale potrebbe non essere un problema, anzi! Naturalmente, ci sono voci belle e meno belle, oppure più o meno adatte a un determinato contesto, ma in omaggio al principio universale per cui… “tutto è relativo”, esisteranno anche casi in cui perfino una voce non professionale

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potrà risultare adeguata allo scopo prefissato. L’importante, la vera sfida, sarà cercare di non creare situazioni di dissonanza estetica o semantica, in altre parole “strappi” o conflitti tra quanto trasmesso dalle immagini e quanto trasmesso dal commento, dal “suono” delle parole, dai dialoghi e dalle musiche…

Luigi Mezzacappa

Giovedì 25 marzo 2010

Nel corso di questa serata c’è stata l’inaugurazione ufficiale del nostro Laboratorio. All’inaugurazione sono state invitate le massime cariche della nostro Associazione nelle persone del Segretario Generale del Cedas Mario Dal-masso e la Presidente del Gruppo Culturale Sig.ra Maria Teresa Fissore, oltre alla rappresentanza di un gruppo di Consiglieri dello stabile che ci ospita. La serata si è svolta con la proiezione del video realizzato dai Soci Giuliano Iemmi e Luigi Mezzacappa in occasio-ne della serata del Concorso Cinevideo di fine anno. A questo è seguito un video a rappresentativo della produzione dei nostri Soci dal titolo Carnevale a Venezia. Si è colta questa occasione per presentare la sintesi ricavata dal Que-stionario che il Consiglio Direttivo aveva distribuito a tutti gli iscritti alla Sezione. Il questionario era stato prepara-to dal CD con la preziosa collaborazione del nostro Socio Valerio Cibrario che, dopo aver elaborato la sintesi, l’ha presentata alla Direzione e a tutti i Soci presenti. La sintesi viene allegata al presente Giornalino per portarla a conoscenza di coloro che non hanno potuto essere pre-senti. La serata è terminata con un simpatico rinfresco nel quale si sono scambiate opinioni e pareri sull’attività sinora svolta. Eccovi alcune foto a ricordo del piacevole incontro.

Gianfranco Pellachin

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La Redazione desidera ringraziare tutti coloro che con le loro mail e i loro commenti rinnovano ad ogni numero il loro apprezzamento per Il Giornalino del Filmmaker. Riportiamo alcune delle mail ricevute, le cui parole di sostegno ci spronano ad andare avanti con entusiasmo. Grazie infinite.

La Redazione

23 febbraio 2010 Cari Amici Soci, Simpatizzanti, Consulta Sarda Ci è pervenuto dal Consigliere Nazionale Giorgio Sabbatini il n° 41 de IL GIORNALINO DEL FILMMAKER e il suo SUPPLEMENTO, che meritano una attenta lettura in quanto in essi si può leggere l'atmosfera di vita e di atten-zione al cinema di due Cineclub prestigiosi pur in presenza di problemi che in questi tempi ci angustiano un po’ tutti. Vi suggeriamo quindi una buona lettura che potrà essere foriera di buoni "pensamenti" all'interno dei nostri clubs. Cordiali saluti Per il Cineclub Sassari Fedic

Nando Scanu *********************************************************

23 febbraio 2010 Caro Giorgio, grazie per questo ennesimo e gradito invio del Giornalino. Ho già provveduto a girarlo a tutti i nostri Soci ed ai Sim-patizzanti. Un abbraccio anche a Vivian

Roberto (Merlino – CC Corte Tripoli Cinematografica) ********************************************************

24 febbraio 2010 Carissimo Giorgio e carissimi tutti, l'altra sera parlando con i soci del Club raccontavo dell’esito (positivo e/o negativo) in occasione dei giorni trascorsi a gennaio a Montecatini. In riferimento al “Giornalino” cercavo di spiegare l’enorme e complesso lavoro che esiste per la compilazione del mensile. Mentre parlavo pensavo che era meglio avere tutte le slide per far veramente capire tutte le fasi. Apro la posta e cosa mi arriva…? il nuovo numero de “IL GIORNALINO….” e l’inaspettato supplemento sulla composizione, così tanto curata da Vivian, sul Giornalino... Mi avete letto nel pensiero. Ringrazio per l’iniziativa. Giovedì 4 marzo lo vedremo in sede. Per il momento ringrazio ancora e vi auguro una buona e felice continuazione. Un abbraccio a tutti, Pierantonio (Leidi – CC Bergamo) ********************************************************

24 febbraio 2010 Caro Giorgio, mi fa piacere ricevere il Giornalino, e sento dai soci che è un'ottima cosa. Come ti avevo accennato a Montecatini il giornalino è un'ottima iniziativa che ci permette di vedere cosa organizza il vostro Circolo (c'è sempre da imparare). Cordiali saluti Nicolò Zaccarini (CC Savonese Cineamatori)

RINGRAZIAMENTI

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Si riporta la classifica generale dei video presentati al pubblico nell’anno 2010

La Classifica aggiornata al 1 aprile 2010:

Piero Baloire

Legenda: DOC=documentario; FIC= fiction;SPE=sperimentale; BAC=backstage

TOP FIVE

MAURITANIA: SULLE TRACCE DELLE ANTICHE Baloire DOC 7,41

insuperABILI Dell'Erba-Spennacchio FIC 7,13

LA MIA SICILIA Leto DOC 6,83 DIVERSITA' D'Ambrosio FIC 6,82 CESCO E LE PIETRE SCURE Pelachin FIC 6,81 L'ALTRA NAPOLI Savio DOC 6,79 METAMORFOSI Leto DOC 6,73 IL MIO TESTAMENTO Mezzacappa DOC 6,71 CARVING COMPETITIVO Cibrario FIC 6,68 MONDI A CONTRASTO Savio DOC 6,65 LE STELLE DI ANTONELLA Vecchi FIC 6,63 FAMMI SOGNARE Mezzacappa DOC 6,50 METEMPSICOSI Fassio-Gavazza FIC 6,44 CESCO E LE PIETRE SCURE Iemmi BAC 6,33 IN GITA ALLA JUNGFRAU Dana DOC 6,10 ELOGIO DELLE MACCHINE Ballatore SPE 6,10 UN VIAGGIO NELLE DIFFERENZE Mezzacappa SPE 5,90 COLORI DI NATALE Leto DOC 5,63 DIETRO LE QUINTE ( di Carving competitivo) Dotto BAC 5,43 IL RAGAZZO E GLI UCCELLI Malengo FIC 5,42 CINA Genova DOC 5,41 DOPPIA DIVERSITA' Ballatore FIC 5,04 TEMPO ! DIVERSITA' E IMPIEGO Squarcio DOC 4,90 W GLI SPOSI Vecchi SPE 4,78 MASTER OF THE WAR Carlucci DOC 4,79 CINEMA SHOW Chiavegatti DOC 4,68 AL RODEO Cerruti DOC 4,55 CAMPIONI SI NASCE Chiavegatti FIC 3,59

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Giovedì 1 aprile 2010 OPERE DEI SOCI. I film, votati dal pubblico presente in sala, entreranno nella classifica della nuova TOP FIVE 2010. Seguirà dibattito.

Giovedì 8 aprile 2010

SCAMBI TRA CINECLUB: incontro con l’associazione KINOKININO. Sarà proiettato il video di Brunella Audello e Vittorio Dabbene dal titolo: Sospetti (2008). Seguirà dibattito alla presenza degli Autori.

Giovedì 15 aprile 2010 INTRODUZIONE ALL’ALTA DEFINIZIONE

Serata tecnica condotta da Valerio Cibrario: tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete mai osato chiedere sull’alta definizione

Giovedì 22 aprile 2010 SCAMBI TRA CINECLUB: incontro con l’associazione MOVIE DICK di Milano. Ci siamo dimenticati della pelli-cola? Ci siamo dimenticati del caratteristico rumore della pellicola attraverso l’otturatore? Per riprovare queste “emozioni” la serata, condotta da Giovanni Crocè, Presidente del CC Movie Dick, sarà interamente dedicata al super8. Saranno proiettati alcuni filmati, trailer, animazioni di particolare interesse non reperibili in supporto digitale.

Giovedì 29 aprile 2010 SERATA A SORPRESA

Vivian Tulllio

Buona Pasqua dal CONSIGLIO DIRETTIVO

e REDAZIONE

COSA FAREMO

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XIII MESTRE FILM FESTIVAL 12-16 ottobre 2010 Mestre (Venezia). Iscrizione gratuita. Sezioni: SHORT STORIES. Documentari, fiction, ecc. durata massima 20’ VIDEOFORKIDS. Video realizzati da Under 18, durata massima 15’ VDEOCLIP. Durata massima 5’ CORTI&WEB Cortometraggi della durata massima di 5’ Scadenza 4 giugno 2010 Per informazioni e bando: www.centroculturalecandiani.it; www.shortinvenice.net 8° STAGE NAZIONALE FEDIC di FORMAZIONE ed APPROFONDIMENTO “La Fotografia Cinematografica e Televisiva” 2-6 settembre a Cascina (Pisa), condotto dai direttori della fotografia Marco Incagnoli, Maurizio Gianandrea e Pino Quini. Costo e condizioni: 270 euro comprensivi di alloggio e pasti, extra esclusi, dalla cena del giovedì, fino al pranzo del lunedì compreso. Backstage: L’esperienza laboratoriale sarà ripresa e documentata in un “backstage” che verrà diffuso il più possibile, oltre ad es-sere regalato ai partecipanti. Per informazioni: Corte Tripoli Cinematografica, Via del Tondo 6, 56125 Pisa c/o Roberto Merlino 328-7275895 VI LAGO FILMFESTIVAL 23-31 luglio 2010 Revine Lago (Treviso) Iscrizione gratuita Concorso per Cortometraggi, Documentari e Sceneggiature Scadenza 15 aprile 2010 Per informazioni e bando: www.lagofest.org I° FILMFESTIVAL SUL PAESAGGIO Metà luglio 2010 Parco delle Madonne Iscrizione gratuita Concorso per video sul tema del Paesaggio (durata max 30’) e sul Volto come paesaggio (durata massima 15’) Scadenza 15 maggio 2010 Per informazioni e bando: www.madonie.info 10°CORTO FICTION CONCORSO NAZIONALE Chianciano Terme 3 – 4 Settembre “Premio Fedic D’Oro” e Fedic Scuola Temi: Libero, Comico, Sociale Due facoltativi: “Anima, Spirito Dio” “ E io…danzo la vita” Premio Fellini-Chianciano Partecipazione gratuita. Scadenza 31 maggio Bando e scheda: www.cortofiction.it - [email protected]

Vivian Tullio

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CONTROLLARE IL COMPUTER CON LA MENTE

Da anni, o forse addirittura decenni, durante le varie fasi che hanno portato alla creazione di interfacce di controllo sempre più intuitive, passando dai classici comandi Dos o Unix sue finestre, icone e mouse, si fantastica su come sa-ranno questi sistemi nel futuro a venire. In molti sottolineano che il prossimo grande progresso nel mondo informatico sarà fatto dal punto di vista del controllo del Pc più che da quello relativo all’hardware tradizionale, con sistemi di riconoscimento vocale o tattile (multi touch in primis) oppure con modelli di controllo al limite della “fantascienza”, come quelli mentali. L’interfaccia neurale, uno degli strumenti che sembrava avere meno possibilità rispetto agli altri di raggiungere una reale disponibilità è, invece, stata progettata e costruita da una società che solitamente si occupa di ben altro, OCZ Technology, ed e già disponibile sul mercato. II produttore di memorie ha, infatti, presentato il prodotto che vedete qui ritratto: Il NIA (Neural Impulse Actuator), o attuatore di impulsi neuronali. L’apparecchio si compone di due diversi dispositivi, una base grande quanto un pac-chetto di sigarette da collegare al Pc via Usb e una fascia da indossare sulla fronte, connessa attraverso un cavo pro-prietario alla logica di controllo appena accennata. II funzionamento è molto particolare e, dobbiamo sottolinearlo, richiede un lungo periodo di apprendistato. Dopo il primo collegamento il software si preoccupa di calibrare le onde cerebrali con il sistema, fase alla quale segue un periodo di test. Un dispositivo si occupa di registrare, attraverso i tre sensori posti sulla fronte dell’utente, l’andamento delle onde cerebrali alfa, beta e dei micromovimenti muscolari. II funzionamento del dispositivo non è però immediato come si potrebbe sperare; non basta, infatti, pensare a un’azione affinché il nostro computer la esegua. Il procedimento prevede una configurazione del comandi certosina, adatta so-prattutto ai videogiochi. Il NIA integra alcuni profili calibrati per i giochi più diffusi ma, per ottenere un buon control-lo, è necessario procedere a una configurazione manuale. Nella pratica è necessario configurare il NIA come se fosse un joypad: a ogni bottone assegniamo un corrispettivo tasto sulla tastiera. Con il NIA possiamo assegnare ad ogni configurazione di onde cerebrali (intesa come il superamento di una soglia di un’onda) la pressione di un tasto. Sem-plificando possiamo dire che è necessario pensare alla pressione di un tasto o a un’azione, registrarne le onde cerebra-li corrispondenti e associarle a un tasto. Il NIA in funzione, registrando tale configurazione cerebrale, compirà l’azio-

ne preimpostata. Il funzionamento non è ne semplice ne’ immediato e, soprattutto inizialmen-te, sembra impossibile che funzioni davvero. Dopo qualche settimana di utilizzo le cose diven-tano pin semplici, tanto che è possibile (in base alla persona) giocare a titoli frenetici come Unreal Tournament 3 senza sfiorare la tastiera. Il NIA è di conseguenza un interessantissimo progetto di sviluppo per le interfacce del futuro e un fantastico esercizio di progettazione e ingegnerizzazione. Il suo unico difetto è che, per il momento, non è in grado di adattarsi alla persona che lo indossa risultando il più naturale possibile. Sono purtroppo gli utenti a doversi sforzare molto per raggiungere (a stento) risultati molto semplici da ottenere con mouse e ta-stiera.

Letture delle onde neuronali nel sw di controllo del NIA Liberamente tratto da PC Professionale, Settembre 2009 SKINPUT: NIENTE PIÙ SCHERMI, DISPLAY NÈ TASTIERE E MOUSE. SARÀ TUTTO SULLA NO-STRA PELLE

La tecnologia si sta specializzando sull’eliminazione delle periferiche, sull’integrazio-ne e sulla riduzione delle dimensioni, per evitare sprechi di spazio e di tempo. La tec-nologia del momento è, sicuramente, il touch-screen. Ha eliminato i tasti sul cellulare ed è, recentemente, sbarcato anche nell’informatica con l’iPad di Apple; probabilmente nel corso dei mesi, comincerà anche a “far fuori” mouse e tastiera. Tuttavia, già si pensa al futuro, ad una tecnologia ancor più avanzata e futura del touch-screen. Si chiama “SkinPut”, ed è un particolarissimo prototipo che permette, proiettando (attraverso un minuscolo proiettore collegabile al braccio, come se fosse uno scalda-muscolo) immagini, menù ecc. sulla propria pelle. Inoltre, permette di eliminare sia monitor e schermi che periferiche di input quali tastiere mouse e puntatori. Grazie a SkinPut, infatti, il monitor, la periferica di visualizzazio-ne, diventa la nostra stessa pelle e sarà la stessa pelle a funzionare da tastiera. Integrato nel proiettore, infatti, c’è un sofisticato e minuscolo microfono, che interpreterà il suono che produce la mano umana quando “tocca” la pelle, ed in base al suono, capirà quale posizione del braccio o della mano è stata sfiorata, e quindi quale opzione del menù.

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Tratto da http://www.tecnomagazine.it/

La TV sta cambiando, come anche il cinema ed i videogames, su questa onda creata dal film Avatar (ma in realtà già in cantiere dai produttori di TV); ecco che già da metà marzo (per ora sembra solo in suolo statunitense) arriveranno le TV con supporto per i contenuti 3D. Questo vuol dire che potremo vedere i programmi creati apposta per i supporti in tre dimensioni anche a casa, grazie alla Tv ed agli occhiali che dovremo avere in dotazione. Come era logico aspet-tarsi l’arrivo delle Tv con questa particolare tecnologia farà levitare il prezzo anche del 20% in più (almeno in questo start up), ma che potrebbe essere ripagato dalla spettacolarità della visione. Il primo modello dovrebbe essere proprio di Samsung (in generale abbiamo visto questa tecnologia già al passato CES di Las Vegas), e già siti come Amazon e Best Buy stanno accettando le prenotazioni per i prodotti in 3D che assicurano arriveranno per metà marzo. Dal lato contenuti dovremo ancora aspettare un pochino perché supporti con programmi in 3D non arriveranno prima di questa estate, mentre per quanto riguarda le Tv satellitari, tutte hanno in programma canali appositamente studiati per questa nuova tecnologia, ma ancora non è dato sapere quando verranno implementati e quindi mandati in onda. Tratto da http://news.tecnozoom.it/

APOLLO 11, RECUPERATO VIDEO SMARRITO A 40 anni dallo sbarco dell’uomo sulla Luna, la Nasa potrebbe essere in grado di riproporre le ormai storiche immagi-

ni della passeggiata di Neil Armstrong con una nitidezza fino ad oggi inimmaginabile. Stando a quanto apparso sulle pagine del sito inglese The Sunday Express, infatti, l’agenzia spaziale statu-nitense avrebbe recuperato i nastri originali “smarriti” poco dopo la missione. La notizia, che vorremo sottolineare poter essere una clamorosa bufala, potrà esser confermata soltanto fra qual-che settimana, quando, a detta del tabloid, la Nasa mostrerà al grande pubblico le “spettacolari immagini”. Il video, anticipa il quotidiano on-line, permetterà di comprendere una volta per tutte cosa accadde esattamente quel lontano 20 luglio del 1969. In tanti, infatti, sostengono ancora oggi che la missione dell’Apollo 11 sia stata soltanto una montatura, una frode ai danni dell’intera umanità, inscenata dal governo americano con il solo obiettivo di poter imporre la propria supre-mazia nell’esplorazione spaziale. Stando a quanto riferito dal The Sunday Express, evidentemente ben informato, le immagini recu-perate sarebbero nitidissime e prive di qualsiasi imperfezione: all’epoca l’umanità poté vedere

tuttavia una versione estremamente compressa delle stesse. La diretta dello sbarco sulla Luna fu infatti trasmessa in bassissima qualità a causa dei numerosi processi di conversione analogica, necessari per adattare il segnale fuori stan-dard della telecamera miniaturizzata presente sul modulo lunare agli standard televisivi statunitensi e, da lì, a quelli del resto del mondo. Purtroppo i nastri sui quali fu registrato il segnale originale, inviato dal modulo lunare al radiotelescopio di Honeysu-ckle Creek, in Australia, vennero smarriti (alcuni sostengono siano stati semplicemente archiviati male). Di recente un’equipe di scienziati è incappato in uno scatolone all’interno del quale si sarebbero dovute trovare semplici infor-mazioni telemetriche della missione Apollo 11. Al suo interno, invece, vi erano dei nastri video: quelli andati perduti nel 1969. Verità o semplice bufala? Per scoprirlo non ci resta che attendere qualche giorno. Tratto da http://www.giornaletecnologico.it/

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Oggi sono contento. Sì, perché un principiante mi ha scritto. Veramente non è proprio esattamente così, ma è come se lo fosse. Abbiamo discusso su un suo video, su alcuni suoi presunti “errori”, io gli ho inviato molte mail alle qua-li egli ha gentilmente ed amabilmente risposto, tanto che di comune accordo abbiamo pensato di portare questa sua esperienza a conoscenza di tutti. Il tema verte principalmente sul “valore” delle riprese e della loro rispondenza, diciamo così, a dettami tecnici ed espressivi minimi. Come ogni bravo principiante che si rispetti e che ha, diligentemente, seguito i corsi base, le prime nozioni faticosa-mente assorbite dalla mente riguardano le riprese. D’altra parte, non si può neppure negare che una componente attrattiva per l’amatore sia il giocattolo, cioè la videocamera e il suo uso e, perciò, le riprese, le modalità, le techni-calities ad esse legate (messa a fuoco, esposizione, inquadratura, stabilità, l’uso dello zoom, il controllo della tempe-ratura di colore e della compensazione del bianco, ecc.). Invece, il nostro amico amatore, che chiameremo per co-modità Carlo (ovviamente non è il suo nome vero), non è propriamente particolarmente attratto dalla “cosa”. Addi-rittura, direi che non pare preoccuparsi delle technicalities, e dei cosiddetti principi fondanti il linguaggio filmico o le regole di ripresa ed inquadratura; è, al contrario, molto più attento alle idee, al contenuto, al significato che vuole esprimere. Giustissimo, direte voi. Condivido, dico io. Ma… c’è un ma. Vediamo di chiarire. Un video è solitamente composto dalle immagini, dall’audio, musica e voce, cioè parole, e suoni. Il tutto ovviamente deve essere funzionalmente mixato in modo che rappresenti e racconti allo spettatore ciò che l’autore vuole esprimere. Carlo costruisce il suo video sul commento voce, cioè sul testo di cui è superbo elabo-ratore, e sulla musica, per creare la giusta atmosfera anch’essa funzionale al commento, associando ad essi le imma-gini (“girate” da lui o reperite da varie fonti, non importa). Non sempre, però, questa “tecnica” funziona. Da più parti, specialmente dai puristi della tecnica, sono piovute os-servazioni critiche sui suoi filmati realizzati in questo modo. E allora dai, dalli al povero neo-amatore con la presun-zione di definirsi “videomaker” a tutto tondo: e così, si è aperto un processo che più o meno si è sviluppato sullo scambio di considerazioni dei puristi (P) e controdeduzioni di Carlo (C), di cui riporto di sotto una sintesi: P: Eh, forse le immagini non ci azzeccano con il testo! E’ consigliabile maggiore semplicità espressiva … ma come hai fatto a far muovere così tanto la videocamera!? Zoomate senza senso o movimenti di macchina dove non si capisce cosa si voglia riprendere esattamente… C: Non crediate che non me ne sia reso conto! Ma attenzione: dicendo che lo so, non cerco attenuanti, anzi! Sto dicendo che sapevo che stavo facendo degli errori! Chiedete a mia moglie e ai nostri due "poveri" amici (che ormai mi guardavano con occhi eloquenti della serie: "Hai finito di rompere?") quante volte ho ripetuto durante il viaggio: "Sto facendo riprese del cavolo, chissà se ne viene fuori qualcosa...". Giuro! Ma di quanto facessero DAVVERO schifo, ne ho avuto la misura solo quando le ho montate! Sapete cosa vuol dire questo? Non tanto inettitudine (perdonate la presunzione!) ma inesperienza! Dentro di me ho pensato "Va beh!, dai, qualcosa verrà fuori comunque" e, per inesperienza, non sapevo che INVECE NON SAREBBE STATO COSI’! Se avessi avuto esperienza, non sarei stato così sufficiente e superficiale! Se avessi saputo, prima di tutto mi sarei portato almeno il "monopiede", e poi mi sarei preso più tempo, me ne sarei fregato dei compagni di viaggio che mi insultavano perché ero sempre indietro, non avrei cercato di "riprendere tutto" con una sola sequenza per non perdere il tempo dello "stop&go" della videoecamera, pensando di poter prendere in fase di montaggio solo quello che mi sarebbe servito! Sì, è vero, ma in montaggio poi ho trovato solo riprese con mano tremante per la frenesia di "riprendere tutto e più in fretta possibile". Sono stato fermo 4, 5 e anche 6 secondi sulle immagini che più mi interessavano, ma poi alla fine è risultato difficile disgiungere i movimenti e gli "zoom di aggiusta-mento" dall'inquadratura effettiva oppure fermare le immagini sui dettagli significativi. Ciò è dipeso anche mol-tissimo dal fatto che quando sono partito non sapevo ancora cosa avrei raccontato, ma è dipeso, soprattutto, dal-la inesperienza, dal fatto di non conoscere qual è il giusto approccio psicologico perché non avevo ancora visto un "giro completo" di "reportage" (quelli fatti prima dell'anno scorso lasciamoli perdere, va'!). D'accordo che non sapevo cosa avrei trovato e quindi cosa avrei raccontato, ma l'errore più grosso è stato quello di non essere... un "videomaker convinto"!!!! Avete capito cosa voglio dire? Questo è stato l'errore più grosso: l'approccio psicologico causato dal fatto di non avere ancora mai visto l'"effetto che fa"! E' chiaro? Ditelo a tutti i neofiti che vengono ai vostri corsi! Siamo lì che dibattiamo quale caratteristica sia più utile per "fare" un buon videomaker: la tecnica, il contenuto e la conoscenza del linguaggio... E invece no! Non bastano ancora, ci va una quarta caratteristica: la stoffa!!! Non è che ci devi nascere per forza (dipende sempre da dove vuoi arri-

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vare), ma acquisirla non è cosa banale. Ci va tempo, esercizio e applicazione! In una parola? ESPERIENZA! Parole sante! Anche se ciò che Carlo definisce “stoffa” io definirei invece… talento. Quel “certo non so che” che differenzia le persone e che rende alcuni grandi e altri normali, o addirittura mediocri. Forse è la capacità di qualcu-no di saper interpretare, dopo aver recepito e assimilato la cosiddetta tecnica nel suo significato globale, l’attesa dei critici, del pubblico. Cioè, in coerenza con l’ambito culturale del momento, è la capacità di saper esprimere la pro-pria visione in modo innovativo, accattivante, per attirare l’attenzione su temi che spesso, ancorché banali, sfuggo-no. Però, secondo me, una considerazione è incontrovertibile: anche i talentuosi sul piano dell’espressività devono tutta-via imparare la tecnica, ma solo con lo scopo di valorizzare al massimo il loro talento. Troppe riprese sfocate, ec-cessivamente “ballerine”, zoomate inutili e ripetitive, movimenti di macchina palesemente errati possono dar fasti-dio “ottico” allo spettatore, e distoglierlo da un significato espressivo profondo e di grande valenza. Non credo sia necessario far “grandi cose”, riprese stupende di grande effetto, sonoro esaltante, parole roboanti, ecc. ecc. A volte la semplicità è più efficace, se l’idea è buona. Per esempio, sono sempre stato estimatore di Jacques Tati: ha realizzato pochi film, la cui maggioranza ha vinto però premi significativi. Eppure, erano film semplici nella sostanza, ma arguti, garbatamente ironici e comici. Erano praticamente privi di dialoghi e con una colonna sonora essenziale e la tecnica applicata, a confronto con le più “tecnologiche” pellicole americane di quell’epoca, era minima. Ma i messaggi, ripeto, semplici ed ironici, erano tuttavia chiari ed efficaci. Questo, ovviamente, è un mio punto di vista. Sarebbe tuttavia interessante leggere commenti ed altre opinioni. Per-ché non scrivere in redazione? Fate come Carlo: esprimete il vostro punto di vista. E’ un modo per crescere tutti insieme, per condividere idee e valori culturali, scopo primario della nostra associazione.

Giuliano Iemmi

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LA BOLEX PAILLARD H8 REFLEX

La H8 Reflex della Bolex Paillard descritta nel numero scorso de Il Giornalino del Filmmaker deriva dalla Bo-lex H8. Quest'ultima differiva non poco dalla neonata sorella la quale era identica in tutto e per tutto alla superba e professionale H16 R, salvo nel formato della pellicola. Di differente la H8 aveva il mirino riportato che, pur essendo dotato di un ottimo correttore del parallasse e di un dispositivo che ti permetteva di modificarne la sua focale per adattarla all'obiettivo in uso, durante la ripresa non aveva la possibilità della messa a fuoco diretta. L'operazione era possibile ruotando la torretta, solo così si poteva portare l'obiettivo in questione a collimare con il reflex supplementare. Questo dispositivo, un prisma inserito nella macchina, ti permetteva, attraverso un ocu-lare collegato, di poter inquadrare la scena, mettere a fuoco il soggetto e regolare il diaframma dell'obiettivo in questione che, ovviamente, ruotando poi in senso contrario la torretta, veniva riportato nella posizione di lavoro. Dico questo perché si era scoperto che chiudendo o aprendo il diaframma fino a fare comparire la grana della smerigliatura del prisma nell'oculare del mirino supplementare, si aveva la perfetta regolazione della chiusura del diaframma, tanto che noi (Bertino ed io) ben presto lasciammo da parte l'esposimetro fino a quando non pas-sammo alla Reflex; infatti, scoprimmo a nostre spese che il prisma della H8 reflex, ben fissato alle spalle dell'o-biettivo, permetteva sì di vedere la ripresa in modo diretto, ma sottraeva una parte di luce alla pellicola cosicché la prima bobina la riempimmo di immagini sotto esposte con grande nocumento al morale e al portafoglio, ma fu per poco perché punti sul vivo ci dedicammo alla ricerca, finanziandola con un importo pari al costo di una Ko-dachrome II che allora ammontava a 1500 lire, sviluppo compreso. Sì, la spesa non costituiva un problema fi-nanziario insormontabile ma era pur sempre un casus belli in famiglia: si deve tenere in conto che mille e cin-quecento lire di allora erano l'equivalente di circa sei ore di lavoro di un operaio medio. Dedicammo un pome-riggio a fare prove con diaframmi e otturatore variabile, poi, dopo una settimana di attesa spasmodica (tanto ci metteva la Kodak di Milano a ritornarti la pellicola sviluppata), passando la bobina alla moviola, constatammo che bastava aprire il diaframma di un valore in più di quello segnato quando compariva la grana del vetro. Ad ogni buon conto per qualche tempo, giusto per rassicurarci, ci portammo dietro il nostro bravo Lunasix che mi-surava anche la luce della luna, cosa che non serviva “na gota” al cineamatore però riempiva la bocca. Ma è giunto il tempo di tornare a dedicare la nostra attenzione alla pur sempre gloriosa H8. Tra i tanti pregi che posse-deva qualche carenza faceva capolino. Non era dotata di otturatore variabile. Ciò voleva dire niente dissolvenze di qualunque tipo. Questa carenza, tipica di tutte le cineprese, fu considerata una iattura dai cineamatori dell'epo-ca. Si pensi che per venire incontro a questa manchevolezza una ditta del settore, non ricordo più quale, mise in commercio delle striscioline adesive da applicare sulla pellicola e con queste, secondo la ditta in questione, si sarebbero ottenute delle impeccabili dissolvenze di vario tipo. Noi e, quando dico noi, alludo agli azionisti del-l'attuale “Geriatries Film”, abboccammo come cavedani. Pieni di speranza spedimmo le quindici lire richieste e ricevemmo una busta contenente le striscioline adesive. Religiosamente le portammo alla luce e decidemmo di sacrificarne una “per vedere l'effetto che fa.” Se qualcuno desidera sapere come andò a finire riporti alla luce, dal suo vecchio archivio, uno spezzone di pellicola 8 mm e provi ad incollarci sopra una strisciolina di scotch larga come la pellicola stessa, esclusa la perforazione e di lunghezza pari a una ventina di fotogrammi. Se riesce a tenere duro un paio d'ore avrà la percezione esatta della frustrazione depressiva che ci invase dopo l'insuccesso. Buttammo il tutto nella “rumenta” e indirizzammo altrove le nostre ricerche. Dieci giorni dopo Bertino piombò a casa mia con una pellicola in mano:- Prendi la moviola e stupisci.- Mi disse. Eseguii senza discutere e davanti ai miei occhi sorpresi, lo schermo mise in mostra dissolvenze a iosa: in apertura, in chiusura e addirittura incrocia-te. Due dita della mano, erano bastate due dita, indice e medio, da aprirsi o chiudersi davanti all'obiettivo. Grazie alla retromarcia ed al contafotogrammi pure le incrociate! Grande, imperturbabile, insostituibile Bertino!

Piero “Pedro” Fassio

DALLA CINEPRESA ALLA TELECAMERA cavalcata attraverso 50 anni della nostra vita

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LIBERTA’ DI PENSIERO Tempo di cinema? Non ovunque, purtroppo. Sembra proprio che l’uomo sia ancora molto distante da un tempo di libertà di pensiero e di espressione, se mai ve ne sarà uno. In un Iran pressoché in guerra civile da mesi, lunedì 1° marzo 2010 è stato arrestato il regista Jafar Panahi, per-ché artista impegnato in tematiche di giustizia sociale e voce dell’opposizione al regime di Ahmadinejad. Panahi era già stato arrestato, insieme alla moglie e alla figlia, il 30 luglio dell’anno scorso mentre stavano partecipando a una commemorazione in onore di Neda Aqa-Soltan, la giovane uccisa durante le manifestazioni contro i risul-tati delle elezioni di giugno. In quel caso, poche ore dopo erano stati tutti rilasciati, ma al regista era stato proibi-to di essere presente, con il rifiuto del visto, sia al festival cinematografico di Mumbai, in ottobre, che a quello di Berlino, il mese scorso. Di quali gravi colpe si è dunque macchiato Jafar Panahi?

• 1995. Il palloncino bianco, suo primo lungometraggio, sceneggiato da Abbas Kiarostami (Il sapore della ciliegia, Dov’è la casa del mio amico, Sotto gli ulivi) vince la Caméra d’or al festival di Cannes.

• 1997 Lo specchio gli vale il Pardo d’oro a Locarno.

• 2000 Il cerchio viene premiato a Venezia con il Leone d’oro.

• 2003 Oro rosso il suo quarto film, ancora sceneggiato da Kiarostami, vince nuovamente un premio a Cannes, quello della giuria nella sezione Un certain regard. Viene proibito in patria.

Non sono film che si son visti girare sovente nelle sale, i suoi, ma varrebbe la pena di rivederli, o vederli tutti, perché, a confronto con colossi che impiegano star internazionali e tecnologie avanzatissime, ci ricordano che per fare del buon cinema, anche con pochi mezzi, occorre soprattutto avere qualcosa di autentico da dire e dirlo con intelligenza, sensibilità e profonda onestà. Cose tutte di cui oggi abbiamo particolarmente bisogno. I temi principali di Panahi sono legati al mondo infantile e a quello femminile, nei quali ci possiamo addentrare accompagnati dallo sguardo distaccato del regista che non si sforza di dimostrare nulla, che non cerca la facile emozione o i colpi di scena, ma che semplicemente mostra gli accadimenti quotidiani di gente comune alle prese con problemi apparentemente banali, e che indagati dal “di dentro”e con delicatezza, possono assurgere a livello di esemplificazione esistenziale. Sono storie di bimbi alle prese con un mondo di adulti distanti e distratti, a loro volta alle prese con una realtà difficile di condizionamenti e di stili sociali che pervadono la vita del singolo. Sono storie di donne che, in pochi tratti, rivelano la condizione femminile soffocata nella vita di un paese che regola il suo funzionamento, in modo capillare, secondo norme, leggi, abitudini legate ad un sistema teocratico islamico. Una condizione che avevamo già imparato a conoscere in letteratura grazie allo splendido romanzo autobiografi-co Leggere Lolita a Teheran della scrittrice Azar Nafisi, ambientato in Iran due decenni dopo la rivoluzione di Khomeini. Non sono affatto film politici quelli di Panahi, nel significato che generalmente si attribuisce al genere, ma sono indubbiamente film “temibili e pericolosi” perché hanno la capacità di dire cose che sommuovono le coscienze, che sconvolgono gli schemi sedimentati dalla rigida applicazione di una certa legge islamica, che parlano del-l’uomo all’uomo in termini diretti e terribilmente veri. Sarebbe dunque un altro crimine nei confronti di questo regista, oggi ancora in mano ai suoi carcerieri e di cui non si hanno più notizie, passare sotto silenzio la sua opera appassionata. Grazie a lui abbiamo un’occasione di riflettere ancora una volta sul cinema come specchio della vita e della realtà, e sull’arte in genere come specchio che, come auspicava Brecht, non si limiti a riflettere la realtà, ma le faccia da mantello per darle forma. Una migliore, si spera.

Gabriella Vecchi

TEMPO DI CINEMA

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IL MIXAGE E L’EQUALIZZAZIONE (prima parte)

Dopo avere appreso le nozioni principali sulle caratteristiche del suono, sui principi fondamentali della registrazio-ne audio e sull’utilizzo dei microfoni, si pone il problema di come costruire la nostra colonna sonora per ottenere una qualità professionale. Se analizziamo una colonna sonora professionale, tratta da un comune film, ci accorgiamo subito che è composta da un insieme di suoni che ricostruiscono il panorama sonoro dell’ambiente nel quale si svolge il racconto filmico. A questo punto dobbiamo considerare due tipi di colonne sonore che sono realizzate in modo differente ma che, in entrambi i casi, necessiteranno sempre di un’equalizzazione ed un mixage finale per ottenere un’alta qualità. Mi rife-risco a quei film nei quali la colonna sonora viene realizzata con la ripresa diretta dell’audio e a quelle opere che, invece, avranno una colonna sonora costruita con un appropriato doppiaggio nella fase di post-produzione. Un lavo-ro molto professionale e costoso, che coinvolge un certo numero di “addetti ai lavori” che dovranno essere coordi-nati ed istruiti da un valido Direttore del doppiaggio. Iniziamo a prendere in considerazione un’opera che è stata realizzata con la ripresa in diretta dell’audio. Questa scelta di costruire parte della colonna sonora, durante le riprese, potrebbe sembrare di facile realizzazione poiché evita il doppiaggio e, quindi, la capacità di trovare attori in grado di doppiarsi, oppure, la non semplice ricerca di validi doppiatori che costituiscono, comunque, un aumento considerevole delle spese di produzione. In realtà, la ripresa diretta dell’audio è una delle tecniche più complesse e difficili, poiché per raggiungere un’otti-ma qualità sonora occorrono attrezzature professionali e una profonda conoscenza della registrazione audio. Tuttavia, con alcuni accorgimenti tecnici, con prove di registrazione e tanta pazienza si possono ottenere buoni risul-tati anche con apparecchiature più modeste. Analizziamo questo processo di acquisizione dell’audio in diretta cer-cando di comprendere i problemi maggiori che possano verificarsi e come affrontarli per essere in grado di risolver-li. Ogni ambiente possiede un suo “rumore di fondo” che non possiamo sottovalutare e che dobbiamo prendere in con-siderazione per cercare di avere una registrazione omogenea sia delle voci che degli eventuali rumori. Per prima cosa provvederemo sempre ad una registrazione del “rumore di fondo” che l’ambiente possiede, per una durata di 40” o 50”, poiché, in fase di post-produzione, potrebbe servirci per provvedere a costruire quelle parti di background sonoro contenenti rumori indesiderati o parti sonore disturbate da eventuali ronzii dovuti a collegamenti difettosi con i microfoni. Se le nostre riprese avvengono in esterni e per nostra sfortuna è una giornata di vento, abbiamo un problema abba-stanza serio da risolvere. Eliminare il rumore del vento da una registrazione è abbastanza complesso e, soprattutto, non sempre di facile soluzione. Quando capita di dovere catturare l’audio in diretta in una giornata di vento dobbia-mo attrezzarci con delle capsule antivento di buona qualità per cercare di attutire al massimo questo fastidioso rumo-re che può completamente rovinare la nostra registrazione. In mancanza di una capsula antivento possiamo avvolgere il microfono con un piccolo maglione che servirà, in par-te, ad assorbire il vento. In post-produzione potremo intervenire su alcune frequenze per cercare di contenere al mas-simo questo rumore della natura. A titolo puramente indicativo, poiché il rumore del vento è sempre diverso in base alla zona dove vengono effettuate le riprese o per l’intensità del vento stesso, ecco due tabelle, relative a due tipi di vento, con le indicazioni delle frequenze sulle quali potere intervenire.

Le frequenze indicate si riferiscono ad un equaliz-zatore grafico, con 31 bande equalizzabili (1/3 ottava), con il quale sia possibile anche un mini-mo intervento per modifi-care la singola frequenza. Nella ripresa diretta dell’-audio, e in caso di vento, una buona norma è quella

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di mettersi in una posizio-ne da poterlo avere sem-pre alle spalle e di proteg-gere il microfono, oltre all’utilizzo della capsula antivento, anche, even-tualmente, con una picco-la parabola di cartone all’interno della quale posizionare il microfono stesso. È un banale accor-gimento che, talvolta, dà buoni risultati. Ovviamente, una buona ripresa diretta dell’audio la si può ottenere sempre,

e solamente, con un microfono collegato ad una giraffa (o, in gergo, canna da pesca), utilizzando il ragno come sospensione per attutire le eventuali vibrazioni. Il microfono della telecamera deve essere escluso e può essere utiliz-zato unicamente in caso di reportage o come colonna guida per un “suono” che andrà completamente sostituito. Nella prossima pillola affronteremo i vari problemi del doppiaggio nella post-produzione.

Giorgio Sabbatini

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IL CONFEZIONATORE DI CANDELE (marzo 2010)

Con lentezza meticolosa Loreno attorciglia il lunghissimo lucignolo, da un capo assicurato al bancone e dall’altro annodato su un’assicella di legno che fa ruotare tra le mani agili. I fili di puro cotone si avvolgono lungo le linee di un’elica che si serra sempre più ad ogni giro. Le lunghe dita di tanto in tanto scivolano sullo stoppino per saggiarne la tensione e l’elasticità da imprimere ai fili. Ogni quattordici giri Loreno blocca l’assicella in una feritoia del cavalletto, quindi con un pennello morbidissimo distende sul filo la mistura che tiene al caldo dentro un pentolino di alluminio. Appena il tempo di impregnare le fibre ritorte che il liquido incomincia a solidificare e lui riprende a ruotare l’assicella. La composizione di quella fusione gli è stata tramandata dal padre, che gli ha insegnato l’arte di confezionar candele. Lo ha occupato nel lavoro in laboratorio sin da piccolo, in periodi in cui l'attività era più fiorente; non che ora manchi, la sua è una delle poche ditte artigiane rimasta a produrre candele modellate a mano e le richieste, anche se diminuite, sono ancora sufficienti per tirare avanti. Loreno ha una buona mano, è abile a modellare, in particolare nel genere floreale le sue candele sono dei veri capolavori. Foglie e fiori hanno la leggerezza della seta e i colori raffinati di un acquerello. Ancora tre giri e avrebbe nuovamente incastrato l’assicella nella feritoia. Lo stoppino molto lungo ha ora la giusta consistenza. Verrà immerso nella parte centrale della candela, di purissima cera d’api, che sciogliendosi alimenterà la fiamma. La zona esterna dovrà essere più resistente al calore per contenere il crogiolo liquefatto; questa consistenza, come aveva im-parato da suo padre, si ottiene aggiungendo in giusta quantità paraffina e acido stearico alla cera. E’ tardi, quasi notte, ma Loreno continua a lavorare alla grande candela rifinendo ogni particolare. La croce applica-ta in rilievo sul fusto è di cera scura , colore dell’ebano, sulla croce il cristo è finemente lavorato e stupendamente modellato, questa candela è il suo capolavoro. Terminata l’opera, dopo un ultimo sguardo ritira gli arnesi, colto da un brivido si infila il giaccone; chiudendo la porta del laboratorio si accorge che sta cadendo una pioggia fine e geli-da, l’umido gli penetra nelle ossa. Sono ormai parecchie le sere che rientra tardi. Arrivato a casa, si butta sul letto completamente vestito, sa che non chiuderà occhio, anche questa notte. Maria, la moglie, è da un pezzo coricata, girata su di un fianco, silenziosa non si muove, neanche lei dorme. La luce del giorno tarda a venire e ,quando il mattino si sveglia, il traffico resta assopito e silenzioso; oggi è dome-nica. Loreno si alza presto per andare alla chiesa ad accendere la sua candela. Quella candela illuminerà la sua pre-ghiera; in ginocchio davanti a Dio Loreno è turbato e confuso, la fede cristiana gli insegna che quella decisione non spetta a lui, ma implora l’infinita misericordia Divina perché gli conceda il coraggio e la forza. Depone la candela vicino agli altri piccoli lumicini, è così grande che li sovrasta impadronendosi dello spazio intorno. Don Massimo conosce bene Loreno, si accorge di quel cero che illumina con la sua fiamma alta, rigonfia di fuoco color arancione, giallo, per un tratto quasi invisibile e poi blu come il cielo, il dipinto della Vergine Maria. Si avvi-cina, sapendo cosa significhi per Loreno quella candela, lo esorta a non cedere e a non perdersi d’animo, pur temen-do di non essere ascoltato: “Non sei solo nel tuo dolore, Dio non ti abbandona, la fede è la luce che ti guiderà, non perdere la speranza ”. Loreno, che la speranza l’ha persa da molto tempo, in ginocchio recita l’orazione senza ascol-tare le parole del suo parroco. La fiamma della candela, la più bella che abbia mai costruito, arriverà al Signore per chiedere la forza di porre fine al tormento che strazia ormai da tempo la sua esistenza. D’improvviso si alza avvian-dosi veloce verso l’uscita. Don Massimo lo raggiunge cercando di fermarlo: “Aspetta Loreno, non lo fare, la tua forza è quella della disperazione. Se ascolterai la voce di Dio ritroverai la speranza, la serenità per……”. Loreno ormai distante sta varcando la soglia dell’uscita. Rimbalza, sulle pareti nude del lungo corridoio d’ospedale, il suono dei passi creando una angosciante frammenta-zione del tempo; la mano afferra la maniglia spalancando la porta della stanza. Tommaso, suo figlio, disteso immo-bile respira con ritmo automatico: tubi, deflussori, flebo, elettrodi, monitors circondano il letto. E’ in coma, da quat-tordici mesi non dà più il minimo segno di vita. Nessun cenno, niente di niente; inutili le preghiere, le suppliche, le speranze. I medici hanno parlato di coma profondo, grado 3, stato vegetativo; il suo corpo inerte, martoriato dalle piaghe, si sta distruggendo. Loreno sente dentro sé impetuoso l’impulso d’interrompere la sofferenza di Tommaso, le notti insonni hanno esauri-to la sua resistenza, portandolo alla convinzione che è inutile continuare. Afferra con la forza inaudita della dispera-

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zione i tubi, scaraventandoli contro la parete della stanza. Improvvisamente tutto si ferma, il torace di Tommaso smette il suo movimento ritmico di espansione e Loreno avverte una sensazione irreale di stupore, di sollievo inva-dere la mente, sensazione che subito svanisce, quando gli occhi di Tommaso si spalancano per una frazione di se-condo: uno sguardo terribile, supplicante, incredulo di dover abbandonare l’ultimo barlume di vita rimastogli. Un fugace attimo, poi le palpebre si richiudono gettando su Loreno il castigo per non aver trovato il coraggio e la forza di continuare a lottare. Sgomento s’accascia ai piedi del letto improvvisamente conscio di non aver ascoltato la voce del Signore, ma l’urlo assordante del proprio dolore. Colpito da quella tremenda punizione, si rialza, corre all’im-pazzata, esce dall’ospedale verso la chiesa, corre per supplicare un perdono, l’angoscia lo attanaglia, si fa strada sul sagrato tra i fedeli precipitandosi verso l’altare per inginocchiarsi alla sua candela; la trova…. spenta!? Lo stoppino è schiacciato nella cera solidificata.

Giorgio Zavattero

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ADOBE PREMIÉRE PRO CS4: SOVRAPPOSIZIONE DI TRANSIZIONI

Supponiamo di voler creare una transizione di apertura di un video con Premiére. In questo caso, la transizione non andrà applicata sulla linea di taglio tra due clip, ma in corrispondenza dell’estremo sinistro della prima clip in timeline (ragionamento analogo si potrà fare in chiusura della clip applicando la transizione sull’estremo destro dell’ultima clip di un montaggio).

[…] Importiamo un solo video nella traccia Video 1 con un semplice trascinamento dal pannello PROGETTO. Supponiamo di voler realizzare una transizione della durata di 2 secondi sfruttando più volte una transizione a stella per creare un effetto colorato in tinta con il soggetto che, nel caso mostrato in figura, è un pappagallo dai colori vivaci. Transizione multipla in entrata alla clip video. XE "transizioni:stella" Preleviamo la transizione STEL-LA dalla cartella TRANSIZIONI VIDEO - FORME GE-

OMETRICHE e trasciniamola sulla parte iniziale della clip video in timeline. Acce-diamo ai parametri personalizzabili della transizione nel pannello CONTROLLO EFFETTI ed impostiamo i valori mostrati nella figura a lato. Parametri della transizione nella traccia Video 1. Come si può notare, abbiamo aumentato la durata della transizione a 2 secondi, lo spessore del bordo della stella al valore 10 ed il suo colore lo abbiamo prelevato con l’apposito contagocce da un pixel giallo del piumaggio del pappagallo. Da notare, inoltre, che abbiamo spostato dal centro all’estremo destro dello schermo il piccolo cerchietto presente nella finestra che mostra l’immagine di inizio della transizione. Per effettuare tale spostamento è sufficiente fare clic con il mouse e trascinare. Spostamento del centro della transizione.

Non tutte le transizioni dispongono di questa possibilità di riposizionare il centro. Terminata così la fase per la traccia Video 1, dobbiamo inserire lo stesso video anche nella traccia Video 2. Dovendo utilizzare solo la parte video della clip (in quanto l’audio è già presente insieme alla clip inserita nella Video 1), dob-biamo aprire la clip nel monitor SORGENTE.

Facciamo doppio clic sulla clip presente in timeline e, se necessario, allarghiamo il monitor SORGENTE finché non diventano visibili le due icone evidenziate in figura. Icone per il trascinamento di solo audio o solo video.

Facciamo clic sull’icona di sinistra (quella con la forma di una pellicola) e, tenendo premuto il pulsante sinistro del mouse, trasciniamola all’inizio della traccia Video 2. Trascinamento di solo video nella traccia Video 2. Ripetiamo la stessa procedura per la traccia Video 3, così che nella timeline sia presen-te tre volte lo stesso video con una sola traccia audio, come mostrato in figura.

Situazione nella timeline dopo l’inserimento dei 3 video. Riapplichiamo la stessa transizione STELLA all’inizio delle due clip ap-pena aggiunte ed impostiamo i parametri della transizione in Video 2 come mostrato di seguito. Impostazioni della transizione nella traccia Video 2.

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In questo caso, gli unici parametri differenti dalla traccia Video 1 sono il colore scelto con il contagocce (che è un verde sempre prelevato dal piumaggio del pappagallo) e la posizione del centro della transizione (che questa volta è tutto a sinistra).

Agiamo in modo analogo per la transizione applicata nella traccia Video 3, la-sciando però il centro nella sua posizione di origine e scegliendo un ulteriore colore (in questo caso è stato prelevato dal video il colore arancione). Impostazioni della transizione nella traccia Video 3.

Per rendere più accattivante l’effetto durante la sovrapposizione delle stelle, dando più movimento all’immagine che si sta scoprendo, applichiamo un semplice effetto alle clip presenti nelle tracce Vi-

deo 1 e Video 2. Per fare questo, prendiamo l’effetto INVERTIdalla cartella EFFETTI VIDEO à CANALE e trasciniamola prima sulla clip in Video 1 e poi su quella in Video 2. XE "effetto:inverti" Applicazione dell’effetto Inverti alle tracce Video 1 e 2. L’effetto INVERTI crea il negativo dell’immagine senza interventi su alcun parametro. Potremmo usare anche altri effetti che modificano l’immagine agendo su alcune personalizzazioni, come vedremo in un prossimo capi-tolo. La traccia Video 3 non dovrà avere effetti perché sarà la traccia che resterà visibile al termine della transizione. A questo propo-sito, tramite un intervento di taglio nella timeline, conviene eli-minare la parte di video, nelle tracce Video 1 e 2, che non è più visibile dopo la fine della transizione in quanto “sovrastata” dalla traccia Video 3. Poiché l’audio è collegato alla traccia Video 1, per eliminare solo il video lasciando invariato l’audio, tenere premuto il tasto ALT sulla tastiera (OPZIONE su Mac OS) prima di fare clic sul bordo della clip video. In questo modo si scollega tempora-neamente la traccia video dalla corrispondente traccia audio. Taglio a destra delle clip in Video 1 e 2. A questo punto l’effetto è completo e possiamo godere del risultato della nostra creatività premendo INVIO sulla tastiera per renderizzare un’anteprima della transizione. Alcuni fotogrammi della transizione multipla. Le possibilità creative offerte da questa tecnica sono limitate solo dalla nostra immaginazione. Come risulta evidente, infatti, questa tecnica è particolarmente flessibile e consente di creare transizioni ricche ed originali utilizzando le transizioni già disponibili nel software. Ovviamente, per ottenere risultati ancora più originali occorre spe-rimentare con diverse transizioni, variandone i parametri e aggiun-gendo anche effetti video. Quanto descritto può essere applicato, con qualche piccolo accorgi-mento in più, anche a transizioni tra due clip a cui sovrapporre più volte la seconda clip con una transizione in entrata. (Tratto da: Premiere Pro CS4 Guida all'uso - Autori: D. Belardo e N. Trotta - Edizioni FAG Milano) A cura di Giovanni Dorigo

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8 MARZO FESTA DELLE DONNE: insieme con il CEDAS

LA MIMOSA E' pura e profumata la bionda mimosa. Ha il colore del sole. E' un grappolo di luce che illumina il tuo viso e apre il tuo sorriso nel dolce giorno che marzo t'offre in dono

Piero Fassio

I Presidenti e il Segretario Generale del Cedas avranno il piacere di trascorrere un attimo conviviale con le Donne che in questi anni hanno dato smalto al prestigio dell’Associazione Ad Esse va la riconoscenza per aver fatto della Loro professionalità e gentilezza la migliore immagine del Cedas Grazie a questo invito, che ci ha fatto estremamente piacere, la Sig.ra Pesce (Mariù) ed io, in rappresentanza della Sezione Cinevideo, ci siamo recate sul luogo dell’appuntamento (Ristorante DuParc Torino, C.so M. d’Azeglio 21), dove siamo state ricevute calorosamente dal Dott. Dalmasso e dalla Dott.ssa Fissore e abbiamo incontrato le altre Signore Cedas. Il pomeriggio è stato molto piacevole, trascorso tra l’ottimo aperitivo, la proiezione di fotogra-fie di donne africane, la visita alla Spa del Residence, la premiazione del torneo del Tennis e le simpatiche chiac-chiere con le altre Signore, sia conosciute precedentemente che conosciute nell’occasione. A sorpresa, Mariù aveva preparato per l’8 marzo un omaggio poetico (v. sotto), che è stato letto ufficialmente, a fine incontro, dal Delegato del Gruppo Tennis, riscuotendo notevole successo. Il pomeriggio si è concluso con la consegna alle Signore interve-nute di un originale libro di Angela Beldì dell’Editore Fogola di Torino e di un gadget offerto dalla Duparc Oriental Spa.

Vivian Tullio

8 MARZO 2010

Felicemente sposate o no Esprimono tutto in ogni Settore, sia lavorativo che casalingo Tenacemente e teneramente cercano Amore ma amore è difficile averlo; si Dedicano ai figli incondizionatamente E cercano in mille modi di Lasciarsi alle spalle le Lamentele quotidiane di tutti. Erroneamente sono calcolate Deboli ma non credetele sottomesse Odiano le falsità e le ipocrisie. Non lasciatele mai sole, Non ingannatele E avrete un mondo di AMORE

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È mancato Marco Felloni, “filmmaker” ferrarese “autore” di numerosi “corti” e “mediometraggi”, “attore” e “regista” teatrale e, ultimamente, “editore” della casa editrice “La Carmelina” Un “artista”, un “intellettuale”, uno scrittore, e un grande “Amico” con il quale ho avuto la fortuna di condividere la passione per le “immagini”. Raramente si incontrano “persone” così complete nella conoscenza dell’animo umano e con la capacità d’interpretare le problematiche della vita. Il Suo entusiasmo per il cinema, per il teatro è sempre stato un elemento essen-ziale nella quotidianità della Sua vita, dandogli la possibilità di esprimere quelle capacità narrative ed interpretative che soltanto Lui possedeva. Seppure vivendo in una città lontana dalla splendida Ferrara, il nostro “dialogo” ha sempre viaggiato su binari sicuri, verso una meta comune che mi ha anche

dato la possibilità di collaborare con Marco e con la Sua Arte. Un viaggio che non terminerà mai poiché i ricordi e le esperienze vissute insieme nel campo artistico restano indelebili nel tempo. Un viaggio che continua insieme ad un grande “Amico” che vive nel mio cuore.

Giorgio Sabbatini

Informiamo tutti i Soci che con questo numero si allega sia la sintesi del Questionario dei Soci 2010 che il Regola-mento della TOP FIVE. Per quanto riguarda quest’ultimo coloro che avessero delle proposte e/o osservazioni possono inviarle al sottoscritto che le renderà partecipi a tutto il Consiglio Direttivo Il Delegato Gianfranco Pellachin

NECROLOGIO

INFORMAZIONI

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LA VIGNETTA di Mauro Chiavegatti

La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità!

Da Il Cappellaio Matto – Alice in Wonderland di Tim Burton con Mia Wasikowska, Johnny Depp, Michael Sheen, Anne Hathaway, Fantastico, 108’, USA (2010).

a cura di Valerio Cibrario

Hanno collaborato a questo numero : Mauro Chiavegatti, Piero Fassio, Luigi Mezzacappa, Ma-riù Pesce, Gabriella Vecchi, Piero Baloire

Fotografie di : Giorgio Savio

LINK Mondo di Windows. Ormai sono sempre più le persone che iniziano ad adoperare il S.O. di Windows 7 per cui eccovi alcuni link che possono risolvere qualche problema Come modificare associazioni, programmi predefiniti, icone e menu contestuali con Windows 7 http://www.megalab.it/2844/come-modificare-associazioni-programmi-predefiniti-icone-e-menu-contestuali-con-windows-7 Modificare il formato della data nella barra delle applicazioni http://www.megalab.it/4318/modificare-il-formato-della-data-nella-barra-delle-applicazioni Personalizzare la barra laterale dell'Esplora Risorse di Windows 7 http://www.megalab.it/5379/personalizzare-la-barra-laterale-dell-esplora-risorse-di-windows-7 Personalizzare il pulsante Start di Windows 7 in pochi click http://www.megalab.it/5379/personalizzare-la-barra-laterale-dell-esplora-risorse-di-windows-7 ...e tante altre informazioni su questo sito http://www.megalab.it/

Gianfranco Pellachin

Comitato di Redazione

V. TULLIO (Responsabile) V. CIBRARIO G. DORIGO G. IEMMI G. PELLACHIN G. SABBATINI G. ZAVATTERO

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