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NOST PAIS - NOTIZIARIO PERIODICOA CURA DELLA PROLOCO ROSSANA DI CULTURA - STORIA - TRADIZIONI -ATTUALITÀ N. 43 • SETTEMBRE 2012 “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese, vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante nella terra cʼè qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. (C. Pavese) E' di questi giorni la notizia che la terra ha esaurito le risorse disponibilI di tutto il 2012 dopo soli 232 giorni, ciò significa che quanto stiamo consu- mando adesso è già parte delle risor- se del 2013; acqua, petrolio, coltiva- zioni agricole, pesca ecc... tutto ciò che il nostro bel pianeta ci offre ce lo siamo già consumato in poco più di 7 mesi; ciò significa che gestiamo male le risorse che ci sono state messe a disposizione dalla natura. Di questo passo nel giro di qualche anno andre- mo incontro ad una enorme difficoltà a reperire qualsiasi genere di materia prima ed a prezzi stratosferici rispetto a quelli a cui siamo abituati. Pensiamo solo alla siccità di questa estate che ha colpito intere aree del pianeta. Negli Stati Uniti erano 56 anni che non c'era una siccità così devastante, in Israele sono 7 anni di siccità continua per non parlare dell'Africa sub sahariana perenne- mente a secco. Le conseguenze per l'umanità sono gravissime e si fanno addirittura apocalittiche per i decenni venturi;gli esperti parlano dell'acqua come la causa dei prossimi conflitti in tutto il mondo, chi controllerà l'acqua potrà decidere della vita o della morte di milioni di persone. Anche in Italia i problemi non sono mancati mettendo a repentaglio colture e coltivazioni. E questo è il problema, una nazione come la nostra ricca di acqua e terre- ni ideali alle coltivazioni sta distrug- gendo l'agricoltura che alla luce della scarsità di risorse globali potrebbe rilanciare l'Italia ed il lavoro nel nostro paese. Ma stiamo sprecando tutto, occorrerebbero 70 miliardi per rifare la rete idrica nazionale e desti- nare il risparmio di acqua quantifica- to in oltre il 50% all'agricoltura che potrebbe ritornare ad essere il vero motore del paese. Invece oltre a depauperare l'acqua stiamo distrug- gendo i terreni agricoli soppiantati da enormi capannoni e zone industriali che non si capisce bene a cosa ser- vono data la crisi che c'è, penso a comuni vicini come Piasco o Manta dove ettari ed ettari di terreni vocati all'agricoltura sono stati trasformati in stuoli di capannoni informi e schiere di condomini e villette. Questo è inconcepibile, ci vorrebbe una legge che autorizzasse nuove costruzioni solo dopo aver recuperato i centri sto- rici e le case fatiscenti, ovviamente con possibilità anche di demolire e ricostruire. Le future generazioni ci chiederanno il conto di queste scelte dissennate compiute in nome di un "progresso" che appare sempre più di intralcio ad una vita sostenibile ed in armonia con la natura. Paolo Carpani Cos’è la sagra? Meditazioni di un collaboratore della Proloco 47ª Sagra della Castagna e del Fungo Sabato 6 ottobre ore 16 pre- sentazione del Bulerè e della Bela Barutera 2012, apertura mostre a Palazzo Garro. Domenica 7 ottobre spettaco- lare fiera per le vie e piazze del paese con gruppi musicali danze e degustazione dei pro- dotti tipici locali. Nella confraterni- ta 41ª edizione de “il Re Fungo” Mostra Micologica a cura del Gruppo Micologico Bovesano “A.M.B.A.C. - Cumino”. Gianfranco Armando presenta “Gianduja” alla Sagra 1967 E’ una serie interminabile di riunioni dove non si decide mai nulla, neanche il prezzo dei mundai. • E’ trovarsi il sabato mattina e vedere che, non- ostante si credesse di essere abbastanza pronti, restano ancora un milione di cose da fare e poco tempo per realizzar- le. • E’ fermarsi il sabato sera, in cima alle scale che portano alla chiesa e, guardando la piazza addobbata e deserta, pensare: “Siamo pronti”. • E’ ritrovarsi dopo ventiquattro ore nello stesso posto e, osservando la piazza nuovamente deserta, ma con chiari segni del passag- gio di migliaia di persone, pen- sare: “Anche quest’anno è andata”. • Sono le serate e serate passate a montare e smontare e a spostare almeno venti volte il bancone dei mun- dai. • E’ svegliarsi la domenica mattina, alle quattro, con lo sto- maco in subbuglio per le poche ore di sonno e magari per il paio di birre bevute in compagnia la sera prima e dirsi: “Cominciamo”. • E’ ritrovarsi tutti da “Taraghi” appena svegli e, ancora assonnati, iniziare la giornata con un cappuccio e un croissant caldo. • E’ uscire da “Taraghi” dopo colazione e, senza dover dire nulla, appre- starsi ognuno al proprio compi- to. • Sono le serate passate al telefono alla ricerca spasmodi- ca di funghi che fino all’ultimo momento non si sa se ci saran- no o meno. • E’ passare di corsa davanti al palco con un sacco di castagne e sentire Giuliano che parla, parla…..e pensare: “Ma non sta mai zitto?” • E’ il segreto di Pulcinella di “Bulerè e bela Barutera”…… • E’ la frenesia del sabato pomeriggio quando niente e nessuno è al posto giu- sto. • Sono le stupidate del sabato e domenica sera dettate soprattutto dalla stanchezza. • E’ sentire Bruno che dice:”Tan piou”. • E’ il fascino di 150 kg di funghi tutti insieme messi con estrema cura nei cestini. • E’ ritrovarsi il lunedì mattina a smontare con altri quattro “pirla”che, come te, han preso ferie per lavorare. • E’ il sentire sempre le solite frasi del tipo “siamo sempre i soliti 4 gatti”, ”i manca la lama”,”butumie dui ciò”,”l’ai perdù l cutlin”,”l bosc taca nen”…..e queste sono rivolte agli addetti…che sanno a che cosa mi riferisco. • E’ il sentirsi, in mezzo a tanta gente, a volte un po’soli, ma partecipi di un grande avvenimento. • E’ il ricordo di quando, bambino, ci si dava appuntamento con gli amici alla domenica mattina per fare il giro della Sagra • E’ la vecchietta che la domenica mattina si tira a lucido, perchè è il giorno della Sagra. • E’ il pen- siero e insieme la speranza che, come è sopravvissuta ad altri, probabilmente la Sagra soprav- viverà anche a noi. Questo e molto altro è la Sagra. E il mio appello ai giovani o meno giovani è proprio questo: non siamo una setta, unitevi a noi della Pro Loco, per noi è una gioia ogni volta che vedia- mo aggregarsi un viso nuovo; poche cose scaldano il cuore come il fare qualcosa senza per questo dover ottenere nulla in cambio e sono rare le occa- sioni in cui si riesce ad essere parte integrante di un avveni- mento così importante, poten- do dire “Questo è possibile anche grazie a me” J. L'ALBERO DI 30 PIANI LE GENERAZIONI FUTURE CI CHIEDERANNO IL CONTO DELLE SCELTE DI OGGI Dovrebbero iniziare nei prossimi mesi i lavori di restauro al campanile del XV secolo che renderanno ancora più suggestiva la nostra Parrocchiale. Il vecchio “ciuché” si rifà il trucco

Cos’è la sagra? E’ · PDF filechiederanno il conto di queste scelte ... 2 La musica è da sempre sinonimo di emozioni, atmosfere, ricordi. E’ espressione dell’intelletto e

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NOST PAIS - NOTIZIARIO PERIODICO A CURA DELLA PROLOCO ROSSANA DI CULTURA - STORIA - TRADIZIONI - ATTUALITÀ N. 43 • SETTEMBRE 2012

“Un paese ci vuole, non fosseche per il gusto di andarsene via.

Un paese, vuol dire non essere soli,sapere che nella gente, nelle piantenella terra cʼè qualcosa di tuo,che anche quando non ci seiresta ad aspettarti”.

(C. Pavese)

E' di questi giorni la notizia che laterra ha esaurito le risorse disponibilIdi tutto il 2012 dopo soli 232 giorni,ciò significa che quanto stiamo consu-mando adesso è già parte delle risor-se del 2013; acqua, petrolio, coltiva-zioni agricole, pesca ecc... tutto ciòche il nostro bel pianeta ci offre ce losiamo già consumato in poco più di 7mesi; ciò significa che gestiamo malele risorse che ci sono state messe adisposizione dalla natura. Di questopasso nel giro di qualche anno andre-mo incontro ad una enorme difficoltàa reperire qualsiasi genere di materiaprima ed a prezzi stratosferici rispettoa quelli a cui siamo abituati.Pensiamo solo alla siccità di questaestate che ha colpito intere aree delpianeta. Negli Stati Uniti erano 56anni che non c'era una siccità cosìdevastante, in Israele sono 7 anni disiccità continua per non parlare

dell'Africa sub sahariana perenne-mente a secco. Le conseguenze perl'umanità sono gravissime e si fannoaddirittura apocalittiche per i decenniventuri;gli esperti parlano dell'acquacome la causa dei prossimi conflitti intutto il mondo, chi controllerà l'acquapotrà decidere della vita o della mortedi milioni di persone. Anche in Italia iproblemi non sono mancati mettendoa repentaglio colture e coltivazioni. Equesto è il problema, una nazionecome la nostra ricca di acqua e terre-ni ideali alle coltivazioni sta distrug-gendo l'agricoltura che alla luce dellascarsità di risorse globali potrebberilanciare l'Italia ed il lavoro nelnostro paese. Ma stiamo sprecandotutto, occorrerebbero 70 miliardi perrifare la rete idrica nazionale e desti-nare il risparmio di acqua quantifica-to in oltre il 50% all'agricoltura chepotrebbe ritornare ad essere il vero

motore del paese. Invece oltre adepauperare l'acqua stiamo distrug-gendo i terreni agricoli soppiantati daenormi capannoni e zone industrialiche non si capisce bene a cosa ser-vono data la crisi che c'è, penso acomuni vicini come Piasco o Mantadove ettari ed ettari di terreni vocatiall'agricoltura sono stati trasformati instuoli di capannoni informi e schieredi condomini e villette. Questo èinconcepibile, ci vorrebbe una leggeche autorizzasse nuove costruzionisolo dopo aver recuperato i centri sto-rici e le case fatiscenti, ovviamentecon possibilità anche di demolire ericostruire. Le future generazioni cichiederanno il conto di queste sceltedissennate compiute in nome di un"progresso" che appare sempre più diintralcio ad una vita sostenibile ed inarmonia con la natura.

Paolo Carpani

Cos’è la sagra?Meditazioni di un collaboratore della Proloco

47ª Sagra della Castagna e del FungoSabato 6 ottobre ore 16 pre-sentazione del Bulerè e dellaBela Barutera 2012, aperturamostre a Palazzo Garro.Domenica 7 ottobre spettaco-lare fiera per le vie e piazze delpaese con gruppi musicalidanze e degustazione dei pro-

dotti tipici locali.Nella confraterni-ta 41ª edizione de “il Re Fungo”Mostra Micologicaa cura del GruppoMicologico Bovesano“A.M.B.A.C. - Cumino”.

Gianfranco Armando presenta “Gianduja” alla Sagra 1967

E’ una serie interminabiledi riunioni dove non si decidemai nulla, neanche il prezzo deimundai. • E’ trovarsi il sabatomattina e vedere che, non-ostante si credesse di essereabbastanza pronti, restanoancora un milione di cose dafare e poco tempo per realizzar-le. • E’ fermarsi il sabato sera, incima alle scale che portano allachiesa e, guardando la piazzaaddobbata e deserta, pensare:“Siamo pronti”. • E’ ritrovarsidopo ventiquattro ore nellostesso posto e, osservando lapiazza nuovamente deserta,ma con chiari segni del passag-gio di migliaia di persone, pen-sare: “Anche quest’anno èandata”. • Sono le serate eserate passate a montare esmontare e a spostare almenoventi volte il bancone dei mun-dai. • E’ svegliarsi la domenicamattina, alle quattro, con lo sto-maco in subbuglio per le pocheore di sonno e magari per il paiodi birre bevute in compagnia lasera prima e dirsi:“Cominciamo”. • E’ ritrovarsitutti da “Taraghi” appena sveglie, ancora assonnati, iniziare la

giornata con un cappuccio e uncroissant caldo. • E’ uscire da“Taraghi” dopo colazione e,senza dover dire nulla, appre-starsi ognuno al proprio compi-to. • Sono le serate passate altelefono alla ricerca spasmodi-ca di funghi che fino all’ultimomomento non si sa se ci saran-no o meno. • E’ passare dicorsa davanti al palco con unsacco di castagne e sentireGiuliano che parla, parla…..epensare: “Ma non sta maizitto?” • E’ il segreto diPulcinella di “Bulerè e belaBarutera”…… • E’ la frenesiadel sabato pomeriggio quandoniente e nessuno è al posto giu-sto. • Sono le stupidate delsabato e domenica sera dettatesoprattutto dalla stanchezza. •E’ sentire Bruno che dice:”Tanpiou”. • E’ il fascino di 150 kg difunghi tutti insieme messi conestrema cura nei cestini. • E’ritrovarsi il lunedì mattina asmontare con altri quattro“pirla”che, come te, han presoferie per lavorare. • E’ il sentiresempre le solite frasi del tipo“siamo sempre i soliti 4 gatti”, ”imanca la lama”,”butumie duiciò”,”l’ai perdù l cutlin”,”l bosc

taca nen”…..e queste sonorivolte agli addetti…che sannoa che cosa mi riferisco. • E’ ilsentirsi, in mezzo a tanta gente,a volte un po’soli, ma partecipidi un grande avvenimento. • E’il ricordo di quando, bambino, cisi dava appuntamento con gliamici alla domenica mattina perfare il giro della Sagra • E’ lavecchietta che la domenicamattina si tira a lucido, perchè èil giorno della Sagra. • E’ il pen-siero e insieme la speranza che,come è sopravvissuta ad altri,probabilmente la Sagra soprav-viverà anche a noi.Questo e molto altro è la Sagra.E il mio appello ai giovani omeno giovani è proprio questo:non siamo una setta, unitevi anoi della Pro Loco, per noi èuna gioia ogni volta che vedia-mo aggregarsi un viso nuovo;poche cose scaldano il cuorecome il fare qualcosa senzaper questo dover ottenere nullain cambio e sono rare le occa-sioni in cui si riesce ad essereparte integrante di un avveni-mento così importante, poten-do dire “Questo è possibileanche grazie a me”

J.

L'ALBERO DI 30 PIANILE GENERAZIONI FUTURE CI CHIEDERANNO IL CONTO DELLE SCELTE DI OGGI

Dovrebbero iniziare nei prossimi mesii lavori di restauro al campanile del XV secolo che renderanno ancora piùsuggestiva la nostra Parrocchiale.

Il vecchio “ciuché” si rifà il trucco

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La musica è da sempre sinonimo di emozioni,atmosfere, ricordi. E’ espressione dell’intelletto edell’ingegno umano che dalla comparsa del-l’uomo sulla terra è una continua ricerca dinuove sonorità e generi, nelle infinite combina-zioni di note e strumenti. Come per il cibo,l’acqua in casa, l’energia, oggi la musica è unacostante nella vita quotidiana di ognuno di noi.Spesso, come per le altre necessità quotidiane,nella vita moderna diamo spesso quasi perscontato che tutto sia sempre disponibile e aportata di mano. Quando apriamo il frigoriferoo andiamo al supermercato non immaginiamoneppure che tutto quel Ben di Dio che abbiamoa disposizione potrebbe da un giorno all’altronon esserci più, così come si sollevano protestepressoché immediate quando magari aprendo ilrubinetto l’acqua non arriva o accendendo laluce si scopre che la corrente non c’è. La nostra“memoria corta” ci fa, forse troppo spesso,dimenticare che ogni comodità e semplificazio-ne anche del più piccolo gesto quotidiano son ilfrutto del lavoro e delle conquiste tecnologichescaturite in millenni di esperienza e lavoro dellegenerazioni che ci hanno preceduto. Così è perla musica. Ne abbiamo a dismisura oggi graziealle nuove tecnologie. Del resto basta guardareun autobus di studenti o chi corre o di chi fa ungiro in bici per vedere ormai come accessorioobbligatorio l’immancabile cuffietta collegataall’iPod, l’MP3 o altre diavolerie elettroniche

simili. Chi è un po’ più avanti con gli anni,ricorda invece molto bene di quando in modopiù o meno sentito mancavano il cibo, i vestiti,l’energia l’acqua in casa e che si rende ancoraperfettamente conto di quanto precario possaessere il benessere di cui godiamo ogni giorno.E’ proprio dai ricordi di chi ha vissuto gli annidel dopoguerra che scaturisce vivo il ricordo deipochi giorni di festa che intervallavano la rou-tinaria vita contadina delle nostre borgate. Eraquasi sempre l’arrivo a piedi della BandaMusicale che sconvolgeva il silenzio operosodelle campagne, allietato soltanto dal fischiettìoe dai canti che solevano “alzare” i numerosilavoratori dei campi. Già la banda… oggi comeallora portatrice di armonie ed allegria con lesue marcette scanzonate. Tanti strumenti dilegno, e di ottone, tante persone coordinate acreare all’unisono una piacevole melodia. Oggicome allora la banda forma, impegna e fa cre-scere generazioni di musicisti che a volte, grazieall’impegno ed alla dote naturale di ognuno,sforna professionisti ed artisti di alto livello. Ungruppo affiatato di persone di età, ambizioni,attività lavorative estremamente diverse che siuniscono nella passione per la musica.Nascono e sopravvivono così le bande musica-li, aperte alla musica tradizionale ma anchealla musica più moderna con i concerti. Nellanostra Valle Varaita ci sono due bande laS.Cecilia di Costigliole e la appena rinataBanda di Brossasco. Nello scorso autunno unbel video è stato forgiato e presentato ai bambi-ni e ragazzi dell’oratorio dalla banda diCostigliole per la ricerca di bambini e ragazziche attratti dalla musica vogliono imparare asuonare uno strumento. Non ci sono limiti dietà. A breve riaprono i corsi tenuti settimanal-mente da professionisti per strumenti a fiato diogni genere e percussioni e finanziati in granparte dalla banda, quindi con un costo per lefamiglie molto basso. La continuità di qualsia-si banda, è legata alla costante necessità diavere sempre nuove leve da formare e crescerein un ambiente sano, educativo integrante edivertente. Per cui anche a Rossana chi haintenzione ed un po’ di buona volontà è anchechiamato a partecipare. Per informazioni edeventuali iscrizioni potete contattarmi diretta-mente al N° 346/0812302.

Manuele Barbero

Si vive bene o male nel nostro Paese diRossana? Domanda complessa con risposteovviamente personali, ma ho la speranza chequalcuno, questa domanda, se la ponga ecerchi, come il sottoscritto, di portare il suocontributo per la risposta. Facciamo un po’ dimemoria storica, negli anni 60 e settanta(quando nacque la Sagra) Rossana aveva unacerta notorietà per i funghi e le castagne, inautunno c’era una processione di turisti cheveniva nel nostro paese, d’estate c’erano i“villeggianti”, tutto questo negli anni 90 einizio millennio è pressochè scomparso, e infuturo? Economicamente il paese è sano, cisono aziende che occupano 600-700 perso-ne, a fronte di una popolazione residente piùo meno la stessa, sempre negli anni 60 e set-tanta, quando i gruppi industriali si insedia-rono non ci fu parallelamente uno sviluppourbanistico residenziale, poi negli anni 90 einizio millennio nessuno è venuto ne acostruire ne a comprare casa a Rossana e infuturo? Le esigenze dell’oggi impongonoche in una collettività ci siano le “comodità(intese come fruizione dei servizi senza per-dita di troppo tempo) e possibilmente ci siaanche la “tranquillità” (intesa come vivere inun luogo non troppo contaminato dallostress), probabilmente a Rossana mancaqualche servizio e forse in alcuni periodi del-l’anno la vita è troppo tranquilla, cosa suc-cederà in futuro? Proverò a rispondere a que-sti miei quesiti. L’Italia sta attraversando uncomplesso periodo di crisi, economica e cul-turale, una crisi morale, sarà estremamentedifficile uscirne a meno che non cambil’approccio mentale e si investa sui settoriche potranno dare un riscontro positivo infuturo. Uno di questi settori è il turismo.Rossana non ha mai investito in tal senso,abbiamo prodotti locali che comunqueavrebbero un mercato (castagne, funghi, pic-coli frutti) che non promuoviamo adeguata-mente, abbiamo beni e siti (chiese castello)che teniamo nascosti, tutto questo con unapolitica e un progetto di sviluppo turisticoben costruito potrebbe portare immediata-mente dei risultati. Ma per farlo bisognasuperare, l’individualismo, la miope conce-zione dell’interesse individuale, bisognalavorare insieme, guardare lontano.

Un paese come Rossana potrebbe diventare,in futuro, un “oasi ricercata”, dove riscoprireuno stile di vita più umano, meno contami-nato dalle distrorsioni della vita contempora-nea. La vita nelle grandi metropoli e/o cin-tura delle stesse, è diventata al limite dellasopportazione umana , sempre di più ci sonodelle persone che la domenica o nei weekend cercano un pò di pace , dove la possonotrovare. Ma comodità e tranquillità non pos-sono essere solo degli slogan, siamo stufi dichi vende fumo abbiamo bisogno di certezze,bisogna lavorare parallelamente investendosu servizi (se siamo bravi costruiamo anchequalche posto di lavoro) mantenendo quel-l’atmosfera di vita paesana (qui la Pro locopuò fare molto!) diventata sempre più ricer-cata e ambita. Anche urbanisticamente pos-sono esserci dei miglioramenti in futuro. Sipotrebbe, con una politica di incentivi (esem-pio ridurre gli oneri di urbanizzazione) sti-molare le ristrutturazioni dei vecchi immobi-li, le nostre case anche quelle fuori dal con-centrico possono diventare vere e proprie ric-chezze. Bisogna investire in qualità e innova-zione, puntare sulla economia verde, sui pro-dotti certificati, ecocompatibili. Rossanadeve presentarsi all’esterno con peculiaritàche già ci sono e che dovremo costruire,ovvero salubrità ambientale di aria e acqua(con tanto di certificazioni che la confermi-no) qualità della vita (lontananza dallo stress,possibilità di esperienza alternative) serviziofferti (con i relativi costi da sostenere) un“curriculum del paese” che stimoli la curio-sità. A tale proposito bisogna lavorare giàadesso per domani, la percentuale di diffe-renziata che si attesta intorno al 25% è unpessimo biglietto da visita per una culturaambientale che sta (per fortuna) crescendo,alcuni obbrobri edilizi (capannoni n.b) vannoriconvertiti per rendere più gradevole anchel’impatto estetico del paese, il micronidocostruito a Venasca che riceve i contributidelle nostre aziende mi fa pensare ad unaoccasione mancata.Sono queste opinioni personali, magari noncondivisibili , ma dobbiamo fare delle scelteper poter un giorno dire senza paura “perchénon vieni a vivere a Rossana?? …, non saicosa ti perdi”

Giuliano Degiovanni

Rossana, 2012. I bambini degli ultimi anni ottanta e degli inizinovanta, sono oramai diventati adulti. Molti lavorano, altri stu-diano, ma quali sono le loro speranze per il futuro in questomondo sempre più incerto? In quest’articolo ho voluto fare unpiccolo sondaggio tra i giovani rossanesi, chiedendo loro cosafanno nella vita, cosa vorrebbero fare nel futuro, e soprattuttoqual è il loro legame con Rossana. Oramai sono cambiati itempi, i giovani, specialmente quelli nati in paesi di provincia,non aspirano più a restare nel loro paese natale, ma voglionomigrare nelle grandi città, meglio se all’estero, in cerca di unfuturo migliore. A Rossana, i ragazzi che trovanoun’occupazione nel paese sono sempre di meno, fortunata-mente qualche posto da operaio o nella ditta di famiglia lo siriesce ancora a trovare, ma per chi studia quali sono le spe-ranze? Negli ultimi anni, sempre più rossanesi frequentanol’università, molti con ottimi risultati. C’è chi ha sceltoIngegneria, chi Psicologia, chi Lettere, qualcuno si cimentaanche con le discipline mediche. Lorenzo, che appunto haappena terminato il primo anno di Medicina, ci confida che vor-rebbe laurearsi nei tempi stabiliti, senza rimanere troppo fuoricorso. Vorrebbe specializzarsi in chirurgia o ortopedia, faremolta pratica e allo stesso tempo però amerebbe praticare delvolontariato. Non sa dove andrà a finire quando avrà una lau-rea in mano, probabilmente dove troverà un posto di lavoro,probabilmente a Torino. Un altro dato curioso che emerge dalleinterviste ai ragazzi rossanesi, è che la maggior parte di loronon crede che, in futuro, la propria vita sarà ancora a Rossana.“Rossana è il nostro paese, ci siamo affezionati, ma purtropponon ci può offrire opportunità di lavoro adeguate per quelli chesono i nostri progetti di vita - dicono. Chi studia è costretto a tra-

sferirsi in un’altra città, chi Torino, chi Padova, perché altrimen-ti frequentare l’università sarebbe impossibile. Spicca anchequesto dalle loro dichiarazioni: Rossana è un paese troppo lon-tano dal resto del mondo, dimenticato, fuori mano. Ma se i gio-vani se ne vanno da Rossana, cosa ne sarà del nostro paese?Sul futuro del paese che vede sempre più giovani andarsene,Davide, impiegato “precario” dice:- I giovani rossanesi hannouna marcia in più. I giovani rossanesi sono abituati a poco, i gio-vani rossanesi si divertono con poco. E' difficile pensare al futu-ro quando si lotta con il presente. Noi siamo vivi e vogliamo chelo sia anche il nostro paese”. In poche parole, i giovani rossa-nesi sanno di non poter sperare di trascorrere tutta la vita nelloro paese perché forse lì per loro non c’è futuro, ma ciò nonvuol dire che continueranno a viverci per sempre, almeno conil cuore. Rossana anche se è tagliata fuori dal mondo rimanesempre il paese dove ognuno di noi ha passato i suoi anni piùfelici, e forse la bellezza del nostro paese sta proprio in questo:nel suo essere “fuori mano”, nel suo stare in disparte, e in que-sto modo dare la possibilità a chi ci abita di poter stringere lega-mi forti. Tra i giovani rossanesi, inoltre, c’è la diffusa credenza,forse un po’ presuntuosa, di avere qualcosa di unico, di diversoda tutti gli altri giovani, probabilmente non sarà così, ma a loro,o meglio, a noi piace pensare che in fondo sia così. “Io potròanche andare a vivere a mille chilometri di distanza da qui e tro-vare tutto quello che cerco lontano da Rossana, ma i miei amicid’infanzia, le mie serate al parco giochi, i miei pomeriggi all’e-state ragazzi, le mie feste d’estate e le mie sagre non le trove-rò più da nessun’altra parte” è questo il pensiero su cui tutti igiovani rossanesi concordano.

Wanda Burzio

I giovani e RossanaL’amore per il paese basterà a trattenerli?

Arriva la Banda!!!Riaprono i corsi per nuovi suonatori

Perchè non vivere a Rossana?Quali sono le cause che frenano l’espansione?

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Come un Giardino da coltivareL’Oratorio di Rossana ècome un giardino da colti-vare tutti assieme, comeaccade in una famiglia,dove ci si prende cura unodell’altro per crescere. E’come una famiglia dove cisi occupa dei più piccoli,dove si sta attenti ai piùriservati e timidi rimasti in

disparte, o si accorre indifesa dei più debolimagari accerchiati eminacciati dai più esube-ranti. L’Oratorio è quelluogo in cui ognuno devesentirsi accettato, stimatovalorizzato, affinché ognu-

no impari il senso e il pia-cere di essere utile allasocietà. Quale fortuna perquel paese, che sa valoriz-zare questa geniale istitu-zione, indispensabile, perla formazione di cittadinionesti, responsabili eattenti al bene comune.Anche quest’anno nel

n o s t r oOratorio siè svoltal ’ E s t a t eR a g a z z i .Più dic e n t oragazzi er a g a z z ecoordinatie guidatida unab e l l asquadra diAnimator i

hanno sviluppato un riccoprogramma fatto di impe-gni e divertimento chedovrebbe favorire ai futuricittadini del nostro paesela crescita sotto l’aspettofisico, umano sociale e cri-stiano.

Poco tempo prima di lasciarci , ilnostro caro Adriano ci aveva man-dato questo breve articolo dove sitrattano temi molto attuali.

Chi l’ha vista? Non è sparita, sem-plicemente non è mai esistita. Si ègià chiamata MEC, CEE ed ora lachiamano UNIONE EUROPEA.Di fatto è come una coppia disposi dove i coniugi vivono inemisferi diversi. Si è unificata lamoneta, ma non tutti la usano. Gliinglesi continuano a usare la lorosterlina, pollici, jarde e continuanoa viaggiare a sinistra sulle strade.Non si è neanche riusciti , incampo elettrico, a unificare leprese e le spine. per non parlarepoi del linguaggio. Nel secoloscorso si parlava di Esperanto, unalingua ideata da Zamenhof cheavrebbe dovuto essere non solo

europea ma mondiale, ma di que-sta nuova lingua universale non homai visto una pubblicazione o unvocabolario. La rovina dell’uma-nità non è solo la droga, o l’alcol,o il fumo o l’AIDS, come affer-mano i mezzi di comunicazione.La vera rovina dell’umanità è ilDIO DENARO! Rapine, omicidi,riduzione in schiavitù di interipopoli, guerre e quasi tutte leefferratezze umane hanno semprecome causa o fine questa volontàdi possedere tutto quanto in qual-che modo porta denaro. Questo è’il male peggiore che colpiscel’umanità e da cui non si guarirà.Se si ritornasse al baratto (comecerte tribù selvagge stanno ancorafacendo) di certo il mondo sarebbemolto più bello e solidale. Maquesto è un sogno da cassetto.

Adriano Bonetto

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IL SOGNO NEL CASSETTO DI ADRIANO BONETTO

LL’’aannggoollooddeeii PPooeettii

SUTA l’ARBU ‘d TARATROC

Questa filastrocca, SecondoBarbero l’ha imparata dal padreLuigi che a sua volta l’apprese dalpadre o forse dal nonno.

Suta l’arbu ‘d Taratrocjeru tre ferlingot che muntavu ‘l cumplote saviu pa cume fea ‘ndè piè le galine al pulaiè‘dla cascina poc distant e del gerbe pocda fianc,ma jera pa lì darè ‘dla ciuenda‘l vachè che fasia qualche facenda?A la pairà scutè sti tree quasi quasi se ‘ncaminava adasi adasiDis che lasuma ‘n po’ ste sti viot e piuma un po’ ‘j scurciurote ‘nduma a cunteje a man giuntela vera rasun a ‘l padrun.‘L padrun ca jera ‘n bur d’n cracagnotrus Cuma ‘n diaulote l’avija le stomi ‘d fere la forsa ‘d fermè ‘n cerv j fabrau vachè, ‘t sos stait ‘n gran merlui pensu mi ai tre saracindis che ti Lisiota va piè ‘n salam ‘n crotae ti Margherita va piè d’acqua ‘n vitae lo cu vos feinevoi deje da mangè e da bejve al vachèmantenilu cuma ‘n preivifin a duman che mne porte naut restantPo part va giù ‘n tal crutinpija ‘l pi bun liter ‘d vine lu beu tut ‘n ten fiàche lu bute ‘d bun imura fè la festa ai tre signor.Sort da ‘n tal crutinva sla sima ‘d l’erapija un ‘d chi viraburic che venu da si bricben ca pica ‘s rump pàe sne va su chet e cherlu, a spetè i tremerlui tre merlu arivu un cun ‘n toc ‘d pan fa istè chiet ‘l can, l’aut munta ‘d guardia,l’aut pija su ‘dla scala linger ma na farfallaper ciapè ‘l gal o la galinao la pula fè na brandeluala (grandelula)‘j pianta na verlicà la falu restè ‘n bajàO bestia nera che verlicà che ‘m sunciapà,ma jè pà da feje cas, l’hai pa lassaje lubrascala giù, dis che mi l’hai pià la miati l’as pià la tua, manduma l’aut piè lasua.L’aut pija su ‘dla scala linger ma na far-falaper ciapè ‘l gal o la galina o la pulafè na brandeluala (grande lula)‘j pianta na verlera lu campa ‘n metà ‘dl’era.Oh ciule che seve stait leve pa avertì che ‘l paisan l’avija dait E cu vos feje, ste si sun tute balefuma le parti ugualiMi l’hai pià la mia, ti l’as pià la tua,chiel la pià la suae ‘d galine luma piane gnune.

II 9900 aannnnii ddii EEmmmmaa ““llaa ppaannaatteerraa””I rossanesi di una certa età ricordano connostalgia i profumi di pane e pasticcerievarie che fino agli anni ‘70, solleticavanol’appetito di chi transitava lungo la stret-ta via del nostro paese. Ci furono altre“panatere” a Rossana, ma colei che pas-serà alla storia come la “Panatera” perantonomasia è la signora Emma, che pertanti anni ha venduto il buon pane fra-grante, impastato e cotto da maritoGiuanin. Folco Emma, originaria diFestiona, nel 1944 si era sposata conArmando Giovanni di Cervasca poi nel1945 si erano trasferiti a Rossana. Iconiugi Armando riuscirono con gli anni,a trasformare l’antico forno comunale erelativa bottega in un elegante e spazio-

so negozio di panetteria, pasticceria ecommestibili con luminose vetrine sullavia centrale. Infine, a conferma dellenon comuni capacità imprenditoriali,avevano avviato un ristorante sullanuova circonvallazione: Il ristorante“Leone di S. Marco” sarà per alcunianni il punto di riferimento per buon-gustai, per esponenti della politica edello spettacolo. Il 2 settembre 2012,attorniata dai figli e dalla figlia, nipoti epronipoti, da parenti e amici la signoraEmma è stata festeggiata per averebrillantemente superato il traguardodelle 90 primavere. Tutto il “Nost Pais”si unisce alle felicitazioni e agli auguridi ogni bene.

I vispi cittadinidi domani

Per la 87ª volta ha riaperto la Scuola materna,indispensabile Istituzione che i fondatori hannovoluto per la formazione completa dei nostri bimbi.In bocca al lupo per il nuovo anno scolastico.

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4

Nel mese di maggio sono andati inscena per la terza volta “i giochiolimpici “dei comuni circostanti.Quest' anno Rossana ha presoparte alla sfida con un considere-vole numero di atleti (oltre 100). Legare sono state seguite da un tifosfegatato. Si vedevano ovunque lemaglie color “castagna” che i rossa-nesi portavano orgogliosi e i nostriatleti, galvanizzati, cercavano didare il meglio in quello che stavanofacendo. La settimana successivaalla serata d'apertura a Centallo,con annessa accensione del bracie-re olimpico, gli atleti nostranihanno sempre sfiorato il bronzonelle varie discipline. Abbiamo cosìottenuto molte medaglie di legnoche non ci hanno però permesso di

collocarci in buona posizione nellaclassifica generale. Poi in un solo

giorno abbiamo conquista-to bronzo, argento e ororispettivamente nelle garedi ciclismo, petanque ecabaret con i nostri Fredu eTbi che hanno portato ilbuonumore a tutti. Da lìl'impegno è salito alle stelle,in paese non si parlavad'altro: un piccolo paese

unito contro paesigrossi che partecipava-no meno attivamenteall'evento.Personalmente credoche non abbiamo fattoqualcosa di speciale:abbiamo solo giocatoe ci siamo divertiti, main tutto il mese si èrespirata quell'ariaelettrizzante di unio-ne, condivisione, alle-gria e leggerezza. Se ne sono accor-ti anche gli organizzatori il giornoin cui Rossana ha ospitato duegare. Una gestione impeccabile,gente ovunque. Prima col “Bracciodi ferro” la piazza si è riempita , lascalinata fungeva da tribuna e tut-t'attorno moltissimi curiosi chenon avevano mai visto nulla disimile si accavallavano per vedere imastodontici atleti. Poi tutto si èspostato, più tardi, sul circuito dimountain-bike. A me, che di garene faccio tante, non era mai capita-to di avere un tifo così! Sembrava diessere sul colle dell'Agnello duran-te il giro d'Italia! E' stato esaltante!

Tengo ben vivo nella mente il ricor-do di quella giornata come pensomolti abbiano un buon ricordo diquelle settimane. Abbiamo centra-to l'obiettivo e ci hanno dato unpremio a riguardo: un trofeo peraver meglio rappresentato lo spiri-to sportivo olimpico tra i nostricomuni. E dopo aver spento il bra-ciere la “squadra rossanese” si èritrovata a festeggiare con unacena e si è data appuntamento alle“Olimpiadi 2014”. Mi raccomando,fare sport fa bene a corpo e mente,e anche al nostro futuro medaglie-re, quindi buon allenamento atutti! Fabrizio Solavaggione

CHI FA ACQUISTI A ROSSANAAIUTA IL PAESE A VIVERE

Cari lettori il sito della proloco ha un nuovo httpwww.prolocorossana.it

NOST PAISREDAZIONE: Paolo Carpani

Giuliano DegiovanniBeppe CravettoGemma BertolaAlessandra MongeMauro BodreroManuele BarberoMarzio Salvatico

HANNO COLLABORATOBruno CampagnoWanda B. BurzioPiermario Barile

Fabrizio SolvaggioneChiara Nasi

Sergio ArmandoAlfio BarberoPiero Armando

AMULIN piccola bottiglietta di vetroARAMBA vicinoBACAIA uno che parla tantoBARICIULLE portare a spalle qualcunoBEICHE’ guardareBRUNSA pentola per cuocere la

polentaCAIRA, CANTUN angoloCISE’ eccitare, istigare al litigioCùCCA bugia - si usa con i bimbiCUREIA cintura, cinghiaDESGENA’ disinvoltoDESMITIA confineDUIRA scolatoio, rigolo ENTEMNA’ ferito, iniziatoGHERS stortoGRIA reteLAM allentatoMARMINELA marachellaMUNIA suoraPASTRAN impermeabilePEILU salotto della canonicaPIANTE’ L’ARPE graffiare profondamente

con le unghiePIRÒL calderone in rame PRU a sufficienzaSARZI’ - EMBASTI’ lavori di sartoria

rammendare STUPUN tappoTACUNE’ rattoppareTRI’ puro, riferito a vino non

allungato in acquaTERMU, BOINA pietra indicante i confini tra

terreni, cippo, divisorioTISUN AVISC pezzo di brace

incandescenteBruno Campagno

Lu disiju nosti VejLe parole che non si usano più

OLIMPIADI DEI COMUNI 2012Impegno, allegria e buoni risultati

Scolari del 1948 con lʼins. Irma Curletti

Ricordi d’autunnoGiolitti Domenico, il figlio Mario e Cucchietti Giovanni felici dopo una fortunatabattuta di caccia (novembre 1965).

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Anno 1919. Da poco è finitaprima guerra mondiale con la vitto-ria dell’Esercito Italiano sull’Austria.Guerra che è costata una grandeperdita di giovani vite ed un nume-ro elevatissimo di mutilati. I fortu-nati che sono riusciti ad evitare el’uno e l’altro, stanno ritornando ai

loro paesi e nelle proprie famiglie.La situazione che si ritrovano non èdelle più favorevoli. Una grandepovertà e oltretutto la mancanza dilavoro. Tantissimi giovani sonocostretti a seguire le orme di altriitaliani che già alla fine del 1800 eprimi anni del 1900 hanno dovutoemigrare in altri paesi a cercarelavoro e fortuna. Anche a Rossanala situazione si presenta in questitermini e molti sono costretti alasciare il proprio paese.Riprendono così i viaggi nelleAmeriche e per molti anche nellavicina Francia. E’ verso quest’ultimopaese che molti giovani rossanesitentano una soluzione per un lorofuturo. Molti di essi già avevanoavuto esperienze di lavoro presso lelocali cave di pietra per la produzio-ne di calce, ed eccoli così partireverso la zona di Marsiglia in Francia,dove a quel tempo era fiorente laproduzione di cemento. Si trattavasempre di cave di pietra e quindi unlavoro praticamente già conosciu-to. Si diceva che, già molti anniprima si erano visti emigranti parti-re da Rossana a piedi con la pala ela carriola e dirigersi verso le cavedel mezzogiorno della Francia. E’così che vediamo partire un primogruppo di giovani che trovano facil-mente lavoro nella fabbrica dicemento a La Bedoule, a quel

tempo piccolo paesino ad una ven-tina di Km. Da Marsiglia. Ai pionieriben presto se ne aggiungono altri,si arriva così ad avere una piccolacomunità di rossanesi che si stabili-sce in quel paese. Di questi giovaniricordiamo i fratelli DegiovanniSecondo e Eugenio, i fratelli BarileGiuseppe, Luigi e Giovanni, uno dei

fratelli Fonzo della famiglia dei “cia-vatin” ed altri. Non mancano certa-mente difficoltà di lingua innanzi-tutto, di abitazione, di ambienta-mento e di relazione con i residenti.Controlli frequenti da parte dellaGendarmeria francese molto severanei confronti degli stranieri.Qualche fatto curioso. Uno di questigiovani, (Degiovanni Secondo) giàsposato aveva portato con se anchela moglie, che dopo poco tempodava alla luce un bambino. Qualchetempo prima della nascita, avendobisogno di procurare un piccolocorredino ma, avendo problemi dilingua, chiedono aiuto ai compagnigià più esperti. Si avviano quindi perl’acquisto, un gruppetto di giovanirossanesi. Con meraviglia la titolaredel negozio si trova di fronte ungruppo di giovani intenti a fare“acquisti speciali.” Il gruppo di ros-sanesi, lavorava, incominciava adambientarsi nella nuova realtà epoco a poco poteva anche permet-tersi qualche “uscita” di piacere. Sitrovava il gruppo in un piccolo risto-rante del Paese e si stava consu-mando una cenetta. A circa metàdel pasto entra un altro rossaneseche da pochissimo tempo era arri-vato in Francia. Prende posto tra icompagni. Arriva la cameriera echiede al nuovo arrivato cosa desi-dera mangiare, elencando natural-

mente in fran-cese i piatti delgiorno. “Abbiamo dellacarne arrosto,agnello, pesce,fagioli in insala-ta” Quandosente nomina-re fagioli ininsalata (infrancese “arri-cots en salade”chiede cosa siaquesto piatto.Uno della com-pagnia, un bur-

lone, dice: hai mai assaggiato lesarricots en salade? E’ un piattogustosissimo, provalo. Lo sprovve-duto ordina quindi e si vede arriva-re un bel piatto di fagioli in insalata.“Furfante! Grida al compagno chelo ha imbrogliato, ma tant’è devemangiare. Dopo un po’ qualcunoche in precedenza ha mangiatocarne arrosto, chiede alla cameriera“ Replique, s’il vous plait”. Il compa-gno chiede: Che cosa è “Replique”?e l’altro: hai mai assaggiato? Provaanche tu. E’ buonissimo. Alloraanche lui ordina “Replique” e sivede arrivare nuovamente un altropiatto di fagioli. “Disgraziato” gridaal compagno, ma deve rassegnarsiai fagioli tra le risate di tutti i com-pagni. Con il tempo gli italiani inco-minciano anche a farsi notare favo-revolmente. Intanto non dannofastidio a nessuno e sono apprezza-ti per il lavoro. Formano una squa-dra di pallone a pugno, e con iltempo anche una squadra di calcio,giocano a bocce e si inserisconobene nel tessuto sociale locale. Iltempo passa, anche per la fabbricadi cemento arriva qualche periododifficile con qualche tensione inter-na ed anche qualche sciopero. Inoccasione di una di queste fermateper motivi sindacali, la comitiva ita-liana ne approfitta per esplorarepossibilità di lavoro in altre parti delmezzogiorno di Francia. Si portanoad Arles, luogo dove ha risieduto ilgrande pittore Van Gogh, ma dopouna ricerca negativa, riprendono lavia del ritorno verso la loro fabbrica.Sono trascorsi ormai due anni dallaloro permanenza all’estero, qualcu-no di loro, essendo riuscito a rag-granellare un piccolo gruzzolo,decide per il rientro in Italia dovepensa di formarsi una famiglia. Altritentano la fortuna in altre attività,mettendosi anche in proprio, comenel caso di Vigin Barile che seguire-mo nella sua avventura. Tenta lastrada dell’imprenditoria, affittandouna piccola cava di pietra e si mettea fabbricare bordure per strade.Conosce una ragazza italiana chelavora in un piccolo ristorante. Sitrovano bene insieme e dopo pocotempo si sposano e tentano la for-tuna prendendo in gestione il pic-colo ristorante. Parte della clientelaè costituita dai connazionali e lecose incominciano a funzionarebene. Dopo un po’ di tempo si pre-senta a Vigin l’opportunità di com-prare un piccolo camion e così inte-gra il bilancio familiare con unanuova attività di trasportatore. Nel1928 nasce un bambino, Emile, e,nel 1930 una bambina, Rose Marie.Per qualche anno tutto funzionabene ma, purtroppo arriva il dram-ma. La moglie si ammala di unabrutta malattia e, dopo pocotempo muore. Vigin si trova solocon ristorante, camion e due bam-bini. Cede il ristorante e tira avantiper un po’ di tempo come può tramille difficoltà. Qualche anno dopoincontra una ragazza francese,Marie e la sposa. I bambini hannonuovamente una mamma chevuole loro molto bene. Alle ripara-zioni del camion provvede lui stes-so, essendosi attrezzato con una

piccola officina. Una sera d’invernoqualcuno bussa alla porta di casa echiede aiuto essendo in panne conla propria auto. Si tratta dell’attorecinematografico Fernandel, il famo-so Don Camillo che, dopo la ripara-zione si ferma a parlare amichevol-mente. L’intraprendenza di Vigincol tempo non conosce sosta e cosìavvia una nuova attività. La fabbri-cazione di blocchetti in cementoper costruzione di case, materialemolto richiesto a qual tempo.Acquista un camion per la conse-gna a domicilio del materiale. Coltempo si integra bene con i com-paesani che gli concedono fiducia.Diventa presidente della localesquadra di calcio dove inizia a gio-care il figlio Emile. Entra inoltre a farparte della Banda musicale suo-nando il bombardino. Anche ilfiglio ne farà parte come prima

tromba. La figlia Rose Marie com-piuti gli studi trova lavoro comecommessa a Marsiglia presso igrandi magazzini “Bezert”, abbiglia-mento femminile. L’attività intantosi ingrandisce. Ai blocchetti dicemento si aggiunge la vendita dimateriali edili. All’ingresso della pic-cola cittadina di LA BEDOULE, cam-peggia una grande insegna: “MATE-RIALI EDILI BARILE “. I figli si sposanoe tutti lavorano nella azienda difamiglia. Gli anni corrono inesora-bili ed il capo famiglia nel 1965muore a causa di un infarto. Il figlioEmile ed il cognato Da CostaAntoine continuano l’attività pertanti anni, fino al loro pensiona-mento e cedono il magazzeno. Isuccessori portano avanti l’aziendache ancora oggi conserva la deno-minazione iniziale.

P.M. Barile

Rossanesi a Bedoule

Rossanesi in Francia

Rossanesi a Bedoule

Cannes 1910A sinistra davanti: Sasia Antonioa destra davanti: Sasia Giovanni

Fratelli Sasia a Marsiglia - 1904

PPaarrttiirroonnoo ddaa LLeemmmmaa

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3ª puntataIl viaggio di ritorno a Rossana fu,per la famiglia di Nasi Giuseppe,molto doloroso: la traversata duròpiù di un mese, Rita era moltopiccola e Giuseppino molto mala-to. Si era nel 1913, cioè alla vigiliadel primo conflitto mondiale. ARossana, Giuseppe impiegò il suodenaro in terreno ed acquistò ungran numero di terreni; fece visi-tare da molti specialisti il suofiglioletto, ma il verdetto fu unani-me: Giuseppino non sarebbe maiguarito; potevano solo ammini-strargli delle medicine per calma-re il dolore, affinché la sua esi-stenza fosse accettabile. I coniugiNasi ebbero altri tre figli: Battista(nel 1914), Guerrino (nel 1916) eMaddalena (nel 1921). InArgentina, nel frattempo, il fratel-lo minore Antonio, esercitava laprofessione di maestro rurale nelpaese di Ingeniero Luiggi e suona-va la fisarmonica nelle feste dicampagna. Durante una di questefeste, conobbe Catalina BernoccoBarroero, che aveva appena 16anni. I due si sposarono nel 1915e si trasferirono a Buchardo, doveAntonio acquistò una casa dicampagna con un po’ di terra ,grazie all’aiuto dei suoceri.Antonio e Catalina ebbero ottofigli, ma due morirono in teneraetà: Magdalena (1915), GuillermoSegundo (1919), Antonio Osvaldo(1921), Bautista (1924), RonaldoDecimo (1932) e Yolanda (1936).Antonio e Catalina divorziarononel 1942: egli continuò a vivereper tutta la vita nella tenuta di

Buchardo; Catalina, invece, con ifigli si trasferì a Huinca Renancó.Intanto, in Italia, Nasi Pietro, tor-nato sano e salvo dalla guerra,decise di lasciare per sempre lapatria: il futuro non prospettavanulla di buono, si temeva unnuovo conflitto, così, con lamoglie ed i quattro figli, dopo averbattezzato la figlia Anita aCostigliole, vendette tutti i terrenie si imbarcò a Genova sulla nave“Valdivia” per raggiungerel’Argentina. La famiglia arrivò aMontevideo (Uruguay) il 5 novem-bre 1920, quindi sbarcò a BuenosAires l’8 novembre del 1920.Appena arrivati si fermaronoalcuni giorni all’Hotel de losInmigrantes, poi furono mandatia Buchardo, dal fratello minore diPietro: Antonio. Dopo la “cosecha”(il raccolto) a Buchardo, si trasfe-rirono a Huinca Renancò, in una“chacra” (piccola fattoria) di pro-prietà di un certo Pasero, cuginodella famiglia Giordanino. Lì sidedicarono alla coltivazione digrano e lino e lì, nel 1922, nacquela quinta figlia: Teresa. Dopo treanni di permanenza a HuincaRenancò, Pietro e la famigliadovettero trasferirsi nuovamenteperché i tre figli più grandi José,Antonio e Margherita incomincia-vano la scuola. Si stabilironoquindi nella cittadina di América(provincia di Buenos Aires), dovenacque il loro ultimogenito,Ricardo, nel 1929, e dove rimase-ro fino alla morte. Pietro e Teresasi tennero sempre in contatto epi-stolare con Antonio, il fratello

minore di Pietro, che era rimastoa Buchardo, ma purtroppo i duefratelli Nasi non si videro più percirca quarant’anni. L’unico edultimo incontro fra i due avvennenegli anni ’60, quando i figli diAntonio accompagnarono ilpadre, ormai vecchio e malato, asalutare un ultima volta suo fra-tello Pietro ad América. Fu unincontro molto emozionante: i duefratelli non riuscirono che a scam-biarsi poche parole, tanto eranocommossi. Assai triste fu invece lasorte di Nasi Battista. Nel 1920aveva raggiunto l’Argentina insie-me al fratello Pietro e la sua fami-glia. Battista si stabilì nella casadel suo fratello minore Antonio, aBuchardo, ma purtroppo tra i duefratelli sorsero contrasti amorosi,e Battista si uccise con un colpodi pistola. Per quanto riguarda lafamiglia di Nasi Giuseppe Emilio,essa fu colpita, nel giro di pochianni, da una serie di disgrazie: nel1930, dopo che gli era stataamputata la gamba, in seguito adun incidente agricolo durante latrebbiatura del grano, GiuseppeEmilio morì. Aveva solo 55 anni.Sua moglie Margherita dovetteaffrontare tante difficoltà: all’epo-ca non era per niente facile peruna vedova affrontare la vita egente senza scrupoli e senzacuore approfittò della sua inge-nuità, così nel giro di pochi mesiessa si ritrovò senza un soldo. Ilsuo cuore sempre più malandatonon resse alle preoccupazioni cosìMargherita morì nel sonno,accanto alla diciannovenne figlia

Rita, nel 1931, all’età di 49 anni.Battista aveva solo 17 anni,Guerrino ne aveva 15 eMaddalena solo 10. Rita, la figliamaggiore, si rimboccò le mani-che, ma era sola, i suoi fratellitroppo giovani per aiutarla . Pocotempo dopo, morì con grandi sof-ferenze anche il loro fratello para-lizzato Giuseppino. Non avevaancora compiuto 21 anni. Iconiugi Giovanni e Margheritatrascorsero alcuni anni negliStati Uniti, poi fecero ritorno inItalia, stabilendosi dapprima aRossana,in borgata Jottu, infinea Costigliole, dove avevano com-prato le terre. La loro figlia mag-giore Maddalena si trasferì inFrancia. La figlia minore diGiovanni e Margherita, invece, sisposò a Torino, dove attualmenterisiede( ha 98 anni). Risulta infi-ne, da testimonianze certe, che lavecchia capostipite, BorgnaMaddalena, dopo aver interrotto

burrascosamente i rapporti con ilfiglio minore Antonio, nel 1902,riuscì a riappacificarsi con lui.Infatti, nel periodo compreso fra il1905 e il 1930, essa compì nume-roso viaggi in Argentina, in visitaai figli. Ogni volta Maddalenafaceva ritorno in Italia. Trascorsegli ultimi anni della sua vita aiTapparelli a Saluzzo e qui morì,ultranovantenne, intorno al1940. I suoi figli “sparsi” in tuttoil mondo persero quasi completa-mente i contatti fra di loro peroltre 60 anni e solo a fine anni ’90si è potuta ricostruire la storia diquesta famiglia, dopo che un pro-nipote scrisse una mail al comu-ne di Rossana, alla ricerca dellesue origini. Oggi, grazie aimoderni mezzi di comunicazione,quasi tutti i discendenti sono incontatto e hanno potuto rianno-dare quel filo che le tristi vicendedella vita avevano spezzato.

Chiara Nasi, Eduardo Nasi (Argentina)

Quando la terra promessa era l’ArgentinaLa saga dei Nasi

Ponso Giovanni del Risulin ed Ellena Luciadella Bicocca si erano appena sposati quan-do decisero di raggiungere il fratello di lui,Michele, che da alcuni anni viveva inArgentina. Viaggiarono con una coppia dicugini anche loro appena sposati e con lorovi era anche un ragazzino di 14 anni:Francesco Peroglia. Sbarcarono a BuenosAires il 30 novembre 1906. Nella confusio-ne delle pratiche portuali le due coppie si

separarono e non si rividero più. Intanto allaBicocca la madre di Lucia, che non si davapace per la partenza della figlia, aveva acce-so un lume davanti alla Madonna e lo tenneacceso per mesi, finchè non arrivò una let-tera rassicurante che tutto andava bene.Giovanni e Lucia avevano raggiunto il fratel-lo Michele occupato presso grandi proprie-tari terrieri e li si erano stabiliti. Il lavoroconsisteva nel disboscare e dissodare sem-pre nuovi terreni per renderli adatti alla col-

tivazione. Dissodata una certa area, si fab-bricavano dei mattoni e si costruival’abitazione. Si piantava e si seminava peralcuni anni, poi le famiglie si trasferivano inun’altra zona e si ricominciava a disboscaree a preparare un altro terreno. Le fatichenon erano da poco, ma i nostri compaesaniabituati a tribolare sulle colline del paesenatio non si spaventavano di nulla. Nellazona de La Voulage dove si erano stabiliti,

nel 1907 era nato il primogenito Luigi(Vigin), poi nel 1909 nasceva Maria, inseguito ebbero altri 6 figli: Domenico,Francesca, Jolanda e Ottavio più due mortiin tenera età. Il lavoro non mancava, si man-giava molta carne macellata in proprio ecotta alla brace e nel loro territorio eraabbondante anche la selvaggina. MammaLucia era attiva e risoluta, curava la casa , sioccupava dei piccoli e sbrigava mille altrefaccende. Quando il pranzo era pronto, alza-

va sul tetto una bandiera e gli uomini neicampi capivano che era l’ora di rientrare. Inquelle terre ogni tanto si scatenavano vio-lenti nubifragi, allora la mamma radunavatutti i figli sotto il letto di ferro e lì aspetta-vano il passaggio del tornado che non dirado scoperchiava e abbatteva le fragili abi-tazioni. Un giorno, durante un temporalebussarono alla loro porta una donna conalcuni bambini. I Ponso li ospitarono igno-rando che i poveretti erano colpiti dal tifo,una malattia contagiosa che si trasmettesovente per mezzo dell’acqua. Infatti tutti icomponenti della famiglia non tardarono amanifestare i sintomi del male. SoprattuttoVigin e Maria destavano le maggiori preoc-cupazioni allora i genitori molto preoccupa-ti, pensarono di isolarli, portandoli in unazona lontana, presso una guaritrice che licurò con bevande ottenute da erbe specialie bagni caldi e freddi, questo per alcunigiorni. La cura risultò efficace e i due bam-bini poterono tornare a casa. Giunti in etàscolastica, Maria e Vigin venivano dal padremessi in groppa ad un cavallo che li tra-sportava verso la scuola distante una trenti-na di km. Appena giunti, erano aiutati ascendere dal maestro che al termine dellelezioni li rimetteva sul paziente animale perriprendere la via del ritorno. Maria ricordavadivertita quelle cavalcate, lunghe e talvoltaavventurose nelle sterminate praterie, poi ilpassaggio fra le coltivazioni di lino, spetta-colari durante la fioritura che trasformava inun mare azzurro le grandi piantagioni.Vigin, col passare degli anni, imparerà acavalcare e a destreggiarsi con gli animali inmaniera straordinaria, tanto che, giunto inItalia durante il servizio militare verrà pre-miato per le sue esibizioni equestri. Unasera alla loro fazenda si presentarono dueviandanti che chiesero ospitalità per lanotte, vennero accolti, li rifocillarono e die-dero loro un giaciglio per dormire, però

sospettando qualche tranello, quella nottegli uomini di casa si armarono e non dormi-rono. Era già accaduto che dei finti viandan-ti una volta introdottisi nelle fattorie si rive-lassero complici di bande di ladri. Infattidurante la notte sopraggiunsero degli uomi-ni a cavallo che improvvisarono un freneticogirotondo attorno al caseggiato urlando“compagneros”, ma i due nella stalla non simossero e constatato che la fazenda era bensorvegliata, dopo aver galoppato a lungoattorno, se n’erano andati. Maria e Vigin cheparlavano volentieri degli anni trascorsi inArgentina, narravano sovente di quella nottedi terrore come ricordavano con affetto erimpianto il padre Giovanni, che pur essen-do un uomo severo sapeva anche trasmet-tere momenti di serenità come quando alladomenica, giorno di riposo, imbracciava lafisarmonica e cantando le canzoni del paesenatio richiamava attorno a sè gli abitantidella fazenda si commuoveva e non riuscivaa nascondere le lacrime. Dopo una quindici-na d’anni, realizzata una piccola fortuna, iPonso decisero di tornare, si imbarcaronosul Mafalda (la nave che poco tempo dopoandrà incontro a un drammatico naufragio),rientrati in Italia dopo una breve permanen-za a Rossana, si stabilirono a Lagnascodove nacquero ancora Ida e Teresina e doveanche Michele si stabilì dopo aver portatoall’altare Adelina, sorella di sua cognata. Idue fratelli costruirono le loro case unaaffiacata all’altra a conferma della solidarie-tà e dell’affetto reciproco che si portavanodentro da sempre. Alcuni anni dopo, Maria,che era salita alla Bicocca di Rossana perincontrare i parenti, alla festa di sanBernardo di Bracalla conobbe GiacomoDegiovanni che gestiva con le sorellel’osteria della festa. I due si sposarono il 9aprile 1931 e scrissero insieme una bellastoria d’amore durata quasi 70 anni.

Beppe Cravetto

LLaa ffiissaarrmmoonniiccaa ee llee nnoossttaallggiiee ddii GGiioovvaannnnii ddeell RRiissuulliinn

I fratelli Ponso (accanto ai cavalli) davanti alla loro abitazione

Foto tratta dal volume “Cara Italia ti scrivo” di Lidia Vottero ed. Fusta editore