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Costruttori di pace, amici dei poveri 25 anni di Obiezione di Coscienza e Servizio Civile nella Caritas Diocesana di Como a cura di Stefano Sosio Giugno 2004

Costruttori di pace, amici dei poveri - Caritas Diocesana COMO - … · 2011-10-06 · casi la scelta della Caritas Italiana (e dio- ... sappia indicarla come scelta di coscienza,

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Costruttori di pace, amici dei poveri

25 anni di Obiezione di Coscienza e

Servizio Civile nella Caritas Diocesana di Como

a cura di Stefano Sosio

Giugno 2004

Prefazione don Battista Galli, direttore Caritas Diocesana dal 1993 al 2001responsabile formazione obiettori dal 1982 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 5

La ricerca a cura di Stefano Sosio:

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 7

Capitolo 1 -L’Obiezione di Coscienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 9

Capitolo 2 -La Caritas Italiana investe sui giovani obiettori di coscienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 13

Capitolo 3 -La Caritas di Como e il Servizio Civile . . . . . . . . . . . .pag. 16

Capitolo 4 - La realtà del Servizio Civile nella coscienza della comunità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 27

Capitolo 5 - La coscienza dell’obiezione e del servizio in Caritas nei giovani obiettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 31

L’intervista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39

Postfazione don Daniele Denti, direttore Caritas Diocesana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 42

Sommario

M i trovo tra mano questi appuntiche intendono raccontare e inqualche misura valutare gli

anni più fecondi del Servizio Civile degliobiettori di coscienza della Diocesi diComo svolto in Caritas.Volentieri mi associo nell’offrire qualchesemplice osservazione attorno a un cam-mino che per molti anni ho condiviso davicino.

Già il fatto che alcune centinaia di giova-ni abbiano vissuto questa esperienza, me-rita una seria attenzione: oggi nei nostripaesi molte famiglie hanno il papà conalle spalle e nel cuore un tempo di serviziogratuito, spesso impegnativo e faticoso,svolto nei confronti di persone sofferenti,giovani e giovanissime, spesso anziane oportatrici di handicap, vittime di gravi di-sagi o dipendenze, dalle quali, avendolefrequentate con costanza, hanno imparatotante cose e si sono arricchiti di umanità edi cuore.

Certo, occorre riconoscere che in molticasi la scelta della Caritas Italiana (e dio-cesana) di promuovere questa opportunitàtra i giovani ha incontrato una vasta diffi-denza tra i sacerdoti, come pure all’inter-no di Associazioni, Movimenti e Gruppiecclesiali: si temeva, per lo più, che diven-tasse una scelta di comodo o una opzionedi pace e di non-violenza che ancora man-

teneva un forte sapore ideologico; anchela cosiddetta “obiezione di coscienza” eraletta molto come “obiezione” e poco come“coscienza”: posso confessare che, incon-trando varie parrocchie sull’argomento,ho avuto occasione di raccogliere un buoncampionario di opinioni e di amenità…

Di conseguenza, i giovani obiettori si sonosentiti spesso troppo soli nel fare tale scel-ta e nel viverla con coerenza: circondati dadiffidenza e sospetti, erano costretti a giu-stificarla a se stessi e agli altri con un certoimbarazzo, sulla base quasi esclusivamen-te della loro testimonianza personale: main questo modo per molti giovani essa èdiventata uno stimolo forte alla loro matu-razione personale, a darsene le ragioni nonsolo mediante momenti forti di formazio-ne e di verifica, ma in particolare qualifi-cando il proprio servizio quotidiano e con-creto alle persone svantaggiate alle qualierano assegnati.

Qualcosa di analogo si deve dire anche ri-guardo ai cosiddetti “Centri operativi” aiquali gli obiettori venivano inviati: accan-to a casi, certo frequenti, di vera simpatiae attenzione per i giovani obiettori, si de-vono riconoscere situazioni difficili, contentativi di strumentalizzarne il servizio odi banalizzare il loro ruolo nel confrontocon gli operatori professionali. Anche inquesti casi la riconoscenza più gradita e

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Due parole di prefazione

sincera è venuta dalle singole persone chehanno usufruito del servizio e che hannopotuto concretamente apprezzare le dotiumane dei giovani obiettori.

Ripensando agli anni vissuti accanto aquesti giovani, posso confermare che perla stragrande maggioranza di loro s’è trat-tato di una scelta di coscienza molto primache di una scelta, diciamo, istituzionale:una scelta dunque che proveniva da uncerto cammino personale e che, tramitel’anno di Servizio Civile, chiedeva poi didarsi uno sviluppo, una continuità, unosbocco: molti giovani, nell’anno di Servi-

zio Civile, hanno maturato una sceltanuova di vita e di impegno.

Anche oggi mi auguro che la Caritas rin-novi tale proposta, pur in termini diversi:sappia indicarla come scelta di coscienza,che vada oltre le strettoie istituzionali eburocratiche, non solo dal punto di vistaeconomico (mediante proposte “alternati-ve” di solidarietà e di sobrietà), ma soprat-tutto dal punto di vista sociale e morale: ilgiovane ha diritto di vivere esperienze si-gnificative, effettivamente cristiane, ric-che di umanità e di vangelo.

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don Battista Galli

L o scenario del Servizio Civile si starapidamente modificando. Prestoandrà a estinguersi l’obbligo di

leva e tutti i giovani italiani si troverannoin condizione di poterscegliere un Servi-zio Civile Nazionale totalmente volonta-rio, formativo, riconosciuto a livello lavo-rativo e di studio. Per ora solo le ragazzetra i diciotto e i ventisei anni e i ragazzi ri-formati alla visita di leva possono sceglie-re di compiere questo servizio. La propo-sta è operativa dal 2002 e ha già raccoltoconsensi.Con l’estinzione della leva, la scelta diServizio Civile e servizio militare noncomporterà più alcun obbligo diretto neiconfronti dello Stato.La Caritas Italiana sta studiando un pro-getto grazie al quale continuerà a esserepossibile presentare la propria domandapresso il ministero della Difesa, dichiaran-dosi obiettori di coscienza e facendo cosìvalere ciò che è stato riconosciuto dallalegge come un diritto soggettivo. Di fatto,comunque, le due strade dell’Obiezione diCoscienza e del Servizio Civile prendonodirezioni diverse.Storicamente, la scelta di obiettare al ser-vizio militare precede la possibilità delservizio. Ne è anzi a fondamento. I primiobiettori credevano in valori ritenuti tal-mente importanti da giustificare la disob-bedienza allo Stato (pagando con il carce-re il rifiuto delle armi). Per loro si è suc-

cessivamente concretizzata la possibilitàdi prestare un Servizio Civile non armato,riconosciuto in termini di legge. Il cammi-no dell’Obiezione di Coscienza con il Ser-vizio Civile ha reso manifesta e percorri-bile la scelta di preferenza per quei valoriche la coscienza “antepone allo Stato”.Sono i valori della pace, della nonvio-lenza.Questi valori i giovani devono accogliereoggi, con una scelta che è diventata total-mente volontaria, che non prevede più al-cuna “chiamata” a cui obiettare, bensì pre-suppone una libera adesione.«… questi valori non possono morire conil venire meno di un comma o di una cir-colare ministeriale. Essi appartengono alcodice genetico dell’intera umanità e co-stituiscono impegno di vita per ogni cre-dente»(1).La sfida è importante, e segna l’inizio diun nuovo impegno, in cui la coscienza èchiamata a una responsabilità in certomodo ancora più grande.

Brevi noteI primi due capitoli di questa pubblicazio-ne, di respiro più ampio, hanno lo scoporispettivamente di introdurre alla realtàdell’Obiezione di Coscienza, e di accen-nare a come la Caritas Italiana abbia scel-to di valorizzarla, firmando nel 1977 laconvenzione con il ministero della Difesaper l’impiego di obiettori in Servizio Civi-

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La ricercaIntroduzione

le. Contemporaneamente si vuole fornirela chiave di lettura più importante percomprendere, nell’ottica di fede, le moti-vazioni e la riflessione che soggiaciono alsenso di essere obiettori di coscienza inServizio Civile presso la Caritas stessa.Nei capitoli seguenti, lo sguardo si spostasu come si è mossa questa realtà nella no-stra diocesi, per quanto concerne quindi laCaritas diocesana di Como e i giovani chein essa hanno scelto il Servizio Civile, dal1980 a oggi. La riflessione si muoverà se-condo due punti di vista: quello della Ca-ritas (evidenziando in particolare l’aspettodella formazione degli obiettori – capitolo3), e quello dei giovani, partendo soprat-

tutto dalle loro considerazioni nelle rela-zioni di fine servizio, cercando di capirecosa è significata per loro la formazione, ecome è stato da loro inteso il binomioObiezione-Servizio – capitolo 5). Nonmancherà una analisi dei “numeri”, dagliingressi in servizio lungo gli anni, alle in-formazioni sugli enti di servizio, ecc.Un capitolo inoltre (il quarto) cercherà diesplorare in breve come la realtà Obiezio-ne-Servizio è stata percepita, soprattuttonei primi anni, dalla comunità di Como.Per ciò verranno citati il “Settimanaledella Diocesi” e il “Bollettino Ecclesiasti-co Ufficiale”.

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(1) Mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, L’obiezione di coscienza tra passato e futuro: 25 annidi convenzione della Caritas Italiana, in Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo, Atti del convegno, EGAEditore, Torino 2003.

Cosa significa “Obiezione di Coscienza”Il termine Obiezione deriva dal verbo lati-no obicio, la cui etimologia rimanda aun’idea di opposizione (espressa dal pre-fisso ob-) e al significato di gettare. Ob-iezione letteralmente significa “gettarecontro”, “porre davanti”. Sollevare un’o-biezione vuol dire esprimere con decisio-ne un disaccordo, manifestare un proprioparere contrario, una convinzione perso-nale che si pone contro il senso comune.Nell’espressione “Obiezione di Coscien-za” appare chiaro che ciò che viene getta-to controè la coscienza stessa dell’indivi-duo, la quale riconosce dei buoni motivida opporre. In un significato generale“Obiezione di Coscienza” indica infatti lostato di un individuo che sceglie di nonconformarsi a un potere (di qualsiasi natu-ra esso sia) che gli impone scelte non con-divise. Per esempio, come nota RodolfoVenditti, il potere economico, l’opinionepubblica o la mentalità dominante, il co-stume(2).Ma in un senso più stretto l’Obiezione diCoscienza si configura come opposizionea un imperativo giuridico, derivante dallalegge, oppure a un ordine dato in virtùdella legge.È questo il caso dell’Obiezione di Co-scienza al servizio militare. In ogni caso,comunque, il primato va alla coscienzadella persona, la quale in un certo senso sitrova da sola a sostenere le proprie ragio-

ni. Legittimata solo da se stessa, in base aconvincimenti forti di natura religiosa, fi-losofica o morale, secondo i quali in de-terminati casi può essere giusto disobbedi-re alla legge, mettersi in contrasto conessa.Venditti fa ben notare che l’atteggiamentodi questo disobbedire non è distruttivo,bensì innovativo. I germi di verità di cuiuna scelta di obiezione si fa tramite servo-no alla comunità intera. Noi diciamo chesono profetici, e questo, come vedremo,sarà un carattere di fondamentale impor-tanza per quanto riguarda l’Obiezione diCoscienza accompagnata dal Servizio Ci-vile in Caritas.

Breve storia dell’Obiezione di CoscienzaLa storia dell’Obiezione ha radici antiche,che affondano per il mondo europeo alleorigini della Cristianità, quando i fedeliche erano cittadini Romani si trovarono afare i conti con un sistema politico forte-mente sacralizzato, che imponeva loroscelte non condivisibili. Il conflitto, peresempio, riguardava l’impossibilità per uncristiano di venerare l’Imperatore comePontefice Massimo, e più tardi persino dicredere nella sua presunta persona divina.Emblematica a questo proposito è la vi-cenda di San Massimiliano, che alla finedel III secolo si oppone all’arruolamentocon queste parole: “Non mi è lecito fare ilsoldato, perché sono cristiano”. In seguito

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Capitolo 1L’Obiezione di Coscienza

il rapporto tra potere politico e sfera reli-giosa si assesterà su posizioni meno dram-matiche. Anzi, sarà proprio la Chiesa neisecoli seguenti a dover custodire la pace inun impero ormai disgregato, sostituendosia volte allo stesso potere temporale, matu-rando comunque con esso legami di varianatura e realtà di reciproco rapporto coltempo sempre più complesse e articolate.Le implicazioni storiche di una Chiesa nelbene e nel male alla guida dell’Europa cri-stiana sono la fonte per i più accesi dibat-titi. A noi interessa notare, con Venditti,che non appena il Cristianesimo vieneproclamato religione di Stato (con l’edittodi Tessalonica del 380 d.C.), si spegneogni dibattito sull’Obiezione di Coscienzaal servizio militare dei cristiani. Apparepiuttosto ovvio che, nel momento in cui laChiesa passa dalla condizione di oppressaal ruolo di guida, si impone la necessità dimediare fra le istanze religiose delle co-scienze e le legittimazioni di potere. L’a-nalisi storica è complessa e da rimandarein altra sede. Va però aggiunto il fatto che,ogni volta che la Chiesa si è trovata difronte alla necessità di riformarsi, per re-cuperare l’autenticità dei valori evangeli-ci, la riflessione si veniva a concentraresulla pace, sulla povertà, sulla critica neiconfronti del potere(3).Nell’età moderna una tappa significativadella storia dell’Obiezione di Coscienzaconsiste nella pubblicazione nel 1849 di“Disobbedienza civile” da parte di DavidHenry Thoreau, promotore e autore di unavera e propria obiezione alle spese diguerra. Nel Novecento si registrano casi di Obie-

zione di Coscienza nei confronti del nazi-smo e anche forme di obiezione al regimefascista italiano: professori universitaripersero la cattedra per aver rifiutato di pre-stare giuramento al regime. Ma è proprionel corso del Novecento che la riflessionesulle tematiche della nonviolenza e dellapace trova sempre più ampi riscontri. Sututti va ricordato il caso di Gandhi, uomodi pace, vero e proprio teorizzatore e testi-mone della nonviolenza. Il fenomeno dicoscienza che comprende obiezione, di-sobbedienza civile, difesa popolare non-violenta è di grandi proporzioni e presentamille sfaccettature(4).

L’Obiezione di Coscienza in ItaliaDopo la fine della Seconda guerra mon-diale si ebbero in Italia i primi casi di gio-vani che, chiamati alla leva, vi si oppose-ro per motivi di coscienza. Le prime con-danne degli obiettori si ebbero verso lafine degli anni Quaranta. Si trattava ini-zialmente di cristiani valdesi o testimonidi Geova. Il numero andò crescendo du-rante i due decenni successivi, e negli anniSessanta apparvero i primi obiettori catto-lici. Il Concilio Vaticano II con la Gau-dium et Spessi era espresso positivamen-te nei confronti dell’Obiezione di Co-scienza, auspicandone una legittimazionegiuridica: «Sembra conforme ad equitàche le leggi provvedano umanamente alcaso di coloro che, per motivi di coscien-za, ricusano l’uso delle armi, mentre tutta-via accettano qualche altra forma di servi-zio della comunità umana»(5). E la co-scienza così come considerata dal Conci-lio è «il nucleo più segreto e il sacrario

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dell’uomo»(6).Si formava, per il problema, una sensibili-tà nuova, grazie anche alla preziosa rifles-sione di alcune personalità come donPrimo Mazzolari, don Lorenzo Milani,Giorgio La Pira e padre Ernesto Balducci.Con l’ondata contestataria del Sessantotto,poi, la tematica dell’Obiezione di Co-scienza andò acquisendo anche delle va-lenze strettamente politiche, soprattuttoper quanto riguardava l’area radicale. Eraun fenomeno non più trascurabile, ormai,e le sue ripercussioni in Parlamento prese-ro forma in un numero piuttosto consi-stente di proposte di legge.La prima proposta era stata presentata giàa seguito del primo processo penale diampia risonanza, quello a carico di PietroPinna, condannato nel 1949. Via via che laconsapevolezza della questione prendevapiede, susseguendosi i casi di obiezione(Elevoine Santi, valdese, nel 1950; e poi iprimi obiettori cattolici: Giuseppe Gozzinie Fabrizio Fabbrini negli anni Sessanta,contemporaneamente alle polemiche su-scitate dai processi a carico di don Loren-zo Milani e padre Ernesto Balducci perapologia di reato), in campo laico la tema-tica della nonviolenza trovava i suoi piùconvinti sostenitori in Aldo Capitini, Um-berto Calosso e altri. Alcuni avvocati sispecializzarono nella difesa degli obiettoridavanti ai Tribunali Militari.

La legge 772 del 15 dicembre 1972Nessuno dei disegni di legge presentatilungo il corso del decennio 1960/70 ebbebuona sorte. Finalmente, il 15 dicembre1972, il Parlamento emanò la legge n.772.

Essa all’articolo 1 recita: «Gli obbligatialla leva, che dichiarano di essere contrariin ogni circostanza all’uso personale dellearmi per imprescindibili motivi di co-scienza, possono essere ammessi a soddi-sfare l’obbligo del servizio militare neimodi previsti dalla presente legge.«I motivi di coscienza addotti debbono es-sere attinenti ad una concezione generaledella vita, basata su profondi convinci-menti religiosi o filosofici o morali pro-fessati dal soggetto».La legge 772 diede all’obiettore di co-scienza il riconoscimento giuridico, e lapossibilità di essere ammesso a un Servi-zio Civile sostitutivo di quello militare.Tuttavia il diritto all’obiezione venivaconcepito qui come una concessione dal-l’alto, quasi un beneficio elargito dal mi-nistro della Difesa. Bisognerà aspettarel’emanazione della legge 230/98 (ventiseianni dopo) perché il diritto all’obiezionevenga definitivamente considerato sogget-tivo.La legge 772/72 per parte sua presentava,accanto al grande merito di aver legalizza-to la scelta di Obiezione di Coscienza, al-cuni aspetti discutibili. Essi si possono ri-assumere sostanzialmente nel fatto che imotivi addotti per la scelta di obiezione daogni singolo candidato erano sottoposti algiudizio di una apposita commissione, enel fatto non secondario che la durata delServizio Civile sostitutivo eccedeva diotto mesi quella del servizio militare (cosìsarà fino al 1989; va inoltre consideratal’attesa a seguire la presentazione delladomanda: sei mesi nei termini di legge,ma spesso anche di più). In aggiunta a

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questo, bisogna tenere presente che l’o-biettore in servizio dipendeva comunquedal ministero della Difesa e dal DistrettoMilitare, organi per propria natura prepo-sti alla gestione del servizio militare. Perlungo tempo l’atteggiamento di questi or-gani fu ispirato «a sostanziale sfavore neiconfronti degli obiettori, visti come poten-ziali avversari da mettere in difficoltà»(7).

Un pregiudizioAnche l’opinione pubblica italiana era ingran parte sfavorevole all’Obiezione diCoscienza. Ovunque diffuso il pregiudizioche associava agli obiettori la figura di«imboscati». Con simili affermazioni, peraltro moltosuperficiali, non si è resa certo giustizia aun fenomeno che ha rappresentato pertrent’anni una preziosa fonte di risorse.Alcuni casi in cui, purtroppo, la scelta diobiezione venne effettivamente “usata”per fini di comodo personale sembranoagli occhi di tutti sufficienti per una gene-

ralizzazione infondata.Sembra sbagliato bollare con l’etichetta difannulloni o scansafatiche giovani che in-vece, nella stragrande maggioranza, deci-sero di affrontare con impegno quello checredevano un modo più vero per servire laPatria: servirla nei suoi componenti piùpoveri. Le intenzioni di un giovane a com-piere il servizio non possono essere va-gliate a tavolino. Don Plinio Bottinelli,primo direttore della Caritas Diocesana diComo, ricorda come l’impegno della Ca-ritas nel curare le motivazioni degli aspi-ranti obiettori si accompagnasse sempre,già dai primi momenti, con la consapevo-lezza che non si può forse mai verificare laperfetta purezza di intenzioni(8). Essa forsenon può neppure essere pretesa in un gio-vane di vent’anni, che accompagna di so-lito le sue scelte a forti tensioni emotive eideali. Questo passaggio appare essenzialeper comprendere la fondamentale curadata dalla Caritas alla formazionedelle co-scienze, come vedremo poi.

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(2) Rodolfo Venditti, L’obiezione di coscienza al servizio militare, Giuffré, Milano 1999.

(3) Come evidenziato anche dal libro di don Saverio Xeres, La Chiesa, corpo inquieto, Ancora, Milano 2003.

(4) Per informazioni più complete si rimanda a Rodolfo Venditti, opera citata.

(5) Gaudium et Spes, n. 79.

(6) Gaudium et Spes,n. 16. Come fa notare Rodolfo Venditti, op. cit., pag 71.

(7) Rodolfo Venditti, La società italiana di fronte all’obiezione di coscienza al servizio militare negli ultimitrent’anni, in Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo, Atti del convegno, EGA editore, Torino 2003.

(8) A questo proposito, leggiamo una frase significativa, tratta da una relazione di fine servizio: «fanno piùtanti obiettori con qualche limite che un piccolo gruppo con limpida vocazione» (Daniele, 1992).

La Caritas come strumento pedagogicodella ChiesaLa Caritas Italiana nasce in seno alla CEI(Conferenza Episcopale Italiana) il 2 lu-glio 1971. E l’anno successivo, al terminedel primo convegno nazionale delle Cari-tas diocesane (Roma, 26-28 settembre1972, tema: “La Chiesa locale comunità diamore”), Papa Paolo VI pronunciò un di-scorso nel quale delineò le caratteristiche ele funzioni della Caritas Italiana. Precisando innanzitutto che si trattavadell’«unico strumento ufficialmente rico-nosciuto a disposizione dell’episcopatoitaliano per promuovere, coordinare, e po-tenziare le attività assistenziali nell’ambi-to della comunità ecclesiale italiana(9)», sisoffermò quindi sulla «prevalente funzio-ne pedagogica» della Caritas. Sottolineòcioè la portata di novità di una concezionedella carità ispirata non solamente alla as-sistenza materiale dei fratelli in stato di bi-sogno, ma compresa del tutto solo a parti-re dal suo aspetto spirituale «che non simisura con cifre e bilanci». Da qui nascelo stile di azione Caritas, secondo il qualel’aspetto tecnico dell’opera caritativa vapreceduto sempre dalla sensibilizzazione,dallo studio delle tematiche, dall’osserva-zione attenta dei bisogni, per una rispostavera e adeguata, nell’ottica di una testimo-nianza cristiana consapevole.Dice ancora Paolo VI: «Mettere a disposi-zione dei fratelli le proprie energie e i pro-

pri mezzi non può essere solo il frutto diuno slancio emotivo e contingente, madeve essere invece la conseguenza logicadi una crescita nella comprensione dellacarità».Non è irrilevante, per il discorso che stia-mo affrontando, sottolineare questo pas-saggio. Infatti nel mettere al primo postoquesto aspetto di educazione alla carità (eper questo si parla di funzione pedagogi-ca) appare necessaria e fondamentale laformazione.Nessuna frase potrebbe essere più esplici-ta di quella sopra citata per indicare la viadei giovani obiettori Caritas, che nel loroservizio sono fondamentalmente chiamatiad assistere dei fratelli in stato di povertà.E che continuamente, a se stessi e alla co-munità, devono rendere conto del signifi-cato del proprio operare.

La convenzione della Caritas Italianacon il ministero della DifesaNel 1976, al termine del Primo Convegnoecclesiale nazionale, svoltosi dal 30 otto-bre al 4 novembre sul tema “Evangelizza-zione e promozione umana”, l’assembleasi pronunciò a favore della promozione inambito ecclesiale del Servizio Civile sosti-tutivo di quello militare. Fu proposto «chela comunità cristiana si facesse carico delServizio Civile in sostituzione di quellomilitare, come scelta esemplare e prefe-renziale dei cristiani»(10). Nel maggio del-

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Capitolo 2La Caritas italiana investe sui giovani obiettori di coscienza

l’anno successivo la personalità giuridicadella Caritas italiana venne riconosciutacon decreto del Presidente della Repubbli-ca. E solo un mese dopo, il 10 giugno, laCaritas Italiana firmò con il ministero dellaDifesa la convenzione per l’impiego diobiettori di coscienza in Servizio Civile.In una pubblicazione della Caritas Italia-na(11), interamente dedicata all’Obiezionedi Coscienza e al Servizio Civile, sono benevidenziati alcuni aspetti della maturazio-ne di questa scelta. Nel capitolo intitolatoCaritas e Servizio Civilesi nota prima ditutto che, se la convenzione in effetti «haufficializzato la valorizzazione e l’acco-glienza degli obiettori», già prima alcunigruppi di ispirazione cristiana avevanoospitato dei giovani in Servizio Civile.Inoltre «l’attenzione al Servizio Civile erastata accentuata dal crescente interessematurato nella Caritas per il volontariato».Era stata infatti la Caritas Italiana, dueanni prima (dal 27 al 30 settembre 1975, aNapoli), a promuovere il Primo Convegnonazionale sul volontariato, dal tema “Vo-lontariato e promozione umana”. A di-cembre dello stesso anno era stata delibe-rata la costituzione della Consulta delleopere caritative e assistenziali, di cui laCaritas è Presidente, con il compito di pro-mozione e coordinamento(12). Ma l’interes-se della Caritas per il volontariato coglie-va il movimento della comunità cristiananel suo insieme. La tematica del volonta-riato, specialmente nel mondo giovanile,era davvero particolarmente sentita, anchenella nostra stessa Chiesa locale, come di-mostra la costante attenzione a essa tribu-tata da parte dei Consigli Pastorali Dioce-

sani (si vedano i verbali, raccolti nel Bol-lettino Ecclesiastico Ufficiale), o dal Setti-manale della Diocesi. Ciò è particolar-mente significativo, perché fornisce losfondo di senso e motivazioni per com-prendere la scelta di molti giovani per ilServizio Civile.Un altro fattore per la maturazione dellaconvenzione con il ministero della Dife-sa era stata infine la riflessione sulle in-dicazioni del Concilio, che nella Evange-lii Nuntiandi, al n. 37, afferma: «LaChiesa non può accettare la violenza, so-prattutto la forza delle armi, né la mortedi chicchessia come cammino di libera-zione, perché sa che la violenza chiamaviolenza e genera irresistibilmente nuoveforme di oppressione e di schiavitù, piùpesanti di quelle da cui essa pretendevadi liberare»(13).Ma qual è il punto di incontro fra Obie-zione di Coscienza e Caritas? Qual è ilsenso di scegliere il Servizio Civile pressola Caritas? Dare una risposta a queste do-mande ci permetterà di inquadrare in unagiusta prospettiva, lungo i capitoli che se-guiranno, la breve riflessione sulla realtàdi obiezione e servizio, così come è statavissuta in particolare nella nostra diocesi,dalla Caritas e dai giovani che hanno scel-to di prestare servizio presso di essa.

Obiezione di Coscienza e carità: la pace ele povertà«L’Obiezione di Coscienza al militarismo,la non violenza, il Servizio Civile e tutti ivalori che a essi si collegano, sono stru-menti, o strade o espressioni di un’unicarealtà: la pace»(14).

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La scelta della Caritas di investire nelleforze dei giovani obiettori ha dei connota-ti ben precisi. Infatti, il suo senso sta primadi tutto nella fede per la pace. La Caritasitaliana si fa interprete delle esigenze dipace dei giovani, vuole fornire loro la pos-sibilità di costruirla e testimoniarla. Ancorpiù perché crede nella pace come unicavia per la carità, la pace condivisa e auten-tica, la pace evangelica. «Per gli obiettori cristiani, la pace è un va-lore radicalmente collegato con la fede».Le conseguenze di ciò sono prima di tutto«inserire la vita in una logica di servizioedi condivisione», e poi non disgiungere ilperseguimento della pace dall’impegnoper la giustizia, e quindi dalla scelta prefe-

renziale dell’attenzione ai poveri(15) (va ri-cordato, per inciso, che mentre gli ambitidi servizio proposti dalla legge 772 eranoben quattro – l’assistenza, l’istruzione, laprotezione civile, l’incremento e la tuteladel patrimonio forestale –, la Caritas, pervocazione e su incarico della CEI, si con-centrò solo sul primo, la cura degli “ulti-mi”). La tematica delle nuove povertà sirivelava pungente e non più trascurabile.La scelta della Caritas in direzione delServizio Civile fu in questo senso alta-mente profetica. Come profetici furono glistessi giovani che scelsero di obiettare, eche la Caritas accolse come germe di unanuova società.

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(9) Questa e le tre seguenti citazioni, nonché i dati cronologici di questo capitolo, sono tratti da Perseveran-ti nella Carità. Trent’anni di Caritas in Italia, EDB, Bologna 2003 (pubblicazione a cura di Caritas Italiana).

(10) Citazione in Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo, Quaderno n. 13, a cura della Caritas Italiana.

(11) Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo, Quaderno n. 13, pubblicato per la prima edizione nel 1979.

(12) Inoltre, nel dicembre successivo, 1976, la Caritas fu incaricata, in collaborazione con l’Unione Nazio-nale Enti di Beneficenza e Assistenziali, di seguire la realtà dell’assistenza in campo ecclesiale, di raccoglie-re i dati e la documentazione, di promuovere le commissioni diocesane per l’assistenza sociale (Perseveran-ti nella Carità...).

(13) Citazione in Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo,Quaderno n. 13, a cura della Caritas Italiana.

(14) Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo,Quaderno n. 13, a cura della Caritas Italiana.

(15) Obiezione alla violenza…

1. GLI OBIETTORI CARITAS COMO

I numeri degli obiettori nel tempo: primianni OttantaComplessivamente hanno prestato Servi-zio Civile presso la Caritas diocesana diComo quasi 900 obiettori. L’archivio sto-rico ora comprende tutti gli obiettori chehanno prestato Servizio Civile in Caritasdiocesana e che sono stati congedati. Con il tempo andrà crescendo il nuovoServizio Civile Nazionale, tuttavia è ra-gionevole pensare che, fino alla data del-l’abolizione della leva, ancora qualchegiovane presenti domanda di obiezione, epossa così svolgere in Caritas il ServizioCivile “di vecchio stampo”. Ricordiamo che la Caritas italiana firmò laConvenzione con il ministero della Difesanel giugno del 1977. Da quel giorno le Ca-ritas si attivarono per accogliere in Servi-zio Civile dei giovani obiettori. Tuttavia fuindispensabile qualche tempo perché ilprogetto di Servizio Civile in Caritas pren-desse realmente consistenza. Per comin-ciare, era necessario che i giovani venisse-ro a conoscenza della possibilità, e poi chedecidessero per il servizio. Va contatoinoltre il tempo che intercorreva tra la pre-sentazione della domanda e l’inizio delservizio. Il primo obiettore di coscienza a entrare inservizio nella Caritas di Como si chiamaFausto Colombo e ora è docente ordinario

in Università Cattolica a Milano. Il suo servizio inizia il 15 gennaio 1980presso l’ufficio della Caritas in piazza Gri-moldi a Como. Per tutto il 1980 non en-trano in servizio che sei obiettori, di cuiuno valtellinese.Come fa notare don Plinio Bottinelli, iprimi obiettori di coscienza erano tutti stu-denti, appena laureati o in attesa di conse-guire il titolo. La ragione di questo fatto,dice don Plinio, è spiegabile soprattutto sericordiamo che, sommando i tempi di ser-vizio ai tempi di attesa, si otteneva un pe-riodo di oltre due anni, spesso di più. Men-tre per un lavoratore era assolutamenteimproponibile una “pausa” così lunga, ununiversitario riusciva a gestire piuttostoagilmente gli studi, e nella maggior partedei casi poteva calcolaree tollerare un ral-lentamento del loro corso. Più avanti,quando la durata del Servizio Civile verràequiparata a quella del servizio militare(dodici mesi, prima, dieci, poi), e i tempidi attesa si faranno molto più brevi, anchedei giovani lavoratori sceglieranno il ser-vizio in Caritas.Anche nell’anno seguente gli ingressi sa-ranno solo sei. Ma già nel 1983 entrano inservizio venti obiettori; ventiquattro nel1984, trenta nel 1985. In cinque anni ilnumero degli ingressi è quintuplicato. Nella “Guida pastorale per la diocesi diComo”, del settembre 1984, si legge: «Po-sitivo il crescente numero di giovani che,

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Capitolo 3La Caritas di Como e il Servizio Civile

obiettori di coscienza al servizio milita-re, chiedono di svolgere il loro ServizioCivile negli ambiti della Caritas diocesa-na (già congedati n. 45; in servizio n. 19;in attesa di precettazione n. 12; in istru-zione n. 16)»(16).Gli Enti convenzionati, che nel 1980erano tre, sono ormai più di trenta nel1985.

Fine anni Ottanta e decennio successivoAncora nel 1987 il numero degli ingressiin servizio si aggira sulla trentina, per poisubire un calo l’anno seguente (12 ingres-si). Risale quindi negli anni successivi,raggiungendo un primo “picco” di 48 in-gressi nel 1991.Il 1989 è stato l’anno in cui, grazie a unasentenza della Corte Costituzionale, la du-rata del Servizio Civile, fino a allora diventi mesi, viene equiparata a quella delservizio militare. Probabilmente questa cir-costanza ha stimolato un maggior interesseda parte di molti giovani a prestare un Ser-vizio Civile fino a allora troppo “impegna-tivo”. Ma si può anche pensare che, dopo ilprimo decennio di attività e testimonianza,la realtà dell’Obiezione di Coscienza e delServizio Civile in Caritas avesse raggiuntonella consapevolezza delle persone unaidentità ormai ben definita, tale da giustifi-care un maggior interesse.Per ben quattro anni il numero degli in-gressi in servizio si mantiene su questo li-vello, per poi portarsi, nel 1995, a 63, ri-manendo nel 1996 a 61. Il periodo com-preso tra questi due anni è caratterizzatodalla comparsa di molti C.S.P. (Centri

Socio Parrocchiali: gli oratori) fra gli Enticonvenzionati. Il Servizio Civile Caritas siapre quindi a una realtà che già in alcunicasi sosteneva, ma che ora diventa ben piùpresente. La pastorale oratoriale, l’assi-stenza ai bambini nel doposcuola, il grest,i campi scuola delle parrocchie. Da unlato, come nota ancora una volta don Pli-nio Bottinelli, un servizio del genere nonrisponde letteralmente alla esigenza di so-stegno agli “ultimi”(17), né si caratterizzacome intervento profetico là dove sorganonuove povertà, intervenendo piuttosto inun campo già ben codificato e seguito conattenzione in vario modo. Ma è altrettantovero che, nella parrocchia, l’obiettore dicoscienza trova il luogo forse migliore pertestimoniare il suo servizio, rendendo con-sapevoli gli altri giovani e la comunità in-tera della scelta che ha intrapreso. Nelleparrocchie, il cammino dell’Obiezione diCoscienza si è fatto ancora più vicino allaChiesa.

“Vetta” e discesaInfine, nel 1998, il numero di ingressi rag-giunge la “vetta” massima: 93 obiettori.Con un po’ di fantasia ci immaginiamoquasi cento persone che, in tutta la diocesi,cercano di darsi da fare per gli altri. Certa-mente ancora una volta stiamo giocandosolo sulla quantità, e questo non può aiu-tarci a capire il fenomeno nella sua realeportata. Negli anni 1999 e 2000 il numerodegli ingressi si attesta ancora intorno allasettantina (rispettivamente 75 e 77).Poi, a cominciare dal 2001, scende verti-ginosamente. La linea del grafico eviden-zia una “picchiata” che, in due anni, porta

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il numero delle entrate in servizio a 7. Siritorna ai numeri degli inizi, ma questavolta restano sul territorio molti centri che,dopo aver costantemente beneficiato del-l’apporto di obiettori, improvvisamente sitrovano a fare i conti con un “buco da tap-pare”. La scelta della Caritas in questi anniè stata quella di concentrare gli obiettoridella zona di Como in città, con preceden-za ai centri più direttamente coinvolti dauna sempre maggiore problematica digrave disagio e emarginazione, cioè il cen-tro servizi Porta Aperta e il Centro diAscolto. Anche in Valtellina sempre menogiovani presentano la richiesta per fare do-manda di obiezione in Caritas.Le ragioni di questo calo rapido e vistosostanno molto probabilmente nel prospet-tarsi della fine dell’obbligatorietà di leva,che da una parte determina fisiologica-mente un calo di domande. Dall’altra, vadetto che, negli ultimi tempi, la dispensadal compiere il Servizio Civile obbligato-rio (ma così anche per quello militare), ve-niva concessa dal ministero con estremafacilità. Molti dei giovani “chiamati” aquesto punto sceglievano di presentare do-manda di dispensa. L’interesse ormai si ri-volgeva al nuovo Servizio Civile volonta-rio, per cui è ragionevole pensare alla con-cessione delle dispense come a un rispar-mio di fondi in vista del nuovo progetto.Forse il calo improvviso di obiettori puòfar pensare anche a un interesse in costan-te diminuzione fra i giovani, o a una cadu-ta di motivazioni. D’altra parte è giusto ricordare che il carat-tere di obbligatorietà del servizio “garanti-va” se non altro che tutti i giovani in età di

leva si trovassero, per così dire, di fronte auna scelta non evitabile. Oggi la sfida è inun certo senso più grande. Giovani non“obbligati” sono chiamati a raccoglierel’invito al servizio volontariamente.Ancora una volta perciò al centro è chia-mata la coscienza.

2. UNO SGUARDO SUI CENTRI OPE-RATIVI

I centri operativi di servizioIn seguito alla convenzione del 1977 conil ministero della Difesa la Caritas italianasi configurò come il supporto giuridico alquale le singole Caritas diocesane, e traesse quella di Como, fecero riferimentoper l’assunzione in servizio di obiettori. Aloro volta le Caritas diocesane stipularonodelle convenzioni con i centri che, sul ter-ritorio, potessero offrire ai giovani la pos-sibilità di un servizio agli “ultimi”. Chia-miamo questi centri “centri operativi” oanche “Enti convenzionati”.Nel corso degli anni la Caritas di Como hastipulato convenzioni per il servizio conuna novantina di centri in tutto, alcuni pre-senti per tutto l’arco di tempo dal 1980 aoggi, altri subentrati piuttosto presto, viavia che un numero maggiore di obiettori sirendeva disponibile. Altri centri ancorahanno sottoscritto una convenzione soloin tempi più recenti. Infine alcuni di essiappaiono in presenza limitata a un certoperiodo di tempo. Se volessimo azzardare una distinzione,potremmo distinguere da una parte i centri“storici”, quelli cioè che fin dall’inizio

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hanno accompagnato la Caritas, e al poloopposto i centri che, per motivi vari,hanno avuto con la Caritas un rapporto“sporadico” (appare come esempio signi-ficativo quello di molti oratori, sparsi sututta la diocesi, che hanno avuto in servi-zio un solo obiettore, o non molti di più).Infine c’è tutto il complesso di centri ope-rativi che, pur non registrando una storiaparticolarmente lunga di convenzione conla Caritas, e/o non contando tra le propriefile vere e proprie “schiere” di obiettori,restano nello svolgersi di questi anni cometestimonianza significativa di un camminodi carità. Gli Enti convenzionati sono distribuiti sututto il territorio della diocesi, dal centrocittà di Como alla zona della ValtellinaSuperiore. Già solo questo fatto ci indicapiuttosto chiaramente che il fenomeno delServizio Civile, per quanto riguarda lascelta della Caritas diocesana, si configuracome estremamente ricco nella diversità.Ma ancora più viva è l’immagine che su-bito ci colpisce, e che possiamo descrive-re come quella di un servizio “capillare”,che tenta di dare risposta ai bisogni e allepovertà più vari, nei modie nello spazio.Capillare, eppure “guidato” da un unicostile di carità (quello appunto tipico dellaCaritas). Così alla definizione di “fenome-no” è forse preferibile quella di “storia”, odi “cammino”. Qualcosa cioè che non ap-pare soltanto come significativo in circo-stanze particolari e poi caduche, bensì unimpegno che cerca di farsi posto nelmondo per incidere su di esso. Un servizioche, quindi, si svolge anche nel tempo.

Il centro di coordinamentoUn discorso introduttivo va fatto per quan-to riguarda in un certo senso il primo cen-tro “per eccellenza”, se così si può dire:l’ufficio centrale della Caritas. Questo uf-ficio è primariamente la segreteria dellaCaritas, sede della direzione, e in secondoluogo l’ufficio di gestione del Servizio Ci-vile per gli obiettori Caritas della diocesi.Soprattutto nei primi tempi, però, esso eraanche l’unico centro vero e proprio dellaCaritas in città. Si trovava quindi a essereil luogo concreto di riferimento per le per-sone in difficoltà. Ben presto, infatti, co-minciò la sua attività di Centro di Ascolto.Gli obiettori in servizio in “sede Caritas”affrontavano quindi attività piuttostovarie, dalla gestione dell’ufficio in sé, al-l’assistenza a bisognosi. Poi il Centro diAscolto si spostò in via Tatti, e in seguitoin via Guanella, dove si trova ancora,mentre in via Tatti fu aperto il Centro Ser-vizi Porta Aperta.

Alcuni centri “storici”I primi due centri della città di Como incui furono presenti obiettori in ServizioCivile sono l’ufficio Caritas stesso e laCasa Famiglia di via Milano. La Casa Fa-miglia ha continuato a avere in servizioobiettori (per un totale di 26) fino al 2001,anno del drastico calo di ingressi. Nellacittà di Como un altro centro che potrem-mo definire “storico” è la Casa della Divi-na Provvidenza del Don Guanella in viaTommaso Grossi. Questo centro operativoha cominciato a assumere in servizioobiettori Caritas nel 1981, e ha continuatoa averne fino al 2001 per un totale di 79. È

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questo l’Ente convenzionato che in asso-luto ha beneficiato della presenza di piùobiettori in tutta la diocesi. Seguono laCasa di Gino, con 55 giovani in serviziodal 1982, e l’Istituto Villa S. Maria di Ta-vernerio, con 52 dal 1984. Infine la comu-nità del Crocifisso SS Annunciata, che haavuto in servizio dal 1984 un numero di37 obiettori.Per quanto riguarda la Valtellina, invece, ilprimo centro fu l’Istituto Madonna del La-voro di Nuova Olonio, che ebbe in servi-zio obiettori già dal 1980, per un totale di27. Ma l’Ente convenzionato che ha as-sunto in servizio il maggior numero digiovani obiettori è il centro Rita Tonoli diTraona, con 44. La parrocchia di Chiaven-na, infine, ne registra 24. Come dicevamo prima, in questi centri“storici” i numeri di obiettori sono elevati.Se, per esempio, dividiamo il numero to-tale degli obiettori del Don Guanella pergli effettivi venti anni in cui hanno presta-to servizio, otteniamo una media di quat-tro obiettori per anno. Questo significa cheper vent’anni l’Ente ha potuto contaresulla forza costante e consistente dei gio-vani in Servizio Civile. Così anche perquegli Enti che registrano quaranta/cin-quanta obiettori. Ma è interessante notareche, comunque, anche nei centri come laCasa Famiglia, o l’istituto Madonna delLavoro, che ne registrano intorno ai venti-cinque, la continuità del servizio almenoteoricamente non è mai venuta meno (èperò difficile fare una analisi approfonditasulla storia di ciascun centro in rapportoagli ingressi, per vedere, per esempio, seciò sia avvenuto anche praticamente).

Altri centriCi si può interrogare poi su tutta quella co-stellazione di centri che, pur non potendo-si fregiare per questioni numeriche del-l’appellativo di “storici”, tuttavia sono l’e-spressione più concreta e presente, quellache crea la base di consistenza sul territo-rio del cammino del Servizio Civile in Ca-ritas. Cammino che trova un punto fortenella consistenza numerica, ma che,preme sottolinearlo, come vedremo neicapitoli seguenti, non su di essa appoggiai suoi passi. Si contano una trentina di centri che si ag-girano tra i venti e i dieci obiettori, o co-munque che rimangono intorno ai dieci.Abbandonando per un attimo il discorsodella media (che risulta utile da un puntodi vista “statistico”, ma molto poco se sivuole avvicinare una realtà viva) va dettoche, confrontando il numero degli obietto-ri di un centro con il numero di anni co-perti dalla convenzione con l’Ente per ilservizio, si riscontra sempre un rapportopiuttosto favorevole.Infine, passando a considerare con una ra-pida scorsa tutti quei centri che registranonumeri di obiettori sotto la decina, si notache nella maggior parte dei casi essihanno cominciato a assumere in servizioin anni recenti (dalla metà degli anni No-vanta in poi).

Le varie tipologie dei centri di servizio, ivari serviziPur sempre rimanendo nell’ambito del-l’assistenza e dell’aiuto a persone in diffi-coltà, le tipologie dei centri si presentanocome molto varie. Proprio perché varie

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sono le persone in stato di povertà, nelcorso del cammino la Caritas di Como haproposto il Servizio Civile per assistereanziani, disabili, tossicodipendenti, malatimentali, adolescenti e bambini; e poi sem-pre di più immigrati, senza fissa dimora,persone in stato di grave emarginazionesociale. L’emergere delle “nuove povertà”ha creato una serie di tematiche che fannoriflettere e di situazioni inedite da affron-tare, e questo nel corso del tempo ha in-contrato gli sforzi della Caritas e dei cen-tri, determinando scelte importanti ancheper quanto riguarda i luoghi di servizio.

Chiamati a un confronto sulla carità La ricchezza nella diversità non è deter-minata solo, come si diceva prima, dalladistribuzione dei centri su tutto il territoriodella diocesi, e neppure esclusivamentedalla varietà delle tipologie di servizio. Bi-sogna tenere presente che ogni centro pre-senta un suo stile operativo proprio, unsuo modo di “tradurre” la carità. Oltre aessere fattore di arricchimento, questo puòcostituire anche occasione di confronto e,a volte, motivo di contrasto. Nel momen-to in cui un centro operativo decide di ac-cogliere in servizio obiettori Caritas, equindi accetta lo stile della Caritas (contutto ciò che ne consegue, dalla formazio-ne al ruolo dell’obiettore), implicitamentegli viene chiesto di riflettere sul propriooperare (è chiamato per esempio a con-frontarsi con un modo della carità nonsolo assistenziale, oppure di dare impor-tanza alla dimensione dello studio e dellaverifica, per un agire consapevole). Ciò èimportante per capire come in alcuni casi

il confronto sulla carità abbia generatoanche incomprensioni fra la Caritas e icentri operativi.

Comprensioni, incomprensioniUn obiettore, per svolgere in modo vivo ilproprio servizio, ha bisogno di esserecompreso nel suo ruolo, che è quello di chisi mette prima di tutto al servizio di perso-ne che gli chiedono aiuto. Avolte, nelle re-lazioni di fine servizio, gli obiettori sotto-lineano come aspetto negativo del proprioservizio un certo scollamento, tra servizioagli “ultimi”, come scelta di impegno perl’altro, e servizio alla struttura del centrooperativo (segreteria, manutenzione, ecce-tera). Quando prevale questo secondoaspetto, persino giungendo a impiegarel’obiettore esclusivamente come “mano-dopera a costo zero” si vanifica la portatasignificativa del servizio, e l’obiettore sisente frustrato.«Parecchie volte mi sono sentito più un di-pendente non retribuito, a cui poteva esse-re chiesto tutto, che non un obiettore inServizio Civile», si legge in una relazione,e ancora, con taglio piuttosto audace e cri-tico: «Credo che il compito della Caritasdiocesana, e io purtroppo non l’ho vistotradotto in pratica, sia di verificare l’ido-neità di certi Enti all’assegnazione diobiettori, di far capire ai centri operativil’importanza del Servizio Civile…». Divolta in volta in situazioni del genere, l’o-biettore in servizio si trovava spaesato, oconfuso. Spesso è solo una particolare si-tuazione o una scelta operativa dettatadalle circostanze a generare questo di-sagio.

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Non mancano, anzi prevalgono i casi incui l’obiettore si sente invece pienamentecompreso dal centro operativo nel proprioruolo. Si legge in un’altra relazione:«Posso affermare che in entrambi gliEnti(18) ho trovato la completa disponibili-tà degli operatori, con i quali l’intesa suiprogrammi è stata perfetta. In ambedue iluoghi la mia figura di obiettore di co-scienza è stata considerata nel suo signifi-cato più reale di spontaneo apporto diaiuto a emarginati, nella dignità di unascelta morale, volta a rendere significati-vo personalmente e socialmente un perio-do dai più impiegato, con minore durata,per il servizio di leva»(19).

3. LA FORMAZIONE DEGLI OBIET-TORI

(Dallo Statuto per il Servizio Civile in Caritas dio-cesana di Como)

«Il Servizio Sostitutivo Civile è aperto atutti i giovani:

– che siano seriamente motivati ri-guardo all’Obiezione di Coscienza eal Servizio Civile; ciò comporta: il ri-fiuto della violenza e quindi dellaguerra di ogni tipo e delle armi comemezzi di guerra; la volontà di un ser-vizio a favore delle persone in diffi-coltà o comunque bisognose, in attivi-tà concernenti opere di promozioneumana e di sensibilizzazione sui valo-ri della pace e della solidarietà;

– che abbiano maturato una scelta diappartenenza alla comunità ecclesia-

le o comunque di condivisione dellefinalità e dello spirito di servizio dellaCaritas, nonché la disponibilità a unitinerario di approfondimento dellemotivazioni di fede e della visionecristiana della vita, e che accettino ivalori umani e religiosi proposti dallaCaritas e i suoi progetti nell’ambitopastorale diocesano;

– che provengano preferibilmente dauna esperienza di servizio di volonta-riato nell’ambito sociale e di servizioai poveri».

Obiezione e servizio«La Caritas, come strumento pastoraledella Chiesa, che ha come suo obiettivoessenziale promuovere nella comunità cri-stiana un costume di fraternità e condivi-sione con particolare attenzione ai membripiù deboli, guarda al Servizio Civile del-l’Obiettore di Coscienza come a una scel-ta esemplare per testimoniare nella comu-nità religiosa e civile i valori della pace,della fraternità, della solidarietà, e quindiil rifiuto assoluto di ogni violenza e, con-seguentemente, delle armi, per risolverecontroversie e problemi tra individui e trapopoli»(20).Come sottolinea lo Statuto per il ServizioCivile in Caritas, l’aspetto fondamentaleda mettere in luce è che non si può parla-re di Servizio Civile senza Obiezione diCoscienza, e viceversa.Questo orientamento irrinunciabile apparechiaro fin dall’inizio. La frase particolar-mente significativa: Obiezione alla violen-za. Servizio all’uomo, che titolava la giàcitata pubblicazione, verrà ripresa anche

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per gli Atti del convegno per i trenta annidi obiezione in Caritas. Dall’inizio allafine, la Caritas ha guardato all’obiezionecome al momento necessario e consape-vole di un rifiuto a valori inaccettabilidalla coscienza. E d’altra parte questo“momento negativo” ha bisogno poi diaprirsi a un’ottica propositiva, quella chesi concretizza nel servizio. In altri passi siparla così di No alla violenza, Sì all’uomo.Risulta quindi come irrinunciabile il fattoche ogni giovane sia formato a vivere con-sapevolmente l’uno e l’altro di questi mo-menti. Senza una giusta consapevolezzadella scelta di obiezione, il servizio non sirende portatore dei valori a essa connessi(prima di tutto la pace, poi non violenza,giustizia, eccetera). Viceversa, senza ilmomento del Servizio Civile, la scelta diobiezione sarebbe vuota di ciò che è inessa più essenzialmente profetico: il carat-tere di apertura al servizio degli altri.In ogni momento della formazione degliobiettori, da un lato, la Caritas ha premurache venga valorizzato questo dupliceaspetto. Dall’altro, come emergerà dallerelazioni di fine servizio degli obiettoristessi (nell’ultimo capitolo), il dialogo fraquesti due poli si rivela fecondo anche perla stessa esperienza personale.

I due sensi della formazioneLa Caritas investe nella formazione degliobiettori secondo due principali direzioni.Se in un senso ne fa lo strumento principa-le per fornire ai giovani le basi culturali ele informazioni riguardanti la scelta del-l’Obiezione di Coscienza, nell’altro è attra-verso di essa che prepara i giovani al ser-

vizio concreto, e li segue nel suo svolgersi.«Il periodo di Servizio Civile deve soddi-sfare contemporaneamente due esigenze:realizzare un vero servizio, cioè offrire unarisposta precisa a determinati bisogni, e co-struire per il giovane obiettore un momen-to di crescita umana, sociale, anche cristia-na per i giovani che obiettano in nomedelle proprie convinzioni religiose»(21).

Consapevole serietàMolto concretamente, tutto ciò si traducenel grande rilievo dato dalla Caritas allaformazione, e nella serietà richiesta comecondizione per svolgere un vero servizio:«La Caritas richiede ai giovani una veraobiezione e un vero Servizio Civile, per-ché l’Obiezione di Coscienza e il Servi-zio Civile possano contribuire effettiva-mente a raggiungere gli scopi che sonoloro propri. Solo in questo modo inoltre èpossibile evitare che a giovani seriamen-te motivati si affianchino altri che sotto laparvenza del Servizio Civile abbiano dimira interessi diversi»(22). Ancora, nellapremessa dello Statuto si legge che conesso si vuole avvertire i giovani delle mo-dalità e della serietà con cui si intende ilservizio in Caritas, per «dissuadere inpartenza quanti si orientassero a un cam-mino tanto significativo con motivazionipoco fondate»(23).Va detto subito che, in ogni caso, spesso ècapitato che un giovane che avesse inizia-to il Servizio Civile con “motivazioni de-boli”, potè arricchirle o costruirsele profi-cuamente durante il cammino. La serietàsu cui si fa perno non vuole mai essere dis-criminante, come già si diceva, sulla base

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della purezza di intenzioni. Anzi, proprioqui ritorna il compito principale della Ca-ritas, che è quello di educare, la sua preva-lente funzione pedagogica.

Evangelizzazione e testimonianza dellaCaritàA questo proposito è particolarmente si-gnificativa una espressione che si trova inuna riflessione proposta dal CollegamentoNazionale Obiettori Caritas, alla luce deldocumento della CEI Evangelizzazione etestimonianza della Carità. «Noi obiettorivogliamo di nuovo scommettere su unaformazione che, dalla scuola alla cateche-si, faccia crescere ogni singola coscienzanel confronto, nel dialogo, nella testimo-nianza, in modo rispettoso e propositivo.Siamo convinti, infatti, che solo così sipotrà superare il diffuso soggettivismo el’individualismo che impregnano la no-stra società e che anche noi giovani vivia-mo. È proprio per evitare il rischio di mo-tivazioni “deboli” che sostengono la scel-ta del Servizio Civile che riaffermiamol’obiezione come scelta di una coscienzache sente fortemente la responsabilità diprendere posizione di fronte alle tante pro-vocazioni della violenza e della cultura dimorte»(24).

La formazioneCon una breve panoramica, vediamo oracon quali strumenti concreti la Caritas dio-cesana ha formato e forma i giovani chescelgono di prestare Servizio Civile pres-so di essa.

1. Il tirocinioPresentata la domanda di Obiezione di

Coscienza, e in attesa del precetto, l’obiet-tore è tenuto a svolgere il tirocinio pressoil centro in cui è destinato. Si tratta di unperiodo di circa 6/8 ore settimanali, neiprimi quattro mesi a seguire la presenta-zione della domanda, nel quale, per cosìdire, il giovane obiettore prende confiden-za con ciò che sarà praticamente il suo ser-vizio e con l’ambiente dove lo presterà. Iltirocinio si rivela molto utile per eviden-ziare eventuali difficoltà di rapporti con ilcentro o a svolgere quel tipo di servizio.Va anche detto che, purtroppo, anche contutti gli sforzi possibili, il tirocinio non èparagonabile per intensità e carico di lavo-ro al servizio vero e proprio che verràsvolto. È prerogativa della Caritas la parti-colare attenzione a questo “allenamento”al servizio.

2. Gli incontri periodiciLa necessità di seguire i giovani con at-tenzione, fornendo loro le basi più utili, siatecniche sia di riflessione, si concretizzanella proposta degli incontri comunitariperiodici. Nel corso degli anni si è presentata l’esi-genza di proporre dei brevi corsi prope-deutici ai giovani aspiranti obiettori. Si ètrattato in genere di brevi serie di incontripre-domanda, per introdurre i giovani allerealtà della Caritas, del servizio e dellaobiezione, senza trascurare le informazio-ni tecniche e burocratiche.Ma gli incontri periodici durante il servi-zio sono certamente l’occasione principa-le, nonché la più preziosa, di formazione.In essi l’esperienza del Servizio Civileesce da un’ottica individuale per entrare inquella di comunità. Il confronto con espe-

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rienze anche molto diverse dalla propria, econ altre tipologie di servizio, permette al-l’obiettore di capire che è inserito in unalogica più ampia, per cui il suo servizionon è esclusivo, ma trova respiro nellarealtà e nei temi messi in gioco. Tipica dellostile Caritas infatti è la premura che ognunocapisca come il proprio operato non siesaurisce “tutto lì”. È compreso in un pro-getto che ha come punto di forza la ric-chezza di vari carismi. Nel gruppo, l’obiet-tore è chiamato prima di tutto a testimonia-re il proprio cammino, e in questo modo,dovendone “rendere conto” agli altri, puòlui per primo prenderne coscienza.Le tematiche della formazione oscillanotra i due poli dell’obiezione e del servizio.Le grandi questioni della pace, della giu-stizia, della carità e della Chiesa vengonointerpretate per leggerle nell’attualità, onel concreto del servizio di ognuno. Nondi rado infatti queste tematiche di ampiorespiro sono trattate nelle loro declinazio-ni particolari: il disarmo, la difesa popola-re nonviolenta, la globalizzazione, la fi-nanza etica, il commercio equo-solidale, ilproblema Nord-Sud del mondo, eccetera.La Caritas ritiene essenziale che un giova-ne riesca a leggere il proprio servizio al-l’interno di questo ampio contesto, perchéquesti temi sono le radici della scelta stes-sa di obiezione. L’attenzione a essi permet-te all’obiettore prima di tutto di “formarsi”(25), e di “educare” poi gli altri. Ecco ancorauna volta la funzione pedagogica della Ca-ritas. Il servizio si deve configurare comeun “fermento” per la comunità. Oltre alservizio e alla formazione sono necessariela sensibilizzazione e la testimonianza(26).

L’attenzione e la proposta di momenti dipreghiera e spiritualità ha sempre accom-pagnato e completato la formazione.

Esempi di formazione obiettori in Caritasdi ComoNegli anni passati, la formazione perma-nente si è articolata anche attraverso in-contri organizzati a livello regionale, e altriincontri tenuti dalla Caritas diocesana conscadenza mensile. Settimanalmente inveceerano gli obiettori a organizzare e autoge-stire delle serate di formazione, a parteci-pazione libera e non di rado utilizzate perla preparazione degli incontri mensili.Nel 1990, per esempio, la formazione si èappoggiata su due cicli di corsi regionali,denominati “corso base”, rispettivamentenell’autunno del ’90, con il tema: “Essereobiettori Caritas in un mondo che cam-bia”, e nella primavera dell’anno seguen-te, a tema: “Il lungo cammino cristianodella pace”. Parallelamente, lungo tutto il1991, si sono tenuti incontri formativimensili, il cui elenco evidenzia i temi piùvari: “Le radici della violenza e le sue di-namiche interiori”(marzo), “Solidarietà esussidiarietà: l’Obiezione di Coscienzanella Costituzione italiana” (giugno),“Storia e spazi di carità della Chiesa diComo” (novembre), per citarne alcuni.Sia nell’estate del 1990 sia in quella suc-cessiva, sono stati organizzati campi esti-vi, per trattare il tema del dopo-congedo. Ilprogramma del primo recita: “il dopo-ser-vizio in rapporto alla propria crescita e allescelte personali di vita; in rapporto al con-testo ecclesiale della nostra diocesi; in rap-porto al contesto sociale”.

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Il campo del 1991 (31 maggio - 2 giugno)aveva come tema principale: “L’obiettorenon va in congedo” e declinava l’argo-mento secondo queste tre direzioni: “cosacambia nella vita personale; cosa cambia

nella vita ecclesiale; cosa cambia nellavita sociale”. Le rispettive relazioni eranofrutto della riflessione di tre obiettori Cari-tas in congedo(27).

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(16) La pastorale della carità, da Guida pastorale per la diocesi di Como, settembre 1984, citata in CaritasDiocesana Como, libretto informativo e divulgativo sulla Caritas diocesana, pubblicato nel 1990.

(17) Tuttavia questa impressione si ha solo a un livello immediato, di intuizione. Occorre non limitarsi a in-tendere gli “ultimi” esclusivamente come le persone in più grave difficoltà e emarginazione. Le povertà nonsono solo quelle che appaiono palesi, agli occhi di tutti, nella loro crudezza, come già si notava nella pub-blicazione Disagio sociale a Como e dintorni(a cura dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Ca-ritas Diocesana di Como, settembre 2002).«A mio parere l’intervento degli obiettori Caritas a livello parrocchiale è tra i più incisivi nell’intento di dif-fondere una “Cultura di Pace”. Per promuovere un’idea, creare una cultura, bisogna uscire allo scoperto, in-contrare persone, parlare, informare, spiegare a chi “non ha capito”, o “non sapeva”» (Dalle relazioni di fineservizio, Daniele, 1992).

(18) Capitava a volte che, per esigenze di servizio, l’obiettore di coscienza venisse destinato, nel corso delservizio stesso, a un diverso centro operativo.

(19) Quando l’obiettore che scrive ha prestato servizio civile, esso durava ancora venti mesi.

(20) Premessa allo Statuto per il Servizio Civile in Caritas per la scelta di Obiezione di Coscienza, diocesidi Como.

(21) Obiezione alla violenza. Servizio all’uomo, Quaderno n. 13, a cura della Caritas Italiana.

(22) Il servizio civile degli obiettori di coscienza nella Caritas. Guida pratica, Quaderno n. 31, a cura dellaCaritas Italiana.

(23) Premessa allo Statuto per il Servizio Civile in Caritas per la scelta di Obiezione di Coscienza, diocesidi Como.

(24) Evangelizzazione e testimonianza della Carità. Il contributo degli obiettori di coscienza della Caritas.Collegamento Nazionale Obiettori Caritas. Documento presentato alla Quarta Conferenza Nazionale degliObiettori di Coscienza (Napoli, 7 dicembre 1992).

(25) Si tende in genere a pensare la formazione come un dispositivo di norme che ci viene imposto e che cicondiziona, “inquadrandoci” là dove altri vogliono. Si fatica invece a pensare alla formazione come al modoin cui si insegna a crearsi un posto significativo nella società.

(26) Nel Quaderno n. 13 è riportato fra gli altri anche l’esempio di un centro di Como. Si legge: «Il lavorodegli obiettori è molteplice: assistenza completa agli handicappati ospiti [...]; ampliamento dei servizi e degliaiuti sul territorio; favorire una collaborazione permanente e sistematica tra i volontari saltuari che aiutano alcentro; proposta ai giovani che gravitano attorno al centro del servizio civile alternativo al servizio militare»(pag. 141). Sono qui condensate le linee portanti dell’operare Caritas e del servizio civile: la preferenza aipoveri, il coordinamento delle risorse sul territorio, la sensibilizzazione e la testimonianza.

(27) Per un breve approfondimento, si vedano i paragrafi conclusivi dell’ultimo capitolo.

Che eco ha avuto e come è stata accoltadalla comunità diocesana di Como la real-tà del Servizio Civile degli obiettori di co-scienza presso la Caritas? Quali traccepossiamo percorrere per cercare di capirecome è stata compresa la portata di questascelta?Come fa notare don Plinio Bottinelli, lapresa di coscienza relativa alla realtà delServizio Civile in Caritas è strettamentecollegata a quella della comunità nei con-fronti della Caritas stessa. Come abbiamovisto, la Caritas è nata in tempi relativa-mente recenti, in seno alla Chiesa e comesuo organo specifico, con compiti ben de-terminati di sensibilizzazione e educazio-ne. Una Caritas diocesana dovrebbe fun-gere da stimolo per la comunità, comeportatrice di idee profonde e con atteggia-mento profetico. «È indispensabile oggisuperare i metodi empirici e imperfetti, neiquali spesso finora si è svolta l’assistenza»dice Paolo VI(28). E auspica che la nuovatestimonianza della Caritas possa servirenon solo a stimolare la pastorale dellaChiesa, ma anche le istituzioni civili, lasocietà.Molte sono le affinità che legano lo spiri-to della Caritas con quello che soggiacealla realtà dell’Obiezione di Coscienza,poi maturata nel servizio. A cominciaredall’idea di essere per la Chiesa locale, eper la società civile, “coscienza profetica”.

“Scelta esemplare”Sul Settimanale della diocesi del 27 gen-naio 1979 compare un inserto interamentededicato alla possibilità del Servizio Civi-le, dal titolo: «Servizio Civile: sceltaesemplare». Si sottotitola che «L’alternati-va al servizio militare deve essere più co-raggiosamente proposta dalla comunitàcristiana». Gli articoli presentano da unlato la storia dell’Obiezione di Coscienza,dall’altro una breve spiegazione della con-venzione firmata dalla Caritas con il mini-stero, per poi indicare la possibilità disvolgere il proprio servizio in diocesi.Sembra importante notare come, da subi-to, venga dato un posto di rilievo all’illu-strazione del significato dell’Obiezione diCoscienza. I lettori del Settimanale aveva-no già incontrato la tematica dell’obiezio-ne in un articolo comparso il luglio prece-dente, dove si parlava di un seminario or-ganizzato a Roma dalla Caritas italiana. Aquesto seminario erano convenuti venti-cinque dei trentaquattro obiettori in servi-zio all’epoca nelle Caritas diocesane delnostro Paese. Viene poi pubblicata a no-vembre del 1979 anche una “guida tecni-ca” al Servizio Civile, in occasione di unarticolo riguardante l’esperienza di alcuniobiettori che avevano prestato serviziopresso un ospedale civile. Ci si avvia ormai all’inizio del ServizioCivile in Caritas. Un mese dopo infatti, adicembre, in un articolo-intervista, nell’ul-

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Capitolo 4La realtà del Servizio Civile nella coscienza della comunità

tima domanda si parla di Servizio Civile,e si chiede se «la Caritas Diocesana è in-teressata a questo particolare tema». DonPlinio Bottinelli risponde ricordando an-cora una volta la convenzione con il mini-stero. Illustra quindi come all’epoca sianoquattro le domande presentate per prestareServizio Civile in Caritas di Como, ecome per due giovani sia imminente l’en-trata in servizio.A gennaio, come abbiamo visto, il primoobiettore Caritas della nostra diocesi entrain servizio.

Scelta di testimonianza, “scelta per ipoveri”A giugno dell’80, un’altra pagina interadel Settimanale si dedica al tema “Obie-zione di Coscienza e Servizio Civile”.L’occasione è la presentazione di un li-bretto della Caritas diocesana: “Obiettoridi coscienza: una scelta di non violenza,una scelta di pace, un servizio all’uomo”.Nell’articolo si legge: «Di specifico gliobiettori cattolici e quelli della Caritas inparticolare fanno la scelta di dare al loroservizio, oltre al resto, anche il carattere diannuncio dei valori cristiani e la volontà disensibilizzare in modo particolare la co-munità cristiana, di cui si sentono parteviva, agli ideali di vita di cui si sentonoportatori». Emerge qui con chiarezza l’im-magine degli obiettori Caritas di essere te-stimoni della loro scelta a tutta la comuni-tà. Quasi a rimarcare l’idea, poche setti-mane dopo (Il Settimanale, 19 luglio1980) appare un’intervista al primo obiet-tore della Caritas.Infine, sempre sul Settimanale n. 6 del

1981, viene pubblicato un’articolo dal ti-tolo: «Obiezione di Coscienza: l’impegnoconcreto della Caritas Diocesana». L’im-pegno concreto a cui si fa riferimento è pergli “ultimi”. L’occhiello recita: «Una scel-ta per i poveri».

EsitazioniIn conclusione a questo articolo, don Pli-nio Bottinelli fa notare che gli obiettori inservizio sono pochi. «Ci si permette dichiedere quindi a parroci, operatori pasto-rali, responsabili di associazioni e movi-menti giovanili di incoraggiare questi fer-menti di bene, carichi di prospettive disperanza». Si presenta per la prima voltal’eco di un problema che si incontrerà poicostantemente lungo il corso del cammi-no. Nel documento “La pastorale dellaCarità”, tratto dalla Guida Pastorale per ladiocesi del 1984, si legge al punto 18: «Lecomunità parrocchiali non sembrano peròdare al fenomeno dell’Obiezione di Co-scienza la dovuta attenzione e dimostrareinteresse ai giovani cristiani obiettori inServizio Civile»(29). La stessa cosa sottoli-nea a livello nazionale mons. Nervo in oc-casione del Convegno di Loreto dell’annosuccessivo: «Se la Caritas italiana rivela daanni una spiccata sensibilità al fenomeno[dell’Obiezione di Coscienza e del Servi-zio Civile], è anche vero che la comunitàecclesiale italiana è ancora assai esitante aesprimere un atteggiamento decisamentepositivo e propositivo in proposito»(30).Le cose non sembrano migliorare con iltempo. Ancora nel 1998, in un articolo delSettimanale che riassume le molteplici at-tività della Caritas durante l’anno pastora-

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le 1997/98, al paragrafo Servizio civilesipuò leggere, fra l’altro: «Nei confronti ditale scelta e del suo significato educativopermangono nella comunità cristiana unanotevole freddezza e indifferenza»(31).

Tuttavia non si può dire che il tema delServizio Civile non fosse conosciuto onon sollevasse interesse nella società.Già nel 1981, per esempio, le comunitàalloggio di Como scrissero una lettera aiparlamentari comaschi, esponendo il pro-blema della mancanza di obiettori, legatoalle mancate risposte del ministero o ad-dirittura a ritardi nell’invio delle cartoli-ne precetto.Nel maggio del 1982 le ACLI organizzaro-no un convegno dal titolo: “Giovani, vo-lontariato, servizio civile”(32). Nel 1983 gio-vani di “gioventù aclista” si incontravanosettimanalmente per approfondire la rifles-sione e favorire la comunicazione sul feno-meno. Anche questo è solo un esempio.La Caritas da parte sua si mantenne sem-pre costante nel far conoscere il tema. Apartire dal 1987, sul Settimanale della dio-cesi apparvero le “Pagina Caritas”, inizial-mente mensili, attualmente quindicinali:veri e propri spazi dedicati, in cui periodi-camente la Caritas stessa tratta un argo-mento a essa inerente. In queste pagineanche l’Obiezione di Coscienza e il Servi-zio Civile hanno trovato ampi spazi. Gliobiettori stessi, tra i loro compiti essenzia-li, avevano quello di sensibilizzare la co-munità alla realtà dell’obiezione e del ser-vizio. Nella piccola biblioteca della Cari-tas diocesana, esiste una sezione piuttostoconsistente al riguardo.

Non dimentichiamo infine il ruolo di in-formazione che ebbe a proposito anche lastampa laica.

Servizio e pastorale dei giovaniNel 1985 era in piena discussione la tema-tica del volontariato, connessa a quelladella pastorale giovanile. Nel ConsiglioPastorale Diocesano del 25 maggio, che sioccupava proprio di pastorale giovanile, ilgruppo che affrontò il tema: “Servire, pro-fezia dei giovani”, si espresse così nellarelazione finale: «L’importante è serviresecondo una logica cristiana. Il senso pro-fetico cui si fa riferimento non è quello diuso corrente (fare iniziative nuovissime oclamorose) bensì introdurre logichenuove. Si sono qui affrontate le tematichedella scelta dei poveri, del volontariato,del ruolo della Caritas, del Servizio Civi-le...»(33). Importanza quindi alla scelta deipoveri, al ruolo della Caritas, al servizio. Ci si sta muovendo in un quadro che segueil convegno giovanile diocesano di quelperiodo. Il gruppo pastorale che l’avevaorganizzato venne infine insediato comeCommissione giovanile dal Vescovo il 7novembre di quell’anno.Fra i compiti della Commissione (al punto“e”) si legge: «Favorire l’attuazione discelte di volontariato e di servizio agli ul-timi in collegamento con la Caritas». C’èdunque un compito esplicito che coinvol-ge i giovani e lega le realtà del servizio edel volontariato con la Caritas. Può esseresignificativo soffermarsi sulla composi-zione della Commissione stessa: fra glialtri compaiono don Battista Galli, alloraresponsabile del Centro giovanile S. Filip-

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po e degli obiettori di coscienza Caritas (inseguito diventerà vice-direttore e infinedirettore della Caritas diocesana), e dueobiettori di coscienza Caritas, Oreste Ron-chetti e Antonio Bellieni.

Si afferma ancora: «alcune forme emer-genti di impegno, come il Servizio Civilee l’Anno di volontariato sociale femmini-le, sono segnali che invitano a dilatare glispazi della donazione di sé»(34).

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(28) Il discorso è riportato da Perseveranti nella Carità. Trent’anni di Caritas in Italia, EDB, Bologna2003 (pubblicazione a cura di Caritas Italiana).

(29) La pastorale della carità, da Guida pastorale per la diocesi di Como, settembre 1984, citata in Ca-ritas Diocesana Como, libretto informativo e divulgativo sulla Caritas diocesana, pubblicato nel 1990.

(30) In La relazione di Mons. Nervo. Il convegno di Loreto interpella la Caritas, Il Settimanale della dio-cesi, 5 ottobre 1985.

(31) Il Settimanale della diocesi, 18 luglio 1998.

(32) Un riepilogo del convegno si trova sul Settimanale del 12 giugno 1982.

(33) Bollettino Ecclesiastico Ufficiale 1985, pp. 82-83. Anche la citazione che segue è tratta dallo stes-so passo.

(34) Da Fede adulta per una comunità missionaria, lettera pastorale del Vescovo, novembre 1986. Cita-zione in Caritas Diocesana Como, libretto informativo e divulgativo sulla Caritas diocesana, pubblicatonel 1990.

A ogni obiettore Caritas viene richiesta, altermine del proprio servizio, una breve re-lazione che riassuma il servizio svolto, irapporti intercorsi con il centro operativo.Si chiede inoltre all’obiettore di esprimereun parere sul valore del corso pre-doman-da, del tirocinio, della formazione.Le “relazioni di fine servizio” sono parti-colarmente preziose, perché, oltre a conte-nere valutazioni personali sull’esperienza,raccolgono anche le impressioni, i vissutiemotivi, le critiche. Per questo motivo,esse forniscono un quadro abbastanza pun-tuale di come i giovani hanno inteso il loroperiodo di servizio, di come hanno vissutola scelta di obiezione, di come hanno ac-colto e interpretato il rapporto con la Cari-tas diocesana.Le relazioni di fine servizio costituisconoun materiale consistente di narrazione delServizio Civile. Poiché questa narrazioneavviene con le parole dei diretti interessati,e riporta sentimenti e sensazioni passate at-traverso i loro occhi, non c’è via miglioreper la Caritas per potersi rendere conto del-l’efficacia di una proposta, degli eventualiscogli, degli aspetti su cui è necessario ri-flettere, di quelli che è necessario ripensare.Nel momento di finire il proprio servizio, ingenere, il giovane obiettore non si fa moltiscrupoli. Se ritiene di dover dire qualcosa,lo fa piuttosto sinceramente, sia che si trat-ti di sottolineare un disaccordo, sia che alcontrario voglia rimarcare degli elogi.

Le relazioni di fine servizioLa grande varietà delle relazioni testimo-nia già di per sé la ricchezza di significatie punti di vista. Dal foglio scritto a manoal fascicolo stampato con il computer,balza all’occhio che si tratta di un cammi-no intrapreso da giovani anche molto di-versi, in tempi diversi.La lettura di parte di queste relazioni hacercato di coprire sia nel tempo sia nellospazio le coordinate più larghe possibili, eha fatto emergere alcuni temi che si ripro-pongono con una certa frequenza, comuniai tipi di servizio più disparato e distante.In genere, la valutazione del servizio svol-to è positiva. Si legge più o meno in tuttiche l’esperienza dell’anno di Servizio Ci-vile è stata occasione di crescita personale,ha dato più di quanto richiedesse, è stataformativa e stimolante. Nelle più varieespressioni: «mi ha dato gli stimoli per ri-flettere su alcuni punti cardine della miaesistenza (chi sono, dove vado)», oppure:«ha contribuito a maturarmi, a farmi vede-re le cose e le persone in modo diverso». Eancora: «Sono convinto che questa espe-rienza abbia lasciato un suo segno partico-lare nella mia vita, una sua impronta». Ricordo una metafora proposta da unobiettore, il quale scriveva che, se al mo-mento di entrare in servizio gli capitavadi vedere tutto piuttosto bianco o nero,l’esperienza del Servizio Civile gliaveva fatto notare le innumerevoli sfu-

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Capitolo 5La coscienza dell’obiezione e del servizio in Caritas neigiovani obiettori

mature che ha la realtà.In molti casi, il Servizio Civile si è rivela-to prezioso perché ha confermato un im-pegno di servizio già assunto con espe-rienze di volontariato varie. Rispetto aquesto, il Servizio Civile ha di diverso epeculiare «il fatto che si debba assumersile proprie responsabilità di fronte agli altrie che poi non si possa e non si debba piùdeclinarle» (come già notava un obiettoredegli esordi: 1980/81): il fatto dell’obbli-gatorietà, che presuppone un impegno in-derogabile.

La dialettica obiezione/servizioCome emerge in maniera chiara da mol-tissime relazioni lette, uno dei temi chepiù hanno stimolato la riflessione degliobiettori della nostra diocesi è sicuramen-te quello che la Caritas, come abbiamovisto, indica con l’espressione Obiezionealla violenza, servizio all’uomo. Il rappor-to inscindibile, cioè, tra la scelta di obie-zione e l’impegno al servizio.

1. I primi anniSoprattutto nei primi anni, la consapevo-lezza di questa dualità (intrinseca e fonda-mentale) è ben chiara nei giovani obietto-ri. In essi è molto pronunciata l’enfasi, noncerto puramente ideologica, sui valori tipi-ci dell’Obiezione di Coscienza.A questi giovani era ancora richiesto digiustificare la propria scelta di obiezioneadducendo motivi che poi erano vagliatida una apposita commissione. Nelle car-tellette dei primi obiettori sono raccolte lecopie delle domande presentate al ministe-ro. Nel 1980 esisteva ormai una forma

standard di domanda. Ma è interessantescoprire come, a volte, il giovane amplias-se questa forma prescritta riempiendolacon considerazioni personali, approfon-dendo le proprie motivazioni. Uno deiprimi obiettori della Caritas di Como citanella sua domanda i documenti conciliari(la Gaudium et Spes) e le lettere di S.Paolo, mettendo al centro di tutto il mes-saggio di pace di Cristo. Nella sua doman-da compare questa frase molto significati-va: «Ed è per questo che faccio la scelta diun servizio civile, non come rifiuto diqualcosa – l’esercito –, ma piuttosto comeimpegno verso qualcuno – i fratelli più bi-sognosi –» (Marco).La questione del vaglio dei motivi addottida parte di una apposita commissione sol-leva poi le posizioni più critiche: «Perquanto riguarda il chiarimento dei profon-di motivi che muovono questa mia richie-sta, mentre non ho nessun impedimento aesporli, non posso che sorprendermi chetale chiarimento venga richiesto a me enon a quanti accettano di prestare serviziomilitare» (Maurizio), e ancora: «Lo Stato[...] può solamente vagliare e giudicare imiei comportamenti eventualmente delit-tuosi: mai i miei pensieri, la mia coscien-za, contro la mia volontà» (Giovanni).La determinazione a compiere il ServizioCivile in questi giovani era talmente forteche in più casi, constatando un eccessivoritardo nella risposta del ministero, essi dipropria iniziativa entravano in servizio, di-chiarandosi formalmente “autodistaccati”,finché il ministero non avesse provvedutoalla regolarizzazione. Abbiamo vari casidi “autodistaccamento” da parte dei primi

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obiettori della Caritas di Como, a riprovache per loro la scelta di obiezione eraprima di tutto una scelta di responsabilità.Tutto ciò per rimarcare come i giovani,che prestarono servizio agli inizi, avesserouna coscienza chiara e determinata deiloro obiettivi e dei valori soggiacenti allascelta dell’obiezione. In questo probabil-mente sono per così dire gli eredi di quel-la prima generazione di obiettori di co-scienza, che rifiutò di assecondare la leggea prezzo del carcere.

2. Obiezione di Coscienza e Servizio Civile«Il Servizio Civile è, a mio avviso, ilmodo più corretto per dimostrare il pro-prio rifiuto alla violenza istituzionalizzatadell’esercito, non rifiutando il proprio do-vere verso la nazione».Agli inizi, dunque, si registra una forteconsapevolezza del fatto di essere prima ditutto obiettori di coscienza, i quali vivonola propria scelta in un servizio che si rendeprezioso perché ispirato ai valori che essaindica. I due momenti del No alla violenzae del Sì all’uomo non sono disgiunti nellacoscienza dei giovani obiettori.A poco a poco, però, andando avanti neglianni, è la realtà del servizio a passare inprimo piano, diventando il primo fattoredi orientamento alla scelta. Sempre piùgiovani, nel corso degli anni, si avvicina-no all’esperienza del Servizio Civile inCaritas. E sempre di più la “molla” che lispinge alla scelta è la possibilità di darsida fare in un servizio concreto, ancoraprima che quella di abbracciare l’Obiezio-ne di Coscienza. Questo secondo aspetto,la scelta di obiezione, ha solamente perso

la precedenza, poiché naturalmente nonpotrebbe mai venire meno.Così, gli stessi obiettori degli anni succes-sivi “sentono” in qualche modo questospostamento di prospettiva. Percepisconoche i “primi obiettori” agivano spinti dauna consapevolezza diversa, erano dentrouno spirito diverso.Vediamo alcuni pareri, tratti dalle relazio-ni di fine servizio.

«Mi rendo conto che le mie parole riguar-dano solo il servizio e non l’obiezione. Ineffetti sono uno degli obiettori che sonostati mossi da “motivazioni deboli”, comesono state definite nel convegno “Giovanie pace” (Milano, 16/11/1985), nel sensoche si è spinti più dalla volontà di prestareun servizio e l’obiezione passa in secondopiano».C’è in questo obiettore una precisa consa-pevolezza dello spostamento dall’obiezio-ne al servizio. Ma, come nota subito dopo,la riflessione sull’obiezione ha trovatomodo di essere sviluppata durante il servi-zio, grazie soprattutto alla formazione:«Tuttavia devo dire che durante il periododi servizio ho avuto modo di maturareanche la scelta dell’Obiezione di Coscien-za. Questo cammino è iniziato non tantoal momento della presentazione della do-manda, anche se per un cristiano è dove-roso, secondo me, dichiararsi contrario equindi rifiutare l’uso delle armi, quanto alcorso regionale per obiettori tenuto dallaCaritas» (Roberto).

Un altro obiettore sottolinea di aver pen-sato all’Obiezione di Coscienza in manie-

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ra un po’ diversa rispetto ai ragazzi che loavevano preceduto (i primi obiettori): «Ioho pensato prima alla possibilità che ilServizio Civile mi offriva di poter farequalcosa di socialmente utile nell’anno di“naja” piuttosto che all’Obiezione di Co-scienza e ai suoi valori associati. A questoproposito vorrei far notare che secondome ormai la maggioranza di chi scegliel’obiezione lo fa proprio seguendo questostesso ragionamento» (Davide). Ancheper Davide il momento di approfondimen-to dell’obiezione arriva in seguito, graziealla formazione: «Durante il servizio, so-prattutto grazie agli incontri mensili di for-mazione, ho potuto scoprire dei valori le-gati all’Obiezione di Coscienza vera epropria che non mi immaginavo quandosono andato a fare la mia scelta».Siamo intorno al 1991.

Man mano che si va avanti nel tempo, laconsapevolezza del divario fra “sentire”l’obiezione e “sentire” il servizio si fasempre più chiara. Nel 1996 Guido scrive:«È di sentire comune che l’Obiezione diCoscienza sta diventando sempre più scel-ta di svolgere il Servizio Civile e sempremeno Obiezione, un contrapporre un di-verso “stile di vita”. Ciò, se da una parte èun bene, in quanto dimostra una maturitàdi pensiero nei giovani d’oggi, dall’altro èun male, perché c’è il pericolo di fermarsisolo a metà percorso».E Angelo, l’anno successivo: «Confron-tandomi con i miei “commilitoni”, negliincontri di formazione e nelle discussionicon amici ex-obiettori(35), mi sono resoconto che le motivazioni che spingono alla

scelta del Servizio Civile si sono modifi-cate rispetto a alcuni anni fa. Apparente-mente può sembrare negativo il fatto chenon ci siano più gli obiettori “eroi”. Que-sti sono coloro che, giustamente, neglianni passati hanno lottato per il diritto al-l’obiezione in maniera dura e radicale.Essi erano sorretti da una decisa spintanon violenta e contestataria. Il veniremeno di queste persone e il calo delle lorotipiche motivazioni è un dato di fatto».Simili constatazioni di fatto sono accom-pagnate però da riflessioni molto limpidee propositive. Lo stesso Angelo scrive, su-bito dopo: «Ciò non deve spingere a giu-dizi parziali nei confronti dei giovaniobiettori: non sono necessariamente degliimboscati e degli scansafatiche. Sono uni-camente il risultato di battaglie precedentiche hanno reso più facile optare per il Ser-vizio Civile piuttosto che per la naja. Que-sto è sicuramente positivo e non deve farrimpiangere situazioni e persone passate.Bisogna cercare di individuare la missionedegli obiettori Caritas, la specificità delservizio in questo ente che lo rende diver-so dagli altri. È un andare a sottolineare ladimensione di Chiesa tipica di questa or-ganizzazione». Come dire che, dopo laforte enfasi sul No alla violenza, è venutoil momento di concentrarsi con impegnosul Sì all’uomo.

La risposta alla formazioneAbbiamo dunque visto come la formazio-ne, per esempio, si sia rivelata essenzialeper mantenere viva nei giovani in ServizioCivile la dimensione dei valori legati al-l’Obiezione di Coscienza. Ma, al di là di

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questo aspetto, come è stata percepitadagli obiettori la formazione nel suo com-plesso, come è stata accettata, come è statacompresa la sua importanza?Va detto che generalmente si riscontranelle relazioni di fine servizio una valuta-zione positiva dell’esperienza formativaproposta dalla Caritas, anche se non man-cano le voci critiche. Molto spesso la for-mazione è vista come indispensabile per-ché riempie di contenuto un servizio chealtrimenti correrebbe il rischio di esaurirsiin se stesso.Della formazione, soprattutto, è apprezza-ta la possibilità di confrontarsi in gruppo,come si è già detto, la sua dimensione dicomunità. «Grazie al corso, noi obiettorinon ci sentivamo isolati e abbandonati neinostri centri operativi ma, di più, e questoè bellissimo, ci siamo affiatati a vicendafino a diventare amici» (Gianluca). Moltoapprezzata in questo senso è l’esperienzaformativa delle comunità obiettori, doveistituite, all’interno delle quali era curatala riflessione. Questo si concretizzavanella «possibilità di crescere insieme nellafede e di approfondire insieme i temi del-l’obiezione» (Michele).Specialmente nei primi tempi si è moltoattenti allo spazio da dedicare alla forma-zione. In alcune relazioni non si trova ungiudizio di come è statala formazione, madi come dovrebbeessere per risultare piùefficace: «Trovo comunque che lo spaziodedicato alla formazione sia in generale li-mitato [...] Secondo me i mesi di ServizioCivile dovrebbero essere momento di pre-parazione e di formazione, in cui far cre-scere quelle motivazioni e quelle convin-

zioni che hanno portato a tale scelta; riten-go insomma che si dovrebbe essere ingrado di arrivare al congedo più motivati ecoinvolti sia nell’obiezione alla violenza ealle armi, sia nel servizio agli altri, mentreil rischio di un Servizio Civile ridotto alsolo “servizio” è proprio quello di far sìche l’obiettore veda il lavoro che devesvolgere solo come un dovere, non troppodissimile dal militare» (Natale, 1987).Dove è forte la coscienza di una irrinun-ciabilità a proporre i valori dell’obiezione,la formazione è vista e proposta come illuogo privilegiato per fare in modo che,attraverso di essa, i valori stessi si radichi-no nel servizio.Viceversa, quando mal sopporta, per cosìdire, un interventodella Caritas sulla edu-cazione della propria personale coscienza,l’obiettore tende a vedere negativamentela formazione. Questo accade a maggiorragione per i giovani che credono esclusi-vamente nell’utilità del servizio, conside-rando quasi la scelta di obiezione un ap-parato marginale. A volte la critica, sepure sinceramente costruttiva, si fa espli-cita e tagliente: «Da quanto ho anticipato,si deduce facilmente come io abbia trova-to del tutto superfluo il corso preparatorio.[...] Alla fine del mio servizio, mi sentoeducatore più di quanto mi senta obietto-re. [...] In definitiva, farei ancora il Servi-zio Civile per amore dei “miei” ragazzi, ein virtù del loro amore per me, non certoperché mi senta obiettore di coscienza perconvinzione ideologica. Lo farei ancorapiù volentieri se potessi evitare il fastidio-so, strisciante indottrinamento ideologicoammannito nel corso degli incontri perio-

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dici organizzati dalla Caritas» (Roberto).Questa relazione risale a pochi anni fa.Gli ultimi due esempi sono stati scelti ap-positamente per presentare il paradossodei due estremi: da un lato c’è consonanzatra obiettore e stile Caritas, e all’internodello stesso giovane la consonanza traServizio Civile e obiezione. Dall’altro in-cide una dissonanza, in un obiettore chenon si sente obiettore, con una scelta diformazione Caritas vista con fastidio.Si nota chiaramente nel secondo caso ilforte “scollamento” tra obiezione e servi-zio di cui si diceva sopra (sebbene non siaper forza rilevante, rimane indicativa ladiversa datazione delle due relazioni).Poter leggere critiche così radicali informaanche sulla difficoltà di tradurre la forma-zione in occasione positiva per tutti, e sulrischio che valori che la Caritas ritiene es-senziali e propone con convinzione possa-no venir letti come indottrinamento eideologia.Non è necessario comunque che l’obietto-re si trovi scomodonella Caritas, perchésenta a volte i temi della formazione come“poco concreti” o che “toccano poco”(sono espressioni tratte dalle relazioni).Viceversa, non è automatico che un giova-ne che non si sente obiettore di coscienzaabbia una posizione di diffidenza nei con-fronti della formazione Caritas. Questopuò significare che i temi trattati sono ri-usciti comunque a incidere qualcosa di si-gnificativo nel suo servizio.

L’obiettore non va in congedoChi abbia fatto servizio in Caritas si pre-senta di solito come “ex-obiettore”. L’e-

spressione se vogliamo è inesatta. Lo sta-tus di obiettore di coscienza lo si acquistauna volta per tutte al momento della pro-pria domanda, e lo si mantiene per sem-pre. L’inesattezza è dovuta alla confusionetra i piani di obiezione e servizio, confu-sione che deriva dall’essere stati questipiani così a stretto e reciproco contatto darisolversi infine quasi automaticamentel’uno nell’altro. Il giovane in Servizio Ci-vile è “l’obiettore”, fa “l’obiettore” .La Caritas ha cura di sottolineare subito,in ogni caso, la differenza che intercorrefra la scelta di essere obiettori di coscien-za e il compito del servizio. Si dice che ilservizio finisce, mentre obiettori si restaper tutta la vita, e questa coscienza è benviva anche negli stessi obiettori Caritas.«Se questo momento (i dieci mesi del ser-vizio) viene vissuto bene, sarà l’inizio diun’obiezione che non cesserà con la firmadi un congedo illimitato, ma che dureràper tutta la vita» (Marco).«L’Obiezione e il Servizio Civile sonofrutto di una decisione che tende a impo-stare tutta la vita di una persona, perchénon si è obiettori per venti mesi ma pertutta la vita» (Luigi).«Posso tranquillamente affermare di averpassato un anno bellissimo della mia vitache mi ha aiutato a crescere e che sicura-mente inciderà anche nel futuro perché,come si va sempre ripetendo, si è obietto-ri per tutta la vita!» (Davide).Ma cosa significa poi, in concreto, il fattodi rimanere obiettori?

Ciò che di più importante i giovani raccol-gono e portano avanti è soprattutto lo

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“stile” dell’Obiezione di Coscienza, noncerto il suo puro status legale. Molte volteinfatti non è solo su un piano di afferma-zioni “astratte” che viene espressa l’im-prescindibilità della continuità dello spiri-to dell’obiezione come servizio nella vita.Nel caso di Rossano, per esempio, la ri-flessione sull’impegno post-congedo simuove da considerazioni di valore pratico.«Questa esperienza mi ha chiamato ad unaanalisi della mia vita e delle mie scelte, fa-cendomi capire l’importanza di un impe-gno nel sociale come forma di volontaria-to, ma soprattutto come impegno a tempopieno; una scelta che personalmente terròin considerazione».E Andrea si chiede: «Davvero il dono diun anno? Pensavo di aver donato un po’dime stesso in questo anno, ma forse sonostato io a ricevere come dono l’anno appe-na trascorso. Credo che quanto ho vissutoin questi dodici mesi lascerà in me un pro-fondo segno, comunque poi andranno lecose. Di certo ho capito che la data delcongedo non è un traguardo, ma un giornocome gli altri, anzi, se prima c’era lascusa del servizio per costruire opere dipace, ora invece bisogna dimostrare, conl’aiuto di Dio, di crederci». In questa sin-golare prospettiva, il servizio è visto comeun momento da superare, quasi fosse unalibi che prima giustificava l’opera di ca-rità. Ora invece, non più legati all’obbligodi leva, si tratta di assumere la scelta inpiena responsabilità.

Abbiamo già detto, nel capitolo sulla for-mazione, come il campo estivo del 1991proponesse il discorso sul tema: “L’obiet-

tore non va in congedo”. Le riflessioniguida erano affidate proprio a tre giovaniche avevano già terminato il loro servizioin Caritas. La questione veniva affrontatadai tre punti di vista dell’eredità del Servi-zio Civile nella vita personale, nella vitaecclesiale e in quella sociale. Vittorio sottolinea come nella vita perso-nale cambi praticamente tutto, dai casi incui l’obiettore dopo il servizio sceglie unanuova professione per entrare nell’ambitodella solidarietà, a quelli in cui, pur noncosì radicali, avviene comunque un muta-mento significativo nello stile di vita.Cambiano anche il modo di intendere lavita di coppia e familiare, e il modo di re-lazionarsi con il prossimo, il rapporto conse stessi, quello con il mondo.Lo “stile” di cui si diceva è qui intesocome atteggiamento critico e responsabi-le, per una “coscienza politica”, di inter-vento e partecipazione. Ma è anche atten-zione alla “Verità nella Carità” (sonoespressioni tratte dal testo, che riechegge-ranno anche nelle riflessioni seguenti(37)).Per quanto riguarda la vita ecclesiale, Gio-vanni sottolinea: «La scelta dell’Obiezio-ne di Coscienza e del Servizio Civile, perun cristiano, rappresenta un forte aiuto ascoprire, attraverso la fede, il Disegno, ilProgetto che Dio ha su di lui: Dio lo hapensato ed ha pensato ciò che lo rende fe-lice. L’incontro con questo Disegno è larealizzazione dell’Uomo».Nella consapevolezza della propria fede, cisi sente chiamati a essere parte attiva e re-sponsabile della comunità. Come già inprecedenza Vittorio aveva rimarcato, è ne-cessario “lavorare sulla sostanza delle cose

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e non sulle apparenze”, rendendo “politi-ca” la propria appartenenza ecclesiale. Infine, dice Gianfranco, a livello socialenon bisogna dimenticare che al centro èposta la persona umana. Per il servizio «ènecessaria una presenza continua neltempo, che trascende l’anno di ServizioCivile. È una scelta di coerenza quindipensare, nel momento in cui matura laconvinzione di un’Obiezione di Coscien-za, a ciò che si farà nel dopo-servizio. L’o-biettore infatti è colui che, con sincerità eaccettando i propri limiti, non si acconten-ta del risultato parziale raggiunto, ma èsempre teso al suo superamento».

L’ affermazione di coscienzaRicorre, nei tre interventi, l’accento sulla

necessità, dopo il congedo, di una autofor-mazione permanente, o comunque di unariflessione continua sui temi della pace,della nonviolenza, della giustizia. Il Noalla violenza, nel Sì all’uomo, si trasformain una affermazione propositiva dei valoriche, come già detto, stanno alla base dellascelta di obiezione e servizio, e che la Ca-ritas attraverso la sua opera continuamen-te sottolinea.Dalla relazione di fine servizio di Matteo:«Posso dire, infine, che sono soddisfatto diquesta scelta [...]. Certi valori mi accompa-gneranno indubbiamente in altre scelte chedovrò compiere in futuro. In definitiva, ilServizio Civile finisce, l’Obiezione di Co-scienza o meglio l’affermazione di co-scienza rispetto a determinati valori no».

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(35) Compare qui il termine “ex-obiettore”, su cui ritorneremo in seguito.

(36) L’implicazione è così forte che si trasla in certa misura anche sulle ragazze che ora prestano il ServizioCivile Nazionale, che la domanda di obiezione non l’hanno fatta. Capita di sentirle autodefinirsi come “obiet-tori”. Ciò è comprensibile se si considera che, di fatto, molto spesso queste ragazze entrano in servizio as-sieme agli ultimi obiettori di coscienza “vecchio stampo”, oppure subentrano a essi nello stesso centro, asvolgere lo stesso servizio. Raccolgono in questo modo la loro eredità, sono naturalmente loro successori.

(37) Per la lettura completa di queste riflessioni rimando alla documentazione raccolta nell’archivio della Ca-ritas diocesana di Como.

Fausto Colombo, ora docente di Teorie eTecniche della comunicazione di massapresso l’Università Cattolica del SacroCuore di Milano, è stato il primo obiettorea entrare in servizio nella Caritas diocesa-na di Como. L’abbiamo incontrato il 26novembre 2003 per porgli alcune doman-de sugli aspetti più significativi che sonoemersi da questo fascicolo.

Può indicare in breve in cosa è consisti-ta la formazione per lei? Che importan-za ha avuto la formazione e che valuta-zione ne dà?

«Personalmente ho seguito un corso diformazione a Roma, gestito dalla CaritasItaliana, assieme ad altri obiettori del terri-torio nazionale. Immagino che fossero inumeri ancora ridotti dei primi obiettoriCaritas a rendere possibile una attività delgenere. È stata un’esperienza di formazio-ne legata soprattutto al dibattito, come re-soconto di testimonianze da una parte ediscussione di prospettiva collettiva dal-l’altra.Per il resto, essendo stato il primo e perlungo tempo unico obiettore della Caritas,la formazione per me si è configurata piùche altro come una preparazione alle ne-cessità concrete della Caritas. Era unasorta di tirocinio continuo, alle prese conle varie problematiche con cui le personeche erano intorno a me (Augusta, la “se-

gretaria” della Caritas, e lo stesso don Pli-nio Bottinelli) mi mettevano di volta involta in contatto. Mi sono quindi occupa-to di cose molto diverse. Non soltanto ge-stivo le pratiche degli obiettori che sonoentrati poi in servizio, e i rapporti col Di-stretto, ma mi sono anche occupato di pro-fughi vietnamiti, del terremoto dell’Irpi-nia, delle questioni legate al disagio citta-dino (alcolismo, senza fissa dimora, per-sone diversamente abili, eccetera). Si puòdire che fossi un perfetto dilettante intutto. Per questo era necessario “attrezzar-si”, lavorando con gli operatori che giàagivano sul territorio. La mia si può defi-nire una formazione “sul campo”».

Che rapporto c’era in lei, a livello dimotivazioni, tra la scelta di essere obiet-tore di coscienza e la spinta a un servi-zio per gli altri?

«Diciamo un ottanta per cento obiezionee venti per cento servizio. Credo che poi ifatti mi abbiano dato ragione, nel sensoche in seguito le due cose si sono avviatesu due strade diverse. Intendo dire chel’Obiezione di Coscienza, insieme a altrifattori (l’internazionalizzazione, la globa-lizzazione, il cambio del ruolo internazio-nale dell’Italia) ha portato alla riformula-zione del meccanismo della leva, al ripen-samento del ruolo dell’esercito. La que-stione del servizio invece ha portato allo

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L’intervista al primo obiettore della Caritas di Como

svilupparsi delle nuove forme di volonta-riato, come il servizio femminile, il servi-zio internazionale.Vorrei fare due precisazioni. La prima: inrealtà io non ero tanto un pacifista (losono, non però in un senso estremo),quanto assolutamente contrario all’eserci-to nella forma che aveva ai miei tempi.Paradossalmente sono meno contrario al-l’esercito per come è adesso, molto piùprofessionale cioè di quanto non fosse la“gigantesca perdita di tempo organizzata”che era la leva ai miei tempi, campata peraria. C’è un buon film di Bellocchio, inti-tolato “Marcia trionfale”, che andrebbevisto per capire cos’era l’esercito di allora.Resto pacifista, ma sono anche convintoche una dialettica nei rapporti fra l’Obie-zione di Coscienza e il servizio vada lettacaso per caso, a seconda dell’epoca stori-ca. Per esempio, ora è molto più, facile, diquanto non fosse allora, pensare a una col-laborazione tra volontario e militare, in al-cuni contesti internazionali. Forse ven-t’anni fa questo non era nemmeno lonta-namente immaginabile.La seconda precisazione è che, anche se alivello di motivazioni le percentuali cheho indicato sono a favore dell’obiezione,nella prassi quotidiana la proporzione fini-sce per ribaltarsi, nel senso che quando seidentro alla realtà, e hai di fronte i proble-mi delle persone, la motivazione al servi-zio prende il sopravvento, fino a farti di-menticare, da un certo punto di vista, chesei un obiettore».

Conosceva già la Caritas? Cosa ha vo-luto dire per lei confrontarsi con lo stilecaritativo suo tipico?

«Prima di tutto la mia scelta in questosenso è una scelta di tipo negativo. All’e-poca c’erano due grandi organizzazioniper gli obiettori, la L.O.C. (Lega Obiettoridi Coscienza) e la Caritas. Diciamo chealla fine ho optato per la Caritas perché mipiaceva l’idea di lavorare per un tipo divolontariato che, seppure in modo som-mario, conoscevo. Avevo una vita parroc-chiale, avevo studiato al collegio Gallio.Perciò mi ero già esercitato con temi divolontariato e di servizio. Più che lo spe-cifico mandato della Caritas, che non co-noscevo bene, la motivazione è stata avervisto la Caritas dentro un contesto di vo-lontariato e di servizio cattolico.C’è da dire che, sullo specifico, ho avutoda litigare in occasione del corso naziona-le di formazione. C’erano i sostenitori delvolontariato da una parte, mentre io conti-nuavo a sostenere che l’Obiezione di Co-scienza era Obiezione di Coscienza. L’ac-cento sul rifiuto al servizio militare eraimportante, non si poteva pretendere chelo spirito al servizio fosse per forza ugua-le in tutti. Dall’altro lato mi arrabbiavomolto quando sentivo che il servizio di al-cuni obiettori si riduceva nel far giocare ibambini nelle parrocchie. Se un certoequilibrio nelle teorie della Caritas eramolto più legato al servizio e al mandatomorale, nei fatti quotidiani ciò a volte sca-deva addirittura nella offesa al ruolo del-l’obiezione e alla sua importanza».

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L’espressione “si è obiettori per tutta lavita” che significato ha? In qualchemodo, è ancora viva in lei la scelta del-l’obiezione?

«La prima cosa che mi verrebbe da dire èche questa scelta per me è ancora vivanella forma specifica di essere un padre.Cioè nel sentire il mandato di raccontarein un certo modo ai miei figli la vicendadell’obiezione. Di mestiere poi faccio ilsociologo, e sono convinto che le cosecambino nel tempo. Non ho veramenteidea di come sarebbe adesso la mia scelta.Certamente non farei il militare. Se fossiin mio figlio, che è dell’88 e non verràchiamato, non so dire se sceglierei di fareil volontario. Per poterlo dire veramentedovrei trovarmi in quella situazione.Posso dire però, avendo insegnato ormaiper la metà della mia vita, che vedo comeil fascino del volontariato stia prendendoil sopravvento su quello dell’obiezione.Questo va legato anche al fenomeno stes-so, perché in qualche modo l’obiezione havinto la sua battaglia. Anche se molti allo-ra sostenevano che l’esercito professiona-le sarebbe stato una sconfitta, io non mitrovo per niente d’accordo. Certamente bi-sogna vedere di quale esercito si tratta, mase noi riuscissimo a avere un esercito pen-sato solo per operazioni di peace keeping(fatto che in ogni caso presupporrebbe unapolitica del nostro Paese diversa da quelladell’attuale governo), credo che non avrei

molto da eccepire sulla scelta di prestarviservizio».

All’incontro “Quello che la stampa nondice” (38), dopo aver introdotto il discorsodella guerra, lei ha citato per ben duevolte il fatto di essere obiettore di co-scienza. Questo significa che la sceltal’ha segnata?È possibile dire che lo spirito dell’Obie-zione segna una persona al punto cheessa ne porti l’impronta fino alla fine?

«Certo, l’Obiezione mi ha completamen-te segnato, e continua a segnarmi. Iopenso che la guerra sia sempre la peggiorsoluzione possibile. Non mi immaginosoluzione peggiore. La guerra nel sensostretto, un Paese contro un altro, è peg-giore della stessa violenza, che già è ese-crabile, è una somma di violenze inaccet-tabili. Le operazioni di peace keeping opeace making, invece, non possono esse-re chiamate guerre. È difficile dire che laprotezione di una missione umanitaria siaguerra.L’Obiezione segna. Io credo che per mesia andata così. E lo era in maniera ancorapiù forte per quelle persone che sono stateaddirittura in carcere in nome dell’Obie-zione. Ho parlato con alcuni di loro, genteche era stata al carcere militare di Gaeta oPeschiera, e li ho visti convinti più diquanto lo fossi io. L’Obiezione di Co-scienza è una esperienza che segna».

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(38) Incontro organizzato dalla FUCI Università Cattolica. È stato tenuto il giorno 12/11/2003 da Fausto Co-lombo come introduzione a un ciclo di cineforum dal tema: I conflitti dimenticati.

Bisogna assolutamente ringraziarechi ha steso questo testo per i 25anni dalla Convenzione della Cari-

tas Diocesana di Como per l’Obiezione diCoscienza e don Battista per le sue parole,come al solito pregnanti e, in particolare inquesto campo, fondate su una solidissimaesperienza.La sensazione generale è che già si co-minci a rimpiangere il tempo in cui c’era-no gli obiettori, non solo per evidenti postivuoti, ma soprattutto perché era una realtàcon una sua finalità ben precisa, con unavalenza educativa intrinseca, con evidentipotenzialità di fare del bene.Occorre proprio che ringraziamo il Signo-re di aver dato alla nostra Chiesa la possi-bilità di vivere, per tanti giovani, la condi-zione e il servizio dell’Obiettore. Non di-mentichiamoci infatti che sono state sceltedi Chiesa – in maniera particolare il Con-vegno “Evangelizzazione e promozioneumana” – a condurci in questo cammino,che poi ognuno ha recepito come sapeva eche nessuno ora può negare che sia statodono dello Spirito e sia divenuto un donoper la comunità cristiana.Ho poi l’obbligo di affrontare la domanda:e adesso dove stiamo andando? Non è unadomanda drammatica, però seria sì e per-ciò bisogna rispondere seriamente. Lovorrei fare in tre punti:

1.Sappiamo che l’esperienza degli obiet-tori sta terminando, ma non sappiamo

che cosa ne prenderà il posto. Non è in-fatti sufficiente il nuovo Servizio Civilea riempire lo spazio lasciato vuoto dallafine della leva obbligatoria (quando?).Infatti esso non dice molto in sé riguar-do a una scelta evangelica per la pace ela non-violenza, valore a cui veniva in-vece immediatamente messo di fronte ilfuturo obiettore (poi è chiaro che sog-gettivamente le cose potevano andarediversamente). E a noi come Caritasquesto aspetto interessa moltissimo, ap-punto perché non vogliamo ridurre il di-scorso della pace a manifestazioni, o de-legarlo a scelte direttamente politiche,ma siamo convinti che la costruzionedella pace è un fatto di popolo e di scel-te concrete, pagate con l’impegno per-sonale. La Caritas Italiana sta predispo-nendo una dichiarazione con cui un gio-vane o una giovane italiani dichiarano lapropria contrarietà all’uso delle armi e ilproprio desiderio di difendere la pacecon mezzi non violenti (anche perché unfuturo ripristino della leva obbligatoriali vedrebbe come dei possibili militari,donne comprese), ma tra una dichiara-zione e un anno di vita si capisce subitola differenza. Siamo fin da ora impegna-ti in Caritas a pensare e sperimentarecome tradurre in pratica la volontà chemolti giovani sicuramente hanno oggi diessere concreti costruttori di pace, sullabase della bella dichiarazione del n. 78

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Postfazione

della Gaudium et Spes, recepita poi neln. 2306 del Catechismo della ChiesaCattolica: “Mossi dallo Spirito, noi nonpossiamo non lodare coloro che, rinun-ciando alla violenza nella rivendicazio-ne dei loro diritti, ricorrono a quei mezzidi difesa che sono alla portata anche deipiù deboli, purché ciò si possa faresenza pregiudizio dei diritti e dei doveridegli altri o della comunità”.

2.Vediamo che il nuovo Servizio Civile èuna realtà, ma non possiamo determi-narne la consistenza e l’incidenza. Com-plicazioni burocratiche, incerte risorsefinanziarie e condizioni concrete in cuiviene a collocarsi questa scelta nella vitadi una giovane (un giovane) del nostroterritorio non permettono di diradare lanebbia che grava sull’esperimento ini-ziato da un paio d’anni. Continueremoper ora a navigare a vista. Non possiamoabbandonare una scelta fatta a livellonazionale, nella speranza che si riesca amigliorarne l’attuazione. Forse la pro-posta dell’obbligatorietà di sei mesi diservizio è ancora la migliore, ma nontrova larghi consensi. Forse si sviluppe-ranno, sull’impianto attuale, altre propo-ste che diano uno spazio di sussidiarietàcon il benestare delle Istituzioni. È certoche solo l’appoggio e l’interessamentodelle comunità cristiane, specie deglioratori, permetterà alla Caritas di soste-nere proposte veramente formative e adaprire ai giovani spazi per l’eserciziodella “fantasia della carità”.

3.Stiamo già sperimentando nuovi sen-tieri: possono diventare una strada? Avolte ci si domanda perché deve essereun’organizzazione centralizzata a pro-muovere proposte che possono nascereanche a un livello di base. Nel caso delfuturo della costruzione della pace edell’educazione al servizio è evidente:perché altrimenti molti giovani corronodietro a miti pseudo-pacifisti e pseudo-egualitari pur di poter esprimere il lorodesiderio di un mondo migliore e le no-stre comunità da sole faticano a inter-cettare questa richiesta; perché non bi-sogna creare nella Chiesa la logica chechi è ricco sarà sempre più ricco e chi èpovero si arrangia, cioè bisogna garan-tire, specialmente nell’educazione deigiovani, una equità nella proposta edare a tutti una possibilità di risponde-re; perché non bastano le singole espe-rienze: per diventare una strada, unascelta di vita, queste proposte devonoaprire anche a uno spazio sociale ed ec-clesiale più ampio di una singola co-munità o oratorio. La valorizzazionedel tempo dell’estate è un esempio disentieri che si stanno percorrendo. Te-nere ancorate queste esperienze (primae dopo) alla vita normale può farle di-ventare una strada. Tutto questo può di-ventare una nuova forma di obiezionedi coscienza e di servizio da cittadinidel mondo? Da solo non me la sentireidi scommetterci, ma se altri ci stannosì. Il dibattito è aperto.

don Daniele Denti

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