CRISTANTE, Stefano - L'Onda Anonima (Completo)

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  • NautilusCollana diretta da Alberto Abruzzese

    18

  • Copyright 2004 Meltemi editore srl, Roma

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    Meltemi editorevia dellOlmata, 30 00184 Romatel. 06 4741063 fax 06 4741407

    [email protected]

  • a cura di Stefano Cristante

    Londa anonima

    Scritti sullopinione pubblica diTocqueville, Lippmann, Tnnies, Allport,

    Lazarsfeld, Habermas, Luhmann, Bourdieu,Noelle-Neumann, Landowski

    MELTEMI

  • Indice

    p. 7 IntroduzioneLombra del Leviatano. Le scienze sociali e lenigma dellopinione pubblicaStefano Cristante

    15 La libert di stampa negli Stati Uniti Alexis de Tocqueville

    25 Lonnipotenza della maggioranza negli Stati Uniti e i suoi effettiAlexis de Tocqueville

    43 Gli stereotipi Walter Lippmann

    56 Critica dellopinione pubblica Ferdinand Tnnies

    77 Verso una scienza della pubblica opinioneFloyd H. Allport

    98 La ricerca empirica e la tradizione classica Paul F. Lazarsfeld

    119 Delimitazione propedeutica di un tipo di sfera pubblica borgheseJrgen Habermas

  • 148 Lopinione pubblicaNiklas Luhmann

    182 Lopinione pubblica non esistePierre Bourdieu

    202 Chiave lessicale per una teoria dellopinione pubblicaElisabeth Noelle-Neumann

    229 Lopinione pubblica e i suoi portavoceEric Landowski

    257 Autori

    267 Bibliografia

  • IntroduzioneLombra del Leviatano. Le scienze sociali e lenigma dellopinione pubblicaStefano Cristante

    Ho cestinato lintroduzione gi pronta a questa antolo-gia di scritti sullopinione pubblica.

    Cestinare come citare, correggere, inserire materialeiconografico, e cos via non sempre un atto privato. Pursvolgendosi nella mente di un singolo individuo, unazionedel genere avviene in seguito a una battaglia di idee. E rap-presenta dunque, in via metaforica, un percorso collettivodentro un singolo individuo.

    Per questo vorrei darne conto al lettore.Il progetto di questo volume nasce molto tempo fa, nei

    primi anni Novanta, quando tentavo di caratterizzare lamia collaborazione con la Cattedra di sociologia delle co-municazioni di massa tenuta da Alberto Abruzzese allaSapienza. Qualche anno prima avevo scritto la tesi dilaurea sullimpatto sociologico dellopinione pubblica, la-voro che mi aveva aiutato a ricostruire un legame tra i clas-sici della sociologia e questa misteriosa e melliflua macrote-matica (lopinione pubblica medesima). Inoltre il tema miossessionava da tempo: credo che la fascinazione consistes-se nel sentire (e non nel pensare) che tra la comunicazionee il modellamento di idee collettive esistesse un forte lega-me, che aveva questo nome (opinione pubblica) perchnasceva nel secolo dei Lumi e si allungava nella maturamodernit e quindi nella postmodernit.

    Qui cominciavano i miei problemi analitici: ero cos si-curo che la tesi di Jrgen Habermas (1962), secondo cuinon si poteva parlare correttamente di opinione pubblica

  • prima dellavvento della sfera pubblica borghese nel Sette-cento inglese e francese, fosse del tutto corretta?

    Mi sembrava evidente ad esempio esaminando la sfe-ra dellopinione attraverso la dinamica delle istituzioni po-litiche che in qualsivoglia momento della storia umana sicreassero circostanze capaci di modificare nelle menti degliindividui giudizi ed estetiche, opinioni politiche e urbani-stiche, pregiudizi e forme scientifiche. Circostanze in gradodunque di esprimere un passaggio di fase, un cambiamen-to, una reazione.

    E anche in periodi pi statici, non erano sempre e co-munque al lavoro le intemperanze e le simpatie, gli stereo-tipi e il carisma e il pettegolezzo? Come si poteva tenerefuori tutto questo versante problematico dal lavoro teoricosullopinione pubblica?

    Infatti con Habermas liniziale apertura storiograficaprende poi la via di un risucchio hegelo-marxiano: cera untempo in cui la sfera pubblica borghese produceva genia-lit e rivoluzione (lo Spectator di Addison e Steele, le operedi Swift e La democrazia in America di Tocqueville); venneil tempo di una normalizzazione democratico-rappresenta-tiva, venne quello del fordismo e del welfare; infine eccocialla dissoluzione mediatica del concetto di opinione pub-blica, alla TV generalista inventrice di opinioni prefabbrica-te, al giornalismo carta straccia.

    Tutto il percorso di Francoforte si riconfigura egemone:lavanguardia intellettuale predice lApocalisse in quantofine della funzione critica del sapere.

    Ogni tanto riprendevo in mano alcuni degli scritti chemi erano sembrati dire qualcosa di diverso dalla pur riccalezione di Habermas.

    Tocqueville per primo, che aveva disseminato La demo-crazia in America di spunti eccellenti sullo spirito della me-ga-nazione statunitense (potremmo anche dire: sullimma-ginario collettivo americano), non tralasciando di notare ilprofilo dinamico delle maggioranze attive calate nel vivodellepica della frontiera. Si determinavano nuovi bisogni

    STEFANO CRISTANTE

  • collettivi, linformazione si mescolava allinserzione a paga-mento. La pubblicit sui giornali e le gazzette esplodeva inun paese vasto, dotato di risorse che solo uno spirito collet-tivo organizzato su valori forti poteva incanalare produtti-vamente. La pubblicit era finalmente un bisogno colletti-vo e una strategia comunicativa.

    Cerano naturalmente anche autori pi recenti delconte di Tocqueville, come il geniale metodologo austria-co Paul Lazarsfeld, che durante la sua permanenza negliStati Uniti mise a punto strumenti di misurazione delleopinioni capaci di far compiere un salto strategico aisondaggi e alle ricerche, cio al mercato e al sapere. Purcos interno a un modo normalizzato (funzionalista) distudiare e interpretare lopinione pubblica, Lazarsfeldproponeva nei simposi dellAmerican Sociological So-ciety di considerare il lavoro sullopinione pubblica unprogetto comune alle diverse discipline sociali. Sentiva ilbisogno di andare pi in profondit, Lazarsfeld, e anchedi riprendere il contatto con alcuni classici della primamodernit che avevano per primi abbozzato il legame trareputazione, opinione e potere.

    A fare da sfondo a queste mie investigazioni private erala constatazione che nellimpetuoso flusso multimedialeglobale dellultimo decennio del Novecento lespressioneopinione pubblica tendesse a situarsi in modo semprepi stabile e capillare. A ogni nuovo evento degli ultimi an-ni del secolo (il dopo muro di Berlino e il conflitto dei Bal-cani, la prima guerra in Iraq, la presidenza Clinton, lav-vento di Internet, il Sexgate, la guerra del Kosovo) sentivoche lidea di raccogliere gli scritti di alcuni scienziati socialisulle concezioni teoriche dellopinione pubblica sarebbestato utile per chiarire alcuni equivoci di fondo (espressio-ni che si accavallano: clima di opinione, sondaggi, profezieche si autoavverano, leader di opinione, opinion-makersecc.) e avrebbe costituito una prima base dimostrativa delfatto che le scienze sociali non ignoravano la complessit diquel misterioso oggetto di studi.

    LOMBRA DEL LEVIATANO

  • Abruzzese a un certo punto mi restitu la cartella checonteneva le fotocopie dei brani selezionati di una decinadi autori, dicendomi che secondo lui cera una questione didiritti dautore (a partire da Habermas, che nellantologiaaveva un ruolo fondamentale), e che avrei dovuto occupar-mene direttamente oppure trovare qualche esperto edito-riale che mi desse una mano. Ci prov Lorenzo Pavolini,che mi lasci gentilmente dei recapiti telefonici stranieri edelle mail. Nel frattempo avevo cominciato a scrivere la te-si di dottorato di ricerca sul rapporto tra potere e comuni-cazione e il progetto dellantologia rest a riposare per unbel po danni, anche se ho continuato a occuparmi di ana-lisi dellopinione pubblica e a tornare spesso agli scritticlassici sullargomento.

    Alcuni saggisti specializzati in opinione pubblica li ritro-vai pi convincenti a una seconda lettura: il caso di WalterLippmann, che nel 1922 fece uscire sul mercato statuniten-se Public Opinion, un libro molto ben scritto e soprattuttola conferma che per capire da dove vengono le nostre diffi-colt concettuali occorreva puntare sulla continuit tra sferagrafica (i giornali) e sfera audiovisiva (le TV). Lippmannscriveva negli anni precedenti lavvento compiuto dellau-diovisivo, eppure gi attribuiva unimportanza straordinaria(e cogente) ai media. Gli uomini ne hanno bisogno, dicevaLippmann, per interpretare tutti gli eventi non direttamen-te attinenti alla sfera intima e domestica. E aggiungeva cheper orientare il nostro bisogno dinformazione esistono rag-gruppamenti oggettuali che chiamiamo stereotipi, i qualipossono diventare armi strategiche in presenza di fasi con-flittive acute (Lippmann era stato sottosegretario aggiuntoal Ministero della guerra statunitense durante la grandeguerra, quindi era competente in propaganda bellica).

    Alcuni autori li incontrai per citazioni dirette e indiret-te, talvolta accompagnati dalla successiva lettura dei testioriginali. In particolare, una vera e propria scoperta fu Laspirale del silenzio della studiosa tedesca Elizabeth Noelle-Neumann. Ledizione americana completa era disponibile

    STEFANO CRISTANTE

  • fin dall84, ma in Italia si parlava della Neumann soprattut-to per la teoria degli effetti forti dei media, cos tradottada Mauro Wolf in un fortunato manuale.

    Ma il sottotitolo della Spirale parlava chiaro: Lopinionepubblica, la nostra pelle sociale. Quel libro, che nelle suc-cessive edizioni in varie lingue assunse un pi corposo vo-lume di pagine e di riferimenti bibliografici, apriva la stra-da allanalisi dellonnipresenza della categoria opinionepubblica nella storia, anche al di fuori del perimetro dellamodernit.

    Noelle-Neumann proponeva il ridimensionamento del-lidea di Habermas: certamente vi era stata unaccelerazio-ne della sfera pubblica in seguito allaffermazione dellamodernit capitalistica, ma a ben guardare i sintomi dello-pinione pubblica si perdevano nella notte dei tempi. Adesempio: non era forse limbarazzo un sintomo di disagiocomunicativo universale? E non era questo disagio forsecollegato a una reazione del soggetto nei confronti dellam-biente sociale, da quello pi vasto (una platea televisiva,una seduta della boul di Atene, una festa di corte seicente-sca) a quello pi limitato (gli amici, la famiglia, i colleghi dilavoro)? E non era quella reazione un sintomo della centra-lit delle opinioni dellambiente sociale subita dal sogget-to? Non era forse allora lopinione pubblica dotata di unarisonanza profonda nelle strutture del generale comporta-mento umano, fino al punto da esercitare una pressione eun controllo nei confronti di tutti?

    Certamente un bel salto prospettico. Fatte le debiteproporzioni, la Neumann ha preso Storia e critica dellopi-nione pubblica di Habermas e lha disattivata come esclusi-va interpretazione storico-sociale del fenomeno opinionepubblica, un po come Weber fece con i testi marxiani at-traverso Letica protestante e lo spirito del capitalismo. We-ber non dimostr che Marx aveva torto a condurre unana-lisi della societ a partire dallesistenza di una strutturaeconomica governata dalla propriet privata dei mezzi diproduzione; dimostr piuttosto che era possibile condurreuninvestigazione altrettanto ragionevole sulla genesi del

    LOMBRA DEL LEVIATANO

  • capitalismo occidentale partendo dalletica protestante,cio da quella che nel linguaggio marxiano si sarebbe defi-nita una sovrastruttura.

    Per Habermas la sfera pubblica borghese produce e ac-celera lopinione pubblica della modernit. Ma la moder-nit non spiega limportanza dellopinione pubblica nel cor-so dellintera storia umana. Non spiega il fatto che lopinio-ne pubblica sia il vestito anzi, la pelle della societ nelsuo complesso, il primo strato sensibile del corpo sociale.

    Attraverso il lavoro di Noelle-Neumann, John Locke,David Hume, Jean-Jacques Rousseau uscivano dai musei distoria della filosofia e, scrollatisi di dosso la polvere dei ma-nuali, dimostravano precocemente la centralit dello scam-bio di opinioni tra individuo e societ, tra controllo, ragio-ne e utopia.

    Ma anche Lippmann veniva riacciuffato grazie al con-cetto di stereotipo e persino Erving Goffmann dimostravauna plusvalenza cognitiva per via della microanalisi sulleforme dellagire non intenzionale nella rappresentazionedella vita quotidiana.

    Aver curato ledizione italiana della Spirale del silenziomi ha notevolmente aiutato nel mio lavoro di riattualizza-zione dellantologia che ho proposto a Meltemi, che an-che leditore della traduzione italiana dellopera di Noelle-Neumann (2002).

    Inoltre, grazie alla gentilezza di un gruppo di case edi-trici italiane (Laterza in primis), la possibilit di editarelantologia auspicata nei primi anni Novanta ha potutoprendere forma.

    Personalmente credo che oggi ci troviamo in un mo-mento di necessit e di urgenza teorica: viviamo immersi neiclimi di opinione simulati attraverso la diffusione e la pene-trazione mentale dei sondaggi. Demonizzarli non serve anulla, come non serve a nulla opporsi o lamentarsi della dif-fusione delle nuove tecnologie: occorre farci i conti.

    Mi sembra per anche opportuno dare sinteticamentela parola a quanti hanno riflettuto in temini analitici sullo-

    STEFANO CRISTANTE

  • pinione pubblica, tenendo conto di contributi assai piavanzati della vulgata giornalistica che con la pesante ri-duzione di complessit che tipica del giornalismo in ge-nere chiama opinione pubblica soggetto e oggetto, lionarrante e la societ.

    Ritengo che uno sguardo utile sullinsieme di campi diforze e tensioni e conflitti e acquiescenze che rielaboriamoin presenza di unevocazione collettiva metaforica comelopinione pubblica possa essere oggi rappresentato da unadoxasfera scomponibile analiticamente. Per doxasfera in-tendo uno spazio sociale e segnico che pu fibrillare dallostato rivoluzionario sino alleffervescenza del ccoorrrroobboorreeee, oviceversa pu stagnare in una palude di conformismi atten-dendo la citt delle macchine e le sue conseguenze fanta-scientifiche come nella saga di Matrix.

    Per scomporre una doxasfera occore individuare degliattori, se non dei contendenti. Dei decisori, innanzitutto,non solo nella versione elitistica della circolazione imper-fetta delle classi dirigenti ma nella visione globale di lobbyaggreganti e disaggreganti, di forme associate cristallizzate-si provvisoriamente nel governo dellesistente.

    Dei movimenti di pressione, oggigiorno scatenati nellaricerca di unidentit globale non solo negazionistica, op-pure nella deriva localista delle forze etniche prossime al-laggressivit xenofoba.

    E dei media, naturalmente, insieme attori e territorioconflittivo, la cui importanza strategica nella risoluzionedelle contese sfiora lautorevolezza (talvolta lautorit) deipoteri statuiti (esecutivo, giudiziario e legislativo) mentretalvolta si limita a scimmiottarne i comportamenti, gli stili,lopacit.

    E infine, certamente non ultimo per importanza, linsie-me del pubblico generalista, dei consumatori, dei cittadini.

    Non la faccio lunga, e concludo: c bisogno di unanuova architettura dello studio e dellinterpretazione delleopinioni, bene strategico che vale la transizione da una so-ciet dello spettacolo a una societ dellinformazione, dellaseduzione e dellillusione.

    LOMBRA DEL LEVIATANO

  • Lipnosi e il blocco mentale delle scienze sociali attuali,cos spesso sgradevoli nel riconfermare steccati e paletti direcinzione specialistica, non sono pi consentiti.

    Gli scritti contenuti in questo volume hanno lambizio-ne di presentare approcci diversi, ma non certo autosuffi-cienti. Anche i classici hanno dei limiti. Ma hanno anchemolti pregi, tra cui il pi prezioso non aver ignorato lacomplessit dellenigma culturale rappresentato dallopi-nione pubblica. Enigma che venuto il momento di ascol-tare di nuovo, e possibilmente con lurgenza di studiosi chesanno che il mondo di Blade Runner, del dopo 11 settem-bre e della multimedialit connettiva gi in atto.

    STEFANO CRISTANTE

  • La libert di stampa negli Stati Uniti*Alexis de Tocqueville

    La libert di stampa esplica il suo potere non solo sullapolitica ma anche sullopinione pubblica: non influisce solosulle leggi ma anche sui costumi. In altra parte di questa ope-ra cercher di precisare il grado dinfluenza esercitato dallalibert di stampa sulla societ civile negli Stati Uniti e mi sfor-zer di discernere lindirizzo che essa ha dato alle idee, non-ch le abitudini che ha fatto prendere allo spirito e ai senti-menti degli americani. Qui invece mi limito allesame deglieffetti prodotti dalla libert di stampa nel mondo politico.

    Confesso di non sentire per la libert di stampa quella-more completo e istantaneo che si prova per le cose sovra-namente buone per natura. Io lamo assai pi dei mali cheessa impedisce che dei beni che produce.

    Se qualcuno mi mostrasse, fra lindipendenza completae lintero asservimento del pensiero, una via intermedia incui mi fosse possibile restare, forse mi ci fermerei, ma chimai potr scoprire questa posizione intermedia? Voi partitedalla licenza della stampa e volete giungere allordine: checosa fate? Sottoponete prima gli scrittori ai giurati ma, se igiurati assolvono, quella che prima era soltanto lopinionedi un uomo isolato diviene lopinione del paese. Avete dun-que fatto troppo e insieme troppo poco; bisogna ancora an-dare avanti. Sottoponete allora gli autori a magistrati per-manenti, ma questi giudici sono pure obbligati ad ascoltarliprima di condannare: allora quello che si temeva di confes-sare nel libro viene proclamato impunemente in tribunale,ci che si era detto oscuramente in uno scritto viene cos ri-petuto in mille altri. Lespressione , se cos pu dirsi, la for-

  • ma esteriore del pensiero, ma non il pensiero stesso: i tribu-nali arrestano il corpo ma lanima sfugge loro e scivola sot-tilmente fra le loro mani. Avete dunque ancora fatto troppoe troppo poco; bisogna andare ancora pi avanti. Abbando-nate allora gli scrittori ai censori; benissimo! Ci avvicinia-mo. Ma la tribuna politica non forse libera? Voi non avetedunque fatto ancora nulla, anzi, se non mi sbaglio, avete ac-cresciuto il male. Scambiate forse il pensiero per una diquelle potenze materiali che si accrescono col numero deiloro agenti? Valuterete dunque gli scrittori come i soldati diun esercito? Contrariamente a tutte le potenze materiali, ilpotere del pensiero aumenta spesso col piccolo numero diquelli che lesprimono. La parola di un uomo potente chepenetra sola in mezzo a unassemblea silenziosa pi effica-ce delle grida confuse di mille oratori e, per poco che sipossa parlare liberamente in un solo luogo pubblico, co-me se si parlasse pubblicamente in ogni villaggio. Bisognadunque distruggere la libert di parlare come quella di scri-vere; questa volta ci siamo: ognuno tace.

    Ma dove siete giunti? Siete partiti dallabuso della li-bert e siete giunti sotto il piede di un despota. Siete passa-ti da un estremo allaltro senza trovare, in un cammino coslungo, un solo luogo in cui vi fosse possibile fermarvi.

    Vi sono dei popoli i quali, oltre alle ragioni generali so-pra enunciate, ne hanno di particolari per affezionarsi allalibert di stampa.

    Presso alcune nazioni, che si pretendono libere, qualsia-si agente del potere pu violare impunemente la legge sen-za che la costituzione del paese dia agli oppressi il diritto diappellarsi alla giustizia. Presso questi popoli la libert distampa deve essere considerata come una garanzia, anzi co-me la sola garanzia che resti alla libert e alla sicurezza deicittadini.

    Se dunque gli uomini che governano queste nazioni voles-sero togliere la libert di stampa, il popolo intero potrebbe ri-spondere per loro: lasciateci perseguire i vostri delitti davantiai giudici ordinari e allora forse noi consentiremo a non chia-marvi pi davanti al tribunale dellopinione pubblica.

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • In un paese in cui regni apertamente il dogma della so-vranit del popolo la censura non solo un pericolo maanche una grande assurdit.

    Quando si concede a ognuno il diritto di governare lasociet, bisogna anche riconoscergli la facolt di sceglierefra le diverse opinioni che agitano i suoi contemporanei edi apprezzare i differenti fatti la cui conoscenza pu servireda guida.

    Sovranit del popolo e libert di stampa sono dunquedue cose interamente correlate: la censura e il voto universa-le sono dunque due cose che si contraddicono e non posso-no incontrarsi a lungo nelle istituzioni politiche di uno stessopopolo. Fra dodici milioni di uomini che vivono sul territo-rio degli Stati Uniti, non se ne trova uno solo che abbia an-cora osato proporre di restringere la libert di stampa.

    Il primo giornale (Vincennes Gazette) che cadde sot-to i miei occhi, quando arrivai in America, conteneva il se-guente articolo, che traduco fedelmente:

    In tutto questo affare il linguaggio tenuto da Jackson [il presi-dente] stato quello di un despota senza cuore, occupatounicamente a conservare il suo potere. Lambizione il suodelitto e vi trover la sua pena. Egli ha per vocazione lintrigoe lintrigo confonder i suoi disegni e gli strapper il potere.Egli governa con la corruzione e le sue manovre colpevoli tor-neranno a sua confusione e onta. Egli si mostrato nellarenapolitica un giocatore spudorato e sfrenato. riuscito, ma lo-ra della giustizia si avvicina; presto egli dovr rendere quelloche ha guadagnato, gettar lontano da s il suo dado inganna-tore e finire in qualche rifugio in cui possa liberamente be-stemmiare contro la sua follia; perch il pentimento non una virt che sia mai stata conosciuta dal suo cuore.

    Moltissimi in Francia credono che la violenza dellastampa dipenda dallinstabilit del nostro Stato sociale,dalle nostre passioni politiche e dal disagio generale che ne una conseguenza. Essi aspettano sempre unepoca in cui,avendo la societ ripreso un assetto tranquillo, la stampa asua volta diverr calma. Per parte mia, attribuirei volentieri

    LA LIBERT DI STAMPA NEGLI STATI UNITI

  • alle cause sopra indicate lestremo ascendente che essa hasopra di noi, ma non credo che queste cause influiscanogran che sul suo linguaggio. Mi pare che la stampa periodi-ca abbia istinti e passioni suoi particolari, indipendente-mente dalle circostanze in mezzo a cui agisce. Quello cheavviene in America me lo prova completamente.

    LAmerica forse, in questo momento, il paese delmondo che ha nel suo seno minori germi di rivoluzione. InAmerica, tuttavia, la stampa ha gli stessi gusti distruttoriche in Francia e la stessa violenza, senza avere le stesse cau-se di collera. In America, come in Francia, essa quellastraordinaria potenza, cos stranamente mescolata di benee di male, senza la quale la libert non potrebbe vivere econ la quale lordine si mantiene a malapena.

    Quello che bisogna dire che in America la stampa haassai meno potere che da noi. Niente di pi raro tuttavia, inquel paese, che vedere un processo diretto contro di essa.La ragione di questo semplice: gli americani, ammettendofra loro il dogma della sovranit del popolo, ne hanno fattounapplicazione sincera. Essi non hanno preteso fondare,con elementi che cambiano ogni giorno, costituzioni eterne.Attaccare le leggi esistenti non dunque un delitto, purchnon ci si voglia sottrarre alla legge con la violenza.

    Essi credono daltronde che i tribunali siano impotentia moderare la stampa e che, dato che la leggerezza del lin-guaggio umano sfugge sempre allanalisi giudiziaria, i reatidi questa natura sfuggano sempre in qualche modo allamano che si allunga per afferrarli. Pensano che per potereefficacemente agire sulla stampa occorrerebbe trovare untribunale che, non solo fosse devoto allordine costituito,ma anche potesse mettersi al disopra dellopinione pubbli-ca che si agita intorno a esso, un tribunale che giudicassesenza pubblicit, che pronunciasse le sue sentenze senzamotivarle, e punisse lintenzione pi ancora che le parole.Chiunque riuscisse a creare e a mantenere un simile tribu-nale perderebbe il suo tempo a perseguire la libert distampa, poich egli sarebbe senzaltro padrone assolutodella societ stessa e potrebbe sbarazzarsi degli scrittori in-

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • sieme ai loro scritti. In materia di stampa non vi dunquevia di mezzo fra la servit e la licenza. Per raccogliere i be-ni inestimabili prodotti dalla libert di stampa, bisogna sa-persi sottomettere ai mali inevitabili che essa fa nascere.Volere ottenere gli uni sfuggendo agli altri equivale ad ab-bandonarsi a una di quelle illusioni in cui si cullano ordina-riamente le nazioni malate, quando, stanche di lotte edesaurite dagli sforzi, cercano il mezzo di far coesistere, sul-lo stesso terreno, opinioni e principi contrari.

    La scarsa potenza dei giornali in America dipende daparecchie cause, di cui ecco le principali.

    La libert di scrivere, come tutte le altre, tanto pi te-mibile quanto pi nuova: un popolo che non abbia maitrattato gli affari dello Stato crede al primo tribuno che glisi presenti. Presso gli angloamericani questa libert anti-ca quanto la fondazione delle colonie; inoltre la stampa,che sa cos bene infiammare le passioni umane, non pututtavia crearle da sola. Ora in America la vita politica attiva, variata, agitata, ma raramente turbata da passioniprofonde ed raro che queste si sollevino quando gli inte-ressi non sono compromessi, e negli Stati Uniti gli interes-si prosperano. Per giudicare della differenza esistente suquesto punto fra gli angloamericani e noi, basta osservareun momento i giornali dei due paesi. In Francia gli annun-ci commerciali occupano uno spazio ristrettissimo e anchele notizie sono poco numerose; la parte vitale di un gior-nale quella in cui si trovano le discussioni politiche. InAmerica i tre quarti dellimmenso giornale che vi cade sot-to gli occhi sono pieni di annunci, il resto occupato ilpi spesso da notizie politiche o da semplici aneddoti, so-lo di tanto in tanto si scorge in un angolo nascosto qualcu-na di quelle ardenti discussioni che da noi costituiscono ilpasto giornaliero dei lettori.

    Ogni potenza aumenta lazione delle sue forze via viache ne accentra la direzione: questa una legge generaledella natura che simpone allosservatore e che un istintopi sicuro ancora ha fatto conoscere anche ai despoti pimediocri.

    LA LIBERT DI STAMPA NEGLI STATI UNITI

  • In Francia per la stampa si hanno due specie distinte dicentralizzazione: quasi tutto il suo potere concentrato inun solo luogo e, per cos dire, nelle stesse mani, poich isuoi organi sono in piccolo numero. Cos costituita in mez-zo a una nazione scettica, la stampa ha un potere quasi illi-mitato. Essa un nemico col quale un governo pu faretregue pi o meno lunghe, ma di fronte al quale pu resi-stere assai difficilmente.

    N luna n laltra di queste due specie di centralizza-zione esistono in America.

    Gli Stati Uniti non hanno una grande capitale: la civilte la potenza sono disseminate in tutte le parti di questa im-mensa contrada; i raggi dellintelligenza umana, invece dipartire da un unico centro, sincrociano in tutti i sensi; gliamericani non hanno accentrato in alcun posto la direzionegenerale del pensiero o quella degli affari.

    Ci dipende da circostanze locali indipendenti dagliuomini, ma che hanno per conseguenza che negli StatiUniti non vi sono licenze per gli stampatori, n timbri, nregistrazioni per i giornali e vi sconosciuta la legge dellacauzione.

    Ne risulta che la creazione di un giornale unimpresasemplice e facile; pochi abbonati bastano perch il giorna-lista copra le sue spese: cos il numero degli scritti periodicio semiperiodici negli Stati Uniti sorpassa ogni immagina-zione. Gli americani pi colti attribuiscono a questa incre-dibile disseminazione di forze la scarsa potenza della stam-pa: un assioma di scienza politica negli Stati Uniti che ilsolo mezzo di neutralizzare gli effetti dei giornali sta nelmoltiplicarne il numero. Non riesco a capire come una ve-rit cos evidente non sia divenuta comune presso di noi.Che coloro che vogliono fare delle rivoluzioni con laiutodella stampa cerchino di darle solo pochi organi potenti cosa facilmente comprensibile, ma che i partigiani ufficialidellordine costituito e i sostenitori naturali delle leggi esi-stenti credano di attenuare lazione della stampa concen-trandola, ecco ci che non riesco a concepire. Sembra che igovernanti europei agiscano di fronte alla stampa alla stes-

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • sa maniera degli antichi cavalieri con i loro avversari: essi sisono accorti, per esperienza propria, che la centralizzazio-ne unarma potente e ne vogliono provvedere il loro ne-mico, senza dubbio allo scopo di aver pi gloria a vincerlo.

    Negli Stati Uniti non vi quasi una borgata che non ab-bia il suo giornale. Si comprender facilmente che, con tanticombattenti, non si pu stabilire n disciplina n unit da-zione: cos si vede ognuno alzare la sua bandiera. Non chetutti i giornali politici degli Stati Uniti si siano schierati proo contro lamministrazione, ma essi lattaccano o la difen-dono in cento modi diversi. I giornali non possono dunquecreare in America quelle grandi correnti di opinioni capacidi costruire o di rompere le pi potenti dighe. Questa divi-sione di forze della stampa produce inoltre altri effetti nonmeno rimarchevoli: poich la creazione di un giornale unacosa facile, tutti possono occuparsene e, daltra parte, poi-ch la concorrenza impedisce che un giornale possa speraregrandi profitti, le alte capacit industriali non si mescolanoa questo genere di imprese. Ma, anche se i giornali fosserofonti di ricchezze, dato che sono eccessivamente numerosigli scrittori di talento non basterebbero a dirigerli.

    I giornalisti hanno dunque, in genere, negli Stati Unitiuna posizione poco elevata, una rudimentale educazione eun indirizzo di idee spesso volgare. La maggioranza fa legge;essa stabilisce certi modi di vita cui tutti in seguito si confor-mano e linsieme di queste abitudini si chiama spirito: vi lospirito di tribunale, lo spirito di corte. Lo spirito del giorna-lista, in Francia, consiste nel discutere in modo violento, maelevato e spesso eloquente, i grandi interessi dello Stato e, sequesto non avviene sempre, perch ogni regola ha le sueeccezioni. Lo spirito del giornalista, in America, consiste nel-lo stimolare grossolanamente, senza preparazione n arte, lepassioni di coloro cui sindirizza il giornale, nel lasciare iprincipi per impadronirsi degli uomini, seguirli nella vitaprivata e metterne a nudo le debolezze e i vizi.

    Un simile abuso del pensiero senza dubbio deplorevo-le; pi avanti avr occasione di studiare linfluenza eserci-tata dai giornali sui gusti e sulla moralit del popolo ameri-

    LA LIBERT DI STAMPA NEGLI STATI UNITI

  • cano; qui, ripeto, non mi occupo che del mondo politico.Non ci si deve nascondere che gli effetti politici di questalicenza della stampa non contribuiscono al mantenimentodella tranquillit pubblica. Ne risulta che gli uomini chehanno gi raggiunto posizioni elevate nellopinione dei loroconcittadini non osano scrivere sui giornali e perdono coslarma pi formidabile di cui si possono servire per volgerea loro profitto le passioni popolari1. Ne risulta soprattuttoche le opinioni personali espresse dai giornalisti non han-no, per cos dire, alcun peso agli occhi dei lettori. Quelloche essi cercano in un giornale la conoscenza dei fatti; enon alterando o snaturando questi fatti che il giornalistapu ottenere qualche influenza.

    Anche ridotta a queste sole risorse, la stampa esercitaancora un grande potere in America. Essa fa circolare lavita politica in tutte le zone di quel vasto territorio; conocchio sempre vigile, mette a nudo i segreti moventi dellapolitica e costringe gli uomini pubblici a comparire voltaa volta davanti al tribunale dellopinione pubblica. Essariunisce gli interessi intorno ad alcune dottrine e formulai simboli dei partiti; per suo mezzo i partiti si parlano sen-za vedersi, sintendono senza mettersi in diretto contatto.Quando numerosi organi di stampa giungono a cammina-re in ununica direzione, la loro influenza diviene, allalunga, irresistibile e lopinione pubblica, colpita sempredalla stessa parte, finisce per cedere sotto i loro colpi.

    Negli Stati Uniti ogni giornale ha individualmente scar-so potere, ma la stampa periodica ancora, dopo il popo-lo, la prima delle potenze.

    Le opinioni che si stabiliscono in America sotto limperodella libert di stampa sono spesso pi tenaci di quelle che siformano altrove sotto il regime della censura

    Negli Stati Uniti la democrazia porta continuamenteuomini nuovi alla direzione degli affari; vi pertanto pocoordine e poca continuit nellazione governativa. Ma i prin-cipi generali del governo vi sono pi stabili che in molti al-

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • tri paesi e le opinioni principali regolanti la societ si mo-strano pi durevoli. Quando unidea ha preso possessodello spirito del popolo americano, sia o no giusta e ragio-nevole, molto difficile estirparla.

    Lo stesso fatto stato osservato in Inghilterra, il paesedEuropa che ha avuto durante un secolo la pi grande li-bert dopinione e insieme i pi invincibili pregiudizi.

    Io attribuisco questo effetto proprio alla causa che, aprima vista, dovrebbe impedirgli di prodursi: alla libert distampa. I popoli presso i quali esiste questa libert si affe-zionano alle loro opinioni per orgoglio oltre che per con-vinzione. Essi le amano, perch sembrano loro giuste e an-che perch sono scelte liberamente da loro, e ci tengono,non solo come a una cosa vera, ma anche come a una cosache loro propria.

    Vi sono poi molte altre ragioni.Un granduomo ha detto che lignoranza alle due estre-

    mit della scienza. Forse sarebbe stato pi esatto dire che leconvinzioni profonde si trovano solo agli estremi e che nelmezzo il dubbio. Si pu considerare, effettivamente, lin-telligenza umana in tre stati distinti e spesso successivi.

    Luomo crede fermamente, perch accetta le opinionisenza approfondirle. Dubita quando gli si presentano leobiezioni. Spesso riesce a risolvere tutti i suoi dubbi e allo-ra ricomincia a credere. Questa volta egli non simpadroni-sce della verit per caso o in mezzo alle tenebre, ma la vedefaccia a faccia e marcia direttamente verso la sua luce2.Quando la libert di stampa trova gli uomini nel primo sta-to, essa lascia loro per molto tempo ancora questa abitudi-ne di credere senza riflettere; soltanto cambia giornalmenteloggetto delle loro irriflessive credenze. In tutto lorizzon-te intellettuale lo spirito umano continua a vedere un pun-to per volta, ma questo punto varia continuamente. iltempo delle rivoluzioni improvvise. Sfortunate le genera-zioni che ammettono tutto a un tratto la libert di stampa!

    Tuttavia il circolo delle idee nuove percorso rapida-mente. Si forma lesperienza e luomo cade nel dubbio enella diffidenza.

    LA LIBERT DI STAMPA NEGLI STATI UNITI

  • Si pu assicurare che la maggior parte degli uomini sifermer sempre in uno di questi due stati: essi o crederan-no senza sapere perch o non sapranno precisamente checosa bisogna credere.

    Quanto a quellaltro tipo di convinzione riflessa e pa-drona di s che sorge dalla scienza e si eleva in mezzo alleagitazioni del dubbio, esso potr esser raggiunto solo da unpiccolo numero di uomini.

    Ora, si notato che nei secoli di fervore religioso gliuomini cambiano talvolta di fede, mentre nei secoli didubbio ognuno conserva ostinatamente la sua. Cos succe-de in politica sotto il regno della libert di stampa. Poichtutte le teorie sociali sono state a volta a volta contestate ecombattute, coloro che si sono fissati sopra una di esse ladifendono, non tanto perch sicuri della sua bont, quan-to perch non sono sicuri che ve ne sia una migliore.

    In questi secoli non si mette facilmente a repentaglio lavita per le proprie opinioni, ma neppure si cambiano; sitrovano meno martiri, ma anche meno apostati.

    Aggiungete a questa ragione questaltra ancora pi for-te: nellincertezza delle opinioni gli uomini finiscono perattaccarsi unicamente agli istinti e agli interessi materiali,che sono per loro natura per noi pi visibili, pi afferrabilie pi duraturi delle opinioni.

    una questione molto difficile da risolvere quella di sape-re se governi meglio la democrazia o laristocrazia, ma chia-ro che la democrazia incomoda alcuni e laristocrazia oppri-me altri. questa una verit che si rivela da sola senza biso-gno di discussione, come dire: voi siete ricco e io povero.

    * Da Tocqueville 1835, pp. 193-199 della trad. it.1 Essi scrivono sui giornali solo in casi rari, quando vogliono rivolgersi al

    popolo e parlare in proprio nome: quando, per esempio, sono state sparse sulloro conto imputazioni calunniose, ed essi vogliono ristabilire la verit dei fatti.

    2 Ancora non saprei se questa convinzione riflessa e padrona di s pumai alzare luomo al grado di ardore e di devozione che gli ispirano le creden-ze dogmatiche.

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • Lonnipotenza della maggioranza negli Stati Uniti ei suoi effetti*Alexis de Tocqueville

    nellessenza stessa dei governi democratici che il domi-nio della maggioranza sia assoluto, poich fuori della maggio-ranza nelle democrazie, non vi nulla che possa resistere.

    La maggior parte delle costituzioni americane tende adaumentare ancora, artificialmente, questa forza naturaledella maggioranza1.

    Di tutti i poteri politici quello che pi volentieri obbe-disce alla maggioranza il corpo legislativo.

    Orbene, gli americani hanno stabilito che i membri diesso siano nominati direttamente dal popolo e per un pe-riodo molto breve, per obbligarli cos a sottomettersi, nonsolo alle opinioni generali, ma anche alle passioni momen-tanee degli elettori.

    Essi hanno tolto dalle stesse classi ed eletto allo stessomodo i membri delle due camere, in modo che i movimen-ti del corpo legislativo sono quasi altrettanto rapidi e irresi-stibili di quelli di ununica assemblea.

    Costituito a questo modo il corpo legislativo, hannoriunito in esso quasi tutto il governo.

    Nel tempo stesso che alcuni poteri gi naturalmenteforti si accrescevano, altri, gi naturalmente deboli, veniva-no sempre pi sminuiti. La legge non assicura ai rappre-sentanti del potere esecutivo n stabilit, n indipendenzae, sottomettendoli completamente ai capricci della legisla-tura, essa toglie a essi quel poco di influenza che la naturadel regime democratico avrebbe loro lasciato.

    In parecchi Stati la costituzione affida il potere giudizia-rio allelezione della maggioranza e, in tutti, essa lo fa di-

  • pendere, in certo modo, dal potere legislativo, poich la-scia ai rappresentanti il diritto di fissare annualmente lo sti-pendio dei giudici.

    Gli usi sono andati ancora pi lontano delle leggi.Si diffonde sempre pi negli Stati Uniti un costume che

    finir per rendere inutili le garanzie del governo rappresen-tativo: avviene molto spesso che gli elettori, eleggendo undeputato, gli traccino un piano dazione e gli imponganoun certo numero di obblighi positivi da cui egli non pu inalcun modo allontanarsi. Non considerando il tumulto, come se la maggioranza deliberasse direttamente sullapiazza pubblica.

    Parecchie altre circostanze particolari tendono ancora arendere, in America, il potere della maggioranza non solopredominante, ma irresistibile.

    Limpero morale della maggioranza si fonda in partesullidea che vi sia pi saggezza e acume in molti uominiriuniti che in uno solo, nel numero piuttosto che nella qua-lit dei legislatori. la teoria delleguaglianza applicata alleintelligenze. Questa dottrina attacca lorgoglio delluomonel suo ultimo rifugio, perci la minoranza lammette soloa fatica e vi si abitua solo col tempo. Come tutti i poteri, epi forse di alcuno di essi, il potere della maggioranza habisogno di durare per apparire legittimo. Allinizio si fa ob-bedire con la forza; si comincia a rispettarlo solo dopo chesi vissuti a lungo sotto le sue leggi.

    Lidea del diritto della maggioranza a governare la so-ciet stata portata sul suolo degli Stati Uniti dai primiabitanti. Questa idea, che da sola sarebbe sufficiente acreare un popolo libero, oggi passata nei costumi e la sitrova nelle pi piccole abitudini della vita.

    I francesi, sotto lantica monarchia, erano certi che il renon potesse mai sbagliare e quando accadeva che egli agis-se malamente, pensavano che fosse colpa dei suoi consi-glieri. Ci facilitava grandemente lobbedienza. Si potevamormorare contro la legge, senza cessare di amare e rispet-tare il legislatore. Gli americani hanno la stessa opinione ri-guardo alla maggioranza.

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • Limpero morale della maggioranza si fonda anche suquesto principio: che gli interessi del maggior numero deb-bono essere preferiti a quelli del piccolo. Ora, si compren-de facilmente come il rispetto professato a questo dirittodella maggioranza aumenti o diminuisca naturalmente se-condo lo stato dei partiti. Quando una nazione divisa fraparecchi grandi interessi inconciliabili, il privilegio dellamaggioranza spesso misconosciuto, poich troppo sco-modo sottomettervisi.

    Se esistesse in America una classe di cittadini che venis-se dal legislatore spogliata di certi vantaggi esclusivi, posse-duti da secoli, e fosse spinta a discendere da una situazioneelevata per perdersi nella massa, probabile che la mino-ranza non si sottometterebbe tanto facilmente alla maggio-ranza.

    Ma, poich gli Stati Uniti sono stati popolati da uominieguali tra loro, non c ancora un dissidio naturale e dure-vole fra gli interessi dei loro abitanti.

    Vi un certo Stato sociale in cui i membri della mino-ranza non possono sperare di trarre a s la maggioranza,poich sarebbero costretti, per far questo, ad abbandonareloggetto stesso della lotta che sostengono contro di essa.Unaristocrazia, per esempio, non potrebbe diventare mag-gioranza conservando i suoi privilegi esclusivi e non po-trebbe abbandonare i suoi privilegi senza cessare con ci diessere unaristocrazia.

    Negli Stati Uniti le questioni pubbliche non possonoporsi in modo cos generale e assoluto e tutti i partiti so-no disposti a riconoscere i diritti della maggioranza, poi-ch sperano tutti di potere un giorno esercitarli a proprioprofitto.

    La maggioranza ha dunque negli Stati Uniti unimmen-sa potenza di fatto e una potenza di opinione quasi altret-tanto grande; quando essa si forma riguardo a qualchequestione, non vi sono ostacoli che possano, non dico arre-stare, ma anche solo ritardare la sua marcia per lasciarle iltempo di ascoltare le proteste di coloro che essa colpiscenel suo passaggio.

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • Le conseguenze future di un simile stato di cose sonofuneste e pericolose.

    Lonnipotenza della maggioranza contribuisce ad aumen-tare in America linstabilit legislativa e amministrativa che naturale alle democrazie

    Ho parlato precedentemente dei vizi naturali ai governidemocratici; di questi non ve n alcuno che non cresca in-sieme al potere della maggioranza.

    Cominceremo dal pi evidente.Linstabilit legislativa un male inerente al governo de-

    mocratico, poich nella natura della democrazia rinnova-re frequentemente gli uomini al potere. Ma questo male pi o meno grande secondo la potenza e i mezzi dazionericonosciuti al legislatore.

    In America si attribuisce allautorit legislativa un pote-re sovrano. Essa pu abbandonarsi rapidamente e facil-mente a ogni suo desiderio; inoltre, ogni anno le si dannonuovi rappresentanti. Vale a dire che si adottata precisa-mente la combinazione pi favorevole allinstabilit demo-cratica, che permette alla democrazia di applicare le suemutevoli volont agli oggetti pi importanti.

    Perci lAmerica oggi il paese del mondo in cui le leg-gi durano meno. Quasi tutte le costituzioni americane sonostate emendate in trentanni. Non vi dunque uno Statoamericano che non abbia, durante questo periodo, modifi-cato il principio delle sue leggi.

    Quanto alle leggi stesse, basta gettare un colpo docchionegli archivi dei diversi Stati dellUnione per convincersiche in America lazione del legislatore non si allenta mai.

    Non gi che la democrazia americana sia per natura piinstabile di unaltra, ma le stato dato il mezzo per seguire,nella formazione delle leggi, la naturale instabilit delle suetendenze2.

    Lonnipotenza della maggioranza e il modo rapido e as-soluto con cui le sue volont si eseguono negli Stati Uniti

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • non soltanto rende la legge instabile, ma esercita la stessainfluenza sullesecuzione della legge e sullazione dellam-ministrazione pubblica.

    Poich la maggioranza la sola potenza cui sia necessa-rio piacere, tutti concorrono con ardore alle opere da essaintraprese ma, dal momento in cui la sua attenzione si ri-volge altrove, tutti gli sforzi cessano; mentre in Europa,ove il potere amministrativo ha unesistenza indipendentee una posizione sicura, le volont del legislatore continua-no invece a essere eseguite anche quando egli si occupadaltro.

    In America si applicano a certi miglioramenti uno zeloe unattivit assai pi grandi che altrove. In Europa, invece,simpiega per queste stesse cose una forza sociale assai me-no grande, ma pi continua.

    Or sono molti anni, alcuni uomini profondamente reli-giosi si diedero a migliorare il sistema carcerario; il pubbli-co fu scosso dalla loro voce e la riabilitazione dei criminalidivenne unopera popolare.

    Si fabbricarono allora nuove prigioni e, per la primavolta, lidea del colpevole penetr nelle segrete insieme al-lidea del castigo. Ma la felice rivoluzione, cui il pubblicosera associato con tanto ardore e che diveniva sempre piirresistibile per gli sforzi concordi dei cittadini, non potevaoperarsi in breve tempo.

    A fianco dei nuovi penitenziari, il cui sviluppo venivaaffrettato dal voto della maggioranza, sussistevano le anti-che prigioni, che continuavano a contenere un gran nume-ro di condannati; sembra che queste divenissero semprepi insalubri e corruttrici a misura che le nuove diveniva-no pi riformatrici e pi sane. Questo doppio effetto sicomprende facilmente: la maggioranza, preoccupata dalli-dea di fondare i nuovi stabilimenti, aveva dimenticatoquelli che gi esistevano e, poich nessuno si occupava diuna cosa che non attirava pi lattenzione del governo, lasorveglianza era completamente cessata. Un po alla voltasi era allentata, e poi era sparita, ogni disciplina. E, a fian-co di una prigione che rappresentava meravigliosamente la

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • mitezza e la cultura del nostro tempo, si trovavano segreteche rammentavano la barbarie medievale.

    Tirannide della maggioranza

    Io considero empia e detestabile questa massima: che inmateria di governo la maggioranza di un popolo ha il dirit-to di far tutto; tuttavia pongo nella volont della maggio-ranza lorigine di tutti i poteri. Sono forse in contraddizio-ne con me stesso?

    Esiste una legge generale che stata fatta, o perlomenoadottata, non solo dalla maggioranza di questo o quel po-polo, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa leg-ge la giustizia.

    La giustizia dunque il limite del diritto di ogni popolo.Una maggioranza come una giuria incaricata di rap-

    presentare tutta la societ e applicare la giustizia che lasua legge. La giuria rappresenta la societ; deve essa averepi potenza della societ stessa di cui applica le leggi?

    Quando dunque io rifiuto di obbedire a una legge in-giusta, non nego affatto alla maggioranza il diritto di co-mandare: soltanto mi appello non pi alla sovranit del po-polo ma a quella del genere umano.

    Vi sono alcuni i quali osano dire che un popolo, neglioggetti che interessano lui solo non pu uscire intera-mente dai limiti della giustizia e della ragione e che quin-di non si deve avere paura di dare ogni potere alla mag-gioranza che lo rappresenta. Ma questo un linguaggioda schiavi.

    Cosa mai la maggioranza, presa in corpo, se non unindividuo che ha opinioni e spesso interessi contrari a unaltro individuo che si chiama minoranza? Ora, se voi am-mettete che un uomo fornito di tutto il potere pu abusar-ne contro i suoi avversari, perch non ammettete ci an-che per la maggioranza? Gli uomini, riunendosi, mutanoforse di carattere? Divenendo pi forti, divengono anchepi pazienti di fronte agli ostacoli3? Per parte mia, non

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • posso crederlo; e non vorrei che il potere di fare tutto, cherifiuto a un uomo solo, fosse accordato a parecchi.

    Non gi che io creda che per conservare la libert sipossano unire parecchi principi diversi in un solo governo,in modo da opporli luno allaltro. Il cosiddetto governomisto mi sempre sembrato una chimera. Non vi , per di-re il vero, governo misto (nel senso che si d generalmentea questa parola), perch in ogni societ si finisce per sco-prire un principio di azione che domina tutti gli altri.

    LInghilterra dellultimo secolo, che stata citata fre-quentemente come un esempio di questo genere di gover-no, era uno Stato essenzialmente aristocratico, bench vifossero nel suo seno molti elementi democratici. Infatti leleggi e i costumi vi erano costituiti in modo che laristocra-zia doveva sempre, a lungo andare, predominarvi e dirigeregli affari politici secondo la sua particolare volont.

    Lerrore nato dal fatto che, vedendo gli interessi deigrandi in continua lotta con quelli del popolo, non si pensato che alla lotta in s, senza fare attenzione al suo ri-sultato, cio al punto pi importante. Quando una societgiunge ad avere veramente un governo misto, vale a direesattamente diviso fra principi contrari, essa entra in rivo-luzione o si dissolve.

    Bisogna sempre, dunque, porre in qualche parte un po-tere sociale superiore a tutti gli altri; ma la libert in peri-colo quando questo potere non trova innanzi a s alcunostacolo che possa rallentare il suo cammino, dandogli iltempo di moderarsi.

    Lonnipotenza in s mi sembra una cosa cattiva e peri-colosa; il suo esercizio superiore alle forze delluomo,chiunque esso sia; solo Iddio pu essere onnipotente senzapericolo, perch la sua saggezza e la sua giustizia sono sem-pre eguali al suo potere. Non vi dunque sulla terra auto-rit, tanto rispettabile in se stessa o rivestita di un dirittotanto sacro, che possa agire senza controllo e dominaresenza ostacolo. Quando, dunque, io vedo accordare il di-ritto o la facolt di fare tutto a una qualsiasi potenza, sichiami essa popolo o re, democrazia o aristocrazia, si eser-

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • citi essa in una monarchia o in una repubblica, io dico: qui il germe della tirannide; e cerco di andare a vivere sottoaltre leggi.

    Ci che io rimprovero di pi al governo democratico,come stato organizzato negli Stati Uniti, non , comemolti credono in Europa, la debolezza, ma al contrario lasua forza irresistibile. Quello che pi mi ripugna in Ameri-ca, non lestrema libert, ma la scarsa garanzia che vi contro la tirannide.

    Quando negli Stati Uniti un uomo o un partito soffre diqualche ingiustizia, a chi volete che si rivolga? Allopinionepubblica? essa che forma la maggioranza. Al corpolegislativo? Esso rappresenta la maggioranza e le obbedisceciecamente. Al potere esecutivo? Esso nominato dalla mag-gioranza ed un suo strumento passivo. Alla forza pubblica?La forza pubblica non altro che la maggioranza sotto le ar-mi. Alla giuria? La giuria la maggioranza rivestita del dirittodi pronunciare sentenze: i giudici stessi, in alcuni Stati, sonoeletti dalla maggioranza. Per quanto la misura che vi colpiscesia iniqua o irragionevole, bisogna che vi sottomettiate4.

    Supponete, al contrario, un corpo legislativo composto inmodo tale che esso rappresenti la maggioranza senza esserenecessariamente lo schiavo delle sue passioni; un potere ese-cutivo che abbia una forza propria e un potere giudiziario in-dipendente dagli altri due poteri; avrete ancora un governodemocratico, ma non vi sar pi pericolo di tirannide.

    Io non dico che attualmente si faccia in America un usofrequente della tirannide; dico che non vi contro di essaalcuna garanzia e che le cause della mitezza del governodevono essere cercate nelle circostanze e nei costumi piut-tosto che nelle leggi.

    Effetti dellonnipotenza della maggioranza sul potere di-screzionale dei funzionari pubblici americani

    Bisogna distinguere il potere discrezionale dalla tiranni-de. Questa pu esercitarsi anche per mezzo della legge e al-

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • lora non arbitraria; il potere discrezionale pu esercitarsinellinteresse dei cittadini e allora non affatto tirannico.

    La tirannide si serve ordinariamente del potere discre-zionale, ma pu benissimo farne a meno.

    Negli Stati Uniti lonnipotenza della maggioranza, neltempo stesso che favorisce il dispotismo legale del legisla-tore, favorisce anche il potere discrezionale del magistra-to. La maggioranza, essendo padrona assoluta di fare lalegge e di sorvegliarne lesecuzione e avendo un egualecontrollo sui governanti, considera i funzionari pubblicicome suoi agenti passivi e si serve volentieri di essi pereseguire i suoi disegni. Essa non entra dunque nei partico-lari dei loro doveri e non si cura di definire i loro diritti inprecedenza, ma li tratta come un padrone potrebbe farecon i suoi servitori, come se, vedendoli sempre lavoraresotto i suoi occhi, potesse dirigere o correggere la lorocondotta ogni momento.

    In generale, la legge lascia i funzionari americani assaipi liberi dei nostri nel cerchio tracciato intorno a loro.Talvolta avviene anche che la maggioranza permetta loro diuscirne. Garantiti dallopinione della maggioranza e fortidel suo concorso, essi osano cose di cui un europeo, purabituato allo spettacolo dellarbitrio, si meraviglierebbe. Siformano cos in seno alla libert abitudini che un giornopotranno divenire funeste.

    Influenza della maggioranza in America sul pensiero

    Quando si vuole esaminare quale sia negli Stati Unitilesercizio del pensiero, ci si accorge chiaramente a qualpunto il potere della maggioranza sorpassi tutti i poteri chenoi conosciamo in Europa.

    Il pensiero un potere invisibile e quasi inafferrabile,che si prende gioco di ogni tirannide. Ai nostri giorni isovrani pi assoluti dEuropa non saprebbero impediread alcuni pensieri ostili alla loro autorit di circolare sor-damente nei loro Stati e fino in seno alle loro corti. Non

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • lo stesso in America: finch la maggioranza incerta, sipu parlare; ma, dal momento in cui essa si irrevocabil-mente pronunciata, ognuno tace; sembra che amici e ne-mici si siano attaccati di concerto al suo carro. La ragio-ne di ci semplice: non vi un monarca tanto assolutoche possa riunire nelle sue mani tutte le forza della so-ciet e vincere le resistenze, come pu farlo una maggio-ranza investita del diritto di fare le leggi e di metterle inesecuzione.

    Inoltre, un re ha solo un potere materiale, che agiscesulle azioni ma che non pu toccare la volont, mentre lamaggioranza dotata di una forza, insieme materiale e mo-rale, che agisce sulle volont come sulle azioni e che an-nienta nel tempo stesso lazione e il desiderio di azione.

    Non conosco un paese in cui regni, in generale, una mi-nore indipendenza di spirito e una minore vera libert didiscussione come in America.

    Non vi una teoria religiosa o politica che non possadiffondersi liberamente negli Stati costituzionali dellEuro-pa e che non riesca a penetrare anche negli altri, poichnon vi in Europa un paese talmente sottoposto a un solopotere che colui che vuol dire la verit non trovi un appog-gio capace di rassicurarlo contro i pericoli che possono na-scere dalla sua posizione indipendente. Se egli ha la sven-tura di vivere sotto un governo assoluto, ha spesso dallasua il popolo; se vive in un paese libero, pu alloccorrenzaripararsi dietro lautorit regia. La frazione aristocraticadella societ lo pu sostenere nei paesi democratici e la de-mocrazia negli altri. Invece, nel seno di una democrazia or-ganizzata come quella degli Stati Uniti, non si trova che unsolo potere, un solo elemento di forza e di successo, e nullaal di fuori di esso.

    In America la maggioranza traccia un cerchio formida-bile intorno al pensiero. Nellinterno di quei limiti lo scrit-tore libero, ma guai a lui se osa sorpassarli. Non gi cheegli abbia da temere un autodaf, ma esposto ad avver-sioni di ogni genere e a quotidiane persecuzioni. La carrie-ra politica chiusa per lui, poich egli ha offeso la sola po-

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • tenza che abbia la facolt di aprirgliela. Tutto gli si rifiuta,anche la gloria. Prima di rendere pubbliche le sue opinio-ni, egli credeva di avere dei partigiani; ma, dal momentoin cui si scoperto a tutti, gli pare di non averne pi, poi-ch coloro che lo biasimano si esprimono a gran voce,mentre coloro che pensano come lui, senza avere il suo co-raggio, tacciono e si allontanano. Egli allora cede, si piegasotto uno sforzo quotidiano e rientra nel silenzio, come seprovasse il rimorso di aver detto la verit.

    Un tempo la tirannide faceva uso di strumenti grossola-ni, come le catene e il boia; oggi la civilt ha perfezionatoanche il dispotismo, che pure sembrava non avesse nullada imparare.

    I principi avevano, per cos dire, materializzato la vio-lenza; le repubbliche democratiche del nostro tempo lhan-no resa intellettuale come la volont umana che essa vuolecostringere. Sotto il governo assoluto di uno solo il dispoti-smo, per arrivare allanima, colpiva grossolanamente il cor-po; e lanima, sfuggendo a quei colpi, si elevava gloriosa so-pra di esso; ma nelle repubbliche democratiche la tirannidenon procede a questo modo: essa non si cura del corpo eva diritta allanima. Il padrone non dice pi: Voi pensere-te come me o morrete ma dice:

    Voi siete liberi di non pensare come me; la vostra vita, i vostribeni, tutto vi resta; ma da questo momento voi siete stranierifra noi. Voi manterrete i vostri diritti politici, ma essi sarannoinutili per voi poich, se cercherete di essere eletti dai vostriconcittadini, essi non vi accorderanno il loro voto e, se chie-derete la loro stima, essi ve la rifiuteranno. Voi resterete fragli uomini, ma perderete il vostro diritto allumanit. Quandovi avvicinerete ai vostri simili, essi vi fuggiranno come un es-sere impuro; e anche quelli che credono alla vostra innocenzavi abbandoneranno per timore di essere a loro volta sfuggiti.Andate in pace, io vi lascio la vita, ma vi lascio una vita peg-giore della morte.

    Le monarchie assolute avevano disonorato il dispoti-smo; facciamo attenzione che le repubbliche democratiche

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • non lo riabilitino e, rendendolo pi pesante per qualcuno,non gli tolgano, agli occhi della maggioranza, laspettoodioso e il carattere avvilente.

    Presso le nazioni pi fiere dellantichit si sono pubbli-cate opere destinate a dipingere fedelmente i vizi e la ridi-colaggine dei contemporanei. La Bruyre, quando compo-se il suo capitolo sui grandi, abitava il palazzo di Luigi XIVe Molire criticava la corte in commedie che faceva rappre-sentare davanti ai cortigiani. Ma la potenza che domina ne-gli Stati Uniti non vuole essere presa in giro. Il pi leggerorimprovero la ferisce, la minima verit piccante la rende fe-roce e bisogna lodarla dalle forme del suo linguaggio finoalle sue pi solide virt. Nessuno scrittore, qualunque nesia la notoriet, pu sfuggire allobbligo di incensare i suoiconcittadini. La maggioranza vive dunque in una perenneadorazione di se medesima; solo gli stranieri, o lesperien-za, possono far giungere alcune verit allorecchio degliamericani.

    Se lAmerica non ha ancora avuto dei grandi scrittori,non dobbiamo cercarne altrove le ragioni: non esiste genioletterario senza libert di pensiero e non vi libert di pen-siero in America.

    Linquisizione non ha mai potuto impedire che in Spa-gna circolassero libri contrari alla religione della maggio-ranza. Limpero della maggioranza fa di pi negli Stati Uni-ti: esso toglie anche il pensiero di pubblicarne. Si trovanodegli increduli in America, ma lincredulit non trova, percos dire, alcun organo.

    Vi sono governi che si sforzano di proteggere i costumicondannando gli autori di libri licenziosi. Negli Stati Unitinon si condanna alcuno per questo genere di opere, manessuno tentato di scriverne. Non gi che tutti i cittadiniabbiano dei costumi puri, ma la maggioranza ha costuminormali.

    In questo caso luso del potere buono, senza dubbio:ma io non parlo che del potere in se stesso. Questo potereirresistibile un fatto continuo e il suo buon impiego non che un accidente.

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • Effetti della tirannide della maggioranza sul carattere na-zionale degli americani. Lo spirito di corte negli Stati Uniti

    Linfluenza di quello che precede si fa sentire ancoradebolmente sulla vita politica; ma se ne notano gi alcunibrutti effetti nel carattere nazionale degli americani. Io cre-do che si debba attribuire allazione sempre crescente deldispotismo della maggioranza lo scarso numero di uomininotevoli che si mostrano sulla scena politica americana.

    Quando la rivoluzione dAmerica scoppi, essi compar-vero in folla; lopinione pubblica allora dirigeva le volontsenza tiranneggiarle. Gli uomini celebri di quellepoca, as-sociandosi al movimento degli spiriti, ebbero una grandez-za che fu loro propria: essi sparsero il loro splendore sullanazione e non lo ricevettero da essa.

    Nei governi assoluti i grandi che si avvicinano al tronoadulano le passioni del padrone e si piegano volontariamen-te ai suoi capricci. Ma la massa della nazione non si prestaalla servit, essa vi si sottomette spesso per debolezza, perabitudine o per ignoranza, talvolta per amore della regalito del re. Si sono visti popoli mettere una specie di piacere edi orgoglio a sacrificare la loro volont a quella del principee introdurre cos una specie dindipendenza spirituale an-che nellobbedienza. Presso questi popoli si trova meno de-gradazione che miseria. Vi daltronde una grande diffe-renza fra il fare ci che non si approva e il fingere di appro-vare quello che si fa: luno proprio delluomo debole,mentre laltro appartiene alle abitudini del servo.

    Nei paesi liberi, in cui ognuno , pi o meno, chiama-to a dire la sua opinione sugli affari dello Stato; nelle re-pubbliche democratiche, in cui la vita pubblica conti-nuamente mescolata alla vita privata, in cui il sovrano avvicinabile facilmente ovunque, tanto che basta alzare lavoce per giungere al suo orecchio, si trova un numero as-sai maggiore di persone che cercano di speculare sulle suedebolezze, e vivere a spese delle sue passioni, di quelloche si trova nelle monarchie assolute. Non che nelle de-mocrazie gli uomini siano naturalmente peggiori che al-

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • trove, ma la tentazione pi forte e si offre a pi gentenello stesso tempo.

    Le repubbliche democratiche mettono lo spirito di cor-te alla portata della maggioranza e lo fanno penetrare si-multaneamente in tutte le classi. questo uno dei princi-pali rimproveri che si possano far loro.

    Questo vero soprattutto negli Stati democratici orga-nizzati come le repubbliche americane, in cui la maggio-ranza ha un potere tanto assoluto e irresistibile che chi vo-lesse allontanarsi dalla strada da essa tracciata deve in certomodo rinunciare ai diritti di cittadino e quasi alla qualit diuomo.

    Nella folla immensa che negli Stati Uniti gareggia nellacarriera politica ho visto ben pochi uomini dotati di quel-la virile semplicit, di quella maschia indipendenza dipensiero, che ha spesso distinto gli americani dei tempipassati e che, ovunque la si trovi, forma il tratto essenzia-le dei grandi caratteri. Si direbbe, a prima vista, che inAmerica gli spiriti siano stati tutti formati sullo stesso mo-dello, tanto essi seguono esattamente le stesse vie. Lostraniero trova, vero, degli americani che si allontananodal rigore delle formule e deplorano i difetti delle leggi,linstabilit della democrazia e la sua mancanza di cultu-ra; che si spingono spesso fino a notare i difetti che alte-rano il carattere nazionale, e indicano i mezzi che si pos-sono usare per correggerlo; ma nessuno, tranne voi, liascolta; e voi, cui essi confidano questi segreti pensieri,siete uno straniero e ve ne andate presto. A voi svelanovolentieri delle inutili verit, ma poi, scesi in piazza, ten-gono un linguaggio ben diverso.

    Se questo mio libro sar mai letto in America, sono si-curo di due cose: la prima, che i lettori alzeranno subito lavoce per condannarmi; la seconda, che molti di loro mi as-solveranno in fondo alla loro coscienza.

    Ho sentito parlare di patria, negli Stati Uniti; ho trovatonel popolo del vero patriottismo, ma spesso lho cercato in-vano in coloro che lo dirigono. Questo si comprende facil-mente per analogia: il dispotismo degrada assai pi colui

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • che vi si sottomette di colui che lo impone. Nelle monar-chie assolute il re ha spesso grandi virt, ma i cortigiani so-no sempre vili. vero che i cortigiani, in America, non di-cono: Sire e Vostra Maest, grande e capitale differenza;ma essi parlano sempre dellintelligenza naturale del loropadrone; essi non pongono il problema di sapere qualedelle virt del sovrano sia pi degna dammirazione per lasemplicissima ragione che dichiarano che egli possiede tut-te le virt, senza averle ricevute, quasi senza volere; essinon gli danno le loro mogli e le loro figlie perch egli si de-gni di farle sue amanti ma, sacrificando le loro opinioni,prostituiscono se stessi.

    In America i moralisti e i filosofi sono costretti a na-scondere le loro opinioni sotto il velo dellallegoria; ma,prima di arrischiare qualche verit poco piacevole, dicono:

    Noi sappiamo di parlare a un popolo troppo superiore alledebolezze umane per non essere capace di dominarsi. Nonterremmo un simile linguaggio se non sapessimo di rivolgercia uomini che per le loro virt e la loro cultura, soli fra tutti glialtri, sono degni di essere liberi.

    Gli adulatori di Luigi XIV non avrebbero fatto meglio.Per parte mia, credo che in tutti i governi la bassezza si

    attaccher sempre alla forza e ladulazione al potere. E co-nosco un solo mezzo per impedire che gli uomini si degra-dino: non accordare ad alcuno, con lonnipotenza, il sovra-no potere di avvilirli.

    Il pi grande pericolo per le repubbliche americane vienedallonnipotenza della maggioranza

    I governi ordinariamente periscono per impotenza oper tirannide. Nel primo caso il potere sfugge loro, nel se-condo viene loro strappato.

    Molti vedendo cadere gli Stati democratici nellanarchia,hanno pensato che il governo in questi Stati fosse natural-

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • mente debole e impotente. Il vero che, quando scoppia laguerra fra partiti, il governo perde il controllo della societ.Ma non credo che la natura di un potere democratico sia dimancare di forza e di risorse, credo invece che sia quasisempre labuso della sua forza e il cattivo impiego delle suerisorse che lo fanno perire. Lanarchia nasce quasi sempredalla tirannide e dallincapacit, non dallimpotenza.

    Non bisogna confondere la stabilit con la forza, lagrandezza di una cosa con la sua durata. Nelle repubblichedemocratiche il potere che dirige5 la societ non stabile,perch cambia spesso di mano e di oggetto. Ma, ovunqueesso si trovi la sua forza irresistibile.

    Il governo delle repubbliche americane mi sembra al-trettanto accentrato e pi energico di quello di molte mo-narchie assolute dEuropa: non credo dunque che essopossa perire per debolezza6.

    Se mai in America la libert finir, bisogner prenderse-la con lonnipotenza della maggioranza, che avr portato leminoranze alla disperazione, costringendole a fare uso del-la forza materiale. Si giunger allora allanarchia, ma essasar una conseguenza del dispotismo.

    Il presidente James Madison ha espresso gli stessi pen-sieri nella rivista The Federalist.

    molto importante nelle repubbliche, non solo difendere lasociet contro loppressione di coloro che la governano, maanche garantire una parte della societ contro le ingiustiziedellaltra. La giustizia lo scopo cui deve tendere ogni go-verno; lo scopo che si propongono gli uomini riunendosi. Ipopoli hanno fatto e faranno sempre grandi sforzi verso diesso, fino a che saranno riusciti a raggiungerlo o avranno fi-nito per perdere la loro libert. Se esistesse una societ nellaquale il partito pi potente fosse in grado di riunire le sueforze e opprimere il pi debole, si potrebbe affermare che inessa regna lanarchia come nello Stato di natura, in cui lindi-viduo pi debole non ha alcuna garanzia contro la violenzadel pi forte; e, come nello Stato di natura, gli inconvenientidi una sorte incerta e precaria spingono i pi forti a sotto-mettersi a un governo che protegga i deboli come loro stessi,

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • cos in un governo anarchico gli stessi motivi condurranno apoco a poco i partiti a desiderare un governo che possa pro-teggerli tutti egualmente, il forte e il debole. Se lo Stato diRhode Island fosse separato dalla confederazione e avesse ungoverno popolare, esercitato sovranamente entro stretti limi-ti, si potrebbe star sicuri che la tirannide delle maggioranzevi renderebbe talmente incerto lesercizio dei diritti da far re-clamare un governo completamente indipendente dal popo-lo. Le fazioni stesse che lavranno reso necessario si affrette-ranno a ricorrervi.

    Jefferson diceva inoltre:

    Il potere esecutivo nel nostro governo non il solo, n forse ilprincipale oggetto della mia sollecitudine. La tirannide dei le-gislatori attualmente, e sar per molti anni ancora, il perico-lo pi formidabile. Quella del potere esecutivo verr a suotempo, ma in epoca pi lontana7.

    Preferisco citare Jefferson piuttosto che un altro, per-ch lo considero come il grande apostolo della democrazia.

    * Da Tocqueville 1835, pp. 253-265 della trad. it.1 Abbiamo visto, quando abbiamo esaminato la costituzione federale, che i

    legislatori dellUnione avevano fatto degli sforzi in senso contrario, con il risul-tato di rendere il governo federale pi libero, nella sua sfera dazione, di quellodei singoli Stati. Ma il governo federale si occupa quasi soltanto degli affariesteri, mentre i governi degli Stati dirigono realmente la societ americana.

    2 Gli atti legislativi promulgati nel solo Stato del Massachusetts a parti-re dal 1780 fino ai nostri giorni riempiono gi tre grossi volumi. E bisognainoltre notare che questa raccolta stata riveduta nel 1823 e che sono statescartate molte vecchie leggi diventate inutili. Ora lo Stato del Massachu-setts, che popolato circa quanto un nostro dipartimento, passa per il pistabile di tutta lUnione e per quello che mette pi continuit e saggezzanelle sue iniziative.

    3 Nessuno vorr sostenere che un popolo non possa abusare della forzadi fronte a un altro popolo. Ora, i partiti formano altrettante piccole nazioniin una grande; essi hanno fra loro rapporti di stranieri. Se si conviene che unanazione possa essere tirannica nei riguardi di unaltra, come negare che unpartito possa esserlo riguardo a un altro partito?

    4 Si vide a Baltimora, allepoca della guerra del 1812, un esempio impres-sionante degli eccessi cui pu giungere il dispotismo della maggioranza. A

    LONNIPOTENZA DELLA MAGGIORANZA NEGLI STATI UNITI

  • quellepoca la guerra era col assai popolare e un giornale che si mostravacontrario eccit lindignazione degli abitanti. Il popolo si riun, distrusse la ti-pografia e prese dassalto le case dei giornalisti. Si tent allora di mobilitare lamilizia ma questa non rispose allappello: allora, per salvare i disgraziati mi-nacciati dal furore pubblico, si decise di condurli in prigione come dei crimi-nali. Ma questa precauzione fu inutile: durante la notte il popolo si riun nuo-vamente e, non essendo i magistrati riusciti a riunire la milizia, la prigione fuforzata, uno dei giornalisti ucciso, gli altri quasi morti: e i colpevoli denuncia-ti alla giuria furono assolti. Io dicevo un giorno a un abitante della Pennsylva-nia: Spiegatemi, vi prego, come mai, in uno Stato fondato da quaccheri e fa-moso per la sua tolleranza, i negri affrancati non sono ammessi a esercitare idiritti politici. Essi pagano le imposte, non giusto che votino?. Non fatecilingiuria egli rispose di credere che i nostri legislatori abbiano commessoun atto cos grossolano di ingiustizia e di intolleranza. Cos da voi i negrihanno diritto di votare?. Senza dubbio. Allora come mai stamani al col-legio elettorale non ne ho visto alcuno nellassemblea?. Questa non colpadella legge mi disse lamericano i negri hanno vero il diritto di presentarsialle elezioni, ma si astengono volontariamente. Ecco della modestia da par-te loro. Ah! Non per questo, essi temono di essere maltrattati. Da noi av-viene talvolta che la legge manchi di forza, quando la maggioranza non lap-poggia affatto. Ora, la maggioranza ha dei grandi pregiudizi contro i negri e imagistrati, dal canto loro, non hanno la forza di garantire a questi i diritti lorolegalmente conferiti. E che! La maggioranza che ha il diritto di fare la leggevuole anche quello di disobbedire alla legge?.

    5 Il potere pu essere accentrato in unassemblea: allora forte, ma nonstabile; pu essere accentrato in un uomo: allora meno forte ma pi stabile.

    6 Penso che sia inutile avvertire il lettore che qui, come in tutto il restodel capitolo, non parlo del governo federale ma dei governi particolari di ogniStato diretti dispoticamente dalla maggioranza.

    7 Lettera di Jefferson a Madison, 15 marzo 1789.

    ALEXIS DE TOCQUEVILLE

  • Gli stereotipi*Walter Lippmann

    1.Ciascuno di noi vive e opera su una piccola parte della

    superficie terrestre, si muove in un cerchio ristretto e solodi pochi dei suoi conoscenti giunge a essere intimo. Di tut-ti gli avvenimenti pubblici che hanno vasti effetti, vediamoal massimo solo una fase e un aspetto. Questo vale sia pergli eminenti personaggi che redigono trattati, legiferano, edemanano ordini, sia per quelli per i quali questi trattativengono redatti, queste leggi vengono promulgate e questiordini vengono dati. Inevitabilmente le nostre opinioni co-prono uno spazio pi ampio, un tempo pi lungo, un nu-mero maggiore di cose di quanto possiamo direttamenteosservare. Debbono, perci, essere costruite sulla base dici che ci viene riferito da altri, e di ci che noi stessi riu-sciamo a immaginare.

    Daltronde, nemmeno il testimone oculare riportaunimmagine semplice della scena che ha visto1. Infatti le-sperienza sembra dimostrare che alla scena che poi portacon s egli gi in partenza reca degli elementi, e che pispesso di quanto si creda ci che egli crede il resoconto diun fatto gi in realt la sua trasfigurazione. Sono pochi ifatti che sembrano venire registrati dalla coscienza comesono; la maggior parte dei fatti contenuti nella coscienzaappaiono in parte costruiti. Il resoconto il prodotto con-giunto di colui che conosce e della cosa conosciuta, in cuiil ruolo dellosservatore sempre selettivo e di solito creati-vo. I fatti che vediamo dipendono dal punto di vista in cuici mettiamo, e dalle abitudini contratte dai nostri occhi.

  • Una scena non familiare come il mondo del bambino:Una grande confusione, fiorente e ronzante (James 1890,I, p. 488). in questo modo, dice John Dewey (1910, pp.221-222), che ogni cosa nuova colpisce ladulto, sempreche la cosa sia davvero nuova e insolita.

    Le lingue straniere che non comprendiamo ci danno semprelimpressione di un confuso chiacchierio, un cicaleccio in cuinon possibile fissare alcun gruppo di suoni nettamente de-finito e ben individualizzato. Accade lo stesso al provincialein una affollata via cittadina, allabitante della terra ferma sulmare, allignorante in faccende sportive che assiste a una di-scussione fra competenti a proposito di una partita compli-cata. Ponete un uomo privo di esperienza in una fabbrica, eil lavoro gli sembrer sulle prime un miscuglio di cose senzasignificato. Gli stranieri di unaltra razza proverbialmente sisomigliano tutti, agli occhi del visitatore forestiero. In ungruppo di pecore, ognuna delle quali perfettamente indivi-dualizzata per il pastore, un estraneo percepisce soltantogrossolane differenze di grandezza e di colore. Ci che noncomprendiamo ha per noi il carattere di un indiscriminatomutamento, di una macchia in espansione. Il problema del-lacquisto dei significati dalle cose, o (detto in altro modo) ilproblema di formare abiti di apprendimento diretto dun-que quello di introdurre: a) definitezza o distinzione e b)coerenza, costanza, o stabilit di significati in cose che altri-menti sono vaghe e fluttuanti.

    Come siano questa precisione e questa costanza dipen-de per da chi le introduce. In un brano successivo (pp.247-248) Dewey fornisce un esempio di come possano dif-ferire le definizioni del termine metallo, date rispettiva-mente da un profano che ha qualche esperienza in proposi-to e da un chimico.

    La levigatezza, la durezza, la lucentezza e lo splendore, il no-tevole peso in rapporto alla grandezza; () propriet utili co-me la capacit di essere rese malleabili dal calore ed essere in-durite dal freddo, di conservare la forma e la figura date, diresistere alla pressione e al logoramento,

    WALTER LIPPMANN

  • entrerebbero probabilmente nella definizione del profano.Ma il chimico probabilmente trascurerebbe queste qualitestetiche e utilitarie, e definirebbe metallo un elementochimico che entra in combinazione con lossigeno in mododa formare una base.

    Nella maggior parte dei casi noi definiamo non dopo,ma prima di aver visto. Nella grande, fiorente e ronzanteconfusione del mondo esterno trascegliamo quello che lanostra cultura ha gi definito per noi, e tendiamo a perce-pire quello che abbiamo trascelto nella forma che la no-stra cultura ha stereotipato per noi. Dei grandi uominiche si sono riuniti a Parigi per decidere le sorti delluma-nit, quanti erano davvero in grado di vedere qualcosadellEuropa? Se qualcuno avesse potuto entrare nellamente di Clemenceau, vi avrebbe trovato le immagini rea-li dellEuropa del 1919 o non piuttosto un forte sedimen-to di idee stereotipate accumulate e irrigiditesi nel corsodi una lunga e combattiva esistenza? Vedeva i tedeschidel 1919, o il tipo germanico che aveva imparato a vederefin dal 1871? Vedeva proprio questultimo, e tra i varirapporti che gli arrivavano dalla Germania dava peso aquelli e, a quanto pare, solo a quelli che si attagliava-no al tipo che aveva nella mente. Se uno junker diventavaminaccioso, quello era un autentico tedesco; se un diri-gente sindacale riconosceva la colpa dellimpero, non po-teva essere un vero tedesco.

    A un congresso di psicologia, svoltosi a Gottinga, sta-to fatto un interessante esperimento su un gruppo di osser-vatori presumibilmente addestrati (Van Gennep 1910, pp.108-109).

    Non lontano dalla sala delle riunioni cera una festa pubblica,con ballo in maschera. Improvvisamente la porta della sala siapre, un clown si precipita come un folle inseguito da un ne-gro armato di pistola. I due si fermano in mezzo alla sala esinsultano; il clown cade, il negro gli salta addosso, spara esubito entrambi escono dalla sala. Il tutto dura appena ventisecondi. Il presidente preg i membri presenti di scriver subi-to un rapporto perch sicuramente ci sarebbe stata uninchie-

    GLI STEREOTIPI

  • sta giudiziaria. Furono consegnati quaranta rapporti. Uno so-lo aveva meno del venti per cento di errori relativi al precisosvolgersi dei fatti; quattordici avevano dal venti al quarantaper cento di errori, dodici dal quaranta al cinquanta per cen-to, e tredici pi del cinquanta per cento. Inoltre, in ventiquat-tro rapporti il dieci per cento dei dettagli erano puramenteinventati, e questa percentuale dinvenzione era ancora mag-giore in dieci rapporti e minore in sei. In definitiva un quartodei rapporti dovette essere considerato come falso. Non ne-cessario dire che tutta la scena era stata concordata e anchefotografata prima. I dieci rapporti falsi sono dunque da inse-rire nella categoria dei racconti e delle leggende, altri venti-quattro sono semileggendari e i sei rimanenti hanno pi omeno il valore di testimonianza esatta.

    Sicch, di quaranta osservatori allenati che hanno scrittoun resoconto responsabile di una scena appena accaduta di-nanzi ai loro occhi, pi della maggioranza ha visto una sce-na che non aveva avuto luogo. Che cosa avevano visto, allo-ra? Sembrerebbe pi facile raccontare ci che accaduto,che inventare qualcosa che non accaduto. Essi hanno vi-sto il loro stereotipo di una zuffa. Tutti nel corso della lorovita avevano acquisito una serie di immagini di zuffe, e que-ste immagini sfilarono dinanzi ai loro occhi. In uno solo diloro queste immagini soppiantarono meno del 20 per centodella scena reale; in tredici di loro pi della met. In trenta-quattro dei quaranta osservatori gli stereotipi si appropria-rono di almeno un decimo della scena. Un eminente criticodarte ha scritto (Berenson 1909) che

    Date le forme quasi innumerevoli che assume un oggetto ()data la nostra insensibilit e la nostra scarsa attenzione, le co-se difficilmente avrebbero per noi tratti e contorni cos preci-si e chiari da poter essere richiamati a volont, se non fosseper le forme stereotipate che larte ha prestato loro.

    La verit ancor pi ampia di quel che lui pensasse,perch le forme stereotipate fornite al mondo non proven-gono solo dallarte, intesa nel senso di pittura e scultura e

    WALTER LIPPMANN

  • letteratura, ma anche dai nostri codici morali, dalle nostrefilosofie sociali e dalle nostre agitazioni politiche. Sostituia-mo, in questaltro brano di Berenson, le parole politica,economia e societ alla parola arte, e le sue afferma-zioni resteranno egualmente vere:

    A meno che anni e anni dedicati allo studio di tutte le scuoleartistiche non ci abbiano insegnato anche a vedere con i no-stri occhi, cadiamo ben presto nellabitudine di modellaretutto quello che osserviamo nelle forme che ci offre quella so-la arte che ci familiare. Essa la misura con cui giudichiamola realt artistica. Basta che qualcuno ci dia forme e colori chenon trovano riscontro istantaneo nel nostro misero repertoriodi forme e tinte trite e ritrite, ed ecco che scuoteremo la testaperch questi non ha riprodotto le cose come sappiamo chedebbono essere, o lo accuseremo di insincerit.

    Berenson parla del disappunto che proviamo quandoun pittore non visualizza gli oggetti esattamente comenoi, e della difficolt di apprezzare larte del Medioevoperch da allora la nostra maniera di visualizzare le forme cambiata in mille modi2. Passa poi a dimostrare in chemodo ci stato insegnato a vedere quello che vediamo del-la figura umana.

    Creato da Donatello e Masaccio, e sanzionato dagli umanisti,il nuovo canone della figura umana, la nuova forma dei linea-menti () presentava alle classi dirigenti di quellepoca il ti-po di essere umano che con maggiori probabilit poteva af-fermarsi nello scontro delle forze umane () chi aveva il po-tere di spezzare questo nuovo clich visivo e di scegliere dalcaos delle cose forme pi precisamente espressive della realtdi quelle fissate da uomini di genio? Nessuno aveva un talepotere. La gente doveva per forza vedere le cose in quel mo-do e in nessun altro, e vedere solo le forme ritratte, amare so-lo gli ideali offerti.

    2.Se non riusciamo a comprendere pienamente le azioni

    degli altri finch non sappiamo che cosa credono di sapere,

    GLI STEREOTIPI

  • allora, per essere equi, dobbiamo vagliare non solo le infor-mazioni che erano a loro disposizione, ma anche le menticon cui le hanno filtrate. Infatti i tipi accettati, gli schemicorrenti, le versioni standard intercettano le notizie primache arrivino alla coscienza. Lamericanizzazione, per esem-pio, , almeno superficialmente, la sostituzione di stereoti-pi americani a stereotipi europei. Cos il contadino che ma-gari vedeva il proprietario come il signore del castello, e ilsuo datore di lavoro come il magnate locale, impara dalla-mericanizzazione a vedere il proprietario e il datore di la-voro secondo i canoni americani. Ci costituisce un muta-mento di mentalit, che in sostanza, quando linoculazioneriesce, un mutamento del modo di vedere. Il suo occhiovede in modo diverso. Unamabile gentildonna confessavache gli stereotipi sono di unimportanza cos soverchianteche, quando i suoi vengono contrastati, lei da parte suanon riesce nemmeno pi ad accettare la fraternit umana ela paternit divina.

    I vestiti che portiamo cinfluenzano stranamente. Labbiglia-mento crea unatmosfera psicologica e sociale. Che cosa sipu sperare dallamericanismo di un individuo che insiste afarsi fare i vestiti a Londra? Il cibo stesso influisce sullameri-canismo di una persona. Che specie di americanismo pu ma-turare in unatmosfera di crauti e di formaggio di Limburgo?Che cosa ci si pu aspettare dallamericanismo dellindividuoil cui fiato puzza continuamente daglio? (Bierstadt 1921, p.21).

    Questa signora avrebbe potuto essere la patrona di unaparata a cui assistette una volta un mio amico. SintitolavaIl Crogiuolo, ed ebbe luogo un 4 luglio in un centro del-lindustria automobilistica dove lavorano molti operai diorigine straniera. Al centro del campo di baseball, allaltez-za della seconda base, era stato messo un enorme pentolo-ne di legno e tela. Su due lati cerano delle scalinate cheportavano fino allorlo. Dopo che il pubblico si fu sistema-to e la banda musicale ebbe suonato, entr da unaperturaa un lato del campo una processione. Era composta di uo-

    WALTER LIPPMANN

  • mini di tutte le nazionalit straniere presenti nelle fabbri-che. Indossavano i costumi del loro paese dorigine, canta-vano i loro canti nazionali, danzavano i loro balli popolarie portavano le bandiere di tutti i paesi dEuropa. Fungevada maestro di cerimonie il direttore della scuola elementa-re, vestito da zio Sam. Fu lui a condurli al pentolone; li fe-ce salire per le scalinate e li port dentro. Poi si mise dal-laltra parte e li invit a uscire. Ricomparvero in bombetta,giacca, pantaloni, gilet, colletto duro e cravatta a pallini esenza dubbio, diceva il mio amico, ognuno con una matitaEversharp nel taschino cantando tutti insieme linno na-zionale americano.

    I promotori di questa parata, e probabilmente la mag-gior parte dei protagonisti, credevano di essere riusciti aesprimere quella che costituisce la difficolt pi intima diassociazione amichevole tra le vecchie stirpi americane e lenuove. Il conflitto dei loro stereotipi impediva il pieno ri-conoscimento della loro comune umanit. Le persone chehanno cambiato il loro nome lo sanno; intendono cambiarese stessi e latteggiamento degli altri nei loro confronti. Na-turalmente c un nesso fra la scena esterna e la mente concui la osserviamo, proprio come nelle riunioni della sinistraci sono uomini con i capelli lunghi e donne con i capellicorti. Ma per losservatore frettoloso sufficiente un nessosuperficiale: se tra il pubblico ci sono due donne con i ca-pelli alla maschietta, e quattro barbe, agli occhi del croni-sta il quale sa in precedenza che queste riunioni sono fre-quentate da persone che hanno questi gusti in fatto di ac-conciatura, quello sar un pubblico tutto alla maschietta ebarbuto. C un nesso tra la nostra visione e i fatti, maspesso un curioso nesso. Un tale, supponiamo, non hamai guardato un paesaggio se non per esaminare la possibi-lit di dividerlo in lotti fabbricabili, ma ha visto invece uncerto numero di paesaggi appesi in salotto. E da questi haappreso a concepire il paesaggio come un tramonto rosatoo come una strada di campagna con un campanile e una lu-na dargento. Un giorno va in campagna e per varie orenon vede un solo paesaggio. Poi il sole cala e in quel mo-

    GLI STEREOTIPI

  • mento sembra rosa. Di colpo riconosce un paesaggio edesclama che bellissimo. Ma due giorni dopo, quando cer-ca di ricordare quello che ha visto, nove volte su dieci ri-corder soprattutto un paesaggio visto in salotto.

    Se non era ubriaco, e non sognava, e non era pazzo, havisto un tramonto; ma ci ha visto, e soprattutto ne ricor-der, pi quello che le oleografie gli hanno insegnato a os-servare di quello che un pittore impressionista, per esem-pio, o un giapponese colto, ci avrebbe visto e ne avrebberiportato. E il giapponese e il pittore a loro volta avrannovisto e ricordato soprattutto la form