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CROCE DEL SUD supplemento a SUI TUOI PASSI Bimestrale del Centro di Pastorale Giovanile e Vocazionale dei Frati Minori Cappuccini della Lom- bardia Supplemento al n. 3 Anno XIII Giugno 2006 Poste Italiane S.P.A. Sped. Abb. Postale: D.L. 353/2003/(conv. In legge 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 2, DCB (Bergamo) Frati Minori Cappuccini - CCP Nº 4868908- 7 intestato a: BCC ONLUS Sui Tuoi Passi - Viale Piave 2 20129 Milano Garanzia di tutela dei dati personali L. 675/96: i dati personali comunicati agli interessati sono trattati direttamente per l’invio della rivista e delle informazioni sulle iniziative del Centro Pastorale Giova- nile e Vocazionale. Non sono comunicati o ceduti a terzi. Respnsabile del trattamen- to dati è Fra Daniele Rebuzzini, direttore editoriale. La rivista viene inviata agli amici che so- stengono le iniziative dei Frati Cappuccini per farne conoscere la vita, l’attività e i progetti. Direttore editoriale: Fra Daniele Rebuzzini Direttore responsabile: P. Giulio Dublini Grafica e impaginazione: TrendUp graphic di Beretta Matteo [email protected] Stampa: Grafital s.r.l. - Via Borghetto 13 - 24020 Torre Boldone BG - Tel. 035 340 460 - Fax 035 360 333 Autorizzazione Trib. di Bergamo nº 25 del 23/9/1993 Editore: Beni Culturali Cappuccini ONLUS viale Piave, 2 20129 Milano Finito di stampare il 28 giugno 2006 Estate: stagione di raccolto. Lungo il cammino di Santiago a luglio Foto di Maria Gioia Fornaretto

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CROCE DEL SUD

supplemento a SUI TUOI PASSI Bimestrale del Centro di Pastorale Giovanile e Vocazionale dei Frati Minori Cappuccini della Lom-bardia

Supplemento al n. 3 Anno XIII Giugno 2006 Poste Italiane S.P.A. Sped. Abb. Postale: D.L. 353/2003/(conv. In legge 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 2, DCB (Bergamo)

Frati Minori Cappuccini - CCP Nº 4868908-7 intestato a: BCC ONLUS Sui Tuoi Passi - Viale Piave 2 20129 Milano Garanzia di tutela dei dati personali L. 675/96: i dati personali comunicati agli interessati sono trattati direttamente per l’invio della rivista e delle informazioni sulle iniziative del Centro Pastorale Giova-nile e Vocazionale. Non sono comunicati o ceduti a terzi. Respnsabile del trattamen-to dati è Fra Daniele Rebuzzini, direttore editoriale. La rivista viene inviata agli amici che so-stengono le iniziative dei Frati Cappuccini per farne conoscere la vita, l’attività e i progetti.

Direttore editoriale: Fra Daniele Rebuzzini Direttore responsabile: P. Giulio Dublini Grafica e impaginazione: TrendUp graphic di Beretta Matteo [email protected] Stampa: Grafital s.r.l. - Via Borghetto 13 - 24020 Torre Boldone BG - Tel. 035 340 460 - Fax 035 360 333

Autorizzazione Trib. di Bergamo nº 25 del 23/9/1993 Editore: Beni Culturali Cappuccini ONLUS viale Piave, 2 20129 Milano

Finito di stampare il 28 giugno 2006

Estate: stagione di raccolto. Lungo il cammino di Santiago a luglio Foto di Maria Gioia Fornaretto

Croce del Sud Pasqua-Pentecoste 2006

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La Croce del Sud di Novembre è piena dei racconti dei gou-mier , ancora caldi dei falò estivi che hanno illuminato le sera-te dei raid. Ma l’attività dei goumier, in particolare dei lanciato-ri non si ferma. Durante l’inverno ci si incontra per preparare la CdS, per raccontarsi come sono andati i raid e discutere di nuovi itinerari. Ma soprattutto ora che l’estate inizia è tempo di preparare i Goum futuri. Vi proponiamo due resoconti, uno sull’ultimo incontro di reda-zione di questo giornalino e un altro sul sopralluogo di mag-gio per preparare i Goum nel Gran Sasso.

Durante l’ultimo incontro di redazione, nell’individuare una data ed un luogo per l’incontro successivo, abbiamo scoperto di poter usufruire di un tempo più lungo offertoci dal “ponte” pasquale e (con una qualche incredulità dovuta all’usuale fatica di trovare un tempo propizio per tutti nei superaffacen-dati giorni di ciascuno) ci siamo lasciati sull’ipotesi di una scarpinata redazionale per il lunedì di Pasqua.

Alla luce dell’assunto che “Non è che non osiamo perché le cose sono difficili ma le cose sono difficili perché non osiamo” abbiamo osato!

Abbiamo scelto una meta proprio fuori porta (per non spreca-re troppo tempo nel viaggio) ma non per questo meno inte-ressante per dislivello ed ampi panorami.

Abbiamo anche scelto il treno come mezzo di trasporto per gustare insieme un’emozione di altri tempi, di altre uscite, di altre età… per gustare la pacata e piacevole misura di una certa lentezza, di un viaggiare comodi e vicini , impermeabili al traffico e ai rumori. Ragazzini/e senza patente per un gior-no, felici di poterne fare a meno.

All’arrivo del treno a Sesto (ore 7.50) Matteo e Sara con Em-ma, Gabriella e Angelo, Marcello (arrivato appositamente da Torino la sera prima), Emma ed Erica (amiche di Sara) aspet-tavano di vedere le braccia di Gioia e Stefano (partiti da Mila-

no) che si sporgevano per indicarci la carrozza su cui salire. Tutta la carrozza era a nostra disposizione! Fra racconti, aggiornamenti e rimpianti per chi non c’era, siamo arrivati a Valmadrera da dove abbiamo iniziato a camminare verso il Sasso Preguda, masso erratico di notevole dimensioni che offre il fianco alla chiesetta di S.Isidoro (patrono degli agri-coltori) e si trova su un gran bel balcone naturale – fra prati e betulle – affacciato sul Lago di Lecco.

L’itinerario ha presentato anche l’emozione di un tratto at-trezzato con catene e la più spericolata si è mostrata la pic-cola Emma che, dalle spalle del papà, incitava ad un passo più deciso al grido di “Giù, giù, giù..!!”

Alla meta siamo stati raggiunti dai cinque Cociancich che non avevano potuto approfittare del treno e, strappando un po’ di azzurro al cielo, siamo riusciti a mangiare all’asciutto nonostante le premesse iniziali poco incoraggianti…. ma si sa… chi non risica non rosica! (Traduzione popolare del detto citato più sopra).

L’allegro ritorno è stato segnato dalla riunione di redazione più efficace della storia!

Comodamente installati in quel che più che uno scomparti-mento era un salottino da film in bianco e nero, atmosfera a mille, galvanizzati dall’impresa di essere davvero riusciti a

prenderci un’intera giornata e dalla sco-perta di un ambiente bello così a portata di.. piede, il nostro spirito comunitario ed esploratore ha dato il meglio che state leggendo in questo numero della Croce del Sud…!

nesimo. È un fatto certo che per molto tempo la nostra co-stellazione portò il anche il nome di Croce di sant’Elena, la madre di Costantino, celebre per avere ritrovato la croce di Cristo (o almeno così vuole la leggenda) sul Calvario.

Qualunque sia la verità di queste note è indubbio che la Croce del Nord appare legata alle speranze di conversio-ne, di resurrezione, di cieli e vita nuova che gli uomini che ci hanno preceduto hanno coltivato nei loro cuori in notte d’estate come questa.

E’ dolce pensare a tutto questo mentre, sdraiati nei nostri sacchi a pelo, guardiamo per un’ultima volta le stelle che ci sovrastano: la costellazione del Cigno come una grande coperta ci avvolge e poco a poco protegge il sonno nel quale scivoliamo.

Quanto tempo prima dell’estate nasce un raid? Parecchio direi. Il primo passo è quello di mettersi nuovamente in gioco, decidere di camminare ancora una volta con i Goum. Poi si sceglie di lanciare, di vivere il raid in una prospettiva diversa, ma ugualmente appassio-nante.

E allora si comincia anche a prepararlo praticamente. La prima do-manda che sorge è: “Ma dove andiamo quest’anno?”.

Eravamo abituati ai Causses, bellissimi e facili da immaginare: negli anni centinaia di Goum hanno tracciato decine di percorsi. Ma negli ultimi tempi i Causses sono stati un po’ meno accoglienti per i gou-mier, soprattutto per i problemi legati al fare i fuochi.

E allora ci si guarda intorno e ci si rende conto che in Italia ci sono dei posti splendidi, e molto , molto Goum (sapreste definire qual è un posto Goum? Io non ci riesco, ma credo che tutti noi che abbia-mo camminato sappiamo riconoscerlo).

I Goum hanno portato i loro passi fino alla Sicilia e alla Puglia. La Toscana forse è un po’ troppo affollata di turisti. Assisi e dintorni, fino ai Sibillini sono stati ben esplorati.

Ma ancora ce n’è di terre!

L’anno scorso Roberto, Stefano e un gruppo di prodi si erano av-venturati sul Gran Sasso riportando ricordi di panorami mozzafiato. Così la decisione per noi è di ritornare in zona per scoprire nuovi itinerari adeguati ad un raid.

La compagnia: padre Marcello, Rosa, Stefano, Fabio e naturalmen-te io che sto scrivendo. Il mezzo: “Ducamper” turchese (ovvero un Ducato ingegnosamente e artigianalmente trasformato in camper). Armamentario fondamentale: bussola e cartine di ogni tipo in ogni scala.

L’itinerario è già stato studiato a tavolino in un incontro precedente. Si guida diretti a quello che sarà il punto di partenza del Goum (non posso dire troppi nomi, sennò rovino la sorpresa a chi camminerà quest’estate). Si smonta dal mezzo e si infilano gli scarponi. Fissia-mo un punto di ritrovo che è circa alla metà di quella che sarà la prima tappa. Tre camminatori passano per il sentiero, io e Rosa li raggiungiamo con il Ducamper facendo un percorso stradale deci-samente più tortuoso. L’intreccio funziona e ci ritroviamo a sera in uno splendido altopiano. C’è un po’ di preoccupazione perché sul passo da svalicare il giorno dopo si vede neve in abbondanza. Ma ad ogni giorno basta la sua pena e così ci accingiamo alla cena e alla notte senza ulteriori pensieri.

Il risveglio è magnifico, nel silenzio e con l’aria frizzante (siamo a1-600 m s.l.m.!). Ci prepariamo e celebriamo la S. Messa. L’altare è apparecchiato con la tovaglia della colazione girata: era il nostro tavolo fino a qualche ora prima, e ancora prima era un’asse di letto: magie del Ducamper!

Ci si divide: un po’ camminano e gli altri spostano il mezzo. Poi camminano anche quelli che erano sul furgone. Così si possono esplorare sentieri e trovare i punti adatti ai bivacchi serali. Non è proprio uguale al Goum: ci teniamo in contatto con i telefonini per dirci a che punto si è e lo zaino è pieno di panini. Ci si ritrova la sera che è quasi buio, ognuno con i suoi racconti e le sue conside-razioni: la neve c’era sul serio (non ci sarà quest’estate speriamo!) e un sentiero così ben segnato sulla cartina non esiste e si perde nel bosco. Bisogna ragionarci un po’ per trovare un percorso fattibi-le!

Così continuiamo per altri due giorni, tra monti boschi e laghi: un concentrato di bellezze. Ma ancora più bello è vivere in fraternità il costruire insieme qualcosa che doneremo a chi camminerà con noi. Andare o fermarsi immaginandosi le figure in djellaba che passe-ranno di lì fra pochi mesi. C’è di che gioire! Torniamo a Milano un po’ stanchi (è stata una bella tirata) ma molto soddisfatti. Il cammino è disegnato e sarà stupendo. Almeno così lo immaginiamo e lo speriamo per noi e i goumier che ci saranno.

In certi casi il nome della costellazione era quello di “Croce Maggiore” contrapposta alla costellazione della Croce Minore (oggi Lyra) che si trova ad essa affiancata.

Nel corso di tutto il medio evo era normale che studiosi ma anche semplici contadini riconoscessero nella costel-lazione l’immagine della crocifissione di Cristo.

Nel corso del Rinascimento pittori colti come Holbein uti-lizzarono la raffigurazione della Croce del Nord come un’allusione al distacco del corpo di Cristo morto sulla Croce la sera del primo Venerdì Santo. E’ questo il caso, ad esempio del famoso dipinto “I due ambasciatori”, che apparentemente ritrae solo due personaggi in vista del tempo ma che in realtà, grazie ad una serie di indizi na-scosti nel dipinto, è una raffigurazione del mistero terribi-le della morte e risurrezione di Gesù la sera del venerdì santo del 1533 d.C (dunque esattamente 1500 anni do-po la morte sulla Croce, la sera che molti ritenevano sa-rebbe sopraggiunta la fine del mondo e il giudizio divino). Una raffigurazione che consente di passare dalla visione di morte rappresentata dal teschio obliquo descritto sul pavimento (che sembra voler ricordare che sulla Terra è questo inevitabilmente il nostro destino) ad una visione di speranza svelata, ad esempio, dal globo celeste che raf-figura in primo piano proprio la costellazione del Cigno.

Altri studiosi hanno recentemente ipotizzato che nel cele-bre dipinto di Piero della Francesca “il Sogno di Costanti-no” la rappresentazione dell’angelo che scende dal cielo stringendo in pugno la croce sia proprio coincidente con la rappresentazione classica del cigno e che le costella-zioni del cielo che fanno da sfondo ai personaggi ritratti raffigurino propriamente la costellazione della Croce del Nord. Se questa interpretazione dovesse essere confer-mata sarebbe facile ipotizzare che fosse proprio la Croce del Nord la visione di una croce sfolgorante di luce che l’imperatore Costantino ebbe sulla via Appia (“in hoc si-gno vinces”) e che gli diede la premonizione della vittoria su Massenzio nonché la decisione di convertirsi al cristia-

aggregarsi, d i s e g n a n o immagini nel cielo nottur-no il cui si-gnificato ci viene svela-to dal la scienza degli antichi astro-nomi che giunge a noi attraverso i secoli.

Alzando lo sguardo a perpendico-lare, sullo zenith asso-luto del de-

serto, non possiamo non rimanere impressionati da una delle costellazioni più grandi e più nitide che ci offre il no-stro emisfero (l’emisfero boreale). Si tratta della costella-zione oggi conosciuta con il nome del Cigno.

La sua forma è assai facilmente riconoscibile per essere quella di una grande croce la cui testa coincide con la stel-la più luminosa, Deneb e che sembra quasi scivolare giù dalla Via Lattea, che come molti sanno, era stata identifica-ta come la via che le anime seguono per entrare in Paradi-so.

L’attribuzione del nome del Cigno è relativamente recente, Per lungo tempo a partire almeno dal VI° secolo e fino al 1600 la costellazione era stata chiamata la Croce del Nord e ancora oggi molti atlanti astronomici riportano questa denominazione. Ad essa si riferisce per esempio Gregorio di Tours (538-594 d.C) nelle istruzioni per la preghiera del-l’ufficio notturno per il suo monastero.

Dopo due racconti su cosa succede tra un Goum e l’al-tro, vi proponiamo due racconti su Goum dell’anno pas-sato. Sono diversi tra di loro, come diverso è il cammino che ciascuno fa. Ve li offriamo come ponte di memoria verso i nuovi Raid.

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Goum, goum, goum…

quante volte mi perdo (o forse mi trovo?) con lo sguardo sognante a ripercorrere attraverso i chiarissimi ricordi, pensieri ed emozioni vissute quest’estate durante il cam-mino che ci ha uniti e scoperti lungo le piste siciliane… in me ancora riecheggiano canzoni, voci, talvolta affiorano immagini bellissime, talvolta sento che su di me si posa-no sguardi profondi e sinceri, come lo possono essere quelli di persone che si sono spogliate di tutto per prova-re a vivere in pienezza… e che guardandosi non posso-no che riconoscersi come fratelli e sorelle…

Il ritorno “alla normalità” è stato duro, come dopo tutti i goum vissuti prima. La prima sera nel letto di casa sono riaffiorati pensieri che mi avevano tormentato dopo la prima volta che ho attraversato il deserto e mi è entrato dentro: come riuscire a conciliare lo splendore, la bellez-za e la verità di sette giorni di povertà con gli altri 358 dell’anno, per non dire della vita? Avevo trovato la strada per essere felice, in pace con me stesso e con gli altri uomini, in comunione con Dio… quindi…

Mi capita spesso di rivedermi mentre cammino, con lo zaino pesante sulle spalle, mentre arranco per superare una salita, mi rivedo mentre gioisco per un paesaggio

Si sa che i goumier dormono in “hotel da un milione di stelle”. Roberto ci racconta di una costellazione ora non tanto nominata, ma storicamente importante. Sapremo ritrovarla nei cieli dei raid?

Nelle meravigliose notti d’estate che fanno da cornice ai nostri raids è un’abitudine a cui teniamo molto quella di sostare qualche minuto in silenzio a contemplare il fuoco del bivacco prima di coricarci. Le braci sprigionano picco-le faville che corrono verso il cielo e seguendone la traiettoria siamo portati a volgere lo sguardo verso l’alto. E’ allora che ci appa-re nella sua sconvolgente bellezza uno scenario di stelle che dà vita all’Univer-so, la cui vastità, nel cielo chiaro del giorno, ci risulta-va sconosciuta.

Dallo stupore per la gran-dezza dell’Universo, dal sentimento di essere a noi volta nient’altro che un’infi-nitesima favilla che arde per pochi istanti nell’infinito della Storia, passiamo poco a poco alla meraviglia di scoprire i messaggi che giungono a noi da questa visione piena di mistero. Le stelle, nel loro complesso

le. Qualcuno vuole adempiere un voto, qualcuno ricerca l’esperienza del “vero” pellegrinaggio.

Eppure, indipendentemente dalla motivazione, colgo un denominatore comune, un elemento che unifica chi parte per il cammino.

Camminare. Forse è proprio e solo questo. Camminare come atto “inutile” perché “assoluto”; senza uno scopo immediato, senza la pro-spettiva di un profitto , senza premi; un atto antistorico, antico, desueto; un atto che smuove poco denaro, durante il quale si va all’essenziale, ci si porta dietro pochissimo, si consuma e si spende poco. Giornate in cui le azioni si riducono a camminare, riposare, nutrirsi, curare la perso-na; in cui rimane tempo per pensare, guardare, ascoltare, fare amicizia; lontano dagli impegni, dallo stress, da ruoli attribuiti, o copioni da recita-re; senza la necessità di presentare agli altri un’identità precisa– pre-sentando solo quello che vi vuole raccontare di se stessi -, in un paese straniero ma accogliente, in cui la gente è ospitale, amica; camminare senza paure, sapendo che ci sarà comunque e ovunque un ostello dove fermarsi.

E poi il fascino della storia, il pensiero di ripercorrere una strada solcata da milioni di pellegrini; il sentirsi in qualche modo protagonisti di questa storia, acquisendo la consapevolezza di partecipare alla consumazione di un rito collettivo che si perpetua da un millennio.

Di tutte queste cose assieme si è più o meno consapevoli, ma esse so-no in qualche modo presenti e comuni nella maggior parte dei pellegrini che partono ed in tutti quelli che rientrano a casa al termine dell’espe-rienza

La “magia” del cammino sta anche e soprattutto in questo: percepire queste suggestioni, compiere un atto di fede consistente nel credere nei racconti di chi c’è stato e, mettersi in gioco, rischiare. Senza garanzie ma sapendo che sarà un’esperienza di quelle che non si dimenticano.

Per chi ancora non lo conoscesse il sito di cui parla Luciano è www. pellegrinando.it

dalla cima di un monte e ripenso al cammino… sento il sudore ed il mio odore tanto terribile eppure tanto natura-le… sento la vita che mi attraversa…

Perché non prendere e partire, lasciare tutto, per avere in cambio me stesso, “essere un piccolo pazzo seguace del vero pazzo che è San Francesco”? Per me il goum era diventato un fine, uno scopo, uno stile di vita… non indica-tivo, ma da prendere alla lettera… una vita veramente in cammino non poteva essere statica, la strada doveva ave-re un peso determinante nella vita di tutti i giorni…

Ricordo una mattina che ho scritto sul mio taccuino: “il goum ci mette in cammino verso noi stessi, verso il nostro io più vero e puro perché ci dà la possibilità di entrare in diretto contatto con le parti di noi che restano sempre mag-giormente nascoste: quella più brutta e quella più bella. La prima generalmente è quella egocentrica che oscura i no-stri doni e permette loro di emergere e ci rende veramente unici e indispensabili nel mondo in cui viviamo…”.

Ma una volta che si entra nel tram-tram quotidiano i pen-sieri e i propositi spesso vengono distorti e letti in chiave differente… sebbene sotto sotto l’amaro e l’insoddisfazione rimangano. Per ritrovarsi restavano i momenti di silenzio che troppo raramente riuscivo a ritagliare e, dall’altro lato, la forte presenza dei compagni di viaggio con cui avevo attraversato il deserto… e proprio da lì, attraverso moltepli-ci confronti, il disegno ha cominciato ad essere più chiaro e ad avere senso: il goum non era un fine, ma un mezzo, era una palestra il cui scopo era quello di dare una bella puliti-na agli occhi per imparare a distinguere ciò che davvero è importante da ciò che la società o il mondo frenetico in cui viviamo ci rifilano.

Che nostalgia dell’assordante silenzio del goum, così pieno

e ricco, in grado di far emergere ciò che teniamo soffoca-to nel profondo di noi stessi, quella parte luminosa che la bellezza del deserto, dell’incontro con se stessi, con l’al-tro e con Dio fanno esplodere… al suono dei passi che lasciano indietro ciò che forse non è poi così importan-te… per riscoprire la magia della strada, dell’incontro, del servizio, della preghiera… e i compagni di viaggio… quanti sogni, dispiaceri, segreti abbiamo affidato loro, quanti momenti veramente importanti abbiamo condiviso insieme… riscoprire la parola e poi il silenzio… e l’ultimo giorno salutarsi solo con uno sguardo che però contiene l’immensità del deserto e la forza di chi l’ha attraversato!

La nostra preghiera vuole essere di ringraziamento al Signore per i doni che ci ha fatto, per averci mostrato la strada che conduce nel deserto, la Sua e la nostra casa. La nostra preghiera vuole essere anche una richiesta, affinché doni a tutti occhi nuovi, perché possano vedere la luce, la Tua luce, mettendo fine al loro vagare e ad una vita senza senso…

I regali più grandi ricevuti dall’esperienze goum sono sta-ti, oltre agli stupendi paesaggi, aver conquistato tappe, incontrato persone straordinarie, assaporato la vita nella sua semplicità… aver visto, capito, provato sulla nostra pelle che il Signore ci ama, come siamo e per quello che siamo, “per il passo che abbiamo” che sia veloce o len-to… quando ci si sente amati ci si sente veramente figli, il vuoto di una vita si colma… ma non sempre è facile rico-noscerLo, anzi, e per questo è necessario riuscire ogni tanto a prendersi un momento per osservare la bussola e riorientare la cartina…

ta ad andare avanti nelle mail che mi arrivano emi tengono in contatto col mondo tutto particolare, della gente che cammina.

Un mondo molto vario e difficilmente catalogabile, almeno per me che mi trovo davanti ad un campione statisticamente non rappresentativo, non scelto con criteri scientifici. Inoltre non sono io a porre le doman-de, ma mi devo affidare a quello che mi dicono.

Alcune mail tradiscono la volontà di andare a Santiago perché “ora usa”, perché “tanti ci vanno”, per una vacanza un po’ diversa ma co-munque “trendy”. E’ abbastanza facile distinguerle perché il tono è piatto, quasi una richiesta di servizio: si chiedono orari, aerei, servizi, opportunità di alloggio; ma non sono poi molte .

Alcuni ritengono che dietro al sito ci sia un’organizzazione di gite gui-date e chiedono di partecipare o comunque vogliono sapere “chi orga-nizza”, a chi rivolgersi.

Altre mail tradiscono l’ansia di andare soli. In molti casi è legata al bisogno di sicurezza: più frequentemente sono donne ma, strano a dirsi, anche molti uomini adulti. In altri casi è legata all’incapacità di concepire una “vacanza” non in compagnia, come si fa di solito.

Io cerco di tranquillizzare, di dare fiducia, di spiegare che sul cammino non ci sono pericoli, che si è tutelati, che la Spagna non è un paese “a rischio”; questo mi riesce abbastanza facile. Più arduo è invece spie-gare che è giusto andare soli; che il cammino è un’esperienza essen-zialmente individuale, un’esperienza di libertà; che partire da casa in compagnia lega le persone e le condiziona, spesso in modo negativo; che “soli” sul cammino non si è mai perché si cammina assieme a tanti pellegrini con cui è facile fraternizzare; che la compagnia così trovata non condiziona perché è libera, senza obblighi: ci si lascia e ci si uni-sce con facilità e naturalezza e spesso fra sconosciuti si creano rap-porti di confidenza e intensità assolutamente straordinari.

A dire il vero ho convinto qualcuno a partire solo, mentre altri mi chie-dono di segnalarli sul sito nella pagina dedicata agli “appelli” a cercare compagnia. Mi dicono “sì, hai ragione, ma io non me la sento comun-que di andare solo …”

Un buon numero, non la maggioranza, dichiara una scopo devoziona-

in evidenza.

Poi, poco a poco, qual-cuno arrivava e qualcu-no, sporadicamente, mi scriveva.

Poi ho fatto il cammino, ritornando con una gran-de mole di notizie, di foto, con un diario scritto furiosamente la sera prima di addormentarmi. ho trasferito sul sito tutto questo materiale, frutto ora di esperienza vissuta e da allora il ritmo degli accessi è andato aumentando con progressione geometrica sino ad arrivare ad una media che, in questo periodo, sfiora I mille accessi giornalieri

Insomma il sito in questi anni è diventato il più visitato in Italia sull’argo-mento.

Naturalmente l’ho aggiornato ed ampliato in continuazione, sia utilizzan-do le mie successive esperienze di cammino, sia pubblicando le colla-borazioi che altri pellegrini mi hanno offerto con diari, riflessioni o testi-monianze.

Tutto questo comporta un impegno quotidiano, di cura del sito e gestio-ne della corrispondenza con le molte persone che mi scrivono, alle quali rispondo nel giro di pochissimi giorni.

Insomma, in cinque anni un piccolo sito nato per gioco è diventato una realtà importante in quel settore, pure di nicchia, che è il cammino di Santiago.

Mi interrogo spesso sul perché di simili dinamiche. A volte subisco crisi di “rigetto”: svolgo da solo questa attività e l’impegno mi sembra ecces-sivo. Finisco per chiedermi a quale titolo svolgo questa attività, con quale diritto, con quale autorevolezza.

A parte gli incoraggiamenti degli amici che mi sostengono, trovo la spin-

Nella primavera del 1993, nel pieno della guerra dei Balcani, mi recai con un gruppo di amici in Bosnia, a Mostar per la precisione, per portare aiuti umanitari, nel ritorno verso casa passammo da Medjugorje. Era la mia prima volta in quella località; l’atmosfera che si respirava era davve-ro mistica.

Per questo motivo quando quest’anno ho visto che veniva organizzato un raid Goum nel territorio di Medjugorje, non ci ho pensato due volte e mi sono iscritto subito; volevo rivedere dopo più di dieci anni come era-no cambiati quei posti che all’epoca mi avevano lasciato molte emozio-ni.

Era il mio quarto Goum in tre anni; la partenza era fissata dal convento francescano di Humac per giungere a Medjugorje, dove ci siamo fermati due giorni interi; per questo motivo l’esperienza vissuta è stata a metà strada fra un Goum ed un pellegrinaggio.

Come tutti i Goumiers sanno ogni raid è diverso dagli altri, ma questo è stato davvero anomalo; il denominatore comune si può riassumere nell’-ospitalità e nell’incontro con personaggi originali.

Quasi ogni borgo che si attraversava aveva delle croci o lapidi a ricordo dei figli della Bosnia morti in guerra, dei quali moltissimi giovani.

Il paesaggio urbanizzato era molto diverso; una cosa che mi ha sorpre-so, le moltissime case con giardino di nuova fattura, e molte auto Mer-cedes in circolazione; a seguito del conflitto etnico molti si erano trasfe-riti a lavorare in Germania o Austria ed ora finita la guerra con i soldi risparmiati sono ritornati ed hanno potuto costruirsi la casa nuova.

Il percorso di questo raid era stato preparato appositamente dai lancia-tori ed era la prima volta che veniva compiuto da un gruppo di italiani. Nonostante le mancanze e gli inevitabili problemi che sorgono in ogni Goum, il mio giudizio generale è comunque positivo, anche perché a me il Goum piace in modo particolare siccome fa risaltare la mia parte mi-gliore.

A parte gli incontri con le famiglie che ci fornivano l’acqua dei loro pozzi,

ricordo la coppia di amici, dalla fede profonda, di cui uno invalido che viveva con i genitori anziani, che ci ha offerto l’acqua ed il necessario per allestire una tenda a seguito della notte piovosa passata presso una cappella votiva. Ci hanno raccontato che nella zona la pastorale è gesti-ta dai frati francescani, apprezzati più dei preti perché in passato i frati hanno sempre tenuto lontano i musulmani.

Una notte piovosa in cui eravamo ospitati negli spazi di un negozio vuo-to a Sîroki Brieg, avevamo ospitato a nostra volta una ragazza italiana che si recava da sola a Medjugorje, ricordo che non smetteva di parlare della sua conversione e della scelta di consacrarsi al Signore; da lei avevamo saputo che il giorno seguente c’era padre Jozo, parroco di Medjugorje al tempo delle prime apparizioni, che incontrava i pellegrini italiani nella chiesa del villaggio.

La chiesa era gremita di fedeli, ricordo che eravamo restati sconcertati dal discorso dell’ex parroco e dalla visione di gente che sveniva in se-guito alla benedizione per intercessione dello Spirito Santo.

L’ultima notte prima della conclusione del Goum l’avevamo passata in cima al Krisevac, la montagna della via crucis di Medjugorje, e anche qui avevamo incontrato una signora italiana che saliva tutte le sere sulla montagna per passarci la notte.

In quei giorni il paesino bosniaco era letteralmente invaso da italiani. Per due giorni ci siamo fermati per vivere come i pellegrini.

Il paesino che avevo visto più di dieci anni fa e la Medjugorje di oggi sono completamente diversi, è stato costruito moltissimo, soprattutto edifici commerciali e per l’accoglienza dei pellegrini.

Pur riconoscendo che a Medjugorje c’è un’atmosfera particolare e che si sono avute moltissime conversioni, dopo avere camminato e meditato nel deserto per otto giorni, giungere in un luogo di fede con migliaia di pellegrini, i quali sembrano più dei turisti, ha suscitato la mia perplessità.

Alla perplessità si è aggiunta una sorta di delusione, per via della tra-sformazione che ha subito il villaggio e per via dei pellegrini, la maggior parte dei quali, secondo me, ha una fede pietistica o sono “madonnisti”; nel senso che credono solo perché vedono. Penso che ciò sia segno di una debole fede.

Sto componendo questo nuovo numero della CdS e confronto le pagine con quello di Pentecoste dell’anno scorso. L’introduzione ad un articolo comincia così: “Navigando per la rete informatica ogni tanto si fanno incontri interessanti”. Uso questa frase anche stavolta. Perché l’incontro di oggi è con Luciano Callegari. Credo che lo conoscano tutti coloro che hanno anche solo pensato di fare il Cammino di Santiago. Infatti quando in rete si chiedono informazioni sull’argomento, i motori di ricerca pro-pongono come prima chance il sito pellegrinando.it, di cui Luciano è ideatore, autore e curatore. Non ci conosciamo di persona con Luciano, ma conosco il suo sito e ci siamo scritti un po’ di volte. Mi sembra che la sua passione per il “Cammino” e il camminare (che tanta parte è del Goum), giustifichino la richiesta di parlarci del sito e proporci le sue riflessioni sul cammino.

Molte cose avvengono per caso. Anche il mio sito è arrivato così, sen-za una pianificazione, quasi per gioco. Era l’inverno 2000. stavo pro-gettando di fare il cammino di Santiago, da solo. Per spegnere l’ansia che mi divorava navigavo sulla rete alla ricerca di informazioni e davve-ro ne trovavo poche in italiano; qualcosa di più in francese, inglese e spagnolo. Ma non conoscevo le lingue….

Così, utilizzando quel poco che avevo a disposizione avevo elaborato un progetto di cammino, costruendomi delle schede con la descrizione delle tappe giornaliere.

In passato mi era venuto in mente di fare un sito web, per divertirmi e per la soddisfazione di realizzare qualcosa, ma sino ad allora non ne avevo trovato una motivazione efficace. Ho pensato che portare su Internet il progetto del mio cammino poteva avere un senso, almeno per me: mi avrebbe offerto un campo su cui esercitarmi ed insieme il pas-satempo per molte serate.

Guardavo tutti i giorni il contatore degli accessi , che all’inizio registrava solo i miei. E nessuno mi mandava email all’indirizzo che avevo messo

mo assieme, riportiamo la preghiera più famosa scritta da fratel Carlo di Gesù. Imparata a memoria può ac-compagnare il nostro camminare quotidiano.

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Anche quest’anno all’inizio dell’estate ci stiamo preparando alla partenza. Dopo la narrazione di Raid futuri e passati vi proponiamo dunque le date per i prossimi Raid:

29 luglio - 6 agosto Stefano Scovenna con fra’ Daniele Rebuzzini tra Gran Sasso e i monti Sibillini Contatti: Stefano 02 97486822; [email protected]

16 - 24 agosto Nicoletta Ranghetti e Paola Loisotto con fra’ Pierino nelle Murge Contatti: Enio 015 610007 19 - 27 agosto Rosa Giorgi e Maria Gioia Fornaretto con fra’ Marcello Longhi tra Gran Sasso e i monti Sibillini Contatti: Rosa 02 4153565; [email protected] Maria Gioia 02 4524629; [email protected]

31 agosto - 8 settembre Sebastiano Camacchia con padre Stefano in Sicilia Contatti: [email protected]

31 agosto - 8 settembre Laurenza Garau con don Francesco in Sicilia Contatti: [email protected]

Per i Raid francesi potete consultare il sito: www.goums.org

Continuiamo i nostri incontri con uomini e donne del deserto. Il 13 novembre scorso, a novant’anni dalla morte, la Chiesa ha proclamato beato Charles de Fou-cauld: fratel Carlo di Gesù, il piccolo fratello universale.

Di una ricca e nobile famiglia dell’Alsazia (siamo a me-tà dell’800), resta orfano a poco più di cinque anni di entrambi i genitori e viene affidato a parenti che lo edu-cano e poi lo avviano alla carriera militare. Lì a dician-nove anni si fa espellere per assoluta inadeguatezza alla disciplina militare e per una vita che dà scandalo e disonore alla divisa che porta.Così decide di farsi esploratore in Africa e in incognito percorre il Marocco facendone una dettagliata descri-zione che in Europa avrà enorme successo. Ma lì, in Africa, grazie ai musulmani, viene risvegliato a quella dimensione spirituale che da anni aveva messo in un cantuccio; la loro fede semplice e assoluta, la loro pre-ghiera costante sono per lui un richiamo. Così a ventot-to anni rientra in patria e chiede a un sacerdote di inse-gnargli qualcosa di più sulla religione cristiana. Con una semplicità straordinaria il prete gli dice “Si inginoc-chi e si confessi!” e alle obiezioni di Charles che speci-fica che a lui interessa solo conoscere un po’ meglio il cristianesimo, ripete con decisione: “Si inginocchi e si confessi”. Charles lo fa e la sua vita cambia; così scri-verà anni dopo ricordando quell’incontro: “Appena capii che esisteva un Dio capii anche che non potevo vivere che solo per lui. La mia vocazione religiosa è nata il giorno della mia conversione”.Inizia un peregrinare incredibile alla ricerca del “proprio posto” che lo porterà ad essere monaco trappista vici-no ai Causses, e in Siria; poi, lasciata la trappa, sempli-ce operaio a Nazaret; poi, diventato sacerdote, poi ere-

mita nel Sahara. Li vivrà circa quindici anni, fino al 1° dicembre 1916 quando un ragazzino di una banda di predoni, impaurito e inesperto, gli spara a bruciapelo: lo troveranno riverso nella sabbia con a pochi metri l’o-stensorio con il Santissimo.Una modernità incredibileCharles de Foucauld è una figura estremamente mo-derna. Solo per cenni eccone alcuni aspetti:- l’inquietudine di fondo. Ha cercato tanto e a lungo, percorrendo strade tortuose; straordinaria e modernissi-ma la preghiera che faceva questo strano ateo nei mesi prima di convertirsi: “O mio Dio, se tu esisti fa che io ti conosca!”.- la scelta dei poveri. Dopo la conversione il suo è stato un continuo camminare per cercare l’ultimo posto; anzi, ad essere precisi, il penultimo perché “Gesù ha tanto amato l’ultimo posto che nessuno mai ha potuto rapir-glielo”. E lì, al penultimo posto, fratel Carlo scopre i po-veri con le loro miserie e le loro straordinarie grandez-ze: i beduini del deserto diventano i suoi amici e fra loro e il “marabutto bianco” nasce una solida amicizia.- il dialogo con i musulmani: anche questo è un aspetto molto moderno. In tempi di forte colonizzazione Charles de Foucauld ritiene che sia da seguire un’altra strada: “Occorre anzitutto preparare il terreno in silenzio, con la bontà, col contatto, con il buon esempio; stabilire il con-tatto, farsi conoscere e conoscerli; amarli dal profondo del cuore, farsi stimare ed amare da loro; con ciò far cadere i pregiudizi, ottenere fiducia, acquistare autorità - e questo richiede tempo - poi, parlare in privato con i meglio disposti, con molta prudenza, a poco a poco, a ognuno in maniera diversa, in modo da dare a ciascuno quello che é capace di ricevere”.La preghiera di abbandonoDando appuntamento a coloro che vogliono conoscer meglio la sua figura alla prossima camminata che fare-

mo assieme, riportiamo la preghiera più famosa scritta da fratel Carlo di Gesù. Imparata a memoria può ac-compagnare il nostro camminare quotidiano.

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Anche quest’anno all’inizio dell’estate ci stiamo preparando alla partenza. Dopo la narrazione di Raid futuri e passati vi proponiamo dunque le date per i prossimi Raid:

29 luglio - 6 agosto Stefano Scovenna con fra’ Daniele Rebuzzini tra Gran Sasso e i monti Sibillini Contatti: Stefano 02 97486822; [email protected]

16 - 24 agosto Nicoletta Ranghetti e Paola Loisotto con fra’ Pierino nelle Murge Contatti: Enio 015 610007 19 - 27 agosto Rosa Giorgi e Maria Gioia Fornaretto con fra’ Marcello Longhi tra Gran Sasso e i monti Sibillini Contatti: Rosa 02 4153565; [email protected] Maria Gioia 02 4524629; [email protected]

31 agosto - 8 settembre Sebastiano Camacchia con padre Stefano in Sicilia Contatti: [email protected]

31 agosto - 8 settembre Laurenza Garau con don Francesco in Sicilia Contatti: [email protected]

Per i Raid francesi potete consultare il sito: www.goums.org

ricordo la coppia di amici, dalla fede profonda, di cui uno invalido che viveva con i genitori anziani, che ci ha offerto l’acqua ed il necessario per allestire una tenda a seguito della notte piovosa passata presso una cappella votiva. Ci hanno raccontato che nella zona la pastorale è gesti-ta dai frati francescani, apprezzati più dei preti perché in passato i frati hanno sempre tenuto lontano i musulmani.

Una notte piovosa in cui eravamo ospitati negli spazi di un negozio vuo-to a Sîroki Brieg, avevamo ospitato a nostra volta una ragazza italiana che si recava da sola a Medjugorje, ricordo che non smetteva di parlare della sua conversione e della scelta di consacrarsi al Signore; da lei avevamo saputo che il giorno seguente c’era padre Jozo, parroco di Medjugorje al tempo delle prime apparizioni, che incontrava i pellegrini italiani nella chiesa del villaggio.

La chiesa era gremita di fedeli, ricordo che eravamo restati sconcertati dal discorso dell’ex parroco e dalla visione di gente che sveniva in se-guito alla benedizione per intercessione dello Spirito Santo.

L’ultima notte prima della conclusione del Goum l’avevamo passata in cima al Krisevac, la montagna della via crucis di Medjugorje, e anche qui avevamo incontrato una signora italiana che saliva tutte le sere sulla montagna per passarci la notte.

In quei giorni il paesino bosniaco era letteralmente invaso da italiani. Per due giorni ci siamo fermati per vivere come i pellegrini.

Il paesino che avevo visto più di dieci anni fa e la Medjugorje di oggi sono completamente diversi, è stato costruito moltissimo, soprattutto edifici commerciali e per l’accoglienza dei pellegrini.

Pur riconoscendo che a Medjugorje c’è un’atmosfera particolare e che si sono avute moltissime conversioni, dopo avere camminato e meditato nel deserto per otto giorni, giungere in un luogo di fede con migliaia di pellegrini, i quali sembrano più dei turisti, ha suscitato la mia perplessità.

Alla perplessità si è aggiunta una sorta di delusione, per via della tra-sformazione che ha subito il villaggio e per via dei pellegrini, la maggior parte dei quali, secondo me, ha una fede pietistica o sono “madonnisti”; nel senso che credono solo perché vedono. Penso che ciò sia segno di una debole fede.

Sto componendo questo nuovo numero della CdS e confronto le pagine con quello di Pentecoste dell’anno scorso. L’introduzione ad un articolo comincia così: “Navigando per la rete informatica ogni tanto si fanno incontri interessanti”. Uso questa frase anche stavolta. Perché l’incontro di oggi è con Luciano Callegari. Credo che lo conoscano tutti coloro che hanno anche solo pensato di fare il Cammino di Santiago. Infatti quando in rete si chiedono informazioni sull’argomento, i motori di ricerca pro-pongono come prima chance il sito pellegrinando.it, di cui Luciano è ideatore, autore e curatore. Non ci conosciamo di persona con Luciano, ma conosco il suo sito e ci siamo scritti un po’ di volte. Mi sembra che la sua passione per il “Cammino” e il camminare (che tanta parte è del Goum), giustifichino la richiesta di parlarci del sito e proporci le sue riflessioni sul cammino.

Molte cose avvengono per caso. Anche il mio sito è arrivato così, sen-za una pianificazione, quasi per gioco. Era l’inverno 2000. stavo pro-gettando di fare il cammino di Santiago, da solo. Per spegnere l’ansia che mi divorava navigavo sulla rete alla ricerca di informazioni e davve-ro ne trovavo poche in italiano; qualcosa di più in francese, inglese e spagnolo. Ma non conoscevo le lingue….

Così, utilizzando quel poco che avevo a disposizione avevo elaborato un progetto di cammino, costruendomi delle schede con la descrizione delle tappe giornaliere.

In passato mi era venuto in mente di fare un sito web, per divertirmi e per la soddisfazione di realizzare qualcosa, ma sino ad allora non ne avevo trovato una motivazione efficace. Ho pensato che portare su Internet il progetto del mio cammino poteva avere un senso, almeno per me: mi avrebbe offerto un campo su cui esercitarmi ed insieme il pas-satempo per molte serate.

Guardavo tutti i giorni il contatore degli accessi , che all’inizio registrava solo i miei. E nessuno mi mandava email all’indirizzo che avevo messo

in evidenza.

Poi, poco a poco, qual-cuno arrivava e qualcu-no, sporadicamente, mi scriveva.

Poi ho fatto il cammino, ritornando con una gran-de mole di notizie, di foto, con un diario scritto furiosamente la sera prima di addormentarmi. ho trasferito sul sito tutto questo materiale, frutto ora di esperienza vissuta e da allora il ritmo degli accessi è andato aumentando con progressione geometrica sino ad arrivare ad una media che, in questo periodo, sfiora I mille accessi giornalieri

Insomma il sito in questi anni è diventato il più visitato in Italia sull’argo-mento.

Naturalmente l’ho aggiornato ed ampliato in continuazione, sia utilizzan-do le mie successive esperienze di cammino, sia pubblicando le colla-borazioi che altri pellegrini mi hanno offerto con diari, riflessioni o testi-monianze.

Tutto questo comporta un impegno quotidiano, di cura del sito e gestio-ne della corrispondenza con le molte persone che mi scrivono, alle quali rispondo nel giro di pochissimi giorni.

Insomma, in cinque anni un piccolo sito nato per gioco è diventato una realtà importante in quel settore, pure di nicchia, che è il cammino di Santiago.

Mi interrogo spesso sul perché di simili dinamiche. A volte subisco crisi di “rigetto”: svolgo da solo questa attività e l’impegno mi sembra ecces-sivo. Finisco per chiedermi a quale titolo svolgo questa attività, con quale diritto, con quale autorevolezza.

A parte gli incoraggiamenti degli amici che mi sostengono, trovo la spin-

Nella primavera del 1993, nel pieno della guerra dei Balcani, mi recai con un gruppo di amici in Bosnia, a Mostar per la precisione, per portare aiuti umanitari, nel ritorno verso casa passammo da Medjugorje. Era la mia prima volta in quella località; l’atmosfera che si respirava era davve-ro mistica.

Per questo motivo quando quest’anno ho visto che veniva organizzato un raid Goum nel territorio di Medjugorje, non ci ho pensato due volte e mi sono iscritto subito; volevo rivedere dopo più di dieci anni come era-no cambiati quei posti che all’epoca mi avevano lasciato molte emozio-ni.

Era il mio quarto Goum in tre anni; la partenza era fissata dal convento francescano di Humac per giungere a Medjugorje, dove ci siamo fermati due giorni interi; per questo motivo l’esperienza vissuta è stata a metà strada fra un Goum ed un pellegrinaggio.

Come tutti i Goumiers sanno ogni raid è diverso dagli altri, ma questo è stato davvero anomalo; il denominatore comune si può riassumere nell’-ospitalità e nell’incontro con personaggi originali.

Quasi ogni borgo che si attraversava aveva delle croci o lapidi a ricordo dei figli della Bosnia morti in guerra, dei quali moltissimi giovani.

Il paesaggio urbanizzato era molto diverso; una cosa che mi ha sorpre-so, le moltissime case con giardino di nuova fattura, e molte auto Mer-cedes in circolazione; a seguito del conflitto etnico molti si erano trasfe-riti a lavorare in Germania o Austria ed ora finita la guerra con i soldi risparmiati sono ritornati ed hanno potuto costruirsi la casa nuova.

Il percorso di questo raid era stato preparato appositamente dai lancia-tori ed era la prima volta che veniva compiuto da un gruppo di italiani. Nonostante le mancanze e gli inevitabili problemi che sorgono in ogni Goum, il mio giudizio generale è comunque positivo, anche perché a me il Goum piace in modo particolare siccome fa risaltare la mia parte mi-gliore.

A parte gli incontri con le famiglie che ci fornivano l’acqua dei loro pozzi,

e ricco, in grado di far emergere ciò che teniamo soffoca-to nel profondo di noi stessi, quella parte luminosa che la bellezza del deserto, dell’incontro con se stessi, con l’al-tro e con Dio fanno esplodere… al suono dei passi che lasciano indietro ciò che forse non è poi così importan-te… per riscoprire la magia della strada, dell’incontro, del servizio, della preghiera… e i compagni di viaggio… quanti sogni, dispiaceri, segreti abbiamo affidato loro, quanti momenti veramente importanti abbiamo condiviso insieme… riscoprire la parola e poi il silenzio… e l’ultimo giorno salutarsi solo con uno sguardo che però contiene l’immensità del deserto e la forza di chi l’ha attraversato!

La nostra preghiera vuole essere di ringraziamento al Signore per i doni che ci ha fatto, per averci mostrato la strada che conduce nel deserto, la Sua e la nostra casa. La nostra preghiera vuole essere anche una richiesta, affinché doni a tutti occhi nuovi, perché possano vedere la luce, la Tua luce, mettendo fine al loro vagare e ad una vita senza senso…

I regali più grandi ricevuti dall’esperienze goum sono sta-ti, oltre agli stupendi paesaggi, aver conquistato tappe, incontrato persone straordinarie, assaporato la vita nella sua semplicità… aver visto, capito, provato sulla nostra pelle che il Signore ci ama, come siamo e per quello che siamo, “per il passo che abbiamo” che sia veloce o len-to… quando ci si sente amati ci si sente veramente figli, il vuoto di una vita si colma… ma non sempre è facile rico-noscerLo, anzi, e per questo è necessario riuscire ogni tanto a prendersi un momento per osservare la bussola e riorientare la cartina…

ta ad andare avanti nelle mail che mi arrivano emi tengono in contatto col mondo tutto particolare, della gente che cammina.

Un mondo molto vario e difficilmente catalogabile, almeno per me che mi trovo davanti ad un campione statisticamente non rappresentativo, non scelto con criteri scientifici. Inoltre non sono io a porre le doman-de, ma mi devo affidare a quello che mi dicono.

Alcune mail tradiscono la volontà di andare a Santiago perché “ora usa”, perché “tanti ci vanno”, per una vacanza un po’ diversa ma co-munque “trendy”. E’ abbastanza facile distinguerle perché il tono è piatto, quasi una richiesta di servizio: si chiedono orari, aerei, servizi, opportunità di alloggio; ma non sono poi molte .

Alcuni ritengono che dietro al sito ci sia un’organizzazione di gite gui-date e chiedono di partecipare o comunque vogliono sapere “chi orga-nizza”, a chi rivolgersi.

Altre mail tradiscono l’ansia di andare soli. In molti casi è legata al bisogno di sicurezza: più frequentemente sono donne ma, strano a dirsi, anche molti uomini adulti. In altri casi è legata all’incapacità di concepire una “vacanza” non in compagnia, come si fa di solito.

Io cerco di tranquillizzare, di dare fiducia, di spiegare che sul cammino non ci sono pericoli, che si è tutelati, che la Spagna non è un paese “a rischio”; questo mi riesce abbastanza facile. Più arduo è invece spie-gare che è giusto andare soli; che il cammino è un’esperienza essen-zialmente individuale, un’esperienza di libertà; che partire da casa in compagnia lega le persone e le condiziona, spesso in modo negativo; che “soli” sul cammino non si è mai perché si cammina assieme a tanti pellegrini con cui è facile fraternizzare; che la compagnia così trovata non condiziona perché è libera, senza obblighi: ci si lascia e ci si uni-sce con facilità e naturalezza e spesso fra sconosciuti si creano rap-porti di confidenza e intensità assolutamente straordinari.

A dire il vero ho convinto qualcuno a partire solo, mentre altri mi chie-dono di segnalarli sul sito nella pagina dedicata agli “appelli” a cercare compagnia. Mi dicono “sì, hai ragione, ma io non me la sento comun-que di andare solo …”

Un buon numero, non la maggioranza, dichiara una scopo devoziona-

le. Qualcuno vuole adempiere un voto, qualcuno ricerca l’esperienza del “vero” pellegrinaggio.

Eppure, indipendentemente dalla motivazione, colgo un denominatore comune, un elemento che unifica chi parte per il cammino.

Camminare. Forse è proprio e solo questo. Camminare come atto “inutile” perché “assoluto”; senza uno scopo immediato, senza la pro-spettiva di un profitto , senza premi; un atto antistorico, antico, desueto; un atto che smuove poco denaro, durante il quale si va all’essenziale, ci si porta dietro pochissimo, si consuma e si spende poco. Giornate in cui le azioni si riducono a camminare, riposare, nutrirsi, curare la perso-na; in cui rimane tempo per pensare, guardare, ascoltare, fare amicizia; lontano dagli impegni, dallo stress, da ruoli attribuiti, o copioni da recita-re; senza la necessità di presentare agli altri un’identità precisa– pre-sentando solo quello che vi vuole raccontare di se stessi -, in un paese straniero ma accogliente, in cui la gente è ospitale, amica; camminare senza paure, sapendo che ci sarà comunque e ovunque un ostello dove fermarsi.

E poi il fascino della storia, il pensiero di ripercorrere una strada solcata da milioni di pellegrini; il sentirsi in qualche modo protagonisti di questa storia, acquisendo la consapevolezza di partecipare alla consumazione di un rito collettivo che si perpetua da un millennio.

Di tutte queste cose assieme si è più o meno consapevoli, ma esse so-no in qualche modo presenti e comuni nella maggior parte dei pellegrini che partono ed in tutti quelli che rientrano a casa al termine dell’espe-rienza

La “magia” del cammino sta anche e soprattutto in questo: percepire queste suggestioni, compiere un atto di fede consistente nel credere nei racconti di chi c’è stato e, mettersi in gioco, rischiare. Senza garanzie ma sapendo che sarà un’esperienza di quelle che non si dimenticano.

Per chi ancora non lo conoscesse il sito di cui parla Luciano è www. pellegrinando.it

dalla cima di un monte e ripenso al cammino… sento il sudore ed il mio odore tanto terribile eppure tanto natura-le… sento la vita che mi attraversa…

Perché non prendere e partire, lasciare tutto, per avere in cambio me stesso, “essere un piccolo pazzo seguace del vero pazzo che è San Francesco”? Per me il goum era diventato un fine, uno scopo, uno stile di vita… non indica-tivo, ma da prendere alla lettera… una vita veramente in cammino non poteva essere statica, la strada doveva ave-re un peso determinante nella vita di tutti i giorni…

Ricordo una mattina che ho scritto sul mio taccuino: “il goum ci mette in cammino verso noi stessi, verso il nostro io più vero e puro perché ci dà la possibilità di entrare in diretto contatto con le parti di noi che restano sempre mag-giormente nascoste: quella più brutta e quella più bella. La prima generalmente è quella egocentrica che oscura i no-stri doni e permette loro di emergere e ci rende veramente unici e indispensabili nel mondo in cui viviamo…”.

Ma una volta che si entra nel tram-tram quotidiano i pen-sieri e i propositi spesso vengono distorti e letti in chiave differente… sebbene sotto sotto l’amaro e l’insoddisfazione rimangano. Per ritrovarsi restavano i momenti di silenzio che troppo raramente riuscivo a ritagliare e, dall’altro lato, la forte presenza dei compagni di viaggio con cui avevo attraversato il deserto… e proprio da lì, attraverso moltepli-ci confronti, il disegno ha cominciato ad essere più chiaro e ad avere senso: il goum non era un fine, ma un mezzo, era una palestra il cui scopo era quello di dare una bella puliti-na agli occhi per imparare a distinguere ciò che davvero è importante da ciò che la società o il mondo frenetico in cui viviamo ci rifilano.

Che nostalgia dell’assordante silenzio del goum, così pieno

Dopo due racconti su cosa succede tra un Goum e l’al-tro, vi proponiamo due racconti su Goum dell’anno pas-sato. Sono diversi tra di loro, come diverso è il cammino che ciascuno fa. Ve li offriamo come ponte di memoria verso i nuovi Raid.

:

Goum, goum, goum…

quante volte mi perdo (o forse mi trovo?) con lo sguardo sognante a ripercorrere attraverso i chiarissimi ricordi, pensieri ed emozioni vissute quest’estate durante il cam-mino che ci ha uniti e scoperti lungo le piste siciliane… in me ancora riecheggiano canzoni, voci, talvolta affiorano immagini bellissime, talvolta sento che su di me si posa-no sguardi profondi e sinceri, come lo possono essere quelli di persone che si sono spogliate di tutto per prova-re a vivere in pienezza… e che guardandosi non posso-no che riconoscersi come fratelli e sorelle…

Il ritorno “alla normalità” è stato duro, come dopo tutti i goum vissuti prima. La prima sera nel letto di casa sono riaffiorati pensieri che mi avevano tormentato dopo la prima volta che ho attraversato il deserto e mi è entrato dentro: come riuscire a conciliare lo splendore, la bellez-za e la verità di sette giorni di povertà con gli altri 358 dell’anno, per non dire della vita? Avevo trovato la strada per essere felice, in pace con me stesso e con gli altri uomini, in comunione con Dio… quindi…

Mi capita spesso di rivedermi mentre cammino, con lo zaino pesante sulle spalle, mentre arranco per superare una salita, mi rivedo mentre gioisco per un paesaggio

Si sa che i goumier dormono in “hotel da un milione di stelle”. Roberto ci racconta di una costellazione ora non tanto nominata, ma storicamente importante. Sapremo ritrovarla nei cieli dei raid?

Nelle meravigliose notti d’estate che fanno da cornice ai nostri raids è un’abitudine a cui teniamo molto quella di sostare qualche minuto in silenzio a contemplare il fuoco del bivacco prima di coricarci. Le braci sprigionano picco-le faville che corrono verso il cielo e seguendone la traiettoria siamo portati a volgere lo sguardo verso l’alto. E’ allora che ci appa-re nella sua sconvolgente bellezza uno scenario di stelle che dà vita all’Univer-so, la cui vastità, nel cielo chiaro del giorno, ci risulta-va sconosciuta.

Dallo stupore per la gran-dezza dell’Universo, dal sentimento di essere a noi volta nient’altro che un’infi-nitesima favilla che arde per pochi istanti nell’infinito della Storia, passiamo poco a poco alla meraviglia di scoprire i messaggi che giungono a noi da questa visione piena di mistero. Le stelle, nel loro complesso

aggregarsi, d i s e g n a n o immagini nel cielo nottur-no il cui si-gnificato ci viene svela-to dal la scienza degli antichi astro-nomi che giunge a noi attraverso i secoli.

Alzando lo sguardo a perpendico-lare, sullo zenith asso-luto del de-

serto, non possiamo non rimanere impressionati da una delle costellazioni più grandi e più nitide che ci offre il no-stro emisfero (l’emisfero boreale). Si tratta della costella-zione oggi conosciuta con il nome del Cigno.

La sua forma è assai facilmente riconoscibile per essere quella di una grande croce la cui testa coincide con la stel-la più luminosa, Deneb e che sembra quasi scivolare giù dalla Via Lattea, che come molti sanno, era stata identifica-ta come la via che le anime seguono per entrare in Paradi-so.

L’attribuzione del nome del Cigno è relativamente recente, Per lungo tempo a partire almeno dal VI° secolo e fino al 1600 la costellazione era stata chiamata la Croce del Nord e ancora oggi molti atlanti astronomici riportano questa denominazione. Ad essa si riferisce per esempio Gregorio di Tours (538-594 d.C) nelle istruzioni per la preghiera del-l’ufficio notturno per il suo monastero.

L’itinerario è già stato studiato a tavolino in un incontro precedente. Si guida diretti a quello che sarà il punto di partenza del Goum (non posso dire troppi nomi, sennò rovino la sorpresa a chi camminerà quest’estate). Si smonta dal mezzo e si infilano gli scarponi. Fissia-mo un punto di ritrovo che è circa alla metà di quella che sarà la prima tappa. Tre camminatori passano per il sentiero, io e Rosa li raggiungiamo con il Ducamper facendo un percorso stradale deci-samente più tortuoso. L’intreccio funziona e ci ritroviamo a sera in uno splendido altopiano. C’è un po’ di preoccupazione perché sul passo da svalicare il giorno dopo si vede neve in abbondanza. Ma ad ogni giorno basta la sua pena e così ci accingiamo alla cena e alla notte senza ulteriori pensieri.

Il risveglio è magnifico, nel silenzio e con l’aria frizzante (siamo a1-600 m s.l.m.!). Ci prepariamo e celebriamo la S. Messa. L’altare è apparecchiato con la tovaglia della colazione girata: era il nostro tavolo fino a qualche ora prima, e ancora prima era un’asse di letto: magie del Ducamper!

Ci si divide: un po’ camminano e gli altri spostano il mezzo. Poi camminano anche quelli che erano sul furgone. Così si possono esplorare sentieri e trovare i punti adatti ai bivacchi serali. Non è proprio uguale al Goum: ci teniamo in contatto con i telefonini per dirci a che punto si è e lo zaino è pieno di panini. Ci si ritrova la sera che è quasi buio, ognuno con i suoi racconti e le sue conside-razioni: la neve c’era sul serio (non ci sarà quest’estate speriamo!) e un sentiero così ben segnato sulla cartina non esiste e si perde nel bosco. Bisogna ragionarci un po’ per trovare un percorso fattibi-le!

Così continuiamo per altri due giorni, tra monti boschi e laghi: un concentrato di bellezze. Ma ancora più bello è vivere in fraternità il costruire insieme qualcosa che doneremo a chi camminerà con noi. Andare o fermarsi immaginandosi le figure in djellaba che passe-ranno di lì fra pochi mesi. C’è di che gioire! Torniamo a Milano un po’ stanchi (è stata una bella tirata) ma molto soddisfatti. Il cammino è disegnato e sarà stupendo. Almeno così lo immaginiamo e lo speriamo per noi e i goumier che ci saranno.

In certi casi il nome della costellazione era quello di “Croce Maggiore” contrapposta alla costellazione della Croce Minore (oggi Lyra) che si trova ad essa affiancata.

Nel corso di tutto il medio evo era normale che studiosi ma anche semplici contadini riconoscessero nella costel-lazione l’immagine della crocifissione di Cristo.

Nel corso del Rinascimento pittori colti come Holbein uti-lizzarono la raffigurazione della Croce del Nord come un’allusione al distacco del corpo di Cristo morto sulla Croce la sera del primo Venerdì Santo. E’ questo il caso, ad esempio del famoso dipinto “I due ambasciatori”, che apparentemente ritrae solo due personaggi in vista del tempo ma che in realtà, grazie ad una serie di indizi na-scosti nel dipinto, è una raffigurazione del mistero terribi-le della morte e risurrezione di Gesù la sera del venerdì santo del 1533 d.C (dunque esattamente 1500 anni do-po la morte sulla Croce, la sera che molti ritenevano sa-rebbe sopraggiunta la fine del mondo e il giudizio divino). Una raffigurazione che consente di passare dalla visione di morte rappresentata dal teschio obliquo descritto sul pavimento (che sembra voler ricordare che sulla Terra è questo inevitabilmente il nostro destino) ad una visione di speranza svelata, ad esempio, dal globo celeste che raf-figura in primo piano proprio la costellazione del Cigno.

Altri studiosi hanno recentemente ipotizzato che nel cele-bre dipinto di Piero della Francesca “il Sogno di Costanti-no” la rappresentazione dell’angelo che scende dal cielo stringendo in pugno la croce sia proprio coincidente con la rappresentazione classica del cigno e che le costella-zioni del cielo che fanno da sfondo ai personaggi ritratti raffigurino propriamente la costellazione della Croce del Nord. Se questa interpretazione dovesse essere confer-mata sarebbe facile ipotizzare che fosse proprio la Croce del Nord la visione di una croce sfolgorante di luce che l’imperatore Costantino ebbe sulla via Appia (“in hoc si-gno vinces”) e che gli diede la premonizione della vittoria su Massenzio nonché la decisione di convertirsi al cristia-

nesimo. È un fatto certo che per molto tempo la nostra co-stellazione portò il anche il nome di Croce di sant’Elena, la madre di Costantino, celebre per avere ritrovato la croce di Cristo (o almeno così vuole la leggenda) sul Calvario.

Qualunque sia la verità di queste note è indubbio che la Croce del Nord appare legata alle speranze di conversio-ne, di resurrezione, di cieli e vita nuova che gli uomini che ci hanno preceduto hanno coltivato nei loro cuori in notte d’estate come questa.

E’ dolce pensare a tutto questo mentre, sdraiati nei nostri sacchi a pelo, guardiamo per un’ultima volta le stelle che ci sovrastano: la costellazione del Cigno come una grande coperta ci avvolge e poco a poco protegge il sonno nel quale scivoliamo.

Quanto tempo prima dell’estate nasce un raid? Parecchio direi. Il primo passo è quello di mettersi nuovamente in gioco, decidere di camminare ancora una volta con i Goum. Poi si sceglie di lanciare, di vivere il raid in una prospettiva diversa, ma ugualmente appassio-nante.

E allora si comincia anche a prepararlo praticamente. La prima do-manda che sorge è: “Ma dove andiamo quest’anno?”.

Eravamo abituati ai Causses, bellissimi e facili da immaginare: negli anni centinaia di Goum hanno tracciato decine di percorsi. Ma negli ultimi tempi i Causses sono stati un po’ meno accoglienti per i gou-mier, soprattutto per i problemi legati al fare i fuochi.

E allora ci si guarda intorno e ci si rende conto che in Italia ci sono dei posti splendidi, e molto , molto Goum (sapreste definire qual è un posto Goum? Io non ci riesco, ma credo che tutti noi che abbia-mo camminato sappiamo riconoscerlo).

I Goum hanno portato i loro passi fino alla Sicilia e alla Puglia. La Toscana forse è un po’ troppo affollata di turisti. Assisi e dintorni, fino ai Sibillini sono stati ben esplorati.

Ma ancora ce n’è di terre!

L’anno scorso Roberto, Stefano e un gruppo di prodi si erano av-venturati sul Gran Sasso riportando ricordi di panorami mozzafiato. Così la decisione per noi è di ritornare in zona per scoprire nuovi itinerari adeguati ad un raid.

La compagnia: padre Marcello, Rosa, Stefano, Fabio e naturalmen-te io che sto scrivendo. Il mezzo: “Ducamper” turchese (ovvero un Ducato ingegnosamente e artigianalmente trasformato in camper). Armamentario fondamentale: bussola e cartine di ogni tipo in ogni scala.

no) che si sporgevano per indicarci la carrozza su cui salire. Tutta la carrozza era a nostra disposizione! Fra racconti, aggiornamenti e rimpianti per chi non c’era, siamo arrivati a Valmadrera da dove abbiamo iniziato a camminare verso il Sasso Preguda, masso erratico di notevole dimensioni che offre il fianco alla chiesetta di S.Isidoro (patrono degli agri-coltori) e si trova su un gran bel balcone naturale – fra prati e betulle – affacciato sul Lago di Lecco.

L’itinerario ha presentato anche l’emozione di un tratto at-trezzato con catene e la più spericolata si è mostrata la pic-cola Emma che, dalle spalle del papà, incitava ad un passo più deciso al grido di “Giù, giù, giù..!!”

Alla meta siamo stati raggiunti dai cinque Cociancich che non avevano potuto approfittare del treno e, strappando un po’ di azzurro al cielo, siamo riusciti a mangiare all’asciutto nonostante le premesse iniziali poco incoraggianti…. ma si sa… chi non risica non rosica! (Traduzione popolare del detto citato più sopra).

L’allegro ritorno è stato segnato dalla riunione di redazione più efficace della storia!

Comodamente installati in quel che più che uno scomparti-mento era un salottino da film in bianco e nero, atmosfera a mille, galvanizzati dall’impresa di essere davvero riusciti a

prenderci un’intera giornata e dalla sco-perta di un ambiente bello così a portata di.. piede, il nostro spirito comunitario ed esploratore ha dato il meglio che state leggendo in questo numero della Croce del Sud…!

La Croce del Sud di Novembre è piena dei racconti dei gou-mier , ancora caldi dei falò estivi che hanno illuminato le sera-te dei raid. Ma l’attività dei goumier, in particolare dei lanciato-ri non si ferma. Durante l’inverno ci si incontra per preparare la CdS, per raccontarsi come sono andati i raid e discutere di nuovi itinerari. Ma soprattutto ora che l’estate inizia è tempo di preparare i Goum futuri. Vi proponiamo due resoconti, uno sull’ultimo incontro di reda-zione di questo giornalino e un altro sul sopralluogo di mag-gio per preparare i Goum nel Gran Sasso.

Durante l’ultimo incontro di redazione, nell’individuare una data ed un luogo per l’incontro successivo, abbiamo scoperto di poter usufruire di un tempo più lungo offertoci dal “ponte” pasquale e (con una qualche incredulità dovuta all’usuale fatica di trovare un tempo propizio per tutti nei superaffacen-dati giorni di ciascuno) ci siamo lasciati sull’ipotesi di una scarpinata redazionale per il lunedì di Pasqua.

Alla luce dell’assunto che “Non è che non osiamo perché le cose sono difficili ma le cose sono difficili perché non osiamo” abbiamo osato!

Abbiamo scelto una meta proprio fuori porta (per non spreca-re troppo tempo nel viaggio) ma non per questo meno inte-ressante per dislivello ed ampi panorami.

Abbiamo anche scelto il treno come mezzo di trasporto per gustare insieme un’emozione di altri tempi, di altre uscite, di altre età… per gustare la pacata e piacevole misura di una certa lentezza, di un viaggiare comodi e vicini , impermeabili al traffico e ai rumori. Ragazzini/e senza patente per un gior-no, felici di poterne fare a meno.

All’arrivo del treno a Sesto (ore 7.50) Matteo e Sara con Em-ma, Gabriella e Angelo, Marcello (arrivato appositamente da Torino la sera prima), Emma ed Erica (amiche di Sara) aspet-tavano di vedere le braccia di Gioia e Stefano (partiti da Mila-

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Croce del Sud Pasqua-Pentecoste 2006