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In occasione del Cinquantesimo anniversario del Campeggio estivo, Fausto Casati, uno dei primi responsabili e organizzatori, ci ha raccontato dell’allegria e della voglia di stare insieme che, fin dai primi anni, hanno caratterizzato questa esperienza ”intensa, in comunità, in compagnia del Signore e immersa nelle bellezze della natura”. Ascoltiamo la sua ed altre testimonianze... In occasione del Cinquantesimo anniversario del Campeggio estivo, Fausto Casati, uno dei primi responsabili e organizzatori, ci ha rac- contato dell’allegria e della voglia di stare insieme che, fin dai primi anni, hanno caratte- rizzato questa esperienza ”intensa, in comunità, in compagnia del Signore e immersa nelle bellezze della natura”. “Sono passati ben cinquant’anni dalla prima esperienza di campeggio estivo dell’oratorio di Ca- satenovo. Eppure, i ricordi e le sensazioni legati alle persone, ai luoghi e alle avventure di quei primi anni hanno lasciato con la loro intensità un segno in- delebile nella mia memo- Dagli anni ‘60... ...agli anni 2000: 50 anni di CAMPEGGIO!

Dagli anni ‘60 - oratoriocasatenovo.com · chi passi dal . 4 Giugno 2011 Numero 7 campeggio. “meno male che non è scap- ... 1988 – 1994 sette indi-menticabili campeggi, due

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In occasione del Cinquantesimo anniversario del Campeggio estivo, Fausto Casati, uno dei primi responsabili e organizzatori, ci ha raccontato dell’allegria e della voglia di stare insieme che, fin dai primi anni, hanno caratterizzato questa esperienza ”intensa, in comunità, in compagnia del Signore e immersa nelle bellezze della natura”. Ascoltiamo la sua ed altre testimonianze...

In occasione del Cinquantesimo anniversario del Campeggio estivo, Fausto Casati, uno dei primi responsabili e organizzatori, ci ha rac-

contato dell’allegria e della voglia di stare insieme che, fin dai primi anni, hanno caratte-rizzato questa esperienza ”intensa, in comunità, in compagnia del Signore e immersa nelle bellezze della natura”. “Sono pas sat i ben cinquant’anni dalla prima esperienza di campeggio estivo dell’oratorio di Ca-satenovo. Eppure, i ricordi e le sensazioni legati alle persone, ai luoghi e alle avventure di quei primi anni hanno lasciato con la loro intensità un segno in-delebile nella mia memo-

Dagli anni ‘60...

...agli anni 2000: 50 anni di CAMPEGGIO!

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ria. Ricordo benissimo la prima estate, quella del 1961: erava-mo un gruppo di ragazzi dell’oratorio, tutti i maschi e di età diverse, pronti a tra-scorrere un unico turno di du-e settimane a Chiareggio. A guidarci c’era don Fermo, che sarebbe stato protagoni-sta anche di altri successivi anni di campeggio. Era un uomo molto buono, che a-mava la montagna: con il suo grande carisma rendeva pia-

cevoli anche le escursioni più faticose, seguiva i piccoli con dolcezza durante le passeg-giate e con la sua fermezza riusciva a sedare gli animi dei ragazzi più turbolenti. Chiareggio ricordo un campeggio molto “spartano”: i bagni erano piccole palafitte montate sul fiume, le tende non erano di certo confortevoli come quelle di oggi, eppure la voglia di stare insieme e l’allegria non mancavano mai. Dopo alcune estati ci siamo spostati in Trentino Alto Adige, a Pozza, e in seguito in una sua frazione, Pera. Sono i dodici anni trascorsi a Pozza quelli che ricordo con maggior affetto e nostalgia. Rispetto a Chiareggio, il campeggio di Pozza era più strutturato e accogliente: c’era un tendone come refettorio, celle frigorifere prestate dai commercianti del paese, i bagni e le docce, dotate, negli ultimi anni, anche di un piccolo boiler. Solo i primi però riuscivano a utilizzare l’acqua calda, mentre al resto del campeggio toccava una bella doccia fredda! A Pozza i turni divennero due, di quindici gior-ni ciascuno, e ai ragazzi si aggiunsero anche numerose donne e ragazze; la voglia di parte-cipare era tanta che molte famiglie affittava-no una camera in albergo per far riposare di notte i bambini molto piccoli e partecipare con noi alle attività della giornata. Pozza era situato al crocevia di numerosi sen-tieri che si snodavano per le montagne circo-stanti, le bellissime Dolomiti. C’erano escursioni di ogni livello e difficoltà: i più avventurosi si cimentavano nelle ferrate, i bambini invece potevano passeggiare fino alle Pale di S. Mar-tino. La meta più desiderata era sicuramente

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la Marmolada, mentre i più tranquilli potevano como-damente raggiungere in automobile il paese di Por-doi, per pescare le trote o gustare un buonissimo stru-del. La bellezza mozzafiato di queste meraviglie naturali intorno a noi era la cornice perfetta per trascorrere un mese in compagnia, in un ambiente di pace e serenità: è questo infatti l’aspetto che ricordo con più affetto e che

porto ancora nel cuore. Avendo trascorso molti anni a Pozza, eravamo riusciti non solo a rinsaldare i rapporti di amicizia tra noi concittadini, ma anche a stringere un legame di affetto sincero con tutti gli abitanti e i negozianti del paese. Si respirava un vero e proprio clima famigliare: i nostri ragazzi spesso aiutavano il panettiere e la moglie a preparare torte e dolci per la festa del S. Patrono del paese, o addirittura si organizza-vano per gestire un piccolo bar quando il proprietario non era presente. Dal mercato, posto qualche piazzola più avanti rispetto al nostro campeggio, spesso arrivavano “clienti” che ci chiedevano di preparare per loro la cazzuola, mentre il prestinaio, che la mattina scendeva molto presto per portarci il pane, trovava sempre sul tavolo della no-stra cucina una fetta di pancetta e del buon vino. Non mancavano le occasioni per divertirsi e le avventure più bizzarre: una notte fui sve-gliato da una serie di rumori lenti, pesanti e cadenzati. Incuriosito, uscii dalla mia tenda e mi trovai davanti …un elefante! Attirato dal profumo di verdure e frutta stava attra-versando tutto il campeggio per dirigersi verso la cucina. Fortuna che, mentre noi sorpresi e incerti sul da farsi lo g u a r d a v a m o mangiare tutte le nostre mele, fummo rag-giunti dal diret-tore del circo, che distava po-chi passi dal

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campeggio. “meno male che non è scap-pato il leone” ci disse, mentre riconduceva in gabbia il suo elefante. La sera successiva tutti i nostri ragazzi furono invitati allo spettacolo del circo. Eravamo in paese an-che quando, dopo una serie di piogge torren-ziali, l’Avisio, il fiume che bagna Pozza e sulle cui sponde ave-

vamo costruito una piccola diga per giocare e lavarci, tracimò e arrivò quasi alle nostre cucine. Tutte le strade furono interrotte e per tornare a casa fummo costretti a passare dalla val Gardena. Come dimenticare poi, quella volta in cui tutti i ragazzi del nostro campeggio, in pigiama e aggrappati ad una corda, trascorsero la notte passeggiando per il paese e cantando a squarciagola, strappando una risata a tutti gli abitanti. Sarebbero tantissimi gli episodi da raccontare e che, come questo, testimoniano il clima di comunità, di serenità e di collaborazione che eravamo riusciti a creare in quei primi anni all’interno del nostro campeggio e con cui avevamo contagiato tutto il paese. È questo l’augurio che faccio a tutti i ragazzi che avranno la fortuna di trascorrere un’estate in campeggio: di ritrovare sempre, ancora oggi e dopo cinquant’anni, quella gioia nel condividere e quella felicità di stare insieme che solo quest’esperienza così in-tensa, in comunità, in compagnia del Signore e immersa nelle bellezze della natura, può donare.”

Laura Vergani

1988 – 1994 sette indi-menticabili campeggi, due a Livigno, due a Ollomont, due in Val-grisenche e uno in Val-savarenche. Ero diventato prete da qualche mese quando venni destinato a San Giorgio di Casatenovo. Arrivai in paese più tar-di rispetto ai miei com-pagni di Ordinazione

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che ebbero la loro desti-nazione il 26 giugno 1987. L a n o m i n a dell’Arcivescovo Martini arrivò solo i primi giorni di settembre. Avevo il compito di avvi-cendare il mitico don Fer-mo Mantegazza che ave-va formato intere gene-razioni di giovani e gui-dato epici campeggi nell’incantevole val Fer-ret ai piedi del massiccio del Monte Bianco. Il 1987 fu l’ultimo anno che l’Oratorio San Giorgio

aveva ottenuto l’autorizzazione di piantare le tende ai piedi del ghiacciaio delle Grand Jorras. E allora, prete giovane (avevo solo 25 anni), con alcuni papà volenterosi andammo alla ricerca di nuovi terreni, meno magici forse, ma sempre ben attrezzati e accoglienti. I ricordi dei ragazzi/e, dei giovani e delle famiglie che in quegli hanno partecipato ai diversi campeggi li porto ancora nel cuore. Insieme alle passeggiate e alle serate vissute al campo nei diversi tendoni con giochi e risate piene di tanta cordialità e amicizia. Ri-corderò sempre le Sante Messe celebrate nei luoghi più caratteristici delle valli che ci o-spitavano. Grazie a Dio non ho mai corso grossi pericoli ad eccezione di una volta, eravamo in pas-seggiata in Valgrisenche, circa 20 anni fa, quando un ragazzo di V elementare, ricordo ancora il nome: Mattia, nel scendere da un colle aveva preso a correre e non riusciva più a fermarsi. La montagna in quel punto era ripida. Dopo alcune rocambolesche ca-priole finalmente riuscì a fermarsi con una frattura scomposta alla gamba e una ferita al volto. Ricordo bene che chiesi ad Al-berto Origgi (ora Padre Alberto dei Francescani Conventuali) di correre a Valle e chiedere soccorso mentre il sotto-scritto l’avrebbe caricato sulle spalle e sarebbe sceso verso la valle per poi con un auto trasportarlo all’Ospedale di Ao-sta. Ricordo ancora che sull’auto con Mattia c’era anche un giovanissimo Pao-lo Motta. Lì ho assistito ad un vero mira-colo perché dopo alcuni giorni di ospe-dale Mattia aveva potuto rientrare a casa per una serena convalescenza.

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Un altro ricordo molto vivo fu quando aprimmo il Campeggio San Giorgio al soggiorno delle ragazze. Fu qualcosa di straordi-

nario per tutti, nessuno aveva mai pensato che delle ra-gazze potessero trascorrere delle vacanze in tenda, in

mezzo a qualche disagio, fatica ecc. distinte dai loro amici che partecipavano al turno prece-d e n t e . L i c h i a m a v a n o “Campeggi stellari” perché stel-lari erano le passeggiate, le sera-te e le amicizie che si vivevano al campo coinvolgendo anche gli

amici conosciuti in Valle. Infine come non ricordare tutte le famiglie che si sono prestate nel condividere questo prezioso servizio, nell’animazione del campo, nella cucina, nell’attrezzare e smontare la struttura. Sono certo che conservano anche loro dei bellissimi ricordi. Alcuni sono già in cielo, altri sono ancora in mezzo a noi e possono testimoniare dal vivo le splendidi estate vissute in tenda con il mitico capeggio San Giorgio di Casatenovo.

Don Gigi Musazzi

M'è stato chiesto un pensiero d'augurio per i 50 anni del 'Campeggio di Casatenovo' al quale anch'io ho avuto la fortuna di partecipare durante i miei anni di ministero tra-scorsi a Casatenovo s. Giorgio, dal '94 al '98. Mentre ripensavo a quell'esperienza m'è venuto in mente questo scritto che il Card. Gianfranco Ravasi ha pubblicato recente-mente su un quotidia-no: "La vita dell'uomo ha quattro tappe. La pri-ma è quella dell'impa-rare, quando si è for-mati dai maestri. La seconda è quella dell'insegnamento in cui si condivide ciò che si è appreso con gli al-tri. La terza fase è quella del bosco, nel quale ci si ritira per ri-trovare se stessi ed e-

COME MAI SUL LIBRETTO DELLA

PREGHIERA C’È SCRITTO “FORZA JUVE”?

È LA MIA SECONDA

PREGHIERA!

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nergie nuove. Infine, la quarta tappa è l'essere mendicanti, tendendo la mano agli altri perché ti sorreggano nella ma-lattia e nella vecchiaia. Imparare, inse-gnare, meditare, mendicare: ecco le quattro tappe della vita abbozzate da un testo indiano. Anche nell'arte, si hanno rappresentazioni delle varie fasi dell'esistenza umana, dalla nascita alla morte; ma ci si accontenta di inseguirne la parabola crono-fisiologica, dalla fre-schezza vitale delle origini al disfaci-mento terminale. Qui, invece, è di scena la trama interiore e ciascuno di noi può interrogarsi sul livello in cui ora si trova e soprattutto se sta correttamente seguendo la traiettoria, ricordando però che le tappe possono intrecciarsi tra loro. C'è innanzitutto il tempo del discepolato, della ricerca, dell'apprendimento umile e paziente. È solo così che si passa alla seconda tappa divenendo maestri, testimoni, padri e madri. Ma non si può vivere sempre esposti e solo donando. È necessaria la ricarica, una sorta di riforni-mento dell'anima, una reimmissione dell'acqua nella diga dello spirito, per usare un'e-spressione di Alberto Moravia proprio riguardo alla meditazione, alla riflessione, al silen-zio. È questo il tempo del bosco, cioè della solitudine intima e profonda. Alla fine, giunge la vecchiaia o la malattia e, allora, con umiltà si deve stendere la mano come mendi-canti per essere aiutati e sostenuti. Anche questa, però, è una stagione importante di quell'avventura unica che è la vita.". Ebbene, la motivazione della ripresa di questo racconto è nell'immagine del bosco per-ché ho apprezzato quelle esperienze estive soprattutto per quanto mi hanno stimolato, immergendomi nel silenzio della natura incontaminata, a ripensare e a rivedere le rela-

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zioni e le scelte di vita... Ed è proprio questo ciò che auguro ad ogni persona che ha la fortuna di compiere quest'esperienza, perché vivendo quotidianamente in campa-gna o in città dove normalmente non è facile 'pensare' apprezzi questa oasi preziosa consapevole di un felice am-monimento offertoci dal Card. J. E. Newman: "Non temere che la vita possa finire. Abbi invece paura che non cominci mai davvero".

Grazie, don Mario F.

Posso dire, con una certa fierezza, di avere condiviso da vicino 10 anni dei 50 del cam-peggio casatese. Parlare di campeggio significa per me ricordare il “mitico” gruppo che si occupa di montare, smontare, cercare ogni due anni nuove mete. Un gruppo sempre preoccupato di coinvolgere forze rinnovate; un gruppo che avrebbe da scrivere pagine e pagine se volesse ricordare tutti i momenti di fatica e di gioia condivisi. Parlare di “campeggio” significa poi ricordare il mese (non è poco!) che ogni anno vi trascorrevo con i ragazzi. Quei giorni diventavano occasione quanto mai propizia di co-noscenza, di relazioni, di crescita. La vita condivisa nell’essenzialità, a contatto con la natura, si trasformava in una grande opportunità educativa e di evangelizzazione. Parlare di “campeggio” vuol dire ricordare luoghi (Valgrisenche, Pinzolo, Santa Cateri-na Valfurva, Valmalenco, Ceresole Reale), gite (in qualcuna ci si era anche persi!!!), le serate di gioco, i momenti di preghiera, i dialoghi intensi, la cucina con gli ottimi cuochi, ecc… Sono tutti fotogrammi di una storia che non è solo “esteriore” e non è solo “passata” ma fa parte di chi l’ha vissuta. Come avviene per ogni autentica esperien-za di incontro con gli uomini e con Dio anche questa ha contribuito a farci maturare: la geografia delle località che sono state teatro del campeggio si è un po’ tra-sformata in geografia dell’anima!!!

Don Enrico Castagna

1961-2011 TENDE IN CAMMINO 50° ANNI DI CAMPEGGIO

Programma della giornata in campeggio Temù 24 luglio 2011

Ore 9:30 ARRIVO AL CAMPO

Ore 10:30 S. MESSA APERITIVO

Ore 12:30 PRANZO

POMERIGGIO DI ANIMAZIONE E GIOCO PREGHERA CONCLUSIVA E SALUTI

Possibilità di raggiungere Temù con il pullman o con mezzi propri.

PULLMAN € 10 PRANZO € 15 (primo, grigliata, polenta taragna... caffè)

Iscrizione presso la segreteria dell'oratorio di Casatenovo entro martedì 19 luglio.

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Figli di Potifaak: siete dei fighi! Le canzoni sono riu-scite uno spettacolo! Per “me cantante” è stato in-credibile lavorare con voi...(poi le intro della Silvia mi, ci, hanno aperto il cuore...). Dalla piccola saletta del co-ro fino al gran teatro dell'auditorium è stato bel-lissimo cantare sulle vostre note!

Coreografe: Brave! Brave! Brave! La coreografia di “C'è un amore che è più forte” è il ballo dell'estate!!! Scenografi: Dei professionisti!..puntuali, precisi, ordinati...un'organizzazione perfetta! Grazie! Angelo: grazie per i preziosi consigli e grazie di aver ascoltato le mie, nostre, esigenze [...] ...e grazie a tutti, a chi ho citato e a chi non ho citato (sicuramente mi sono dimentica-to qualcuno di importante...)...sono fiero di aver lavorato con voi!!! Dalla prima prova fino a ieri sera mi sono divertito come un matto a creare questo musical! (recitare e cantare sono attività che mi divertono moltissimo e mi danno tantissime emozioni...) Infine vorrei dire che questa esperienza mi ha dato la possibilità di rendere ancora più forti alcuni rapporti di amicizia, mi ha dato la possibilità di conoscere nuove splendide perso-ne e mi ha dato la possibilità di rincontrare per-sone che le strade della vita non mi avevano da-to la possibilità di frequentare. E questo è spet-tacolare… Non mi stancherò mai di dirlo: la nascita della Comunità Pastorale è stato un dono immen-so...e con sempre più voglia lavoro, insieme a voi, perché essa cresca e maturi sempre di più. Grazie raga!!! [...]

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Ciao a tutti, caro Alex, grazie a te! Grazie a te che mi, ci, hai dato la possibilità di creare tutto questo e per aver preso in carico questo grande lavoro e per averlo seguito e cresciu-to come un figlio ogni giorno (non dimenticheremo la tua mail con il copione aggior-nato alle 5.30 del mattino!!!). Ieri sera abbiamo respirato all'unisono e, come ci ricor-dava Alex nella mail precedente, l'ottima realizzazione è stata figlia di ognuno di noi, nessuno escluso. Se in alcuni momenti del cammino che da gennaio abbiamo intra-preso abbiamo provato fatica, sconforto, ansia, rabbia… beh, tutto ciò ieri è svanito di fronte a quanto abbiamo realizzato. In particolare durante l'ultima settimana ho vis-suto, grazie a tutti voi, momenti di grande professionalità decorati da quell'allegria e gioia che ci caratterizza. Attori: grazie! Con voi abbiamo iniziato il cammino già da gennaio ed è stato un viag-gio lungo, duro, ma quanto mai splendido ed edificante...ricco di emozioni, risate, scenette stupide, [...], chiacchierate, mangiate al Big Ben o in oratorio grazie alle cure della mamma della Vale...e chi più ne ha più ne metta!

Sfrutto la mia posizione di “impaginatore” per pubblicare un “fuori programma”: una mail che ho, che abbiamo ricevuto qualche giorno fa. n realtà è solamente una delle tante che si sono susseguite in quei giorni, dopo la perfor-mance del 18 Giugno, ma credo che questo riassuma un po’ tutto quello che è stato per noi questo musical. Grazie Alessandro, che ci hai permesso di realizzarlo!

C’è un Amore che è più forte...

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crede e, credendo, capisce e comprende l'amore di Dio. Comprendere aiuta a riconoscere come vero ciò che ini-zialmente poteva essere solo un atto di fede (Credo ut intelligam et intellego ut credam - Sant'Agostino). E il nostro Beato Giovanni Paolo II ha trasmesso questo messaggio ai giovani durante tutto il suo pontificato e, inoltre, ha dato loro la responsabilità di diffondere questa gioia nel mondo. Il Beato ci ha abbracciato tutti, passan-doci il suo calore, il suo amore e la sua fiducia; ma poi, come si fa in un vero abbraccio, si è staccato e ci ha guar-

dato dritto negli occhi facendoci un sorriso. Ora siamo noi che dobbiamo portare l'a-more di Dio al mondo. La missione originaria si è così rinnovata ed ha toccato pro-prio noi giovani artefici del nostro futuro. Quando si è abbracciati, spesso si chiude gli occhi, per entrare ancora più in comunione con l'altro estraniandoci da tutto il resto. Giovanni Paolo ci ha abbracciati tutti, e chiudendo gli occhi, noi e lui, abbiamo sen-tito appieno che era Gesù che dava la forza per continuare quell'abbraccio. E "sotto la stessa luce, sotto la sua croce, cantando ad una voce" " Resta qui con noi, il sole scende già, se Tu sei fra noi la notte non verrà" ("Emmanuel" Inno GMG Roma 2000; "Resta qui con noi" Inno GMG Roma 1985). No, la notte non verrà. Giovanni Paolo II è stato per i giovani un faro, una guida che ha permesso a quella fiammella presen-te nei cuori dei giovani di diventare un incendio di amore. Egli ha saputo creare de-gli eventi mondiali che hanno unito e uniranno milioni di giovani da tutto il mondo, ha saputo parlare con amore di padre e con parole da amico in un periodo storico ricco di tenebre dando la luce della speranza. Ha saputo ricordare qual è la via del-la vera felicità. Nell'abbraccio collettivo che ha dato ai giovani ha sussurrato all'o-recchio di ognuno di noi: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cri-sto! [...] Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!"(Giovanni Paolo II - Omelia della messa di inaugurazione del pontificato, 22 ottobre 1978). Du-rante il suo pontificato ha sorretto i giovani di fronte alle difficoltà della vita e di es-sere dei giovani cristiani. Le sue parole hanno caratterizzato intere generazioni di ragazzi che ora sono più o meno adulti. A questi giovani e a noi giovani egli ricorda: "non abbiate paura di essere santi del nuovo millennio!" (Giovanni Paolo II - Messag-gio in preparazione della XV GMG a Roma), perché la santità non è qualcosa per pochi eletti, ma la missione di ogni cristiano. Alle 21.37 del 2 aprile 2005 Giovanni Paolo II ci ha lasciato. Da quel momento il suo abbraccio è diventato sempre più un abbraccio divino che come ci stringeva quando era tra noi, tanto più continua a far-lo ora, rinnovando il suo messaggio di amore verso tutti e in particolare verso noi giovani e sostenendoci anche nei momenti di difficoltà ricordandoci di rinnovare la fede in Cristo il quale "a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12).

Marco Sala

Logo GMG Roma 1985 (I GMG)

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deri più profondi e più autentici del loro cuore. Avete ragione di non rassegnarvi a divertimenti insipidi, a mode passeggere ed a progetti riduttivi. Se conservate grandi desideri per il Signore, saprete evitare la mediocrità e il conformismo, così diffusi nel-la nostra società" (Giovanni Paolo II - XVII GMG a Toronto). Nell'abbraccio che Gio-vanni Paolo II dava ai giovani, voleva trasmettere la bellezza e la gioia di una vita da vivere davvero. Si è troppo spesso costretti a sopravvivere. Il mondo, permeato dal male, spesso ci costringe a ciò. Ma il Beato sapeva che c'è un modo per vivere d'avvero, c'è una chiave per aprire le porte della propria vita al bene. "Non è forse Cristo il segreto della vera libertà e della gioia profonda del cuore? Non è Cristo l’amico supremo e insieme l’educatore di ogni autentica amicizia? Se ai giovani Cri-sto è presentato col suo vero volto, essi lo sentono come una risposta convincente e sono capaci di accoglierne il messaggi"(Giovanni Paolo II - Lettera Apostolica "Novo Millennio Ineunte"). Si, semplicemente e meravigliosamente Gesù Cristo. Ecco la chiave con cui spalancare il portone della nostra vita alla vera vita, ecco colui che ha tracciato la via da percorrere. Giovanni Paolo II grida ai giovani e all'umanità tutta che la risposta a tutte le domande che nascono nel nostro cuore è Gesù Cristo. In un mondo frenetico in cui ciò che è attuale declina in pochi istanti in passato, in un mondo in cui si cerca il senso delle cose in ciò che è semplice, comodo ed effimero, quando poi le risposte che si trovano lo sono altrettanto, in un mondo trasformato dalla tecnologia in villaggio dove basta un clic per collegarsi con qualsiasi punto del pianeta in cui siamo però estremamente soli, la luce che illumina la vita e le da pie-nezza è la fede in Quel Gesù, uomo come noi, Dio per noi, che duemila anni fa ha dato la vita per la salvezza dell'umanità. Ascoltando le voci del mondo sembra che essere cristiani sia una perdita di tempo, sia noioso, sia inutile. Sembra che il cattoli-cesimo e la Chiesa costringano l'uomo ad una vita di rinunce mortificanti e fini a loro stesse. Molti pensano che "Esiste un Dio, ma come dico Io". La cosiddetta fede "Fai da te". Ma il messaggio che Gesù ha portato nel mondo e che la Chiesa trasmette da due millenni è colmo di amo-re. E cosa vuole l'uomo più di ogni altra cosa? Cosa desidera un giovane? L'amore, il sentirsi amati. Detto ciò, la gioia che i milioni di giovani hanno pro-vato nella partecipazione alle GMG o che provano ogni gior-no a essere cattolici è difficil-mente razionalizzabile. Può essere difficilmente capibile, ma, come dice Gesù "Venite e vedrete"(Gv 1, 39). Solo viven-do con Gesù, lo si può cogliere e capire. Il giovane cristiano

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L'abbraccio è una delle espressioni di affetto più dif-fuse tra gli uomini. Questo semplice gesto è praticato in quasi tutte le culture tra famigliari, amici e inna-morati senza limitazioni di sesso o età. Spesso un ab-braccio è dato spontaneamente, senza secondi fini, soltanto per trasmettere all'altro o per trasmettersi a vicenda comprensione, sostegno e amore. "Dio è a-more" (1 Gv 4, 16) e anche Lui ci abbraccia per tra-smetterci tutto il suo amore verso di noi. Tramite la Chiesa, e coloro che vi operano, circonda con le sue forti braccia tutta l'umanità. I giovani sono un fetta di tutta la popolazione mondiale, quella fetta che contiene, in potenza, il futuro del mondo. In loro, in noi, energia, forza, allegria, gioia, tristezza, delusioni,

speranze, aspettative e sogni. L'abbraccio della Chiesa si estende anche a noi. Il Bea-to Giovanni Paolo II, durante il suo pontificato, ha stretto i giovani del mondo con un abbraccio di un'intensità tale da non avere eguali nella storia del Cristianesimo e dell'uomo. E' stato proprio Karol Wojtya a istituire le Giornate Mondiali della Gioventù (GMG). In occasione del 1950º anniversario della data convenzionale della morte e resurre-zione di Cristo nel 1983/1984, indisse il Giubileo Straordinario della Redenzione duran-te il quale organizzò il Giubileo dei Giovani che ebbe il suo culmine il 15 aprile 1984, Domenica delle Palme. Approfittando della concomitanza con l'Anno internazionale della Gioventù indetta dall'ONU, Giovanni Paolo II diede appuntamento ai giovani per l'anno successivo: l'incontro a Roma del 31 marzo 1985 segnò l'istituzione delle Giornate Mondiali della Gioven-tù. Da questo primo incontro, le GMG sono diventate appuntamenti fissi organizzati a distanza di due o tre anni. Il Beato vedeva nei volti dei giovani un immenso potenziale, una fonte pressoché infinita di amore e di be-ne. Ma la società e la storia del Novecento remavano e remano contro proponendo ideali e mode tutt'altro che positivi, figli di una prima metà di secolo dove l'uomo ha toccato abissi di crudeltà. "Non lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desi-

BEATO GIOVANNI PAOLO II: LUCE DEI GIOVANI

Logo GMG Madrid 2011

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Quest'anno, durante le vacanze di Pasqua, noi ragazzi di terza media siamo andati a Roma, una città bellissima, piena di gente, di storia, di Chiese, la giusta meta per coloro che vogliono pregare. In questa "vacanza" mi sono divertito moltissimo. Durante l'udienza con il Papa in piazza San Pietro, mi sono accorto di essere uno dei tanti ita-liani e uno dei tantissimi cittadini di tutto il mondo presenti quel giorno lì davanti al Papa. Mi sento di ringraziare, a nome di tutti i ragazzi, il don, la suora, tutti gli educatori e gli organiz-zatori di questa "vacanza" per questa bellissima esperienza!

Giacomo Galbusera

Ragazzi in Cammino: 3^ media PELLEGRINAGGIO A ROMA

Il Pellegrinaggio ad Assisi mi è piaciuto molto perché ho visitato luoghi stupendi e insie-me abbiamo ripercorso la vita di San Francesco. Mi è piaciuto tanto San Damiano do-ve il crocefisso ha parlato a San Francesco perché è un luogo che trasmette tranquillità e si può ascoltare la natura. Mi è piaciuto tanto anche il fatto di condividere la camera con le mie amiche e andare a spasso tutti insieme soprattutto ho apprezzato molto As-sisi by night.

Alice Citterio Assisi è stato un pellegrinaggio che mi è piaciuto molto perché ovunque si andava era percepibile la presenza ed il sostegno di Dio e di San Francesco. E’ stato inoltre un momento di comunicazione e di confronto tra noi e i nostri più cari amici.

Francesco Brivio

Ragazzi in Cammino: 2^ media PELLEGRINAGGIO AD ASSISI

do per la Consolata , il duomo di Torino dove è stata esposta la Sindone l’anno scorso e altri luoghi della città particolari. Tappa gelato per rinfrescarsi e riprendere fiato nell’afosa giornata di aprile che già sembra-va agosto e ritorno a Valdocco dove abbiamo visitato santa Maria Ausiliatrice, ultimo pro-getto di don Bosco per far fronte ai tanti ragazzi che non riuscivano più a riunirsi tutti insie-me in S. Francesco ormai troppo piccola. Poi ci siamo spostati per la messa conclusiva con la consegna di una piccola croce a ricordo di questi due giorni. Intorno alle 18.00 siamo partiti, destinazione Casatenovo, stanchi ma felici di questa bella esperienza.

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Colle don Bosco, 10 aprile: Dopo una serata intensa alla ricerca del Griso, siamo ripartiti alla volta di Torino. In pullman abbiamo lasciato il colle e dopo circa un’ora siamo giunti a destinazione. A Val-

docco abbiamo visitato l’intero complesso: le camerette, la cappella Pinardi, san Francesco di Sales… I luoghi dove don Bosco ha costruito il primo oratorio, un pezzo alla volta, ingrandendolo sempre più a causa del numero crescente di ragazzi che venivano accolti e restavano con lui. Piccola pausa pranzo e momento libero con possibilità di svago per tutti: chi faceva due tiri col pallone che ha sfiorato non poche volte lo specchietto del pulmino, chi si dedicava al can-to in previsione della messa pomeridiana e chi si rilassava chiacchierando o fotografando atti-mi fuggenti. Finito il relax abbiamo visitato Torino passan-

Ragazzi in Cammino: 1^ media PELLEGRINAGGIO A TORINO

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un «battibaleno». Chi è che si affida davvero? Si affida chi sa che la vita e il tempo possono essere condivisi e vissuti insieme con un altro e che vale la pena farlo, visto che il tempo vissuto da solo è da un lato «ingestibile» dall’altro privo di quel che conta di più, cioè «privo di amore»! La sfida dell’Oratorio estivo 2011 consiste nel cogliere, da parte soprattutto dei ragazzi, che il nostro tempo non solo deve essere «abitato» da noi (con tutto noi stessi) ma è in-nanzitutto «abitato» da Dio, attraverso la presenza del suo Figlio, incarnato nella storia, Gesù di Nazareth e dello Spirito santo che è l’evidenza del suo amore. Ognuno di noi è chiamato a scegliere di condividere il proprio tempo con Dio, decidendo di seguirlo con fiducia. La scelta di «stare con il Signore» è la scelta della fede, da fare ora e – ideal-mente e concretamente – in tutte le ore della nostra vita. È una scelta che è conseguente ad una già fatta da Dio: quella di «stare con noi». L’icona evangelica scelta per l’Oratorio estivo «Battibaleno» è la conclusione del Vange-lo secondo Matteo che narra dell’apparizione di Gesù Risorto agli Apostoli in Galilea (Matteo 28, 16-20). L’ultima riga del Vangelo indica la scelta di Dio di vivere insieme a noi il nostro tempo e di viverlo con noi «dal di dentro»: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matteo 28, 20). In un tempo, che è necessariamente un «tempo finito», si apre un orizzonte di eternità che anche i ragazzi sono invitati a coglie-re, in una profondità che illumina «tutti i giorni». Lo scorrere del tempo con Gesù Risorto assume un peso tutto nuovo. Non un tempo «sballottato» ma un tempo «collegato», in cui ogni scelta e ogni azione rimandano a un’altra presa «prima» e segna quella «dopo». È così che il tempo assume un nuovo nome: il tempo con Gesù si chiama «storia»! Un filo solido – che non può spezzarsi, perché fatto di tutta la profonda e ope-rosa presenza di Dio – unisce e collega il nostro passato col nostro futuro, attraverso quel «battibaleno» che corrisponde alla durata del presente. Lo «stare con Gesù e il suo stare

con noi» ci fa maturare come persone che san-no trasformare il loro tempo in qualcosa di «unico», in tutte le sue accezioni. Non solo, condividere il tempo con il Signore ci fa entrare in relazione con gli altri imparando a dedicare per loro il tempo che abbiamo per noi. Infine il Vangelo – la parola che oggi può farci sentire che Gesù ci parla ancora e continua-mente – può addirittura renderci «collegati» con chi ha vissuto, nel tempo, prima di noi: an-cora alcuni santi, che hanno fatto «storia» e hanno segnato le diverse epoche del cristiane-simo, ci insegneranno «a contare i nostri gior-ni», considerandoli immersi nell’amore di Dio che è sempre «oltremisura».

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Sarà un «tempo pieno» quello vissuto in oratorio nell’estate 2011. Un tempo così ricco di esperienze, relazioni, attività, iniziative, ma anche carico di autentica gioia e passione vera che ci accorgeremo di quanto scorra via velocemente, così veloce che vale la pena «gustare» e vivere ogni sua dimensione, anzi ogni suo istante. L’oratorio sarà così uno specchio della vita quotidiana, in cui il tempo trascorso in modo ordinato e intenso pro-cura al cuore la serenità di essere dentro una «linea» che può condurci lontano e farci crescere nella verità. Nel prossimo Oratorio estivo diremo (e canteremo) «Battibaleno», insegnando ai ragazzi «a contare i nostri giorni», non perché ci sfuggano via ma proprio perché vengano «afferrati» con tutta la vitalità possibile. Non abbiamo altro da vivere se non il tempo che abbiamo a disposizione. «Battibaleno», il tema dell’Oratorio estivo 2011, afferma l’esigenza di non restare fermi a guardare passivamente il tempo che passa via, ma dice la necessità di buttarsi dentro le occasioni di bene che il tempo offre, per trarne il meglio per la propria vita e quella degli altri. «Battibaleno» non è dunque la rapidità di un tempo che non facciamo noi, ma l’efficacia istantanea di un tempo «abitato» da noi, per cui quello che facciamo – nel tempo che ci serve per farlo – è ciò che ci fa diventare quel che siamo e vogliamo essere. I ragazzi saranno invitati a capire cosa significa non sciupare il tempo e a com-prendere il rischio di trasformarsi altrimenti in persone che non vorrebbero diventare, con sogni, aspirazioni e desideri inespressi. Vivere bene il tempo porta con sé una grande posta in gioco che consiste nel realizzare o meno la vita! È come salire su un treno in cor-sa - che non si può fermare - ma decidere di salirci sulla locomotiva a gestire la velocità, a stare attenti ai segnali e agli scambi, con un tempo di reazione che, con l’allenamento adeguato, può avvenire davvero in un «battibaleno». Ai ragazzi occorrerà trasmettere questa sapienza: non siamo noi i padroni assoluti del nostro tempo; ci sono tantissime cose che accadono indipendentemente da noi; sono tanti i fattori in gioco, ma c’è ne uno che spetta a noi – dipende solo da noi –, si attiva in un «battibaleno» e guida ogni nostro agire, ed è la nostra volontà. La volontà di fare e di reagire, la volontà di affrontare i momenti, tutti i momenti, con decisione e capar-bietà, siano essi belli o brutti, di gioia o di dolore, di festa o di turbamento e dubbio. C’è poi un altro atteggiamento, in cui ci eserciteremo quest’estate – che può corrispon-dere anche a una dimensione temporale o a una «fase» della vita: è l’affidamento. An-che chi si affida, dopo aver preso coscienza che è la cosa più importante da fare, lo fa in

Oratorio estivo 2011

BATTIBALENO Insegnaci a contare i nostri giorni

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nome, con essi gioirai, con qualcuno avrai lacrime da condividere e da asciugare. Amico, se corri non avrai modo di dire ciò che hai nel cuore; se cammini la tua stessa vita parlerà dì Dio e dì Gesù, del tuo Gesù, che tu ami e che vuoi far amare. Amico, non correre, cammina! Abbiamo vissuto in occasione dell’Ordinazione Sacerdotale di don Alessandro Vismara giorni intensi, in cui ci è stato dato di toccare con mano la forza e la bellezza della Grazia di Dio che avvolge l’esistenza dell’uomo e accompagna i passi della vita. A don Alessandro e a tutti noi vogliamo augurare di cammi-nare sempre nella luce di questa grazia che la presenza di Dio ci dona; e di camminare senza correre per colorare con i colori del vangelo la vita del mon-do! Buon cammino e buona estate a tutti!

Amico, il Signore ti ha chiamato: Lui vuole essere il tutto per te! Amico, il tuo Signore, Gesù il Cristo, ti invita a percorrere le strade del mondo. Amico, va' senza paura, Lui, il Signore è con te! Una cosa sola ti dico, amico: non correre, ma cammina. Amico, se corri rischi di non accorgerti di ciò che ti sta intorno; se cammini ti renderai conto della bellezza dei particolari che le mani di Dio hanno plasmato. Amico, se corri non ti accorgi che altri camminano in-sieme con te; se cammini incontrerai mille e mille volti noti e meno noti, qualcuno sorridente, qualcuno triste e deluso. Amico, se corri penserai solo a te e alla tua meta; se cammini avrai modo di incontrare situazioni

che faranno di te e della tua vita un dono: allora quei mille e mille volti avranno un