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Università degli studi di Cagliari
Tesi di Laurea Triennale
facoltà DI SCIENZE
CORSO DI LAUREA IN FISICA
Energia di superficie delle
perovskiti
Autore: Relatore:
Elisabetta Meloni Prof. Michele Saba
Co-Relatore:
Dr.ssa Daniela Marongiu
Anno accademico: 2017-2018
Sommario
1) Introduzione ......................................................................................................................... 1
2) Bagnabilità .......................................................................................................................... 2
2.1 Caratteristiche ............................................................................................................... 2
2.2 Modelli di bagnabilità .................................................................................................... 3
2.2.1 Equazione di Young ................................................................................................ 3
2.2.2 Metodi di Wenzel e Cassie Baxter ........................................................................... 5
2.3 Angolo di isteresi ........................................................................................................... 6
2.3.1 Inclinazione della superficie ................................................................................... 6
2.3.2 Aumento del volume ................................................................................................ 7
2.4 Energia di superficie ...................................................................................................... 7
2.4.1 Metodo di Fowkes ................................................................................................... 8
2.4.2 Metodo OWRK ........................................................................................................ 9
3) Perovskiti ........................................................................................................................... 10
3.1 Proprietà generali ........................................................................................................ 10
3.2 Struttura chimica ......................................................................................................... 11
3.2.1 Struttura generale ................................................................................................. 11
3.2.2 Perovskiti ibride .................................................................................................... 12
3.3 Stabilità e razione con i liquidi .................................................................................... 13
3.3.1 Degradazione da agenti esterni ............................................................................ 13
3.3.2 Degradazione dovuta ai liquidi ............................................................................. 14
4) Procedura e apparato ........................................................................................................ 15
4.1 Sintesi dei campioni ..................................................................................................... 15
4.1.1 CH3NH3PbI3 .......................................................................................................... 15
4.1.2 CH3NH3PbBr3 ....................................................................................................... 16
4.2 Strumentazione ............................................................................................................. 16
4.2.1 Descrizione apparato sperimentale ...................................................................... 17
4.2.2 Accorgimenti ed esecuzione delle misure ............................................................. 17
4.3 Software e metodo di analisi ........................................................................................ 19
4.3.1Descrizione software .............................................................................................. 19
4.3.2Analisi profili ottici ................................................................................................ 20
5) Risultati .............................................................................................................................. 24
5.1 Angolo di contatto ........................................................................................................ 24
5.1.1 CH3NH3PbBr3 ........................................................................................................ 24
5.1.1 CH3NH3PbI3 .......................................................................................................... 24
5.2 Energia di Superficie .................................................................................................... 25
5.2.1 CH3NH3PbBr3 ........................................................................................................ 26
5.2.1 CH3NH3PbI3 .......................................................................................................... 28
6)Conclusioni ......................................................................................................................... 30
Bibliografia............................................................................................................................. 32
1
1) Introduzione
La scoperta del 1839, per merito di Gustav Rose, riguardante il materiale denominato
perovskite è, al giorno d’oggi, motivo di numerosi studi.
Il campo di applicazione delle celle fotovoltaiche e quello di dispositivi come i led, ha -
infatti subito un netto miglioramento grazie all’impiego di questo minerale.
Studiando il fenomeno della bagnabilità, il lavoro svolto si ripropone di caratterizzare
due tipi di perovskiti ( CH3NH3PbI3, CH3NH3PbBr3) che sono alla base delle nuove
tecnologie riguardanti il fotovoltaico.
Il parametro fondamentale per lo studio di tale fenomeno è detto energia superficiale.
Quest’ultima si ricava sperimentalmente attraverso il valore dell’angolo di contatto
formato da opportuni liquidi applicati sulla superficie del materiale.
Per facilitare la comprensione dell’argomento di tesi, ho inserito un primo capitolo
incentrato sul fenomeno fisico della bagnabilità. Esso è costituito da paragrafi che
spiegano sia le forze che si presentano quando due superfici entrano in contatto che le
equazioni che legano l’angolo di contatto all’energia superficiale.
Dato che l’energia superficiale è caratterizzata principalmente dallo stato chimico del
materiale, la seconda parte della tesi è dedicata all’ esposizione delle proprietà
intrinseche della perovskite.
La parte centrale del lavoro contiene la procedura sperimentale svolta sia per la
produzione dei campioni di perovskite che per l’esecuzione delle misure riguardanti
l’angolo di contatto. In tale sezione è presente la descrizione dell’apparato sperimentale
attraverso il quale si sono svolti i rilevamenti sui vetrini. Vi è poi un paragrafo
incentrato sull’analisi delle immagini rappresentanti i profili delle gocce, in cui si
presentano i metodi (ellittico e circolare) che si sono utilizzati per l’analisi delle
interfacce liquido-solido.
Nella sezione finale vengono mostrati i risultati ottenuti sia per la misura dell’angolo di
contatto che per l’energia superficiale. Quest’ultima, ricavata dall’applicazione del
metodo Owens, Wendt, Rebel e Kaelble, presenta la separazione in parte polare e
dispersa. I valori dell’energia, sia per la perovskite CH3NH3PbI3 che per quella
CH3NH3PbBr3, vengono riportati in forma grafica con i relativi errori.
Per concludere i risultati sperimentali vengono confrontati fra loro e viene determinato
quali componenti del materiale possano influire sulla variazione dei valori ottenuti.
2
2) Bagnabilità
2.1 Caratteristiche
Per comprendere come sia possibile la formazione delle gocce dobbiamo anzitutto
considerare le forze microscopiche che si esercitano all’interno di un materiale. Ogni
sostanza è composta da atomi con caratteristiche differenti, quest’ultimi, attraverso dei
legami chimici, formano le strutture che sono il principio delle forze dette di coesione.
Consideriamo i tre stati: solido, liquido e gassoso; essi differiscono l’uno dall’altro a
causa dei vincoli che si adoperano fra i loro componenti. Ad esempio, i liquidi sono
formati da molecole che esercitano fra loro delle forze che non sono né così forti da
rendere il materiale compatto né tanto deboli da rendere possibile la loro disgregazione
ed essere quindi trascurabili.
La formazione del fenomeno della tensione superficiale è dovuta proprio alle suddette
forze. Se consideriamo le molecole all’interno di un liquido, esse interagiranno, in ogni
direzione, con tutte le molecole che si trovano intorno e si verificherà una conseguente
forza netta pari a zero. Le molecole prossime alla superficie sentiranno, invece, solo
l’attrazione di quelle localizzate sotto la superficie del liquido, per questo motivo le
molecole superficiali sono maggiormente richiamate verso l’interno del liquido e,
provocando una contrazione della superficie, formano una sorta di pellicola che ricopre
la goccia. L’intensità del fenomeno della tensione superficiale dipende principalmente
dal liquido e dalla sostanza che lo circonda.
Le forze che rendono possibile la tensione superficiale sono alla base della spiegazione
della bagnabilità, cioè quel fenomeno che si presenta quando un liquido è posto a
contatto con una superficie solida.
L’interfaccia solido-liquido-gas è governata dalla capillarità, che racchiude tutte quelle
forze che si presentano fra le molecole di un liquido e la superficie di un solido, come
ad esempio la coesione, l’adesione e la tensione superficiale.
La forza di coesione, che si esercita fra le molecole del liquido stesso, è la capacità di un
liquido di non entrare totalmente in contatto con un solido, mentre l’adesione è la
caratteristica di un liquido che si espande a contatto con un solido e rappresenta quella
forza che agisce fra le molecole di due sostanze differenti. L’equilibrio fra queste due
forze è rappresentato dall’osservabile fisico chiamato angolo di contatto.
Prima di descrivere l’angolo di contatto è necessario introdurre il concetto di superficie
di separazione, essa è definita come quella superficie che delimita le differenti fasi già
menzionate. Fisicamente tale superficie è, invece, la superficie in cui si verifica la
tensione superficiale, cioè l’insieme di tutte quelle molecole che sono a contatto con lo
stato gassoso.
3
Similmente possiamo definire la linea di contatto come quella linea che separa i tre stati
fra loro; grazie ad essa è possibile identificare l’angolo di contatto come l’angolo che si
forma fra la superficie e la tangente alla goccia nel punto di contatto con il solido.
L’ angolo di contatto è generalmente calcolato al fine di identificare la bagnabilità della
superficie, infatti si usa la convenzione per cui: se esso è superiore ai 90° indica che la
bagnatura del solido è sfavorevole, mentre se è inferiore di 90° il liquido si diffonderà
facilmente sull’area.
2.2 Modelli di bagnabilità
Lo studio dell’adesione non ha una teoria generale ma presenta molte varianti in base
alla coppia di materiali che si considerano nel sistema. Nonostante ciò si possono
osservare degli aspetti comuni in modo da formulare un teoria che comprenda molti casi
fisici.
2.2.1 Equazione di Young
L’esistenza di una teoria termodinamica dei fenomeni di bagnabilità stabilisce i criteri
affinché si formi l’osservabile fisico denominato angolo di contatto. Tale teoria, infatti,
considera sia la presenza del lavoro termodinamico di adesione che le energie
superficiali.
L’equazione principale che descrive il fenomeno della bagnabilità è opera di Thomas
Young [1]; egli comprese che l’angolo di contatto è generato dal bilanciamento di tre
forze, che caratterizzano l’interazione fra la goccia e la superficie da essa bagnata.
Assumendo che tali forze possano essere rappresentate da tensioni superficiali,
l’equazione di Young prende la forma:
Dove è la tensione gas-solido, è quella fra liquido e vapore e rappresenta la
tensione solido-liquido (vedi Figura 1.1).
Figura 2.1 Rappresentazione delle tre tensioni formate
da un interfaccia a tre stati: solido, liquido e vapore (riprodotta da [2]).
Da essa possiamo quindi definire delle condizioni di instabilità:
4
Consideriamo da prima solo quei solidi che presentano una superficie liscia; attraverso
lo studio di Bertrand, Blake e De Coninck [1] possiamo osservare le varie interazioni
dei liquidi in Figura1.2. La figura mostra quattro profili di interazione fra una goccia
liquida e un solido, creati da delle simulazioni molecolari dinamiche. CSL e DSL sono
coefficienti di accoppiamento dell'interfaccia liquido-solido, regolabili durante la
simulazione, che aumentano come l'interazione liquido-solido aumenta.
Figura 2.2 Studio di Bertrand, Blake e De Coninck che mostra vari tipi di interazione (riprodotta da [1]).
Le varie situazioni si possono caratterizzare grazie al potenziale di Lennard-Jones che
fornisce una legge per descrivere l’interazione interatomica e intermolecolare fra due
molecole
Con profondità della buca e il raggio della sfera che approssima una molecola. Tale
potenziale è composto da due termini, uno repulsivo e uno attrattivo riconducibile alle
forze di Van Der Waals. La relazione fra questi due tipi di forze determina la dinamica
di diffusione della goccia.
Un altro aspetto non meno importante è la presenza della viscosità che si presenta
durante l’avanzamento del liquido. Tale particolarità fa si che si formi il cosiddetto
angolo di avanzamento, cioè quell’angolo di contatto che si forma quando non è ancora
stata dissipata tutta l’energia cinetica della goccia.
Nel primo momento in cui la goccia entra in contatto con la superficie solida, l’angolo
di contatto sarà,teoricamente, 180°. Dunque la goccia diffondendosi avrà un angolo di
contatto man mano inferiore fino a quando, grazie all’attrito, l’energia cinetica non sarà
nulla; in tale momento la goccia smetterà di avanzare e raggiungerà il valore di angolo
di contatto statico.
5
2.2.2 Metodi di Wenzel e Cassie Baxter
Se si considera una superficie reale, come già detto, il liquido cesserà di avanzare
quando la sua energia cinetica sarà nulla, cioè dissipata da un attrito proveniente o dalla
ruvidità della superficie o dall’interazione di adesione fra i due stati. Si può dunque
considerare il processo di bagnatura come un superamento di barriere energetiche da
parte del liquido.
Vi sono principalmente due tipi di bagnatura su superficie ruvida: il metodo di Wenzel e
quello di Cassie Baxter [1](Figura 1.3).
Figura 2.3 I due modelli di bagnabilità di Wenzel e Cassie-Baxter(riprodotta da [1]).
Nel modello di Wenzel la presenza di una rugosità del materiale aumenta la sua
bagnabilità se la superficie è già propensa a questa proprietà e la diminuisce nel caso in
cui non lo è; infatti la rugosità fa aumentare l’area di contatto con il fluido e ne
amplifica le caratteristiche.
Secondo il sopracitato modello il liquido entra in contatto con tutta la superficie
sottostante e presenta un angolo dato da:
Dove è l’angolo se la superficie fosse liscia mentre è il fattore di rugosità dato dalla
frazione fra l’attuale area e quella progettatta.
In seguito Cassie e Baxter proposero una nuova teoria, essa si basa sulla formazione di
una zona d’aria fra il liquido e la superficie solida; conseguentemente il calcolo
dell’angolo di contatto deve presentare anche una parte dovuta alla relazione energetica
fra solido e gas
Con e frazioni di aria e e angoli di contatto fra il liquido e l’interfaccia gas-
solido.
Se una componente è l’aria l’equazione si riduce a:
Dove è l’angolo di Cassie-Baxter ed è la frazione solido-aria.
6
Entrambi i modelli possono presentarsi in qualsiasi caso sperimentale, infatti alcuni
studi hanno dimostrato che il modello di Wenzel si verifica se la goccia viene fatta
cadere da una certa altezza, mentre quello di Cassie-Baxter se si appoggia dolcemente la
goccia sulla superficie. Inoltre una goccia che si presenta come nel modello di Cassie
Baxter può essere convertita in Wenzel attraverso delle vibrazioni e viceversa si può
invertire il procedimento mediante riscaldamento. Nonostante questo, non sempre i
modelli sono convertibili fra loro il che implica che esiste una barriera di energia tra essi
ma con differenza energetica piccola.
2.3 Angolo di isteresi
Determinare l’angolo di contatto di una superficie reale può essere problematico, infatti
il calcolo presenta parametri che non si possono determinare in modo diretto
sperimentalmente. Per risolvere tale quesito fu definita, prima di tutto, una superficie
ideale che presenta la caratteristica di essere totalmente liscia e priva di imperfezioni in
cui il liquido potesse scivolare senza attrito se fosse stata inclinata. Sperimentalmente,
su superfici che mostravano rugosità, furono determinati due angoli metastabili : e
rispettivamente angolo di avanzamento e di retrocessione. Tali angoli rappresentano il
valore massimo e il valore minimo dell’angolo di contatto, infatti dalla sperimentazione
si può affermare che esistono più stati di equilibrio del sistema che dipendono dalle
condizioni iniziali.
Vi sono due principali metodi di analisi per gli angoli di recessione e avanzamento; il
primo di essi è basato sull’inclinazione della superficie mentre il secondo sull’aumento
del volume della goccia.
2.3.1 Inclinazione della superficie
Il primo metodo consiste nell’inclinare la superficie di un angolo α con una velocità
molto bassa in modo che la goccia non scivoli via. L’inclinazione, attraverso la forza di
gravità, causa una distorsione della goccia e la formazione di due angoli differenti fra la
goccia e il solido come si osserva in Figura1.4
Figura2.4 Rappresentazione dei due angoli che si formano con il piano inclinato (riprodotta da [1])
Per un certo valore di α la linea di contatto fra il liquido e il solido comincerà a
muoversi e modificare di conseguenza l’area bagnata, i valori limite di e per
cui tale fenomeno non è ancora avvenuto sono esattamente gli angoli già citati e .
7
2.3.2 Aumento del volume
Nel secondo metodo la goccia rimane poggiata su una superficie orizzontale e viene
aumentato o diminuito il suo volume. Si può dunque inserire un ago nella goccia ed
erogare una quantità di liquido, in maniera molto lenta, fino a quando la goccia non
modifica la linea di contatto con la superficie e determinare l’angolo , similmente si
può diminuire la quantità di liquido e individuare l’angolo cioè quell’angolo che si
forma immediatamente prima che vengano modificati i parametri di contatto fra i due
stati.
Figura2.5 Angoli di avanzamento e retrocessione in relazione
con l’aumento e la diminuzione del volume della goccia(riprodotta da [1]).
In entrambi i modelli si può definire l’angolo di isteresi come la differenza fra e :
Tale angolo è un parametro che caratterizza il tipo di superficie, infatti esso rappresenta
le forze che evitano la caduta della goccia nel primo metodo e la sua espansione nel
secondo. Per si ha un effetto chiamato petalo di rosa, che caratterizza tutte
quelle superfici in cui il liquido non presenta una forte adesione; per si ha
invece l’effetto foglia di loto che prende il nome dalla particolare capacità della pianta
di auto-pulirsi grazie al facile scivolamento dell’acqua sulle foglie che nel suo
movimento raccoglie i granelli di polvere.
2.4 Energia di superficie
L’energia di superficie è un parametro intrinseco della materia, esso rappresenta
l’energia necessaria affinché si possano rompere i legami intermolecolari necessari per
la formazione della superficie stessa. Tale quantità si può determinare attraverso lo
studio di Dupre [1], il quale introdusse il concetto di lavoro reversibile di coesione
(Wcoh
) e lavoro di adesione (Wad
) tra due liquidi.
Consideriamo due cilindri di uno stesso liquido, se essi vengono messi a contatto il
cambiamento di energia libera per unità di superficie ∆G11coh
è l’energia libera della
coesione. Quest’ultima viene uguagliata al lavoro necessario per la coesione:
8
Dove è la tensione superficiale e il lavoro di coesione.
Se invece uniamo due cilindri di liquidi immiscibili possiamo ripetere il ragionamento
considerando però le forze di adesione. In questo caso si può identificare la variazione
di energia libera come la tensione interfacciale dell’interfaccia con i cilindri uniti meno
le tensioni dei due cilindri separati:
Dove è la tensione superficiale del secondo cilindro, è la tensione interfacciale
fra i due cilindri e il lavoro di adesione .
Assumendo che il pedice 1 indichi il liquido e 2 il solido e unendo le due sopra citate
equazioni con l’equazione di Young, si ottiene il lavoro di adesione nel caso in cui
vengono unite le superfici di un solido e un liquido, essa è nota come equazione di
Young-Dupre:
Essa permette di studiare attraverso il lavoro che si determina facilmente
attraverso l’angolo .
2.4.1 Metodo di Fowkes
Fowkes [1] fu il primo a suggerire che il lavoro di adesione e quindi anche la tensione
superficiale, si può scomporre in più termini indipendenti che rappresentano un tipo di
interazione molecolare specifica:
Dove
,
,
rappresentano rispettivamente il contributo dovuto
alla dispersione, all’interazione dipolo-dipolo, al legame idrogeno, dipolo-dipolo indotto
e alla componente acido-base.
Sapendo che il lavoro di adesione dovuto all’interazione di dispersione è
termodinamicamente rappresentato da :
si può esprimere la tensione interfacciale come:
Se il solido ha solo la componente dispersiva, ponendo e unendo l’equazione
di Young-Doupre possiamo definire con l’equazione:
9
Attraverso quest’ultima è facile comprendere che la tensione si può calcolare
determinando l’angolo e sapendo del liquido utilizzato nella misura.
2.4.2 Metodo OWRK
In seguito il metodo Fowkes fu modificato da Owens e Wendt, i quali assunsero che sia
la tensione superficiale del liquido che quella del solido fossero costituite da una
componente dispersa e una data dal legame idrogeno non dispersiva.
Similmente ai precedenti anche Rabel e Kaelble pubblicarono uno studio che separava
in due componenti le tensioni superficiali, una chiamata polare e l’altra dispersa. Fu
quindi definito il metodo OWRK [1] per cui:
Perciò la tensione liquido-solido sarà
Che combinata con l’equazione di Young-Dupre assume la forma:
Dove vi sono le due incognite e
che possono essere calcolate determinando gli
angoli di contatto con due diversi liquidi di cui si conoscono i valori di e
.
10
3) Perovskiti
3.1 Proprietà generali
La perovskite è una struttura, tipica dei minerali, composta da un ossido doppio di Ca e
Ti (CaTiO3) o di Br e Ti (BrTiO3). Vi è un’elevata varietà di perovskiti che presentano
questa struttura, ma ognuna con caratteristiche fisiche molto differenti dall’altra, per
questo motivo tali materiali vengono studiati e ampiamente utilizzati in applicazioni
pratiche. Le loro peculiarità includono il comportamento ferroelettrico, dielettrico,
piroelettrico e piezoelettrico con le seguenti specificità:
dielettrici, presentano una polarizzazione lineare non dipendente dal campo
applicato;
ferroelettrici, hanno dei dipoli elettrici permanenti che possono essere orientati
dal campo;
piroelettrici, è l’effetto per cui un cristallo si polarizza a causa della temperatura;
piezoelettrici, formano un accumulo di cariche se subiscono deformazioni
meccaniche.
Tali proprietà hanno origine dalla diversa struttura cristallina che ogni materiale
presenta, infatti si possono verificare diversi tipi di distorsioni del reticolo. Questo fa in
modo che vi sia un’ampia gamma di perovskiti che si differenziano sia nella struttura
sia nelle caratteristiche chimiche come stabilità termica, solubilità ecc.
Nonostante questa varietà di proprietà sia un vantaggio per la produzione di vari
dispositivi, essa rende complessa l’individuazione di ogni specificità e la
caratterizzazione di ogni singolo minerale .
Negli ultimi anni nelle applicazioni come il fotovoltaico è iniziato l’utilizzo delle
perovskiti ibride organiche-inorganiche ovvero cristalli ionici formati da piccole
molecole organiche e alogenuri metallici. Tale materiale ha reso possibile l’aumento
della resa dei pannelli, arrivando a convertire in corrente elettrica quasi un quarto
dell’energia solare incidente. Nonostante il miglioramento delle tecnologie, vi è ancora
molto da scoprire sulle proprietà elettroniche, ottiche , strutturali e termodinamiche
delle perovskiti ibride. Infatti attraverso lo studio delle sopracitate proprietà è possibile
migliorare sia la stabilità che l’efficienza dei nuovi dispositivi.
Nella produzione di celle solari ad alta efficienza le perovskiti più adatte sono
quelle organometalliche a trialogenuro, cioè quelle con formula A+PbX3, dove A
+ è un
catione organico e X un alogenuro. Generalmente vengono utilizzate quelle in cui
A+=(CH3NH3)
+ o meglio basate sul metilammonio, che presentano una varietà molto
ampia di proprietà fisiche se si varia l’anione alogenuro in X= I, Br, Cl.
11
La più utilizzata per gli studi nel campo fotovoltaico è quella con formula CH3NH3PbI3,
infatti questo tipo di perovskite ha eccellenti proprietà per la raccolta della luce avendo
il gap a circa 780nm.
Il CH3NH3PbBr3 presenta il gap a circa 530 nm, perciò è spesso adoperata come
componente dei dispositivi LED e ha la particolarità di degradarsi meno facilmente
rispetto al CH3NH3PbI3.
Tipicamente una cella basata sulla perovskite è composta da strati, uno con TiO2 che
serve come uno strato di trasporto di elettroni, lo strato CH3NH3PbX3 che funge da
raccoglitore ottico e uno strato di trasporto buche. Non sorprende quindi che le
caratteristiche delle superfici e delle interfacce giochino un ruolo chiave nelle celle
solari a base di perovskite.
3.2 Struttura chimica
Il vasto utilizzo delle perovskiti nasce proprio dalle particolari caratteristiche fisiche e
chimiche che hanno base nella presenza di determinati atomi che compongono le
molecole e dalla loro posizione nella struttura che essi stessi formano.
3.2.1 Struttura generale
La formula generica che caratterizza le perovskiti è ABX3, B rappresenta un catione
metallico a piccolo raggio posizionato generalmente al centro di un ottaedro, A è invece
un catione a grande raggio che, occupando il centro degli ottaedri ai cui vertici vi
saranno gli anioni X, riequilibra la carica della struttura (Figura 3.1).
Figura 3.1 Rappresentazione grafica della struttura tipica della perovskite (riprodotta da [3])
Gli otto ottaedri BX6 che si formano sono legati fra loro tramite gli anioni X in modo
tale da formare la struttura visibile in Figura. I legami BX definiscono le proprietà
elettroniche delle perovskite mentre il catione A fa si che si formi la cosiddetta
distorsione indotta.
12
La cella elementare è una struttura cubica formata da ioni A che si dispongono ai vertici
e ioni B al centro, gli ioni X, invece, si dispongono al centro di ogni faccia del cubo.
Esistono due tipi di composizione che differiscono semplicemente dalla natura dello
ione A che può essere organico o alcalino, tale variazione modifica lievemente la
struttura a bande.
Realmente le perovskiti hanno struttura differente da quella ideale che si è appena
descritta, infatti vi sono delle possibili distorsioni date dall’ambiente circostante e dagli
elementi che la compongono.
Dato che queste alterazioni sono il punto cruciale delle caratteristiche delle perovskiti vi
è un fattore, detto fattore di Goldschmidt, che rappresenta il grado di distorsione e limita
la possibilità di variare i cationi A e B:
Con , e che rappresentano le posizioni dei loro rispettivi cationi e anioni.
Il fattore di tolleranza assume dei valori circa compresi fa 0,80 e 1,10, il valore pari a 1
indica una struttura cubica ideale con ottime proprietà elettroniche mentre se ci si
allontana da tale valore si ha una sempre maggiore distorsione e conseguentemente
peggiori proprietà.
Più precisamente: se t è maggiore di 1 si ha una struttura di tipo esagonale con lo ione
A grande e lo spostamento di B al centro dell’ottaedro, se t è compreso fra 0,9 e 0,71 A
è piccolo e si ha una rotazione degli ottaedri che formano una struttura orto rombica,
infine se t è minore di 0,71 si ha una struttura esagonale.
3.2.2 Perovskiti ibride
Come già detto le perovskiti più utilizzate sono quelle con formula chimica
CH3NH3BX3 con B=Pb o Sn e X=Cl , Br o I, esse si presentano in condizioni standard a
simmetria cubica.
Esse sono basate su un materiale alogenuro organometallico, in cui A è un catione
organico, B un catione metallico e X un anione alogenuro. In tale struttura il catione A,
che rappresenta il metilammonio , si trova ai vertici della cella unitaria cubica; B, nel
nostro caso Pb, si trova all’interno del cubo in posizione centrale, mentre X, che potrà
essere I o Br occupa il centro di ogni faccia del cubo.
13
Figura 3.1 Rappresentazione struttura perovskite ibrida (riadattata da [4]).
La sostituzione del catione inorganico con uno organico fa si che si crei un composto
con un più vasto assieme di proprietà utili. Per esempio, gli ossidi di perovskite
presentano un band gap troppo elevato, comportando una limitazione nell’assorbimento
dello spettro incidente. Un modo per ovviare ciò, è appunto la scelta di un adeguato
anione X, esso a questo proposito è il componente più variato nelle perovskiti ibride.
Infatti all’aumentare del suo raggio atomico, porta ad una traslazione dello spettro di
assorbimento verso lunghezze d’onda più lunghe (redshift). Questo può essere attribuito
alla diminuzione di elettronegatività e quindi all’influenza sulla natura ionica o
covalente dei legami.
3.3 Stabilità e razione con i liquidi
Le perovskiti, soprattutto quelle ibride, sono di grande interesse nel campo scientifico,
particolarmente nella composizione di celle fotovoltaiche e dispositivi. Nonostante la
loro particolare capacità di aumentare la conversione energetica, le perovskiti,
presentano delle problematiche legate alla loro facile degradazione.
3.3.1 Degradazione da agenti esterni
La solubilità in acqua dei costituenti organici che compongono la perovskite, fa si che
essa si degradi molto facilmente se posta in un ambiente umido, infatti le perovskiti
ibride sono solidi ionici e in presenza di liquidi altamente polari entrano in reazione con
loro.
Grazie a studi approfonditi è emerso che la reazione avviene fra l’acqua e il protone
dello ione CH3NH3, che assieme formano uno strato di acido alogenidrico disciolto e di
metilammina volatile.
Si è riscontrato che i film di CH3NH3PbI3 degradano molto più velocemente di quelli di
CH3NH3PbBr3 se lasciati in un ambiente umido e alla luce del sole. Per questo motivo,
nonostante inizialmente il CH3NH3PbI3 ha un’efficienza superiore rispetto al composto
con anione Br, essa perde molto rapidamente le sue caratteristiche.
14
Un altro fattore di degradazione è l’alta temperatura, ciò rende difficile l’utilizzo della
perovskite nelle celle fotovoltaiche esposte ai raggi solari e quindi sottoposte a
temperature di oltre 40° C soprattutto nei periodi estivi.
Per migliorare la stabilità delle perovskiti, in quest’ultimo periodo, si sta studiando un
film di polimetilmetacrilato da depositare sulla perovskite in modo da renderla meno
soggetta agli agenti esterni.
3.3.2 Degradazione dovuta ai liquidi
La facile degradazione della perovskite crea notevoli problemi a coloro che eseguono
studi approfonditi su questo materiale. Come detto in precedenza, per lo studio
dell’energia di superficie è necessario mettere a contatto la perovskite con alcuni liquidi,
per esempio, quelli con polarità molto elevate, come l’acqua, non possono essere
utilizzati poiché degradano il campione e rendono le misurazioni errate. Per questo
motivo gli unici liquidi utilizzabili nella sperimentazione sono quelli con basso
coefficiente di polarità.
Applicando il metodo OWRK è fondamentale utilizzare almeno due tipi di liquidi, uno
polare e uno non polare. Partendo da questo presupposto, per aggirare la problematica,
nella mia sperimentazione ho scelto i liquidi con fattore di polarità nullo o poco polare:
Cloro benzene
Toluene
Diiodo-metano
Il primo di essi ha formula C6H5Cl ed è un composto organico aromatico incolore
leggermente polare, infatti ha un valore di tensione superficiale pari a 33,6 mN/m che si
suddivide in 1,23 mN/m polare e 32,37 mN/m dispersa. Il toluene è di poco più polare
del cloro benzene e ha formula C7H8, la sua tensione superficiale è pari a 28,40 mN/m
composta da 2,30 mN/m polare e 26,10 mN/m dispersa; nonostante la sua polarità non
sia elevata, con questo solvente non è possibile effettuare le misure sul CH3NH3PbI3.
L’ultimo liquido, CH2I2, è un alogenuro alcalino e non presenta polarità, infatti la sua
tensione superficiale è pari a 50,8 mN/m ed è totalmente dispersa.
15
4) Procedura e apparato
4.1 Sintesi dei campioni
Il principale strumento di deposizione delle perovskiti è lo spin coater, esso permette di
applicare un film sottile e uniforme di una soluzione su una superficie piana. Tale
apparecchio è caratterizzato da un aspiratore, posizionato al centro di un contenitore,
che mantiene bloccato il vetrino e ha la possibilità di effettuare delle rotazioni molto
veloci; attraverso tali rotazioni il liquido posto sopra la superficie si deposita in modo
regolare grazie alla forza centrifuga.
Figura4.1 Esempio di spin coater (riprodotta da [5])
Vi sono vari modi per sintetizzare la perovskite su un substrato: in un caso si è fatto uso
del cosiddetto One-step coating, cioè quel metodo che prevede l’adagiamento di una
soluzione mista su un vetrino che, ruotando ad un determinato numero di giri al
secondo, si dispone in modo uniforme su tutta la superficie; nell’altro caso una
soluzione liquida viene disposta sul vetrino, quindi fatta aderire attraverso lo spin coater
e, infine, fatta reagire con un sale.
Al fine di poter fare un confronto fra due tipi differenti di perovskite si sono riprodotti
dei campioni di CH3NH3PbI3 e di CH3NH3PbBr3. Entrambe le sintesi sono effettuate su
vetrini puliti secondo tale processo:
Risciacquo con acqua e sapone
Bagnati con acetone ed etanolo sotto cappa
Asciugati con aria secca a pressione
È inoltre importante poter riconoscere i vetrini utilizzati, su ognuno di essi verrà inciso
un numero per identificarli.
4.1.1 CH3NH3PbI3
La procedura per la produzione di film di CH3NH3PbI3 avviene interamente sotto
atmosfera di azoto in una glove box; il processo inizia con il riscaldamento su piastra, a
60°C, della soluzione di ioduro di piombo (PbI2) 0,3 M in DMF (dimetilformammide).
16
In seguito i vetrini puliti (numeri 21, 22, 23 e 24), inseriti precedentemente sotto azoto,
vengono posizionati sullo spin coater e quest’ultimo viene programmato affinché
effettui 5000 r.p.m. per 30 secondi.
Si versano, con l’aiuto di una pipetta, alcune gocce di soluzione al centro del vetrino e si
avviano le rotazioni che permettono di distribuire la soluzione in modo uniforme.
Si modifica la temperatura della piastra a 80°C e si posizionano i vetrini su di essa
affinché possa avvenire l’evaporazione. In un secondo tempo i vetrini vengono inseriti
in un recipiente contenente del sale di ioduro di metilammonio (CH3NH3I3) e posti su
piastra a 150°C per tutta la notte.
Tale processo ha come risultato uno strato di CH3NH3PbI3 che viene reso omogeneo
sistemando il vetrino sullo spin coater e versando, in modo abbondante,
dell’isopropanolo mentre esso effettua delle rotazioni per alcuni secondi.
In conclusione il vetrino viene appoggiato su piastra a 100°C per circa un’ora.
4.1.2 CH3NH3PbBr3
Il film di CH3NH3PbBr3 è formato da una soluzione di bromuro di metilammonio
(CH3NH3Br) e bromuro di piombo (PbBr2) con rapporto molare 3:1 in DMF
(dimetilformammide).
Come nel caso del CH3NH3I3, il procedimento affinché si formi il campione di
CH3NH3PbBr3 è svolto all’interno delle glove boxe in atmosfera di azoto.
I vetrini identificati dalla numerazione 13, 14, 15 e 16, una volta detersi, vengono
inseriti all’interno dell’ambiente di lavoro.
Lo spin coater, sotto azoto, viene settato a 5000 r.p.m. per 60 secondi e in seguito viene
posizionato il vetrino pulito al centro dello strumento.
Al centro del vetrino vengono fatte cadere, attraverso una pipetta, poche gocce della
soluzione precedentemente citata. Una volta azionato lo spin coater e terminato il tempo
di rotazione i vetrini vengono posti su piastra riscaldata a 80°C per circa 15 minuti in
modo tale che si formi lo strato di perovskite.
4.2 Strumentazione
Il fenomeno della bagnabilità di un liquido su una superficie solida può essere descritto
facilmente dal profilo di una goccia attraverso l’angolo di contatto, quest’ultimo è infatti
il risultato di un equilibrio meccanico tra le tensioni superficiali come si comprende
dall’equazione di Young.
Con il passare degli anni le tecnologie di cattura dell’ immagine della goccia hanno
avuto evidenti progressi e hanno reso lo studio più preciso. L’interpretazione
17
dell’angolo di contatto, negli anni precedenti, ha creato molti dibattiti sui metodi e sulle
condizioni per generare dati affidabili e coerenti.
La possibilità di utilizzare strumentazione tecnologicamente avanzata ha reso lo studio
dell’angolo di contatto sempre più accurato e ha dato l’opportunità di riprodurre
determinate condizioni che rendono le misurazioni attendibili.
4.2.1 Descrizione apparato sperimentale
La tecnica più utilizzata per misurare gli angoli di contatto è quella basata sulla caduta
sessile di una goccia su una superficie e dell’acquisizione ottica del suo profilo.
La strumentazione principale utilizzata per determinare l’angolo di contatto di vari
liquidi è composta da un basamento metallico fornito di appositi alloggiamenti per i vari
componenti utili al fine di effettuare la misura.
Su un lato dello strumento è presente una telecamera con focus, zoom manuale e con
risoluzione dai 2,1 fino ai 13,3 µm; essa ha la possibilità di eseguire sia piccoli filmati
che singoli frame.
Nel lato opposto è posta un’ illuminazione a led monocromatica di lunghezza d’onda
pari a 470 nm,che ha lo scopo di eliminare l’aberrazione cromatica formata dai raggi
luminosi che colpiscono la goccia.
Fra la telecamera e la luce vi è un basamento dotato di alcune ghiere che rendono
possibile il suo movimento sia orizzontalmente che verticalmente. Sopra il basamento è
collocato un braccio meccanico in cui è possibile inserire una siringa. Quest’ultima è
gestita, attraverso alcuni collegamenti, da un software che, non solo permette di erogare
una quantità precisa di liquido ma consente anche di modificare, a diverse velocità, la
sua posizione.
Figura 4.2 Rappresentazione della strumentazione utilizzata (riprodotta da [6]).
4.2.2 Accorgimenti ed esecuzione delle misure
Le misurazioni sono effettuate erogando attraverso un siringa motorizzata, uno alla
volta, i liquidi citati nel Capitolo3, su una superficie piatta (Figura4.3)
18
Figura 4.3 Processo di bagnatura della superficie (riprodotta da [1]).
È importante che sia l’ago della siringa che la superficie siano puliti; la presenza di
polveri sulla superficie può modificare la formazione della goccia. Inoltre il liquido non
deve generare alcun tipo di reazione con il solido e non vi devono essere vibrazioni
create dall’ambiente circostante che possono influenzare la misura.
Prima di eseguire le misurazioni la goccia deve trovarsi in una posizione stabile , si
deve quindi aspettare qualche istante finché essa raggiunga tale stato. In base alla
viscosità del liquido il tempo di attesa può variare fino a un massimo di pochi secondi.
L’intervallo non deve però essere eccessivo perché gran parte dei liquidi utilizzati in
sperimentazione evaporano dopo un periodo molto breve. Dopo quanto tempo è
possibile catturare l’immagine del profilo della goccia si può determinare eseguendo un
video della sua caduta e analizzando l’andamento dell’angolo di contatto.
La precisione delle misurazioni è data principalmente da come si dispensa la goccia, tale
procedimento deve essere accurato e sempre uguale per ogni rilevamento. Ogni sistema
solido è analizzato e misurato cinque volte in aree diverse del campione in modo, non
solo da avere la variazione e adesione del liquido, ma anche includere le proprietà di
omogeneità della superficie.
Esistono molti modi per far formare una goccia sessile su una superficie solida; uno di
essi prevede la formazione di una goccia di liquido attraverso una siringa e la sua
sospensione sulla punta dell’ago. Questo metodo si suddivide a sua volta in base al tipo
di discesa della goccia che può essere lasciata cadere per la forza di gravità o può essere
appoggiata delicatamente sulla superficie muovendo o la siringa o avvicinando il solido
stesso.
Ogni metodo ha il suo vantaggio o svantaggio; ad esempio, la caduta per la forza di
gravità elimina ogni influenza dell’ago sulla forma della goccia. Lo svantaggio è che la
caduta ha un’altezza minima e in questo modo avviene che il liquido acquisisce una
piccola quantità di energia cinetica. A seconda del liquido o della superficie, variando
l’altezza di caduta si possono creare diversi tipi di bagnatura.
Il metodo che prevede invece che la goccia sia appoggiata non è sempre utilizzabile,
soprattutto quando si vuole sondare una superficie idrorepellente e l’adesione del
19
liquido all’ago è più forte di quella che si presenta quando il liquido viene a contatto
con il solido.
Per la sperimentazione si è scelto di generare la goccia e appoggiarla alla superficie
avvicinando lentamente l’ago al solido, in questo modo si elude la difficoltà della
tensione che si crea fra l’ago e il liquido che non permette la caduta della goccia.
Un altro elemento che può migliorare l’acquisizione della misura è il controllo della
quantità di liquido erogata. La percentuale di errore è infatti diminuita grazie alla
presenza di un’unita mobile di dosaggio.
Anche se secondo l’equazione di Young l’angolo di contatto non dipende dal volume
della goccia, si può intuire che maggiore è la dimensione maggiore è la distorsione
dovuta alla gravità.
Dagli studi di Kranias [7] si è però in grado di mostrare che per gocce da 1µl a 10 µl
non vi è alcuna dipendenza dell’angolo di contatto dal volume. Inoltre secondo tale
studio le gocce più piccole si preferiscono per superfici idrofile mentre quelle di
dimensioni maggiori per superfici idrofobe.
La dimensione della goccia è anche dettata dal fattore di rugosità della superficie, per
questo deve presentare almeno 2-3 ordini di grandezza superiori rispetto alla rugosità in
modo che non vi sia una distorsione della linea di contatto. E’sempre importante
ricordare il limite dettato dalla distorsione da gravità.
Le gocce di piccole dimensioni presentano per di più errori ottici associati alla
dispersione della luce, alla diffrazione e all’evaporazione.
4.3 Software e metodo di analisi
La parte meccanica della strumentazione è collegata direttamente a un computer in cui è
presente un software di gestione. Quest’ultimo ha la peculiarità di mostrare all’utente,
in un’unica videata, tutte le finestre utili, in modo da rendere immediata la
visualizzazione delle misure effettuate in ogni suo aspetto.
4.3.1Descrizione software
Il software fornito dal costruttore per la gestione della strumentazione presenta una parte
dedicata alla motorizzazione e automazione e una dedicata all’analisi delle immagini
catturate dalla videocamera. Quest’ultime sono visibili in tempo reale e possono essere
calibrate grazie alla visualizzazione di un oggetto, come ad esempio l’ago, di cui si
conosce la dimensione reale.
Per rendere la misura facilmente eseguibile e ripetibile, il software permette di
realizzare un piccolo programma che gestisce il movimento della siringa e il tipo di
acquisizione delle immagini. Nel nostro caso è stato impostato secondo i seguenti
comandi:
20
Sposta la siringa in posizione di standby
Sposta la siringa in posizione di dosaggio
Eroga 1 µl
Sposta la siringa in posizione di deposizione
Sposta la siringa in posizione di standby
Aspetta 0,5 s
Effettua delle misure multiple con 25 f.p.s per 2 s
La presenza di questa successione d’impostazioni rende le misure tutte simili fra loro e
quindi facilmente confrontabili
4.3.2Analisi profili ottici
La precisione delle misure dell’angolo di contatto, e di conseguenza quelle dell’energia
superficiale, è dettata da: l’accuratezza nell’acquisizione del profilo ottico della goccia;
il posizionamento della linea di base che divide liquido e solido nelle immagini;
nell’attenzione nell’analisi della forma della goccia.
La telecamera viene generalmente inclinata di pochi gradi in modo tale da poter
identificare la linea di contatto; questa inclinazione fa si che vi sia nell’immagine anche
una piccola parte in riflessione che facilita enormemente l’identificazione della linea di
base.
Il metodo di elaborazione del contorno della goccia si basa sulla differenziazione di
pixel chiari e scuri, per questo è molto importante scegliere adeguatamente
l’illuminazione e l’intensità della lampada a led. Infatti, maggiore è il contrasto
nell’immagine dell’interfaccia solido-liquido, migliore sarà l’analisi del bordo della
goccia.
Una volta definito il contorno della goccia (Figura4.4) il software è in grado di calcolare
l’angolo di contatto secondo differenti metodi: metodo della tangente, metodo del
cerchio, metodo dell’ellissi e metodo di Young-Laplace.
21
Figura4.4 Profilo ottico di una goccia in cui si evidenzia, in rosso, il contorno delineato dal software
Il metodo della tangente prevede l’identificazione del profilo della goccia e da esso il
punto di contatto fra solido e liquido. Il calcolo dell’angolo di contatto sarà quindi
ricavato determinando la tangente alla goccia nel punto sopra citato. La precisione del
profilo del liquido detta quindi l’attendibilità delle misure. Spesso questo metodo è
fonte di errore poiché il software non distingue bene il liquido da altre sostanze come la
polvere o la rugosità stessa del campione.
Il metodo del cerchio fitta il profilo come se fosse un cerchio e calcola l’angolo di
contatto come quello che si forma ponendo la tangente nel punto d’ incontro fra la
circonferenza e la linea di base. Questo metodo è utilizzato, principalmente, nell’analisi
interfacce solido-liquido che formano bassi angoli di contatto(Figura4.5)
22
Figura4.5 Profilo ottico di una goccia in cui si evidenzia, in blu, l’analisi secondo il metodo del cerchio.
Il metodo dell’ellisse analizza la forma della goccia come se fosse una parte di
un’ellisse e similmente a quello precedente ricava l’angolo di contatto esaminando il
punto d’ intersezione fra l’equazione dell’ellisse e la linea di base. Esso è spesso fonte
di errore se utilizzato per angoli di contatto molto grandi(Figura4.6).
Figura4.6 Profilo ottico di una goccia in cui si evidenzia, in blu, l’analisi secondo il metodo dell’ellisse.
23
Infine il metodo di Young-Laplace considera la forza di gravità e le forze capillari
dell’interfaccia e determina la curvatura della goccia attraverso un’equazione
differenziale; viene utilizzato per gocce con un’estrema simmetria e superfici
estremamente lisce.
Per la sperimentazione sono stati utilizzati due metodi differenti in base al liquido
adoperato; per il toluene e il diiodometano si è impiegato il metodo ellittico mentre per
il cloro benzene quello circolare.
24
5) Risultati
5.1 Angolo di contatto
Per ogni tipo di perovskite si sono prodotti quattro differenti vetrini e per ognuno di essi
si è calcolato l’angolo di contatto che la superficie crea con diversi liquidi.
Il valore finale dell’angolo di contatto per ogni campione e il relativo errore, nascono da
una serie di misure su ognuno di essi in zone differenti della superficie, in questo modo
si ha non solo un’analisi del liquido ma anche lo studio della differenza di
conformazione di ogni vetrino.
5.1.1 CH3NH3PbBr3
Per il CH3NH3PbBr3 vengono utilizzati tre liquidi diversi: il cloro benzene, il
diiodometano e il toluene, come si vede dal Grafico5.1 l’angolo di contatto che la
superficie forma sui quattro vetrini rimane all’incirca costante per ogni liquido.
Il diiodometano presenta un valore medio dell’angolo di contatto pari a 47,28±1,99°,
mentre il cloro benzene 9,05±0,29° e il toluene 5,69±0,41°.
Grafico5.1 Valori dell’angolo di contatto fra quattro vetrini, aventi film di CH3NH3PbBr3, e due differenti liquidi.
5.1.1 CH3NH3PbI3
Per il CH3NH3PbI3 l’utilizzo del toluene, a differenza del CH3NH3PbBr3, non è stato
possibile poiché, nonostante il suo fattore di polarità non sia estremamente alto, esso
causa una reazione con la superficie di perovskite.
0
10
20
30
40
50
60
0 1 2 3 4 5
An
golo
di c
on
tatt
o [
°]
Numero vetrino
Chlorobenzene
Diiodo-methane
Toluene
25
In questo caso l’analisi dell’angolo di contatto è stata complicata dalla facile alterazione
dovuta all’ambiente del laboratorio, ma, come si nota dal Grafico, i valori, sia per il
diiodometano che per il cloro benzene sono, per i quattro vetrini, consistenti fra loro.
L’angolo di contatto medio per il cloro benzene risulta essere pari a 7,34±0,2°, mentre
per il diiodometano è 29,57±2,94°.
Grafico5.2 Valori dell’angolo di contatto fra quattro vetrini, aventi film di CH3NH3PbI3, e due differenti liquidi.
5.2 Energia di Superficie
Lo strumento, utilizzato per l’identificazione dell’angolo di contatto, è dotato di una
procedura software che utilizza il metodo OWRK (citato nel Paragrafo2.4.2) che
consente di determinare l’energia superficiale libera e le sue componenti polari e
disperse.
La parte dispersiva è quella parte dovuta alle interazioni causate a variazioni
temporanee della densità elettronica che producono, nella molecola, dei dipoli. Le forze
della parte dispersiva sono conosciute come forze di London. Quando vi è un contatto
fra due fasi, la parte dispersa rappresenta proprio la possibilità che fra esse si possano
formare interazioni simili.
La parte polare dell’energia superficiale rappresenta quella parte che si presenta in
molecole con momento di dipolo permanente cioè con una disuguaglianza nella densità
di elettroni dovuta a diverse elettronegatività nei partner di legame.
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
0 1 2 3 4 5
An
golo
di c
on
tatt
o [
°]
Numero vetrino
Chlorobenzene
diiodo-methane
26
5.2.1 CH3NH3PbBr3
Le misure dell’angolo di contatto eseguite sul CH3NH3PbBr3 riportate nel paragrafo
precedente sono state elaborate con il metodo OWRK e hanno portato ai valori
dell’energia superficiale libera che si mostrano nel Grafico5.3.
Come si nota dal grafico, per ogni vetrino, il valore dell’energia superficiale non si
discosta di molto dal suo valore medio che risulta essere pari a 50,83±2,86 mN/m. La
precisione di tale misure non solo è dovuta al fatto che i rilevamenti sono stati fatti con
tre differenti liquidi ma anche dall’eterogeneità del campione.
Grafico5.3 Confronto fra le misure di energia libera di quattro differenti film di CH3NH3PbBr3.
La parte dispersa dell'energia superficiale rappresenta la maggior parte dell’energia,
infatti essa ha un valore medio pari a 41,59±1,12 mN/m. Come si può osservare facendo
la sottrazione fra energia libera totale e quella dispersa, la parte polare risulta
significativamente inferiore con un valore di 9,24±1,74 mN/m.
L’ elevata differenza di valori fra le due parti dell’energia superficiale è una chiara
dimostrazione che le molecole che compongono la perovskite non presentano una
grande quantità di legami idrogeno.
Si possono facilmente confrontare i valori ricavati dai vari vetrini e notare che tutte le
misure effettuate, sia nel caso dell’energia dispersa che di quella polare,sono simili tra
loro e fanno pensare che il loro valore medio, a meno di un errore, tenda al valore fisico
vero.
0
10
20
30
40
50
60
0 1 2 3 4 5
Surf
ace
fre
e e
ne
rgy
[mN
/m]
Numero vetrino
27
Grafico5.4 Variazione della componente dispersa dell’energia per quattro vetrini di CH3NH3PbBr3.
Grafico5.5 Variazione della componente polare dell’energia per quattro vetrini di CH3NH3PbBr3.
37
38
39
40
41
42
43
44
0 1 2 3 4 5
DIs
pe
rse
en
erg
y [m
N/m
]
Numero vetrino
0
2
4
6
8
10
12
14
0 1 2 3 4 5
Po
lar
en
erg
y [m
N/m
]
Numero vetrino
28
5.2.1 CH3NH3PbI3
La facile degradazione del CH3NH3PbI3 ha reso difficoltosa l’acquisizione di misure
precise come nel caso del CH3NH3PbBr3 ma dal Grafico5.4 si può notare che i valori
dell’energia superficiale libera rientrano in un range che va da circa 45 mN/m fino a 70
mN/m.
Considerando il valore medio dell’energia, 60,58±4,19 mN/m, si nota che, essendo
elevato, la perovskite è propensa alla formazione di forze di coesione con i liquidi che
entrano in contatto con essa.
Grafico5.6 Confronto fra le misure di energia libera di quattro differenti film di CH3NH3PbI3.
I valori medi dell’energia dispersa e polare sono rispettivamente pari a 44,24±1,56
mN/m e 16,33±2,64 mN/m, si nota quindi che la parte dispersa rappresenta sempre la
gran parte dell’energia.
0
10
20
30
40
50
60
70
80
0 1 2 3 4 5
Surf
ace
fre
e e
ne
rgy
[mN
/m]
Numero vetrino
29
Grafico5.7 Variazione della componente dispersa dell’energia per quattro vetrini di CH3NH3PbI3.
Grafico5.8 Variazione della componente polare dell’energia per quattro vetrini di CH3NH3PbI3.
0
10
20
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0 1 2 3 4 5
Dis
pe
rse
en
erg
y [m
N/m
]
Numero vetrino
-5
0
5
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15
20
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30
0 1 2 3 4 5
Po
lar
en
erg
y [m
N/m
]
Numero vetrino
30
6)Conclusioni
Quando un liquido e una superficie solida entrano in contatto, la loro interazione è
caratterizzata da un parametro fisico chiamato angolo di contatto. Quest’ ultimo è
determinato dal bilanciamento delle forze coesive e adesive. Infatti, le forze adesive fra
le due sostanze provocano la dispersione del liquido mentre quelle coesive evitano il
contatto fra solido e liquido.
Come si comprende dal Capitolo2 vi è un legame fra l’angolo di contatto e l’energia
superficiale.
La teoria di Young [1] e i modelli sviluppati da essa sono infatti l’elaborazione
matematica del fenomeno della bagnabilità che accomuna i due parametri sopracitati.
Il lavoro svolto nella tesi ha lo scopo di determinare l’energia superficiale di due
differenti tipi di perovskite (CH3NH3PbBr3, CH3NH3PbI3). Tale misura nasce dallo
studio dell’angolo di contatto che si forma fra una goccia e la superficie su cui è
appoggiata.
L’utilizzo della strumentazione, descritta nel Capitolo4, ha reso infatti possibile
l’acquisizione e l’analisi delle immagini del profilo ottico della goccia.
L’osservazione dell’angolo di contatto su campioni di CH3NH3PbBr3 e CH3NH3PbI3 ha
portato all’indagine di diversi tipi di interfacce differenziate dal tipo di liquido
utilizzato.
Ricavato l’angolo di contatto per liquidi con diversa polarità, l’utilizzo del metodo
OWRK ha permesso di ricavare l’energia superficiale dei due tipi di perovskite.
L’energia superficiale media del CH3NH3PbBr3 è risultata pari a 51±3 mN/m, mentre
quella del CH3NH3PbI3 ha valore di 61±4 mN/m.
Come si nota dal Grafico6.1 il metodo OWRK permette di suddividere l’energia
polare e quella dispersa. Mentre l’energia dispersa risulta circa uguale fra i due
materiali, quella polare presenta una variazione maggiore.
31
Grafico6.1 Confronto delle energie superficiali fra la perovskite di tipo CH3NH3PbBr3 e quella di tipo CH3NH3PbI3.
Il CH3NH3PbI3 è caratterizzato, infatti, dalla presenza di maggiori legami idrogeno che
aumentano la presenza di dipoli permanenti.
La determinazione della bagnabilità, per materiali come la perovskite, può essere
essenziale per garantire l’efficienza del dispositivo a lungo termine. Ad esempio, la
presenza di rivestimenti nelle celle fotovoltaiche può stabilire la durata di utilizzo e
diminuire la degradazione del materiale sottostante.
La tesi si ripropone di facilitare l’individuazione di quei materiali che vengono utilizzati
per essere messi in contatto con la perovskite. La conoscenza dell’energia superficiale è
quindi fondamentale negli studi riguardati il deterioramento e il miglioramento delle
nuove tecnologie.
In conclusione il lavoro suggerisce la comprensione di come l’energia superficiale si
possa facilmente modificare variando di poco la composizione chimica.
32
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