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L'infiltrato "Eolico Selvaggio in Molise" I DOSSIER DE: “EOLICO SELVAGGIO “EOLICO SELVAGGIO IN MOLISE” IN MOLISE” 1

EOLICO SELVAGGIO MOLISE

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Il Molise, la regione del vento. O, meglio, la regione degli interessi (e dei guadagni) derivanti dallo sfruttamento del vento. E tutto questo senza alcun controllo, col rischio di regalare il territorio molisano alla lobby dell’eolico. LEGGI E SCARICA IL DOSSIER

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I DOSSIER DE:

“EOLICO SELVAGGIO“EOLICO SELVAGGIO

IN MOLISE”IN MOLISE”

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Inchiesta eolico in Molise: semina vento,

raccogli guadagni!Mercoledì 01 Settembre 2010

Infiltrato.it indaga sull’eolico selvaggio in Molise: la lobby che tutela l’ambiente per fare

guadagni sfrenati.

Il Molise, la regione del vento. O, meglio, la regione degli

interessi (e dei guadagni) derivanti dallo sfruttamento del vento. E

tutto questo senza alcun controllo, col rischio di regalare il

territorio molisano alla lobby dell’eolico.

Cosa sta succedendo infatti in Molise? Si sta dando vita ad un

“eolico selvaggio”. Ora, sull’utilità o meno dell’energia eolica ci

può essere una più che legittima discussione (molti, ad esempio, insistono sul fatto che l’eolico porti

ad una maggiore tutela dell’ambiente, in quanto non produrrebbe CO2).

Qui, tuttavia, la questione è un’altra: oggi in Molise ci sono progetti di parchi eolici che

porterebbero la regione ad essere “costellata”, considerando anche quelle già presenti, da ben 3030

pale. In pratica una ogni chilometro quadrato. Su 136 comuni, ben 90 sarebbero coinvolti.

Insomma, una vera e propria devastazione del territorio molisano.

La questione è cominciata ad essere scottante dopo gli episodi verificatisi la notte del 7 agosto: due

automezzi di una ditta, che erano posizionati a Guardiaregia, sono stati incendiati. Un atto

intimidatorio, su cui si spera che la Magistratura riesca a far chiarezza perché “è evidente che il

Molise – sottolinea Michele Petraroia - non è abituato ad appiccare i camion nottetempo, sono

soggetti esterni al nostro territorio che vogliono conquistare questa terra per i loro affari”.

Ed infatti lo stesso consigliere regionale del Pd, proprio dopo l’episodio del 7 agosto, ha scritto una

lettera al nuovo Prefetto di Campobasso Stefano Trotta: “Considerato che per ogni torre è

assicurato un guadagno netto annuo che oscilla tra 600mila e un milione di euro, se ne deduce che

per ogni anno sono in ballo profitti netti per circa 4 miliardi di euro”. Il rischio, sottolineato dallo

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stesso Petraroia, è che un così ingente guadagno potrebbe far gola a molti, soprattutto se si tiene

conto di due aspetti: innanzitutto molte delle imprese incaricate per i lavori sono provenienti dalla

Campania (alcune di queste, poi, contano pochissimi addetti); e, in secondo luogo, bisogna tener

presente che in Campania diverse aziende in odor di mafia fanno affari con l’eolico. Insomma, il

dubbio di possibili infiltrazioni mafiose è più che legittimo.

Tant’è che lo stesso Prefetto Trotta, appena insediato, ha assicurato che “l’argomento sarà oggetto

di una prossima riunione di coordinamento delle Forze di Polizia”. D’altronde la magistratura pare

stia affrontando la “questione eolico” sotto diversi punti di vista: l’incendio degli automezzi appena

ricordato, l’eclatante caso di Ururi con le inspiegabili dimissioni di tutto l’esecutivo comunale, e

poi Pietrabbondante, paese nel quale gli operai di una ditta avevano cominciato a lavorare senza i

regolari permessi per dare il via al progetto.

E ora scoppia una nuova anomalia connessa all’eolico: sulla mappa di Google Earth sono state

inspiegabilmente inserite 16 pale eoliche non ancora costruite (solo da progetto) per la strada

provinciale nei pressi di Contrada Crocelle. Ci si chiede chi sia stato a modificare tali mappe

(certamente un esperto) e, soprattutto, come mai.

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Inchiesta eolico in Molise: le colpe della

RegioneGiovedì 02 Settembre 2010

Continua l'inchiesta sull'eolico selvaggio in Molise: quali le colpe della Regione?

Dopo aver indagato le motivazioni che spingono la lobby dell'eolico a

inondare di pale il territorio molisano, vediamo ora quali sono le

colpe della Regione, incapace di porre un limite agli speculatori.

La società civile, intanto, sta cercando di fare il possibile per fermare

questo scempio. Sono ben 33 le associazioni e gli enti che si stanno

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opponendo all’eolico selvaggio con mobilitazioni, manifestazioni e altre proteste civili: domani 1

settembre, ad esempio, la Uil Beni Culturali sarà presente davanti al Tribunale Amministrativo

Regionale del Molise per dimostrare il proprio dissenso.

Ma tale rete di associazioni può contare anche su eminenti personaggi della società civile che hanno

manifestato il proprio parere contrario: su tutti ricordiamo l’Arcivescovo di Campobasso,

Giancarlo Maria Bregantini, e l’attore Michele Placido. E pare che tale mobilitazione possa far

ben sperare, stando a quanto ci conferma Petraroia: “Una novità dell’ultimo periodo è che le varie

associazioni hanno chiesto all’Assessore all’Ambiente di riaprire un confronto. L’Assessore si è

messo a disposizione, ha detto che a settembre convocherà un confronto presso l’assessorato per

modificare la legge 22 anche alla luce delle nuove linee guida nazionali che sono state approntate

dal Ministero delle Attività Produttive nel mese di luglio e anche alla luce del fatto che una parte

dell’articolato della legge 22 del 2009 è stata osservata dalla Consulta”.

Ma attenzione: non è tutto oro quello che luccica. La Regione Molise ha le sue colpe. Anzi, nel suo

operato si possono rinvenire gravi responsabilità. Mentre, infatti, dal Governo Nazionale si

cincischiava e non arrivava alcuna linea guida su tali questioni, la Giunta Regionale ha abrogato la

legge precedente del 2008 (parto della precedente legislatura di centrosinistra) che poneva alcuni

limiti in materia, sostituendola con un’altra, la cosiddetta Legge Berardo (legge n.22/2009), dal

nome del consigliere che l’ha presentata, Adelmo Berardo.

Spiegamoci meglio. Dopo un lavoro molto faticoso, la precedente giunta, nel 2008, giunge a

stabilire un limite di pale installabili sul territorio molisano: 545 pale, limite che per molti

comunque restava elevato (significava già una torre ogni 4 km2, uno dei rapporti più elevati in

Italia). Ma cosa è accaduto nel frattempo? La legge è stata impugnata dal Governo Berlusconi e

dichiarata incostituzionale da una pronuncia della Consulta nell’ottobre del 2009. Ma già prima

della pronuncia della Consulta, per iniziativa del consigliere Adelmo Berardo, si è istruita e poi

approvata la legge 22 del 7 agosto 2009 che ha abrogato la legge 15 (quella del limite delle 545

pale).

Tale nuova legge (“Nuova disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di

energiaelettrica da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Molise ”) in pratica ha annullato il

limite di pale eoliche installabili sul territorio e, inoltre, ha cancellato il divieto di parchi eolici

off-shore (impianti installati ad alcune miglia dalla costa di mari o laghi), che invece era contenuto

nella precedente legge.

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Risultato? “Ad oggi noi abbiamo presso gli uffici della Regione qualcosa che va dai 4000/5000

richieste di installazione di pale eoliche”, ci rivela Michele Petraroia.

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Inchiesta eolico in Molise: l’intreccio Iorio,

Marinelli, BerardoGiovedì 02 Settembre 2010

Prosegue l’inchiesta sull’eolico selvaggio in Molise: Infiltrato.it racconta l’intrigo che vede

coinvolti Michele Iorio, Franco Giorgio Marinelli e Adelmo Berardo.

Il 22 luglio dello scorso anno Franco Giorgio Marinelli,

Assessore al Turismo e all’Energia, rinunciò alla delega

all’energia. Petraroia ci ricorda cosa accadde in quella

seduta del Consiglio Regionale: “Quando l’Assessore

Marinelli rimise il mandato fece delle dichiarazioni in

Consiglio Regionale molto pesanti, non solo rispetto al

nucleare e alle biomasse, ma anche rispetto proprio

all’eolico selvaggio. E io quelle dichiarazioni le ho trasmesse alla Procura della Repubblica

perché le ritenevo sostanzialmente molto gravi”.

In sostanza, Marinelli si chiedeva come fosse possibile fare turismo in Molise, se poi si disastrava il

suo territorio con inceneritori, centrali nucleari e con migliaia e migliaia di pale eoliche.

Ragionamento più che condivisibile (lo stesso portato avanti dalle associazioni ambientaliste e da

molti esponenti dell’opposizione). E Iorio? Iorio no. Ha deciso di non seguire la strada del turismo.

Non ha restituito la delega all’energia all’assessore Marinelli, assumendo le ragioni della sua

protesta, si è trattenuto a sé la delega e ha continuato sulla strada del “far-west”, dell’eolico

selvaggio, senza avere alcuna cura dei rischi a cui si sarebbe potuti andare incontro. E a cui stiamo

andando incontro, anzi contro cui ci stiamo scontrando.

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Un’ultima curiosità. “Da mesi circola una leggenda – ci rivela Petraroia – secondo la quale Iorio

avrebbe dato la delega all’energia proprio al consigliere regionale Adelmo Berardo”. Ebbene, si

spera che questa “leggenda”, ripresa anche da numerosi organi di stampa, non sia vera: stando al

diritto, può avere la delega soltanto colui che è parte dell’esecutivo, colui che è membro di giunta.

Adelmo Berardo continua ad essere consigliere regionale e Presidente della Terza Commissione

(Assetto ed Utilizzazione del Territorio). Dunque sarebbe un (ulteriore) erroraccio istituzionale

commesso da questa Giunta. Si spera non sia così, ma non ci meraviglieremo del contrario.

Ma, chiacchiere a parte, la realtà è una sola: i numeri (finora) ci parlano di 3030 pale eoliche e tre

impianti off-shore che potrebbero nascere davanti alle spiagge di Termoli. Sarebbe curioso chiedere

agli esponenti della Giunta Regionale (Iorio e Berardo in testa) perché mai il limite di 545 pale è

sembrato loro troppo esiguo, per un territorio di 4.400 km2, per una regione la cui attività

economica più redditizia è derivante dal settore primario. “Ai posteri l’ardua sentenza”.

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Eolico selvaggio in Molise: come uccidere la

biodiversitàMartedì 28 Settembre 2010

Nel 2010, anno della biodiversità, la Regione Molise non trova di meglio che promuovere

l’eolico selvaggio, devastando aree ad “alta valenza naturalistica”.

“Rete Natura 2000 è un sistema coordinato e coerente di aree

destinate alla conservazione della diversità biologica presente

nel territorio dell'Unione Europea, cioè una ‘Rete Ecologica’

costituita al fine della conservazione degli habitat e delle specie

animali e vegetali ritenute meritevoli di protezione a livello

continentale”. Questo leggiamo sul sito della Regione Molise

nella sezione dedicata alle “Aree Protette”.

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Ed è proprio questo a cui ci si riferisce parlando di “Rete Natura 2000”: un insieme di siti destinati

alla conservazione della biodiversità sul territorio dell’Unione Europea. E quali sono questi siti?

Rete Natura 2000 è costituita dall’insieme di due tipi di aree: i Siti di Importanza Comunitaria

(SIC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPT), previste rispettivamente dalla Direttiva 92/43/CEE

"Habitat" e dalla Direttiva 79/409/CEE "Uccelli" (direttive europee su cui ritorneremo per un

confronto “concreto” con le aree). Rete Natura 2000 è essenzialmente “una rete ecologica che

permette di superare l’isolamento delle singole aree naturali – ci dice un laureato in scienze

ambientali - pianificando un sistema interconnesso di aree ad elevata valenza naturalistica,

contribuendo a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali,

nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo”.

Qualcuno si chiederà: cosa c’entra tutto questo con il Molise? Come sappiamo una delle principali

ricchezze del nostro territorio è l’ambiente, tant’è che in Molise abbiamo tra ZPS e SIC, 90 siti.

Novanta siti, ricordiamolo, destinati alla conservazione di flora e fauna. Ma anche alcuni di

questi siti saranno colpiti dalla devastazione in atto con quello ormai noto come “eolico

selvaggio”. Una domanda: è possibile tutto questo? E’ possibile installare torri in territori che

dovrebbero essere protetti?

Per poter rispondere prendiamo un caso concreto. Tra i siti SIC abbiamo quello della Montagnola

Molisana, area che comprende i paesi di Macchiagodena, Carpinone, Sessano del Molise,

Frosolone e Santa Maria del Molise. Al suo interno ritroviamo anche l’area di Acqua Spruzza

(comune di Frosolone), area nella quale, dal 1984, sono state impiantate torri eoliche. Sul sito

Enel, nella sezione riguardante proprio il Molise, c’è scritto che le torri sono soltanto otto, ma non

facciamoci ingannare: con grande probabilità il sito non viene aggiornato da anni, in quanto nella

zona di Acqua Spruzza oggi se ne contano circa una cinquantina. Cinquanta torri in un SIC.

Le conseguenze di tale installazione sono state devastanti. Questa zona, infatti, si è valsa il titolo

di SIC, oltre che per questioni floristiche, anche e soprattutto per quanto riguarda l’avifauna

(uccelli): ritroviamo qui molte specie di uccelli, alcune delle quali a rischio di estinzione, tra tutte il

nibbio reale. Gli ultimi studi ci dicono che una della aree di maggiore concentrazione in Italia del

nibbio è rappresentata proprio dal Molise; non è un caso che – leggiamo una tesi di laurea proprio

riguardante tale specie - “le aree con maggior numero d’individui sono il bacino del fiume Trigno e

la Montagnola Molisana”.

Ma l’installazione delle pale, come detto, ha rappresentato una forte causa di declino della specie:

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“Alcune centrali eoliche già realizzate e altre in via di approvazione si trovano all’interno

dell’areale riproduttivo della specie; esse potrebbero portare ad un declino della popolazione

nidificante, sia per la mortalità diretta indotta dalla collisione con le pale o con altre strutture

aeree connesse (ad es. gli elettrodotti), sia per la riduzione e la frammentazione dell’habitat

elettivo della specie che esse determinano”.

Se prendiamo alcuni dati in merito l’idea dell’impatto negativo risulta quanto mai chiaro:

confrontando, infatti, i valori del 2007 e del 2009 si osserva una contrazione della popolazione di

Nibbio reale nel sito della Montagnola Molisana pari al 50%; “nel 2007 sono stati contati

complessivamente 32 individui in 8 giorni di osservazioni con una media di 4 individui per giorno.

Nel 2009, invece, sono stati osservati 23 individui in 10 giorni di osservazioni con una media di 2,3

individui per giorno”. E il probabile fattore determinante pare sia riconducibile proprio

all’installazione di circa 50 pale eoliche nella zone di Acqua Sruzza, “area che nel 2007 risultava

a più alta densità di Nibbi reali”. In pratica, dunque, si sta sterminando uno dei fattori essenziali

(il nibbio reale) che ha permesso alla zone di diventare un SIC. In barba a tutte le leggi e le

direttive (su cui torneremo più avanti) a cui si dovrebbe (ma non si è fatto) riferimento.

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Eolico selvaggio in Molise: parla Pina Negro,

del WWF MoliseMercoledì 29 Settembre 2010

Dopo la prima parte dell’inchiesta sull’eolico selvaggio in Molise, pubblicata ieri, Infiltrato.it

parla con Pina Negro, Presidente del WWF Molise.

Ieri abbiamo parlato di biodiversità a

rischio e di SIC devastati, il cui emblema è

la Montagnola Molisana (area che

comprende i paesi di Macchiagodena, Carpinone, Sessano del Molise, Frosolone e Santa Maria del

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Molise) : la popolazione di Nibbi reali è diminuita del 50%, causa eolico selvaggio. Chiaro che in

una zona altamente naturalistica, l'installazione di pale eoliche abbia un impatto fortemente

negativo, tanto più se le procedure vengono fatte in barba a qualsiasi legge e direttiva.

Proprio per questo, infatti, il WWF Molise, insieme ad altre associazioni, ha presentato ricorso al

Tar; ricorso che le istituzioni hanno detto essere stato respinto. Ma attenzione, abbiamo chiesto in

merito alla Presidente del WWF Molise, Pina Negro, che subito ci rivela un particolare: “Non è

vero che il ricorso al Tar è stato respinto. E’ stata respinta solo la sospensiva, il merito ancora

dev’essere discusso”.

Ma non è finita qui. Infatti Pina Negro ci parla anche di alcune irregolarità. Leggiamo cosa dice

l’Articolo 2 comma 3 della legge regionale n.22 del 7 agosto 2009 (cosiddetta “Legge Berardo”,

legge che regola, in pratica, l’installazione degli impianti eolici e su cui già ci siamo soffermati in

precedenti articoli): “I territori ricadenti nei Siti di Interesse Comunitario (SIC) sono da intendersi

quali aree idonee all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili solo a

seguito di esito favorevole della valutazione di incidenza naturalistica […] e della valutazione di

impatto ambientale”. E’ necessaria, dunque, per l’installazione di torri eoliche in un SIC (come la

Montagnola Molisana) la VIA, valutazione di impatto ambientale.

Ora, la procedura di VIA si compone di due fasi: una fase preliminare (lo “screening”) che, qualora

non riesca ad assolvere tutte le richieste del caso, è seguita da una seconda fase più approfondita che

sarebbe la VIA vera e propria. Accanto a questa procedura, la Comunità Europea ne ha introdotta

una seconda: la valutazione di incidenza, propria delle aree protette. A tal proposito, però, la legge

nazionale che ha recepito quella comunitaria stabilisce che la procedura di incidenza può essere

esplicata anche nella stessa procedura di VIA, quindi o solo nello screening o nella VIA completa

(prima e seconda fase).

“La regione – ci dice Pina Negro - ha detto che avevano gli elementi perché fosse risultata una

procedura di incidenza negativa (che equivale alla possibilità di installare torri, ndr) già in fase di

screening. E invece no: dovevano fare la valutazione di impatto ambientale completa per verificare

l’incidenza. Se già in fase di screening ci fosse stata una giusta e regolare valutazione di incidenza,

noi avremmo dovuto trovare una valutazione che tenesse conto dell’impatto sulle specie animali o

vegetali che caratterizzano quel SIC”. E invece? “Invece niente. Ci voleva un’analisi di quali erano

le specie che si intendono proteggere con l’istituzione del SIC ed una valutazione di quest’impatto

sulle specie. Tutto questo mancava nella procedura di screening”.

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Insomma, in poche parole si sono impiantate torri eoliche in un SIC senza i regolari e completi

controlli, i quali, invece, sarebbero stati garantiti da un valutazione di impatto ambientale completa.

E non è finita: “Questo SIC, infatti, confina con un altro: quello del Lago di Carpinone e anche qui

c’è un impianto eolico”. Quindi in due aree contigue, entrambe SIC, ci ritroviamo con ben

quattro impianti eolici: due impianti di Frosolone, un impianto di Macchiagodena ed uno di

Carpinone. Il tutto “senza che sia stata fatta una valutazione di incidenza anche di impatti

cumulativi”, che invece sarebbe stata richiesta in questi casi di contiguità di aree protette.

E questo è soltanto uno dei vari casi in cui abbiamo avuto delle irregolarità nell’installazione di torri

(appuntamento a domani per un quadro più chiaro sulla questione). Nel frattempo non possiamo far

altro, in questo caso come in altri, che attendere la sentenza del Tar.

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Eolico Selvaggio in Molise: il caso “Serra

Chiapponi”Giovedì 30 Settembre 2010

Ieri abbiamo parlato delle irregolarità nell’installazione delle torri eoliche nel SIC della

Montagnola Molisana. E quello era soltanto un assaggio...

Ieri abbiamo parlato delle irregolarità, o quantomeno

superficialità, nell’installazione delle torri eoliche nel

SIC della Montagnola Molisana. E abbiamo anche

annunciato che quello era soltanto un assaggio, un

piccolo esempio tra tanti che se ne possono trovare

indagando un po’ più da vicino sulla questione “eolico

selvaggio”.

Un’altra area protetta, infatti, è la zona “Serra Chiapponi” (comune di Roccamandolfi).

Addirittura questa non è un SIC, ma una Zona di Protezione Speciale (ZPS), per la quale la legge

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Berardo rimanda alla legge nazionale del 17 ottobre 2007, la quale, nell’articolo 5, impone il

divieto di “realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di

emanazione del presente atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito

del progetto”.

Ed è solo per questo motivo che l’impianto a Serra Chiapponi può sussistere: il progetto fu

presentato prima del 17 ottobre 2007, data dell’entrata in vigore della legge. Ma attenzione. “Anche

qui è stato presentato ricorso”, ci rivela Pina Negro, Presidente WWF Molise. “Anche lì non era

stata fatta valutazione di impatto congiunta (come nel caso precedente della Montagnola

Molisana), in quanto abbiamo un impianto a Roccamandolfi e uno a Longano”. Ed anche qui la

sospensiva è stata negata, ma si attende ancora di discutere il merito. Possiamo, dunque, solo

aspettare di saperne di più

Ma attenzione, perchè anche se ci esulassimo da tali (giusti e condivisivibili) ricorsi al Tar, la

questione non cambierebbe: rimarrebbero presunte irregolarità o “non conformità” alle direttive.

Proviamo a confrontare la realtà di tali aree protette devastate dagli impianti con quanto

prescritto dalle due direttive europee in materia di aree protette, la “Direttiva Uccelli”

(Direttiva 70/409/CEE) e la “Direttiva Habitat”. Iniziamo dalla prima.

Nella “Direttiva Uccelli” sono elencate le specie più a rischio e le modalità tramite le quali tali

specie devono essere conservate e protette. Basti ricordare, ad esempio, quanto si afferma

nell’articolo 5: “gli Stati membri adottano le misure per instaurare un regime generale di

protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’art.1 (le specie protette, ndr)” con il divieto, tra gli

altri, “di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di

dipendenza”. Concetto, questo, ribadito anche nella seconda direttiva, la “Direttiva Habitat”,

all’articolo 12 comma 1: “gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un

regime di rigorosa tutela delle specie animali”; ed anche qui sono elencati, a tal proposito, i divieti,

e tra questi ricordiamo il divieto di: “perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante

il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e – udite udite – di migrazione (uno dei

periodo durante il quale logicamente è più alto il tasso di collisione con le pale, ndr)”.

Ma è l’articolo 6 della “Direttiva Uccelli” che più di ogni altro sembra dirci che c’è qualche

inghippo per quanto riguarda l’istallazione delle pale eoliche in tali aree protette: “gli Stati membri

adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli

habitat naturali nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate”.

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Sembrerebbe, ad esmepio, proprio il caso di Acqua Spruzza e del nibbio reale (specie protetta). Ma

continuiamo: “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del

sito, ma che possa avere incidenze significative sul sito (ad esempio torri eoliche?, ndr) […] forma

oggetto di opportuna valutazione di incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di

conservazione del medesimo”.

Ma attenzione, è il comma 4 la parte più interessante: “qualora il sito in causa sia un sito in cui si

trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto

considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze

positive di primaria importanza per l’ambiente”. Non sembra che le torri eoliche siano

indispensabili per “la salute dell’uomo”, né tantomeno per la sua “sicurezza pubblica”. Quanto poi

alle “conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente” non si può di certo pensare che

50 torri in un SIC, come nel caso di Acqua Spruzza, portino benefici.

Sembrerebbe un paradosso, ma a questo punto non ci meravigliamo più di nulla.

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EOLICO SELVAGGIO/ Molise, le ditte che

operano e il loro passatoLunedì 08 Novembre 2010

L’affaire eolico selvaggio in Molise torna di stretta attualità, dopo che il Tar ha concesso il

via libera all’installazione di un parco eolico (16 torri) nei pressi dell’area archeologica di

Saepinum – Altilia e la Procura di Isernia ha aperto un fascicolo. Si rincorrono le

indiscrezioni su presunte infiltrazioni mafiose nelle ditte che gestiscono gli impianti,

nulla di concreto fin'ora, ma è un fatto che diverse green company operanti in Regione

abbiano precedenti poco rassicuranti. Quali?

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Il primo punto da sottolineare in questa strana vicenda è la valida

iniziativa di tre consiglieri regionali – Petraroia, Romano e

Chieffo – che hanno protocollato una proposta di legge,

accogliendo le pressioni della rete delle 102 associazioni contro

l’eolico selvaggio in Molise, tesa, come si legge nel pdl, a

“offrire una doverosa misura di tutela e salvaguardia di rango

legislativo del patrimonio ambientale, storico culturale ed

archeologico del territorio della Regione Molise”.

La questione, però, è tornata in primissimo piano anche perché la

Procura di Isernia ha aperto un fascicolo proprio inerente la

questione eolico. Ancora non è dato sapere chi siano gli indagati,

né quali reati potrebbero essere stati commessi. Fatto sta che ora sembra, appunto, che anche la

magistratura sta tentando di vedere chiaro in una questione che, sotto diversi profili (ambientale,

economico-affaristico e politico) è quanto mai ingarbugliata.

Ed il fatto che ci si stia muovendo, appunto, anche in ambito giudiziario non è affatto secondario.

Se infatti andiamo a prendere i nomi delle ditte che già operano nell’eolico in Molise, o i nomi di

quelle vincitrici di appalti per l’installazione di pale la questione si fa per lo meno preoccupante.

Molte di queste ditte, infatti, contano un passato non proprio encomiabile.

Iniziamo, ad esempio, dalla San Marco Bioenergie Spa che opera a Capracotta. La ditta al

passato ha condanne molto pesanti. Nel 2006, infatti, vennero posti i sigilli alla centrale a biomasse

di Argenta (cittadina in provincia di Ferrara dove per altro ha sede la ditta) di proprietà, appunto,

della San Marco Bioenergie. A detta del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) c’erano gravi

irregolarità nella gestione dell’impianto. Dall’inchiesta, infatti, è venuto fuori che l’azienda

bruciava di tutto e di più: non solo legno vergine (come era tenuta a fare), ma anche legni trattati e

coperti di inquinanti. E questo comportava un rilascio abnorme di monossido di carbonio. E i dati?

Non venivano registrati: secondo gli inquirenti, infatti, il database informatico veniva falsato in

maniera tale che nulla risultasse. Il tutto, chiaramente, per risparmiare: in questo modo non c’era

alcuna selezione (dispendiosa) della legna da bruciare.

Per questa vicenda vennero indagati per i reati di falsità in registri e notificazioni e violazione delle

prescrizioni per emissioni in atmosfera, tra gli altri, il legale rappresentante e presidente del Cda,

Marcelo Emilio Figueira, gli ex dirigenti Martino Pasti e Lanfranco Graziani. Nel 2009 la

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sentenza: una condanna in patteggiamento e quattro rinvii a giudizio. Nell’avviso di conclusioni

indagini si legge che, come detto, invece di bruciare solo legno vergine, veniva bruciata una

quantità pari a 720 tonnellate l’anno di “materiale nerastro” di origine organica, contaminato da

metalli pesanti quali cromo, rame, piombo, titanio e vanadio; ma anche pezzi di plastica, pezzi di

ferro, sabbia, terra, legno trattato, e tutto materiale indicato come “non idoneo”.

Ancora. Abbiamo la Tisol e l’Erg Cesa. Ne parliamo assieme perché entrambe al centro dello

“scandalo eolico” di circa un anno fa che colpì la Calabria. Qui, in pratica, l’imprenditore Mauro

Nucara, proprietario di un’altra azienda energetica, la Cesp, pagava tangenti per avere una corsia

preferenziale per costruire parchi eolici con la sua ditta per via di una convenzione firmata con la

Regione nel 2006. Tali autorizzazioni, però, venivano subito cedute (dietro cospicuo pagamento) da

Nucara. E indovinate a chi (stando sempre a quanto emerge dalle indagini)? Al romano Giampiero

Rossetti, dirigente romano dell’azienda italo-spagnola Erg-Cesa, e a Roberto Baldetti,

amministratore unico della Tisol, che, scrive la polizia, “fungeva da tramite con la multinazionale

Erg s.p.a. di Roma alla quale Nucaro doveva vendere le autorizzazioni uniche alla realizzazione dei

parchi in questione”.

Tra le altre ditte troviamo, ancora, Alerion. La troviamo sia da sola, sia in partecipazione con altre

ditte: la New Green Molise Srl, ad esempio, è una società partecipata al 50% da Alerion e al 50%

dalla New Green Energy Srl. Presidente della Alerion è il conte Gastone Colleoni, al centro nel

2006 di una maxi-inchiesta su paradisi fiscali e società off shore. Vicepresidente è invece Giuseppe

Garofano, detto “Il Cardinale”, in passato arrestato per la maxi tangente Enimont e tornato in

affari dal 2000. E proprio quando i due si sono ritrovati la Alerion stessa è stata quotata in borsa

(2003).

E poi la Fonteolica, una delle ditte le cui carte sono state oggetto dei controlli della magistratura

nell’inchiesta sull’eolico in Sardegna. Tra le carte sequestrate dai carabinieri in casa di Pinello

Cossu, ex consigliere provinciale e legatissimo al faccendiere Flavio Carboni, c’era, infatti, anche

il progetto di un parco eolico presentato proprio da Fonteolica in accordo con un’altra azienda, la

veneziana Quantas. Resta ora da capire come mai queste carte siano finite tra quelle sequestrate a

Cossu. Ma non è finita qui, perché la cricca aveva provveduto, secondo gli inquirenti, a costruire un

sistema che assicurasse vantaggi ad alcune società, tra cui appunto la Fonteolica. Il meccanismo era

il seguente: venivano create società che, come disse Carboni intercettato al telefono, “non hanno

storia” e sono state “costituite ad hoc”, in quanto dovevano soltanto agire in partnership con altre

società che già lavoravano in Sardegna, società che alla fine risultavano le vere “beneficiarie” di

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Page 15: EOLICO SELVAGGIO MOLISE

L ' i n f i l t r a t o " E o l i c o S e l v a g g i o i n M o l i s e "

tutto il “sistema”. Tra queste, come detto, la Fonteolica che si legò, secondo i magistrati, alla

“Karios 32”, una delle holding costituite dal gruppo Carboni e affidata ad un prestanome.

**********

EOLICO SELVAGGIO/2 Molise, odor di

mafia?Lunedì 08 Novembre 2010

Sono molti a pensare che l’affaire eolico possa far gola alle criminalità organizzate. Come

scritto anche in una precedente inchiesta, bisogna tener conto di due aspetti poco

sottovalutabili: in Campania diverse aziende in odor di mafia fanno affari con l’eolico e molte

delle imprese che stanno investendo in Molise sono campane.

Alcune di queste contano pochissimi addetti. Ed

altre, ancora, dispongono di un capitale molto

modesto in confronto alle spese previste per la

installazione e gestione dei parchi eolici.

Cosa da poco questa? Assolutamente no. Anche

perché, pare, ci siano precedenti poco chiari proprio

in Campania. E’ il caso della De.Di Srl, ditta con sede legale a Capua che ha investito anche in

territorio molisano. La ditta in questione alcuni mesi fa aveva proposto alla Regione Campania, per

l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica da

fonti rinnovabili, ben 6 richieste per un totale di circa 100 Megawatt. Ma attenzione: come rivelato

dal quotidiano “Vitulazio24ore” qualcosa non quadra.

La De.Di srl., infatti, disponeva al momento dell’avanzamento dei progetti di “un capitale sociale

di circa 10.400,00 euro”. Ma tutti sanno, si legge sempre nell’inchiesta del quotidiano, che non è

possibile che una piccola ed anonima società a responsabilità limitata, con un capitale sociale molto

limitato, possa affrontare spese così elevate, come quella della costruzione e manutenzione di un

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L ' i n f i l t r a t o " E o l i c o S e l v a g g i o i n M o l i s e "

parco eolico (soprattutto considerando poi che ben sei progetti furono avanzati dall’azienda).

Qualcosa non torna. Ed infatti pare che dietro ci fosse la Enel Green Power, la società del Gruppo

Enel nata per sviluppare e gestire le attività di generazione dell'energia da fonti rinnovabili.

La Enel Green, secondo alcune voci, faceva andare avanti le piccole aziende (come la De.Di) le

quali presentavano il progetto (pur non avendo in realtà potuto far fronte alla installazione di parchi

eolici) che poi veniva ricomprato dalla multinazionale stessa, in maniera tale da ottenere comunque

i cosiddetti “certificati verdi” (chi vende energia prodotta da fonti convenzionali ha poi l’obbligo di

immettere in rete anche una quota di energia prodotta da fonti alternative; altrimenti può acquistare

tali certificati dai gestori di impianti che sfruttano le rinnovabili). E perché non si interessava alla

presentazione del progetto la stessa Enel Green? Sono molti a ritenere che l’azienda in questione

non avrebbe, probabilmente, avuto le “credenziali”, visto quanto stava accadendo riguardo la

Centrale a Turbogas di Sparanise, “anche quest’ultima – si continua a leggere su “Vitulazio24” -

finita tra i fascicoli della Magistratura, per una serie di legami e partecipazioni della criminalità

organizzata, tra cui il clan dei Casalesi”.

Oltre alla De.Di srl, comunque, sono molte le ditte campane propense ad investire nell’eolico

molisano. Oltre alla già citata New Green Energy (sede a Napoli) potremmo parlare, ad esempio,

della IPVC, ditta avellinese di proprietà di Oreste Vigorito. Anche il “petroliere dell’eolico” (così

venne definito in un documentario di “Exit”) fino a poco tempo fa (a giugno di quest’anno ha

ceduto i due parchi eolici in Molise alla Erg Renew) aveva investito nel territorio molisano. Ed

anche lui, in passato, ha avuto pesanti problemi con la giustizia. L’anno scorso venne arrestato nel

corso dell’illustre inchiesta “Via col vento”, per associazione a delinquere finalizzata alla truffa per

aver percepito indebitamente finanziamenti pubblici (secondo gli inquirenti, in pratica, presentava

false certificazioni per avere accesso a contributi erogati in favore dei produttori di eolico); e già

qualche anno prima i suoi parchi eolici attivi in Sicilia erano finiti sotto sequestro.

E d’altronde molte altre aziende, alcune delle quali hanno puntato sempre al Molise per i loro

investimenti, sono legate a magnate dell’eolico. E’ il caso, ad esempio, dell’IP Maestrale. Questa

ditta, che gestisce parchi eolici a S. Elia a Pianise, Pietracatella, Monacilioni e Macchia Valfortore,

stando a quanto affermato in un’inchiesta della “Voce delle voci”, ha un “denominatore in comune”

a molte altre ditte sparse per tutta la penisola e identificate tutte con lo stesso nome, ma con numeri

progressivi. Questo minimo comun denominatore è “un indirizzo, Via Circumvallazione 108,

Avellino”.

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L ' i n f i l t r a t o " E o l i c o S e l v a g g i o i n M o l i s e "

E qual è la particolarità? “Allo stesso indirizzo - si legge sempre nell’inchiesta di Andrea

Cinquegrani - si trova il quartier generale delle società che fanno capo ad un altro fresco reuccio

delle pale eoliche, Oreste Vigorito”.

Questo non vuol dire necessariamente che le stesse irregolarità si stiano verificando anche in

Molise, ma le perplessità (e le paure) sono più che giustificate. Soprattutto se ricordiamo episodi

accaduti nella nostra regione attribuibili, come affermò Michele Petraroia a “soggetti esterni al

nostro territorio che vogliono conquistare questa terra per i loro affari”. Potremmo ricordare, ad

esempio, gli episodi verificatisi la notte del 7 agosto: due automezzi di una ditta, che erano

posizionati a Guardiaregia, vennero incendiati. Un atto intimidatorio, su cui si spera, a questo punto,

che la Magistratura riesca a far chiarezza.

Ma questo non è l’unica “stranezza” legata all’eolico: ancora si potrebbe parlare dell’eclatante caso

di Ururi con le inspiegabili dimissioni di tutto l’esecutivo comunale, e poi Pietrabbondante, paese

nel quale gli operai di una ditta avevano cominciato a lavorare senza i regolari permessi necessari

per dare il via al progetto. Ed ancora. In piena estate sulla mappa di Google Earth vennero

inspiegabilmente inserite 16 pale eoliche non ancora costruite (solo da progetto) per la strada

provinciale nei pressi di Contrada Crocelle. Perché quelle mappe sono state modificate? E

soprattutto da chi?

Il caso “eolico”, dunque, potrebbe essere più nero di quanto si pensi.

**********

INCHIESTA/ Eolico selvaggio in Molise: tra

mafia e P3Giovedì 25 Novembre 2010

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Page 18: EOLICO SELVAGGIO MOLISE

L ' i n f i l t r a t o " E o l i c o S e l v a g g i o i n M o l i s e "

Dopo la grande manifestazione di martedì, "Fuori la camorra dal Molise", in cui la società

civile ha dimostrato di voler proteggere il territorio da eolico selvaggio e rifiuti tossici, è

opportuno alzare i riflettori su quali aziende gestiscono impianti eolici - o sono in procinto

di farlo - perchè in alcuni casi si sente un forte...odor di mafia. E spunta persino il nome

del faccendiere Flavio Carboni, coinvolto nello scandalo P3.

Iniziamo, ad esempio, dalla San Marco Bioenergie Spa

che opera a Capracotta. La ditta al passato ha condanne

molto pesanti. Nel 2006, infatti, vennero posti i sigilli alla

centrale a biomasse di Argenta (cittadina in provincia di

Ferrara dove per altro ha sede la ditta) di proprietà,

appunto, della San Marco Bioenergie. A detta del Noe

(Nucleo Operativo Ecologico) c’erano gravi irregolarità

nella gestione dell’impianto. Dall’inchiesta, infatti, è venuto fuori che l’azienda bruciava di tutto

e di più: non solo legno vergine (come era tenuta a fare), ma anche legni trattati e coperti di

inquinanti. E questo comportava un rilascio abnorme di monossido di carbonio. E i dati? Non

venivano registrati: secondo gli inquirenti, infatti, il database informatico veniva falsato in maniera

tale che nulla risultasse. Il tutto, chiaramente, per risparmiare: in questo modo non c’era alcuna

selezione (dispendiosa) della legna da bruciare.

Per questa vicenda vennero indagati per i reati di falsità in registri e notificazioni e violazione delle

prescrizioni per emissioni in atmosfera, tra gli altri, il legale rappresentante e presidente del Cda,

Marcelo Emilio Figueira, gli ex dirigenti Martino Pasti e Lanfranco Graziani. Nel 2009 la

sentenza: una condanna in patteggiamento e quattro rinvii a giudizio. Nell’avviso di conclusioni

indagini si legge che, come detto, invece di bruciare solo legno vergine, veniva bruciata una

quantità pari a 720 tonnellate l’anno di “materiale nerastro” di origine organica, contaminato da

metalli pesanti quali cromo, rame, piombo, titanio e vanadio; ma anche pezzi di plastica, pezzi di

ferro, sabbia, terra, legno trattato, e tutto materiale indicato come “non idoneo”.

Ancora. Abbiamo la Tisol e l’Erg Cesa. Ne parliamo assieme perché entrambe al centro dello

“scandalo eolico” di circa un anno fa che colpì la Calabria. Qui, in pratica, l’imprenditore Mauro

Nucara, proprietario di un’altra azienda energetica, la Cesp, pagava tangenti per avere una corsia

preferenziale per costruire parchi eolici con la sua ditta per via di una convenzione firmata con la

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Regione nel 2006. Tali autorizzazioni, però, venivano subito cedute (dietro cospicuo pagamento) da

Nucara. E indovinate a chi (stando sempre a quanto emerge dalle indagini)? Al romano Giampiero

Rossetti, dirigente romano dell’azienda italo-spagnola Erg-Cesa, e a Roberto Baldetti,

amministratore unico della Tisol, che, scrive la polizia, “fungeva da tramite con la multinazionale

Erg s.p.a. di Roma alla quale Nucaro doveva vendere le autorizzazioni uniche alla realizzazione dei

parchi in questione”.

Tra le altre ditte troviamo, ancora, Alerion. La troviamo sia da sola, sia in partecipazione con altre

ditte: la New Green Molise Srl, ad esempio, è una società partecipata al 50% da Alerion e al 50%

dalla New Green Energy Srl. Presidente della Alerion è il conte Gastone Colleoni, al centro nel

2006 di una maxi-inchiesta su paradisi fiscali e società off shore. Vicepresidente è invece Giuseppe

Garofano, detto “Il Cardinale”, in passato arrestato per la maxi tangente Enimont e tornato in

affari dal 2000. E proprio quando i due si sono ritrovati la Alerion stessa è stata quotata in borsa

(2003).

E poi la Fonteolica, una delle ditte le cui carte sono state oggetto dei controlli della magistratura

nell’inchiesta sull’eolico in Sardegna. Tra le carte sequestrate dai carabinieri in casa di Pinello

Cossu, ex consigliere provinciale e legatissimo al faccendiere Flavio Carboni, c’era, infatti, anche

il progetto di un parco eolico presentato proprio da Fonteolica in accordo con un’altra azienda, la

veneziana Quantas. Resta ora da capire come mai queste carte siano finite tra quelle sequestrate a

Cossu. Ma non è finita qui, perché la cricca aveva provveduto, secondo gli inquirenti, a costruire un

sistema che assicurasse vantaggi ad alcune società, tra cui appunto la Fonteolica. Il meccanismo era

il seguente: venivano create società che, come disse Carboni intercettato al telefono, “non hanno

storia” e sono state “costituite ad hoc”, in quanto dovevano soltanto agire in partnership con altre

società che già lavoravano in Sardegna, società che alla fine risultavano le vere “beneficiarie” di

tutto il “sistema”. Tra queste, come detto, la Fonteolica che si legò, secondo i magistrati, alla

“Karios 32”, una delle holding costituite dal gruppo Carboni e affidata ad un prestanome.

Alcune di queste contano pochissimi addetti. Ed altre, ancora, dispongono di un capitale molto

modesto in confronto alle spese previste per la installazione e gestione dei parchi eolici.

Cosa da poco questa? Assolutamente no. Anche perché, pare, ci siano precedenti poco chiari proprio

in Campania. E’ il caso della De.Di Srl, ditta con sede legale a Capua che ha investito anche in

territorio molisano. La ditta in questione alcuni mesi fa aveva proposto alla Regione Campania, per

l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica da

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fonti rinnovabili, ben 6 richieste per un totale di circa 100 Megawatt. Ma attenzione: come rivelato

dal quotidiano “Vitulazio24ore” qualcosa non quadra.

La De.Di srl., infatti, disponeva al momento dell’avanzamento dei progetti di “un capitale sociale

di circa 10.400,00 euro”. Ma tutti sanno, si legge sempre nell’inchiesta del quotidiano, che non è

possibile che una piccola ed anonima società a responsabilità limitata, con un capitale sociale molto

limitato, possa affrontare spese così elevate, come quella della costruzione e manutenzione di un

parco eolico (soprattutto considerando poi che ben sei progetti furono avanzati dall’azienda).

Qualcosa non torna. Ed infatti pare che dietro ci fosse la Enel Green Power, la società del Gruppo

Enel nata per sviluppare e gestire le attività di generazione dell'energia da fonti rinnovabili.

La Enel Green, secondo alcune voci, faceva andare avanti le piccole aziende (come la De.Di) le

quali presentavano il progetto (pur non avendo in realtà potuto far fronte alla installazione di parchi

eolici) che poi veniva ricomprato dalla multinazionale stessa, in maniera tale da ottenere comunque

i cosiddetti “certificati verdi” (chi vende energia prodotta da fonti convenzionali ha poi l’obbligo di

immettere in rete anche una quota di energia prodotta da fonti alternative; altrimenti può acquistare

tali certificati dai gestori di impianti che sfruttano le rinnovabili). E perché non si interessava alla

presentazione del progetto la stessa Enel Green? Sono molti a ritenere che l’azienda in questione

non avrebbe, probabilmente, avuto le “credenziali”, visto quanto stava accadendo riguardo la

Centrale a Turbogas di Sparanise, “anche quest’ultima – si continua a leggere su “Vitulazio24” -

finita tra i fascicoli della Magistratura, per una serie di legami e partecipazioni della criminalità

organizzata, tra cui il clan dei Casalesi”.

Oltre alla De.Di srl, comunque, sono molte le ditte campane propense ad investire nell’eolico

molisano. Oltre alla già citata New Green Energy (sede a Napoli) potremmo parlare, ad esempio,

della IPVC, ditta avellinese di proprietà di Oreste Vigorito. Anche il “petroliere dell’eolico” (così

venne definito in un documentario di “Exit”) fino a poco tempo fa (a giugno di quest’anno ha

ceduto i due parchi eolici in Molise alla Erg Renew) aveva investito nel territorio molisano. Ed

anche lui, in passato, ha avuto pesanti problemi con la giustizia. L’anno scorso venne arrestato nel

corso dell’illustre inchiesta “Via col vento”, per associazione a delinquere finalizzata alla truffa per

aver percepito indebitamente finanziamenti pubblici (secondo gli inquirenti, in pratica, presentava

false certificazioni per avere accesso a contributi erogati in favore dei produttori di eolico); e già

qualche anno prima i suoi parchi eolici attivi in Sicilia erano finiti sotto sequestro.

E d’altronde molte altre aziende, alcune delle quali hanno puntato sempre al Molise per i loro

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investimenti, sono legate a magnate dell’eolico. E’ il caso, ad esempio, dell’IP Maestrale. Questa

ditta, che gestisce parchi eolici a S. Elia a Pianise, Pietracatella, Monacilioni e Macchia Valfortore,

stando a quanto affermato in un’inchiesta della “Voce delle voci”, ha un “denominatore in comune”

a molte altre ditte sparse per tutta la penisola e identificate tutte con lo stesso nome, ma con numeri

progressivi. Questo minimo comun denominatore è “un indirizzo, Via Circumvallazione 108,

Avellino”.

E qual è la particolarità? “Allo stesso indirizzo - si legge sempre nell’inchiesta di Andrea

Cinquegrani - si trova il quartier generale delle società che fanno capo ad un altro fresco reuccio

delle pale eoliche, Oreste Vigorito”.

Questo non vuol dire necessariamente che le stesse irregolarità si stiano verificando anche in

Molise, ma le perplessità (e le paure) sono più che giustificate. Soprattutto se ricordiamo episodi

accaduti nella nostra regione attribuibili, come affermò Michele Petraroia a “soggetti esterni al

nostro territorio che vogliono conquistare questa terra per i loro affari”. Potremmo ricordare, ad

esempio, gli episodi verificatisi la notte del 7 agosto: due automezzi di una ditta, che erano

posizionati a Guardiaregia, vennero incendiati. Un atto intimidatorio, su cui si spera, a questo punto,

che la Magistratura riesca a far chiarezza.

Ma questo non è l’unica “stranezza” legata all’eolico: ancora si potrebbe parlare dell’eclatante caso

di Ururi con le inspiegabili dimissioni di tutto l’esecutivo comunale, e poi Pietrabbondante, paese

nel quale gli operai di una ditta avevano cominciato a lavorare senza i regolari permessi necessari

per dare il via al progetto. Ed ancora. In piena estate sulla mappa di Google Earth vennero

inspiegabilmente inserite 16 pale eoliche non ancora costruite (solo da progetto) per la strada

provinciale nei pressi di Contrada Crocelle. Perché quelle mappe sono state modificate? E

soprattutto da chi?

Il caso “eolico”, dunque, potrebbe essere più nero di quanto si pensi.

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