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Evoluzione della legislazione turistica italiana

Vasto, articolato ed eterogeneo è l’insieme di soggetti pubblici attualmente operante sul mercato turistico italiano. Si tratta di una presenza pubblica tanto variegata quanto anomala rispetto agli altri comparti economici, che dipende in primo luogo dalla peculiare natura del fenomeno turistico, caratterizzato da una molteplicità e intersettorialità genetica. Il turismo è una realtà economica che si nutre di istanze sociali e culturali; una realtà produttiva trasversale che sviluppa e distribuisce ricchezza entrando in stretto contatto con tutti i comparti dell’economia.

Presa coscienza della complessità e dell’importanza delle attività turistiche, appare naturale che le istituzioni pubbliche abbiano ritenuto opportuno intervenire sul mercato in via diretta o attraverso la creazione di organi ad hoc. Ciò appare ancor più naturale in ragione della particolare vocazione turistica che l’Italia dimostra di avere da più di due secoli. Il Gran Tour è sempre considerato come la nobile genesi del turismo in Italia e le citazioni letterarie non mancano certo, da Goethe a Keats, da Gogol a Byron. La realtà però contrasta con la visione romantica dell’evoluzione del turismo in Italia: un’evoluzione che, specie all’interno del panorama giuridico, si è rivelata spesso oggetto di malintesi, contraddizioni e incomprensioni.

Per giungere a una piena comprensione del fenomeno turistico e poter valutare adeguatamente opportunità e risultati dell’intervento pubblico, occorre tenere conto di quei caratteri di poliedricità e trasversalità poc’anzi ricordati e inserire nel particolare contesto storico l’azione del legislatore, quella figura tanto anonima quanto centrale di qualsiasi ordinamento giuridico. Il compito del legislatore è proprio quello di interpretare le esigenze del suo tempo e prevederne i futuri sviluppi. Si tratta di un compito di per sé difficile che, di fronte alle sottili sollecitazioni del comparto turistico, necessita di particolare sensibilità e lungimiranza.

La storia della legislazione turistica italiana dimostra che queste due doti non sempre accompagnarono il nostro legislatore, o meglio, gli organi legislativi e i governi vollero intervenire sul comparto turistico attraverso provvedimenti legislativi e regolamentari. In sostanza, per oltre un cinquantennio il turismo venne trattato dal legislatore statale con sufficienza e distacco, sia per scarsa comprensione sia per la convinzione alquanto diffusa che l’imponente flusso turistico verso le mete italiane non si sarebbe mai esaurito. Successivamente il legislatore iniziò a prendere coscienza del peso delle attività turistiche e della necessità di intervenire sul mercato: il primo segnale di questo rinnovato atteggiamento fu la creazione, nel 1959, di un apposito ministero.

La tranquillità del quadro giuridico istituzionale e la crescita esponenziale del mercato turistico italiano durarono a stento dieci anni: Con gli anni ’70 l’atmosfera mutò radicalmente: il primo grande shock petrolifero fece sussultare il mercato e il quadro istituzionale ebbe una trasformazione radicale con l’attuazione del Titolo Quinto della Costituzione. E così il turismo si ritrovò ad avere improvvisamente ben ventidue legislatori in grado di emanare atti normativi in materia: diciannove legislatori regionali, i due legislatori delle Province autonome di Trento e Bolzano e il nostro “vecchio” legislatore statale. I rapporti fra loro non furono mai idilliaci e proprio il turismo è divenuto ed è tuttora uno dei terreni di confronto più aspri fra istituzioni statali e istituzioni regionali. Si tratta per molti versi di un confronto inevitabile: le materie

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assegnate dalla originale versione dall’articolo 117 della Costituzione sono sempre state oggetto di scontro fra le Regioni e lo Stato. Il turismo, in particolare, è stato oggetto di una politica statale altalenante: apparentemente disponibile verso il decentramento, ma nelle scelte cruciali, sempre improntata a un accentramento deciso. L’apparizione delle Regioni sulla scena istituzionale e le loro pressanti rivendicazioni hanno modificato l’approccio del potere statale che ha preferito adottare una tattica più difensiva, comunque rivolta “a mantenere le posizioni”, ovvero a concedere il meno possibile.

Al momento in cui scriviamo, la cosiddetta questione istituzionale appare ben lungi dall’essere definita; è bene aver presente che le difficoltà non sono legate al periodo storico, ma provengono in primo luogo dalla natura stessa del turismo. La corretta ed efficace gestione della “res turistica” si basa su equilibri politici ed economici sofisticati che possono essere raggiunti soltanto grazie a una reale conoscenza del fenomeno e a una profonda maturità politica. Il turismo è in definitiva la sintesi di fattori tanto numerosi quanto diversi fra loro, e tale sintesi si deve riflettere nella definizione e nella realizzazione dell’intervento pubblico, perché questo possa apportare reali benefici al mercato.

Naturalmente trasformare questo semplice enunciato in interventi concreti non è facile, anzi, pone i responsabili istituzionali di fronte al vero problema: le politiche del turismo dei vari attori pubblici della scena turistica devono dare vita a un prodotto unitario che sappia valorizzare le diversità. Appare evidente che, se la valorizzazione delle specificità porta a preferire politiche improntate al decentramento, la creazione di un prodotto unitario spinge a enfatizzare logiche di accentramento. L’evoluzione dell’intervento pubblico nel mercato turistico è stata dettata dagli esiti alterni del confronto fra queste due opposte dinamiche istituzionali, che di volta in volta hanno attinto la loro energia dal particolare contesto storico e sociale, dalla temperie politico culturale che ha influenzato le istanze di gruppi di interesse e le scelte della classe politica.

Il turismo inteso come vero comparto dell’economia nasce alla fine dell’Ottocento. Gli ultimi decenni del XIX secolo vedono l’apparizione dei primi flussi di turisti “forestieri” organizzati da agenzie straniere nonché l’apertura di agenzie in Italia. Non meno significativa fu la costituzione di associazioni italiane dedicate al turismo: il Club Alpino Italiano nel 1864, l’Automobil Club d’Italia nel 1898 e, soprattutto, nel 1894, il Touring Club Italiano, associazione destinata a svolgere, più di ogni altra, il ruolo di opinion maker. Il fenomeno cominciò ad attirare l’attenzione del mondo accademico: Luigi Bodio, stimato docente di statistica, negli ultimi anni dell’Ottocento si pose il problema di stimare l’apporto di valuta determinato dai viaggi italiani dei forestieri e il primo dato ottenuto si riferiva al 1897: in quell’anno i turisti arrivati in Italia in treno e in ferrovia avrebbero speso almeno 306 milioni di lire1. Si tratta di una cifra fortemente approssimata per difetto ma da sola superava abbondantemente le nostre uscite valutarie. Fino alla fine del primo conflitto mondiale il flusso turistico verso l’Italia crebbe costantemente, attestandosi fra i 600.000 e i 700.000 arrivi. Contemporaneamente aumentò il lavoro degli antesignani degli studi turistici i cui risultati, seppure di dubbia attendibilità, attirarono l’attenzione dello Stato. I benefici economici derivanti dai viaggi dei forestieri nella penisola erano evidenti e andavano incrementati.

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Lo Stato diede inizio ai suoi interventi in materia turistica con un provvedimento che oggi definiremmo in linea con i principi della devolution: con la legge 11 dicembre 1910, lo Stato consentiva ai Comuni di percepire una percentuale sui conti alberghieri. Le risorse così raccolte sarebbero state impiegate nella realizzazione di opere di conservazione e miglioramento del territorio urbano. Il primo conflitto mondiale azzerò l’arrivo di flussi turistici ma, subito dopo la fine della guerra, lo Stato italiano si preoccupò di stimolare il ritorno dei turisti stranieri e di incrementarne il numero. Per ottenere questo risultato con il Regio Decreto 10 dicembre 1919 n. 2099 (convertito in legge 7 aprile 1921, n. 610) lo Stato creò un organismo apposito: l’Ente Nazionale per l’Incremento dell’Industria Alberghiera. In questo caso ci troviamo di fronte a un intervento nettamente accentratore delle attività in favore del mercato turistico.

In senso nuovamente orientato verso la valorizzazione delle autonomie locali è l’istituzione delle Aziende Autonome delle stazioni di Cura Soggiorno e Turismo (AACST), entità locali di base rivolte al sostegno delle località turistiche. Istituite dal Regio Decreto 10 luglio 1926, n. 1380, le AACST erano dotate di reale autonomia amministrativa e la loro attività si sviluppava parallela a quella del Comune. Questo aveva generici poteri di controllo e, sul bilancio, si limitava a esprimere pareri non vincolanti. Le AACST erano le unità amministrative più vicine alla realtà territoriale: la loro costituzione poteva avvenire soltanto in località in cui il turismo aveva un peso prevalente nell’economia locale. L’alternarsi di spinte centrifughe e centripete si esaurì proprio con il citato decreto 1380/26; tutti i successivi interventi furono nel segno dell’accentramento.

È il caso di calare le scelte organizzative nel particolare periodo storico. Il primo assetto istituzionale del turismo avviene sotto il regime fascista e naturalmente viene a rispecchiare la concezione dello Stato propagandata e realizzata in quegli anni. Il Regio Decreto 23 marzo 1931 istituisce il Commissariato del Turismo con il compito di dare le direttive in materia turistica a tutte le amministrazioni dello Stato – enti, istituti e organizzazioni – e di vigilare sulla loro attuazione. Il Commissariato doveva anche promuovere e coordinare le attività delle amministrazioni, degli enti pubblici (incluse le AACST) e delle organizzazioni private; studiare i problemi del turismo e formulare proposte di provvedimenti volti allo sviluppo delle attività turistiche.

L’ultimo tassello del mosaico istituzionale del turismo fu la creazione, nel 1932, dei Comitati Provinciali per il Turismo quali organi dei Consigli dell’Economia Corporativa. e, successivamente, dotati di personalità giuridica e ribattezzati Enti Provinciali del Turismo. Questi ultimi, rigidamente legati all’ambito provinciale, segnarono la fine dell’autonomia delle AACST 2. Gli EEPPT agivano alle dirette dipendenze del Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda che nominava i Presidenti e i membri del Consiglio. Gli Enti replicavano, a livello provinciale, le funzioni e le competenze del Commissariato per il Turismo aggiungendo funzioni di vigilanza sulle agenzie di viaggio, su prezzi e condizioni igienico-sanitarie degli alberghi e, naturalmente, sulle AACST.

Una piena comprensione delle scelte del legislatore presuppone una conoscenza della sua sensibilità e del generale contesto in cui opera. Negli anni

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’20 i flussi turistici in Italia superarono le performance di inizio secolo, raggiungendo agevolmente il milione di arrivi stranieri. Negli anni ‘30, nonostante i timori di recessione a seguito della crisi americana del ’29, le avventure coloniali e le successive politiche autarchiche, i flussi turistici stranieri superarono i tre milioni di arrivi, toccando quota cinque milioni nel 1937. Naturalmente il merito di questo successo non era certo della politica turistica, se così la possiamo chiamare, delle istituzioni fasciste ma del generale sviluppo del turismo internazionale che veniva a godere di migliori mezzi di trasporto e, soprattutto, delle migliorate condizioni di vita della “middle class” straniera. In Italia, nonostante i continui richiami al glorioso passato della propaganda, la popolazione considerava il turismo un lusso che nel presente era riservato all’alta società. Il turismo interno era un fenomeno elitario dal quale la massa della popolazione era inesorabilmente esclusa.

Il regime fascista ebbe del turismo una conoscenza estremamente superficiale. Considerò le attività turistiche solo negli aspetti strettamente economici. Inoltre, la concezione dell’offerta turistica era quanto mai primitiva. Le uniche imprese degne di reale attenzione erano quelle alberghiere che sono destinatarie delle prime produzioni legislative in materia3:

pubblicità delle tariffe (Regio Decreto 20 giugno 1935, n. 2049), vincolo alberghiero (RD 24 luglio 1936, n. 1692), vendita e locazione immobili uso albergo (RD 24 luglio 1937, n. 1692), classificazione (RD 18 gennaio 1937, n. 975), finanziamenti (RD 12 agosto 1937, n. 1561).

Non a caso il settore alberghiero contava nel 1935 ben 15.000 strutture: un patrimonio vastissimo se consideriamo che nel 2000 gli alberghi italiani raggiungono le 34.000 unità a fronte di una domanda turistica 100 volte superiore. Anche il concetto di meta turistica era molto ristretto. Il legislatore non riusciva a vedere molto oltre le stazioni di cura, le terme e, ipotesi innovativa, le stazioni balneari. Soprattutto, la classe politica ignorò le componenti socioculturali che fanno del turismo un formidabile strumento di scambio di idee e di esperienze; al contrario, ritenne che le iniziative turistiche potessero essere utilizzate a fini di propaganda politica. Così il Commissariato del Turismo nel 1934 fu assorbito dal Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda (successivamente Ministero), ove la conoscenza del fenomeno turistico, specie ai vertici, era del tutto assente. La scarsa comprensione del fenomeno spinse il legislatore a non impegnare lo Stato in alcun intervento diretto sul mercato, fatta eccezione per la costituzione dell’ENIT (sull’attività di questo ente, si rimanda all’allegato “Che cosa fa l’ENIT?”), avvenuta comunque prima dell’avvento del fascismo, e la creazione, nel 1927 della Compagnia Italiana del Turismo (CIT).

Forse proprio la scarsa considerazione spinse il legislatore costituzionale a inserire il turismo fra le materie che con l’articolo 117 della Costituzione, nella sua originaria versione, venivano trasferite alle Regioni 4. Si trattò di disattenzione o, al contrario, la scelta della Regione Sicilia di sottomettere il turismo alla sua diretta potestà legislativa impressionò favorevolmente i Padri della Costituzione. Di certo la classe politica non era matura per realizzare il regionalismo chiaramente delineato nel Titolo Quinto della Carta Costituzionale. Così, tre mesi prima che venisse promulgata, con il D.L.vo C.P.S. 12 settembre

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1947, n. 941 venne istituito il nuovo Commissariato del Turismo, direttamente legato alla Presidenza del Consiglio e affiancato dal Consiglio Centrale del Turismo. Di fatto, in contrasto con il dettato costituzionale, si rafforzava l’accentramento delle competenze nello Stato.

L’attenzione riservata dallo Stato alle attività turistiche si dimostrò giustificata alla luce della fortissima crescita dei flussi turistici che ritornarono ad attraversare la Penisola nonostante l’Italia fosse in gravi condizioni economiche. Le strutture turistiche avevano subito danni non meno rilevanti di quelle industriali, ma il fascino del Bel Paese era rimasto intatto e nel 1951 gli arrivi di stranieri raggiunsero quota cinque milioni. Finita la guerra l’intera popolazione, almeno quella occidentale, aveva voglia di divertirsi, aprire nuovi orizzonti. Avviata la ricostruzione cominciarono ad aumentare le risorse sia finanziarie che di tempo e persino nel nostro Paese iniziò a crescere la domanda turistica interna. A fronte di questa crescita esponenziale dei flussi turistici le istituzioni preferirono limitarsi a controllarne lo sviluppo senza intervenire.

Alla fine degli anni ’50 si avviò una vasta riforma del sistema avviata con la

legge 31 luglio 1959, n. 617, istitutiva del Ministero del Turismo Sport Spettacolo, e con quattro decreti di riforma dei quattro livelli della organizzazione pubblica del turismo: ENIT, Consiglio Centrale del Turismo, AACST ed EEPPT. Fu l’ultimo grande atto di accentramento con il quale lo Stato dimostrò di voler avere sotto il suo pieno controllo la gestione del turismo italiano ma, al di là di questo fine originato da evidenti motivazioni economiche – era chiaro che il turismo apportasse ricchezza alle casse dello Stato – mancava uno sviluppo organico di obiettivi in grado di esprimere una vera e propria politica del turismo. Mancava inoltre una visione di lungo periodo anche sul piano istituzionale: l’intera organizzazione statale del turismo sarebbe risultata incompatibile con la creazione delle Regioni e il trasferimento della potestà legislativa in materia di turismo. A eccezione dell’istituzione dell’apposito Ministero, le riforme organizzative del biennio ’59-’60 non portarono alcuna novità: nessuna amministrazione fu dotata di nuove strutture in grado di imprimere nuovo slancio al turismo che, ormai, non era più un fenomeno da Bella Epoque ma un vero e proprio mercato aperto, sia sul piano geografico sia su quello sociale. In sostanza si acuirono i sintomi di una patologia ancor oggi non completamente debellata: l’eccesso di vocazione. Il boom della domanda turistica e il corrispondente sviluppo spontaneo dell’offerta, da un lato, e l’autocompiacimento per la ricchezza del patrimonio artistico e naturale, dall’altro, spingevano la classe politica a ritenere l’Italia dotata di una fortissima vocazione turistica: la meta delle vacanze sognate da tutto il mondo, per cui era inutile impegnarsi in reali politiche di sviluppo. L’istituzione di un sistema di controlli e incentivi rivolti all’offerta poteva essere sufficiente a esaltare tanta vocazione e a incamerare tanta ricchezza.

Le performance degli anni ’60 furono così positive da stimolare un approccio più maturo verso il turismo. In primo luogo la classe politica ne colse l’importanza per la crescita del Mezzogiorno, ove il vorticoso sviluppo delle attività turistiche era stato del tutto assente. Il turismo fu anche destinatario di parte dei piani di sviluppo della legge 27 luglio 1967, n. 685, primo esperimento di programmazione economica riferita al quinquennio 1965-1969. La 685 prevedeva la suddivisione del territorio in quattro aree:

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1. zone di sviluppo turistico intenso, 2. zone in fase iniziale di sviluppo, 3. zone non ancora valorizzate, 4. il resto del territorio ove individuare circuiti turistici.

Obiettivi specifici della programmazione erano: l’ammodernamento delle strutture esistenti, lo sviluppo di ricettività alberghiera di livello medio ed extra alberghiera, la creazione di 200.000 posti letto, l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato, la costituzione di un fondo di rotazione, lo sviluppo del turismo residenziale.

In realtà, l’approccio era ancora superficiale: il turismo era visto semplicemente come strumento per riequilibrare la bilancia dei pagamenti; incompresa la sua intersettorialità, sottovalutate le valenze sociali. D’altra parte, la stessa aggregazione di realtà così diverse come lo Sport, lo Spettacolo e il Turismo sotto un unico Ministero la dice lunga sulla sensibilità del legislatore dell’epoca. In ogni caso i risultati raggiunti dal turismo erano sempre e comunque positivi: nel 1960 gli stranieri sfiorarono il tetto dei 20 milioni di arrivi; quota ampiamente superata nel corso del decennio. Nella classe politica si consolidò la convinzione che l’Italia, grazie al suo ineguagliabile patrimonio artistico, storico e ambientale, sarebbe sempre stata meta di flussi turistici inesauribilmente crescenti. L’assetto pubblico poteva quindi considerarsi definito per sempre. E invece, proprio sul piano istituzionale si erano semplicemente create le premesse per il violento contrasto innescato dalla legge quadro e fino a oggi non ancora sopito.

La Costituzione era stata chiara nell’assegnare alle Regioni esclusiva potestà in materia di turismo e industria alberghiera, ma fino alla fine degli anni ’60 lo Stato non solo non aveva realizzato alcun passaggio di funzioni ma aveva preferito ritardare la creazione delle Regioni stesse. Questo ritardo rese i rapporti fra Stato e Regioni tesi fin dal loro nascere. Nel 1971 furono approvati gli Statuti ordinari di tutte le Regioni e l’anno successivo si iniziarono i primi trasferimenti di funzioni amministrative statali alle Regioni con i decreti del 14 gennaio 1972, comprese quelle in materia di turismo (DPR 14 gennaio 1972, n. 6).

I provvedimenti di trasferimento delle funzioni apparirono alle Regioni colpevolmente inadeguati: disorganici e frammentari, tradivano la volontà statale di dar vita a un semplice trasloco di uffici più che a un trasferimento di potestà legislativa e di funzioni istituzionali. Con la legge delega 22 luglio 1975 il Parlamento impegnò il Governo a predisporre un nuovo decreto di trasferimento di funzioni, che si tradusse nel decreto 24 luglio 1977, n. 616. Anche questo secondo provvedimento si rivelò inadeguato; mancavano strumenti di coordinamento dell’attività delle diverse istituzioni, mancava il necessario riassetto della struttura amministrativa statale e, sul piano pratico, erano anche scarsi i trasferimenti di fondi alle Regioni per il concreto esercizio delle nuove funzioni.

La soluzione del problema fu individuata nella definizione di una normativa statale generale, al cui interno incorniciare la disciplina delle specifiche competenze e funzioni statali e regionali in materia di turismo. La legge quadro

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per il turismo nasceva in un clima gravido di timori e aspettative, che rendeva arduo il compito del legislatore statale. Le Regioni erano ormai costituite da più di dieci anni e il loro peso politico rispetto allo Stato si era via via costantemente accresciuto. Proprio il turismo era oggetto dell’attrito più forte: la potestà delle Regioni in materia turistica era stata sancita costituzionalmente fin dal 1947 e, per di più, la creazione delle Regioni a Statuto speciale aveva creato uno squilibrio e, al tempo stesso, uno scottante termine di paragone. Le quattro Regioni e le due Province autonome avevano avuto l’opportunità di legiferare e acquisire esperienza legislativa e organizzativa fin dall’entrata in vigore dei rispettivi Statuti. Fra l’altro, in tutte le Regioni a Statuto speciale il turismo costituiva una risorsa economica di primo piano e la produzione normativa aveva dato vita a un assetto complesso costantemente finanziato da ingenti risorse.

Dal canto suo, lo Stato non aveva compreso pienamente il significato della profonda trasformazione istituzionale che i DPR 6/72 e 616/77 avevano tardivamente avviato e anche la conoscenza del fenomeno turistico, nonostante i trentacinque anni di gestione “assolutistica”, risultava ancora superficiale. Non deve meravigliare che la “Legge Quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica” del 17 maggio 1983, n. 217 abbia destato scarsi entusiasmi. Anzi, furono proprio le critiche a raccogliere i maggior consensi. Diverse Regioni tradussero la loro insoddisfazione in procedimenti di incostituzionalità presso la Corte Costituzionale, che però li ritenne non fondati. Anche in ambito Parlamentare si comprese l’inadeguatezza del testo e ben presto iniziò uno degli iter legislativi più complessi e tormentati della nostra Repubblica: il processo di riforma della legge quadro 217/83, aperto con la presentazione di tre progetti di legge (Foschi, Caprili, Cardinale) e concluso con la redazione di quella sorta di testo unico dei progetti di riforma della 217/83, quale divenne il disegno di legge presentato a più riprese dal senatore Gambini.

La 217/83 ha rappresentato una grande occasione mancata che ha finito per accentuare invece di risolvere sia i problemi generali di rapporti fra istituzioni sia i particolari problemi di gestione pubblica del turismo. Obiettivo essenziale della legge doveva essere l’individuazione di un meccanismo di coordinamento delle attività delle Regioni, un meccanismo in grado di evitare la frantumazione degli interventi e tradurre in programmazione nazionale le programmazioni delle singole Regioni. Questo obiettivo è stato mancato in pieno. Dopo decenni di oppressione dell’accentramento statale, la legislazione turistica delle Regione è esplosa in una miriade incontrollata di provvedimenti:

disciplina della classificazione alberghiera e delle agenzie di viaggio, ripartizione dei finanziamenti alle imprese, programmazione delle attività promozionale, organizzazione turistica territoriale.

Dopo l’approvazione della 217/83, ciascuna Regione si sentì in diritto di recepire i suoi principi in totale autonomia, dando vita a un panorama regionale variegato che ha finito per penalizzare razionalità ed efficienza dell’intero sistema. Il legislatore, naturalmente, aveva cercato di infondere omogeneità al sistema, ma le sue buone intenzioni si sono concretizzate soltanto nell’invito alle Regioni a rapportarsi all’ENIT per l’attività promozionale e a istituire due organi collegiali nazionali: il Comitato di Coordinamento per la

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programmazione turistica e il Comitato Consultivo Nazionale 5. Ma l’attività dei due organi è stata minima e nulli gli effetti sulla politica del turismo nazionale e regionale.

In sostanza, il legislatore statale prima ha esacerbato gli animi delle istituzioni regionali con decenni di accentramento ingiustificato e poi, quando è stato obbligato a realizzare concretamente le funzioni alle Regioni, non ha saputo creare un sistema che assicurasse un efficace coordinamento dell’attività istituzionale. Anticipando le conclusioni del nostro discorso, la natura intersettoriale del turismo, già più volte ricordata, avrebbe dovuto imporre una gestione pubblica basata sul coordinamento: un costante collegamento sia verticale, fra l’attività di organi appartenenti a istituzioni diverse ma con eguali competenze, sia orizzontale, fra l’attività di organi della medesima istituzione ma con diverse competenze. Tale coordinamento non solo avrebbe assicurato al sistema turismo razionalità ed efficienza, ma anche omogeneità, un’omogeneità necessaria per poter rapportarsi con i mercati esteri. Naturalmente viviamo in tempi in cui tutti i comparti dell’economia vivono profondi processi di internazionalizzazione. Ma il turismo nasce, fin dai primi decenni del ‘900, come attività di scambio e confronto con il mondo intero e sui mercati internazionali un’immagine frammentata del prodotto Italia ne indebolisce inevitabilmente la competitività. A distanza di ottant’anni, dunque, le istituzioni dimostravano ancora una conoscenza troppo superficiale del turismo, troppo distratta da considerazioni e valutazioni d’altra natura.

Gli anni ’90 del secolo ormai passato chiudono la breve storia della gestione istituzionale del turismo italiano: un decennio di trasformazioni radicali all’interno delle istituzioni che hanno investito anche il mondo del turismo. A seguito della riorganizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la legge 23 agosto 1988, n. 400 sono state riformate le funzioni della Conferenza Stato Regioni alla quale, a seguito di un ulteriore decreto, sono state trasferite anche le funzioni di programmazione turistica che la legge quadro aveva assegnato al soppresso Comitato di Coordinamento creato dalla legge quadro6. Il peso politico delle Regioni è cresciuto anche grazie all’apparire di nuove forze politiche che hanno fatto del federalismo la loro bandiera. Proprio sul terreno del turismo le Regioni hanno dato una chiara manifestazione di forza ottenendo, attraverso il referendum abrogativo del 18 aprile 1983, da loro stesse proposto, la soppressione del Ministero del Turismo Sport e Spettacolo. Lo Stato ha dovuto mettere da parte le ultime remore e ha provveduto a un ulteriore riordino delle funzioni in materia di turismo con il decreto legge del 4 agosto 1993, n. 273 presentato dall’allora Ministro del Turismo e dello Spettacolo ad Interim, Carlo Azeglio Ciampi e sfociato, dopo numerose reiterazioni, nella legge 30 marzo 1995 n. 293. Le residuali funzioni conservate dallo Stato sono state assegnate al Dipartimento costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le trasformazioni più radicali sono avvenute, in realtà, a seguito di mutamenti istituzionali esterni al mondo del turismo: la legge 8 giugno 1990, n. 142, che ha sancito ulteriori trasferimenti alle amministrazioni locali7, ma soprattutto la legge 15 marzo 1997, n. 59, meglio nota come Bassanini, ha posto le condizioni per un nuovo, e questa volta rilevante, trasferimento di funzioni alle Regioni. Tale trasferimento si è realizzato attraverso successivi decreti legislativi di attuazione. Il D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112 dedica il Capo IX proprio al turismo8. Tra le abrogazioni contenute nell’articolo 46 ritroviamo varie disposizioni della legge 217/83.

L’intero decennio è segnato dalla presentazione di innumerevoli disegni di legge di riforma, costantemente osteggiati dalle Regioni, che hanno sempre visto nella legislazione quadro un’ingerenza sulla loro potestà legislativa. La volontà di superare

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l’ostilità delle Regioni ha portato alla stesura di un testo di riforma di basso profilo che non sembra rispondere a quella esigenza di coordinamento necessaria a razionalizzare gli interventi delle diverse istituzioni. Il 1° marzo 2001, dopo oltre 15 anni di attesa, il Parlamento ha approvato, per certi versi a sorpresa, il testo definitivo della riforma della legge quadro, che sarà tramandata ai posteri come legge 29 marzo 2001, n. 135. E proprio la 135/2001 è il punto di partenza del nuovo panorama legislativo in cui si inseriscono le istituzioni titolari di competenze in materia di turismo; un panorama completamente mutato rispetto al passato a cominciare dalla legge fondamentale dello Stato. L’8 marzo 2001 il Senato ha approvato definitivamente la modifica del Titolo Quinto della Costituzione operando un capovolgimento di prospettive. Il nuovo articolo 117 elenca le materie in cui la potestà legislativa è esercitata in via esclusiva dallo Stato. Tutte le altre, costituenti la cosiddetta “legislazione concorrente”, sono di competenza regionale rimanendo riservata allo Stato solo la potestà di fissare i principi fondamentali9.

Analizzando l’articolato della nuova legge quadro, appare evidente come i suoi contenuti siano più il frutto delle riforme inaugurate nel 1997 dalla Bassanini che il risultato dell’ultradecennale iter di riforma della 217/83. L’articolo 1 della 135/2001 individua con chiarezza i quattro capisaldi normativi sui quali poggia la nuova legislazione cornice del turismo: La presente legge definisce i principi fondamentali e gli strumenti della politica del turismo in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione ed ai sensi dell'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Proprio nel decreto 112/98, all’articolo 44, ritroviamo lo strumento cardine della nuova architettura istituzionale che è chiamato ad assicurare al sistema omogeneità e coordinamento: le linee guida. I commi 4 e 5 dell’articolo 2 della legge 135/2001, riprendendo l’articolo 44 d citato sopra, individuano nelle linee guida lo strumento di gestione pubblica del mercato turistico. Emanate ogni tre anni in forma di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, le linee guida10:

fissano norme standard riferite a tutti i comparti del turismo – ricettività, intermediazione, professioni turistiche, imprese senza scopo di lucro ecc. – cui le regioni dovranno uniformarsi entro 9 mesi;

dettano inoltre principi e obiettivi relativi, fra l’altro, allo sviluppo di politiche per il turismo individuate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, agli indirizzi generali per la promozione dell’Italia all’estero, alle azioni dirette allo sviluppo dei sistemi turistici locali.

Se, sul piano formale, è il Presidente del Consiglio a emanare il decreto contenente le linee guida, sul piano sostanziale, l’organo che si fa carico della definizione delle linee guida è la Conferenza Stato Regioni, al cui interno il ruolo principale è svolto dalle Regioni e non dallo Stato. La legge 135/2001 conclude, dunque, una importante fase di evoluzione della cosiddetta questione istituzionale del turismo, che la 217/83 aveva lasciata irrisolta. Il suo lungo iter parlamentare di riforma è potuto giungere a conclusione solo scivolando nell’alveo delle riforme istituzionali dell’intero sistema: un vero fiume in piena, considerati i tempi biblici della legislazione turistica. In questo contesto più ampio è stato possibile ricomporre il contrasto fra Stato e Regioni e definire dei protocolli di dialogo condivisi. Attualmente viviamo in un momento che potremmo definire di accentuato confronto: non sono mancate le Regioni che hanno predisposto nuovi ricorsi alla Corte Costituzionali; non è mancato nemmeno, ad appena due mesi dalla sua approvazione, un nuovo progetto di legge per una ulteriore riforma della 135/2001. Nel frattempo l’attività normativa degli organi coinvolti dalla 135/2001 –

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Conferenza Stato Regioni e Direzione Generale del Turismo prosegue. La legislazione è così recente che il sistema è in fase di assestamento. Se il dialogo fra le istituzioni – Stato e Regioni in primis – sarà effettivamente sviluppato, il turismo italiano ne trarrà enormi benefici in termini di razionalizzazione interna e competitività all’esterno. Se invece l’assestamento si rivelerà un semplice cessate il fuoco, allora il turismo italiano farà un balzo all’indietro di trent’anni.

Leggi regionali del turismo

Note

1 Paloscia F., Storia del turismo nell’economia Italiana, Pedruzzi, Città di Castello, 1994.2 Paloscia F., Ibidem.3 Carone G., Costa N., “Osservazioni sulla legislazione turistica tra economia e società”, Centres des

Hautes Etudes Touristiques, Série B, N° 49, Aix en Provences, Ottobre 1987.4 Si riporta il testo dell’articolo 117 della Costituzione italiana così come promulgato il 27 dicembre

1947.La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi

fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica e assistenza sanitaria e ospedaliera; istituzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo e industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato.

Altre materie indicate da leggi costituzionali.Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro

attuazione. 5 artt. 2 e 3, legge 17 maggio 1983, n. 271.6 art. 3. c. 1 del D. L.vo 16 dicembre 1989, n. 418.7 La legge non ha destato entusiasmo sin dal momento della sua approvazione. È stata abolita dal Testo

Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, in applicazione art. 31 legge 3 agosto 1999, n. 265. La materia è già oggetto di ulteriori modifiche con la legge 28 febbraio 2001 n. 26.

8 Ecco qui di seguito riportati gli articoli 43, 44 e 45 del D.L.vo 31 marzo 1998, n.112: Articolo 43. Definizioni1. Le funzioni amministrative relative alla materia "turismo e industria alberghiera", così

come definita dall'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, concernono ogni attività pubblica o privata attinente al turismo, ivi incluse le agevolazioni, le sovvenzioni, i contributi, gli incentivi, comunque denominati, anche se per specifiche finalità, a favore delle imprese turistiche.

Articolo 44. Funzioni e compiti conservati allo StatoSono conservate allo Stato:a) la definizione, in accordo con le Regioni, dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo

sviluppo del sistema turistico. Le connesse linee guida sono contenute in un documento approvato, d'intesa con la Conferenza Stato Regioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative degli operatori turistici, dei consumatori e del turismo sociale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori del turismo più rappresentative nella categoria. Prima della sua definitiva adozione, il documento è trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo è approvato il predetto documento contenente le linee guida;

b) il monitoraggio delle fasi attuative del documento di cui alla lettera a) relativamente agli aspetti statali;

c) il coordinamento intersettoriale delle attività di competenza dello Stato connesse alla promozione, sviluppo e valorizzazione del sistema turistico nazionale;

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d) il cofinanziamento, nell'interesse nazionale, di programmi regionali o interregionali per lo sviluppo del turismo.

Articolo 45. Conferimento di funzioni alle regioni1. Sono conferite alle regioni tutte le funzioni amministrative statali concernenti la materia

del turismo, come definita nell'articolo 43, non riservate allo Stato ai sensi dell'articolo 44. 9 La nuova versione del Titolo Quinto della Costituzione è stata approvata 8 marzo 2000.10 I commi 4 e 5 dell’articolo 2 della legge 135/2001 stabiliscono:Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente del Consiglio dei ministri

definisce, ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con proprio decreto, i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. Il decreto è adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria degli operatori turistici e dei consumatori. Lo schema di decreto è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini della espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti. Il decreto, al fine di assicurare l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, stabilisce:

a) le terminologie omogenee e lo standard minimo dei servizi di informazione e di accoglienza ai turisti;

b) l'individuazione delle tipologie di imprese turistiche operanti nel settore e delle attività di accoglienza non convenzionale;

c) i criteri e le modalità dell'esercizio su tutto il territorio nazionale delle imprese turistiche per le quali si ravvisa la necessità di standard omogenei e uniformi;

d) gli standard minimi di qualità delle camere di albergo e delle unità abitative delle residenze turistico-alberghiere e delle strutture ricettive in generale;

e) gli standard minimi di qualità dei servizi offerti dalle imprese turistiche cui riferire i criteri relativi alla classificazione delle strutture ricettive;

f) per le agenzie di viaggio, le organizzazioni e le associazioni che svolgono attività similare, il livello minimo e massimo da applicare a eventuali cauzioni, anche in relazione a analoghi standard utilizzati nei Paesi dell'Unione europea;

g) i requisiti e le modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale delle professioni turistiche per le quali si ravvisa la necessità di profili omogenei e uniformi, con particolare riferimento alle nuove professionalità emergenti nel settore;

h) i requisiti e gli standard minimi delle attività ricettive gestite senza scopo di lucro;i) i requisiti e gli standard minimi delle attività di accoglienza non convenzionale;l) i criteri direttivi di gestione dei beni demaniali e delle loro pertinenze concessi per attività turistico-

ricreative, di determinazione, riscossione e ripartizione dei relativi canoni, nonché di durata delle concessioni, al fine di garantire termini e condizioni idonei per l'esercizio e lo sviluppo delle attività imprenditoriali, assicurando comunque l'invarianza di gettito per lo Stato;

m) gli standard minimi di qualità dei servizi forniti dalle imprese che operano nel settore del turismo nautico;

n) i criteri uniformi per l'espletamento degli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni turistiche.

5. Il decreto di cui al comma 4 formula altresì principi e obiettivi relativi: a) allo sviluppo dell'attività economica in campo turistico di cui deve tenere conto il Comitato

interministeriale per la programmazione economica nello svolgimento dei compiti ad esso assegnati, con particolare riferimento all'utilizzo dei fondi comunitari;

b) agli indirizzi generali per la promozione turistica dell'Italia all'estero; c) alle azioni dirette allo sviluppo di sistemi turistici locali, come definiti dall'articolo 5, nonché dei

sistemi o reti di servizi, di strutture e infrastrutture integrate, anche di valenza interregionale, ivi compresi piani di localizzazione dei porti turistici e degli approdi turistici di concerto con gli enti locali interessati;

d) agli indirizzi e alle azioni diretti allo sviluppo di circuiti qualificati a sostegno dell'attività turistica, quali campi da golf, impianti a fune, sentieristica attrezzata e simili;

e) agli indirizzi per l’integrazione e l'aggiornamento della Carta dei diritti del turista di cui all'articolo 4; f) alla realizzazione delle infrastrutture turistiche di valenza nazionale e allo sviluppo delle attività

economiche, in campo turistico, attraverso l'utilizzo dei fondi nazionali e comunitari.6. Nel rispetto dei principi di completezza e integralità delle modalità attuative, di efficienza,

economicità e semplificazione dell'azione amministrativa, di sussidiarietà nei rapporti con le autonomie territoriali e funzionali, ciascuna regione, entro nove mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 4, dà attuazione ai principi e agli obiettivi stabiliti dalla presente legge e contenuti nel decreto di cui al medesimo comma 4.

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7. Allo scopo di tutelare e salvaguardare gli interessi unitari non frazionabili, in materia di libertà di impresa e di tutela del consumatore, le disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 4 si applicano, decorsi inutilmente i termini di cui al comma 6, alle regioni a statuto ordinario, fino alla data di entrata in vigore di ciascuna disciplina regionale di attuazione delle linee guida, adottata secondo le modalità di cui al medesimo comma 6.

8. Per le successive modifiche e integrazioni al decreto di cui al comma 4 si applicano le medesime procedure previste dall'articolo 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge. I termini previsti da tali disposizioni sono ridotti alla metà.

Leggi regionali del turismo

REGIONE MODELLO ORGANIZZATIVO LEGGEAbruzzo APTR + IAT 26/06/1997, n. 54Basilicata APTR + IAT 30/07/1996, n. 34Calabria APT + IAT 28/03/1985, n. 13Campania APT + IAT (1) 25/08/1987, n. 37Emilia Romagna AG. REG. + APT SERVIZI + UNIONI DI PRODOTTO 04/03/1998, n. 07Friuli V. G. APT + IAT 18/03/1991, n. 10Lazio AG. + APT + IAT 15/05/1997, n. 09Liguria AG. REG. + APT 27/03/1998, n.15Lombardia APT + IAT 30/07/1986, n.28Marche APTR + IAT 06/08/1997, n. 53Molise APT + IAT 09/06/1978, n.13Piemonte AG. REG. + Ag Accoglienza D.C.R. 27/12/2001Puglia APT + IAT 23/10/1996, n. 23Sardegna ESIT + EEPPT + AACST 27/08/1960, n. 1044Sicilia AAPIT 06/04/1996, n. 27Toscana APET + AgPT 23/03/2000, n. 42Umbria Sistemi Turistici Locali 19/11/2001, n. 29Valle d'Aosta AIAT 15/03/2001, n. 06Veneto APT + IAT 05/08/1997, n. 30Bolzano P.A. APT + ALTO ADIGE MARKETING 11/08/1998, n. 08Trento P.A. APTTn + APT Ambito + ASS./CONSORZI PRO LOCO 04/08/1986, n. 21

(1) La legge nel 2001 non risultava ancora attuata e l'organizzazione del territorio si basava ancora sugli EEPPT

Legenda

AAPIT Aziende Autonome Provinciali per l'incremento turistico

AG. REG. Agenzia Regionale

AIAT Aziende d'Informazione e Accoglienza Turistica

APET Agenzia di Promozione Economica della Toscana

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APT Azienda di Promozione Turistica ex L. 217/83

APTR Azienda di Promozione Turistica Regionale

APTTn Agenzia di Promozione Turistica del Trentino

DCR Delibera Consiglio Regionale

EEPPT Enti Provinciali del Turismo

ESIT Ente Sardo per l'Industria Turistico

QUADRO GENERALE DELLA LEGISLAZIONE REGIONALEREGIONE MATERIA LEGGE

Abruzzo Organizzazione Turistica Regionale 26/06/1997, n. 54Basilicata Organizzazione Turistica Regionale 30/07/1996, n. 34Calabria Organizzazione Turistica Regionale 28/03/1985, n. 13Campania Organizzazione Turistica Regionale 25/08/1987, n. 37Emilia R. Organizzazione Turistica Regionale 04/03/1998, n. 07Friuli V.G. Organizzazione Turistica Regionale 18/03/1991, n. 10Lazio Organizzazione Turistica Regionale 15/05/1997, n. 09Liguria Organizzazione Turistica Regionale 09/01/1998, n. 03Liguria Organizzazione Turistica Regionale 27/03/1998, n.15Lombardia Organizzazione Turistica Regionale 30/07/1986, n. 28Marche Organizzazione Turistica Regionale 06/08/1997, n. 53Molise Organizzazione Turistica Regionale 09/06/1978, n.13Piemonte Organizzazione Turistica Regionale 22/10/1996, n. 75Puglia Organizzazione Turistica Regionale 23/10/1996, n. 23Sardegna Organizzazione Turistica Regionale 27/08/1960, n. 1044Sicilia Organizzazione Turistica Regionale 06/04/1996, n. 27Trento P.A. Organizzazione Turistica Regionale 04/08/1986, n. 21Toscana Organizzazione Turistica Regionale 14/10/1999, n. 54Toscana Organizzazione Turistica Regionale 23/03/2000, n. 42Umbria Organizzazione Turistica Regionale 19/11/2001, n. 29Valle d'Aosta Organizzazione Turistica Regionale 15/03/2001, n. 06Veneto Organizzazione Turistica Regionale 16/03/1994, n. 13Veneto Organizzazione Turistica Regionale 05/08/1997, n. 30Basilicata Strade del Vino 02/02/2000, n. 07Emilia R. Strade del Vino 07/04/2000, n. 23Friuli V.G. Strade del Vino 20/11/2000, n. 21Lazio Strade del Vino 03/08/2001, n.21Piemonte Strade del Vino 09/08/1999, n. 20Toscana Strade del Vino 13/08/1996, n. 69Veneto Strade del Vino 09/02/2001, n. 05Abruzzo Agenzie di Viaggio 12/01/1998, n. 01Basilicata Agenzie di Viaggio 29/03/1999 n. 08Calabria Agenzie di Viaggio 10/04/1995, n. 13Emilia R. Agenzie di Viaggio 26/07/1997, n. 23Friuli V. G. Agenzie di Viaggio 24/12/1982, n. 90Friuli V. G. Agenzie di Viaggio 04/05/1993, n. 17Lazio Agenzie di Viaggio 27/01/2000, n. 10Liguria Agenzie di Viaggio 24/07/1997, n. 28

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Liguria Agenzie di Viaggio 05/11/1999, n. 33Marche Agenzie di Viaggio 14/02/2000, n. 08Marche Agenzie di Viaggio 14/07/1997, n. 41Molise Agenzie di Viaggio 25/10/1996, n. 32Piemonte Agenzie di Viaggio 30/03/1988, n. 15Puglia Agenzie di Viaggio 14/06/1996, n. 08Sardegna Agenzie di Viaggio 13/07/1988, n. 113Sicilia Agenzie di Viaggio 06/04/1996, n. 27Trento Agenzie di Viaggio 17/03/1988, n. 09Umbria Agenzie di Viaggio 16/02/1998, n. 05Veneto Agenzie di Viaggio 30/12/1997, n. 44Abruzzo Agriturismo 04/03/1998, n. 12Basilicata Agriturismo 27/04/1996, n. 24Bolzano Agriturismo 14/12/1988, n. 57Calabria Agriturismo 23/07/1998, n. 09Emilia R. Agriturismo 28/06/1994, n. 26Friuli V.G. Agriturismo 22/07/1996, n. 25Lazio Agriturismo 10/11/1997, n. 36Liguria Agriturismo 06/08/1996, n. 33Liguria Agriturismo 26/03/1997, n. 11Lombardia Agriturismo 31/01/1992, n. 03Marche Agriturismo 28/10/1999, n. 27Molise Agriturismo 25/01/1994, n. 02Piemonte Agriturismo 23/03/1995, n. 38Sardegna Agriturismo 23/06/1998, n. 18Sicilia Agriturismo 09/06/1994, n. 25Toscana Agriturismo 17/10/1994, n. 76Toscana Agriturismo 02/08/1997, n. 48Trento Agriturismo 10/03/1986, n. 09Umbria Agriturismo 14/08/1997, n. 28Umbria Agriturismo 13/12/1999, n. 37Valle d'Aosta Agriturismo 24/07/1995, n. 27Veneto Agriturismo 18/07/1991, n. 15Abruzzo Alberghi 23/07/1982, n. 45Calabria Alberghi 03/05/1985, n. 26Campania Alberghi 15/03/1984, n. 15Emilia R. Alberghi 30/01/1981, n. 42Friuli V.G. Alberghi 18/04/1997, n. 17Liguria Alberghi 24/01/1985, n. 5Lombardia Alberghi 28/04/1997, n. 12Marche Alberghi 22/10/1994, n. 42Piemonte Alberghi 24/01/1995, n. 14Puglia Alberghi 11/02/1999, n. 11Sardegna Alberghi 14/05/1984, n. 22Sicilia Alberghi 06/04/1996, n. 27Toscana Alberghi 23/03/2000, n. 42Umbria Alberghi 27/01/1993, n. 04Valle d'Aosta Alberghi 06/07/1984, n. 33Veneto Alberghi 30/07/1999, n. 29Abruzzo Bed & Breakfast 28/04/2000, n. 78Basilicata Bed & Breakfast 10/04/2000, n. 38

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Campania Bed & Breakfast 10/05/2001, n. 05Emilia R. Bed & Breakfast 25/06/1999, n. 11Friuli V.G. Bed & Breakfast 05/07/1999, n. 17Liguria Bed & Breakfast 28(01/2000, n. 05Lombardia Bed & Breakfast 03/04/2001, n. 06Marche Bed & Breakfast 14/02/2000, n. 08Piemonte Bed & Breakfast 13/03/2000, n. 20Puglia Bed & Breakfast 24/07/2001, n. 17Sicilia Bed & Breakfast 03/05/2001, n. 06Umbria Bed & Breakfast 15/01/2001, n. 02Valle d'Aosta Bed & Breakfast 04/08/2000, n. 23Veneto Bed & Breakfast 22/10/1999, n. 49Abruzzo Campeggi 28/12/1998, n. 162Calabria Campeggi 11/07/1986, n. 28Campania Campeggi 26/03/1993, n. 13Emilia R. Campeggi 07/01/1985, n. 01Emilia R. Campeggi 21/12/1987, n. 41Friuli V.G. Campeggi 25/06/1999, n. 11Lazio Campeggi 13/12/1996, n. 54Liguria Campeggi 29/05/1998, n. 18Lombardia Campeggi 13/04/2001, n. 07Marche Campeggi 31/08/1999, n. 23Molise Campeggi 21/03/2001, n. 23Piemonte Campeggi 31/08/1979, n. 54Piemonte Campeggi 27/05/1980, n. 63Piemonte Campeggi 30/08/1984, n. 46Puglia Campeggi 11/02/1999, n. 11Sardegna Campeggi 14/05/1984, n. 22Sicila Campeggi 13/03/1982, n. 14Umbria Campeggi 27/10/1999, n. 27Veneto Campeggi 16/12/1999, n. 56Abruzzo Extralberghiero 28/04/1995, n. 75Abruzzo Extralberghiero 04/03/1998, n. 12Calabria Extralberghiero 07/03/1995, n. 04Emilia R. Extralberghiero 02/08/1997, n. 27Friuli V.G. Extralberghiero 18/04/1997, n. 17Lazio Extralberghiero 29/05/1997, n. 18Lazio Extralberghiero 02/07/1999, n. 15Liguria Extralberghiero 25/05/1992, n. 13Lombardia Extralberghiero 11/09/1989, n. 45Marche Extralberghiero 12/08/1994, n. 31Marche Extralberghiero 14/02/2000, n. 08Piemonte Extralberghiero 02/07/1999, n. 15Puglia Extralberghiero 11/02/1999, n. 11Sardegna Extralberghiero 12/08/1998, n. 27Toscana Extralberghiero 23/03/2000, n. 42Umbria Extralberghiero 14/03/1994, n. 8Umbria Extralberghiero 27/10/1999, n. 27Valle d'Aosta Extralberghiero 29/05/1996, n. 11Veneto Extralberghiero 22/10/1999, n. 49Abruzzo Guida Tur. - Guida Natur. - Interprete - Accomp. Tur. 14/07/1987, n. 39

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Basilicata Guida Tur. - Interprete Tur. - Accomp. Tur. 08/09/1998, n. 35Calabria Attività Professionali Turistiche 28/03/1985, n. 13Campania Attività Professionali Turistiche 16/03/1986, n. 11Emilia R. Attivittà turistiche di accompagnamento 01/02/2000, n. 04Friuli F.G. Guida Alpina 21/11/1995, n. 44Friuli F.G. Maestro di Sci 18/04/1997, n. 16Lazio Accompagnatore Turistico Guida Turistica 19/04/1985, n. 50Liguria Guida Tur. - Guida natur. - Interprete - Accomp. Tur. 25/01/1993, n. 06Liguria Norme per l'esercizio delle professioni turistiche 23/12/1999, n. 44Liguria Organizzatore Congressuale Prof. 28/01/1998, n. 5Lombardia Guida Alpina 11/11/1994, n. 29Lombardia Guida Turistica - Interprete Tur. - Accomp. Tur. 10/12/1986, n. 65Lombardia Maestro di sci 14/02/1994, n. 02Marche Disciplina Attività Profes. del Turismo 23/01/1996, n. 04Piemonte Professioni Turistiche 18/07/1989, n. 41Sardegna Professioni Turistiche 15/06/1988 n. 26Toscana Professioni Turistiche 19/07/1995 n. 80Trentino Guida - Accomp. Tur. - Assist. Turismo Equestre 14/02/1992, n. 12Trentino Guida Alpina - Maestro di Sci 23/07/1993, n. 20Umbria Animatore Turistico 18/01/1989, n. 04Umbria Disciplina Attività Profes. del Turismo 04/07/1988, n. 19Umbria Disciplina Attività Profes. del Turismo 04/07/1988, n. 21Umbria Disciplina Attività Profes. del Turismo 05/03/1999, n. 05Umbria Guida Tur. - Interprete Tur. - Accompagnatore Tur. 14/07/1986, n. 36Umbria Guide Ambientali 22/06/1989, n. 18Umbria Maestro di Sci 09//04/1994, n. 22Umbria Organizzatore Congressuale Prof. 22/06/1989, n. 19Valle d'Aosta Accompagnatore della Natura 25/08/1991, n. 34Valle d'Aosta Guida Alpina 07/03/1997, n. 07Valle d'Aosta Guida Turistica - Accompagnatore turistico 24/12/1996, n. 42Valle d'Aosta Maestro di Sci 31/12/1999, n. 44Valle d'Aosta Turismo Equestre 13/05/1993, n. 33Valle d'Aosta Turismo Equestre 07/03/1997, n. 06Veneto Nuova disciplina delle professioni turistiche 07/04/2000, n. 13Toscana Testo Unico Leggi Turismo 23/03/2000, n. 42