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Numero 47 Settembre 2010 Crisi ed exit strategy: la ri- scoperta delle motivazioni intrinseche iviamo un’epoca davvero straordinaria per la porta- ta dei cambiamenti che la percor- rono. Questa affermazione, che rischia di essere abbandonata nel- lo scaffale impolverato della reto- rica, svela la sofferta consapevo- lezza che abbiamo acquisito circa l’esigenza non più rinviabile di nuovi approcci per il governo della società, della politica, dell’econo- mia. La globalizzazione e l’accen- tuata dimensione assunta dalla mobilità di popoli e persone, le nuove e inconsuete modalità di produzione della ricchezza fonda- te sulla conoscenza e i suoi effetti moltiplicativi, il permanere di problemi associati alla necessità di individuare più sostenibili mecca- nismi di distribuzione della ric- chezza, insieme alla evidente crisi del lavoro e dei sistemi di welfare nell’occidente, sono soltanto alcu- ne delle questioni che stanno rompendo con il passato e impe- gnando governi, istituzioni e so- cietà civile a un ripensamento senza precedenti. Gli affanni di quest’epoca ci stanno aiutando a ritrovare, guardando il lato positi- vo della vicenda, il senso delle cose, a comprendere il significato e il valore dell’economia, scopren- done con la sofferenza anche i suoi limiti, quando è costruita su una visione della crescita senza limiti e una concezione dell’uomo miope e senza anima. La crisi e il brusco risveglio ci stanno ricor- dando che “l’economia è impor- tante, la felicità di più (1) ”. Ma la felicità non può essere misurata soltanto con metriche materiali (limitate e discutibili) come la crescita del reddito e del prodotto nazionale lordo di un paese, di una regione o di una intera econo- mia. Un numero sempre maggiore di studiosi (e premi nobel come Amartya Sen e Joseph Stiglitz che rappresentano soltanto i testimo- ni più recenti di questo pensiero) stanno dimostrando con ricerche approfondite che la crescita del reddito non produce sempre un aumento di benessere. Un valore importante, anche in chiave eco- nomica, ce l’hanno i rapporti in- terpersonali, la fiducia e i legami. Si rispolverano così beni che illu- minano una concezione dell’uomo non tanto e non solo come agente oeconomicus, ma prima di tutto come “persona” guidata da moti- vazioni in- trinseche che vanno ben oltre gli incentivi monetari (2) . Sono nume- rosi i labora- tori multidi- sciplinari di economia sperimentale che stanno lavorando su questo a- spetto. Una vera e pro- p r i a “riscoperta” che interessa non solo la scienza, ma anche il gior- nalismo più attento a co- gliere le dimen- sioni del cam- biamento e dell’innovazio- ne anche a livello antropologico e sociale. Scrive Luca De Biase, uno tra i più competenti ed appassio- nati interpreti dei legami tra feli- cità e dinamiche dello sviluppo, commentando alcune iniziative fondate sulla collaborazione gra- tuita e discreta: “sta di fatto che tutte queste attività funzionano e le persone le portano avanti, pur senza incentivi monetari e senza una chiara razionalità economica. Sicché anche l’impresa sociale potrebbe essere presa in conside- razione come un fenomeno meno marginale per la vita delle persone (3) ”. La vecchia teoria economica, insomma, deve fare i conti con la circostanza sempre più evidente che le persone assegnano un gran valore ai beni relazionali, ai rap- porti con gli altri, ai legami con il territorio, alla fiducia, alla reci- procità. La loro ricerca diventa motivo di comportamenti e di decisioni che la tradizionale teo- ria economica non riesce a spiega- re. Non si tratta di dimensioni nuove, tutt’altro. Ma il risveglio tumultuoso dall’incubo ce le sta riproponendo con significati nuo- vi e potenzialità diverse, lasciando immaginare per esse un ruolo ben diverso, anche nell’economia, da quello sin qui avuto. Ci sono ener- gie che possono aiutare la società a crescere attraverso la produzio- ne e distribuzione di “beni” che non diventano “mali (4) ”, incenti- vando una visione dell’uomo aper- ta ed accogliente. E tra queste energie c’è anche la motivazione “non economica” ad agire, ossia quella non sostenuta da incentivi monetari. C’è un gran lavoro da fare, allora, a tutti i livelli. Perché questa consapevolezza richiede ora molta organizzazione e uno stock di competenze adeguate da ri-costruire, formare, consolidare. Certamente è necessario ed op- portuno riscrivere regole e in- centivi, policy e normative. Ma quello che più manca, e rischia di bloccare il Paese, è una leadership diffusa che sappia “raccontare” con forza e passio- ne questa nuova visione dello sviluppo sostenibile per attrarre investimenti e risorse, costruen- do attorno ad essa un progetto e significati condivisi. Per far questo c’è bisogno anche di un profondo, esteso e coerente pro- getto di educazione, capace di for- mare giovani e meno giovani alla costruzione responsabile di una società fondata non soltanto su prezzi e incentivi monetari, su tecniche e metriche, ma su una visione e su significati condivisi, sulla genuinità dei rapporti in- terpersonali e su un’antropolo- gia che guarda all’uomo non soltanto come agente economico ma come soggetto che è in e che ricerca la relazione con gli altri. * Direttore Executive MBA (1) Luigino Bruni, L’economia la felicità e gli altri, Città Nuova, Roma, 2004 (2) Per approfondire l’importanza delle motivazioni disinteressate dell’agire economico, si rinvia al saggio di Bruno S. Frey, Non solo per denaro, Bruno Monda- dori, Milano, 2005 (3) Luca De Biase, “Non sempre l’homo e solo oeconomicus”, Il Sole 24 Ore, 19 settembre 2010 (4) Luigino Bruni, Luca Crivelli (a cura di), Per una economia di comunione. Un approccio multidisciplinare, Città Nuova, Roma, 2004 executivemba NEWS EDITORIALE di Gabriele Gabrielli* V

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Quali opportunità nel segmento Luxury per una start up. Il business model può rivelarsi il “punto di forza” principale

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Numero 47

Settembre 2010

Crisi ed exit strategy: la ri-scoperta delle motivazioni

intrinseche

iviamo un’epoca davvero straordinaria per la porta-

ta dei cambiamenti che la percor-rono. Questa affermazione, che rischia di essere abbandonata nel-lo scaffale impolverato della reto-rica, svela la sofferta consapevo-lezza che abbiamo acquisito circa l’esigenza non più rinviabile di nuovi approcci per il governo della società, della politica, dell’econo-mia. La globalizzazione e l’accen-tuata dimensione assunta dalla mobilità di popoli e persone, le nuove e inconsuete modalità di produzione della ricchezza fonda-te sulla conoscenza e i suoi effetti moltiplicativi, il permanere di problemi associati alla necessità di individuare più sostenibili mecca-nismi di distribuzione della ric-chezza, insieme alla evidente crisi del lavoro e dei sistemi di welfare nell’occidente, sono soltanto alcu-

ne delle questioni che stanno rompendo con il passato e impe-gnando governi, istituzioni e so-cietà civile a un ripensamento senza precedenti. Gli affanni di quest’epoca ci stanno aiutando a ritrovare, guardando il lato positi-vo della vicenda, il senso delle cose, a comprendere il significato e il valore dell’economia, scopren-done con la sofferenza anche i suoi limiti, quando è costruita su una visione della crescita senza limiti e una concezione dell’uomo miope e senza anima. La crisi e il brusco risveglio ci stanno ricor-dando che “l’economia è impor-tante, la felicità di più(1)”. Ma la felicità non può essere misurata soltanto con metriche materiali (limitate e discutibili) come la crescita del reddito e del prodotto nazionale lordo di un paese, di una regione o di una intera econo-mia. Un numero sempre maggiore di studiosi (e premi nobel come Amartya Sen e Joseph Stiglitz che rappresentano soltanto i testimo-ni più recenti di questo pensiero) stanno dimostrando con ricerche approfondite che la crescita del reddito non produce sempre un aumento di benessere. Un valore importante, anche in chiave eco-nomica, ce l’hanno i rapporti in-terpersonali, la fiducia e i legami. Si rispolverano così beni che illu-minano una concezione dell’uomo non tanto e non solo come agente oeconomicus, ma prima di tutto come “persona” guidata da moti-

vazioni in-t r i n s e c h e che vanno ben oltre gli i n c e n t i v i monetari(2) . Sono nume-rosi i labora-tori multidi-sciplinari di e c o n o m i a sperimentale che stanno lavorando su questo a-spetto. Una vera e pro-p r i a “riscoperta”

che interessa non solo la scienza, ma anche il gior-nalismo più attento a co-gliere le dimen-sioni del cam-biamento e dell’innovazio-ne anche a livello antropologico e sociale. Scrive Luca De Biase, uno tra i più competenti ed appassio-nati interpreti dei legami tra feli-cità e dinamiche dello sviluppo, commentando alcune iniziative fondate sulla collaborazione gra-tuita e discreta: “sta di fatto che tutte queste attività funzionano e le persone le portano avanti, pur senza incentivi monetari e senza una chiara razionalità economica. Sicché anche l’impresa sociale potrebbe essere presa in conside-razione come un fenomeno meno marginale per la vita delle persone(3)”. La vecchia teoria economica, insomma, deve fare i conti con la circostanza sempre più evidente che le persone assegnano un gran valore ai beni relazionali, ai rap-porti con gli altri, ai legami con il territorio, alla fiducia, alla reci-procità. La loro ricerca diventa motivo di comportamenti e di decisioni che la tradizionale teo-ria economica non riesce a spiega-re. Non si tratta di dimensioni nuove, tutt’altro. Ma il risveglio tumultuoso dall’incubo ce le sta riproponendo con significati nuo-vi e potenzialità diverse, lasciando immaginare per esse un ruolo ben diverso, anche nell’economia, da quello sin qui avuto. Ci sono ener-gie che possono aiutare la società a crescere attraverso la produzio-ne e distribuzione di “beni” che non diventano “mali(4)”, incenti-vando una visione dell’uomo aper-ta ed accogliente. E tra queste energie c’è anche la motivazione “non economica” ad agire, ossia quella non sostenuta da incentivi monetari. C’è un gran lavoro da fare, allora, a tutti i livelli. Perché questa consapevolezza richiede ora molta organizzazione e uno stock di competenze adeguate da ri-costruire, formare, consolidare.

Certamente è necessario ed op-portuno riscrivere regole e in-centivi, policy e normative. Ma quello che più manca, e rischia di bloccare il Paese, è una leadership diffusa che sappia “raccontare” con forza e passio-ne questa nuova visione dello sviluppo sostenibile per attrarre investimenti e risorse, costruen-do attorno ad essa un progetto e significati condivisi. Per far questo c’è bisogno anche di un profondo, esteso e coerente pro-getto di educazione, capace di for-mare giovani e meno giovani alla costruzione responsabile di una società fondata non soltanto su prezzi e incentivi monetari, su tecniche e metriche, ma su una visione e su significati condivisi, sulla genuinità dei rapporti in-terpersonali e su un’antropolo-gia che guarda all’uomo non soltanto come agente economico ma come soggetto che è in e che ricerca la relazione con gli altri.

* Direttore Executive MBA

(1) Luigino Bruni, L’economia la felicità e gli altri, Città Nuova, Roma, 2004 (2) Per approfondire l’importanza delle motivazioni disinteressate dell’agire economico, si rinvia al saggio di Bruno S. Frey, Non solo per denaro, Bruno Monda-dori, Milano, 2005 (3) Luca De Biase, “Non sempre l’homo e solo oeconomicus”, Il Sole 24 Ore, 19 settembre 2010 (4) Luigino Bruni, Luca Crivelli (a cura di), Per una economia di comunione. Un approccio multidisciplinare, Città Nuova, Roma, 2004

execut ivemba NEWS

EDITORIALE di Gabriele Gabrielli*

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leadership Execut ivemba NEWS

Falchi e colombe

possibile riconoscere due tipologie assolutamente normali di negoziato-

ri, che incarnano precise strategie negoziali: hard-liners (o falchi) e i soft-liners (o co-lombe). Gli hard-liners hanno una visione conflittuale del mondo, il potere nella loro strategia diventa essenziale, le posizioni sono solo posizioni di forza ed i contendenti sono nemici. Non si discute. Il negoziato tra le parti si svolge secondo l’impostazione mors tua vita mea e tale posizione, a ben pensarci, è abbastanza diffusa anche in a-zienda. Dall’altra parte invece ci sono i soft-liners, cioè le colombe che hanno una visio-ne consensuale del mondo e per i quali la negoziazione deve sbocciare fondamental-mente in una cooperazione, stante la consa-pevolezza che ci si incontrerà anche in futu-ro. Il problema delle colombe è però rappre-sentato dalla tendenza a sottostimare il costo delle proprie concessioni e, contem-poraneamente, ad esagerare il valore delle

concessioni fatte dall’interlocutore e, soprat-tutto, a sopravvalutare la sua volontà di rag-giungere un accordo. Errore nel quale non si dovrebbe mai ricadere. Spesso all’inizio di un negoziato è possibile riconoscere l’approccio tipico di un falco, successivamente però, soprattutto quando si comprende che dal negoziato emerga un vincitore assoluto, l’ap-proccio stesso evolve e con fare da colombe si cerca una soluzione diversa.

Il quadro cognitivo degli attori viene influen-zato continuamente dai messaggi degli inter-locutori, messaggi che un buon negoziatore non può non leggere. Capita, infatti, molto spesso che soprattutto i comportamenti non verbali degli interlocutori vengano ignorati, trascurando in questo modo le informazioni più utili per capire come evolve il negoziato. Questo atteggiamento trova la sua spiegazio-ne nella tendenza piuttosto ricorrente ad evitare che la stabilità del proprio sistema di credenze possa essere modificata. Ognuno di noi, infatti, è legato alla modalità con cui vede le cose ai propri schemi mentali, alle proprie credenze che la storia personale por-ta a rendere stabili. Il motivo di tale resisten-za al cambiamento è da ricercare nella sicu-rezza insita nella stabilità del modello di interpretazione della realtà. È questo il moti-vo per cui durante un negoziato si tende ad ignorare le informazioni discrepanti rispetto

al proprio modello cognitivo. Ed oltre ad igno-rare le informazioni ritenute inconsistenti si tende anche a pensare che si realizzerà tutto ciò che si ritiene sia bene che si realizzi, la-sciando che prevalga il whishfull thinking.

La resistenza al cambiamento ed il whishfull thinking fanno sì che il sistema di credenze si stabilizzi e riducono le probabilità di “bucare” il sistema cognitivo del contendente, impeden-do di penetrare nel suo campo di visione e ri-ducendo la comprensione di ciò che avviene durante il negoziato, con il rischio di negoziare ponendosi obiettivi che non hanno alcuna ri-spondenza con la realtà. In tale situazione la conseguenza più immediata è quella di non riuscire ad arrivare a ciò che si sperava di poter raggiungere e di dover ridimensionare obiettivi ed aspettative. Nondum matura est nolo acer-bam sumere era la conclusione della volpe che non riusciva ad arrivare all’uva, la stessa di un negoziatore sconfitto per incapacità di leggere la realtà e, soprattutto, di capire la controparte.

Direttore Generale

Università LUISS Guido Carli

“Can cultural issues cause plane crashes?”

ì, econdo Malcom Gladwell ci possono essere incidenti aerei anche (e soprattut-

to) per problematiche di origine culturale. Giornalista e scrittore canadese, Gladwell sostiene che la singola e più importante variabile rilevante in caso di incidenti aerei non è il velivolo, non è la manutenzione e neppure il tempo, bensì la cultura di prove-nienza dei piloti.

La teoria etnica degli incidenti aerei è un capitolo molto interessante del suo libro Outliers: The Story of Success (Little, Brown & C., New York, 2008). In particolare Gla-dwell analizza due incidenti aerei (Colombian Avianca Flight 52 e South Ko-rean Air Flight 801) e sostiene che proprio la cultura di provenienza dei piloti è la princi-pale variabile che può dar luogo alla conca-tenazione di errori che causano un disastro.

Ad esempio, secondo Gladwell, l’incidente relativo al volo 801 della Korean Air a Guam è l’esito di una concatenazione di fattori causali (molte ore di volo, stanchezza, brut-to tempo) che portarono per conseguenza ad un errore del comandante pilota che il co-pilota non riuscì a correggere per ragioni culturali. In particolare, il co-pilota non riuscì (“because unable or unwilling”) a far

sentire la sua opinione, cioè a comunicare in modo assertivo, su aspetti cruciali concernenti la conduzione del volo in condizioni di sicurez-za per la forte valenza che il rispetto della ge-rarchia tende ad avere all’interno dei sistema culturale coreano.

Per riprendere le parole dello stesso Gladwell: “Korean Air had more plane crashes than al-most any other airline in the world for a period at the end of the 1990s. When we think of air-line crashes, we think, Oh, they must have had old planes. They must have had badly trained pilots. No. What they were struggling with was a cultural legacy, that Korean culture is hierarchical. You are obliged to be deferential toward your elders and superiors in a way that would be unimaginable in the U.S. But Boeing and Airbus design modern, complex airplanes to be flown by two equals. That works beauti-fully in low-power-distance cultures like the U.S., where hierarchies aren't as relevant. But in cultures that have high power distance, it’s

very difficult”.

Dunque l’incidente aereo fu causato da una conca-tenazione di fattori al cui interno l’alta distanza gerarchica tra comandante e co-pilota ha un peso ponderato maggiore degli altri. La tesi è piuttosto ardita e non a caso ha generato critiche e dibattiti.

Quel che a noi più importa è che lo scarso livello di efficacia della comunicazione tra co-pilota e comandante rimanda a quell’indice che Geert Hofstede denominò Power Distance Index e che può essere utile per cercare di misurare la “distanza gerarchica”, ovvero quanto vengono considerate e rispettate le autorità all’interno di un sistema culturale (intese quali autorità istitu-zionali come la famiglia, la scuola, i colleghi nei contesti di lavoro). I sistemi culturali ad alta di-stanza gerarchica (high-power-distance), come ad esempio quelli prevalenti nell’area della penisola coreana, sono caratterizzati da atteggiamenti maggiormente “deferential towards authority” e quindi possono registrarsi con maggior frequenza

situazioni di difficoltà a suggerire alternative d’azione così come a con-traddire un collega in posizione di superiorità gerarchica. Quindi, in situazioni tipo quella del volo Korean Air 801, secondo Gladwell è (un po’ più) comprensibile che il co-pilota fosse “unable or unwilling to speak up as assertively as he should have about safety concerns”.

Fernando Salvetti Docente Emba, Antropologo ed

Executive trainer

Leadership by industry

ON LEADERSHIP di Pierluigi Celli*

E’

S

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da marchi prestigiosi di fama internazionale, di prezzo molto elevato e spesso supportati da storie e tradizioni affascinanti, rappresentativi di valori senza tempo, come l’eleganza, l’equilibrio nelle for-me, l’esclusività delle materie prime.

Risulta interessante considerare la distinzione pro-posta da Allerérès (1997), il quale ipotizza l’esisten-za di tre categorie di beni di lusso:

• Il lusso inaccessibile • Il lusso intermedio • Il lusso accessibile

Come creare un Luxury Brand capace di distin-guersi e di farsi apprezzare nel segmento del Lus-so “accessibile”?

Alcuni must per la creazione di una Luxury Company

1. Prima di tutto l’azienda deve prendere corpo da un incontro di capacità e competenze diverse e complementari nell’ambito commerciale, stilisti-co e manageriale, provenienti da ambiti differenti

possibilmente con esperienze radicate in questo particolare settore.

2. Il Business Model dovrà distinguersi per una forma assolutamente snella, basata sull’outsour-cing quasi completo, ma su di un presidio diretto e puntuale della variabile sales.

3. Gli elementi di base del business model dovran-no articolarsi in una organizzazione che sia in grado di presidiare i seguenti driver strategici e le relazioni che si generano

• Fattibilità: verifica del valore

• Collezione: creazione del valore

• Immagine: comunicazione del valore

Paolo Di Marco Docente Emba

Quali opportunità nel

segmento Luxury per

una start up. Il busi-

ness model può rivelar-

si il “punto di forza”

principale

osa si può rappresentare il mercato del Lusso

Il Lusso è oggi emblema di perpetua ricerca di eccellenza, di passione per la perfezione, di contemplazione del bello.

Il lusso è stato definito in passato come un mer-cato con tratti del tutto particolari: elitario, poiché offriva pezzi unici a prezzi proibitivi, locale, perché basa-to su imprese lega-te al territorio ed inoltre caratteriz-zato da segmenti di offerta specialistici (gioielli e orologi). Oggi invece si distingue per il fatto di essere un mercato trasversale, globale e sicuramente più accessibile rispetto ad un tempo. Il lusso moder-no non identifica più solo ciò che è costoso, raffinato e quindi inaccessibile alla massa dei consumatori ma richiama una più ampia catego-ria mentale: la ricerca del piacere personale, non necessariamente di tipo ostentativo, attraverso esperienze ed emozioni particolari.

I marchi che appartengono al settore del lusso sono dunque quelli che soddisfano questo biso-gno di esperienze eccezionali, di emozioni in-tense, fondando comunque la propria legittimità su un prodotto di qualità assolutamente supe-riore.

E’ bene fare luce su una distinzione concettuale molto importante: quella tra lusso e moda, termini a volte usati come sinonimi, spesso per il fatto che i beni apparte-nenti a queste due sfere sono caratteriz-zati da un’alta “intensità simbolica”. La moda si esprime a t t r a v e r s o i l “sistematico cambia-mento” dei prodotti appartenenti al fashion system. Le ragioni di questa continua evoluzione risiedono innanzitutto nella legittima stagiona-lità di questi beni, ma anche all’emergere di nuovi bisogni e desideri sempre più sofisticati che creano una situazione di obsolescenza for-zata. Il concetto di lusso fa invece riferimento a beni esclusivi di altissima qualità, caratterizzati

business school network

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Execut ivemba NEWS

IL CORSO IN CORSO

C

Perugia/Università: a Cucinelli laurea in “Etica Relazioni Umane”

Perugia- Una laurea magistrale honoris causa in ''Etica delle relazioni umane''. E' quella che l'Universita' degli Studi di Pe-rugia conferira' all'imprenditore umbro Brunello Cucinelli. La cerimonia, annuncia una nota dell'Ateneo, e' prevista per l'11 novembre prossimo a Palazzo Murena, nell'Aula Magna del Rettorato. Il conferi-mento del titolo, si legge ancora, proposto dal Dipartimento di Filosofia e approvato dal Consiglio di Facolta' di Lettere e Filo-sofia, ''giunge a sancire l'inedito approccio imprenditoriale di Cucinelli, che da tempo si distingue a livello internazionale per il suo personalissimo modo di condurre l'o-monima azienda di Solomeo''.

Asca - 31 agosto 2010

Dopo l'Illinois il Quebec, Lottomatica vuole crescere in Turchia e Grecia

Dopo l'Illinois il Quebec. Spielo Manufacturing, controllata di Lottomati-ca, si è aggiudicata un contratto con la Societe des loteries video du Quebec, con-trollata di Loto-Quebec, per la fornitura di un nuovo sistema centrale che gestirà, monitorerà e controllerà l'intera rete dei 12.000 terminali per le videolotterie. […]

Solo ieri il consorzio Northstar Lottery Group, partecipato all'80% dalla control-lata Gtech e al 20% da Scientific Games, ha vinto la gara per la gestione della lotte-ria dell'Illinois per una durata di 10 anni […]

Rimane da monitorare l'esito della gara in Texas (novembre, 100 milioni di dollari di vendite). Il successivo importante contrat-to sarà la Georgia nel 2013. Invece in Italia non ci sono scadenze importanti fino al 2016 (lotto). Ma Lottomatica ha anche intenzione di concentrarsi su altre oppor-tunità di crescita.

"In Turchia dove siamo già fornitori della piattaforma tecnologica, sono intenzionati a cambiare il modello di business, con la possibilità di dare a operatori privati la gestione delle lotterie come in Italia. Allo stesso modo", ha spiegato l'Ad Marco Sala, "la Grecia ha dichiarato di voler regola-mentare il settore delle videolotterie e i giochi su Internet". […]

Milano Finanza - 17 settembre 2010

SEGUIAMO I NOSTRI LEADER

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Execut ivemba NEWS person2person

a città ideale non esiste nella realtà, ma il per-

seguirla ha permesso grandi opere architettoniche, piazze stupende, monumenti che ancora suscitano stupore negli osservatori. Al contrario, quando si è lasciato per alcu-ni periodi le città allo sviluppo spontaneo, si sono sviluppati ambienti di vita degra-dati, a volte veri e propri mostri paesaggi-stici. Così è per le organizzazioni. Porsi grandi obiettivi e progettare modelli ideali, mobilita energie, idee, entusiasmi che innovano sempre le organizzazioni e le rendono protagoniste. Così è per la formazione.

L’innovazione non passa attraverso la cre-azione di singole attività innovative. L’in-novazione richiede lo stesso lavoro dell’ar-chitetto quando è chiamato a fare un nuo-vo piano regolatore per migliorare l’insie-me della città. Non potrà limitarsi a rifare la facciata ad un monumento. Dovrà tener conto della cultura della comunità locale, dello stile di vita e dei bisogni dei cittadini, delle risorse disponibili. Progetterà il nuo-

vo territorio, selezionerà tra i molti mate-riali, moduli abitativi, tecnologie, progetti artistici per piazze e monumenti, quelli più coerenti con il suo progetto. Innovare la formazione nelle organizzazio-ni richiede allora un “approccio sistemico”, un’architettura dell’apprendimento che tenga conto di tutte le “pietre miliari” che sono state poste nella storia delle organiz-zazioni di successo. Un buon architetto di apprendimento deve allora mettere nel suo bagaglio tutta una serie di attrezzi per:

• Comprendere l’evoluzione degli scenari e la qualità e l’intensità dell’impatto che le rapide trasforma-zioni hanno sulla vita stessa delle persone e delle organizzazioni.

• Innovare la propria organizzazione e creare nuove visioni di futuro, in grado di mobilitare energie, sogni, passioni.

• Attivare processi formativi, che a partire dalla formazione manageria-le, coinvolgano tutte le persone. La progettazione degli interventi potrà avvalersi di molteplici luoghi e for-me d’apprendimento

• Riflettere sulle competenze ma-nageriali richieste dai nuovi scenari e comprendere che ormai la leadership si identifica con l’innova-zione. Una leadership non innovati-va non è leadership, ma solo banale gestione dell’ordinario. Anche un formatore non innovativo non è un formatore!

La formazione innovativa crea visioni futu-re, prefigura nuovi modelli, nuove compe-tenze, si rapporta con i sogni del visionary leader e lavora sulle innovazioni possibili, fino ad arrivare a creare percorsi formativi concreti, fattibili, utili, ma portatori di in-novazione.

Anche la figura del respon-sabile della formazione, l’architetto di apprendi-mento, deve quindi evolve-re. Non il terzo livello dell’-organizzazione, bravo tec-nico, ma con margini di autonomia limitati, ma leader tra i leader, con sta-tus elevato, in grado di ne-goziare positivamente con tutti i livelli decisionali dell’organizzazione.

La città ideale

L Come ogni figura manageriale dovrà esse-re regista, pensare strategicamente, avere visione di insieme, essere innovatore.

Dovrà ogni tanto fermarsi e sognare una città ideale. Quando aprirà gli occhi la vedrà lontana, ma avrà chiaro in che dire-zione fare il primo passo.

Franco Amicucci

Docente LUISS Business School,

Amicucci Formazione

““““Tra virgolette” Tra virgolette” Tra virgolette” Tra virgolette”

di Mario Losito

ontinua ciò che hai comin-ciato e forse arriverai alla cima, o almeno arriverai in

alto ad un punto che tu solo compren-derai non essere la cima >>

Lucio Anneo Seneca “Epistulae morales ad Lucilium II”, 20. 6

«C

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Il Placement & Career Education Office e la Rete Alumni EMBA

Execut ivemba NEWS on campus

ei periodi di discontinuità economi-co/finanziaria l’entrata nel mondo

del lavoro per i giovani laureati può essere accompagnata da momenti di ansia e scon-forto che non consentono di far esprimere al massimo le proprie capacità.

In questo contesto può essere utile il sup-porto di figure Senior che riescano a stem-perare le difficoltà del caso e a trasformare un incontro in un’occasione in cui potersi confrontare liberamente, captando gli utili consigli che generosamente vengono tra-sferiti da chi è passato attraverso le varie evoluzioni che negli anni hanno caratteriz-zato il processo delle aziende pubbliche e private.

La Rete Alumni EMBA ha avuto il piacere di essere coinvolta con il Placement & Career Education Office nel progetto per il supporto agli studenti della LUISS attra-verso il servizio delle Consulenze biografi-che, ossia un ciclo di incontri tra top ma-nager/imprenditori e laureandi/neolaureati con la finalità di offrire un tutoraggio ad altissimo livello.

Lo studente o il neolaureato potrà chiede-re consigli, individuare percorsi professio-nali, scoprire la distanza tra l’organizza-zione formale e quella di fatto, esaminare

le strategie giuste per affrontare un colloquio.

I colloqui possono svolgersi indivi-dualmente o in gruppo, con al massimo cinque partecipanti.

Gli appuntamenti sono previsti ogni primo lunedì e ultimo venerdì di cia-scun mese, in sessioni mattutine o pomeridiane, ed avranno inizio nel prossimo mese di ottobre 2010.

A tal proposito a tutti coloro che sono componenti dell’Associazione Alumni EMBA, e a quanti lo saranno prossimamen-te, viene chiesto di partecipare spontanea-mente all’iniziativa per offrire la propria esperienza e capacità professionale, metten-dola a disposizione dei giovani della LUISS.

Di seguito una testimonianza di chi ha par-tecipato attivamente all’iniziativa:

”è stata un’esperienza fantastica, sia sotto il profilo professionale che umano, incontrare dei giovani prossimi all’ingresso nel mondo del lavoro, desidero-si di farsi coinvolgere quanto prima dall’esperienza lavorativa, dopo essere stati immersi per lungo tempo nei “business case” sapientemente elaborati dalla LUISS. Il piacere più grande è stato quello di incontrare giovani molto determinati, volitivi, entu-siasti, passionali, responsabili e soprattutto consa-pevoli del “ritorno d’investimento” del loro percorso universitario.

Poter trasferire loro con molta generosità quanti più consigli pratici, da chi è ormai da molti anni attivo nel mondo del lavoro, credo sia una bellissima opera sociale, che facilita i giovani a sentirsi più sicuri, soprattutto in momenti come questi di discontinuità generale”.

Coloro che sono disponibili a collaborare all’iniziativa e ad incontrare gli studenti possono contattare Marco Sartarelli – A-l um n i EMB A e m a i l m a r [email protected] tel. 3384278275 o Lia Di Giovanni – Placement & Career Education Office LUISS – email [email protected] – tel 0685225276.

Marco Sartarelli Alumni Emba

N

PROSSIMI EVENTI

Venerdì 1 Ottobre 2010

La quantificazione del danno patrimoniale

Ore 15.00-Sala delle Colonne-Viale Pola 12

Interverranno: Roberto Pardolesi, Vincenzo Carbone, Massimo Franzoni, Giorgio Afferni, Gianroberto Villa, Giacomo Travaglino, Ugo Salanitro, Luigi Prosperetti, Marcello Clarich

Per informazioni: [email protected]

Registrazione on line: http://www.ipsoa.it/formazione/

Venerdì 15 Ottobre 2010

Filiera del Farmaco: impatto della recente manovra. Tra politiche pubbliche e strategie dell'indu-stria farmaceutica

Ore 16.00 - Aula Toti - Viale Romania, 32

Interverranno: Silvio Garattini, Fulvio Moirano, Paolo Daniele Siviero, Emilio Stefanelli, Annarosa Racca, Maurizio Pace, Laura Fabrizio, José Luis Roman

Registrazione on line: http://www.formazionelbs.luiss.it/registrazione.aspx?titolo=Filiera-Farmaco-impatto-recente-manovra-15-10-2010

Mercoledì 10 Novembre 2010

VII HR Club Meeting

HR Lego: Ridisegnare le architetture di people management

Ore 17.30-Sala delle Colonne-Viale Pola 12

Modera: Gabriele Gabrielli

Introduce il tema: Fabio Menis, IBM Global Business Services

Due aziende raccontano la loro esperienza

Registrazione on line:

http://www.formazionelbs.luiss.it/registrazione.aspx?titolo=VII-Meeting-HR-Lego:Ridisegnare-le-architetture-di-people-management

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Luigi Abete Carlo Gargiulo Francesco Starace

Giuseppe Agostini Gian Maria Gros-Pietro Bruno Steve

Ilaria Angeli Marina Grossi Tomaso Tommasi di Vignano

Antonio Angelillo Luigi Gubitosi Francesco Trapani

Michele Angerosa Alfredo Gysi Tiziano Treu

Matteo Arpe Andrea Guerra Stefano Turi

Renato Ascoli Pietro Guindani Vito Varvaro

Maurizio Ballicu Alfredo Leggero Francesco Varanini

Rossano Bartoli Giovanni Linzi Amalia Vetromile

Maurizio Basile Enrico Loccioni

Claudia Belli Elisabetta Luccitelli

Alberto Bombassei Wolfgang Koehne

Virginie Breton Roberto Maglione

Cristina Calabrese Angelo Maramai

Francesco Jr Caltagirone Pasquale Marchese

Gregory Carpenter Doriano Marchetti

Michele Candotti Rainer Stefano Masera

Giuseppe Carrella Marigia Maulucci

Francesco Casoli Salvatore Molè

Flavio Cattaneo Vincenzo Monaci

Andrea Chiarini Marina Montironi

Ornella Chinotti Pier Paolo Morelli

Oscar Cicchetti Mauro Moretti

Massimo Cioffi Roberto Mori

Innocenzo Cipolletta Romeo Orlandi

Fulvio Conti Stefano Parisi

Angelo Coppola Roberto Pessi

Cristiana Coppola Maurizio Petronzi

Luca Cordero di Montezemolo Fabrizio Petrosino

Carlo Corsi Elena Plances

Giuseppe Cucchi Tommaso Pompei

Brunello Cucinelli Valerio Porcelli

Gian Piero Cutillo Agostino Ragosa

Paolo Dal Pino Aurelio Regina

Ugo De Carolis Giuseppe Rodinò

Vito De Salazar Giuseppe Roma

Serena Di Matteo Cleto Sagripanti

Carmine Di Noia Marco Sala

Gabriele Eminente Roberto Salvan

Martin J. Eppler Rita Santarelli

Silvia Fellegara Massimo Sarmi

Antonio Finocchi Ghersi Flavia Spena

Giorgina Gallo Roberto Spingardi

Luca Garavoglia Pietro Spirito