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FATIMA, L’APOCALISSE, L’ANTICRISTO
Padre Bartolomeo Holzhauser
In cielo e in terra ci sono molte cose, più di quante immagini la filosofia.
William Shakespeare, da Amleto
«Il Santo Padre attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena,
pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte,
prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso».
dal Terzo Segreto di Fatima
INTRODUZIONE
Apocalisse e Fatima. Due parole che risuonano di frequente in questi ultimi
tempi, gli inizi del terzo millennio della storia umana, computata a partire
dalla nascita dell’uomo chiamato Gesù.
«Apocalisse» è il titolo dato all’ultimo dei libri del Nuovo Testamento,
attribuito a Giovanni, forse uno dei dodici apostoli, quello cui Gesù era
affezionato in modo particolare. Giovanni scrisse l’Apocalisse durante il suo
esilio a Patmos, una piccola isola di fronte alle coste della Turchia.
Fatima è una località del Portogallo, sconosciuta al resto del mondo fino agli
inizi del XX secolo, cioè fino a quando tre ragazzini, semplici pastori, furono
protagonisti di un avvenimento che avrebbe segnato per sempre la storia
della Chiesa.
L’Apocalisse è un testo oscuro. San Gerolamo, vissuto fra il IV e V secolo,
scrisse che essa conteneva tanti segreti quante erano le sue parole. Il libro, la
cui composizione definitiva risale alla fine del I secolo della nostra era, è
stato e rimane ancora oggi un rebus per teologi, studiosi, commentatori.
Qual è il reale contenuto dell’Apocalisse cristiana? Racconterebbe davvero,
come credono alcuni, la storia dell’epoca in cui visse Giovanni? Narrerebbe
in definitiva solo i rapporti fra la Chiesa e Roma da un lato, e fra ebrei rimasti
fedeli alla sinagoga e quelli convertiti a Cristo dall’altro? Oppure, come
credono altri, Giovanni predirebbe vicende future, quelle che dovrebbero
accadere prima della fine del mondo? Oppure, infine, come altri ancora
sostengono, Giovanni racconterebbe l’intera vicenda terrena della Chiesa,
tappa dopo tappa, epoca dopo epoca, fino al tramonto della storia e al
ritorno di Cristo, nascondendola dietro un indecifrabile groviglio di simboli?
Tanti segreti, tanti misteri per un libro che sembra destinato a rimanere
incomprensibile fino al giorno del Giudizio Universale.
Se di misteri si può parlare menzionando l’Apocalisse, altrettanto si può dire
pronunciando la parola «Fatima». Jacinta, Francisco e Lucia ebbero la
fortuna di vedere la Vergine Maria per diverse volte, dal 13 maggio 1917.
Anni dopo la morte di Jacinta e Francisco, Lucia rivela di essere la
depositaria di un segreto che, secondo gradi e modalità differenti, era stato
reso noto anche agli altri due veggenti.1 Dell’esistenza di questo segreto si
viene a sapere nel 1941, quando la suora ne fa menzione in modo esplicito,
dicendo di aver finalmente ricevuto l’ordine di renderlo pubblico. Lucia lo
rivelerà in due tappe, mettendo all’inizio per iscritto solo le prime due parti e
riservandosi la stesura dell’ultima in un secondo momento. Anche la
rivelazione al mondo di questo triplice segreto seguirà il destino della sua
stesura. Per le prime due parti si dovettero attendere solo alcuni mesi,
mentre per la terza e ultima interi decenni: scritta negli anni quaranta, fu
resa nota sessant’anni più tardi, al principio del nuovo secolo (e del nuovo
millennio). Una volta resa pubblica, tuttavia, questa terza parte (oramai nota
come «Terzo Segreto di Fatima») non ha smesso di smuovere le coscienze e
la curiosità di credenti e non, convinti che quanto rivelato al mondo non
chiuda definitivamente la questione “Fatima”. La ragione è semplice. Le
prime due parti della profezia di Fatima erano spiegate senza bisogno di
interpretazioni: visione dell’inferno e scoppio di due guerre mondiali. La
terza, al contrario, era rivelata attraverso un complesso linguaggio simbolico
che andava decifrato.
Giunti a questo punto, il lettore si domanderà perché dedicare un breve
scritto come questo a due così grandi misteri, quello riguardante l’Apocalisse
di Giovanni e quello rinchiuso nella profezia di Fatima. La risposta sta nelle
parole pronunciate da suor Lucia. Durante una delle sue esternazioni, Lucia
richiamò esplicitamente l’Apocalisse di Giovanni per comprendere il (Terzo) 1 Infatti Francisco vedeva la Vergine ma non ne udiva le parole.
Segreto; in particolare, la suora menzionò i capitoli ottavo e tredicesimo. In
un altro momento, a un’altra persona rivelò: «Tutto è nel Vangelo e
nell’Apocalisse, leggeteli».2 Infine, discorrendo un giorno sui contenuti della
terza parte del messaggio, così disse alla nipote Maria Do Fetal: «Ritornando
a casa, rileggi con particolare attenzione il capitolo dodicesimo
dell’Apocalisse e avrai tutto».
Questo breve scritto cerca di capire quale reale collegamento esista fra i due
dei testi. Il risultato, il lettore ne prenderà atto, è costruito su una catena
d’indizi più che su prove certe. Ciò che conta, però, è mostrare come questi
stessi indizi, collocati entro un opportuno quadro, possano offrire una
versione assai verosimile di come stiano le cose e di come siano andate
(partendo da quel lontano 1917) e, soprattutto, dimostrare come questi stessi
indizi possano offrire la vera interpretazione del Terzo Segreto di Fatima.
Perché quel segreto non rivela per niente l’attentato di cui fu vittima
Giovanni Paolo II e non predice soltanto la morte di un papa.
Questo breve testo apparirà forse, agli esperti della questione “Fatima”, privo
di approfondimento, ma così s’è voluto pubblicarlo. Lascio a loro, ben più
esperti di me, un’indagine accurata dell’intera materia sulla base di quel
poco che ho saputo e riporto, di quanto ho dedotto da quel poco che sapevo
e di quel che ho dedotto sulla base delle ricerche altrui.
L’idea di questo breve scritto mi era venuta in mente alcuni anni fa, dopo
aver letto con una certa attenzione il libro di Antonio Socci, Il Quarto segreto
di Fatima. La spiegazione del segreto, quella in circolazione oramai da
cinque anni, in altre parole la predizione dell’attentato a Giovanni Paolo XII,
non convinceva. E tantomeno convincevano certi paralleli fra l’Apocalisse e
Fatima individuati da fatimiti e predicatori. Per afferrare la relazione tra il
libro di Giovanni ed il segreto di Lucia occorreva andare in un’altra direzione 2 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 97
e un po’ più in profondità. Il libro-inchiesta di Antonio Socci era molto
accurato e, insieme ai libri di Marco Tosatti, non credo ci fosse (e ci sia)
bisogno di ulteriori letture per approfondire l’argomento. Più problematica
era l’indagine sull’Apocalisse. Quello di Giovanni è un libro complicato, la
cui dottrina è espressa attraverso immagini simboliche. Per la loro
decifrazione è necessaria una conoscenza approfondita dell’Antico
Testamento che non può certo essere improvvisata. Ho iniziato a leggere
alcuni testi specifici, scritti da esperti esegeti, ma a malincuore ho verificato
che questi si limitano a interpretazioni piuttosto vaghe dell’opera giovannea.
Poi, un giorno, scorrendo l’ennesimo voluminoso commento all’Apocalisse,
ho notato che veniva menzionato il segreto di Fatima e si faceva notare una
certa relazione fra Fatima, l’Apocalisse e la sua interpretazione secondo papa
Benedetto XVI. Riassunto il contenuto del saggio in poche parole, per
l’attuale pontefice la storia umana è una specie di circolo che si ripete, e certi
orrori capitati secoli fa stanno per ripetersi di nuovo. Sia gli orrori già
accaduti sia quelli che stanno per accadere sono narrati in due punti precisi
dell’Apocalisse, e, come vedremo, quelli che stanno per accadere
costituiscono proprio il contenuto del Terzo Segreto di Fatima.
LE PAROLE DI LUCIA
Lucia, una delle tre veggenti di Fatima, ha affermato che per capire la terza
parte del segreto è necessario leggere alcuni precisi capitoli dell’Apocalisse
ed i Vangeli.
Riguardo l’Apocalisse, i capitoli sarebbero l’ottavo, il dodicesimo ed il
tredicesimo, mentre per i Vangeli, a quanto mi risulta, la suora non ha
indicato il passo relativo.
Si potrà obbiettare che, per l’interpretazione del Terzo Segreto, l’opinione
della veggente rimane poco attendibile poiché, come lei stessa aveva
ammesso, non le spettava l’interpretazione del segreto:3 l’ultima parola era e
doveva essere della Chiesa. Inoltre, quando ci aveva provato, aveva rischiato
ogni volta di metterci anche un po’ di suo cosicché, come ha spiegato il
cardinale Tarcisio Bertone durante una nota trasmissione televisiva italiana,4
«non sempre si capisce bene ciò che dice la Madonna e ciò che dice Suor
Lucia». Insomma, le parole pronunciate da Lucia contengono “un messaggio
proveniente dal cielo”, seppure mescolato a opinioni personali (talvolta
confuse e fuorvianti) della veggente.
Stando così le cose, per rintracciare il nesso fra l’Apocalisse e Fatima
occorreva filtrare il contenuto delle parole pronunciate dalla suora e tenere
ciò che verosimilmente proveniva dalla rivelazione mariana di cui Lucia era
stata beneficiaria.
Che la terza parte del segreto di Fatima abbia agganci con l’Apocalisse è fuori
dubbio. Infatti l’opinione dell’allora cardinal Joseph Ratzinger, espressa
immediatamente dopo il discorso di papa Giovanni Paolo II il 13 maggio
2000, era che la rivelazione di Fatima costitutiva la spiegazione di alcune
profezie bibliche e di un piano divino. Lo stesso cardinale, nel commento
teologico a corredo della rivelazione del Terzo Segreto, riprendeva un
articolo del Catechismo della Chiesa Cattolica: «... anche se la Rivelazione è
compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana
coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli (n. 66)». Dire
questo significa sostenere che il segreto di Fatima esplicita in una qualche
maniera i contenuti della Rivelazione. Tuttavia, essendo la Rivelazione è
contenuta nelle Scritture, il Terzo Segreto di Fatima esplicita in una qualche
maniera ciò che, da qualche parte, implicitamente, è già stato rivelato nelle
Scritture stesse.
3 Tarcisio Bertone e Giuseppe De Carli, L’ultima veggente di Fatima, Rizzoli, Milano 2007, p. 80 4 Porta a Porta, del 31 maggio 2007
FATIMA
Fatima è stato un momento particolare nella vita della Chiesa. Un momento
forse unico, come ha scritto Hamish Fraser, ricordando che è dalla
predizione di Gesù sul destino di Gerusalemme che il Cielo non metteva in
guardia il mondo.5
Eppure, a pensarci bene, quale unicità presenta Fatima?
Il nostro lettore sorriderà, obiettando che forse chi scrive, ponendosi una
simile domanda, non ha capito molto di Fatima. Risponderebbe
immediatamente, riprendendo le parole di Hamish, che il Cielo ci sta
mettendo in guardia, ed i tre segreti, o meglio le tre parti dell’unico segreto
non sono che un ammonimento profetico al mondo.
Già, i tre famosi segreti di Fatima, per i quali sono stati versati fiumi di
inchiostro…
Nel 2000, quando fu rivelata la terza parte del segreto, il filosofo Emanuele
Severino disse che con quel tipo di manifestazioni il cristianesimo rischiava
di cadere (o ricadere) nella mitologia. Il professore proseguiva sostenendo
come quel genere di religiosità, legata a manifestazioni miracolistiche, fosse
un po’ fuori tempo.6
Le parole di Severino erano coraggiose per quella giornata, poiché stonavano
con il clima trionfalistico generale, alimentato da quanti leggevano nel Terzo
Segreto la predizione dell’attentato a papa Giovanni Paolo II.
Eppure, da qualche parte, questo filosofo non aveva tutti i torti.
Se guardiamo con una certa obbiettività le tre parti del segreto, o i tre segreti
come vengono generalmente indicati, c’è da dubitare del reale valore del
messaggio di Fatima.
5 Citato da Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 9 6 “Severino: Fatima? Mitologia destinata alla sconfitta”, Felice Cavallaro, Il Corriere della Sera, 14 maggio 2000
Consideriamo il primo segreto. Esso consisterebbe nella visione dell’inferno.
Si può davvero reputare la visione dell’inferno come un segreto rivelato, visto
che la tradizione cristiana ne conosce l’esistenza da duemila anni (a titolo
d’esempio: Matteo 25,41)? Certo, salterà fuori qualche predicatore della
prima o dell’ultima ora che, per perorare la causa (la sua), obbietterà che la
Vergine è venuta a ricordare ad un mondo distratto l’esistenza dell’inferno e
la possibilità della dannazione. Un conto però, sarete d’accordo, è una verità
da ricordare, un altro conto è un segreto da rivelare.
Consideriamo ora il cosiddetto secondo segreto. Esso consisterebbe nella
rivelazione dello scoppio di due guerre. Il contenuto del messaggio pare
essere effettivamente profetico. Peccato però che, come scrive il buon Luigi
Accattoli nel suo blog, un segreto del genere lascia aperti numerosissimi
dubbi:
«Le tre parti del ‘segreto’ sarebbero state rivelate a Lucia nell’apparizione del 13 luglio 1917, ma lei mette per iscritto le prime due nel 1941 e l’ultima nel 1944, cioè 24 e 28 anni dopo, essendo passata - lei - dai dieci ai 40-44 anni: che cosa ricordava e che cosa invece aveva rielaborato, o aggiunto? Nella seconda parte del segreto si legge che “la guerra sta per finire” e finirà, infatti, l’anno seguente, 1918, ma Lucia lo scrive nel 1941: cioè la profezia viene messa per iscritto post eventum. Il fatto che nel frattempo quella guerra sia finita e ne sia venuta un’altra “ancora peggiore” (parole sempre della seconda parte del segreto) non avrà influenzato la memoria della veggente che custodiva il ‘segreto’ nel suo cuore? Anche l’aurora boreale e l’inizio della seconda guerra mondiale dopo di essa sono “scritti” post eventum. E vi si dice che la nuova guerra inizierà “durante il pontificato di Pio XI”: cioè la Madonna nel 1917 avrebbe specificato sotto quale papa “a venire” sarebbe venuta la guerra? E come la mettiamo con il fatto che invece la guerra inizia nel settembre del 1939, quando papa è Pio XII? E lei scrive nel 1941: insomma, non solo vengono dubbi sulla profezia “dopo il fatto” ma anche sulla cronologia di fatti già avvenuti e notissimi a tutti… - Queste sono le difficoltà storiche, a non citare quelle sulla “conversione della Russia”, annunciata a bambini che non sapevano niente della Russia e del comunismo che in Russia non c’era ancora e che viene “scritta” quando invece tutto il mondo sa…»
Accattoli continua dicendo: «Insomma Fatima è Fatima, o la prendi com’è, o non ne esci sano. Io la prendo com’è e me ne sto quieto. Lucia aveva l’età della mia mamma e ambedue sono arrivate ai 97 anni, da contadinelle semianalfabete quali erano ambedue nel 1917. Alla mia mamma io non sarei mai andato a contestare le date e le parole usate un giorno e un altro della sua lunga
vita e non lo faccio neanche con Suor Lucia. Ma da qui a dire che tutto è assodato e chiarito ce ne corre. Si noti che ho elencato solo le incongruenze e le difficoltà più eclatanti, ma se uno cerca di mettere in fila le quattro “memorie” principali stese da Lucia nei decenni ne incontra altre dozzine. Io mi affido al credito che a Lucia hanno dato Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, nonché il cardinal Ratzinger e non sto a discutere».7
Migliori parole di quelle del nostro bravo giornalista non si possono trovare
per avanzare legittimi dubbi sull’attendibilità delle profezie che Lucia
intendeva rivelare all’umanità.
E veniamo infine al famoso Terzo Segreto. Anche questo, vedendolo con la
lente d’ingrandimento, lascia aperti molti dubbi sulla sua interpretazione.
Una profezia che parla di un papa ucciso e che avrebbe rivelato in anticipo
l’attentato a Giovanni Paolo II. Un papa che però non è morto in seguito a
quell’attentato. Come risolvere allora la contraddizione fra attentato e
profezia? La Vergine avrebbe rivelato una mezza verità? Risolta la
contraddizione! Sarebbe stata la Vergine in persona a deviare la mortifera
pallottola! A questo punto però, ci si perdonerà l’impudenza, non sarebbe
stata più credibile una profezia che avesse predetto il tentativo di uccidere
un papa e il salvataggio della sua vita da parte della Vergine? E allora, per
spiegare la contraddizione fra profezia e attentato si scomodano lambiccate
quanto improbabili giustificazioni teologiche. Una fra queste consisterebbe
nel ritenere il Segreto di Fatima una profezia nel senso letterale e biblico del
termine. Nella Bibbia il profeta non è propriamente colui che prevede il
futuro ma un uomo per parla per conto di Dio. Tuttavia, come nel caso della
profezia biblica sulla città di Ninive, il profeta predice la distruzione della
città e quindi la sua profezia contiene una previsione del futuro. La profezia,
però, non implica necessariamente la realizzazione di quanto preannunciato.
Essa ha sempre un valore ipotetico: «Se non ti ravvedi, allora io ti punirò».
Esiste sempre un margine d’incertezza fra quanto predetto e quanto
7 http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=421
effettivamente si compirà. E infatti Ninive non fu distrutta. Nel caso della
profezia apocalittica, invece, è ineluttabile che accada quanto predetto.
Questo è ad esempio il caso di un’altra famosa profezia, quella su
Gerusalemme pronunciata da Gesù. Lì non sarebbe stato possibile mutare il
corso degli eventi predetti. E allora, per quanto riguarda il Terzo Segreto,
siamo di fronte ad una profezia biblica o ad una rivelazione apocalittica? Il
Terzo Segreto, a differenza del Secondo, è una predizione apocalittica, e
perciò deve accadere quanto è rivelato, senza possibilità di mutare il corso
degli eventi. Mentre la Vergine chiedeva ai preti la consacrazione della
Russia per impedire la diffusione del comunismo, indicando la via estrema
affinché la profezia non si avverasse, per il Terzo Segreto ci ha lasciato la
predizione nuda e cruda: quello che è scritto deve (nel senso che “non può
non”) accadere. Tornando alla vicenda del papa, vediamo come non è
accaduto ciò che era stato predetto.
Come si vede, ci sono più motivi per dubitare di Fatima che ragioni per darle
credito. Così, al povero fedele, almeno a quello sinceramente affezionato al
mistero portoghese, rimangono due possibilità: credere che Fatima sia una
montatura oppure credere, un po’ ciecamente come fa il nostro buon
Accattoli, che se tanti papi hanno non hanno messo in dubbio Fatima,
Fatima è veramente un grande segnale proveniente dal Cielo. Se accettiamo
la posizione di Accattoli, possiamo concludere il presente scritto. Se invece
cerchiamo di capire meglio perché Fatima, nonostante contraddizioni ed
incongruenze, sia un momento fondamentale nella storia della Chiesa, non
ci resta che indagare un po’ più da vicino una delle manifestazioni mariane
più sconvolgenti della storia del cristianesimo.
INCONGRUENZE E CONTRADDIZIONI
Analizzeremo ora il grande Segreto di Fatima in dettaglio, richiamando date
e luoghi che l’hanno riguardato. Non rifaremo tutta la storia della rivelazione
di Fatima (storia che il lettore potrà comodamente trovare in altri libri che si
occupano dell’argomento) ma solo evidenziare certi elementi utili per la
nostra indagine.
Tutto inizia quasi un secolo fa, in Portogallo, in una località chiamata Cova
da Iria, dove si trova il villaggio di Fatima. Il nome, curiosamente, non è di
origine cristiana ma musulmana, e sarebbe appartenuto a una giovane donna
di origini arabe, di nome Fatma, alla quale nel corso di una battaglia fra
cavalieri cristiani e musulmani fu risparmiata la vita da un cavaliere cristiano
che l’aveva intercettata. La donna in seguito morì (tuttavia non uccisa dal
cavaliere cristiano) e il cavaliere si fece monaco. Da quel momento la località
assunse il nome che ancora porta.
Il 13 maggio 1917, a tre ragazzini andati a pascolare pecore, Lucia, Francisco,
Jacinta, rispettivamente di dieci, nove e sette anni, apparve una “bellissima
Signora”. Il 13 del mese seguente l’apparizione si ripeté. Il mese ancora
successivo, luglio, nello stesso giorno, la Signora tornò per incontrare i tre
pastorelli. Stavolta però non si trattò di una semplice ‘visita’. Infatti, come
affermerà Lucia, fu quello il giorno fatale in cui la Vergine rivelò ai tre il
grande Segreto. Dopo quella data seguirono altre apparizioni, di solito il 13 di
ogni mese, fino al famoso 13 ottobre, giorno in cui si assistette alla danza del
sole, cioè ad una serie di movimenti della sfera celeste apparentemente al di
fuori di ogni legge fisica.
Di questo Segreto, tutto ciò che conosciamo proviene da una sola delle tre
persone che ebbero la fortuna di assistere alle apparizioni, la più grande,
Lucia. E questo per tre precise ragioni.
La prima è che i ragazzini ebbero ruoli qualitativamente diversi
nell’esperienza visionaria: Lucia dialogava con la Signora. Jacinta, pur
vedendola, ne ascoltava la voce senza possibilità di comunicarle. Francisco
poteva solo vederla.
La seconda è che due di loro, Francisco e Jacinta, morirono giovanissimi.
La terza è che, essendo tutti e tre i fanciulli degli illetterati, solo Lucia, che
ebbe modo di studiare una volta adulta, poté tramandare per iscritto il
contenuto del segreto e, più in generale, di quell’esperienza.
Già da questi primi accenni agli eventi di Fatima si può cogliere bene un
aspetto dell’intera strategia divina: rendere testimoni delle apparizioni tre
umili persone, rendere depositaria del segreto una sola persona. Come
vedremo meglio, questo elemento sarà utile per comprendere tutta la
dinamica della rivelazione dei segreti e la loro stessa formulazione.
LUCIA, UNICA DEPOSITARIA DEL SEGRETO
Morti assai giovani due dei tre testimoni delle apparizioni, rimane in vita la
sola Lucia, che nel 1925 si reca a Pontevedra, in Spagna, come postulante, e
poi a Tuy, sempre in Spagna, dove diventa novizia. Il 2 ottobre 1928
pronuncia i suoi primi voti come sorella conversa, prendendo il nome di
religiosa di suor Maria Lucia dell’Addolorata. Dopo sei anni, il 3 ottobre 1934
pronuncia quelli perpetui.
Il 25 marzo 1948 Lucia lascia l’Istituto di Santa Dorotea e, a 41 anni, entra nel
Carmelo di San Giuseppe a Coimbra con il nome di suor Maria Lucia del
Cuore Immacolato. La scelta di un ordine di clausura è strategica per
preservarla dal fastidio causato dal gran numero di persone che intendono
farle visita e per togliere dai riflettori un personaggio che, se dato in pasto a
curiosi, giornali, televisioni, fatimologi e fatimiti, finirebbe per creare non
pochi problemi.
Il 13 maggio 1949 l’ultima veggente di Fatima veste l’abito di S. Teresa; alla
fine dello stesso mese fa la professione come carmelitana scalza. Coimbra
rimarrà la sua casa fino al termine della vita, il 13 febbraio 2005.
Come già anticipato, Lucia è la sola depositaria del Segreto. Un segreto, si
badi bene, di cui nessuno sapeva ufficialmente l’esistenza fino al giorno in
cui lei ne fece esplicitamente menzione. O meglio ufficiosamente, forse, c’era
già qualcuno al corrente dell’esistenza di questo Segreto, qualcuno
all’interno delle alte sfere della Chiesa.
Per comprendere meglio alcuni aspetti misteriosi di Fatima sarà bene badare
alle date riguardanti la rivelazione da parte di Lucia delle tre parti del
Segreto alle autorità ecclesiastiche, alla loro messa per iscritto, alla loro
rivelazione al mondo.
Lucia afferma di aver ricevuto il grande Segreto dalla Signora, ma di aver
contemporaneamente avuto l’ordine di non rivelarlo ad alcuno fino a una
data stabilita.
Nelle sue memorie l’ultima veggente scrive di aver avuto timore, durante gli
interrogatori avviati nell’ambito del processo di riconoscimento ufficiale
delle apparizioni (3 maggio 1922), di rivelare quello che lei sentiva dover
ancora preservare come un segreto. Nei primi anni che seguirono alle
apparizioni alla Cova da Iria non fu perciò mai fatta esplicita menzione del
Segreto. E in quegli anni Francisco e Jacinta erano già volati in cielo
(rispettivamente 4 aprile 1919 e 20 febbraio 1920). Con l’avvio del processo di
canonizzazione, dunque, Lucia rimaneva la sola a conoscenza del Segreto,
quella che ne aveva condiviso in precedenza l’esistenza con la sola Jacinta
(dal momento che, come già detto, Francisco non sentiva le parole delle
visioni e delle apparizioni).
Di questo Segreto non si è saputo ufficialmente nulla per anni, poiché, a
quanto riferiscono le fonti, Lucia ne fece esplicita menzione solo nel 1941.
Lucia non vi fece il minimo accenno neanche nelle due prime memorie,
risalenti rispettivamente agli anni 1935 e 1937. Solo più tardi, dunque, Lucia
rivela l’esistenza di un segreto. Più precisamente, la suora mette per iscritto
le prime due parti del Segreto nello scritto datato agosto 1941 (cioè nella
terza memoria). Alcuni mesi più tardi, infine, scrive la quarta memoria (8
dicembre 1941), nella quale ricopia esattamente la memoria precedente,
tranne che per una frase aggiunta alla fine: «Em Portugal se conservará
sempre o dogma da fé etc» («in Portogallo si conserverà sempre il dogma
della fede etc»). Le prime due parti del segreto verranno rese pubbliche
l’anno seguente dall’allora pontefice Pio XII. Proprio la data della loro
rivelazione però è passata inosservata ai più attenti esperti del fenomeno
Fatima. Se consideriamo per un momento la differenza di trattamento fra le
prime due parti e la terza, ci accorgiamo che qualcosa non va. Le prime due
parti furono scritte nel 1941 e rese pubbliche meno di un anno dopo. La terza
parte fu scritta dalla suora nel 1944, consegnata in Vaticano solo 13 anni più
tardi e resa pubblica ben 56 anni dopo.
Non è forse poco comprensibile una simile differenza di ‘trattamento’ cui
furono sottoposte le tre parti del Segreto? E poi, come mai Pio XII, così
sollecito nella pubblicazione dei primi due segreti, non lesse mai il terzo,
secondo quanto affermato dal cardinale Oddi?8
Si dirà, per rispondere alla prima domanda, che la rivelazione pubblica delle
prime due parti fu agevolata dal fatto che gli avvenimenti narrati erano già
accaduti (Prima Guerra Mondiale) o in corso (Seconda). A questo punto,
però, caliamoci nei panni di papa Pio XII. Dal Portogallo arriva la notizia, a
Seconda Guerra Mondiale in corso, che la Vergine avrebbe rivelato, 24 anni
prima, la fine di un conflitto mondiale e l’inizio di un secondo, più
catastrofico del precedente. Nei panni di Pio XII, chiunque di noi si sarebbe 8 Marco Tosatti, La profezia di Fatima, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2007, p. 71
domandato che razza di segreto fosse quello il cui contenuto rivelava ciò che
stava accadendo davanti agli occhi di centinaia di milioni di persone. Solo
quelli posseduti dal più cieco fanatismo religioso potevano prendere sul serio
le affermazioni di questa suora, che pretendeva di far credere al mondo che
la Vergine Maria le avesse rivelato 24 anni prima lo scoppio di una guerra
tragica come era quella che si stava combattendo, chiedendone però la
rivelazione pubblica a guerra in corso. Un po’ come se una suora nel 2004,
per spiegarci meglio, fosse andata da papa Giovanni Paolo II dicendo che la
Madonna le aveva preannunciato nel 1980 l’attacco delle Torri gemelle
(avvenuto nel 2001), e che ora le aveva ordinato di mettere la profezia per
iscritto e renderla infine pubblica. Credo che il papa l’avrebbe considerata
un’esaltata o una squilibrata mentale e, seppure con molta eleganza e con
grande diplomazia, da quel momento avrebbe evitato ogni contatto con lei.
Così non è stato per Fatima e per Lucia. Che cosa è accaduto perché Fatima
fosse considerata così presto degna di riconoscimento (le apparizioni furono
ritenute vere dal vescovo di Leiria nel 1930, cioè 13 anni dopo l’avvenimento)?
Che cosa spinse Pio XII a pubblicare le prime due parti del segreto dopo
neanche un anno dalla loro stesura su carta da parte della suora, attribuendo
ad esse il valore di predizione, quando descrivevano invece fatti oramai
accaduti e perciò noti? Come mai questo papa lasciò pubblicare un testo che
prediceva lo scoppio della Seconda Guerra mondiale durante il pontificato di
Pio XI, mentre il conflitto trovò sul soglio di Pietro un altro papa, proprio Pio
XII? E come mai, a differenza del Terzo, le prime due parti furono divulgate
senza un atto ufficiale del Vaticano, come ha evidenziato Socci, e col testo
integrale pubblicato solamente in Portogallo?9
Non essendoci indizi tali da spiegare le ragioni, dovremmo fare come Luigi
Accattoli umanamente suggerisce: rimetterci nelle mani di Santa Madre 9 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 36
Chiesa e credere contro ogni turbamento della ragione. Oppure potremmo al
contrario tentare di azzardare una risposta e dare una spiegazione logica a
qualcosa altrimenti accettabile solo attraverso il mezzo della fede in Dio e
della fiducia nella Chiesa. Come poteva un papa come Pio XII, salito sulla
cattedra di Pietro nel 1939, consentire nel 1942 la pubblicazione di uno
scritto risalente al 1941, il cui contenuto pretendeva essere la predizione di
un fatto in realtà avvenuto due anni prima? Come poteva un uomo come
Eugenio Pacelli, di grandissima esperienza diplomatica e di estrema
prudenza, esporsi al punto da rischiare di coprirsi di ridicolo?
Se volessimo cercare una spiegazione logica, l’unica che rimarrebbe in piedi
sarebbe la seguente: le prime due parti del segreto erano note alle alte
gerarchie della Chiesa prima ancora che fossero state annunciate al mondo
come segreti e fossero messe per iscritto dalla suora nel 1941. Prima ancora,
per dirla meglio, che i fatti accadessero…
Qualche lettore storcerà ora forse il naso, perché questa ipotesi non può
essere suffragata da prove documentali. La quantità delle informazioni
relative a Fatima è inversamente proporzionale alla fama che il luogo e gli
avvenimenti ad esso legati hanno assunto. La sola cosa da fare è organizzare
le poche informazioni a disposizione entro un quadro dotato della maggiore
coerenza logica possibile. Immaginiamo di dover realizzare un puzzle
composto di qualche migliaio di pezzi. Di norma, nelle scatole di montaggio
c’è l’immagine finale del puzzle. Esso serve ad aiutare a ricostituire
l’immagine frazionata nelle migliaia di pezzi a disposizione. Nel caso di
Fatima l’immagine finale non c’è. Occorrerà perciò tentare di ricostruire
l’immagine finale partendo dai soli pezzi del puzzle. Essa alla fine non sarà
perfetta, ma forse si avvicinerà abbastanza a quella.
PAROLE SCRITTE, NOTE E MENO NOTE
Ammettendo esistente fin dal 1917 un canale informativo riservato fra Fatima
e Roma, riusciamo a spiegare alcuni aspetti misteriosi della vicenda delle
apparizioni e del grande Segreto rivelato.
Se ipotizziamo che sia esistito un flusso di rivelazioni segretate, continuo e
progressivo da Fatima in direzione di Roma, che ha avuto inizio dal giorno
delle apparizioni, è possibile spiegare bene alcuni aspetti altrimenti
incomprensibili della materia sulla base dei soli dati a noi noti.
Accanto al crescere della fama di Fatima, del culto mariano e della popolarità
di Lucia davanti al popolo cristiano, l’avvenimento delle apparizioni dovette
in qualche modo spingere le istituzioni ecclesiastiche a darvi credito,
attraverso degli atti che superassero la naturale e legittima diffidenza verso
manifestazioni mistiche di tal genere.
Questa credibilità fu costruita attraverso una catena di rivelazioni orali e
scritte dirette in gran segreto verso Roma già l’indomani delle apparizioni
del 1917. Lo scoppio della Rivoluzione Russa, quello stesso anno, potrebbe
esser stata comunicata alle gerarchie dell’epoca con anticipo e ciò apparve
un utile indizio della genuinità degli eventi accaduti alla Cova da Iria.
Quando divampò la Seconda Guerra Mondiale, le profezie rivelate
(segretamente) già anni prima alle alte gerarchie cattoliche assunsero tutta la
loro evidenza storica. Pio XI morì l’anno dell’inizio del secondo conflitto
mondiale e non ebbe modo di verificare l’attendibilità delle profezie di
Fatima. Pio XII, che ne fu il successore, al contrario costatò tutta la
fondatezza di quelle rivelazioni. Quando nel 1941 Lucia annunciava
ufficialmente al mondo l’esistenza di un segreto, di cui si apprestava a
rivelare le prime due parti, non faceva altro che comunicare al mondo parte
di quel flusso di rivelazioni già note dentro la Chiesa. Per questo Pio XII non
ebbe particolari problemi a divulgare le prime due parti del segreto l’anno
seguente la loro stesura su carta.
Che sia questa una possibile verità intorno a Fatima sono alcuni indizi a
dimostrarlo.
Innanzitutto è accertata l’esistenza di questo flusso continuo di rivelazioni in
direzione Roma. La suora continuò ad avere apparizioni e dialoghi con la
Vergine, come testimoniano le parole del nipote, frate salesiano, anche dopo
il 1917.10 Inoltre lei stessa rivelò come il 13 giugno 1929 la Vergine le fosse
apparsa nel monastero spagnolo di Tuy chiedendo che il papa (Pio XI)
consacrasse la Russia al suo Cuore Immacolato.11 Infine appartiene alla storia
più recente di Fatima l’affermazione del cardinale Bertone nella trasmissione
televisiva italiana Porta a Porta del 31 maggio 2007: «non sempre si capisce
bene ciò che dice la Madonna e ciò che dice Suor Lucia», segno che Lucia
continuava a rivelare cose riguardanti la storia dell’umanità ancora ai tempi
di Giovanni Paolo II. E, infatti, come lo stesso cardinale Bertone aveva
rivelato due anni prima (2005), la suora ebbe la sua ultima apparizione
“pubblica” nel lontano 1984.12 Difficile credere a questo punto che la Vergine,
apparendo a Lucia, non continuasse a rivelare qualcosa. Difficile infine
credere che “questo qualcosa” rivelato non finisse immediatamente (e non
dopo parecchio tempo) all’orecchio delle alte personalità della Chiesa.
Un secondo elemento che comprova l’attendibilità di questa ipotesi è
l’intensa attività epistolare della suora.13 Per citare quattro significativi
esempi, basterà ricordare quanto accadde a Giovanni Paolo II le due volte
che si recò in pellegrinaggio al santuario portoghese: il 13 maggio 1982 il papa
10 Marco Tosatti, La profezia di Fatima, Piemme, Casale Monferrato (AL), 2007, p. 51 11 Marco Tosatti, La profezia di Fatima, Piemme, Casale Monferrato (AL), 2007, p. 124 12 Intervista al cardinale Bertone su “La Repubblica” del 17 febbraio 2005. Come ha osservato Antonio Socci, già il fatto che questa apparizione sia stata considerata pubblica lascia intendere che ve ne siano state altre segretate, private (Socci Antonio, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano, 2006, p. 123) 13 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, pp. 113-114
ricevette una lettera scritta dalla stessa Lucia. Il 13 maggio 2000 la suora
consegnò al medesimo papa una busta, come notò il vaticanista Luigi
Accattoli. Anche Paolo VI ricevette diverse lettere: una consegnata da
monsignor João Venâncio durante l’udienza concessa dal papa ai portoghesi
il 27 settembre 1967; l’altra certamente in occasione della visita del papa a
Fatima il 13 maggio 1967. Proprio quest’ultima lettera spinge a due successive
considerazioni. La prima riguarda l’intensità della corrispondenza. Tutte e
tre le volte che i papi sono andati a Fatima è arrivata puntuale una lettera da
Lucia: questo è un segno ben preciso dell’intensità del rapporto epistolare fra
Fatima e Roma. La seconda considerazione scaturisce dalla cronaca
dell’ultimo avvenimento sopraccitato. Come riporta Marco Tosatti, ci fu un
tentativo di consegna di questo messaggio direttamente da suor Lucia a
Paolo VI nel corso della cerimonia pubblica. Il papa allora, con modi gentili
secondo alcuni osservatori, bruschi secondo altri, le replicò dicendo di
consegnarla al vescovo che poi l’avrebbe rigirata a lui. In questo
comportamento fu intravista una certa insofferenza del pontefice nei
confronti della veggente e di tutto il fenomeno Fatima. Ma le cose stanno
veramente così? Aveva veramente il papa «una specie di generica avversione
per i veggenti»?14 E allora perché fu il primo papa a recarsi a Fatima? Solo per
un obbligo imposto dalla circostanza, essendo quella visita avvenuta per
ricordare il cinquantenario delle apparizioni? Una spiegazione differente
potrebbe essere questa: la suora aveva platealmente mostrato ciò che
avveniva regolarmente, ma in silenzio, fra Fatima e Roma, violando la
riservatezza ed il rispetto della regola non scritta: esisteva una
comunicazione continua, seppure tenuta lontana dai riflettori della ribalta
massmediatica fra il Portogallo e il Vaticano. Il che, in parole povere,
significava che tutti i messaggi da Fatima dovevano passare attraverso il 14 Marco Tosatti, La profezia di Fatima, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2007, p. 76
vescovo locale ed essere coperti dal maggior riserbo possibile, e non
direttamente dalla veggente al papa, tanto meno in forma pubblica.
Che questa catena di rivelazioni sia esistita, seppure circondata da molta
riservatezza (e ieri certamente meglio di oggi), è una notizia quasi
insignificante resa nota da Luigi Accattoli sul suo blog ad testimoniarlo:
«La partecipazione del cardinale Bertone – giovedì sera – a Porta a porta ha fruttato un’informazione indicativa di che cosa fosse la regola del riserbo nel Vaticano di quarant’anni addietro: il famoso “Terzo Segreto” non era conosciuto appena da tre o cinque persone, come si credeva finora, ma era stato letto a una “plenaria” del Sant’Uffizio eppure mai nulla se ne seppe fino alla pubblicazione nel duemila. Ha detto dunque il cardinale segretario di Stato che era “strano” che il cardinale Alfredo Ottaviani, segretario del Sant’Uffizio negli anni ‘60, avesse affermato in un’occasione che il testo del segreto era di “25 righe” – mentre è di 62 – perché “il cardinale lo conosceva bene, avendolo mostrato a una plenaria del dicastero”. Di questa consultazione e del voto contrario alla pubblicazione da essa espresso non si era mai saputo. Ho chiesto l’anno alla segreteria del cardinale Bertone e mi ha fatto dire che quella plenaria si tenne il 1° marzo 1967 in vista del viaggio di Paolo VI a Fatima (13 maggio di quell’anno). Finora si riteneva che prima di Giovanni Paolo e dei suoi collaboratori il “segreto” l’avessero letto Giovanni XXIII e Paolo VI, assistiti dai rispettivi segretari e prefetti del Sant’Uffizio e da un paio di interpreti portoghesi, qualcosa dunque come otto persone. Ora invece sappiamo che erano stati una trentina a conoscerlo. Eppure il segreto – alla cui caccia erano devoti e medium, giornalisti e spie – ha retto per oltre trent’anni, calcolando a partire da quella “plenaria” e per un totale di 66 anni a contare dal scrittura di suor Lucia».15
Pare chiaro che sulla gestione della faccenda Fatima dentro le sacre mura del
Vaticano si conosce veramente poco, se è vero che nessuno è mai venuto a
sapere fino ad oggi di questa riunione tenuta nel 1967 né delle altre.
LA TERZA PARTE DEL SEGRETO
L’esistenza di un flusso di rivelazioni ed informazioni, non note
pubblicamente e parallele ai cosiddetti tre segreti di Fatima, spiegherebbe
anche la ragione per la quale siano circolate varie versioni a riguardo del
Terzo Segreto prima che fosse divulgato nel 2000.
15 http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=421
Così ad esempio si parlava, per il Terzo Segreto, di una rivelazione che
dovesse riguardare il papa. Questa ipotesi, prima che il testo fosse reso
pubblico nel 2000, trovava conferma nell’atteggiamento di Giovanni Paolo II,
che volle leggere il segreto immediatamente dopo l’attentato subìto. Perché
un simile atto, peraltro formale, se non per il convincimento che le due cose
fossero legate?
Una seconda versione riguardava il tema di una possibile apostasia di una
parte dei Cristiani. In questi termini, discutendo del Terzo Segreto, si era
espresso il cardinale Alfredo Ottaviani, nel 1967, il quale rivelava l’avvicinarsi
di tempi difficili per la Chiesa e della necessità di pregare perché l’apostasia
non fosse troppo grande.16 Anche il cardinale Mario Luigi Ciappi aveva
sostenuto la stessa tesi.17
Altri ritenevano che il segreto trattasse del rinnegamento della fede da parte
di molte nazioni, di qualcosa di tragico sulla scia di quanto contenuto nella
fine della seconda parte del Segreto.18 Inoltre anche il vescovo di Fatima,
Alberto Cosme Do Amaral, si era espresso in tali termini durante una
conferenza tenuta a Vienna nel 1984, mettendo in relazione Fatima con la
caduta della fede in Europa.19
Più di recente si è addirittura pensato, sulla base delle parole del Segretario
di Stato Vaticano, il cardinale Bertone, che il Segreto potesse avere a che fare
con l’attentato terroristico delle Torri gemelle.20
16 Rivista Fatima, anno 1, numero 7, 13 Novembre 1967. L’intervento si può leggere anche in Marco Tosatti, La profezia di Fatima, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2007, pp. 86-87 17 Marco Tosatti, La profezia di Fatima, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2007, p. 76 18 Dove si dice che il dogma della fede si conserverà in Portogallo e vi si aggiunge alla frase un “etc..”, a dire che forse in altre parti invece la fede sarebbe andata perduta del tutto. 19 Per la citazione completa si veda Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 83 20 Si leggano le sue affermazioni in occasione dell’intervista rilasciata a La Repubblica il 17 febbrario 2005 (“La profezia va sempre interpretata: basta pensare all’Apocalisse, ai segni nel cielo. Forse che questi non possono già essere stati visti come quegli aerei che si schiantano sulle Due Torri?”) e, ancor prima, nella dichiarazione redatta dopo l’incontro con suor Lucia un paio di mesi dopo l’attentato delle Torri gemelle: “Nei mesi scorsi, soprattutto dopo il triste evento dell’attentato terroristico dell’11 settembre scorso, sui giornali italiani ed esteri sono comparsi articoli riguardanti presunte nuove rivelazioni di Suor Lucia, annunci di lettere monito al Sommo Pontefice, reinterpretazioni apocalittiche del messaggio di Fatima
Alcune di queste ipotesi sono forse completamente infondate, ma le restanti
troverebbero la loro spiegazione solo attraverso la teoria di un costante
flusso di notizie, cioè di una serie di rivelazioni, provenienti dal Portogallo,
cioè da Lucia, e dirette a Roma, alla sola persona del papa. Il Terzo Segreto, o
meglio la terza parte della rivelazione di Fatima, non sarebbe altro che la
reale prosecuzione della seconda. Il testo tutto intero verrebbe poi spiegato
al di fuori del Segreto rivelato pubblicamente e sarebbe corredato di altre
informazioni, e tutti insieme questi documenti costituirebbero quel flusso di
informazioni, continuo per parecchi decenni, in partenza dal Portogallo con
destinazione Roma.
LUCIA E L’APOCALISSE DI GIOVANNI
Indaghiamo ora i rapporti che, almeno ad un livello superficiale, sembrano
collegare Fatima all’Apocalisse, l’ultimo dei libri del Nuovo Testamento.
Il genere di collegamento è di tre tipi. Il primo deve essere inteso come un
richiamo indiretto al libro di Giovanni. Il secondo come un richiamo diretto,
il terzo riguarda la stretta relazione a livello di genere letterario e teologico
fra i due testi.
Il primo richiamo indiretto sembrerebbe risalire al 1967, anno in cui,
ricorrendo il cinquantenario delle apparizioni, Paolo VI si reca a Fatima e
pronuncia un’omelia impostata sull’inizio del dodicesimo capitolo
dell’Apocalisse, in cui si parla di una donna vestita di sole. Già nella donna
descritta da Giovanni si riconosceva simboleggiata la Vergine Maria, che
tradizionalmente viene raffigurata coronata da dodici stelle, quante sono
quelle contate da Giovanni. Il richiamo al passo dell’Apocalisse sembra può
essere spiegato da due episodi: il primo, la nota danza del sole avvenuta alla
Cova da Iria, cioè il miracolo promesso dalla Madonna ai fanciulli, il 13
ottobre 1917. Il sole richiama il vestito della donna apocalittica:
«Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle» (Apocalisse 12,1).
Il secondo richiamo indiretto risale alle parole pronunciate da Lucia un
decennio prima, quando a padre Agostino Fuentes, postulatore della causa di
beatificazione dei veggenti di Fatima Francisco e Jacinta, Lucia rispondeva
che il diavolo era in procinto di ingaggiare una battaglia decisiva contro la
Beata Vergine.21 Con simili parole dovette apparire inevitabile intravedere
negli avvenimenti futuri riguardanti la Chiesa l’immagine della donna
apocalittica di Giovanni fronteggiata dal drago scarlatto:
«Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato» (Apocalisse 12,4).
Non è perciò un caso che la stessa citazione dell’Apocalisse fosse ripresa
anche il 13 maggio 2000 a Fatima, nella messa per la beatificazione di Jacinta
e Francisco. La stessa citazione, inoltre, era stata inserita nella lettera inviata
da Giovanni Paolo II al vescovo di Fatima-Leiria nel 1997. Questa certa
ossessività ha fatto sostenere ad esempio a Paul Kramer, sacerdote canadese
molto attivo nella diffusione dei messaggi di Fatima, l’esistenza di una
relazione ben precisa fra l’Apocalisse ed il Terzo Segreto.22 Anche il sacerdote
italiano Luigi Bianchi, che ha scritto un libro su Fatima, ha avuto da Lucia in
persona la conferma della relazione fra il libro di Giovanni e la terza parte
del Segreto.23
Un altro richiamo indiretto all’Apocalisse fu fatto in una conferenza nel 1967
dal cardinale Ottaviani, che paragonava il Terzo Segreto alle profezie
21 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 107 22 Paul Kramer, La battaglia finale del diavolo, The Missionary Association, Buffalo 2002-2004. p. 113 23 Si veda Luigi Bianchi, Il mistero di Fatima: oltre il segreto. Il passato, il presente, il futuro, Elvetica, Torino, 2005 e Andrea Tornielli, Il segreto svelato, Gribaudi, Torino 2005
contenute nel libro di Giovanni.24 Infine, un più recente collegamento è stato
avanzato dal cardinale Bertone nel corso di un’intervista a La Repubblica il 17
febbraio 2005, nella quale, con un linguaggio in verità assai poco accessibile
(come faceva notare Antonio Socci),25 accostava la profezia mariana di
Fatima, l’Apocalisse e l’attentato dell’11 settembre 2001.
La conferma della relazione fra Fatima e l’Apocalisse proviene in ogni caso
dalle parole di Lucia, e qui entriamo nel caso dei richiami diretti. Durante
una delle sue rare esternazioni note, Lucia ha richiamato l’Apocalisse di
Giovanni per comprendere la terza parte del Segreto; in particolare, ha
menzionato i capitoli ottavo e tredicesimo. Ad un’altra persona ha rivelato:
«Tutto è nel Vangelo e nell’Apocalisse, leggeteli».26 Infine, un giorno,
parlando della terza parte del messaggio mariano, così disse alla nipote
Maria Do Fetal: «Ritornando a casa, rileggi con particolare attenzione il
capitolo dodicesimo dell’Apocalisse e avrai tutto».
Il terzo caso, più complesso ma meno cruciale per la nostra indagine (e sul
quale, per questa ragione, mi soffermerò poco), è l’affinità di genere
letterario e teologico che lega Fatima all’Apocalisse.
Nel documento ufficiale che la Santa Sede ha pubblicato a commento del
cosiddetto Terzo Segreto, il cardinal Ratzinger spiegava in che maniera
l’anima della veggente era stata resa in grado di vedere il non visibile. Lucia
aveva visto figure e cose reali «con le modalità a lei accessibili di
rappresentazione e di conoscenza», cioè attraverso immagini, ed «il
linguaggio immaginifico di queste visioni – proseguiva il cardinale - è un
linguaggio simbolico».
Dopo questo lungo preambolo intellettuale un po’ tortuoso, il cardinale
abbozzava una spiegazione del segreto: 24 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006 p. 170 25 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006 pp. 127-128 26 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 97
«Esaminiamo ora un poco più da vicino le singole immagini. L’angelo con la spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda analoghe immagini dell’Apocalisse...».
La citazione ci rivela quindi che Apocalisse e Terzo Segreto condividono la
forma letteraria. Sia la prima sia il secondo adottano un linguaggio
simbolico, il quale dà la forma al contenuto della rivelazione.
Per dirla in parole più semplici, l’immagine è un po’ come il ‘vestito’ della
cosa rivelata. L’oggetto della rivelazione si serve del simbolo, dell’immagine,
per essere accessibile alla comprensione di chi riceve la rivelazione.
Le analogie fra Apocalisse e Terzo Segreto sembrano però non limitarsi al
piano formale e letterario ma vanno più a fondo.
Per afferrare la complessità del rapporto, vanno svolte alcune considerazioni
sul testo dell’Apocalisse. Giovanni non ha completamente inventato le
immagini del suo libro. Un esempio su tutti è la bestia che emerge dal mare,
descritta nel tredicesimo capitolo:
«Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone» (Apocalisse 13,1-2).
L’immagine complessiva evoca la visione contenuta in Daniele 7:
«Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna e ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mar Mediterraneo e quattro grandi bestie, differenti l’una dall’altra, salivano dal mare. La prima era simile a un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d’uomo. Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: “Su, divora molta carne”. Mentre stavo guardando, eccone un’altra simile ad un leopardo, la quale aveva quattro ali d’uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio. Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, di una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava,
stritolava e il resto se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna» (Daniele 7, 2-7).
L’autore dell’Apocalisse ha rappresentato la bestia descritta all’inizio del
tredicesimo capitolo rimaneggiando il materiale simbolico contenuto in
Daniele 7. Il materiale simbolico del profeta biblico è perciò, in un certo
senso, il ‘vestito’ dell’oggetto della visione di Giovanni. Il Terzo Segreto di
Fatima, se è analogo all’Apocalisse, quale ‘vestito’ indossa?
Per individuare la ‘marca del vestito’ è opportuno leggere un articolo di
Umberto Eco a commento del Terzo Segreto:
«L’angelo con la spada di fuoco ricorda ad esempio l’angelo di Ap 9,8, quello della seconda tromba, il quale sparge fuoco per il mondo, anche se non è in possesso di una spada. Poi appare un vescovo vestito di bianco; nell’Apocalisse di servi del signore biancovestiti, votati al martirio, ne appaiono in varie riprese (Ap 6,11; 7,9; 7,14). […] Il santo padre arriva in una città “mezzo in rovina”, e incontra sul suo cammino le anime dei cadaveri: la città è menzionata in 11,8, cadaveri compresi, mentre crolla e cade in rovina in 11,13 e ancora, sotto forma di Babilonia, in 18,19. Il vescovo e molti altri fedeli vengono uccisi da soldati con frecce […]: massacri con le armi, puntute, sono compiuti da cavallette con corazza di guerriero in 9,7, al suonare della quinta tromba. Si arriva finalmente ai due angeli che versano sangue con un innaffiatoio di cristallo. Ora di angeli che spargono sangue l’Apocalisse abbonda, ma in 8,5 lo fanno con un turibolo, in 14,20 il sangue trabocca da un tino, mentre in 16,3 viene versato da un calice».27
Umberto Eco ha scoperto il meccanismo di formazione delle immagini del
segreto di Fatima: Lucia si è servita dell’Apocalisse così come Giovanni si era
servito di Daniele 7 per realizzare l’immagine della bestia nel tredicesimo
capitolo.
Un secondo collegamento fra segreto di Fatima e Apocalisse è la concezione
della storia che emerge dai due messaggi. Essa è apocalittica. Alla base della
concezione apocalittica stanno due semplici concetti: la storia umana è già
stata scritta e all’uomo non spetta che decidere da che parte stare, se dalla
27 Umberto Eco, Terzo Segreto di Fatima: ogni veggente vede quello che sa, in Scienza e Paranormale, 2000
parte di Dio o da quella di Satana. Questi due concetti sono presenti in
parecchie esternazioni degli ultimi papi e della stessa Lucia.
Durante un viaggio apostolico in Germania, Giovanni Paolo II pronunciò
delle parole che per lungo tempo furono credute il contenuto del Terzo
Segreto:
«Data la gravità del contenuto, per non incoraggiare la potenza mondiale del comunismo a compiere certe mosse, i miei predecessori nell’ufficio di Pietro hanno diplomaticamente preferito soprassedere alla pubblicazione. D’altra parte a tutti i cristiani può essere sufficiente sapere questo: se c’è un messaggio in cui sta scritto che gli oceani inonderanno intere parti della Terra, e che da un momento all’altro milioni di uomini periranno, non è davvero più il caso di bramare tanto la divulgazione di un tale messaggio segreto. Molti vogliono semplicemente sapere, per curiosità e gusto del sensazionale, ma dimenticano che sapere comporta per loro anche una responsabilità. Si cerca pericolosamente soltanto l’appagamento della propria curiosità se si è convinti che nulla si può fare contro il male, se non si è disposti in pari tempo a far qualcosa».
Quindi, interrogato sulla Chiesa, avrebbe risposto:
«Dobbiamo prepararci a subire tra non molto grandi prove, le quali potranno esigere da noi persino il sacrificio della vita e una dedizione totale a Cristo e per Cristo. Con la preghiera vostra e mia è possibile mitigare questa tribolazione, ma non è possibile evitarla, perché solo così la Chiesa può essere effettivamente rinnovata... Quante volte nel sangue è spuntato il rinnovamento della Chiesa! Anche questa volta non sarà diversamente. Dobbiamo essere forti, prepararci, confidare in Cristo e nella Sua Madre Santissima...».
Queste parole sconvolgenti attribuite ad un papa furono riportate da una
rivista tedesca. Come ha giustamente osservato Marco Tosatti, è difficile
credere che una rivista si sia inventata un’esternazione pontificia del genere,
col rischio di venire pubblicamente sbugiardata.28 E allora, anche accettando
l’idea che parole del genere siano difficili da immaginare sulla bocca di un
pontefice e che fra l’inventarsi un discorso di sana pianta ed il riportarlo con
28 Marco Tosatti, Il segreto non svelato, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2002, p. 88
totale fedeltà ci sono vie di mezzo,29 la via di mezzo potrebbe essere la
seguente: il pontefice, a cui qualche fedele cattolico domandava, forse un po’
insistentemente, se il Terzo Segreto riguardasse catastrofi planetarie, ha
risposto, magari indispettito, che se si vuole sapere se quello è il contenuto
del segreto senza poi però far nulla, allora si è solo schiavi della curiosità.
Insomma più che una rivelazione, quella del pontefice è sembrata
innanzitutto una provocazione: si vuole credere che quello sia il Terzo
Segreto? Va bene, ma poi, una volta saputo, ci si adopera per far qualcosa o
no? Se non si fa nulla, ciò vuole dire che la domanda è solo il frutto di vana e
malefica curiosità. Qui non interessa indagare l’attendibilità delle presunte
affermazioni papali, quanto piuttosto rintracciare ciò che di verosimile può
essere stato pronunciato dal Santo Padre. Il punto interessante è una frase
del discorso: “… con la preghiera vostra e mia è possibile mitigare questa
tribolazione, ma non è possibile evitarla...”. Una simile affermazione
presuppone una concezione apocalittica della storia. La storia è già scritta.
Ciò che è stato predetto accadere, non potrà non accadere. Se si tratta di
qualcosa di tragico, allora potrà essere al massimo mitigato attraverso la
preghiera, ma l’affidamento alla preghiera implica l’avere fatto già una scelta
di campo: occorre essere dalla parte di Dio e di Cristo. Come si vede, il
passaggio contiene i due pilastri concettuali che sorreggono la visione
apocalittica cristiana. Uno di questi due pilastri è presente ad esempio in una
delle esternazioni di Lucia al padre postulatore Agostino Fuentes. In un
colloquio avuto con lui, Lucia rivela che il diavolo è in procinto di ingaggiare
una battaglia contro la Vergine Maria, da cui uno dei due contendenti uscirà
vittorioso e l’altro sconfitto. Occorre, continua la Vergine, decidere fin da ora
da che parte stare.30
29 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 86 30 Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli, Milano 2006, p. 109
Prima di proseguire oltre con la nostra analisi comparata dell’Apocalisse con
il Terzo Segreto, mi si permetterà una breve parentesi. Fin da ora emerge
chiara l’impressione che Lucia fosse una lettrice attenta (se non accanita)
dell’Apocalisse. Simile evidenza porta però con sé una domanda. È singolare
che una donna come Lucia, illetterata all’epoca delle apparizioni, si sia
cimentata da suora nella lettura ed interpretazione dell’Apocalisse (al punto
da esserne influenzata quando chiamata a redigere il Terzo Segreto), un libro
che è forse il più inaccessibile fra tutti quelli del Nuovo Testamento. Come
mai tanto interesse di Lucia verso un libro del genere? La risposta è stata
data dalla stessa suora: «Tutto è nel Vangelo e nell’Apocalisse, leggeteli». Per
comprendere il Terzo Segreto di Fatima occorre perciò leggere l’Apocalisse
di Giovanni.
APOCALISSE
Ci troviamo adesso ad affrontare un grande ostacolo: la comprensione del
libro dell’Apocalisse. Il libro di Giovanni è una specie di rompicapo, un vero
enigma. San Gerolamo disse che esso nasconde tanti misteri quante sono le
sue parole. Stando così le cose, anche al più determinato lettore
dell’Apocalisse verrebbe la voglia di abbandonare l’impresa.
Per cercare di orientarsi e individuare dove l’Apocalisse spiegherebbe il
Terzo Segreto di Fatima, bisogna fare un po’ come Pollicino nella famosa
fiaba, seguire i sassolini bianchi per giungere a destinazione. I sassolini sono
le tracce lasciate da chi conosce bene la documentazione del Segreto, cioè i
papi e tutti quelli che hanno avuto accesso alle carte di Fatima e, infine,
Lucia.
Partiamo così dalle parole di Lucia. Come già è stato detto, la suora in
persona ripeteva che per comprendere il Terzo Segreto di Fatima occorreva
leggere l’Apocalisse e anzi suggeriva anche quali capitoli consultare. Nelle
due occasioni in cui vi avrebbe fatto riferimento, ha invitato alla lettura dei
capitoli ottavo, dodicesimo e tredicesimo. Tuttavia le affermazioni della
suora sono da prendere con cautela. Infatti, più di una volta, ha ripetuto che
non spettava a lei l’interpretazione del segreto ma alla Chiesa.31 Sul versante
gerarchico, Giovanni Paolo II affermò che l’umanità stava vivendo quanto
raccontato nel dodicesimo capitolo.32 A testimonianza delle sue parole
stanno i ripetuti accenni proprio a quel capitolo nel corso di discorsi ed
omelie. Prima di lui, anche Paolo VI recandosi a Fatima per il cinquantenario
delle apparizioni impostò un’omelia sull’inizio del dodicesimo capitolo
dell’Apocalisse:
«Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato» (Apocalisse 12,1-4).
Vista l’insistenza dei pontefici su questo passaggio dell’Apocalisse,
dovremmo dedurre che esso abbia collegamenti con il noto segreto di
Fatima.
A questo punto varrà la pena rileggere per intero il testo della terza parte del
segreto:
«Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto [...] un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio, ‘qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti’, un Vescovo vestito di Bianco: ‘abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre’. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose 31 Suor Lucia, Gli appelli del messaggio di Fatima, Libreria editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001, p. 122 e Tarcisio Bertone e Giuseppe De Carli, L’ultima veggente di Fatima, Rizzoli, Milano 2007, p. 80 32 Carlo Palermo, Il papa nel mirino, Editori Riuniti, Roma 1998, p. 42
salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali essi raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio»
Una lettura comparata dei due testi, anche superficiale, sembra però non
individuare alcun punto in comune. Quale collegamento potrebbe esserci fra
un testo che raffigura due realtà celesti, poste una di fronte all’altra (la donna
prossima a partorire e il drago scarlatto, Satana), con quanto riportato nel
resoconto di Lucia, che invece sembra descrivere una carneficina, una
persecuzione, e in particolare una tremenda violenza commessa contro un
pontefice, vittima sacrificale di un gruppo armato?
A leggere e rileggere i due scritti, si giunge alla ragionevole conclusione che
non vi è alcun collegamento. Certo, salterà fuori qualche predicatore,
convinto di essere illuminato direttamente dallo Spirito Santo, il quale
obbietterà che il collegamento esiste e sarebbe la Vergine stessa. Ma
nell’Apocalisse la donna non ingaggia alcuna battaglia col diavolo, né il
diavolo con la donna. Il dodicesimo capitolo dell’Apocalisse narra della
donna continuamente in fuga dal demonio e del demonio all’inseguimento
della donna. E del demonio, nel Terzo Segreto, non c’è traccia. Perciò i conti
non tornano. No, non ci siamo.
A questo punto della nostra breve ricerca i casi sono due: il brano
dell’Apocalisse è corretto ma quello reso noto nel 2000 non è il vero Segreto;
oppure il testo del Segreto è autentico ma non è a quel passo dell’Apocalisse
che esso fa riferimento.
Se, come si può ragionevolmente credere, il testo divulgato è effettivamente
il Terzo Segreto rivelato dalla Vergine a Lucia, non è corretto il passo
dell’Apocalisse citato.
Dove cercare allora il passo che vi dovrebbe corrispondere?
Se rileggiamo bene i pochi indizi prima raccolti e presentati, sembra esserci
una certa frequente ricorrenza del dodicesimo capitolo nelle citazioni di chi
ha cercato di collegare Apocalisse e Fatima. Quindi sarà opportuno iniziare
la nostra ricerca proprio da quel capitolo. D’altra parte se, come aveva
affermato Giovanni Paolo II, l’umanità stava vivendo il dodicesimo capitolo
dell’Apocalisse, è da qualche parte in quel capitolo che occorre individuare i
versi da collegare a Fatima. Ma dove?
Non rimane che approfondire la lettura del dodicesimo capitolo.
INTEPRETIAMO L’APOCALISSE
Capire il libro di Giovanni, l’Apocalisse per intenderci, è un’impresa difficile.
Talmente difficile che ancora oggi gli studiosi non sono concordi sul
significato ultimo dell’opera. Tanti esperti o presunti tali provano
affannosamente a spiegarla. Certo, se domanderete loro che cosa significhi il
libro di Giovanni, sfodereranno quel sorriso tipico di chi la sa lunga, e con
paternalistico atteggiamento, quello per intenderci che nasconde una gran
considerazione di se stessi, vi improvviseranno una commovente predica
dall’alto del loro piedistallo di sapienza, e in due parole penseranno di avervi
dato una risposta esauriente e vi rimanderanno a qualcuno dei loro libroni.
Ma alla fine della predica-spiegazione, vi accorgerete di avere davanti a voi
uno che brancola nel buio, né più né meno di voi. Per non lasciare nulla
d’intentato e trovare questo benedetto collegamento fra l’Apocalisse ed il
segreto di Fatima, rimane alla fine un’unica soluzione: andare in libreria,
comprare quei libroni che tentano di spiegare il significato dell’Apocalisse e
vedere di capirci qualcosa in più.
Di libri ve ne sono tanti. E tanti sono per soli esperti. Quelli per i meno
esperti sono poi di poco aiuto per scovare l’eventuale collegamento fra il
Terzo Segreto e l’Apocalisse, poiché troppo superficiali. Tuttavia, con un po’
di pazienza, alla fine qualcosa si trova.
Giovanni Paolo II aveva affermato che l’umanità stava vivendo quanto
raccontato nel dodicesimo capitolo. E allora utile criterio da seguire per
evitare la lettura completa di questi mostruosi commenti, è andare diretti
all’interpretazione del dodicesimo capitolo. Uno di questi commenti,
recentemente pubblicato, offre più di un qualche indizio. La tesi centrale è
che la seconda parte del dodicesimo capitolo narri in forma simbolica (e
perciò velata) la storia dell’umanità e della Chiesa dopo l’affermazione del
cristianesimo sull’Impero romano.
Riassunto il contenuto di questo studio sull’Apocalisse in poche parole, si
può dire che il dodicesimo capitolo sia parte di una storia più ampia, che
vede come protagonista il diavolo. Questa storia si estende per circa otto
capitoli, dal dodicesimo al ventesimo, e può essere suddivisa in tre parti:
1. Soggiorno celeste del diavolo (Apocalisse 12,1-12);
2. Soggiorno terrestre del diavolo (da Apocalisse 12,13 fino ad Apocalisse
20,3)
3. Regno messianico dei mille anni e soggiorno di Satana in un luogo
sotterraneo (Apocalisse 20,3-6).
Di queste tre parti, quella di mezzo è letterariamente più estesa ed è
costruita attraverso una successione di immagini dinamiche:33
PRIMO PERIODO (Apocalisse 12,13-14)
«Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente».
SECONDO PERIODO (Apocalisse 12, 15-16)
«Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d’acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca».
TERZO PERIODO (Apocalisse 12, 17-18)
«Allora il drago s’infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si fermò sulla spiaggia del mare».
La fine della narrazione del terzo periodo corrisponde con la fine del
dodicesimo capitolo. Con il tredicesimo capitolo sembra iniziare una nuova
storia, la quale ha per soggetto principale non più il diavolo ma una bestia
che esce dal mare:
«Vidi salire dal mare una bestia che aveva: dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone».
Questa bestia, nella sua descrizione, richiama la quaterna di bestie
raffigurate dal profeta Daniele nel settimo capitolo:
33 Claudio Doglio, Apocalisse di Giovanni, Messaggero di Sant’Antonio, Padova 2005, p. 144
«Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna ed ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mar Mediterraneo e quattro grandi bestie, differenti l’una dall’altra, salivano dal mare. La prima era simile ad un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d’uomo. Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: “Su, divora molta carne”. Mentre stavo guardando, eccone un’altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d’uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio. Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d’una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna».
La bestia di Giovanni è costruita mettendo insieme le forme delle quattro
bestie di Daniele: il leone, la pantera o leopardo, l’orso e le dieci corna della
quarta. Inoltre la bestia di Giovanni possiede sette teste, cioè la somma delle
teste delle quattro bestie di Daniele (una testa per la prima bestia, una per la
seconda, quattro per la terza, una per la quarta).
A questo punto sarà bene ricordare al nostro sprovveduto lettore
dell’Apocalisse che Giovanni non ha mai diviso la sua opera in capitoli.
Questa suddivisione fu fatta nel Medioevo. Pertanto è fuorviante ritenere
che, una volta concluso il dodicesimo capitolo, col capitolo seguente inizi
tutta un’altra storia. La storia che Giovanni sta raccontando non si ferma al
dodicesimo capitolo ma prosegue nel tredicesimo.
Stando così le cose, immaginiamo allora di leggere i due capitoli
dell’Apocalisse come un unico continuo racconto.
Che cosa ci suggerisce questa lettura?
Andando un poco più a fondo con la nostra ricerca, si comprende allora
come tutta la struttura della narrazione di metà del dodicesimo capitolo e di
quello seguente è organizzata secondo la struttura della profezia di Daniele
7.
I tre quadri contenuti nel dodicesimo capitolo dell’Apocalisse precedono il
quarto, narrato nel capitolo seguente:
Fase I (Daniele 7,4) Fase I (Apocalisse 12,13-14)
"La prima era simile ad un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un
uomo e le fu dato un cuore d’uomo”.
“Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per
volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo
lontano dal serpente”.
Fase II (Daniele 7,5) Fase II (Apocalisse 12, 15-16)
"Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in
bocca, fra i denti, e le fu detto: “Su, divora molta carne”.
“Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d’acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue
acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato
dalla propria bocca”.
Fase III (Daniele 7,6) Fase III (Apocalisse 12, 17-18)
"Mentre stavo guardando, eccone un’altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d’uccello sul
dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio"
“Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che
osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si fermò sulla spiaggia del mare”.
Fase IV (Daniele 7,7) Fase IV (Apocalisse 13-19)
"Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d’una forza
eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva
dieci corna”.
"Vidi salire dal mare una bestia che aveva:dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo
blasfemo.La bestia che io vidi era simile a una pantera,con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un
leone...".
INTERPRETAZIONE DEL CAPITOLO DODICESIMO DELL’APOCALISSE
Per capire che cosa voglia significare questa sequenza di quadri, bisogna
conoscere il significato della profezia contenuta nel settimo capitolo del libro
di Daniele. Quella profezia descriveva la successione degli imperi che nel
mondo antico avevano sottomesso Israele: l’impero babilonese, quello medo,
quello persiano e infine l’impero macedone di Alessandro Magno. Nel caso di
Giovanni non si parla più di imperi ma della Chiesa e dei suoi figli. Giovanni
racconta in successione la storia della Chiesa.
Come comincia questa storia?
Essa comincia con una battaglia in cielo fra l’arcangelo Michele ed il diavolo,
Satana:
«Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva:
“Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». (Apocalisse 12,7-12)
Questa battaglia, spiega Giovanni, viene vinta grazie al sangue dell’Agnello-
Cristo e grazie al martirio di cristiani.
Di quale persecuzione sta parlando Giovanni? Per capire di quale si tratti,
delle tante che si sono succedute nella storia cristiana, facciamo riferimento
alle parole del papa polacco. In relazione ai sopraccitati versi dell’Apocalisse,
papa Giovanni Paolo II così affermò durante l’udienza generale tenuta il 26
maggio 2004 a Piazza San Pietro:
“1. Il Cantico, che ora abbiamo elevato al «Signore Dio Onnipotente» e che viene proposto nella Liturgia dei Vespri, è frutto della selezione di alcuni versetti dei capitoli 11 e 12 dell’Apocalisse. È ormai squillata l’ultima delle sette trombe che risuonano in questo libro di lotta e di speranza. Ed ecco che i ventiquattro anziani della corte celeste, che rappresentano tutti i giusti della Antica e della Nuova Alleanza (cfr Ap 4,4; 11,16), intonano un inno forse già in uso nelle assemblee liturgiche della Chiesa delle origini. Essi adorano Dio sovrano del mondo e della storia, pronto ormai a instaurare il suo regno di giustizia, di amore e di verità.
In questa preghiera si sente pulsare il cuore dei giusti che attendono nella speranza la venuta del Signore a rendere più luminosa la vicenda dell’umanità, spesso immersa nelle tenebre del peccato, dell’ingiustizia, della menzogna e della violenza.
2. Il canto intonato dai ventiquattro anziani si modula sul rimando a due Salmi: il Salmo secondo, che è un carme messianico (cfr 2,1-5) ed il Salmo 98, che celebra la regalità divina (cfr 98,1). In tal modo si raggiunge lo scopo di esaltare il giudizio giusto e risolutivo che il Signore sta per eseguire sull’intera storia umana.
Due sono gli aspetti di questo intervento benefico, come due sono i tratti che definiscono il volto di Dio. Egli è giudice, sì, ma anche salvatore; condanna il male, ma ricompensa la fedeltà; è giustizia, ma soprattutto amore.
Significativa è l’identità dei giusti, ora salvati nel Regno di Dio. Essi sono distribuiti in tre categorie di «servi» del Signore, cioè i profeti, i santi, e coloro che temono il suo nome (cfr Ap 11,18). È una specie di ritratto spirituale del popolo di Dio, secondo i doni ricevuti nel battesimo e fatti fiorire nella vita di fede e di amore. Un profilo che si compie sia nei piccoli sia nei grandi (cfr 19,5).
3. Il nostro inno, come si è detto, è elaborato anche con l’utilizzazione di altri versetti del capitolo 12, che si riferiscono a una scena grandiosa e gloriosa dell’Apocalisse. In essa si scontrano la donna che ha partorito il Messia e il drago della malvagità e della violenza. In questo duello tra il bene e il male, tra la Chiesa e Satana, all’improvviso risuona una voce celeste che annuncia la sconfitta dell’«Accusatore» (cfr 12,10). Questo nome è la traduzione del nome ebraico Satán, dato a un personaggio che, secondo il Libro di Giobbe, è membro della corte celeste di Dio, dove fa le parti del Pubblico Ministero (cfr Gb 1,9-11; 2,4-5; Zc 3,1).
Egli «accusava i nostri fratelli davanti al nostro Dio giorno e notte», metteva cioè in dubbio la sincerità della fede dei giusti. Ora il drago satanico è fatto tacere e alla radice della sua sconfitta c’è «il sangue dell’Agnello» (Ap 12,11), la passione e la morte di Cristo redentore.
Alla sua vittoria è associata la testimonianza del martirio dei cristiani. C’è un’intima partecipazione all’opera redentrice dell’Agnello da parte dei fedeli che non hanno esitato a «disprezzare la vita fino a morire» (ibidem). Il pensiero corre alle parole di Cristo: «Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25).
4. Il solista celeste che ha intonato il cantico, lo conclude invitando l’intero coro angelico a unirsi all’inno di gioia per la salvezza ottenuta (cfr Ap 12,12). Noi ci associamo a quella voce nel nostro rendimento di grazie festoso e colmo di speranza, pur in mezzo alle prove che segnano il nostro cammino verso la gloria.
Lo facciamo ascoltando le parole che il martire san Policarpo rivolgeva al «Signore Dio Onnipotente» quando era ormai legato e pronto per il rogo: «Signore Dio Onnipotente, padre del diletto e benedetto figlio tuo Gesù Cristo…, tu sia benedetto per avermi giudicato degno di questo giorno e in quest’ora di prender posto nel novero dei martiri, nel calice del tuo Cristo per la risurrezione alla vita eterna di anima e corpo nell’incorruttibilità dello Spirito Santo. Che io fra essi sia accolto oggi al tuo cospetto in qualità di pingue e gradito sacrificio, così come tu, il Dio veritiero e alieno da menzogna, hai in precedenza disposto e manifestato e compiuto. Per questo al di sopra di tutto io ti lodo, ti benedico, ti glorifico tramite l’eterno e celeste tuo Sommo Sacerdote e diletto figlio Gesù Cristo, mediante il quale sia gloria a te con lui e con lo Spirito Santo, ora e per i secoli a venire. Amen” (Atti e passioni dei martiri, Milano 1987, p. 23).
Il papa ci spiega che i martiri in questione sono martiri cristiani. Ma quali
martiri? Giovanni intende fare un generico riferimento ai martiri di tutte le
epoche? A quanto pare no, visto che, l’esito della battaglia celeste è la caduta
del diavolo e da quel momento la storia umana viene scandita dalla
successione di quattro periodi storici, che Giovanni sviluppa secondo la
struttura di Daniele 7.
Se dovessimo andare indietro nel tempo, la prima grande persecuzione
cristiana, degna di apparire iscritta nella storia della salvezza, non può che
essere quella sopportata sotto l’Impero Romano. E di certo non casualmente
il papa ha citato le parole di un grande martire dell’antichità, San Policarpo.
Se quella è la persecuzione descritta da Giovanni nei versetti in questione, le
quattro epoche storiche seguenti, descritte da Giovanni, non possono che
corrispondere a quattro periodi della storia del cristianesimo dopo le
persecuzioni sotto Roma.
LE TRE EPOCHE SUCCESSIVE: DUE PAPI, UNA STESSA
INTERPRETAZIONE
Ci prepariamo ora a interpretare le tre epoche seguenti alla caduta del
diavolo per opera dei martiri cristiani. Possiamo già da ora immaginare come
una di queste epoche non possa che corrispondere alla presente o,
perlomeno, a quella individuata nelle parole di Giovanni Paolo II: «L’umanità
sta vivendo il dodicesimo capitolo dell’Apocalisse».
Quali sono queste quattro epoche descritte da Giovanni?
La prima vede la donna in possesso di ali d’aquila. La donna così descritta
richiama la figura della prima bestia descritta dal profeta Daniele: in
quest’ultima profezia il leone alato rappresentava un impero, quello
babilonese. Nella profezia di Giovanni la donna alata pare rappresentare una
specie di impero succeduto a quello Romano. L’era che Giovanni ha in
visione, successiva all’epoca di persecuzione sotto l’Impero Romano è il
tempo della Chiesa medievale.
La seconda fase narrata da Giovanni deve essere successiva all’epoca
medievale. Quale fu quest’epoca che vede la donna perseguitata dalle forze
infernali, al punto da rovesciargli dietro una fiumana d’acqua per affogarla? E
quale la fase ancora successiva, che vede a questo punto non la donna, ma i
suoi stessi figli oggetto della persecuzione satanica?
Sfogliando un qualsiasi libro di storia del cristianesimo, la prima grande
ferita inferta alla Cristianità fu l’eresia luterana e, dopo di essa, la grande
rivolta alla Chiesa in epoca moderna che si concretizzò con la Rivoluzione
Francese. Perciò la seconda fase della persecuzione della Chiesa, come la
descrive Giovanni, corrisponde alla grande frattura della Cristianità
provocata dalla Riforma protestante, mentre la successiva ha inizio con la
persecuzione della Chiesa nella Francia rivoluzionaria.
Quanto attendibile può essere questa interpretazione dei sopraccitati passi
dell’Apocalisse?
Joseph Ratzinger, prima ancora di diventare pontefice, pronunciò un
discorso in una conferenza tenuta a Berlino il 28 novembre 2000 in cui
schematizzava i duemila anni di storia della Chiesa secondo queste tre fasi.
L’allora cardinale scriveva che, «in collegamento con il libro di Daniele, si
considerava l’Impero Romano rinnovato e trasformato dalla fede cristiana
[...] come il permanente Sacrum Imperium Romanum».34 Questo momento
può essere considerato una fra le «due fondamentali svolte storiche»
dell’Europa.35 La seconda svolta traumatica si colloca all’epoca della
Riforma,36 e si assiste alla nascita di una “nuova, illuminata forma di
cristianesimo».37
C’è poi una «terza svolta»: l’epoca della Rivoluzione Francese.38 La
persecuzione diabolica è iniziata con la Rivoluzione Francese, che ci ha
regalato la persecuzione dei cristiani in Vandea, ma poi è proseguita con il
tentativo di eliminazione della Chiesa in Messico, in Spagna e, dopo la
Seconda Guerra mondiale, nei paesi comunisti. Così, Giovanni Paolo II, il
papa venuto proprio da quelle parti, ha voluto ricordare nella lettera
apostolica Tertio Millennio Adveniente come «al termine del secondo
millennio la Chiesa sia diventata di nuovo Chiesa dei martiri» e che nel
34 Joseph Ratzinger, Europa - I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 11 35 Joseph Ratzinger, Europa - I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 16 36 Joseph Ratzinger, Europa - I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 16 37 Joseph Ratzinger, Europa - I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 15 38 Joseph Ratzinger, Europa - I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005, pp. 16-17
«nostro secolo sono ritornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi “militi
ignoti” della grande causa di Dio».39 Questo grande periodo di persecuzione,
iniziato con la Rivoluzione Francese e prolungato nella Rivoluzione Russa è
stato preannunciato da due grandi segni celesti. Per il secondo è stato
proprio Fatima, mentre per il primo sono state le potenti apparizioni di
Paray-le-Monial, avvenute cento anni prima dello scoppio della Rivoluzione
Francese. In quell’occasione Gesù apparve a Margherita Maria Alacocque e le
affidò un messaggio per il futuro re di Francia, Luigi XIV. Al sovrano fu
richiesto di far dipingere l’immagine del Sacro Cuore sui vessilli regali,
cesellarla sulle armi, e infine costruire un tempio in onore del Sacro Cuore di
Gesù perché esso fosse adorato e venerato dal popolo e dai reali. Ma il
sovrano non aveva la stoffa di Costantino né la lungimiranza del grande
imperatore dell’antichità. Così, esattamente a cento anni di distanza, per le
sue mancanze pagò il nipote, Luigi XVI, ghigliottinato il 21 luglio 1793.
Proprio a Fatima, a suor Lucia fu ricordato quell’avvenimento accaduto un
secolo e mezzo prima: «Fai conoscere a miei ministri, visto che seguono
l’esempio del re di Francia, differendo l’adempimento della mia richiesta [la
consacrazione della Russia], che lo seguiranno nella sventura. Dopo lo
faranno, ma sarà ormai troppo tardi. La Russia avrà già sparso i suoi errori
per il mondo, causando persecuzioni alla Chiesa».40 Le due grandi
persecuzioni, l’una che ha iniziato la terza fase e l’altra che l’ha conclusa,
hanno ricevuto due pesanti ammonimenti dal Cielo.
PRIME CONCLUSIONI
Giungiamo così a trarre le nostre prime conclusioni riguardo il collegamento
fra Fatima e l’Apocalisse. Se, come il cardinale Angelo Sodano, Segretario di 39 Citata in un articolo di Franco Peradotto Chiamati alla fedeltà, in Vita Pastorale, n. 8-9/1997 40 In Frère Michel de la Saint Trinité, The whole truth about Fatima, Volume II, Immaculate Heart Pubblications, Buffalo, New York 1989, pp. 543-544
Stato, dichiarò al termine della solenne Concelebrazione Eucaristica a
Fatima per la beatificazione dei due pastorelli, Jacinta e Francisco, il segreto
«riguarda soprattutto la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e
descrive l’immane sofferenza dei testimoni della fede dell’ultimo secolo del
secondo millennio», allora il segreto è contenuto nei versi finali del
dodicesimo capitolo. Detto in maniera più appropriata, la grande visione di
Fatima sarebbe la visione più dettagliata di quanto, sommariamente, viene
raccontato da Giovanni nelle poche scarne righe finali di quel capitolo,
almeno per quanto riguarda le prime due parti del segreto.
Queste conclusioni ci inducono pertanto a ritenere che suor Lucia facesse
riferimento ai versi finali del dodicesimo capitolo dell’Apocalisse e non a
quelli iniziali come molti, erroneamente, hanno creduto e continuano a
credere.
Ma a questo punto sorge ovvia una domanda. Come poteva suor Lucia
conoscere la relazione fra Apocalisse e Terzo Segreto? Come poteva una tale
donna, che aveva appena frequentato le scuole elementari, offrire
un’interpretazione così dirompente dell’Apocalisse, visto che tutti gli esegeti,
di ogni epoca, hanno interpretato i passi in questione come una descrizione
di persecuzioni dell’epoca di Roma, se non precedenti? Nella mia personale
ricerca solo una persona ha individuato nei passi in questione
dell’Apocalisse, certo per caso, il collegamento con Fatima. Questa persona
non è però un esegeta di professione ma un giudice (Carlo Palermo, Il papa
nel mirino, Editori Riuniti, Roma, 1998, p. 30). La ragione perché giudici o
giornalisti riescano ad afferrare la verità meglio di teologi ed esegeti? Perché
questi ultimi sono lontani dalla storia e dalla vita, esattamente come l’Orazio
nella tragedia dell’Amleto, dove Amleto ricorda che ci sono più cose in cielo
e in terra che in certe costruzioni filosofiche (e, naturalmente, anche
teologiche). E quando a certi preti, questi teologi lanciano accuse di essere
troppo pragmatici, troppo “politici”, troppo realisti, essi dovrebbero ogni
tanto domandarsi se non sono loro a rischiare di apparire, con le loro
mirabolanti costruzioni intellettuali, solo degli inguaribili “teorici” e ritrarre
un cristianesimo che non esiste. Ma tornando a Lucia e all’Apocalisse, la
risposta non può che essere una soltanto: suor Lucia ebbe dalla Vergine la
rivelazione della relazione fra il Terzo Segreto e l’Apocalisse. In altre parole,
la Vergine svelò alla veggente la corretta lettura del libro dell’Apocalisse.
Essa fu evidentemente rivelata a Lucia nel corso di quelle apparizioni
successive alle prime avute nel 1917. Essendo stata l’ultima (forse) nel 1984,
questa rivelazione deve essere stata fatta, presumibilmente, un giorno dentro
l’arco temporale di quei circa settant’anni. In seguito la veggente informò le
alte gerarchie della Chiesa del legame fra Fatima e l’Apocalisse. Appare
scontato che simili rivelazioni appartengano a quel flusso d’informazioni di
cui si è parlato all’inizio di questo breve scritto. Esse fanno parte del grande
patrimonio religioso che Fatima ha trasmesso al mondo cristiano ma che la
Vergine ha voluto comunicare, nel tempo dovuto, ai soli papi, forse
attraverso le lettere personali.
Quando fu rivelato questo legame fra Fatima ed il segreto dell’Apocalisse?
Non è possibile stabilirlo con una certa precisione. Tuttavia il libro di
Giovanni fu messo per la prima volta in relazione con Fatima nel 1967,
quando Paolo VI parlò a Fatima dell’apocalittica donna vestita di sole, ed è
forse da quell’epoca che la Chiesa fu informata della sopraccitata relazione.
In ogni caso, come si è detto in precedenza, Lucia non doveva essere un
tramite totalmente affidabile fra il Cielo e il papa, come ancora pochi anni fa
aveva confermato il cardinale Bertone: «non sempre si capisce bene ciò che
dice la Madonna e ciò che dice Suor Lucia». Ciò che diceva Lucia poteva non
corrispondere del tutto al contenuto dei messaggi celesti. Così ad esempio,
quando Lucia sosteneva che il segreto era contenuto nel capitolo ottavo
dell’Apocalisse, è probabile che questa fosse una sua personale idea.
A partire perciò da questa comunicazione dal Cielo, risalente a prima del
1967, Lucia avvertì che i segreti rivelati a Fatima erano già contenuti nel libro
dell’Apocalisse.
Resta in sospeso una domanda, che però non avrà risposta.
Nella Chiesa già si conosceva questa interpretazione dell’Apocalisse che, lo
ripetiamo, non è presentata da alcun commentatore, studioso, o interprete?41
In altre parole, fu Lucia che spiegò alle alte gerarchie della Chiesa Cattolica
che il contenuto del segreto corrispondeva ad un passo preciso
dell’Apocalisse, oppure una simile interpretazione era già nota, e le parole
della suora non fecero altro che confermare quanto già si sapeva? Ciò che è
certo, in questa storia, è che Lucia conosceva la relazione fra il segreto di
Fatima ed il libro dell’Apocalisse.
IL CONTENUTO DEL TERZO SEGRETO DEVE COINCIDERE CON
QUALCHE PASSO DELL’APOCALISSE
Ma, allora, che cosa potrebbe significare il Terzo Segreto di Fatima? Per
rendere l’interpretazione più facile, riprendiamo per un attimo la lettura che
Umberto Eco fa del Terzo Segreto. Il testo di Lucia, sostiene il professore,
allude a numerosi passi dell’Apocalisse ed i riferimenti da lui individuati
paiono corrispondere tutti con una certa precisione. Tutti (forse), tranne
(certamente) uno. Eco scrive che il passaggio nel testo in cui la suora dice di
vedere «vescovi e sacerdoti salire una montagna ripida» è preso da
Apocalisse 6,12, laddove si dice che «i potenti della Terra si nascondono tra le
spelonche e i massi di un monte». È proprio Apocalisse 6,12 il passo cui il
segreto di Fatima potrebbe alludere? No. 41 Se non parzialmente nel libro da cui questa interpretazione dell’Apocalisse è stata tratta.
E vediamo il perché.
Umberto Eco ha letto forse un po’ superficialmente il passo dell’Apocalisse, o
forse il Terzo Segreto di Fatima.
Nel passo dell’Apocalisse Giovanni dice:
«Quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi. Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. Allora i re della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; e dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi vi può resistere?» (Apocalisse 6, 12-17).
È questa la citazione che è all’origine del passo del Terzo Segreto di Fatima?
Nel testo si allude all’apparizione dell’Agnello ed alla fuga e nascondimento
di ricchi, potenti, re della terra, capitani, liberi e schiavi dalla sua vista. Tutti,
ma proprio tutti, si nascondono. Tutti si danno alla fuga e chiedono
addirittura a monti e rupi di coprire il loro viso per non vedere il volto
dell’Agnello. La fuga è generale, non di una sola classe sociale. Non sono solo
i ricchi a fuggire né solo i potenti. Liberi e schiavi, anche loro fuggono dalla
vista dell’Agnello. Ed il testo di Giovanni aggiunge, a scanso di equivoci
l’espressione «ogni uomo». Lo scenario descritto è quello di un’apparizione e
di una fuga generale.
Rileggiamo ora la parte del segreto di Fatima che vi alluderebbe:
«Abbiamo visto… un Vescovo vestito di Bianco: ‘abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre’. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni
dopo gli altri i Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni».
Non ci vuole molto ad afferrare la differenza formale e sostanziale fra i due
testi. Nel primo compare misteriosamente l’Agnello e tutti si danno alla fuga.
Nel secondo si parla di una carneficina. La veggente, infatti, non solo
descrive la morte di un uomo vestito di bianco, presumibilmente un papa.
Alla morte violenta di quest’uomo Lucia associa quella di un gruppetto di
vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, ed infine gente comune delle più
disparate classi e posizioni. Perciò il tema trattato nel passo apocalittico
menzionato da Eco è differente dal brano del Terzo Segreto. Quei poveri
disgraziati, martirizzati nella visione di Lucia, divengono dei volgari fuggitivi
nell’interpretazione che ne dà Eco. Evidentemente non è quello il passo
dell’Apocalisse cui fare riferimento. Non può essere quello. Se effettivamente
c’è, come ritiene Eco, un richiamo all’Apocalisse giovannea, quello non è il
passo in questione. Umberto Eco ha letto «monte» nel segreto, e allora,
andando a cercare nell’Apocalisse di Giovanni, questo brav’uomo ha fatto
sosta presso il primo monte che ha trovato lungo la lettura, quello (o sarebbe
meglio dire quelli) citato (citati) in Apocalisse 6. Ma oltre non è andato.
Se invece leggiamo un po’ tutto il libro di Giovanni, sulla base
dell’interpretazione del testo che ne abbiamo tirato fuori dal commento
all’Apocalisse prima citato,42 non ci vuole molto a concludere che il monte
cui la veggente di Fatima potrebbe fare riferimento è piuttosto quello
descritto nel capitolo quattordicesimo dell’Apocalisse: «Poi guardai ed ecco
l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone
che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo» (Ap
14,1). Che cosa rappresentano quelle immagini? Rappresentano una
42 Renato Ammannati, Rivelazione e Storia. Ermeneutica dell'Apocalisse, Transeuropa, Massa 2010
persecuzione.43
TRE SEGRETI, UN SOLO SEGRETO
I segreti di Fatima, e soprattutto il terzo, hanno destato e continuano a
destare curiosità fra i cattolici. Fatima è un luogo venerato da loro, anche se,
a quanto pare, è meta di pellegrinaggio di persone appartenenti anche a fedi
estranee al cristianesimo.44
Dopo la rivelazione del contenuto del Terzo Segreto, tutto doveva apparire
più chiaro di prima. Le gerarchie della Chiesa cattolica hanno reso pubblico
il contenuto, abbozzato un criterio di lettura del testo ed un tentativo di
interpretazione del segreto. L’affare Fatima poteva dirsi concluso. E invece
sono pochi oggi quelli che credono che il segreto rivelato, l’ultimo s’intende,
appartenga ormai completamente al passato. Prima di entrare nel dettaglio,
è importante non leggere il Terzo Segreto come qualcosa di avulso dal resto
della rivelazione mariana a Fatima. Infatti, in un’intervista, padre Josè Dos
Santos Valinho, nipote di suor Lucia, ha posto l’accento su un aspetto che
suona importante per la prosecuzione della nostra indagine sul Terzo
Segreto di Fatima. L’intervista è stata fatta per un programma andato in
onda sulla Rete Tre della Televisione italiana, Enigma. Il frate ha ribadito
nell’intervista, riportata per iscritto da Marco Tosatti, quello che era stato
confermato dalla stessa sua zia: «Non ci sono tre segreti, c’è un unico segreto
diviso in tre parti distinte, ma è un unico segreto. E questa terza parte del
segreto sta già come insinuata nella prima e seconda parte. Lì si può già
dedurre quello che viene di seguito».45
43 Come vedremo, la persecuzione cui il Terzo Segreto corrisponde ha il suo modello letterario nell’immagine di Apocalisse 14 ma corrisponde alla persecuzione descritta in un preciso versetto di Apocalisse 13. 44 Così sostiene Vittorio Messori, che spiega come non sia come indifferente il numero di pellegrini musulmani 45 Marco Tosatti – Franca Giansoldati, Apocalisse. La profezia di papa Wojtyla, Piemme Religio, Casale Monferrato (AL), 2003, p. 97
Un unico segreto, non tre segreti. E la terza parte è già insinuata nelle prime
due. Ma in che senso la prima è già insinuata nelle prime due?
IL TERZO SEGRETO DI FATIMA: UN PAPA CHE MUORE?
Torniamo così da dove eravamo partiti, cioè all’intervista concessa dal
filosofo Severino l’indomani della divulgazione del Terzo Segreto di Fatima.
Il segreto di Fatima? Mitologia destinata alla sconfitta? Roba “fuori tempo”?
Avviciniamoci un po’ di più al mistero contenuto nella terza parte del
Segreto, e vediamo se possiamo dare della sezione storica dell’intero Segreto,
la seconda e terza parte, un inquadramento più chiaro.
Prima però di far questo, dobbiamo domandarci se effettivamente la terza
parte del Segreto riguardi l’attentato mancato a papa Giovanni Paolo II o
meno. Nel corso degli anni che ci separano dalla sua divulgazione, non sono
più molti quelli convinti che il significato delle immagini in esso contenute
faccia riferimento all’attentato al pontefice polacco. Un papa che deve
morire, secondo la profezia, ma che poi non è morto nella realtà dei fatti.
Una mezza profezia? La Vergine avrebbe deviato la pallottola? E allora
perché non rivelare attraverso Fatima quello che in realtà sarebbe accaduto?
La Vergine che sconfessa se stessa, rivelando prima che un papa sarebbe
stato ucciso e poi, improvvisamente, nel momento dello sparo della pistola
assassina, si prodiga per salvarlo? Un atto miracoloso che però ha smentito la
profezia? E perché non rivelare, allora, che ci sarebbe stato un attentato e
che Ella sarebbe miracolosamente intervenuta per strapparlo alla morte?
E, dunque, poniamoci di nuovo la domanda fatale: la terza parte del segreto
rivela l’attentato a Giovanni Paolo II o no?
La risposta è no.
La profezia parla di un papa ucciso e non di un papa ferito, seppure a morte.
Cominciamo quindi da questa prima risposta. La terza parte del segreto è la
rivelazione di un avvenimento drammatico non ancora accaduto. Ma allora
perché rivelarlo e ostinarsi a sostenere la corrispondenza del suo contenuto
con l’attentato a papa Karol Wojtyla? Da un lato fu lo stesso papa polacco ad
indirizzare l’interpretazione in questa direzione, attraverso i suoi atti e le sue
parole: subito dopo l’attentato volle leggere (o rileggere)46 il contenuto della
terza parte del segreto dopo. Poi, quando si recò a Fatima nel 2000, volle
incastonare la pallottola sparata da Alì Agca, il 13 maggio 1981 in piazza san
Pietro, nella corona della statua della Vergine. D’altra parte, a suffragare
l’ipotesi della coincidenza del contenuto del Terzo Segreto con l’attentato a
Giovanni Paolo II c’era anche la data: 13 maggio 1981, lo stesso giorno in cui la
Vergine era apparsa per la prima volta a Fatima (13 maggio 1917). A questo
punto, però, mi si permetteranno due brevi seppur velenose riflessioni.
Nonostante la coincidenza delle date, le differenze fra l’attentato ed il testo
del segreto non possono lasciare indifferenti. Nell’attentato non è morto
nessuno e al papa non ha sparato un gruppo di persone in uniforme militare
bensì un solo individuo. L’unico dettaglio che pare collimare è quello della
«città in rovina». L’espressione potrebbe semplicemente lasciar intendere
una città antica, come d’altra parte è Roma, o potrebbe essere letta come una
allegoria della Chiesa che, in questo modo, è considerata dalla profezia di
Fatima spiritualmente in rovina. Ma potrebbe benissimo rappresentare
un’altra città: Gerusalemme, ad esempio. Deve essere un altro fortuito caso
quello che ha portato il pontefice Benedetto XVI a visitare Betlemme e
Gerusalemme proprio il giorno 13 maggio 2009?
46 Rimane ancora aperta la questione della data esatta della venuta a conoscenza del segreto da parte del pontefice polacco. Esistono, infatti, due date differenti. Per l’intera questione, ininfluente per gli scopi di questo libro, si rimanda alla lettura del libro di Antonio Socci su Fatima, già citato, nelle pagine 26-27 e 146-147
La seconda velenosa riflessione è la strana coincidenza delle date: Karol
Wojtyla è stato ferito il 13 maggio, il giorno di Fatima. Ai più è apparsa una
“miracolosa coincidenza”, il segno di una certa soprannaturalità
dell’avvenimento; a chi scrive, invece, è sembrato il segno di qualcosa di
“troppo soprannaturale”, al punto da apparire molto più umano e
diversamente spiegabile. Fatto incredibile, l’attentato è avvenuto proprio
quel giorno, cioè il giorno della prima apparizione di Fatima e, guarda caso,
quel Terzo Segreto non ancora rivelato parlava proprio, neanche a farlo
apposta, della morte violenta di un papa. Siccome a pensare male si fa
peccato ma ci si azzecca spesso, come ebbe a dire un caro figlio di Santa
Madre Chiesa, non è escluso che il Terzo Segreto, rimasto segretato per tanto
tempo ai più, fosse in realtà già ben noto ai mandanti dell’attentato, per vie
più o meno oscure.47
C’è tuttavia una seconda diversa considerazione da fare, più complessa, che
verte sull’autenticità del contenuto del Terzo Segreto di Fatima e sulla sua
attendibilità.
Un documento è più facilmente considerato autentico se riconosciuto
dall’autore che l’ha scritto. In altre parole, se il Segreto fosse stato rivelato
dopo la morte di Lucia, qualcuno avrebbe potuto avanzare il sospetto della
non autenticità del documento. Invece, divulgato mentre Lucia vivente,
nessuno ha osato metterne in dubbio l’autenticità. Certo, si sono sollevate
questioni intorno allo scritto, parso essere non esauriente, al punto che alle
gerarchie cattoliche è stato imputato di tener tuttora occultata parte del
contenuto del Terzo Segreto e quindi della verità su Fatima.
L’attentato a Karol Wojtyla è stato da un certo punto di vista veramente
provvidenziale, perché ha consentito di rivelare il segreto corredandolo di
47 Lo conosceva perfino l’attentatore del papa (Carlo Palermo, Il papa nel mirino, Editori Riuniti, Roma 1998, pp. 106-107).
una verosimile di spiegazione. In questa maniera, tutta la tensione
sprigionata dalla rivelazione della profezia è stata assorbita dalla tesi che essa
riguardasse l’attentato al papa polacco.
FATIMA E LA BESTIA
Come già ricordato in precedenza, il papa polacco aveva affermato che
l’umanità stava vivendo quanto raccontato nel dodicesimo capitolo
dell’Apocalisse. Dall’interpretazione del testo di Giovanni, i passi che
corrisponderebbero a questo periodo della storia sarebbero gli ultimi due
versetti del dodicesimo capitolo, quelli nei quali Giovanni racconta che il
diavolo andò a far la guerra contro il resto dei figli della donna, quelli che
conservano le norme di Dio e hanno la testimonianza di Gesù (Apocalisse
12,17).
Dall’affermazione del pontefice polacco sono passati poco più di venti anni.
L’umanità sta ancora vivendo quanto descritto nel dodicesimo capitolo
dell’Apocalisse, oppure il nostro tempo corrisponde ad un’altra sezione
dell’enigmatico libro di Giovanni? E se non corrisponde più a quel capitolo
(o, meglio, ai versetti finali di quel capitolo), a quale altro capitolo potrebbe
corrispondere?
Uno, a rigor di logica, dovrebbe ragionare nella seguente maniera: se
l’umanità, ai tempi di Wojtyla stava vivendo quanto raccontato da Giovanni
alla fine del dodicesimo capitolo, dallo stesso Wojtyla ha forse iniziato a
vivere gli inizi del capitolo successivo, il tredicesimo. Dico “forse”, perché
non è detto che, morto un papa, si “apra un altro capitolo”.
C’è poi un’altra questione. Se si leggono tutti i commenti di studiosi
accreditati, si vede che il tredicesimo capitolo viene considerato come la
descrizione di fatti accaduti durante il I secolo dopo Cristo. La bestia che
esce dal mare simboleggia, secondo questa vulgata, l’Impero romano. E,
quindi, sembra impossibile applicarla al presente. Qui però sta la novità.
Come ho detto all’inizio di questo libretto, mi è capitata tra le mani
un’interpretazione un po’ differente dell’Apocalisse. Questa interpretazione
non identifica più la bestia con l’Impero romano ma con L’Occidente. La
persecuzione raccontata a metà del dodicesimo capitolo si riferisce a quella
serie di persecuzioni sopportate dai cristiani durante le fasi finali dell’Impero
romano. E, come abbiamo visto, proprio Wojtyla interpretava così quei passi.
In più, sempre Wojtyla sosteneva che l’umanità stesse vivendo, durante il
suo pontificato, il dodicesimo capitolo dell’Apocalisse. Quindi, tutta la
seconda metà del dodicesimo capitolo racconta la storia della Chiesa dopo le
persecuzioni di Roma contro i cristiani, mentre la fine del dodicesimo
capitolo corrisponde alla fine del ventesimo secolo.
Siccome questo è un breve scritto, non perderò tempo a fare tutto il
ragionamento svolto da questo studioso circa l’interpretazione del
tredicesimo capitolo. Mi limiterò a riprendere certi punti e spingermi più in
là di dove si è spinto lui. La mia intenzione non è interpretare l’Apocalisse. Il
mio scopo è rintracciare il significato del Terzo Segreto di Fatima. Se suor
Lucia ha detto che occorreva leggere il tredicesimo capitolo dell’Apocalisse
per scoprire il significato del segreto di Fatima, questo vuole dire che là
dentro, da qualche parte, è contenuta la spiegazione del Terzo Segreto. Ma
dove?
Dalla morte di papa Wojtyla non sono passati molti anni. Le cose a questo
punto sono due. O stiamo vivendo ancora il dodicesimo capitolo, o siamo
entrati in quello seguente. Leggendo il commento di questo studioso,
saremmo entrati in quello seguente, e la bestia con le sue teste non
rappresenta più l’Impero romano bensì l’Occidente. Ciò significa che siamo
ormai dentro il tredicesimo capitolo. E visto che non ci separano molti anni
dalla morte di papa Wojtyla e che però siamo entrati in una nuova epoca
imperiale, viene da pensare che dovremmo stare vivendo quanto Giovanni
racconta nei primi versi del tredicesimo capitolo.
La bestia che sale dal mare simboleggia l’apparizione di un nuovo impero,
«che non si piega davanti a nessuno»48 come davanti a nessuno si era piegato
il suo omologo romano secoli prima.
Se le cose stanno in questi termini, il Terzo Segreto di Fatima potrebbe
coincidere con quella misteriosa, estrema persecuzione intrapresa dalla
bestia contro i santi di Dio: «Alla bestia fu permesso di far guerra contro i
santi e di vincerli» (Apocalisse 13,7). L’uomo vestito di bianco, i vescovi, i
sacerdoti, i religiosi e le religiose e varie persone secolari, gli uomini e le
donne di varie classi e posizioni di cui parla il Terzo Segreto di Fatima
corrispondono ai santi di Apocalisse 13,7.49 Questa identificazione spiega
anche una sibillina affermazione dell’allora cardinal Ratzinger sull’Apocalisse
di Giovanni. Intervistato, aveva detto che il libro di Giovanni rivela il corso
circolare della storia, con orrori che si ripetono. Ma quali sono questi orrori?
Leggendo l’interpretazione dell’Apocalisse qui considerata, essi
corrispondono ad una persecuzione simile a quella di cui rimase vittima
anche l’Apostolo Pietro nel I secolo. La persecuzione che portò alla morte
Pietro è descritta nel capitolo undicesimo dell’Apocalisse, dove la bestia sale
dal mare e mette a morte i due testimoni (cioè Pietro e Paolo e i
rappresentanti della Chiesa di Roma – Apocalisse 11,7). Di nuovo la bestia
perseguita un nuovo Pietro in Apocalisse 13,7.
48 Marco Tosatti – Franca Giansoldati, Apocalisse. La profezia di papa Wojtyla, Piemme Religio, Casale Monferrato (AL) 2003, p. 65 49 Naturalmente l’Apocalisse svela il mandante, non gli esecutori.