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NOTIZIARIO DEL GRUPPO DI MAGISTRATURA INDIPENDENTE ANNO XXI - n. 1 - MAGGIO-GIUGNO 2011 IN QUESTO NUMERO: Magistratura indipendente – testata registrata in tribunale. Aut. Tribunale di Roma, n.50 del 31.01.1989. Direttore responsabile: Mario Cicala Vice direttore: Domenico Airoma Poste italiane spa – spedizione in abbonamento postale – d.l. 353/2003 convertito in legge 27.02.2004, n.46 art. 1 comma 2 – dcb Roma. di COSIMO MARIA FERRI Segretario generale Magistratura indipendente INDIPENDENTI e aperti Sento il peso e la responsabilità di aver assunto questo incarico di segretario di Magistratura Indipendente in un momento così delicato. Delicato per i riflettori costantemente accesi sulla magistratura a causa del particolare mo- mento politico, sociale ed economico in cui ci troviamo; delicato per le ormai imminenti consultazioni elettorali che si svolgeranno a novembre. Credo, però, che proprio per que- sto sia più che fondamentale affermare e diffondere i valori per i quali M.I. è nata e si è radicata nel tempo. Sono del re- sto gli stessi valori che hanno caratterizzato la nostra azione, la nostra idea di magistratura, rispetto a quella delle altre correnti. Valori per i quali abbiamo lottato anche scontrandoci in modo fermo ma corretto con la politica e con la Giunta dell’Anm, tanto da essere mes- si in ombra. I successi elettorali che abbiamo costantemente conseguito negli ultimi anni hanno però indubbiamente dimostrato che questa coerenza è apprezzata. Oggi più che mai non dobbiamo perderci, dobbiamo continuare a veicolare le nostre idee sull’auto- nomia e sull’indipendenza della magistratura come garanzia della libertà e dei diritti dei cittadini. Per questo con fermezza abbiamo espresso in tutte le sedi la nostra contrarietà agli ultimi progetti di riforma costituzionale della giustizia che non solo colpiscono la ma- gistratura ma che non risolvono i problemi nodali del servizio giustizia. Per rafforza- re questa forte volontà abbiamo dato alle stampe questo primo numero di “Magistratura indipendente” del 2011: con la speranza che sia un ulteriore vei- colo di contatto fra di noi, ma anche un mezzo per far conoscere le nostre idee all’esterno, soprattutto ai giovani colleghi e ai tanti magistrati delusi, ogni giorno di più, dalla conduzione dell’associazione ma- gistrati e delle singole correnti. Noi siamo anzitutto Magistrati Indipendenti. In- dipendenti dai partiti, dagli “umori” della stessa pubblica opinione, oltre che dalle logiche che, per le degenerazioni del correntismo, portano alla limita- zione della libera espressione di essere magistrati. Per questo motivo questa nostra pubblicazione sarà aperta a tutti coloro che hanno un’opinione da esprimere o un’idea da proporre a prescindere dal fat- to che siano iscritti o meno, perché siamo profondamente convinti dell’importanza del dialogo e del confronto, ancora più oggi, in un momento in cui per queste due parole sembra non esservi più spazio. Dobbiamo arrivare al rinnovo del Cdc dell’Anm trasmettendo l’idea di una magistratura che riacquisti fiducia in se stessa. In vista di questo appuntamento occorre rilanciare alcuni temi forti in cui crediamo con- vintamente e che ci hanno consentito di essere a nostra volta credibili nella proposta verso tanti colleghi. Penso alle riforme che realmente possono migliorare il sistema giu- stizia e penso anche alle questioni econo- miche legate al funzionamento degli uffici oltre che alla professionalità del magistra- to. La nostra posizione è ben nota, essendo stata manifestata in più di un’occasione, ma auspichiamo di poter contare anche sul con- tributo di idee che potranno, attraverso que- ste colonne, arricchire un confronto che deve rimanere aperto. Vogliamo far camminare la giustizia? Magistratura indipendente chiede- rà alla politica ma anche al Csm, secondo le rispettive competenze, di difendere la dignità professionale del magistrato, la sua indipen- denza esterna ed interna, di individuare cari- chi di lavoro sostenibili e che consentano di dare al cittadino in tempi rapidi una risposta di qualità, di rivedere gli organici in relazione alle effettive esigenze e di potenziare l’effi- cienza degli uffici giudiziari. A queste buone idee potranno aggiungersene altre, di nuovi colleghi che intendano offrire il proprio pun- to di vista nel segno del rinnovamento. Già in questa edizione della rivista ospi- tiamo l’intervento di colleghi che, pur non appartenendo a M.I., condividono le nostre preoccupazioni e speranze per il futuro del sistema giustizia, ma è solo l’inizio perché le porte di Magistratura indipendente sono e devono rimanere sempre aperte! www.magistraturaindipendente.it 2 PERCHÈ SFOGLIARE MI Intervista a STEFANO SCHIRO’ 6 L’INDIPENDENZA INTERNA DELLA MAGISTRATURA E ANM di ANDREA REALE 7 FONDAMENTI DEL POTERE GIUDIZIARIO: AUTONOMIA E APOLITICITA’ di EDOARDO CILENTI 4 IL PROGETTO NAZIONALE: “DIFFUSIONE DI BEST PRACTICES NEGLI UFFICI GIUDIZIARI ITALIANI di LOREDANA MICCICHÈ 5 RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO CIVILE. UNA PROPOSTA di ANNA MARIA GIORGETTI 8 IL SISTEMA GIUDIZIARIO ITALIANO: QUALCHE CONFRONTO di PIERCAMILLO DAVIGO 9 NON (SOLO) UNA QUESTIONE ECONOMICA di ALDO MORGIGNI 10 INGROIA, CASCINI E IL TRAMBUSTO CHE NON AIUTA I MAGISTRATI di GIUSEPPE PAVICH 11 LA GIUSTIZIA TRICOLORE HA BISOGNO DI REALISMO di ANGELANTONIO RACANELLI 12 SUPERIAMO LA GIUSTIZIA DEI SAVOIA di ALESSANDRO PEPE 13 A PROPOSITO DI SEZIONE DISCIPLINARE E PRATICHE A TUTELA di TOMMASO VIRGA 16 I MAGISTRATI DI FRONTE ALLA RIFORMA di LORENZO PONTECORVO 16 WWW di GIUSEPPE CORASANITI 14 RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DA RITARDO: PERICOLOSA DERIVA COLPEVOLISTA di GIUSEPPE MARRA 15 LABORATORIO SALERNO di MARIO PAGANO 3 RITORNO AL REALE di DOMENICO AIROMA 3 LA CARICA DEI 300 GIOVANI TOGATI di DANILO MAFFA

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Page 1: Giornale MI

NOTIZIARIO DEL GRUPPO DI MAGISTRATURA INDIPENDENTE ANNO XXI - n. 1 - MAGGIO-GIUGNO 2011

IN QUESTO NUMERO:

Magistratura indipendente – testata registrata in tribunale. Aut. Tribunale di Roma, n.50 del 31.01.1989.

Direttore responsabile: Mario Cicala

Vice direttore: Domenico Airoma

Poste italiane spa – spedizione in abbonamento postale – d.l. 353/2003 convertito in legge 27.02.2004, n.46 art. 1 comma 2 – dcb Roma.

di COSIMO MARIA FERRI Segretario generale Magistratura indipendente

INDIPENDENTIe aperti

Sento il peso e la responsabilità di aver assunto questo incarico di segretario di Magistratura Indipendente in un momento così delicato. Delicato per i rifl ettori costantemente accesi sulla magistratura a causa del particolare mo-mento politico, sociale ed economico in cui ci troviamo; delicato per le ormai imminenti consultazioni elettorali che si svolgeranno a novembre. Credo, però, che proprio per que-sto sia più che fondamentale aff ermare e diff ondere i valori per i quali M.I. è nata e si è radicata nel tempo. Sono del re-sto gli stessi valori che hanno caratterizzato la nostra azione, la nostra idea di magistratura, rispetto a quella delle altre correnti. Valori per i quali abbiamo lottato anche scontrandoci in modo fermo ma corretto con la politica e con la Giunta dell’Anm, tanto da essere mes-si in ombra. I successi elettorali che abbiamo costantemente conseguito negli ultimi anni hanno però indubbiamente dimostrato che questa coerenza è apprezzata. Oggi più che mai non dobbiamo perderci, dobbiamo continuare a veicolare le nostre idee sull’auto-nomia e sull’indipendenza della magistratura come garanzia della libertà e dei diritti dei cittadini. Per questo con fermezza abbiamo espresso in tutte le sedi la nostra contrarietà agli ultimi progetti di riforma costituzionale della giustizia che non solo colpiscono la ma-gistratura ma che non risolvono i problemi nodali del servizio giustizia. Per raff orza-re questa forte volontà abbiamo dato alle stampe questo primo numero di “Magistratura indipendente” del 2011: con la speranza che sia un ulteriore vei-colo di contatto fra di noi, ma anche un mezzo per far conoscere le nostre idee all’esterno, soprattutto ai giovani colleghi e ai tanti magistrati delusi, ogni giorno di più, dalla conduzione dell’associazione ma-gistrati e delle singole correnti. Noi siamo anzitutto Magistrati Indipendenti. In-dipendenti dai partiti, dagli “umori” della stessa pubblica opinione, oltre che dalle logiche che, per le degenerazioni del correntismo, portano alla limita-zione della libera espressione di essere

magistrati. Per questo motivo questa nostra pubblicazione sarà aperta a tutti coloro che hanno un’opinione da esprimere o un’idea da proporre a prescindere dal fat-to che siano iscritti o meno, perché siamo profondamente convinti dell’importanza del dialogo e del confronto, ancora più oggi, in un momento in cui per queste due parole sembra non esservi più spazio. Dobbiamo arrivare al rinnovo del Cdc dell’Anm trasmettendo l’idea di una magistratura che riacquisti fi ducia in se stessa. In vista di questo appuntamento occorre rilanciare alcuni temi forti in cui crediamo con-vintamente e che ci hanno consentito di essere a nostra volta credibili nella proposta verso tanti colleghi. Penso alle riforme che realmente possono migliorare il sistema giu-stizia e penso anche alle questioni econo-miche legate al funzionamento degli uffi ci oltre che alla professionalità del magistra-to. La nostra posizione è ben nota, essendo stata manifestata in più di un’occasione, ma auspichiamo di poter contare anche sul con-tributo di idee che potranno, attraverso que-ste colonne, arricchire un confronto che deve rimanere aperto. Vogliamo far camminare la giustizia? Magistratura indipendente chiede-rà alla politica ma anche al Csm, secondo le rispettive competenze, di difendere la dignità professionale del magistrato, la sua indipen-denza esterna ed interna, di individuare cari-chi di lavoro sostenibili e che consentano di dare al cittadino in tempi rapidi una risposta di qualità, di rivedere gli organici in relazione alle eff ettive esigenze e di potenziare l’effi -cienza degli uffi ci giudiziari. A queste buone idee potranno aggiungersene altre, di nuovi colleghi che intendano off rire il proprio pun-to di vista nel segno del rinnovamento. Già in questa edizione della rivista ospi-tiamo l’intervento di colleghi che, pur non appartenendo a M.I., condividono le nostre preoccupazioni e speranze per il futuro del sistema giustizia, ma è solo l’inizio perché le porte di Magistratura indipendente sono e devono rimanere sempre aperte!

www.magistraturaindipendente.it

2 PERCHÈ SFOGLIARE MIIntervista a STEFANO SCHIRO’

6 L’INDIPENDENZA INTERNA DELLA MAGISTRATURAE ANMdi ANDREA REALE

7 FONDAMENTI DEL POTERE GIUDIZIARIO: AUTONOMIA E APOLITICITA’di EDOARDO CILENTI

4 IL PROGETTO NAZIONALE:“DIFFUSIONE DI BEST PRACTICES NEGLI UFFICI GIUDIZIARI ITALIANIdi LOREDANA MICCICHÈ

5 RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO CIVILE.UNA PROPOSTAdi ANNA MARIA GIORGETTI

8 IL SISTEMA GIUDIZIARIO ITALIANO: QUALCHE CONFRONTOdi PIERCAMILLO DAVIGO

9 NON (SOLO) UNA QUESTIONE ECONOMICAdi ALDO MORGIGNI

10 INGROIA, CASCINIE IL TRAMBUSTO CHENON AIUTA I MAGISTRATIdi GIUSEPPE PAVICH

11 LA GIUSTIZIA TRICOLORE HA BISOGNO DI REALISMOdi ANGELANTONIO RACANELLI

12 SUPERIAMO LA GIUSTIZIA DEI SAVOIAdi ALESSANDRO PEPE

13 A PROPOSITO DISEZIONE DISCIPLINAREE PRATICHE A TUTELAdi TOMMASO VIRGA

16 I MAGISTRATI DI FRONTE ALLA RIFORMAdi LORENZO PONTECORVO

16 WWWdi GIUSEPPE CORASANITI

14 RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DA RITARDO: PERICOLOSA DERIVA COLPEVOLISTAdi GIUSEPPE MARRA

15 LABORATORIO SALERNOdi MARIO PAGANO

3 RITORNO AL REALEdi DOMENICO AIROMA

3 LA CARICA DEI300 GIOVANI TOGATIdi DANILO MAFFA

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Intervista di STEFANO SCHIRO’ Presidente di Magistratura Indipendente

Presidente schirò, perché sfoglia-re la rivista di magistratura indi-pendente?Perché Magistratura indipendente ha da tempo intrapreso una linea associativa diversa dalle altre, fuo-ri dal coro delle proteste meramente ideologiche, concentrata sulla difesa dei valori costituzionali e dello status pro-fessionale dei magistrati.

Ovvero?Ovvero sulla difesa dell’assetto e delle funzioni della magistratura, spostando il baricentro del confronto sui proble-mi concreti della giustizia. Vogliamo in pratica una politica di riforme processuali e strutturali capaci di porre i colleghi nelle condizioni di operare al meglio e di poter essere valutati come meritano dall’opi-nione pubblica. Siamo arrivati al paradosso per il quale i magistrati italiani lavorano di più e meglio di altri colleghi europei ma proprio nel nostro Paese non godono della fi ducia dei cittadini!

Quindi?Quindi, visto che da tempo si propone con insistenza la riforma della giustizia, qualunque tentativo di modifi care gli assetti esistenti dovrà passare necessa-riamente attraverso un coinvolgimento pieno della magistratura e un rilancio del suo complessivo status professionale. Contestiamo alla politica l’incapa-cità di comprendere le vere ragioni dell’ineffi cienza del sistema giudi-ziario, legate a inadeguatezze pro-cessuali e a insuffi cienti condizioni strutturali, a regole organizzative non adeguate alle esigenze di una società moderna. Le forze politiche dedicano tutta la loro attenzione ad una dialettica sterile, quando non ad una contrapposizione inusitata, e fi niscono poi coll’assumere iniziative legislative ineffi caci, che non portano comunque

miglioramenti al sistema giustizia ma servono soltanto a regolare una partita che si svolge al loro interno, prenden-do in prestito il campo da gioco della giustizia. Deve essere chiaro a tutti che sulla testa dei cittadini, sulle spalle della magistratura e del foro, si consuma in maniera inammissibile uno scontro i cui veri obiettivi sono totalmente estra-nei all’interesse di una giustizia giusta. Naturalmente anche l’Anm ha le sue responsabilità.

L’Anm? E che c’entra l’Anm?C’entra eccome! In primo luo-go l’ANM non ha creato le con-dizioni per un coinvolgimento di tutti i colleghi associati nell’indi-viduazione di un programma di riforme possibili e nella formu-lazione di una strategia idonea a denunciare la situazione di crisi del sistema giustizia e di sordità del sistema politico. Così facen-do la maggioranza dell’Anm continua a mantenere un ruolo che è proprio invece di un soggetto politico, com-promettendo agli occhi dell’opinione pubblica la fondamentale caratteristica di terzietà della magistratura e di sua estraneità alle contrapposizioni politi-che. Intendiamoci: la denuncia degli errori contenuti nelle proposte di riforma che il governo intende portare avanti deve essere ferma. Ma bisogna sottrarsi alla tentazio-ne, che sembra ancora aff ascinare qualche esponente dell’ANM, di alimentare con atteggiamenti oltranzisti il dannoso clima di scontro e confusione che si sta vivendo e che si ritorce sulla credibilità stessa dell’azione della magistratura. Dunque denuncia ferma e difesa convin-ta del ruolo della magistratura nell’attuale assetto costituzionale sì, ma senza invasioni di cam-po o ingerenze. Rispettare la

dialettica che il Parlamento ha il diritto di poter sviluppare, signifi ca anche attribuire a tale organo costitu-zionale le necessarie e dovute respon-sabilità delle proprie scelte di fronte all’opinione pubblica.

E le condizioni di lavoro che spazio hanno in questa posizione?Siamo convinti che la difesa dei prin-cipi di indipendenza e autonomia della magistratura passi anche per la tutela dello status professionale, in quanto indipendenza e autonomia della magi-stratura e dignità dello status professio-nale sono valori complementari, che la magistratura associata deve perseguire contestualmente, riacquistando neces-sariamente nei confronti dell’opinione pubblica quelle caratteristiche di ter-zietà e di credibilità che discendono anche dal doveroso rispetto delle rego-le di bilanciamento tra i diversi poteri dello Stato. Sfogliando Magistratura indipendente si trovano le risposte agli interrogativi che da troppi anni si sovrappongono sul tema dell’effi ciente funzionamento della giustizia italiana.

Perché “sfogliare” Mi

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ANNO XXI - n. 1 - MAGGIO-GIUGNO 2011

di DANILO MAFFA Giudice Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto

E così alla fi ne il fatidico momento è quasi arrivato. Lo abbiamo atteso per un anno e mezzo, con l’ansia di chi non vede l’ora di dare il suo contributo con-creto alla società, ma anche con la giusta dose di timore di chi è ben consapevole del delicato ruolo che si appresta a svolgere, soprattutto in un periodo storico-istituzio-nale come quello attuale in cui lo scontro politico si sovrappone alla bagarre mediati-ca, e alla fi ne il magistrato è quello che ha (quasi) sempre torto. Tra aspettative fi nal-mente soddisfatte e speranze frustrate, tra chi immaginava il Paese dei balocchi e chi ben conosceva la dura realtà che avrebbe aff rontato, tra inattese abbreviazioni del ti-rocinio e notti trascorse a sfogliare fascicoli, dopo anni di studi e sacrifi ci la carica dei 300 (circa) si appresta a prendere posses-so delle sedi di destinazione, distribuite su

tutto il territorio ed in trepidante attesa del nostro arrivo, nella consapevolezza che non siamo certo noi la soluzione agli annosi ed ormai cronici problemi della giustizia, ma almeno potremo dire di aver fatto il no-stro dovere fornendo il contributo che ci si aspettava da noi. Senza alcun trionfali-smo, ma senza neppure sottovalutare l’im-portanza del nostro apporto, facciamo ingresso nei tribunali e nelle procure ben sapendo quello che ci aspetta: pile di fascicoli, termini in scadenza (se non già scaduti), cancellerie semideserte, dotazioni informatiche insuffi cienti, scontri dialetti-ci coi rappresentanti del Foro locale, inte-re giornate lontani dalle nostre famiglie… ma anche la certezza di poter fi nalmente assumere 300 ruoli da umili protagonisti delle vite altrui, pronti ad incidere sulla li-bertà e sulla vita quotidiana delle persone,

sui loro patrimoni e sui loro aff etti, sempre guidati in ogni nostro provvedimento e comportamento dal senso di responsabilità che abbiamo via via sempre più acquisito e fatto nostro nel corso del tirocinio, indi-pendentemente da una legge che pretenda di mettere nero su bianco i limiti e le con-dizioni del nostro diritto-dovere di accusa-re, giudicare e – se del caso – condannare “in scienza e coscienza”. In defi nitiva: fare giustizia e garantire l’ordinato svolgimento della convivenza civile, consentendo agli “onesti” di vivere serenamente ed in con-dizioni di sicurezza, lavorare e guadagnarsi il pane quotidiano senza doversi abban-donare all’idea che la strada più facile è quella dell’illegalità, perché sono i “disonesti”, alla fi ne, a farla sempre franca. Non è per questo che lo Stato ci ha nominati magistrati.

La carica dei 300 giovani togati

RITORNO AL REALE di DOMENICO AIROMA Vice Direttore di Magistratura Indipendente

Vi è un prezioso saggio di un autore francese del seco-

lo scorso, Gustave Thibon, che –dinanzi al perdurare

degli effetti delle ubriacature ideologiche- invitava a

ritornare al reale, alla necessità di incarnare gli ideali

misurandoli con la concretezza dei problemi che da sempre

agitano gli uomini nel loro vivere sociale.

Il comunicato con il quale Magistratura Indipendente ha invi-

tato il Ministro della Giustizia a riproporre soluzioni normati-

ve che hanno dato buona prova nel fronteggiare le emergenze

delle sedi giudiziarie disagiate, ha il sapore di un ritorno al

reale.

Dinanzi a chi si appella a riforme epocali della giustizia, a chi

teme l’ennesimo colpo mortale alla giurisdizione, a chi de-

nuncia la mancanza di legittimazione morale nel legislatore,

il buon senso imponeva un salutare ritorno al reale.

L’ideologica fi ducia nella capacità taumaturgica di leggi scolpite

senza preoccuparsi delle conseguenze (quasi che queste potes-

sero contaminare la purezza dei principi) e senza tener conto

degli uomini chiamate ad applicarle, ha creato, a voler tacer

d’altro, magistrati inadatti, per statuto, a svolgere determinate

funzioni, in particolare quelle monocratiche e requirenti; confi -

dando in frotte di magistrati pronti a precipitarsi ad occupare i

posti lasciati vuoti, per puro spirito di sacrifi cio.

Il day after, il panorama giudiziario che si presentava per ef-

fetto di leggi e principi disincarnati, era ( e per certi aspetti,

lo è tuttora) assai desolante, popolato di uffi ci semivuoti e dal

respiro asfi ttico.

Qualcuno ha aperto gli occhi e ha provato a porre rimedio.

Per calcolo politico? Può darsi.

In un’epoca di certezze relativistiche, qual è la nostra, non

può che far bene coltivare il dubbio.

Fatto è che quegli interventi correttivi prendevano atto della

realtà: e cioè che bisognava in qualche modo incentivare la

permanenza ed il trasferimento verso le sedi più disagiate di

magistrati di esperienza e, nel contempo, non far mancare a

quegli uffi ci l’apporto di energia delle giovani toghe.

E gli effetti positivi si sono visti; sempre agli occhi di chi non

ha rinunciato a vedere, poiché non accecato da ideologie e

pregiudizi.

Ora vi è qualcuno che, senza timore di passare per contami-

natore delle battaglie di principio, richiama alla concretezza

del reale, propone di non abbandonare una strada che ha

posto di nuovo in comunicazione giudici e consociati, soprat-

tutto laddove giustizia e consorzio sociale faticano a parlarsi.

Vi è qualcuno che chiama, dunque.

Vi è qualcuno che, si spera, risponda quanto prima all’ap-

pello.

E vi è qualcun altro, in Associazione Magistrati, che tace.

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di LOREDANA MICCICHÈ Direttore Uffi cio I del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria – Ministero della Giustizia

Il Progetto nasce nel 2008 dall’idea di dif-fondere ad altri uffi ci giudiziari la positiva esperienza della Procura di Bolzano, che con la programmazione del Fondo Sociale 2000-2006 aveva realizzato un importante intervento di riorganizzazione dei processi lavorativi e di ottimizzazione delle risorse umane, fi nanziare e strumentali.Il Ministero della Giustizia, il Dipartimen-to per la Funzione Pubblica, le Regioni e le Province Autonome siglarono un Protocollo d’intesa per dare attuazione al progetto denominato “Diff usione di best practices negli uffi ci giudiziari italiani”, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi resi, l’effi cienza nella gestione del-le risorse e la trasparenza dell’azione degli uffi ci. Il Fondo sociale europeo ha messo a disposizione le risorse economiche ne-cessarie, con uno stanziamento pari a 23 milioni di euro, distribuiti tra tutte le Re-gioni e le Province autonome. Il Progetto prevede la realizzazione di sette linee d’intervento, che vanno dall’analisi dell’organizzazione degli uffi ci e dell’uti-lizzo delle tecnologie esistenti, alla Costru-zione di una Carta dei servizi e di un Bi-

lancio sociale, alla realizzazione di un sito web interattivo, fi no all’accompagnamen-to alla Certifi cazione di qualità, secondo gli standard ISO 9001:2000. A partire dal novembre 2008 mano a mano che le Re-gioni mettevano a disposizione le risorse fi nanziarie, il Dipartimento ha invitato gli uffi ci ad inviare la propria candidatura. At-tualmente sono 97 gli uffi ci inseriti nel progetto. Tutte le tipologie di uffi -ci giudiziari sono presenti, con maggiore incidenza per i Tribunali e le Procure che rappresentano rispettivamente il 36 e il 32 per cento degli uffi ci coinvolti. Le Regio-ni hanno bandito fi nora 23 gare per l’affi damento della consulenza orga-nizzativa prevista dai progetti. Di que-ste, 17 sono già aggiudicate e 6 sono nella fase di valutazione delle off erte. La durata di realizzazione dei progetti è in media di 24 mesi e molti progetti sono già avviati da almeno un anno. In tutti è prevista la par-tecipazione dell’intero personale presente nell’uffi cio e sono coinvolti sia i magistrati che i dirigenti amministrativi. Il Ministero svolge un ruolo fondamen-tale per la buona riuscita di questa espe-

rienza di innovazione, che rappresenta un importante tentativo di introdurre all’in-terno del mondo giudiziario la cultura dell’organizzazione, come scienza. Nella fase di start up dei progetti il Diparti-mento dell’organizzazione giudiziaria ha organizzato una ampia azione formativa per facilitare i capi degli uffi ci e i diri-genti amministrativi nel dialogo con le società di consulenza che sarebbero en-trate negli uffi ci introducendo concetti, linguaggi, strumenti estranei ad una cul-tura prevalentemente tecnico-giuridica. Nella seconda fase, con i progetti avviati, il Dipartimento sta cercando di favorire il confronto tra le diverse esperienze locali, organizzando incontri con i rappresentati degli uffi ci e delle società aggiudicatarie e potenziando l’utilizzo del sito internet e della intranet. L’obiettivo è di mettere in rete e diff ondere le migliori proposte di innovazione, di attuare lo spirito più profondo del progetto che è disseminare le migliori esperienze di organizzazione per renderle un diverso modo di ammi-nistrare le risorse e di dialogare con la so-cietà civile.

IL PROGETTO NAZIONALE“Diff usione di best practicesnegli uffi ci giudiziari italiani”

p q p

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ANNO XXI - n. 1 - MAGGIO-GIUGNO 2011

di ANNA MARIA GIORGETTI Giudice del Tribunale di Varese

RagionevoleDURATAdel processo civile.UNA PROPOSTA

L’irragionevole durata dei processi civili determina un intollerabile pregiudi-zio economico per lo Stato Italiano e dan-neggia ogni utente della giustizia. I procedimenti civili instaurati per otte-nere l’indennizzo previsto dalla Legge cd. Pinto (legge 89/2001) sono in costante aumento: dai 1622 del 2001 ai 7299 nel 2008. Il Dipartimento degli aff ari di giu-stizia, con nota n. 10804 del 23 gennaio 2009, indirizzata al Gabinetto del Ministe-ro della giustizia, ha quantifi cato i debiti a tale titolo in circa 64 milioni di euro. La lentezza dei processi produce eff etti ne-gativi anche sul sistema economico e, in particolare, nell’ambito delle transazioni commerciali. L’Italia, al riguardo, ha tempo sino al 2013 per la trasposi-zione della nuova Direttiva 6 marzo 2011, relativa alla lotta contro i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali. Nella nuova Direttiva, il Legislatore co-munitario osserva che nelle transazioni commerciali tra operatori economici o tra operatori economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono eff ettua-ti più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni generali che regolano gli scambi. Sebbene le merci siano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito. Tali ritardi di pagamento infl uiscono negativa-mente sulla liquidità e complicano la gestione fi nanziaria delle imprese e compromettono la competitivi-tà e redditività quando il creditore deve ricorrere ad un fi nanziamento esterno a causa di ritardi nell’adem-pimento dei crediti di cui è titolare. Il rischio di tali eff etti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di reces-sione economica quando l’accesso al fi -

nanziamento può diventare più diffi cile. Da qui l’importanza di una sempli-fi cazione razionale dei procedimenti civili di supporto per il recupero del credito, in particolare per quanto riguarda l’ingiunzione di pagamento.A tal proposito qualche risultato utile po-trebbe essere perseguito introducendo al-cune modifi che iniziando con un “nuovo

art.642 bis c.p.c.”, senza alcun impegno fi nanziario per lo Stato, che potrebbe ave-re il seguente tenore: Art. 642-bis Esecu-zione Provvisoria automatica: comma 1: Il creditore, in caso di urgenza, prima di deposi-tare il ricorso in cancelleria, può notifi carlo al debitore, concedendogli termine non inferiore a 15 giorni per l’adempimento spontaneo, avvi-sandolo delle conseguenze contenute nei commi che seguono.comma 2: Alla scadenza del ter-mine concesso al debitore e in difetto di sponta-neo pagamento, se il creditore, contestualmente al deposito del ricorso, allega prova della inter-venuta previa notifi ca, il giudice deve concede-re l’esecuzione provvisoria su mera richiesta. comma 3 In caso di spontaneo pagamento, le spese di recupero del credito restano a carico del creditore. comma 4: Il creditore che faccia istanza di esecuzione provvisoria automatica, nonostante l’intervenuto pagamento sponta-neo, anche parziale, è condannato d’uffi cio per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Per conseguenza potrebbero essere ag-giunti alle norme qui di seguito indicate ulteriori commi per riportare ad omoge-neità il sistema: un ultimo comma in seno all’art. 648 c.p.c. per contrarre i tempi di pronuncia sull’esecuzione del titolo in corso di processo (ed evitare che il de-bitore possa trarre vantaggio dal proprio inadempimento): “Il giudice pronuncia sul-la provvisoria esecuzione alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento”ed un ultimo comma in seno all’art. 653 c.p.c. per scoraggiare le opposizioni con fi nalità meramente dilatorie: “salve le disposizioni ex art. 96 c.p.c., se il giudice rigetta l’opposi-zione perché manifestamente infondata, con-danna l’opponente ad una somma in favore della Cassa delle Ammende, pari al valore del credito oggetto della controversia”(o magari ad una somma in percentuale al valore del credito).

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di ANDREA REALE Giudice Tribunale di Ragusa

L’esplosione di una questione morale e le vicende legate ai rapporti tra politica e magistratura hanno indotto il Cdc all’ado-zione di alcune modifi che al codice de-ontologico.Tra di esse merita particolare attenzione il riferimento alla tutela dell’indipendenza interna dei magistrati nell’esercizio del-le loro funzioni, nello svolgimento de-gli incarichi di autogoverno ed in ogni comportamento professionale. Le modi-fi che suggeriscono alcune rifl essioni sul principio dell’indipendenza interna della Magistratura, che trova fondamento co-stituzionale negli articoli 101 e 107 della Costituzione, ma ha diversi riconoscimen-ti internazionali. Basti pensare allo Statuto universale del Giudice, redatto dall’Unione Internazio-nale Giudici nel ‘99, secondo il quale il giudice deve potere esercitare le sue fun-zioni in piena indipendenza rispetto a tut-te le forze sociali, economiche e politiche, agli altri giudici e all’amministrazione giu-diziaria (art. 2), e che statuisce che nessuno può dare o tentare di dare ad un giudice ordini o istruzioni di qualsiasi tipo (art. 4). Più di recente atti internazionali che han-no incoronato detto principio tra i fon-damenti dell’esercizio dell’attività giu-risdizionale sono: la cosiddetta Magna Charta dei Giudici e la Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa n. 12 del 2010. Il primo ribadi-sce il carattere ordinamentale, funzionale e fi nanziario dell’indipendenza della magi-

stratura (par. 3). Il secondo dedica un inte-ro capitolo (il III) all’indipendenza interna. Il tema è di scottante attualità specialmente per l’Anm, perché la riforma dell’ordina-mento giudiziario, compiuta nel 2007, se, da un lato, ha contribuito a responsabiliz-zare e svecchiare certi logori meccanismi di progressione nella carriera, ha, dall’altro, evidenziato alcuni rischi per la indipen-denza interna del nostro Ordine. Il nuovo sistema di valutazioni della professionalità (basato anche su pareri dei capi degli uffi ci giudiziari), la gerarchizzazione delle Pro-cure della Repubblica, il nuovo procedi-mento disciplinare - caratterizzato dall’ob-bligatorietà dell’azione e dai forti poteri di intervento governativi - hanno immediati riverberi sull’indipendenza interna. A ciò si aggiunga il settore delle nomine ad in-carichi direttivi e semidirettivi ed i nuovi criteri di scelta dei predetti, introdotti dalla riforma. I deprecati e ripetuti episodi di preferenze fondate su criteri di apparte-nenza correntizia, prima che su quelli del merito e della trasparenza, hanno costitu-ito - e costituiscono ancora oggi - banchi di prova fondamentali per la tenuta e per il rispetto del fondamentale principio sopra ricordato.Ecco perché oggi è necessaria una forte rivitalizzazione del ruolo me-ramente sindacale dell’Associazio-ne, a garanzia e tutela intransigente dei diritti e degli interessi legittimi dei sin-goli magistrati e della loro autonomia organizzativa nello svolgimento delle

loro funzioni. In particolare appare fon-damentale riacquisire un rapporto dia-lettico tra ANM ed organi di autogo-verno, troppo spesso off uscato da vincoli di appartenenza correntizia, da un uso, talora improprio, del procedimento di-sciplinare, da una pericolosa connivenza con condotte di inottemperanza a deci-sioni giurisdizionali amministrative. Gli attacchi all’indipendenza in-terna della Magistratura in questi ultimi anni sono stati numerosi e gravissimi, a volte mascherati da interventi di natura istituzionale piegati al perseguimento di inte-ressi del tutto contrapposti a quelli della trasparenza, della meritocra-zia, dell’autonomia decisionale e dell’indipendenza del singolo ma-gistrato. L’ANM deve riprendere questo ruo-lo. Per farlo è importante recidere il “cordone ombelicale” che troppo spesso lega l’associazione all’auto-governo. Uno dei modi migliori sareb-be la previsione di rigide forme di in-compatibilità/ineleggibilità tra incarichi di diversa natura nei suddetti organismi. Esse garantirebbero l’assenza di qualsi-voglia interessenza personale nello svol-gimento di dette attività e ridarebbero autorevolezza ai nostri rappresentanti associativi per difendere, nec vi nec spe, l’indipendenza, anche interna, dei colle-ghi davanti ai malcelati attacchi ai quali troppo spesso essi sono esposti.

L’indipendenzadella magistratura

e l’ANMINTERNA

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di EDOARDO CILENTI Consigliere Corte di appello Napoli - sezione lavoro

autonomiae apoliticità

Magistratura e politica sono termini antitetici. Il magistrato come cittadino può ben avere idee politiche, come ma-gistrato deve dimenticare di averle. Non ci devono essere magistrati di destra, di sini-stra o di centro e se ce ne sono essi sono cattivi magistrati. Così concludeva il con-vegno di Terracina dell’Unione magistrati italiani (Umi) Stella Richter, predestinato presidente della Cassazione e componente di diritto del Csm nella consiliatura 1972-76. All’avvio della Costituente l’idea era di un Csm che assicurasse la pre-valenza dei magistrati di Cassazione. Al Congresso di Napoli del 1957 si mani-festò il dissenso della maggioranza verso il gruppo dirigente composto da cassazioni-sti e fu approvata la mozione di una rap-presentanza paritaria al Csm. La Cassazio-ne si dissociò dal principio di pariteticità. Il 5% eleggeva 6 componenti su 14; questi 6 consiglieri guidati dal primo presidente e dal procuratore generale potevano pre-valere sugli 8 rappresentanti dei giudici di merito, divisi fra 4 di appello e 4 di tri-bunale, eletti in collegi uninominali e non coordinati fra di loro: fu la prima clamoro-sa manifestazione di una frattura interna. I cassazionisti crearono nel 1960 la corrente Unione delle Corti e nel 1961, con una scissione dall’Anm, l’Umi, che propugnava

la apoliticità della magistratura. Sulla scis-sione Giovanni Leone si disse convinto che presupposto ineliminabile per la riu-nifi cazione fosse l’abbandono da parte di entrambe le associazioni di ogni ipoteca o pregiudiziale politica. Il problema però è come mantenere la giustizia lontana dalla politica. Nel 1998 fu il Ministro della Giustizia del governo D’Alema, Di-liberto, nella inusuale lettera a tutti i magistrati, ad invitare a comportamenti improntati alla sobrietà, al rigoroso rispetto dei diversi compiti istituzionali senza inter-venti nel dibattito politico. Il magistrato ha diritto di partecipare in quanto cittadino, non come magistrato. Un’iniziativa senza precedenti, un secco memento costituzio-nale: «Gentile dottore», le leggi le fa il Parlamento, i magistrati hanno da lavorare nelle aule dei tribunali e con le sentenze. Un incipit che voleva scavare un solco profondo tra poteri dello Stato, la cui separazione sarebbe stata tanto più effi cace, limpida e condivisa se la magistra-tura avesse rifi utato la tentazione di ingi-gantire il suo ruolo e la sua funzione. Non a caso destano scompiglio le dichiarazioni del segretario dell’Anm Cascini, che ac-cusa la maggioranza di non possedere la legittimazione storica, politica, culturale e anche morale per aff rontare la riforma

della giustizia. Frasi inaccettabili sul piano dei rapporti istituzionali. A tacer d’altro è fallace parlare di legittimazione morale. La magistratura deve fuggire dalla tentazione di farsi interprete di una parte moralmente più degna o più accreditata della società. I magistrati attuano la legge, non moralizza-no le società. Il pensiero è stato poi chia-rito, ma la radicalizzazione dello scontro è di questi giorni e così di autoriforma vera della magistratura, annunciata come un obbligo nell’ultimo congresso Anm, non se ne vede ancora nemmeno l’ombra. Va eliminata ogni interferenza. Al magistrato va garantita una posizione economica e una autorità della funzione tale che sia fi e-ro del suo status e riluttante a diminuirlo legandosi a circuiti politici o parapolitici. Va eliminata la servitù di carriera. L’organizzazione gerarchica sta tra-sformando il magistrato in un buro-crate, con al vertice Ministro e Csm. Se l’indicazione superiore proviene dall’Esecutivo, l’inquinamento politi-co della giustizia è immediato. Se la carriera è dominata allo stesso tempo dal Csm secondo conformismo, al-lora viene meno ogni sollecitazione, ogni impulso, quasi ogni possibilità per il giudice “inferiore” di interro-gare la sua coscienza.

Fondamentidel potereGIUDIZIARIO:

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di PIERCAMILLO DAVIGO Consigliere Corte di Cassazione

Il rapporto sullo stato della giustizia in Europa, curato dalla CEPEJ (Com-mission européenne pour l’effi cacité de la justice del Consiglio d’Europa) pubblica-to alla fi ne del 2010, come già quello del 2008, consente uno sguardo comparativo sulla situazione dell’amministrazione giu-diziaria negli Stati membri del Consiglio d’Europa e quindi in un orizzonte ancora più vasto di quello dell’Unione Europea.L’esame dei dati contenuti nelle 390 pagi-ne del rapporto consente di sfatare molti luoghi comuni.Anzitutto non è vero che il sistema giudiziario italiano abbia a disposi-zione risorse insuffi cienti: la spesa per la giustizia in Italia si colloca nella fascia alta degli Stati europei, circa agli stessi li-velli della Gran Bretagna.Non vi è quindi un problema di au-mento di risorse (anche perché è un’il-lusione pensare che possano essere incre-mentate stante i tagli alla spesa pubblica) ma, semmai, di razionalizzazione dell’im-piego delle risorse stesse. In proposito sono suffi cienti tre esempi: il problema, ormai antico, della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, mai se-riamente aff rontato, che pur consentirebbe il recupero di ingenti mezzi fi nanziari e di personale di magistratura ed amministrati-vo: fi no ad ora ogni tentativo di riduzio-ne si è arenato contro le resistenze locali; solo una scelta drastica può consentire di superarle (ad esempio razionalizzando la geografi a giudiziaria facendola coincidere con le altre circoscrizioni statali: una Cor-te d’appello per Regione ed un Tribunale per Provincia, eventualmente conservando in via transitoria come sezioni staccate le sedi da sopprimere e riducendole progres-sivamente);

il problema, più recente, della ma-gistratura onoraria: in Gran Bretagna esistono circa 20.000 giudici di pace che svolgo il loro incarico gratuitamente, ap-punto per l’onore che ne deriva; in Italia la magistratura onoraria è invece retribuita, si è così dato vita ad un precariato che porrà inevitabilmente richieste di stabilizzazione;le ingenti spese per il patrocinio a ca-rico dello Stato, che potrebbero essere ridotte se soltanto fossero eliminati i pro-cedimenti a carico di irreperibili, sospen-dendoli (insieme alla prescrizione) fi no a che non cessi l’irreperibilità.Non è poi vero che il numero dei giudici di professione in Italia sia insuffi ciente. Tale numero è in linea con quello di uno Stato per certi versi simile come la Francia: In Italia 6.109 (pari a 10,2 ogni 100.000 abitanti; in Francia 5.819 (pari a 9,1 ogni 100.000 abitanti). La strada percorribile per fronteggiare i tempi inaccettabili della durata dei proce-dimenti, non sembra quindi quella di au-mentare il numero di giudici e quindi in generale dei magistrati, dovendo coerente-mente in tale ipotesi incrementare il nu-mero degli addetti al pubblico ministero.Le vere anomalie italiane sono rap-presentate dalle dimensioni del con-tenzioso e dal numero degli avvocati.Quanto al primo aspetto, le sopravvenien-ze civili annue contenziose di primo gradoper ogni giudice in Italia sono 438,06, in Francia 224,15, in Germania 54,86. Le sopravvenienze penali annue (reati gravi) per ogni giudice, in Italia sono 190,71, in Francia 80,92, in Germania 42,11 (dati CEPEJ 2008; per il 2010 non sono dispo-nibili i dati relativi alla Germania).È necessario diminuire drasticamente il

numero dei procedimenti, causa principale della loro eccessiva durata.Tale diminuzione può essere ottenu-ta in sede civile sanzionando duramente chi agisce o resiste indebitamente in giu-dizio ed introducendo un tasso di interesse giudiziale decisamente più alto del tasso di interesse legale.Lo stesso risultato può essere otte-nuto in sede penale riducendo dra-sticamente le fattispecie di reato con un’ampia depenalizzazione ed intro-ducendo apprezzabili margini di ri-schio per chi propone impugnazio-ni infondate e dilatorie, oggi esclusi dal divieto di reformatio in pejus in caso di appello del solo imputato. Il nuovo procedimento penale è uno strumento sofi sticato e costoso che non può essere impiegato per fatti bagatellari.Quanto al numero di avvocati per ogni giudice di professione, è descritto dalla seguente tabella, desunta dalla relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2010 del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione:

Italia 26,4

Francia 7,1

Germania 6,9

UK 3,2

La situazione è in costante peggioramen-to posto che, secondo i dati CEPEJ 2010 il numero di avvocati per ogni giudice di professione in Italia è salito a 32,4 ed è in costante aumento.Questo dato implica che oggi ogni giudice di professione, con il suo lavoro, deve con-sentire di vivere ad oltre 30 avvocati, altro-ché magistrati italiani lavorino poco!

Il sistema giudiziario italiano:qualche confronto.

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di ALDO MORGIGNI Responsabile dell’Uffi cio sindacale di Mi

Non (solo)una questione economica

Il potere politico, a prescindere dalla maggioranza al governo, ha costantemen-te ridotto gli stipendi dei magistrati con il progredire dell’azione giudiziaria indipendente contro la diff usa corruzione politico-economica. Il mancato riconosci-mento degli eff etti economici della rifor-ma dell’ordinamento giudiziario non è una scelta meramente “amministrativa”, ma è una decisione politica. La crisi economi-ca internazionale è stata l’occasione per colpire ulteriormente i magistrati, che sono gli unici a subire congiuntamen-te il generale regime di taglio stipendiale, il blocco dell’adeguamento degli stipendi e perfi no il taglio crescente della c.d. “inden-nità giudiziaria di rischio”, senza che il ri-schio sia diminuito. Con le maggiori risorse ricavate si sono fi nanziate numerose inizia-tive del settore privato, in palese violazione dei principi costituzionali di equità fi scale e dei divieti U.E. in materia di aiuti di Stato. È il caso del diff erimento del pagamento delle ingenti multe previste dall’U.E. per le c.d. “quote latte” o della defi scalizzazione degli straordinari pagati dalle imprese ai lavora-tori privati.

LA NECESSITÀ DEL CONTENZIOSOLa “trattativa” tra il potere politico e l’associazione magistrati per ripristi-nare l’equità retributiva è sostanzial-mente fallita. Recenti vicende dimo-strano l’esistenza di un preciso e dichiarato disegno politico per “punire” i magistrati. Le riduzioni di stipendio ed il mancato pa-gamento da oltre quattro anni degli aumen-ti previsti, quindi, costituiscono una vera e propria sanzione pecuniaria “specia-le”, applicata con la volontà di punire tutti per “educare” qualcuno. La più forte rea-zione consentita ai magistrati rispetto

a leggi lesive delle loro garanzie costi-tuzionali è quella di agire in giudizio.

L’ORGANIZZAZIONEDEL CONTENZIOSOPer difendere le nostre garanzie, accanto a numerose iniziative stragiudiziali attuate con la predisposizione di diffi de o con la diretta assistenza per risolvere i problemi dei colleghi interessati, abbiamo organizzato un contenzioso “ragionato”. A fronte di molte-plici iniziative giudiziarie “pilota”, ci siamo concentrati su due obiettivi immediati: il reinquadramento economico di tutti i ma-gistrati in base alla riforma dell’ordinamen-to giudiziario (L. n. 111/2007) e la disap-plicazione per contrasto con le norme U.E. o la dichiarazione di incostituzionalità della manovra economica 2010 (L. n. 122/2010). Al momento abbiamo una convenzione di assistenza legale a “costo zero” che agevola i colleghi ed abbiamo organizzato tutto in

modo da rendere semplici e costanti i con-tatti con l’Uffi cio sindacale Magistrati o con il difensore. Maggiori dettagli sono contenuti nella scheda tecnica che distribuiamo insieme alla presen-tazione delle iniziative. L’11 maggio scorso si è tenuta la prima udienza presso il Tar del Lazio.

L’OBIETTIVO DEL CONTENZIOSOCiò che ci sta più a cuore è fare capire che non si tratta di mettere una fi r-ma sotto una procura nella speranza di ottenere un aumento. Se un magi-strato ricorre al T.A.R. è un cittadino che fa causa. Ma se centinaia di magistrati ricorrono contro il potere politico in via incidentale alla Corte costituzionale o alla Corte di giustizia U.E. sono un “confl itto di attribuzioni”. Per difendere concretamente l’indipendenza della magistratura, nell’inte-resse di tutti i cittadini.

LE RAGIONI “POLITICHE”DELLA RIDUZIONE DEGLI STIPENDI.

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di GIUSEPPE PAVICH Giudice del Tribunale di La Spezia

A distanza di poche ore dal discorso di Antonio Ingroia a Roma, che già aveva suscitato polemiche circa l’inop-portunità di prese di posizione dei ma-gistrati in occasione di manifestazioni politiche, anche il segretario ANM, Giuseppe Cascini, interviene a un convegno organizzato dal movimento di Nichi Vendola, e il suo discorso sca-tena un vespaio di polemiche. ”A mio avviso”, ha dichiarato Cascini a propo-sito delle riforme sulla giustizia elabo-rate dal PDL, “questa maggioranza non ha la legittimazione storica, politica, culturale e anche morale per aff ronta-re questo tema”. E, criticando l’atteg-giamento dell’opposizione di centro-sinistra, rea a suo dire di subalternità al governo Berlusconi avendo trovato espressione a suo tempo nella bozza Boato, ha aggiunto: “mi aspetterei dalla sinistra una risposta reale di sinistra”. Apriti cielo. Ovvia, perfi no scontata la reazione degli ambienti politici di

centrodestra, e in particolare del guar-dasigilli Alfano, il quale ha avuto buon gioco a dichiarare che le parole di Ca-scini – proprio perché provenienti da un magistrato che si esprime da politico – confermano la necessità delle riforme cantierate dal Governo. Seguono pre-se di distanza da alcuni ambienti della magistratura e dallo stesso Vicepresidente del CSM, Vietti. E il bello è che, mentre Cascini, parlando al CDC dell’ANM, corregge il tiro, dice di essere stato frainteso e ammette la le-gittimazione della maggioranza a fare le riforme, alcuni esponenti della sua area associativa di riferimento rivendicano la bontà delle tesi da lui espresse chez Vendola, e insistono per la mancanza di legittimazione morale del Governo e della maggioranza che lo esprime a re-alizzare le riforme in tema di giustizia.Siamo alle solite, insomma. Tutti, a cominciare dai magistrati, san-no perfettamente che la giustizia

è da riformare. Certo, le toghe non condividono praticamente nulla delle riforme proposte dal Governo, ma non per questo vogliono che tutto resti com’è; ed anzi, nel documento vota-to all’unanimità al CDC del 19 marzo scorso, l’ANM ha formulato proposte ben precise e sicuramente condivise dalle toghe di ogni schieramento. Però, se poi – come direbbe Totò – “la si butta in politica” e si espri-mono concetti “di parte”, del tut-to inadatti all’organo di rappresen-tanza del potere giudiziario (che come tale dovrebbe essere e mostrarsi al di sopra delle tenzoni di parte), non ci si può stupire se il dialogo sul-la giustizia diventa diffi cile; in tal modo, anziché bloccare le riforme “sgradite”, si fi nisce per dare voce a chi le sostiene, e per impedire che la magistratura associata possa fare ascol-tare le sue proposte, che pure merite-rebbero molta attenzione.

Ingroia, Cascini

i magistratiche non

TRAMBUSTOe il

AIUTA

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di ANGELANTONIO RACANELLI Componente CSM

La giustizia tricoloreha bisogno di realismo Con una battuta si potrebbe dire che si è cercato di realizzare il “giusto proces-so” ma il problema è che per alcuni il “giusto processo” è il processo che non si deve mai fare e che se si celebra deve portare all’assoluzione dell’im-putato o comunque alla prescrizione del reato.Ancora una volta sento parlare di proposte di modifi ca ordinamentale (tipo separazio-ne delle carriere tra giudici e p.m., sdop-piamento del Consiglio Superiore etc…): l’ineffi cienza e la durata irragionevole del processo penale non dipendono certo dall’attuale assetto ordinamentale. Le soluzioni per il superamento dell’attuale crisi della giustizia e del processo penale (attualmente siamo alla paralisi, con il rischio di una vera e propria implosione) vanno cercate in interventi di più basso, ma non meno importan-te, profi lo e cioè sul fronte di modi-fi che/integrazioni al codice di rito e alle norme sostanziali.Ma prima di aff rontare in maniera più spe-cifi ca proposte concrete di modifi che o integrazioni è necessario anche prendere

atto che la crisi del processo penale è ormai strutturale: vi è una diff erenza sempre più marcata tra domanda ed off erta di giustizia, tra il numero dei procedimenti e la capacità di risposta da parte dell’organizzazione giu-diziaria. Bisogna prendere atto che l’attuale struttura, con le attuali normative sostanziali e processuali, non è assolutamente in grado di far fronte alla domanda di giustizia.Appare ovvio premettere che sono necessa-rie maggiori risorse fi nanziarie da destinare al settore giustizia (le riforme a costo zero sono una mera illusione, come le esperien-ze passate ci devono avere ormai insegnato) per interventi sul piano dei mezzi e delle strutture. Accenno brevemente ai numerosi casi nei quali le udienze vengono interrotte e non possono proseguire nelle ore pome-ridiane per la mancanza di personale am-ministrativo. È inutile illudersi: un miglior funzionamento della giustizia penale richiede necessariamente maggiori stanziamenti.È necessario,inoltre, rendersi conto che fi nché il procedimento ordinario ha una durata irragionevole, con la quasi sicura prospettiva della prescrizione, non ci sarà

nessun reale interesse a preferire i proce-dimenti speciali che pur rappresentano dei modelli interessanti ed utili di defi nizione processuale. Continuare a parlare di separazione delle carriere, di riforma del C.S.M. e di altro in questa situazione di paralisi del siste-ma giustizia signifi ca, di fatto, non voler aff rontare e risolvere i veri problemi che determinano questa situazione.Mi piace concludere questo interven-to con alcune parole di Carnelutti che, pur datate nel tempo, sono quanto mai attuali: “… gli uomini di governo danno atto periodicamente delle esigenze di una ‘giustizia rapida e sicura’ ma baste-rebbe che avessero conoscenza delle stret-tezze materiali, spesso inconcepibili, nelle quali il servizio si compie per rendersi conto che in pratica codeste declamazio-ni non hanno alcuna serietà. Se al servi-zio giudiziario si dedicassero le cure che si prodigano al servizio ferroviario o alla circolazione stradale, le cose comincereb-bero ad andare diversamente; ma i valori economici contano ancora purtroppo assai più che i valori morali”.

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di ALESSANDRO PEPE Componente CSM

Non è pensabile risolvere i proble-mi chiedendo semplicisticamente maggiore produttività degli uffi ci giudiziari e ai magistrati italiani, dal momento che la comparazione dei dati statistici nazionali con quelli degli altri Pa-esi (fonte CEPEJ 2010) attesta la notevole produttività media dei magistrati italiani, superiore a quella di quasi di tutti gli omo-loghi degli altri paesi europei. Cionono-stante, l’arretrato sale. Questo signifi ca che i problemi derivano innanzitutto da una domanda di giusti-zia di fatto ingestibile e da cause risalenti a disfunzioni dell’intero sistema giudiziario.Pensiamo alla nota que-stione della revisione del-le circoscrizioni giudi-ziarie. L’attuale geografi a giudiziaria italiana è sto-ricamente superata non solo perché risalente all’impostazione del-lo stato sabaudo, ma essenzialmente per-ché, sul piano metodologico, la ridetermi-nazione delle circoscrizioni giudiziarie va realizzata secondo modelli e criteri nuovi e più aderenti alle realtà delle diverse zone del Paese.La mera revisione delle piante organiche dei singoli uffi ci, nella componente magi-

stratuale e del personale delle cancellerie (discorso a parte va fatto per il persona-le informatico e statistico), è largamente insuffi ciente per la sua episodicità. La di-stribuzione delle risorse deve costituire il risultato dell’applicazione di moderne tecniche di scienza dell’organizzazione e dell’amministrazione in un’ottica di sa-piente sinergia con l’informatizzazione dei servizi giudiziari. Rivedere le circoscrizio-

ni giudiziarie e, quindi, le piante organiche signifi ca creare entità produttive di dimen-sioni ragionevoli (né eccessivamente pic-cole né eccessivamente grandi), più facil-mente gestibili, individuate non solo in rapporto al numero di abitanti ma anche ai carichi di lavoro. Il riferimento ai carichi di lavoro appare necessario proprio perché qualsiasi distribuzione delle risorse umane,

oltre che materiali, non può prescindere dalla valutazione del carico di lavoro pre-vedibile per la singola entità produttiva. In questo senso si muove la risoluzione consiliare del 13 gennaio 2010, che ha istituito un Tavolo Tecnico in materia di piante organiche degli uffi ci giudiziari. Peraltro, in questo processo di razionale utilizzo delle risorse materiali ed umane si può e si deve intervenire anche sulle

sezioni distaccate. Oggi, infatti, ci vuole la legge per sopprimere i tribu-nali, mentre basta un semplice decreto del Ministro della giusti-zia per sopprimere e/o accorpare le sezioni di-staccate, le quali, è vero che sono un avamposto di “legalità” e garan-tiscono in astratto la “giustizia di prossimi-tà”, ma è innegabile che, nell’attuale situa-

zione, fi niscono spesso per essere meri “luoghi simbolici”, costituen-do sovente un “lusso” inutile ed im-produttivo, perché vicinissime alla sede centrale e non concretamente funzionali, dando vita a vere e pro-prie “diseconomie”, superabili ap-punto con razionali eliminazioni o accorpamenti tra più distaccate.

Superiamo

dei Savoiala giustizia

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di TOMMASO VIRGA Componente CSM

A PROPOSITO DIsezione disciplinaree pratiche a tutelaLa mia recente esperienza di giudice disciplinare mi consente di aff erma-re che non è vero che la sezione di-sciplinare sia portata per sua natura all’indulgenza.Al contrario, analisi statistiche condotte da organismi europei hanno confermato che il sistema disciplinare nel nostro Paese è rigoroso. Ma chi ha vissuto per decenni all’interno degli uffi ci giudiziari e ne ha conosciuto le diffi coltà organizzative si in-terroga sul vigente sistema sanzionatorio e si chiede se lo stesso sia adeguato e se non possa esser migliorato.Il pensiero va, soprattutto, ai “ritardi” nel deposito dei provvedimenti, illecito di-sciplinare che spesso e sorprendentemente colpisce proprio i magistrati che si caratte-rizzano per maggiore produttività.Mi chiedo se in tali casi ciò che inte-ressa al Paese è la punizione o non sia più rispondente all’interesse generale che si trovi una via diversa, che miri ad evitare che quei ri-tardi si verifi chino.L’applicazione anche di una sanzione minima, ma grave, come la censura, è realmen-te adeguata? Contribuisce a rimuovere le cause dei ritar-di? O, al contrario, potendo incidere negativamente sulla valutazione di professionali-tà, non fi nisce per demoti-vare?Perché allora non introdurre come sanzione minima la par-tecipazione del magistrato a corsi di formazione in tema di organizzazione, ovvero perché non prevedere che la positiva frequentazione di tali corsi pos-sa consentire la riabilitazione del condannato? Va segnalata la troppo dettaglia-

ta, confusa e non sempre adeguata tipizza-zione degli illeciti disciplinari, che talvolta non consente di perseguire adeguatamen-te condotte non agevolmente riconduci-bili agli illeciti tipizzati.Veniamo quindi all’annosa questione delle pratiche a tutela, l’istituto previsto dall’articolo 21 bis del regolamento consi-liare e per il quale sono state sollevate da alcuni Consiglieri laici recenti proposte di modifi ca o di abrogazione.Per ovviare ad un uso eccessivo di tale istituto il Consiglio ha già mo-difi cato, pochi anni fa, il suo regola-mento interno sulle pratiche a tutela, la cui legittimità è stata riconosciuta dal Capo dello Stato, il quale ha aff er-mato che “l’intervento del Consiglio si giustifi ca quando è insostituibile per tute-lare il prestigio e la credibilità dell’istitu-zione giudiziaria nel suo complesso ed è solo mirato a reagire ad attacchi e azioni

denigratorie chiaramente tendenti a met-tere in dubbio l’imparzialità dei magistrati oppure ad insinuare la loro soggezione a condizionamenti politici o di altra natura”.Del resto la stessa Raccomandazione sui giudici, adottata in base allo statuto del Consiglio d’Europa dal Comitato dei Mi-nistri degli Stati membri il 17 novembre 2010, stabilisce che, nel commentare le decisioni, occorre “evitare ogni critica che possa compromettere l’indipendenza della magistratura e minare la fi ducia del pub-blico nella stessa” e che anche “Il diritto all’informazione in materia deve … essere esercitato tenendo conto delle limitazioni imposte dall’indipendenza della magistra-tura”.È quindi da ribadire la legittimità delle pratiche a tutela, trattandosi di procedimenti attraverso i quali il Consiglio verifi ca se le critiche o gli attacchi rivol-ti ad una decisione superano quel confi -

ne, sempre più avanzato in una società libera che accetta che di tutto si discuta, al di là del quale si realizza la lesione della credibilità della funzione giudiziaria.La tutela di questo interesse non può esser lasciata ad iniziative individuali o collettive, ma deve esser assunta, sia pure con grande ponderazione e cautela, proprio dal Csm, in tutti i casi in cui ne ricorrano le condizioni, nei con-fronti di qualunque centro di po-tere ed a tutela di ogni magistrato.A tale attività il Consiglio è chia-mato, proprio in applicazione dell’articolo 104 della Costitu-zione, quale presidio dell’Ordine della Magistratura, autonomo ed indipendente da ogni altro pote-re, non dunque quale attore “po-litico”, ma come interprete del suo ruolo costituzionale.

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di GIUSEPPE MARRA Uffi cio legislativo Ministero della Giustizia

Queste brevi note traggono spunto dalla recente decisione della Cassa-zione, S.U. civ., 18 giugno 2010, n.14697, che ha annullato la sentenza di assoluzione n.137/2009, pronunciata dal C.S.M., la cui massima aff erma: “Non confi gura illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per reiterato, grave ed ingiustifi cato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni, la condotta del magistrato che depositi fuori termine sentenze o altri prov-vedimenti giudiziari, quando i ritardi siano determinati da un carico di lavoro eccezio-nale ed il medesimo dia dimostrazione di

estrema dili-genza, non co-

mune spirito di sacrifi cio, soddi-

sfacente produt-tività ed eccellente capacità profes-

sionale, perché

tali circostanze impediscono di ritenere i ritardi frutto di neghittosità, e rendono gli stessi pienamente giustifi cati..”. Come è noto, a seguito della riforma del si-stema disciplinare di cui al D.lgs. 109/2006, il ritardo nel deposito dei provvedimenti è disciplinato dall’art. 2, 1° co., lett. q), in cui è previsto come illecito disciplinare “il reiterato, grave e ingiustifi cato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimo-strato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell’atto”. Il C.S.M. aveva ritenuto che i ritardi fossero comunque giustifi cati dall’eccezionale cari-co di lavoro e dal fatto che si trattasse di ma-gistrati laboriosi e professionalmente capaci. Le Sezioni Unite hanno invece ritenuto, che tali circostanze “…possono anche valere da causa di giustifi cazione, ma, fermo restando che esse devono essere adeguatamente dimostra-te dall’incolpato, la soglia di giustifi cazione deve

ritenersi sempre superata in concreto, quando il tempo di ritardo leda il diritto delle par-

ti alla durata ragionevole del processo, di cui alle norme costituzionali e

sovranazionali vigenti, espo-nendo lo Stato italiano ad

una possibile condan-na per opera della

C.E.D.U.”. Si aff erma poi che “ …la scarsa laborio-sità del ma-

gistrato, quale indice di non giu-

stifi cabilità del ritardo,

non costituisce condicio sine qua non ai fi ni della confi gurabilità dell’illecito.”.In sostanza si sostiene che ai fi ni dell’integrazione dell’illecito non è necessario accertare la neghittosità del magistrato, e che in ogni caso non possono mai essere giustifi cati i ritardi che comportino lo sforamento della durata ragionevole dei processi. La sentenza della Cassazione rappresenta uno “ scivoloso” precedente, perché profi la l’illecito da ritardo come una fattispecie formale, prescindendo di fatto dalla colpevolezza del magistra-to; si introduce poi così una presun-zione contra reum di ingiustifi catezza del ritardo, ossia il superamento della durata ragionevole del processo, che il legislatore invece non ha previsto. Il consolidamento di questo orientamen-to porta con sé il pericolo che i magistra-ti assumano posizioni difensive per evitare di incorrere nel ritardo, ovvero che non si sovraccarichino di sentenze da scrivere, ciò evidentemente a discapito della durata ra-gionevole dei processi. Per evitare questo eff etto paradossale appare improcrastinabile introdurre dei correttivi a livello di normazione primaria e secondaria, che off rano un quadro chiaro al singolo magistrato di quale è il limite di produttività e di laboriosità che l’ordinamento può ragionevolmente pretendere da cia-scuno, limite superato il quale si deve presumere in favor rei, che i ritardi sono giustifi cati dall’inesigibile carico di lavoro.

La responsabilità disciplinareda ritardo: una pericolosaderiva colpevolista

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di MARIO PAGANO Segretario organizzativo MI

Laboratorio SalernoApprofondimento delle tematiche culturali interne ed esterne alla magistratura, riaff er-mazione dell’indipendenza e autonomia dell’attività giudiziaria e costante attenzio-ne alle esigenze che quotidianamente inte-ressano il lavoro del giudice costituiscono quindi le tappe fondamentali di un nuovo percorso associativo.L’Assemblea Distrettuale tenutasi a Salerno il 3 novembre scorso ha se-gnato per il Gruppo salernitano di MI una svolta storica. Partiti dalla ferma convinzione che l’attività associativa deve essere concepita soprattutto come laborato-rio di idee e come centro di rifl essione e di stimolo per la magistratura, per le istituzioni e per la comunità, abbiamo deciso di non sottrarci a nessun confronto.Da un punto di vista organizzativo si è in-nanzitutto decisa la costituzione di un co-mitato di segreteria, al fi ne di conseguire una più ampia capacità di percezione ed elaborazione delle problematiche dei col-leghi del distretto e di fornire supporto ed ausilio alla segreteria distrettualeL’istituzione di fatto di una segreteria col-legiale, peraltro, è stata non solo espressione dell’esigenza di consentire una maggiore

condivisione di posizioni di responsabilità associativa, ma anche del forte e progressivo rinnovamento del gruppo sia a livello loca-le sia a livello nazionale, nella convinzione che soltanto attraverso il coinvolgimento consapevole e la partecipazione fattiva dei colleghi più giovani può trovare davvero re-ale “forza” e nuovo vigore l’associazionismo giudiziario. Il gruppo salernitano di MI si propo-ne l’elaborazione di proposte concre-te volte a fronteggiare le quotidiane emergenze nel Distretto, nella consape-volezza che il ruolo della magistratura asso-ciata deve estendersi alla programmazione di iniziative dirette a supportare l’ordinario svolgimento dell’attività giudiziaria. Nel-la disamina delle problematiche che maggiormente colpiscono le varie sedi del Distretto, Magistratura Indi-pendente intende prestare ascolto alle esigenze di tutti i colleghi, mettendo al centro del proprio raggio di azio-ne la risoluzione di ogni situazione di criticità, sganciata da una prospettiva meramente utilitaristica e consociati-va.Si è anche stabilito di riattivare il percorso

culturale. La capacità di dialogo fuori e den-tro l’associazione, il confronto con le isti-tuzioni, l’apertura al contesto sociale sono obiettivi che si perseguono proprio attra-verso lo strumento privilegiato delle inizia-tive convegnistiche.Il gruppo salernitano si sta muovendo in una pluralità di direzioni, aprendosi progressivamente sia agli altri gruppi asso-ciativi, sia agli altri attori del mondo giu-diziario, sia infi ne anche cosiddetta società civile.Al convegno del 14 gennaio, riservato a un tema molto caro a MI, quello relativo ai ca-richi di lavoro, ha fatto seguito l’incontro del 5 aprile su un tema squisitamente tecni-co (quello relativo alla applicabilità dell’ag-gravante speciale di cui all’art.7 l.n.203/91): il primo aperto agli altri gruppi associativi del distretto, il secondo con il patrocinio del locale consiglio dell’Ordine degli Avvocati.Nel mese di maggio, infi ne, è previsto un convegno su tematiche particolarmente sensibili (“eutanasia e testamento biologi-co”), con il quale il Gruppo si propone di coinvolgere non solo il mondo forense, ma anche gli operatori sanitari, gli psicologi, gli uomini della Chiesa.

ANNO XXI - n. 1 - MAGGIO-GIUGNO 2011

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di LORENZO PONTECORVO Segretario ANM Roma

Da troppo tempo i magistrati convivono con i disagi connessi al quotidiano esercizio delle funzioni giudiziarie trovandosi a dover supplire alle croniche carenze di un servizio giustizia non più in grado di soddisfare le esigenze di un paese moderno.In tale contesto è indubbio che nessuna ri-forma può essere effi cace se non fornisce soluzioni fi nalizzate quantomeno ad eli-minare l’enorme sproporzione tra proce-dimenti pendenti e numero di magistrati nonché a rivedere la geografi a giudiziaria e le piante organiche che devono essere ade-guate ai carichi di lavoro dei singoli Uffi ci.La Magistratura Associata è sostanzialmente concorde nel ritenere che sia stato varato un progetto di riforma che, non apportan-do alcuna concreta innovazione al servizio giustizia, incide unicamente sulla Magistra-tura, che quel servizio è chiamata a rendere, mediante un approccio punitivo fi nalizza-to ad indebolire l’autonomia e la pienezza dell’esercizio della funzione giudiziaria.

Aff rontando le questioni meno discusse ne è chiaro segno la limitazione perseguita at-traverso la modifi ca dell’art.109 della Co-stituzione laddove, a fronte della previsione che “l’autorità giudiziaria dispone diretta-mente della polizia giudiziaria”, è proposto il nuovo inciso “secondo le modalità stabi-lite dalla legge”. È indubbio che l’attuale formulazione dell’art.109 della Costituzione perse-gue la fi nalità di sottrarre la polizia giudiziaria alle infl uenze dell’Ammi-nistrazione ed a limitare le interferen-ze esterne sull’esercizio dell’azione penale ed è perciò strumentale alla garanzia dell’indipendenza della Ma-gistratura. È quindi evidente che l’ini-ziativa fi nalizzata a degradare a legge ordinaria la disciplina concernente l’utilizzo della polizia giudiziaria in-cide direttamente sui principi costi-tuzionali di obbligatorietà dell’azione penale, di legalità e di autonomia della

Magistratura. Ulteriore aspetto della ri-forma che suscita aspre e condivisibili cri-tiche è la previsione di una responsabilità civile diretta dei magistrati. L’approccio punitivo di tale iniziativa è, in-fatti, ancora più evidente in quanto, con essa si viene ad intaccare la serenità di giudizio del magistrato esposto in prima persona an-che alla più temeraria delle azioni di quella parte che non abbia da lui ottenuto piena soddisfazione.Non può, inoltre, essere sottaciuto l’enor-me dispendio di energie professionali che il magistrato sarebbe costretto ad approntare al fi ne di predisporre (con i relativi costi) le proprie difese e ciò a totale discapito del servizio giustizia. In defi nitiva, una concre-ta risposta alla domanda di giustizia presuppone correttivi fi nalizzati ad un miglioramento del servizio e non si ottiene, quindi, riformando la Magi-stratura che quella domanda è tenuta ad esaudire.

I magistrati di fronte

Magistraturaindipendente.it di GIUSEPPE CORASANITI Responsabile area internet MI

l sito internet di Magistratura indipendente è un altro modo

per essere vicini ai colleghi, a portata di click: contiamo

ancora di migliorare, perché in informatica non si può non

migliorare continuamente, con l’aiuto di tutti, mettendoci a

disposizione di tutti per fare sentire forte e chiara la nostra

voce anche quando questo sembra un lusso, anche e soprat-

tutto quando è percepita come scomoda, anche quando è

sgradita. Vorremmo ancora potenziare la parte interattiva ed

affrontare temi sempre centrali , come l’organizzazione degli

uffi ci, il bilancio delle tante riforme fi nite nel nulla e peggio

ancora penalizzanti per la nostra categoria, vorremmo tenere

aperto e mantenere uno spazio di dibattito per tutti che ci

serve per migliorare tutti, perché il dialogo nella sua forma e

nel suo metodo migliora chi lo coltiva. Su magistraturaindi-

pendente.it troverete anche una versione digitale delle pub-

blicazioni, a partire da questa rivista, ed una ricca rassegna

–aggiornata ora per ora – sui problemi della giustizia in Italia.

Il sito non è una duplicazione della nostra rivista, ma il nostro

modo di essere, e di essere in una posizione centrale sulla

nuova frontiera della comunicazione digitale, aperta ai tanti

colleghi “nativi” digitali come ai colleghi più anziani che ,mi

auguro, ne apprezzeranno insieme le sue potenzialità.

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