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Giovanna Bellandi Esercitazioni del laboratorio di archeologia Il disegno dei materiali: la ceramica Anno Accademico 2002/2003

Giovanna Bellandi Esercitazioni del laboratorio di

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Giovanna Bellandi

Esercitazioni del laboratorio di archeologia

Il disegno dei materiali:

la ceramica

Anno Accademico 2002/2003

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TECNICHE DI DISEGNO DI REPERTI ARCHEOLOGICI

Il disegno ed il rilievo di un reperto: il problema della sua rappresentazione

È utile premettere alle nozioni scientifiche e pratiche che stanno alla base del disegno

di reperti archeologici, alcune osservazioni di carattere teorico. Con il rilievo

archeologico infatti si rappresenta graficamente un oggetto tridimensionale,

trasferendo su un piano bidimensionale una serie di dati, in modo tale che grazie ad

essi potremo poi risalire all’oggetto tridimensionale. Questo significa che il vero

oggetto non si raffigura come è, né come appare, ma nel modo più idoneo alla

comprensione del suo stesso significato. Tale problema può essere articolato in due

fasi: quella della costruzione puramente razionale di un modello rappresentativo

dell'oggetto, e quella della sua rappresentazione grafica vera e propria, ossia della

contrazione di volumi tridimensionali, estesi nello spazio, in superfici bidimensionali,

estese su un piano.

Alla veridicità di qualsiasi disegno contribuiranno, perciò, non solo la conoscenza dei

principi che regolano la rappresentazione grafica e la corretta utilizzazione degli

strumenti e delle tecniche disponibili, ma soprattutto un'attenta percezione visiva.

L'occhio di chi si pone di fronte ad una realtà oggettiva da rappresentare, deve

essere talmente sensibile e preparato, da riuscire ad enucleare, dalla complessità del

contesto visivo, elementi caratterizzanti singoli, quali dimensioni, decorazioni,

simmetrie, ecc.

È fondamentale, perciò, che il reperto da rappresentare venga attentamente studiato,

prima ancora di essere disegnato.

"una volta che il disegno è completo, è sconcertante rendersi conto che

l'oggetto è stato disegnato capovolto, magari senza rendere una stilizzazione

zoomorfa, che non è stata colta dal disegnatore, il quale ha esaminato l'oggetto

dal punto di vista del significato della decorazione, o che esso è stato disegnato

coricato perché il disegnatore non ne aveva compreso la funzione"

(Ph. Barker, Techniques of Archaealogical Excavations)

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In qualsiasi rappresentazione, intesa come traduzione grafica dei risultati della

propria riflessione sull'oggetto raffigurato, e che abbia come fine non solo la

conoscenza della cosa in sé, ma anche quella della manualità che l’ha prodotta, tutto

ciò che dell'oggetto il disegnatore è riuscito realmente a comprendere diviene

universalmente intelligibile e può essere riconosciuto chiaramente, mentre tutto ciò

che egli non è riuscito a comprendere o a rendere esplicito diviene illeggibile e

fuorviante.

Per rappresentare un reperto non è sufficiente quindi, rappresentarlo così come esso

appare, lasciandolo senza vita, incompreso ed incomprensibile, ma è necessario

interpretare di volta in volta le peculiarità di ciascun pezzo, scegliendo il linguaggio

grafico più adatto a renderle comunicative.

In questo, come in tutti "i discorsi per immagini", la mano, spinta dal desiderio di

rendere visibile ciò che la mente ha reso intelligibile, traccia una linea, l'occhio la

segue e la confronta, tenendo contemporaneamente sotto controllo sia l'oggetto

reale, di cui scopre ed evidenzia le leggi compositive, sia la rappresentazione che di

esso si sta facendo graficamente.

La mente sintetizza ogni oggetto, lo trasforma in linee principali, in contorni, profili,

spessori, lo misura e lo astrae, quindi lo trasferisce nel mondo delle immagini, dove

l'elaborazione dei dati percepiti può assumere una forma concreta ed essenziale,

perciò visibile.

Solo in termini di immagini, strutture logiche quali simmetria, dimensioni, forme,

superfici, relazioni, funzioni, riacquistano realtà .

Il disegno dei reperti, inteso quindi come procedimento grafico esplicativo di elementi

essenziali, conduce alla conoscenza critica di qualsiasi forma.

Questo vuol dire che disegnare un reperto non è la stessa cosa che fotografarlo. La

funzione della fotografia, infatti, in tal senso è diversa. La documentazione

fotografica può completare la documentazione grafica di un reperto, riuscendo ad

illustrare chiaramente aspetti particolarmente difficili da disegnare, quali tessiture,

colori ecc., ma non può sostituire la minuziosità di tutte le operazioni di misurazione,

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di indagine geometrica e di interpretazione, finalizzate alla traduzione grafica

dell'insieme di osservazioni svolte.

La fotografia rappresenta senz'altro un mezzo per la ricerca delle leggi compositive

dei fenomeni archeologici, che essa individua mediante tagli insoliti o analisi di

particolari, ma il disegno è qualcosa di più, insieme di realtà oggettiva e soggettiva,

processo di analisi e di sintesi. Poiché in generale un disegno «non fenomenizza la

realtà (che del resto è già fenomeno), ma fenomenizza la realtà come pensata dalla

mente» (G.C. Argan), esso possiede un valore specifico, non tanto nel realismo della

sua rappresentazione, quanto nel realismo dell' interpretazione che esso raffigura.

Il materiale da disegno e gli strumenti per il rilevamento dei dati

• Carta millimetrata

• Matita H o HB (meglio un portamine o portamicromine 0,5 mm) e gomma

(utilissime le gomme di precisione)

• Un righello che parte da zero

• Un metro da sarta

• Una coppia di squadre (la prima con angoli di 90°, 45°, 45°; la seconda con angoli

di 90°, 60°, 30°)

• Due squadre a L (da falegname)

• Un compasso

• Carta lucida (preferibilmente di grammatura compresa tra 90 a 100 gr)

• Penna a china (del tipo “Rapidograph” ; tratti 0,1, 0,2, 0,3)

• Lama cutter (per correggere il disegno a china) e gomma

dura (per rilevigare la carta lucida dopo la correzione con la lametta)

• Carta velina e acetato (per rilevare decorazioni)

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• Plastilina (per rilevare decorazioni e per posizionare gli oggetti sul foglio)

• Un profilografo a pettine (per riprodurre la forma dei vari oggetti rilevandone

il profilo)

• Un calibro a corsoio (per rilevare le misure di larghezza, lunghezza, spessori,

sezioni, profondità degli oggetti)

• Un calibro a forcipe o spessimetro a ballerina (per il rilievo di tutti gli

spessori che non possono essere misurati con il calibro a corsoio)

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Il rilievo e la rappresentazione grafica

Per giungere agli obiettivi sopra delineati (cioè per far sì che il disegno dei reperti

fornisca alla ricerca archeologica uno schema logico per la costruzione di modelli e di

ipotesi interpretative, attraverso rappresentazioni grafiche sintetiche e facilmente

leggibili) è necessario attenersi a un preciso sistema di rappresentazione.

Disegnare un reperto, non potendo, perciò, prescindere dalle finalità per cui tale

operazione si esegue, significa:

• individuare e fissare gli elementi indispensabili alla caratterizzazione di una

forma;

• schematizzare i caratteri scoperti in modo che essi siano riconoscibili, e

perciò classificabili anche nella esemplificazione geometrica che della forma

è necessario dare ai fini rappresentativi, ossia anche quando, per

effettuarne la trasposizione sul piano bidimensionale, sia necessario ridurre

il numero di dimensioni del campo di osservazione o sezionarlo;

• stabilire il numero di elaborati grafici in tal senso necessari e sufficienti, la

scala di rappresentazione, le convenzioni grafiche e la simbologia da

adottare.

Dal punto di vista pratico, il metodo di

rappresentazione, che consente di pervenire a

tale schema rappresentativo, è quello delle

proiezioni ortogonali o Mongiane (così chiamate

dal matematico francese G. Monge), basato sul

concetto fondamentale di rappresentazione come

proiezione polare, alla quale sono necessari un centro (polo) e un piano (quadro) di

proiezione. Se il centro di proiezione è a una distanza infinita rispetto al piano, le

rette proiettanti diventano parallele e l’immagine proiettata ha le stesse dimensioni

dell’oggetto reale. Questo è il sistema usato per le proiezioni ortogonali, che consente

di fornire una rappresentazione completa, seppure convenzionale, di qualsiasi oggetto,

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attraverso proiezioni piane (prospetti, piante e sezioni) di tutti i suoi punti di

delimitazione esterni e interni, nonché dei suoi dettagli stilistici e figurativi.

Il metodo usato per la rappresentazione grafica della forma di un reperto, pensata e

studiata nei suoi rapporti dimensionali, facendo riferimento a un concetto di proiezioni

ortogonali, consiste, trattandosi generalmente di oggetti simmetrici, nel tracciare

un'asse di simmetria, disegnando poi dalle due parti di esso due diverse

rappresentazioni dell’oggetto stesso, ossia metà prospetto a destra, associato a metà

sezione sulla sinistra.

Nel caso in cui la proiezione sul piano verticale yz (prospetto) e la proiezione sul piano

sezionante α, parallelo al piano verticale yz (sezione verticale) siano insufficienti, si

può ricorrere alla proiezione dell'oggetto sul piano orizzontale xy (pianta) o ad

ulteriori proiezioni sia su piani verticali laterali (prospetti laterali), che su piani

sezionanti paralleli al piano orizzontale

xy (sezioni orizzontali).

In particolare, dato un sistema di assi

ortogonali xyz, si definisce prospetto la

proiezione ortogonale dell'immagine

dell'oggetto sul piano verticale yz.

Tale proiezione serve a rappresentare la

superficie e gli strati della superficie di un reperto.

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Si definisce, invece, sezione verticale la

proiezione ortogonale dell'immagine dell'oggetto

su un piano sezionante α, parallelo al piano verticale

yz.

Tale proiezione serve a rappresentare gli spessori

della superficie di un

reperto.

Si definisce, infine,

pianta la proiezione

ortogonale dell'oggetto sul piano orizzontale xy.

Tale proiezione serve ad approfondire la rappresentazione

di reperti particolarmente complessi.

Le forme ceramiche intere

La rappresentazione grafica di forme vascolari intere

rappresenta la visualizzazione dell’oggetto esistente così come esso appare all’occhio

umano.

Dato uno schema di riferimento ortogonale si rappresenta a sinistra il profilo sinistro

in sezione, e a destra il profilo destro in prospetto.

Come si procede…

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1. Si costruisce un sistema di assi ortogonali di

riferimento.

2. Si riporta sugli assi la misura dell’altezza (h) del

vaso.

3. Si riporta il diametro BD.

4. Si riporta il diametro AC.

5. Si rilevano tutti i possibili diametri intermedi del

corpo del

vaso (collo,

gola, spalla, ventre ecc.).

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6. Rilievo del profilo con il profilografo.

Si completa la sezione del vaso sulla sinistra:

• Si rileva lo spessore della parete sezionata in una serie di punti con il calibro a

corsoio o, ove non si riesce, con la “ballerina” (nel caso non fosse possibile

neppure con questo strumento, si tratteggia l’ipotetica linea del profilo interno

della sezione).

• Si rileva la profondità del vaso con metro e squadra.

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• Si riportano le misure a fianco del profilo già disegnato.

• Si rileva, ove possibile (ad es. forme aperte), l’andamento del profilo interno col

profilografo.

A destra si completa il prospetto rendendo i particolari strutturali (orli, linee curve

ecc.) e decorativi del vaso.

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I frammenti ceramici

La rappresentazione grafica dei frammenti ceramici ha un’origine puramente astratta,

in quanto il frammento, per poter essere riprodotto graficamente, deve essere

ricollocato nella forma originaria ricostruita nella mente umana.

Il procedimento è possibile solo nel caso di frammenti aventi una forma riconoscibile,

ossia che conservino una parte dell’orlo, del piede o del fondo del vaso originario.

Come si procede…

1. Si ricerca l’inclinazione assunta dal frammento nella forma originaria intera,

ossia la sua posizione rispetto al piano orizzontale di appoggio dell’oggetto

intero (ciò è possibile solo se il frammento conserva, almeno in parte alcuni

elementi fondamentali quali l’orlo, il fondo o il piede). Tale inclinazione si può

determinare appoggiando il frammento su un piano perfettamente orizzontale,

in modo da farla aderire completamente, senza lasciare cioè interstizi

attraverso i quali filtri la luce.

Quindi, determinato il tratto del frammento lungo il quale si vuole far passare la linea

di sezione (sempre il tratto della sua maggior lunghezza), si calcolano:

2. l'altezza del punto C dal piano orizzontale (CC');

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3. la distanza (BC') del punto C' (proiezione di

C sul piano orizzontale) dal punto B,

appartenente all'orlo del frammento.

Prima però di riportare le distanze BC' e CC', così

stabilite, sul quadrante sinistro dello schema

ortogonale di riferimento disegnato, è necessario:

4. determinare il diametro della forma

originaria intera. Esso si ricava ricorrendo a

uno dei seguenti procedimenti:

a) si riporta su un foglio l’arco di

circonferenza relativo al frammento in

esame, o ripassandone il profilo dell’orlo

direttame

nte sul foglio o rilevando il profilo con

il profilografo a pettine.

A questo punto si cerca di

far combaciare l’arco di

circonferenza così ricavato

con il corrispondente arco

del cerchiometro, ottenuto

tracciando una serie di

circonferenze concentriche, con diametri

progressivi su un altro foglio.

b) un altro procedimento consiste nel determinare il diametro del

frammento applicando all’arco di circonferenza così ottenuto la regola

geometrica secondo la quale “per tre punti passa una e una sola

circonferenza”. Si procede come segue:

• sia a l’arco della circonferenza dato di cui per determinare il diametro

dobbiamo cercare il centro;

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• centrando il compasso nel punto 1, fissato all'incirca a

metà dell'arco, con apertura a piacere (minore della

metà dell'arco) si descrive la circonferenza c che

interseca l'arco a nei punti 2 e 3;

• centrando il compasso nel punto 2 con apertura

2-1, si descrive l'arco

d che interseca la

circonferenza c nei

punti 6 e7;

• centrando il compasso

nel punto 3 con apertura 3-1, si descrive l'arco e che

interseca

la

circonferenza c nei punti 4 e 5;

• il punto O, intersezione delle rette

congiungenti rispettivamente i punti

4-5 e 6-7, è il centro cercato.

A questo punto per verificare che il frammento appartenga realmente alla

circonferenza tracciata, è necessario appoggiarlo su un arco di circonferenza diverso

da quello usato per la ricerca del diametro.

5. Si traducono graficamente i dati: dato uno schema di riferimento ortogonale si

rappresenta a sinistra la sagoma del profilo, ottenuta sezionando il frammento

nel tratto corrispondente alla sua

maggior lunghezza, a destra,

invece, il prospetto del profilo

relativo a tale tratto.

• Stabilite le distanze BC’ e CC’, si riportano sul quadrante di sinistra dello

schema di riferimento ortogonale;

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• A questo punto è possibile tracciare il profilo del

frammento

(rilevato con il

profilografo), in

quanto linea congiungente i due punti

noti B e C.

• Si rilevi ora lo spessore del frammento

rilevandolo

in vari punti

del

frammento

e riportandone le misure accanto al profilo esterno già disegnato.

• Tutti i punti così ottenuti vengono uniti con

una linea del profilo interno, rilevata

anch’essa con il profilografo.

• Nel caso di frammenti ceramici la sezione

viene campita a tratteggio.

6. Si completa la rappresentazione grafica del

frammento ceramico con il prospetto, che si

ottiene ribaltando il profilo esterno della sezione dal quadrante sinistro su

quello destro.

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Il rilievo e la rappresentazione grafica dell’industria litica

Nell'ambito di tutti i procedimenti di

rilievo e di rappresentazione grafica

dei reperti, quello del disegno degli

strumenti litici, configurandosi

essenzialmente come traduzione

grafica dei segni su di essi prodotti

dalle antiche tecniche di lavorazione

della pietra, è senza dubbio uno dei più

laboriosi e difficili da condurre.

Benché valgano per esso tutte le considerazioni fatte e le regole descritte finora per

i reperti ceramici, in questo, forse più che in qualsiasi altro settore del disegno dei

reperti archeologici, si rivela assolutamente necessaria la conoscenza dei metodi e

degli strumenti adottati all'atto della lavorazione.

Consideriamo quindi le convenzioni rappresentative e le nonne grafiche più generali del

disegno di questo tipo di manufatti.

Anche in questo caso il metodo utilizzato è quello delle proiezioni ortogonali.

I raschiatoi si rappresentano con un minimo di tre prospetti, ruotando l'oggetto da

sinistra verso destra profilo dorsale, profilo laterale, profilo ventrale. Nel caso in cui

l'andamento della sezione non sia mostrato dal profilo laterale o non possa essere

dedotto dai tre profili disegnati, è necessario eseguire sotto il profilo dorsale anche

una sezione mediana.

Un nucleo interamente lavorato si rappresenta con

un minimo di quattro prospetti più la sezione

mediana.

Le superfici ventrale e dorsale sono separate tra loro da un margine tagliente, che può

essere rappresentato a sinistra nel prospetto dorsale o a destra in quello ventrale,

purché la convenzione adottata sia sempre la stessa.

Indifferentemente in alto o in basso si rappresenta invece l'estremità lavorata.

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Il prospetto ventrale e dorsale

Per effettuare il disegno del prospetto ventrale e dorsale (posteriore), l'oggetto deve

essere appoggiato direttamente sul foglio, con la superficie ventrale rivolta verso il

basso ed il margine tagliente a sinistra. Il profilo deve essere seguito facendo aderire

una mina, ben appuntita e sufficientemente lunga, ai margini esterni del pezzo, in

modo che sia sempre perpendicolare al piano d'appoggio del foglio. Se in alcuni punti

l'inclinazione della matita è diversa da quella tenuta in altri, le dimensioni del

manufatto, proiettate sul foglio, risultano alterate.

Per verificare la corrispondenza fra il disegno e l'oggetto reale è necessario l'uso di

un calibro a corsoio. Servendosi del calibro si effettua anche il rilievo delle

sfaccettature principali e della linea mediana del manufatto.

Risulta necessario indicare, mediante una serie di linee, la direzione del colpo inferto

con il percussore. Le linee che ne indicano la

direzione in modo più evidente debbono essere

disegnate con un tratto più spesso.

Gli angoli cui si intende dare maggiore risalto,

vengono rappresentati mediante linee curve con

gradi di curvatura e lunghezze proporzionali

all'ampiezza degli angoli. Per rappresentare invece

tutte le sfaccettature si ricorre ad una serie di

line concentriche, le più interne delle quali debbono

avere diametri e lunghezze minori.

Nel caso inoltre di segni della lavorazione che inizino come linee sottili e poi si

perdano, vengono tracciate delle linee spezzate (trattini) sempre più corte, fino a

svanire. Se il contorno delle sfaccettature raggiunge il margine del manufatto, questo

deve esse visibile anche nel disegno. I contorni meno pronunciati si rendono con una

sola linea tratteggiata, quelli più pronunciati con una doppia linea tratteggiata.

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In presenza di tracce di legno si ricorre, per indicare la zona in cui sono presenti, ad

un puntinato rado Le convessità e le scanalature vengono evidenziate con aree di

puntinato fitto.

Il prospetto laterale

Per effettuare la rappresentazione del profilo laterale l'oggetto deve essere ruotato

di 90° da sinistra verso destra e mantenuto in posizione perpendicolare al foglio

Anche in questo caso, una volta tracciato il profilo, è necessario effettuare

misurazioni di controllo con il calibro.

Si disegnano quindi il margine tagliente e tutte le sfaccettature, verificando con il

calibro la corrispondenza fra disegno ed oggetto reale, tralasciando la

rappresentazione dei dettagli più minuti che, a differenza che nei prospetti dorsali e

ventrali, qui non è necessaria.

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Indicazioni bibliografiche

Per la stesura di questa dispensa mi sono servita essenzialmente di:

• SUPINO M. 1993, Fondamenti teorici e pratici del Disegno dei reperti

archeologici mobili, Firenze.

Per le immagini degli strumenti litici:

• DE MARINIS R. C. 2000, Il Museo Civico Archeologico Giovanni Rambotti una

introduzione alla preistoria del lago di Garda, Castiglione delle Siviere (MN).

Consultare anche:

• LEONARDI G., PENELLO G., LEVI S. T., MICHELI M., PRACCHIA S., RISPOLI

F., VIDALE M. 1999, Il disegno archeologico della ceramica e altri problemi,

Padova.