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Le influenze dei processi di globalizzazione sulle trasformazioni sociali nelle società avanzate Cos'è la globalizzazione ? Oggi tutti parlano di globalizzazione ma quanti sono in grado di cogliere a pieno il significato di questo termine di gran moda è difficile dirlo. L' unica cosa certa è che ognuno lo interpreta come un processo inarrestabile che coinvolge l' intero pianeta, ma solo pochi si accorgono che presenta molti più aspetti di quanto comunemente non si pensi. Le analisi della globalizzazione si propongono quindi di mettere in luce che con questo concetto vanno compresi “non tanto e non solo la crescita e l' accellerazione degli scambi che travalicano i confini degli Stati, dallo sviluppo delle imprese multinazionali alla internazionalizzazione dei beni e dei servizi fino alle transazioni finanziarie; bensì tutto il complesso delle conseguenze che nascono dall' interdipendenza tra le trasformazioni del quadro economico, il sistema socio demografico e le istituzioni della politica”. Tutti i cambiamenti che hanno investito l' umanità in questo secolo possono essere riassunti nell' espressione compressione spazio-temporale. I progressi tecnologici nel mondo dell' informazione e della comunicazione hanno permesso una straordinaria riduzione delle distanze in termini di tempo e di spazio: singoli attori sociali o gruppi, sia pure collocati agli estremi confini della terra, e perfino eventi accaduti in lontanissimi luoghi sconosciuti, entrano in contatto e interagiscono, dando vita a conseguenze globali. All' origine dei processi di globalizzazione è comunque preminente la dimensione economica a causa soprattutto del “ribaltamento” del rapporto di forza tra economia e politica. La globalizzazione dei mercati finanziari sancisce la supremazia delle forze di mercato sulle scelte politiche e ed economiche degli Stati nazionali: i più importanti mercati borsistici e finanziari sono in grado di spostare in pochi minuti ingentissime quantità di denaro, talvolta di molto superiori al bilancio di uno Stato. I capitali globali sono ormai in grado di imporre le proprie leggi all' intero pianeta e nella totalità degli aspetti della vita, “sia pure solo in ragione del fatto che possono sottrarre alla società risorse materiali (capitali, tasse, posti di lavoro)”. Gli Stati non hanno abbastanza risorse o libertà di manovra per sopportare la pressione dell' economia mondiale per il semplice motivo che un attimo è sufficiente a far crollare le imprese e gli Stati stessi: una volta distrutta la sua base materiale e annullata la sua sovranità allo Stato-nazione non rimane che diventare l' amministratore degli affari delle multinazionali e garantire la loro sicurezza. La crescente mobilità, reale e virtuale, acquisita da coloro che possiedono i capitali è emblematica della nuova divaricazione tra economia e politica, tra potere e obblighi sociali. I rappresentanti delle imprese che agiscono globalmente hanno la possibilità, e la sfruttano a pieno, di sottrarsi ad ogni vincolo e ad ogni dovere di contribuire al perpetuarsi della società civile. Con il concetto di “subpolitica” si sottolinea “l' opportunità di azioni e potere, al di là del sistema politico, senza mutamenti legislativi o discussioni parlamentari, accresciutasi per le imprese che agiscono nel quadro della società mondiale”. Questo avviene concretamente nell' esportazione dei posti di lavoro dove i costi e le condizioni sono più convenienti, nel produrre e distribuire in luoghi diversi del mondo per avere le migliori condizioni fiscali, nel vivere nei paesaggi più belli ma pagando le tasse dove più conviene. I protagonisti della crescita economica minano l' autorità dello Stato pretendendo le sue prestazioni ma rifiutandogli le tasse; in questo modo “i ricchi diventano contribuenti virtuali e seppelliscono in modo legale, ma illegittimo,il bene comune democratico al quale pure si appellano”.

Globalizzazione e trasformazioni sociali

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Le influenze dei processi di globalizzazione sulle trasformazioni sociali nelle società avanzate

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Le influenze dei processi di globalizzazione sulle trasformazionisociali nelle società avanzate

Cos'è la globalizzazione ?

Oggi tutti parlano di globalizzazione ma quanti sono in grado di cogliere a pienoil significato di questo termine di gran moda è difficile dirlo. L' unica cosacerta è che ognuno lo interpreta come un processo inarrestabile che coinvolge l'intero pianeta, ma solo pochi si accorgono che presenta molti più aspetti di quantocomunemente non si pensi. Le analisi della globalizzazione si propongono quindi dimettere in luce che con questo concetto vanno compresi “non tanto e non solo lacrescita e l' accellerazione degli scambi che travalicano i confini degli Stati,dallo sviluppo delle imprese multinazionali alla internazionalizzazione dei beni edei servizi fino alle transazioni finanziarie; bensì tutto il complesso delleconseguenze che nascono dall' interdipendenza tra le trasformazioni del quadroeconomico, il sistema socio demografico e le istituzioni della politica”.Tutti i cambiamenti che hanno investito l' umanità in questo secolo possono essereriassunti nell' espressione compressione spazio-temporale. I progressi tecnologicinel mondo dell' informazione e della comunicazione hanno permesso una straordinariariduzione delle distanze in termini di tempo e di spazio: singoli attori sociali ogruppi, sia pure collocati agli estremi confini della terra, e perfino eventiaccaduti in lontanissimi luoghi sconosciuti, entrano in contatto e interagiscono,dando vita a conseguenze globali. All' origine dei processi di globalizzazione ècomunque preminente la dimensione economica a causa soprattutto del “ribaltamento”del rapporto di forza tra economia e politica. La globalizzazione dei mercati finanziari sancisce la supremazia delle forze dimercato sulle scelte politiche e ed economiche degli Stati nazionali: i piùimportanti mercati borsistici e finanziari sono in grado di spostare in pochiminuti ingentissime quantità di denaro, talvolta di molto superiori al bilancio diuno Stato. I capitali globali sono ormai in grado di imporre le proprie leggi all'intero pianeta e nella totalità degli aspetti della vita, “sia pure solo in ragionedel fatto che possono sottrarre alla società risorse materiali (capitali, tasse,posti di lavoro)”. Gli Stati non hanno abbastanza risorse o libertà di manovra persopportare la pressione dell' economia mondiale per il semplice motivo che unattimo è sufficiente a far crollare le imprese e gli Stati stessi: una voltadistrutta la sua base materiale e annullata la sua sovranità allo Stato-nazione nonrimane che diventare l' amministratore degli affari delle multinazionali egarantire la loro sicurezza. La crescente mobilità, reale e virtuale, acquisita da coloro che possiedono icapitali è emblematica della nuova divaricazione tra economia e politica, trapotere e obblighi sociali. I rappresentanti delle imprese che agiscono globalmentehanno la possibilità, e la sfruttano a pieno, di sottrarsi ad ogni vincolo e adogni dovere di contribuire al perpetuarsi della società civile. Con il concetto di “subpolitica” si sottolinea “l' opportunità di azioni epotere, al di là del sistema politico, senza mutamenti legislativi o discussioniparlamentari, accresciutasi per le imprese che agiscono nel quadro della societàmondiale”. Questo avviene concretamente nell' esportazione dei posti di lavoro dove i costie le condizioni sono più convenienti, nel produrre e distribuire in luoghi diversidel mondo per avere le migliori condizioni fiscali, nel vivere nei paesaggi piùbelli ma pagando le tasse dove più conviene. I protagonisti della crescitaeconomica minano l' autorità dello Stato pretendendo le sue prestazioni marifiutandogli le tasse; in questo modo “i ricchi diventano contribuenti virtuali eseppelliscono in modo legale, ma illegittimo,il bene comune democratico al qualepure si appellano”.

Tutto ciò avviene nella cornice di una globalità irreversibile, di una societàmondiale in cui le garanzie di ordine territorial-statale e le regole di unapolitica legittimata dal pubblico consenso perdono il loro carattere vincolante.Quanto più i rapporti tra gli attori transnazionali si rafforzano e si intreccianotanto più viene messa in discussione l' autorita degli Stati, per cui si assiste aduna politicizzazione della società mondiale attraverso un depotenziamento dellapolitica nazional-statale. L' insieme di queste trasformazioni si manifesta in sostanza in un indebolimentodella solidarietà collettiva, comunque essa sia intesa. “Il nesso traglobalizzazione e solidarietà è persino banale: l' accrescimento delle esigenze dicompetitività e di flessibilità delle imprese, dei mercati finanziari, del lavoro,delle tecnologie, entrano in conflitto con la conservazione dei principi disolidarietà che danno forma e sostanza al contratto sociale sul quale è fondato lostato sociale del dopoguerra”. La prima ragione è che i meccanismi di protezione sociale dipendono dalladirezione delle scelte politiche dei singoli Stati nella distribuzione dellerisorse, ma l' autonomia della sfera politica non è più possibile dal momento incui i paesi sono economicamente interdipendenti. Il benessere di una nazione non èpiù regolabile solo sulla base di un confronto tra le parti sociali interno aisingoli paesi, ma dipende piuttosto dalla loro capacità competitiva e dal loro pesonella scena internazionale. Un ulteriore questione che evidenzia il legame tra la globalizzazione e lasolidarietà consiste nell' aumento della flessibilità dei fattori economici. Ladislocazione dei capitali e delle iniziative produttive nelle aree del sud delmondo dove risultano più redditizie, in ragione del più basso costo del lavoro edei più bassi livelli di protezione sociale, accresce sia l' instabilità che l'insicurezza dell' occupazione di segmenti più o meno ampi di popolazione, poichèdistrugge il lavoro all' interno dei paesi d' origine nei settori espostialla concorrenza. Di conseguenza, nonostante la crescita della ricchezza prodottadall' aumento degli scambi, la povertà e la disegualianze all' interno di questipaesi tendono ad ampliarsi per l' aumento della disoccupazione, e quindi deglisquilibri di reddito in assenza di un qualche sistema di “welfare”.

Globalizzazione, demografia e società

Il processo di globalizzazione, come già ricordato, non si presenta sotto ununico aspetto: nelle società occidentali, in particolare, è legato profondamente aimutamenti nella struttura sociale. Tra questi, prima di tutti, il cambiamentodemografico che si esprime da un lato attraverso un crescente invecchiamento dellapopolazione e dall'altro nel declino dei tassi di fecondità. A partire dallaseconda metà degli anni Sessanta il tasso di fecondità totale è sceso, in tutti ipaesi occidentali, in modo tale da non garantire più il ricambio della popolazioneda generazione a generazione.Dall' altra parte, i progressi scientifici e la crescita del benessere complessivohanno determinato un progressivo incremento delle probabilità di sopravvivenzadando luogo ad un allungamento della durata media della vita. E' evidente che,nell' ipotesi dell' assenza di immigrazione, queste condizioni porterebbero, nel lungo periodo, ad un calo netto della popolazione complessiva. Il problema che si sta delineando è soprattutto che l' invecchiamentodemografico, combinandosi con le conseguenze prodotte dalla globalizzazione deimercati, riduce progressivamente le possibilità di funzionamento dello Statosociale. Nell' arco degli ultimi decenni le regole che governavano la distribuzionedi risorse tra persone attive e inattive sono state completamente stravolte: ladirezione dei trasferimenti ha cambiato segno ed è ora orientata dai giovani aglianziani. Tutto questo ha enormi conseguenze sulla struttura sociale ma anche esoprattutto sulla dimensione culturale della società. L' interazione tra globalizzazione e trasformazione demografica porta, quindi, daun lato l' erosione della possibilità di impiego dei soggetti più deboli e nonqualificati che incrementa lo squilibrio sociale del sistema, dall' altro la

difficoltà crescente dei giovani per entrare nel mercato del lavoro e la riduzionedell' ammontare complessivo delle risorse destinate alle generazioni future. Il cambiamento radicale che ha coinvolto il mercato occupazionale in Italia negliultimi trent' anni è dovuto al passaggio dalla società industriale a quella post-industriale. La ristrutturazione del settore produttivo e l' espansione delsettore dei servizi hanno determinato la nascita di nuovi strati sociali all'interno del ceto medio. L' introduzione nel settore industriale delle nuovetecnologie dell' automazione, dell' informazione e della comunicazione chenecessitano una sempre maggiore flessibilità dell' organizzazione del lavoro,portano ad un progressivo restringimento della classe operaia a favore dei nuoviceti rappresentati da tecnici, impiegati, operai altamente specializzati. A questosi accompagna la nascita del ceto medio impiegatizio e degli operai legati aiservizi e l' emergere della nuova oligarchia finanziaria che fa riferimento allaclasse imprenditoriale. Questo processo è di portata tale da rimettere in discussione le precedentigerarchie sociali; esso tende a creare un contesto in cui non ci sono classi,status, nè parametri universalistici di riconoscimento, individuali o collettivi,non ci sono regole che valgono per tutti e che tutti conoscono. “La stessapercezione soggettiva dell' ordine sociale finisce per essere rimessa indiscussione”. Rimangono o crescono le disegualianze e gli squilibri tipici della strutturasociale moderna ma viene a mancare quell' identificazione tra occupazione e classesociale che forniva alla persone una identità da tutti riconosciuta. Venendo amancare quel senso di appartenenza collettiva che aveva dato vita allerivendicazioni tipiche della classe operaia, diventa più problematica unaricomposizione globale degli interessi in campo che possa portare ad un' effettivariorganizzazione in senso solidaristico della struttura sociale.

Il mutamento culturale

Gli effetti dei mutamenti fin qui considerati, saldandosi insieme, costituisconouna spinta potente verso la globalizzazione non solo nella sua dimensione politicaed economica ma anche culturale. La globalizzazione, infatti, gioca un ruolo nonsecondario nel portare avanti mutamenti socio-culturali innescati dallamodernizzazione, “omogeneizzando le culture, sfumando le specificità,universalizzando le appartenenze, dissociando l' individuo dalle sue solidarietàsociali primarie ed offrendogli in cambio la partecipazione ad entità sociali piùampie, diffuse e potenti, così da aumentare significativamente i gradi di libertàdel singolo attore sociale nella scelta dei propri ambiti relazionali “. La maggire libertà è pagata, secondo molti sociologi, con quella che vienechiamata da Durkheim “anomia”, cioè “una condizione in cui sono assenti o carenti ivalori, le norme, i legami sociali che consentono all' individuo di interpretareadeguatamente la realtà che lo circonda e di dare un senso e un orientamento allapropria vita”. Il credere che oggi gli uomini possano incontrarsi semplicemente inquanto uomini senza tenere conto delle loro specifiche identità, porta ad unosvuotamento della loro cultura e ad una partecipazione all' organizzazione dellasocietà solo come soggetti del sistema globale di produzione e consumo delle merci,che è l' unico che pare avere un significato universale. Ma quanto detto fin' ora è solo una delle faccie della medaglia perchè, se ilconcetto di globalizzazione allude in prima istanza a processi di integrazioneglobale tra le diverse aree geografiche, società e culture che si tradurrebbero neltempo in un unica entità, è altrettanto vero che la percezione che comunementeabbiamo dell' ambiente umano che ci circonda è tutt' altra: quella di un insieme digruppi differenziati ed estranei in quanto caratterizzati da diverse radicietniche, culturali e religiose. “Questa impressione è corroborata dal continuoinsorgere di atteggiamenti di tipo rivendicativo e spesso violenti, da parte didiversi gruppi sociali, orientati all' affermazione della propria diversitàculturale”. Il rilancio dei localismi, dei nazionalismi e in generale di tutti i

fenomeni di difesa intransigente del proprio sistema di valori va interpretato comeuna reazione alla spinta verso l' omologazione, come sintomo di una situazionecosciente di precarietà e debolezza. Il mutamento socio-culturale presenta, quindi, tendenze contaddittorie nellosviluppo della società globale. Coesistono, infatti, da un lato, un incipienteprocesso di globalizzazione culturale, che si traduce nella progressivaomogeneizzazione delle diversità culturali con il modello occidentalecapitalistico; dall' altro, l' impegno volontario e costante di molti gruppi umania salvaguardare la propria specifica identità culturale. “E non va inoltre dimenticato che sono gli stessi successi nel cammino verso ununica cultura globale che alimentano ampiamente le reazioni degli oppositori, deidifensori della diversità, anch' essi parte del processo di globalizzazione “. La dialettica tra globale e locale rappresenta solo l' aspetto più generale deglieffetti della globalizzazione sulla cultura contemporanea: una lunga serie ditrasformazioni sta incessantemente investendo ogni ambito della vita nelle societàavanzate. Le nuove tecnologie della comunicazione e dell' informazione hanno determinato,attraverso la compressione spazio-temporale, un aumento della complessità dellasocietà industriale, intesa come una sovrapposizione di diversi assetti politici,economici ma soprattutto culturali che ha effetti diretti sulla convivenza sociale. Pur mantenendosi vive le differenze, cresce l' interazione tra modelli culturalieterogenei per cui si parla di pluralismo culturale e pluricollocazione degliindividui che spesso portano, da una parte a tensioni tra i gruppi e all' emergeredei localismi e dall' altra alla difficoltà per gli uomini a definire la propriaidentià sociale. “Questo tipo di differenziazione culturale mostra aspetticontraddittori che possono dar luogo a commistioni di tradizione e modernità, diindividualismo e solidarismo, di valori autorealizzativi e altruistici”. A questo si aggiunge l' indebolimento di una spiegazione univoca ed esaustivadella realtà e la caduta delle tensioni ideologiche collettive, in seguito alcrollo del blocco dell' Est, che hanno portato un ulteriore disgregazione eframmentazione dei valori. Venendo a mancare una fonte unitaria di produzione disenso e moltiplicandosi gli orientamenti si aprono nuove possibilità nelle sceltemateriali e nelle relazioni personali che spingono gli uomini a liberarsi daivincoli delle tradizioni e delle necessità. La molteplicità delle alternative crea però un divario tra quelle che sono leaspettative o le pretese e le effettive possibilità di realizzarle: per quanto atutti venga richiesto di vivere nella società globale siamo ben lontani dalgarantire ad ognuno l'opportunità di farlo. Da qui nasce un senso di provvisorietàche pervade tutti gli ambiti della vita: enfasi sul presente, incertezza verso unfuturo indeterminabile sono il risultato del rapporto contraddittorio tra attesemedie di benessere e opportunità offerte per raggiungerlo. Flessibilità diventa laparola d' ordine non solo nell'economia ma coinvolge pure i modelli dicomportamento e gli orientamenti di valori: lavoro, vita affettiva, consumi,formazione sono tutte vissute come scelte reversibili. L' obbiettivo finale di ciascun individuo è l' autorealizzazione, lasoddisfazione personale, che viene sempre di più percepita come un diritto ma cheporta con sé tutte le patologie legate al suo mancato raggiungimento: ansia,depressione, comportamenti devianti. L' esasperazione del processo di individualizzazione, la crescente soggettivitàhanno come conseguenza non solo la crisi di alcuni ambiti partecipativi, per cuidiventano importanti gli aspetti strettamente personali della vita a scapito dell'impegno pubblico, ma anche una trasformazione dei rapporti sociali. La rivoluzione nel sistema della comunicazione e dell'informazione insieme aldesiderio di autoaffermazione, intesa come partecipazione alla cultura globale,hanno fatto si che il mondo dell' uomo sia andato oltre lo spazio immediato dellerelazioni in cui una persona è coinvolta fisicamente fino a raggiungere l' interopianeta. La dipendenza dalle modalità di comunicazione del sistema porta facilmentead una subordinazione dell' apprendimento e della comunicazione nati dall'esperienza diretta e dalle relazioni quotidiane, che si accompagna ad uno

sfilacciamento progressivo dei rapporti sociali reali. La separazione del tempo e dello spazio comporta il declino delle interazionifaccia a faccia, ossia di concrete e durevoli relazioni interpersonali, così comedel radicamento dell' attività umana nei contesti locali a vantaggio di relazioniindirette, impersonali. Anthony Giddens ha coniato il termine “disembedding” peridentificare queste relazioni che avvengono in condizioni di lontananza econtemporaneità, intendendo sottolineare “l' enuclearsi dei rapporti sociali daicontesti locali di interazione e il loro ristrutturarsi attraverso archi di spazio-tempo indefiniti”. Lo sradicamento crea quindi un nuovo tipo di comunità slegatadal luogo e dalla compresenza fisica tra le persone i cui tratti sono statiidentificati da diversi autori che hanno dato vita principalmente a tre visioni. La prima idea è che “le relazioni a distanza,disancorate dal riferimento a uncontesto e territorio specifici, rese possibili dai nuovi mezzi di comunicazioneelettronici, non siano meno significative di quelle basate sulla compresenza fisicatra le persone “. L' elemento costitutivo dell' ambiente sociale diventa l'informazione e le nuove tecniche di comunicazione, eliminando lo spazio e il tempo,creano nuove possibilità di vicinanza e nuove forme di convolgimento in quello cheMcLuhan chiama “villaggio globale”. La natura di questo tipo di relazioni resta però ambigua, perchè se i mezzi dicomunicazione di massa sono in grado di portare una sensibilizzazione collettiva susingoli eventi o tematiche che travalicano i confini delle nazioni, è difficilepensare che le nuove tecnologie possano ricreare tra estranei quelle condizioni distabilità e fiducia reciproca che sono tipiche delle relazioni comunitarie. Un secondo tipo di risposta alla domanda sulla natura delle nuove comunitàglobali si limita ad identificare le forme di interazione legate ai nuovi mezzi dicomunicazione con particolare attenzione per le reti telematiche. “Le interazioniin rete sono state descritte come relazioni comunitarie e solidaristiche, capaci dicreare forti legami affettivi di tipo egualitario, indifferenti alle gerarchiesociali e allo status che normalmente influenzano la vita sociale “. Per dimostrare l' esistenza di legami interpersonali forti e del caratterecollettivo del gruppo che si ritrova in rete vengono riportati alcuni tratticaratteristici di questo tipo di interazione: l' esistenza di uno spazio digitaledefinito dai partecipanti, la creazione di un magazzino di informazioni chefunziona da memoria collettiva del gruppo, la condivisione di regole dicomportamento rispettate dai partecipanti, la produzione e codificazione di formeespressive ad hoc per comunicare stati d' animo e sentimenti e per creare quindiun' identià comune. La terza visione identifica l' emergere di nuove relazioni comunitarie a livellolocale, basate però non su legami tradizionali di etnia o parentela, ma sullasomilianza degli stili di vita, ossia sul fatto di avere le stesse possibilità divita e lo stessi tipo di informazioni. Queste tre analisi trascurano però due problemi importanti: il primo riguarda lasottovalutazione delle appartenenze tradizionali che sono alla base del concettoclassico di comunità cioè i legami familiari, i rapporti di vicinato, le amicizie,“che vengono viste solo o come residui della società premoderna o come reazionipsicologiche al processo di sradicamento”. Non si coglie invece che questi legamiparticolari sono ancora saldamente presenti e diffusi nel tessuto sociale dellesocietà avanzate, ma hanno semplicemente modificato il loro ruolo in base allacomplessità dei nuovi assetti politico-economici. Il secondo problema riguarda il presunto carattere egualitario e cooperativodelle nuove relazioni comunitarie. L' accesso alla nuove tecnlogie richiedecapacità formali, competenze e disponibilità economiche e di tempo che di per sèoperano una selezione rigida dei partecipanti per non parlare della precarietà,fluidità e rischi opportunistici delle relazioni digitali, che si basano sull'anonimato. “Inoltre la comunità cosmopolita del villaggio globale non solo richiede lapadronanza di molteplici capacità, ma - a dispetto della visione utopica di unamolteplicità di culture che convivono pacificamente e paritariamente- non èincolore in quanto è legata a specifici modelli culturali occidentali”.

4. I valori

I mutamenti culturali fin qui evidenziati si accompagnano ad una serie ditrasformazioni negli orientamenti dei valori e nei mezzi di trasmissione di questiultimi. I valori possono essere definiti come le cose importanti nella vita, ricche disignificato perchè orientative delle scelte fondamentali di vita dell' individuo. Dalle ricerche condotte in Europa e negli Stati Uniti si può evidenziare, apartire dagli anni Settanta, un intreccio tra gli insiemi di valori tradizionali equelli nati in seguito alla modernizzazione: da una parte restano, pur con dellemodificazioni, i punti di riferimento classici come famiglia, religione, lavorodall' altra emergono i cosiddetti valori post-materialistici come l' esigenza diautorealizzazione, di appartenenza, di difesa della propria cultura. A ciò siaggiunge domanda crescente di interazione sociale, dovuta alla consapevolezza divivere in un contesto globale e all' interesse per ciò che succede nel mondo, a cuifa seguito una risposta solidale nei confronti delle sofferenze degli altri. L' analisi dei valori deve inoltre tenere conto delle diverse combinazioni deiparametri “materiali” di tipo economico, di status, di sicurezza e dei parametri“qualitativi” di tipo espressivo e partecipativo che si presentano insiemesoprattutto nelle fasce giovanili e interessano più che altro le propensioni e lescelte personali dei soggetti. Il lavoro costituisce ,oggi, un ottimo esempio di quanto appena detto: se da unlato mantiene il suo ruolo di garante della sicurezza economica o del benessere e,soprattutto in Italia, vengono avversate le politiche di flessibilità a favore delposto fisso, dall' altro viene visto, sempre di più, semplicemente come un luogo diautoaffermazione e cresce l' esigenza ,in particolare nei giovani, di ottenere unlavoro adatto alla propria qualifica e alla proprie attitudini. Lo stesso vale perla religione che viene vissuta in chiave maggiormente individuale determinando uncrescente divario tra la fede e le istituzioni ecclesiastiche, dimostrata anche daun calo dell' affluenza alle funzioni religiose; a questo si contrappone però ilmoltiplicarsi di gruppi e attività con riferimenti organici alle chiese cheforniscono l' occasione per rendere operativi quei valori di solidarietà e caritàgeneralmente condivisi ma non necessariamente legati ad un' esperienza religiosa. Ma il punto di riferimento fondamentale degli individui che vivono la societàglobale resta la famiglia, nonostante i profondi cambiamenti che l' hanno investitanel corso degli ultimi decenni. Dal punto di vista strutturale si assiste alpassaggio dalla famiglia estesa alla famiglia nucleare che significa non solo unariduzione delle dimensioni e delle generazioni presenti al suo interno ma ancheuna diversità nella composizione delle singole famiglie che si accompagna con lacrisi dell' istituzione matrimoniale. Il calo dei matrimoni a favore delle convivenze, la crescita delle separazioni edei divorzi a cui segue l' aumento delle famiglie con un solo genitore o dellefamiglie ricostituite, il calo complessivo delle nascite e l' aumento delle nasciteal di fuori del matrimonio sono fenomeni che portano inevitabilmente a deiprofondi mutamenti della natura stessa della famiglia e del matrimonio: quest'ultimo non indica più il passaggio simbolico dall' adolescenza all' età adulta, nonè più l' evento che legittima l' accesso alla vita sessuale, come è stato fino all'inizio degli anni Sessanta, nè il fondamento necessario della famiglia e dellaprocreazione. Inoltre nel corso della propria vita ciascun uomo può, oggi, vivereuna molteplicità di esperienze familiari; per questo la crisi della famiglia nonsignifica la dissoluzione delle relazioni affettive ma semplicemente le sueprofonde trasformazioni. Anche in passato esisteva una pluralità di forme difamiglia, ma esse avevano un significato diverso da quello che hanno assunto ora.La morte precoce di uno dei coniugi e l' emigrazione di massa davano origine ad ungran numero di famiglie con un solo genitore o formate da una sola persona e difamiglie ricostituite ma l' instabilità della famiglia era dovuta a eventiineluttabili o involontari che non mettevano in discussione il matrimonio comeistituzione. Nella società contemporanea instabilità e pluralità delle famiglie

derivano da una scelta volontaria dei soggetti coinvolti ed espimono in misuracrescente il rifiuto del matrimonio. Oggi che il matrimonio d' amore ha preso ilposto di quello combinato, i valori tradizionali si sono indeboliti e leaspettative di felicità della coppia sono molto aumentate, l' unione coniugale sirompe più facilmente quando il sentimento viene meno. La molteplicità dei modellifamiliari esprime dunque il pluralismo culturale della società di oggi, cioè idiversi modi di dare significato all' esistenza e di concepire la felicitàindividuale e di coppia, per cui l' autorealizzazione del singolo può diventareprioritaria rispetto a quella dell' unità familiare. Sotto un altro punto di vista, a tutto ciò si può aggiungere che in una societàsempre più complessa e differenziata il benessere materiale e non degli individuinon è più assicurato soltanto dalla famiglia, come avveniva un tempo, ma da unamolteplicità di altre istituzioni e ambiti di vita, per cui l' identità personale esociale dell' individuo dipende meno di un tempo dal matrimonio e dalla famiglia epiù che nel passato dal lavoro e da altre sfere della vita. Sempre più ridottoappare, quindi, il ruolo della famiglia come attore principale dellasocializzazione dei giovani che vengono influenzati maggiormente dai media o daicoetanei tanto da formare una cultura relativamente autonoma rispetto a quelladella generazione dei genitori. Il processo di socializzazione è influenzato anche da una composizione piùeterogenea delle famiglie stesse dal punto di vista dello status o del ceto socialedi provenienza, per cui al loro interno possono convivere orientamenti culturalitalvolta contradditori. A questo si aggiunge anche un cambiamento delle relazioniall' interno del nucleo familiare: quelle della coppia diventano più flessibili equelle tra genitori e figli più democratiche. In seguito al movimento femminista ealla progressiva emancipazione della donna si assiste all' estensione dellapresenza delle donne nel mondo del lavoro e ad una ridefinizione della tradizionaledivisione dei ruoli e della supremazia maschile. Il ritratto della famiglia contemporanea fin qui disegnato presenta contornicontraddittori e incerti. Si accentua la crisi del matrimonio e si diffondono modidi vita di coppia diversi da quella coniugale, c'è un progressivo allontanamentotra le generazioni dal punto di vista culturale, ma la famiglia rimane un valoreessenziale, prioritario rispetto a qualsiasi altro, per gli adulti e per i giovanicome risulta da tutte le più recenti inchieste. Le conseguenze sociali innescate dai processi di globalizzazione precarietà,insicurezza, disoccupazione, fragilità dei legami sociali, esclusione, fanno si chela forza dei legami familiari giochi un ruolo sempre più rilevante nella vita dell'individuo. Oggi l' autonomia individuale e la libertà di scelta comportano deicosti e dei rischi: l' aumento dell' instabilità coniugale e di coppia, i conflittie le sofferenze affettive e psicologiche degli adulti ma soprattutto dei bambini difronte ad una rottura familiare, il venir meno del sostegno e dell' appoggio di unconiuge e della sua rete familiare, il declassamento sociale, il rischio di povertàdelle famiglie con un solo genitore o delle persone anziane sole. Le indagini sullafamiglia e sulla povertà mostrano che l' isolamento e la fragilità dei legami sonodeterminanti nei percorsi di emarginazione ed esclusione sociale. La permanenzasempre più a lungo dei giovani nella casa dei genitori esprime allo stesso tempo l'indebolimento delle funzioni di sicurezza garantite dagli spazi pubblici e ilrafforzamento dei contesti tradizionali di aiuto e solidarietà, nonchè il rinviodelle responsabilità adulte e la difficoltà di portare avanti progetti coerenti divita che sono tratti tipici della cultura giovanile di oggi. D' altra parte anche i più elevati livelli di povertà della popolazione anzianarisultano associati ad una maggior debolezza del tessuto familiare.

Le trasformazioni nella città

1.Globalizzazione e città

“Le trasformazioni messe in moto dal decollo di sofisticate tecnologie di

comunicazione e di informazione stanno delineando un nuovo modello diorganizzazione sociale che ridefinisce, a livello mondiale, i diversi sisteminazionali, regionali e di mercato, alterando, al contempo, la realtà spaziale,sociale ed economica della città”. I mutamenti connessi alla divisioneinternazionale del lavoro e alla mobilità del capitale che si muove su scalaglobale, determinano un cambiamento nei punti di riferimento territoriale deifenomeni urbani e nei rapporti tra le diverse scale locale, regionale, mondiale. L'integrazione di aree di mercato differenti in un unico universo e l' instaurarsi dinuove connessioni politiche e culturali portano con sè una tendenza all'omogeneizzazione a cui contemporaneamente si contrappone una crescenteframmentazione che provoca nella città un ridimensionamento delle relazioni diinclusione ed esclusione. Diversamente dal passato, la città non ruota più intornoa comuni stili di vita ma riflette “una accentuata frammentazione e pluralizzazionedelle identità collettive in ambiti diversi e in reciproco conflitto”. Progresso o declino, centralità o marginalità si alternano nel caratterizzare lecittà di oggi. Alcune riescono a sfruttare a pieno le nuove logiche di sviluppoeconomico e acquisiscono un ruolo di prestigio all' interno del sistema mondiale,altre che non sono in grado di arrestare il deterioramento che le investe, nonriescono a mantenere la loro competitività; per cui, accanto alla depressioneurbana emergono consistenti disegualianze sociali che contribuiscono ad aggravarela situazione. La città, nel compito non facile di adattare le condizioni spazialilocali alle esigenze della globalizzazione economica e politica, va così incontroad una lunga serie di problemi sociali che sono ampliamente esemplificati dall'instabilità delle politiche urbane. Il progetto di modernizzazione antepone spesso,nell' ambito di una logica basata sulla competitività, la crescita economica, chesi traduce in un rafforzamento del livello degli investimenti e un miglioramentodelle infrastrutture locali, all' attuazione di politiche finalizzate allarisoluzione di problemi sociali che nascono dai fenomeni di deprivazione e disquilibrio nella distribuzione del reddito. Il nuovo assetto dell' economia globale, cioè un' economia che agisceunitariamente in tempo reale su scala planetaria, determina una riduzione dell'autorità degli stati nazionali e di conseguenza muta il rapporto tra i centriurbani e i tradizionali condizionamenti territoriali. Tenendo presenti anche l'intensificazione delle comunicazioni globali e delle migrazioni internazionali, sulpiano culturale si assiste alla nascita di nuovi flussi culturali mondiali, dinuovi significati e identità, di valori e interessi che appaiono svincolati daicontesti locali che li hanno prodotti. Dal punto di vista economico, mentre le multinazionali sviluppano le lorostrategie di potere nel sistema mondiale, cambiano le gerarchie urbane e si attivaun processo concorrenziale tra le città per conservare o attirare verso di sè icapitali. Il rapporto tra la città e il sistema economico non è più legato all'organizzazione della struttura industriale nel territorio urbano ma dipende sempredi più dalla sua capacità di integrazione nell' economia mondiale sulla base dellaqualità della forza lavoro e della specializzazione dei servizi. Le città sonoquindi stimolate, non solo ad accrescere il loro potenziale, ma anche adintensificare i collegamenti con altre città al fine di creare un rapporto dicooperazione tra centri ubicati in ogni parte del mondo, poichè le città che piùdelle altre sono coinvolte in attività economiche innovative e globalizzanti sonooggi quelle che occupano le posizioni più elevate nella gerarchia economica esociale mondiale. Il rovescio della medaglia è che la crescente interdipendenza tra aree diversedel pianeta, la preminenza di scelte che seguono gli interessi del capitaleinternazionale, le continue modifiche nell' organizzazione della produzione percreare un mercato sempre più competitivo, mettono in secondo piano i differentiinteressi della società locale e determinano un indebolimento della coesionesociale. “All' interno della città la gestione del potere, della produzione, dellacultura è espressione dell' intersecarsi di strategie e poltiche che superano iconfini strettamente municipali, mostrandosi inclini ad assumere una dimensioneinternazionale”.

2.Sviluppo urbano e struttura sociale

I principali processi economici avviati a partire dagli anni Ottanta,decentralizzazione e riconcentrazione, hanno dato vita a nuove forme di sviluppourbano. Le grandi aree metropolitane non ricoprono più il ruolo di centri di crescitaeconomica e demografica che è passato alle piccole città situate nelle zonetradizionalmente meno industrializzate, per una serie di fattori legati non soloalle nuove tecnologie dell' informazione su cui si basa l' odierna economia. Lacrescita complessiva del benessere a cui si accompagnano un nuovo modello abitativoincentrato sulla proprietà e l' uso crescente del mezzo di trasporto privato,originano l' esigenza di vivere in uno spazio urbano con una qualità ambientale piùelevata. Si evitano in questo modo i problemi delle grosse metropoli senza doverrinunciare ai vantaggi offerti dall' ambiente urbano dal punto di vista delleinfrastrutture, dei servizi, della comunicazione, della cultura e delle opportunitàlavorative; tutto ciò grazie all' infittirsi delle relazioni e delleinterdipendenze funzionali tra sistemi urbani che accompagna la deconcentrazione eche permette un tasso di crescita più elevato per le piccole e medie città che sitrovano nelle aree regionali più dotate di vie di comunicazione, opportunità dimobilità e integrazione produttiva intersettoriale. Anche le aree metropolitane che fanno parte della rete globale sono state peròoggetto di un processo rigenerativo che viene definito “riconcentrazione”. Questotermine si riferisce ad una serie di trasformazioni dello spazio urbano che stannoalla base del rilancio economico della città, attraverso la rilocalizzazione al suointe,rno delle funzioni strategiche nei settori della ricerca, della conoscenzatecnica,delle attività finanziarie, delle professioni di ordine elevato. I quartieri centrali attraggono nuovamente le attività direttive, specializzate acui solo una ristretta elitè, qualificata e mobile, ha la possibilità di accedere eche promuovono i processi di sviluppo assicurando un' elevata integrazione deltessuto urbano nell' economia mondiale. La riconcentrazione nel centro della città delle funzioni in grado di esercitareun ruolo importante nel modellare la realtà circostante confermano l' immaginedella città come soggetto attivo, non solo nell' ambito strettamente economico maanche culturale, e accrescono l' attenzione verso le istituzioni del governo urbanoche devono dimostrare le loro capacità nell' incrementare le possibilità disviluppo e valorizzare quegli aspetti della vita della città che contribuiscono apotenziare le qualità ambientali e lo standard di vita. La crescita di potere del governo locale si riflette principalmente sulla figuradel sindaco che assume, nelle grandi città, un' importanza fondamentale. Il suoruolo è molto complesso dal momento che egli deve essere assieme un politico e unamministratore ma anche un impresario poichè l' offerta di eventi culturali e dispettacolo è una delle basi per il rilancio della città. Il sindaco diventa “una sorta di patron sempre presente nella vita della città,agente di aggregazione del senso di appartenenza e identità, interprete di tutti ibisogni”, anche se a volte quetso ruolo di protagonista è eccessivo rispetto allereali capacità di intervento dell' istituzione municipale, alle sue competenzelegittime e alle risorse disponibili. Il risultato di tutti questi processi non si esprime, però, sempre in un maggiorbenessere economico e socioculturale per tutti gli strati sociali e nascono invecenuovi squilibri, nuove disegualianze, nuove logiche di esclusione sociale alla cuibase sta un mercato del lavoro che è divenuto duale in seguito all' erosione delleoccupazioni intermedie. I mutamenti economici che hanno determinato lo sviluppo delle città sono legatisoprattutto al settore dei servizi che richiede capacità tecnico-manageriali,livelli di istruzione e competenze professonalli elevate, non possedute in egualmisura da tutti gli strati sociali.

Il nuovo panorama urbano si presenta quindi caratterizzato da un lato dallefigure professionali di “prestigio” che rappresentano le attività produttivesofisticate e complesse, l' alta finanza, il mercato immobiliare, dall' altrodalla“ città marginale, in cui persistono rapporti di produzione pre-capitalistici(artigianato, piccla edilizia, basso terziario, commercio ambulante abusivo)” edove crescono nuovi settori fluttuanti del lavoro manuale legati al commercio, all'artigianato, alla ristorazione o attività economiche di tipo informale dovute allacomplessità e alla difficoltà di funzionamento del sistema urbano. Ad un estremo si collocano gli strati sociali direzionali e professionali che conil loro stile di vita e di consumo influiscono notevolmente sulla configurazionesociale della città; all' altro, i lavoratori occupati nel settore marginale deiservizi, rappresentati molto spesso da un porzione non trascurabile di immigratiche si adattano ad occupazioni precarie e mal pagate, che sconfinano facilmente sulversante dell' economia illecita e criminale. I mutamenti nell' industria e nei servizi hanno dato origine ad una nuovacomposizione sociale della città che si basa sulla polarizzazione dei redditi,degli standard di lavoro e della precarietà dell' occupazione tra i vari gruppi delnuovo mercato del lavoro. Questo ha contribuito ad ampliare tutti i fenomeni disegregazione sociale, aumentando il solco che divide le famiglie benestanti daquelle che, essendo escluse dai settori occupazionali trainanti, si ritrovano inuna situazione di deprivazione assoluta o relativa. La riconcentrazione della città fa emergere una nuova elitè sociale composta dafigure che vanno dalla borghesia degli affari alla classe politica, dagli uominidell' informazione agli intellettuali, che “si legittima nella misura in cui riescea mediare tra interessi contrapposti di gruppi e categorie diverse al suo interno edisporre di risorse di tipo politico”, utilizabili anche fuori dei confini locali onazionali. Ma la maggioranza della popolazione residente nelle città fa parte del cetomedio,”quelli che fanno la ricchezza della città, sotto il profilo della produzionee del consumo”. Il ceto medio adotta forme di vita che molto spesso si rifanno aduna realtà confezionata in modo commerciale, capace di soddisfare le esigenze dellacosiddetta cultura di massa. Un esempio è costituito dai lavoratori del settorepubblico che nel priodo di prosperità dello stato sociale hanno ottenuto buoneoccupazioni che gli hanno permesso di incrementare il loro reddito attraverso unapartecipazione al welfare senza che però ne dovessero sostenere i costi. Oggi, conla crisi dello stato sociale e la crescita della pressione fiscale, si ritrovano inuna posizione critica, aggravata dall' insufficenza delle loro risorse culturali,per cui guardano con invidia e voglia di imitazione alle elitè e con timore allapopolazione marginale che riflette un loro possibile futuro. La popolazione marginale è costituita dai “vecchi” e “nuovi” poveri che siritrovano separati dal resto della popolazione per un insieme di fattori dideprivazione (istruzione, lavoro, rappresentanza politica, segregazione etnica) eche si vanno a concentrare nelle aree più povere e degradate delle città. Una partedi questi “premono ai confini dei ceti medi per entrare nella cittadellafortificata delle garanzie, cercando di emergere dalla economia informale, dallaprecarietà occupazionale, dal degrado”; altri si abbandonano all' emarginazionedalla vita urbana.

3.Identità e cultura

La città è sempre stata luogo di incontro tra individui e gruppi diversi, equindi di mondi sociali eterogenei, e con lo sviluppo delle metropoli moderne leoccasioni di incontro e di confronto tra le culture differenti si sonomoltiplicate. La “pluralizzazione di mondi della vita” è però un processoambivalente perchè se da una parte legittima la coesione di culture spesso opposte,dall'altra la crescita del relativismo culturale fa si che i sistemi di preferenzee le identità si indeboliscano e diventino solo combinazioni di tratti culturali

privi di radici. Il processo di frantumazione dell' identità urbana si sviluppa anche per l'indebolimento della corrispondenza tra gli interessi territoriali dell' economia equelli della società locale a causa della globalizzazione. Pur potendo liberamentescegliere tra un universo di opzioni di vita, di fatto, l' esistenza degliindividui è condizionata dalle decisioni politiche e di mercato di organismi cheoperano al di fuori delle possibilità di controllo dei cittadini stessi. La città, travolta dai processi economici globali e da immagini e significatiplanetari, non è più in grado di trasmettere identità e senso di appartenenza aisuoi abitanti che non ritrovano in essa un contesto di identificazione comunitaria.Lo spazio urbano non è più luogo di incontro tra estranei ma esprime indifferenza eisolamento ed è caratterizzato dalla competitività, dallo sfruttamento reciproco,dall' importanza crescente di denaro e potere, dal soddisfacimento ad ogni costo dibisogni artificiali. La circolazione delle informazioni veicolate dai media e dall'industria dell' immagine fa emergere i segni del benessere diffuso e di una culturache tende “ad omogeneizzare i diversi ceti sociali e i diversi luoghi delterritorio in nome dei consumi. E' per questo che nell' immaginario collettivo lacittà metropolitana assume le caratteristiche di un supermercato globale in cui siespone di tutto e in cui tutti i desideri sono appagabili”. I simboli connessi alconsumo influenzano così i modelli di comportamento dei residenti che non si basanopiù sui valori tipici di una comunità e sul senso di appartenenza ma su una seriedi piccole soddisfazioni di bisogni mutevoli che creano atteggiamenti incostanti,apatici, deresponsabilizzati. Se da un lato la città sembra un luogo di autorealizzazione per la libertà deivincoli sociali e le occasioni diverse per costruire il proprio stile di vita cheoffre, dall'altro acquista i caratteri di un ambiente che sottopone l' individuoall' isolamento, alla mancanza di solidarietà, all' insicurezza favorendoatteggiamenti che dimostrano povertà socioculturale e processi di emarginazione. “L' anonimato e la crisi di relazioni interpersonali sono tra i fenomeni piùvistosi del deterioramento della qualità della vita urbana”: mai come oggi si vivea contatto con i propri simili e mai come oggi si percepisce un senso di solitudineed estraneità nei confronti degli altri. Questo fa si che venga a mancare unacomune mentalità, o gerarchia di bisogni, fondata su valoricondivisi: il deterioramento di una cultura urbana è conseguenza di quei fenomeniche hanno “atomizzato la vita della città”. Denatalità e crisi della famiglia hannoindebolito i canali tradizionali di trasmissione dei valori e di socializzazione afavore di un ruolo sempre più pervasivo della cultura di massa. Le migrazioni versole grandi città, prima dalle campagne e oggi dai paesi sottosviluppati, hannodeterminato una frattura tra la cultura dell' elitè dei nativi, che si sonorinchiusi in sè stessi, e quella dei nuovi venuti, costretti ad insediarsi nelleperiferie senza alcuna possibilità di partecipare attivamente alla vita dellacittà. L' unico elemento che sembra assumere un ruolo socializzante in questo contestoè la cultura di massa che, essendo percepita come universalizzante, viene da tuttipassivamente accettata e va a colmare i vuoti lasciati dagli altri agenti dellasocializzazione famiglia, scuola, vicinato contribuendo ad allargare l' anonimato ela crisi relazionale. Inoltre la comunicazione di massa si presenta come l'opinione di tutti anche se è costruita su bisogni individuali e sugli interessisolo di coloro che “sono funzionali al sistema”, venendo a creare una falsaimmagine sociale. I modelli culturali offerti dalla TV vengono assimilati in modoacritico, andando il più delle volte a confermare opinini preesistenti e rendendoil dialogo o superfluo o impossibile tra persone con idee diverse. La città, solcata da flussi omnidirezionali, denota una graduale perdita dellasua specificità, caratterizzata una volta dalla presenza di relazioni socialiregolari e uniformi,connesse a forme di vicinanza spaziale e solidarietà, e sembraridursi esclusivamente ad un insieme di oggetti, strutture e di individui isolatiche si muovono seguendo i flussi del consumo e dello spettacolo. Il legame tra la città e i suoi abitanti dipende, quindi, in gran parte dall'immagine che di essa emerge dai media, che sono in grado di proiettarla anche oltre

i suoi confini: l' orgoglio cittadino sorge quando essa diventa “oggetto didesiderio, di riferimento, di confronto, quando produce e trasmette mode e tendenzeper milioni di individui che non vi abitano e non vi lavorano” ma si sentono inqualche modo condizionati dalla sua esistenza. Sotto questo profilo diventaimportante per la città progettare al suo interno degli spazi che riflettanoimmagini ricche di significato e di stimoli tali da suscitare interesse neivisitatori ma anche negli stessi abitanti. Per questo tutte le città cercano diricostruire la propria immagine ristrutturando luoghi artistici fin' oratrascurati, musei, gallerie, teatri, ripristinando vecchie tradizionifolkloristiche o feste popolari, moltiplicando le occasioni di intrattenimento,creando i cosiddetti eventi per attirare turisti. La produzione di eventi, siano essi culturali, sportivi, religiosi osemplicemente ricreativi, al di là delle diverse finalità strategiche che ne stannoall' origine, determina effetti significativi sul piano sociale. Innanzitutto unmiglioramento della qualità della vita urbana, attraverso la rigeneazione deltessuto insediativo delle aree centrali, l' incremento del turismo, l' acquisizioneda parte degli abitanti di un senso di appartenenza e orgoglio cittadino che sitraduce in una maggior cura degli spazi della città e nella crescita del potenzialerelazionale degli abitanti. Il sentimento comune di identità si rafforza specialmente per quei gruppi chesono in grado di interagire con gli eventi: per questo vengono talvolta organizzatiper raggiungere i gruppi marginali e offrirgli la possibilità di uscire dall'isolamento, oppure per verificare l' effettiva disponibilità di questi gruppi all'integrazione. La produzione di eventi diventa un investimento proficuo per le città non solodal punto di vista economico ma anche perchè distogli l' attenzione dai problemisrutturali la cui risoluzione richiede scelte politiche difficili e tempi troppolunghi. Inoltre l' organizzazione di eventi festosi “può riaggregare spazi e recuperarli,può definire intorno a consumi collettivi nuove identità e nuove alleanze sociali”,anche se queste nuove forme di aggregazione sono transitorie e destinate asciogliersi e ricomporsi a seconda della situazione e degli interessi delle personecoinvolte che vivono prevalentemente in condizioni di instabilità e precarietà. Le ristrutturazioni degli spazi collegati alla produzione di eventi e allavisione della città come luogo di consumo, caratterizzano sempre di più la città,sviluppando sentimenti di appartenenza ma nello stesso tempo paura diespropriazione, provocando negli abitanti orgoglio ma anche stress e risentimento.Le opere di ristrutturazione nei centri urbani sembrano rivolte esclusivamente asollecitare il piacere dell' acquisto nei ceti più abbienti: mentre attraggono unaspecifica fascia sociale, ne respingono un' altra ritenuta inutile per la renditadei capitali investiti. Non tutti hanno la possibilità di accedere a questi spazi eadottare stili di vita incentrati sul consumo, per cui i miglioramenti nelle areecentrali della città finiscono col favorire la dislocazione dei cittadini a bassoreddito nelle zone periferiche in cui si vanno a concentrare i più acuti problemisociali. Per coloro che occupano i gradini più bassi della scala sociale, l'ingente offerta di beni di consumo, a cui di fatto non possono accedere, suscitasentimenti di esclusione e repulsione: l' essere tagliati fuori dagli spazi urbaniprovoca comportamenti aggressivi che si manifestano nella crescente criminalità.

4. Problemi e paure

Da quanto detto fin' ora emergono soltanto una parte delle contraddizioni checaratterizzano lo spazio urbano; la città metropolitana riproduce infatti,rendendoli ancora più visibili, i grossi problemi del mondo contemporaneo:sovraffollamento, degrado ambientale,criminalità dilagante, commistione tra affarie politica, conflitti etnico-culturali, persistenza di forme di estrema povertà. L' esplosione demografica diventa un fenomeno critico soprattutto nelle metropolidel Terzo mondo perchè si contrappone all' insufficiente sviluppo della baseproduttiva, delle abitazioni e dei servizi determinando la presenza di grandi masse

di persone che vivono ai limiti della sopravvivenza ai margini della città. Nel mondo occidentale la crescita ha subito un rallentamento ma i problemi dicongestione all' interno delle città rimangono a causa dei flussi di persone che vipenetrano ogni giorno, pur non abitandoci; basti pensare ai lavoratori pendolari,ai consumatori occasionali di beni e servizi urbani, ai turisti che si approprianodegli spazi e aumentano il traffico degli areoporti, delle stazioni, dellemetropolitane oltre a quello automobilistico. La sovrappopolazione “ha sconvolto l'equilibrio dei rapporti uomo-natura creando uno stato di crisi ecologica” cheinveste non solo l' ambiente ma l' uomo stesso.Molte ricerche condotte negli Stati Uniti dimostrano che al crescere delledimensioni, dell' importanza e della densità dei centri urbani, aumentano glielementi che possono essere definiti di patologia sociale come furti, mortiaccidentali, timore di uscire di casa, tensione psicologica che provocadisadattamento; a cui si aggiunge una maggir differenziazione delle aree socialiurbane che porta alla crescita dell' isolamento, delle culture devianti e dellacriminalità in generale. Per quanto riguarda il rischi ambientale, il sovraffollamento a cui segue unamaggior congestione del traffico, un maggior consumo di energia per far funzionarele tecnologie necessarie alla vita quotidiana, una diminuzione degli spazi verdi acui si contrappone l' intensificazione dell' edilizia, l' accumulo dei rifiuti ilcui smaltimento è sempre più problematico, fa si che la città metrpolitana sia illuogo dove sono più acute le emegenze della questione ecologica. Un' altra grande “paura urbana” è rappresentata dall' incremento della violenza edella criminalità che determina una serie di conseguenze riguardo all'organizzazione degli insediamenti, delle abitazioni, dei percorsi urbani, dei tempie modi di uso della città. La violenza criminale nelle metropoli assume prevalentemente tre connotazioni:quella legata a determinati segmenti del territorio urbano che risultanoinaccessibili non solo per i semplici cittadini ma anche per le forze di poliziache vi penetrano solo occasionalmente. C'è poi la violenza diffusa casualmente sulterritorio fatta di scippi, furti, risse compiuti da individui apparentementeinsospettabili, che è quella che , per la sua imprevidibilità, colpisce di più l'immaginario collettivo indebolendo il sentimento di sicurezza dei cittadini. Infinenelle grandi città si insedia, in forme complesse ed efficienti, la criminalitàorganizzata che può dar luogo a fenomeni di corruzione politico- amministrativa,interferendoo nel mondo degli affari e delle scelte politiche ed economiche degliorganismi statali o internazionali. Ma il problema forse più grande, e allo stesso tempo meno percepito dallemasse ,è quello dell' emarginazione sociale legato alla povertà. Da una parte lacittà, producendo promesse e aspettative, attrae i soggetti poveri o a rischioprovenienti prevalentemente dai paesi sottosviluppati, ma le sue risorse diospitalità, alloggi, lavoro, accettazione delle diversità e integrazione sonoinsufficienti. Dall' altra la città stessa crea povertà per effetto dei cambiamentidella struttura produttiva, della riduzione delle politiche di assistenza, dellaquestione abitativa, della presenza di minoranze etniche prive delle risorse peraccedere al mercato del lavoro. Nella metropoli l' individuo che dispone di risorselimitate non è in grado di interagire con gli altri per migliorare la propriacondizione perchè sono più forti gli ostacoli per accedere a beni e servizistrategici e sono più deboli le reti di solidarietà. La povertà viene quindiisolata nei quartieri urbani dove il degrado fisico si associa a quello sociale ediventa luogo di accoglienza per i nuovi poveri. “La povertà alimenta così il grande fiume della esclusione sociale pur in unasocietà aperta per definizione com'è quella urbana”.

I caratteri fondamentali del modello

Ampliamento del mercato

L’ampliamento del mercato è ottenuto attraverso l’aumento dei consumi pro capite,attraverso l’aumento del numero degli acquirenti, attraverso l’aumento dellatipologia delle merci.

Aumento dei consumi pro-capiteI consumi pro-capite aumentano attraverso un meccanismo di pubblicità e dicostruzione di immagine che fa divenire “necessari” dei prodotti. Il meccanismoproduttivo individua la disponibilità economica degli individui (per tipo, areageografica, cultura) e definisce merci adeguate a stimolare l’acquisto e quindi adaumentare ogni oltre limite plausibile i consumi.Il mercato delle “voglie” è immensamente più grande di quello delle necessità.Durante gli ultimi 25 anni i consumi sono aumentati ogni anno del 2,3 % [1].Gran parte degli statunitensi e degli europei sono dei tacchini che mangiano moltooltre le loro necessità, mangiano per nevrosi e perché non riescono a difendersidal mercato. Ogni anno negli USA le industrie del settore alimentare spendono inpubblicità 30 miliardi di dollari, più di ogni altro settore; anche in Francia,Belgio e Austria gli alimenti sono le merci più pubblicizzate. Tra esse quellemaggiormente sostenute sono i cibi “grassi e dolci” in quanto stimolanomaggiormente, danno maggiore dipendenza e garantiscono i maggiori margini diprofitto [2].

Aumento del numero degli acquirentiL’aumento è ottenuto attraverso il recupero di fasce sociali (medie) o ambitigeografici potenzialmente acquirenti. Il limite di questa espansione del numerodegli acquirenti è stabilito esclusivamente dalla necessità di mantenere ambiti dipovertà, anche all’interno dei paesi ricchi, in cui recuperare mano d’opera a bassocosto.Nei paesi industrializzati (OCSE) le persone povere sono 100 milioni, 37 milionisono i senza lavoro, l’8% dei bambini vive sotto la soglia di povertà, oltre 100milioni di individui sono senza casa [1].

Aumento della quantità delle merciLe merci prodotte sono solo una parte del mercato. Per ampliare gli scambi egarantire attraverso di essi il profitto si commercializzano anche risorse comuni oprofondamente personali che divengono merci: acqua, sesso, conoscenze, natura.Dal 1985 al 1996 gli scambi commerciali mondiali sono passati da 315 miliardi a6.000 miliardi di dollari [3]. Il prodotto dell’economia mondiale è salito dai31.000 Mld di dollari del 1990 ai 42.000 Mld di dollari del 2000 (6.300 Mld didollari nel 1950) [4]. Vi è un turismo “sessuale” finalizzato all’uso di bambini.Nel circuito vi sono 800.000 bambini in Tailandia, 500.000 in India, 100.000 aTaiwan, 60.000 nelle Filippine, ecc. Ogni anno 300.000 tedeschi viaggiano perquesto tipo di turismo e 25.000 australiani vanno nelle Filippine [5].Il consumo delle acque minerali (la privatizzazione di un bene comune) è aumentatonel mondo di decine di volte negli ultimi venti anni (negli USA di nove volte trail 1978 e il ‘98) [4].

Il brevetto sulla naturaSono tre gli accordi del WTO (World Trade Organisation, Organizzazione mondiale peril commercio) che possono creare difficoltà agli stati nel mantenere o rafforzarele proprie leggi di tutela nei confronti degli OGM: SPS, TBT, TRIP. I primi dueimpongono pesanti oneri ai governi che desiderino limitare l’ingresso degli OGMnel proprio paese, e minacciano sanzioni commerciali da parte del WTO per soluzioniautonome o multilaterali sulla questione Ogm.L’accordo TRIP (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights) sancisce,attraverso la possibilità di brevetto, i diritti delle imprese sulla “proprietàintellettuale”, che viene estesa ai prodotti farmaceutici, ai prodotti chimici perl’agricoltura, alle varietà botaniche e al germoplasma dei semi, a quelli derivantida secoli di ibridazione delle piante, tra cui i metodi tradizionali di cura.Impone inoltre alle nazioni la difesa dei diritti di proprietà sui microrganismi,tra cui le linee cellulari umane e animali, i geni e le cellule del cordoneombelicale.Di fatto l’accordo TRIP insidia ulteriormente la precaria sicurezza alimentare delmondo, aggravando il problema di accessibilità e distribuzione del cibo e dellesementi. Quando le imprese brevettano un seme, i piccoli agricoltori locali devonopagare i diritti annuali per l’uso, anche se è il prodotto di ibridi ottenutinell’arco di generazioni proprio dagli antenati di quegli agricoltori.Questa è biopirateria, ovvero il saccheggio della natura e del sapere indigeno [6][7].

I brevetti sono troppo costosi per i paesi poveriLa Fondazione Gaia, un’associazione ambientalista inglese, viene contattata daun’organizzazione non governativa della Namibia che cerca consulenza per brevettareuna pianta locale con proprietà medicinali, al fine di prevenire atti dibiopirateria da parte di società farmaceutiche multinazionali. In seguito ad unaricerca sui costi, la Fondazione Gaia giunge alla conclusione che ottenere unbrevetto comporta una spesa proibitiva per una collettività con scarsi mezzieconomici.Una comunità povera che voglia garantirsi la proprietà delle formeindigene di vita biologica, dovrebbe registrare i brevetti in tutte le nazionisviluppate; quindi, per richiedere, ottenere e mantenere i brevetti, i contadini ele comunità locali dovrebbero affrontare costi esorbitanti: lo studio rivela chedieci brevetti, validi in cinquantadue paesi a copertura di una sola invenzione,costano circa cinquecentomila dollari. Lo studio calcola anche le spese ulterioriche si dovrebbero affrontare nel caso si renda necessario difendere un brevetto inun tribunale civile, dove i costi delle cause ricadono soltanto sui possessori deibrevetti, e non sulla controparte statale. “Emerge chiaramente, da queste cifre,che in nessun modo una comunità della Namibia potrà mai permettersi di salire sulcarro dei brevetti. I costi da sostenere fanno dei brevetti un dominio dei ricchi edei potenti” [7].

Indebolimento della comunità

Le comunità, oltre ad essere destrutturate nella loro cultura, sono fortementelimitate nella loro capacità decisionale.I possessori del capitale monetario interloquiscono direttamente con le comunitàsuperando ogni filtro, quale quello definito dall’interesse di stato o quellostabilito dalle leggi stesse degli stati.Fino a ieri i grandi gruppi economici hanno indirizzato le scelte dei governirimanendo però in una posizione formalmente subordinata; oggi danno indicazioni aigoverni dichiarando la propria superiore capacità operativa e gestionale in terminieconomici e, in ragione di questo, la congruità della loro gestione sociale eculturale delle società.In questo momento nessuno stato ha più la possibilità di indirizzare o controllarecosa succede nel mercato. Nessun controllo di nessun tipo può essere messo in atto

sugli operatori: è buono ciò che risponde a logiche di mercato, qualunque sia ilsuo esito sulla popolazione e sull’ambiente.La popolazione è stata allontanata dalle scelte sia in quanto i temi centralidell’esistenza vengono impostati sulla base di criteri esclusivamente economici,sia in quanto parallelamente alla struttura sociale e politica, si è strutturatauna organizzazione decisionale che non ha una sede fissa, che non è conosciuta neisuoi partecipanti, che non rende conto del suo operato alla collettività, nemmenoformalmente. Molto del potere dei governi, già tanto lontani dalla popolazione, èstato ceduto a soggetti quali il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale,il WTO, a loro volta dominati da interessi aziendali di soggetti che fanno parteal massimo di una decina di paesi, ma che sono principalmente statunitensi.2.000 miliardi di dollari sono le transazioni che si effettuano ogni giorno mentresolo 300-350 miliardi di dollari è l’ammontare di tutte le riserve di tutte lebanche centrali dei G7 nel 1999 [8].Le cinque società Mitsubishi hanno ricavati di vendite per un importo annuo di 320Miliardi di dollari (circa un decimo del Pil giapponese; per riferimento, ilProdotto interno lordo dell’Italia è di 1141 miliardi di dollari, dell’Argentina di295 miliardi di dollari [17]) e sono collegate tra loro per mezzo di politichecomuni su prezzi, produzione, commercializzazione e per politiche sociali edeconomiche pubbliche; il loro comune agente è il Partito Liberaldemocratico, di cuifinanziano il 37% delle spese [10].Nel 1975 circa l’80% delle transazioni di valuta furono rivolte ad affari reali(acquisizione di risorse o di prodotti, investimenti su attività); il 20% fu dicarattere speculativo. Alla fine del secolo circa il 2,5% delle transazioni furonorivolte ad affari reali mentre il rimanente 97,5% è stato di carattere speculativo.La concentrazione del capitale, l’enorme aumento dell’entità del mercato, lamancanza di limiti alla circolazione degli investimenti rende gli stati fortementeesposti alle aggressioni degli operatori; vendite repentine di moneta portano allacrisi monetaria di interi paesi (crisi sterlina britannica del 1991, delle monetescandinave nel 1992 e 93, di alcune monete asiatiche del 1997). Ciò comporta unasudditanza enorme delle politiche dei paesi nei confronti degli interessi privati[10].

WTOL’istituzione è una “personalità legale” ed i suoi regolamenti sono vincolanti peri suoi membri. L’organizzazione è basata sulle “commissioni di risoluzione dellesentenze” composte da tre esperti commerciali senza il coinvolgimento alcuno deicittadini. La decisione viene adottata automaticamente a meno che tutti i membridell’Organizzazione la respingano. Se le leggi di uno stato violano i regolamentidell’Organizzazione esse devono esser abrogate, se non lo sono vengono applicatesanzioni commerciali: sono almeno 160 le leggi nazionali già modificate in numerosipaesi per seguire i regolamenti. L’Organizzazione stabilisce dei tetti per glistandard ambientali, alimentari e di sicurezza; se gli standard nazionali sono piùrestrittivi, e non se lo sono meno, possono essere sottoposti a giudizio. Iltrattato che istituisce l’Organizzazione è composto da 22.000 pagine, comeevidenzia Ralph Nader “questi testi ‘danno forma’ a un governo dell’economiamondiale dominato dai giganti dell’imprenditoria, senza fornire una parallelanormativa giuridica democratica che ne permetta il controllo” [9]. Nessuno stato haaderito all’Organizzazione dopo un dibattito almeno parlamentare, nessuno stato hastimolato una discussione pubblica che interessasse i cittadini, nessuno hapredisposto elementi informativi.

Il piano del WTO per i paesi in via di sviluppoIl WTO svolge un’azione di spinta verso la globalizzazione economica delle imprese.Per effetto di questa azione vasti segmenti delle popolazioni e delle economie deipaesi in via di sviluppo vengono catapultati nel mercato globale. Questa strategiaha conseguenze allarmanti per il 75% della popolazione mondiale che vive ancora deifrutti della terra e dipende per il proprio sostentamento dall’agricoltura supiccola scala. Uno degli scopi del WTO è trasformare rapidamente queste economie

rurali di sussistenza in economie di mercato ad ampia circolazione di denaro. Perfunzionare come tali, villaggi rurali e interi paesi dovrebbero rinunciare adessere indipendenti nella produzione di cibo ed altri generi di prima necessità. Laproduzione dovrebbe essere completamente finalizzata ai mercati mondiali, in mododa guadagnare il denaro per comprare il cibo e gli altri generi necessari.Se i patti sanciti dal WTO fossero pienamente rispettati, e i tassi diimportazione, o i tassi di efficienza produttiva delle coltivazioni forzateoccidentali venissero imposti ai paesi in via di sviluppo, 2 miliardi di personeverrebbero estromesse dal settore agricolo andando, con ogni evidenza, adingrossare le fila di una manodopera urbana che, essendo costantemente in esubero,sarà certamente a basso costo [7].

La riduzione della diversità

I sistemi sociali, così come quelli naturali, si sono strutturati per permettere ilmassimo dell’utilizzazione delle risorse locali senza che questo comporti la lorodistruzione, ma al contrario consentendo la perpetuazione della possibilità disfruttamento delle risorse; quindi si sono diversificati nei modi, nella cultura,nelle tecniche in ragione dell’ottimizzazione delle loro caratteristiche e del loroessere situati in un determinato luogo. L’uniformare gli individui, lecoltivazioni, le tecniche rende il massimo del profitto ad alcuni ma distrugge isistemi sociali e naturali imponendo un modello astratto ma unificato. Questo sipresenta come un modello a ridotta efficienza, ad elevato consumo energetico,ignorante delle condizioni locali ma efficace nello sfruttamento intensivo dellerisorse, nell’ampliamento del mercato per merci preconfezionate che provocal’indebolimento e il collasso dei sistemi locali, la riduzione e poi la perditadell’autonomia sociale.Di tutte le varietà vegetali agricole catalogate negli USA nel 1900 ne sopravviveoggi solo il 3%.Delle oltre 30.000 varietà di riso coltivate in India agli inizi del XIX secolo, nerimasero a metà del XX secolo solo 50 di cui 10 hanno occupato i 3/4 delle risaiedel paese [6].Nel XIX secolo le lingue parlate erano 15.000, alla fine del XX secolo meno di6.000. Una persona su 5 parla inglese e per l’80% di questi l’inglese è la secondalingua (sovrapposizione culturale); i 2/3 degli scienziati elabora in inglese.In Brasile nel XVI secolo vi erano circa 8.000.000 di persone distribuite in 1400tribù. Oggi vi sono 350.000 indios in 215 tribù [10].

I principi su cui si struttura il modello di sistema

Il mito del progresso

La società proposta è una società in progresso, una società che cerca nuovesoluzioni, nuove tecniche, e le innovazioni sono sempre viste come potenzialistrumenti per il miglioramento. Una società lanciata verso il futuro, con un grandepassato, ma senza il presente.I Lakota, popolazione del nord America, avevano una società stabile. Nonprogredivano ma avevano trovato la modalità migliore per vivere e nonl’abbandonavano. La società occidentale, con il mito del progresso, ipotizza ilraggiungimento di sempre maggiori soddisfacimenti dei bisogni (reali o indotti)come se questo fosse automaticamente il raggiungimento della maggiore felicitàpossibile. In virtù di questa logica si compiono misfatti sugli altri uomini, chenon godono di questa possibilità, e sulla natura. La presunta felicità dell’uomooccidentale è pagata direttamente dalle popolazioni del terzo mondo eindirettamente da tutti, attraverso i micidiali danni provocati alla natura eall’ambiente.Il progresso porta innovazioni finalizzate per gran parte al lucro; non richieste

dalla collettività esse non rispondono alle necessità né ai desideri diretti,insinuano invece nuovi desideri e necessità. Il ritmo dell’evoluzione rispondeall’evoluzione del capitale, e non a quello degli uomini, alla ragione di doverguadagnare di più, alla ragione di dover muovere sempre più le merci e questafrenesia definisce un tempo che, anch’esso, non risponde al tempo degli individui.Una società che progredisca in questo modo è una società infelice.

Il fine della scienza

La ricerca scientifica non segue un fine sociale condiviso. Va dove la portano ifinanziamenti, che provengono in modo massiccio da apparati economici di mercato, eper questo definisce strumenti che rispondono prima di tutto alla necessità diottenere profitti. Gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) non nascono dallaconstatazione dei problemi alimentari, più connessi con la distribuzione (adesempio l’80% dei bambini malnutriti dei paesi in via di sviluppo vive in nazioniche hanno eccedenze alimentari [2]), ma dalla volontà di concentrare ulteriormentela produzione in ambiti territoriali controllati e di aumentare la produttività perettaro e quindi i profitti di coloro che già oggi producono e vendono.

Il benessere materiale

Il benessere viene inteso e vissuto come fatto individuale ed ottenuto attraversol’acquisizione delle merci. In un’indagine svolta negli USA nel 1997 circa idesideri e le esigenze degli americani, è emerso che la risposta alla domanda “cosarende una vita felice”, è stata per l’85% relativa all’ottenimento e al possessodi beni materiali (casa di villeggiatura, piscina, seconda televisione, ariacondizionata ecc.) Non vi è benessere che non si trasformi in merce e non vi ègiudizio che non sia giudizio economico.La partecipazione culturale al modello

La meccanica messa in atto da questo modello sociale fa sì che esso non solo siacondiviso ma auspicato, desiderato, voluto dalla popolazione di gran parte deipaesi. Strumento per la diffusione del modello sono le immagini che pubblicità,video e media trasmettono: un mondo superficiale, apparentemente senza problemi,apparentemente pieno di sesso, di potere personale, di colori. Un mondo apparente.La partecipazione è così profonda che anche quando siano noti gli effetti negativicomportati essi sono sommersi dalla voluttà del sistema.

Il disinteresse verso le risorse

Nell’elaborazione dell’ "impronta ecologica globale" (metodo di confronto tradisponibilità e uso delle risorse) è individuata una disponibilità di unità disuperficie per ogni abitante della terra pari a 2,0-2,2.Ma l’attuale richiesta è pari a 2,85 unità di superficie pro-capite (Italia 5,6unità di superficie a persona contro una disponibilità di 1,92, USA 12,22 contro5,57 disponibili) [11].Ciò vuol dire che si stanno utilizzando risorse in una quantità del 30% superiore aquelle disponibili e questa eccedenza è verificabile nella quantità di emissioniinquinanti non recuperate, nella distruzione dei sistemi naturali, nell’uso dellerisorse in maniera superiore alla capacità rigenerativa delle stesse.

Gli esiti del modello

La riduzione della diversità e l’aumento della disuguaglianza

Mentre, da una parte, si tende all’annullamento delle diversità tra gli individui,dall’altra si aumenta la disuguaglianza tra ricchi e poveri: i ricchi divengono piùricchi e i poveri più poveri. La differenza tra ricchi e poveri si registra per gliindividui, per aree geografiche e per stati. L’azione sugli stati è il primomeccanismo per portare la povertà tra le persone. Fare indebitare gli stati, fareavvantaggiare di questo gruppi interni, mantenere le imprese ricche attraverso ildebito degli stati poveri. Uno dei meccanismi usato per aumentare i profitti èconcentrare il controllo della produzione e del commercio mondiale in un numeroridotto di soggetti: merci uguali distribuite in tutto il pianeta.Il 20% della popolazione mondiale consuma l’86% dei consumi totali. Il rimanente80% della popolazione il 14% dei consumi totali. Il 20% più ricco della popolazionemondiale nel 1961 aveva un reddito di 30 volte superiore a quello del 20% piùpovero; nel 1991 di 61 volte superiore; nel 1999 disponeva del 86% del totale delPIL mondiale mentre il 20% più povero dell’1% [8]. 2,8 Mld di individui vivono conmeno di due dollari al giorno, 1,2 Mld di individui vivono con meno di 1 dollaro algiorno e 1,1 Mld sono denutriti [4].Nel 1999 nelle piantagioni di ananas Del Monte in Kenya, un bracciante guadagnava3.000 lire al giorno (pari al prezzo di 3 kg. di farina di mais); nel 1998 inIndonesia gli operai che lavoravano per la Nike erano pagati per 270 ore mensilimeno di 64.000 lire (pari al 31% dei bisogni vitali di una famiglia di 4 persone)[12]. L’incidenza del costo della manodopera su di un paio di scarpe Nike è del1,96% i profitti degli azionisti il 3,53%, il margine dei dettaglianti del 41,42%,le imposte del 20,4% [5].Negli USA nel 1975 il reddito medio di un dirigente di massimo livello (strato I)era di 41 volte superiore a quello medio degli operai e impiegati (strato VIII eIX); negli anni novanta 187 volte superiore [8]; l’1% più ricco della popolazionepossiede il 48% del capitale finanziario del paese mentre l’80% ne detiene il 6%;non è un caso che dal 1973 al 1993 il reddito del 10% più ricco della popolazione èaumentato del 22% mentre quello del 10% più povero è diminuito del 21% [3].L’aumento dei profitti sulle merci è aumentato esponenzialmente: fatto 100 ilprezzo del caffè, l’87% rimane al nord, il 13% torna ai paesi produttori (stato,esportatore, grossista, fabbrica di decorticazione) e di questo solo il 3% va aicontadini; per le banane solo il 12% torna ai paesi produttori e solo il 4% aicontadini [3].Il numero di persone che soffre la fame e quello che è sovralimentato è simile:almeno 1,2 Mld di persone. Il 55% degli abitanti degli USA, il 54% della Russia, il51% dell’Inghilterra, il 50% della Germania è sovraalimentato; il 56% degliabitanti del Bangladesh, il 53% dell’India, il 48% dell’Etiopia, il 40% del Vietnamè sottoalimentato [13].Le 200 multinazionali più grandi sono in 9 paesi: Giappone (92), USA (53), Germania(23), Francia (19) [10]. Nel 1992 le prime 200 multinazionali hanno realizzato unfatturato pari al 26,7 del PNL (Prodotto nazionale lordo) mondiale (24,2 % nel1982) e le prime 10 multinazionali controllano un terzo delle attività detenuteall’estero dalle prime 100 multinazionali. Nel 1992 la General Motors e la Exxonhanno avuto un fatturato rispettivamente di 132 e 116 Mld di dollari simile al PIL(Prodotto interno lordo) della Malesia e del Cile rispettivamente 136 e 117 Mld didollari [19].Nel 1989 il 91% della produzione mondiale di automobili era realizzata da ventimultinazionali; il 90% del materiale medico mondiale da sette multinazionali; l’85%dei pneumatici da sei; il 92% del vetro, l’87% del tabacco e il 79% dei cosmeticida cinque multinazionali; il 41% delle assicurazioni, il 44% del mercatopubblicitario, il 54% dei servizi informatici da otto multinazionali [19].

Prestiti: una strategia per il controllo socialeTra il 1980 e il 1996 i paesi dell’Africa subsahariana hanno pagato due voltel’ammontare del loro debito estero; oggi si trovano tre volte più indebitati (253miliardi di dollari di debito nel 1997 contro gli 84 miliardi di dollari del 1980,

nel frattempo hanno pagato 170 miliardi di dollari per oneri del debito).Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale riscuotono dai paesi indebitati(poveri) cifre enormemente più grandi di quelle prestate e attraverso questo cappiocontrollano la politica interna dei paesi con gli adeguamenti strutturali impostiai singoli paesi (licenziamenti, aperture al mercato delle multinazionali, ingressocapitali, privatizzazioni) per avere altri prestiti o delazioni temporali, neriducono fino ad annullarla l’autonomia politica e sociale.Operazioni come “Sdebitarsi” non considerano la funzionalità del debito rispettoalla gestione da parte dei potenti delle risorse dei paesi e portano a risultaticoncreti marginali ed ad una confusione nelle reali posizioni. La Banca Mondiale eil Fondo Monetario hanno annunciato di finanziare con fino a 7 miliardi di dollariiniziative tendenti a rendere maggiormente sostenibile il pagamento del debito deipaesi più poveri e indebitati, ma il debito di quei paesi ammonta a 200 miliardi didollari e 200 miliardi di dollari sono svaniti nel mercato borsistico asiatico nelsolo mese di agosto del 1977 [10].

Banca MondialeTassello fondamentale per il controllo del mercato globale. Istituita perfinanziare attività nei paesi “poveri” (il tasso del prestito è stato nel 1993 del7,5%) essa è un mezzo per il controllo politico dei paesi e uno strumento per farelavorare aziende occidentali privilegiando quelle statunitensi.Alla banca aderiscono con sottoscrizioni di capitali circa 170 paesi; essa ècontrollata dai paesi ricchi (gli USA controllano il 17,5% delle azioni con dirittodi voto, 6,6% Giappone, 5% Francia, Germania, Gran Bretagna, ecc.; i 45 paesiafricani controllano il 4% del totale) e per l’esattezza dai paesi dove risiedonole maggiori 200 multinazionali; le attività finanziate vengono commissionate pergran parte ad imprese USA [14].La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale richiedono, per ottenerenuovi prestiti, adeguamenti strutturali ovvero misure tese a facilitare l’ingressonei paesi di capitali stranieri, ad aumentare la privatizzazione dei servizi e delpatrimonio pubblico, alla riduzione degli addetti, ecc. intervenendo pesantementesulle scelte politiche dei paesi [15].

L’ambiente compromesso,il territorio e le comunità destrutturati

L’ambiente e le comunità vengono usate come risorse, materia prima con cui creareprofitto. I beni comuni sono privatizzati acquisiti e rivenduti dove prima eranogratuitamente fruiti. Al prelievo corrisponde la produzione di scorie (emissioniinquinanti e ambiti di società emarginati) che alterano le condizioni complessivedel pianeta con effetti spaventosi sulla salute umana. La cultura viene asservitaalla produzione e concentrata fittiziamente nei paesi forti.Lo spessore del ghiaccio artico è diminuito dagli anni ‘50 del 42%; ogni anno lacopertura di ghiaccio della Groenlandia perde un volume pari a 51 chilometri cubi[13]. L’ultima volta che la regione del Polo Nord rimase priva di ghiaccio come nelluglio 2000, fu 50 milioni di anni fa [4].In alcune aree del Pacifico e dell’Oceano Indiano il temporaneo riscaldamento delleacque superiore ai massimi ha provocato la morte o l’alterazione del 90% dellebarriere coralline [4].Il deficit mondiale di acqua è stimato in 200 Mld di mc annui (si preleva acquasenza che si ricarichino i corpi idrici). Gran parte delle falde mondiali sonoinquinate: tra il 50 e il 60% delle campionature fatte nel mondo rileva la presenzadi inquinanti in concentrazioni sostanzialmente nocive. Sono centinaia i milioni dipersone che bevono regolarmente acque fortemente inquinate [4]. Ogni anno quasi 5milioni di persone muoiono per malattie causate da inquinamento delle acque [16].Dal 1751 sono state immesse in atmosfera 271 Mld di tonnellate di carbonio; dal ‘58al ‘99 le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera sono aumentate del 17%[4]. Ogni anno circa 3 milioni di persone muoiono per inquinamento atmosferico

[16].Ogni anno la foresta vergine si riduce di 14 Ml di ettari; fra il 1997 e il 1998gli incendi provocati dagli uomini hanno bruciato in Amazzonia 5,2 Ml di ettari diforeste, macchia arbustiva e savana; in Indonesia 2 Ml di ettari di foresta sonoandati in fumo [2].Circa 6 Ml di ettari si desertificano annualmente (non sono più coltivabili quasisempre per una cattiva conduzione agricola); quasi 5 Ml di ettari ogni anno sonooccupati dall’espansione degli insediamenti.L’84% della ricerca viene attuata in 10 paesi e il 95% dei brevetti è controllatodagli USA [16].

Secondo gli USA l’etichettatura degli OGM rappresenta un’illecita barrieracommercialeGli USA non si limitano ad opporsi alle restrizioni sugli OGM, ma usano il WTO percontrastare l’etichettatura degli alimenti geneticamente modificati. Gli USAsostengono che l’etichetta creerebbe pregiudizi nei consumatori e costituirebbe una“illecita barriera commerciale”.Dietro pressioni dell’opinione pubblica gli USA “moderano” in qualche modo lapropria posizione, accettando l’etichettatura obbligatoria di alimenti contenentiOGM, ma solo “nella misura in cui il nuovo alimento mostri di aver subìtoimportanti cambiamenti dal punto di vista della composizione”, trascurando che, difatto, gli OGM implicano per definizione mutamenti genetici e hanno subìto“importanti cambiamenti dal punto di vista della composizione” [7].

Il passo successivo della logica dei brevettiLa Monsanto ha brevettato semi che non possono riprodursi. I semi sterili,soprannominati terminator, possono essere attivati utilizzando una sostanzachimica, e la semenza prodotta dal raccolto non potrà mai germinare. E’ facilepensare le conseguenze di questa prassi se si pensa che in questo modo gliagricoltori sono costretti a comprare per ogni semina i prodotti della Monsanto;per di più, è possibile che i raccolti terminator possano accidentalmenteimpollinare le piante normali.Nel 1996 negli Stati Uniti circa due milioni di acri sono stati piantati con unavarietà di cotone geneticamente modificato della Monsanto, chiamata “Bollgard”.Questo tipo di cotone è una varietà transgenica ingegnerizzata con DNA ricavata daun microrganismo del suolo per produrre proteine velenose contro un parassita delcotone. La Monsanto ha imposto agli agricoltori una “tassa tecnologica” inaggiunta al prezzo delle sementi dalla quale ha raccolto in un solo anno 51 milionidi dollari. Ma, al contrario di quanto assicurato, la diffusione del parassitanelle coltivazioni geneticamente modificate è stata 20-50 volta superiore di quellache si verifica per impianti tradizionali [7].

E’ vietato ai paesi limitare il commercio di prodotti ottenuti con il lavorominorile o con il lavoro coatto.Le commissioni del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, espressione degliaccordi internazionali che preludono all’istituzione del WTO- World TradeOrganisation) per la risoluzione delle controversie decretano che le merci nonpossono ricevere un trattamento commerciale diverso a seconda del modo in cui sianostate prodotte o raccolte. La possibilità di distinguere tra metodi di produzione èindispensabile per la difesa dell’ambiente in parte basata sulla possibilità ditrasformare le condizioni e i processi entro cui si producono le merci e sicoltivano, si raccolgono, si lavorano i prodotti della terra.In ragione di questa norma ad esempio gli USA non potrebbero bandire i palloni dicalcio fabbricati in Pakistan, che l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL)documenta come frutto del lavoro di bambini in condizioni di sopruso. Inoltrel’accordo fa espressamente divieto ad ogni paese del WTO che abbia sottoscrittol’accordo di impedire contratti governativi con imprese che violano i diritti dellavoro, dell’uomo e dell’ambiente.

La merce è giudicata rispetto alla sua funzione: un pallone di calcio è un pallonedi calcio, a prescindere dalle condizioni della sua produzione [7].

Biopirateria sul risoIl produttore texano RiceTec ottiene nel 1997 un brevetto per il riso Basmati, purammettendo nella domanda di brevetto che in India e in Pakistan il Basmati ècoltivato da generazioni. RiceTec si è limitata a modificare leggermente il risotradizionale indiano. Il fatto suscita forti proteste a Nuova Delhi, poiché ilBasmati rappresenta un importante prodotto da esportazione per l’India.In base all’accordo TRIP, l’India deve far rispettare i diritti derivantiall’azienda americana dal brevetto, a danno dei coltivatori indiani [7].

L’uomo oggetto del mercato

La sopravvivenza è divenuta l’obiettivo degli uomini; non si cercano più condizionidi benessere comune ma soluzioni individuali all’interno del mercato. Estrattodalla società e dall’ambiente l’individuo non vive ma sopravvive.Egli è principalmente usato dal mercato che commercia sulle sue necessità, sui suoidesideri, sulla sua salute.I paesi ricchi e i ricchi dispongono di molte più cure di quante ne abbiano ipoveri; essi, costituendo la domanda di medicina, indirizzano la ricerca e leofferte dei prodotti: ci si interessa così molto di più dei malanni (anche nongravi) delle popolazioni e degli anziani facoltosi di quanto non ci si interessidei milioni di persone che ogni anno muoiono di vaiolo o morbillo.La Dal Monte, qualche anno fa, ha dimostrato come si possa ribaltare la realtà efarla divenire una qualifica della merce, per quanto brutale essa possa essere. Legrandi compagnie stimolano la produzione di una monocoltura in ampi territoriconvincendo gli agricoltori ad abbandonare sistemi e colture tradizionali confinanziamenti o assicurazioni sulle vendite. L’area diviene succube di un mercatoche non è gestito dalla comunità locale ma dalla compagnia che, raggiunta ladipendenza di quei territori, stabilisce il prezzo del prodotto e quindi massacra apropria convenienza prima l’economia e poi la società locale. La Del Montestabilisce prima i prezzi e poi il livello di qualità delle banane filippine;quando il mercato è pieno giudica di cattiva qualità anche il 50% del prodottomentre quando la domanda è elevata arriva fino al 5% [3]. Questa oscillazione,indipendente dalle condizioni locali e motivata esclusivamente dall’interesse dellacompagnia, che produce miseria e disperazione tra la popolazione, è divenuta unapubblicità “l’uomo Dal Monte ha detto sì”, nota ed usata anche al di là dell’usostrettamente commerciale.

Il timore di una causa presso il WTO induce la Corea del Sud ad abbassare glistandard sulla sicurezza dei cibiNel 1995 gli USA minacciano di denunc

Fonti e riferimenti

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Altri riferimenti

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