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mici di Gesù Crocifisso A Settembre - Ottobre 2009 - Anno X n.5 Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso” SOMMARIO 2 - Il sacramento della misericordia 3 - Il sacramento della riconciliazione 4 - Il Crocifisso e il mistero nascosto 6 - II - Riflessione sulla Via Crucis 8 - La santità è semplice 9 - Festa speciale per un figlio speciale 10 - Fare la madre oggi 11 - Festa della Famiglia Passionista 12 - Esercizi spirituali: 9-14 agosto 2009 13 - Ritiro spirituale per le famiglie: 17-22 agosto 14 - Testimonianze 16 - Preparare le consacrazioni a Gesù Crocifisso San Paolo della Croce

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mici di Gesù CrocifissoASettembre - Ottobre 2009 - Anno X n.5

Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

SOMMARIO

2 - Il sacramento della misericordia

3 - Il sacramento della riconciliazione

4 - Il Crocifisso e il mistero nascosto

6 - II - Riflessione sulla Via Crucis

8 - La santità è semplice

9 - Festa speciale per un figlio speciale

10 - Fare la madre oggi

11 - Festa della Famiglia Passionista

12 - Esercizi spirituali: 9-14 agosto 2009

13 - Ritiro spirituale per le famiglie: 17-22 agosto

14 - Testimonianze

16 - Preparare le consacrazioni a Gesù CrocifissoSan Paolo della Croce

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di P. Alberto Pierangioli

Il sacramento della misericordiaSettembre (CCC 1422-1440)

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Il sacramento della penitenza è uno dei sacramenti a rischio, sia perché oggi molti cristiani non

lo frequentano più, sia perché non è conosciuto bene e viene celebrato sen-za le dovute disposizioni, rischiando di renderlo nullo o anche sacrilego. Per questo dedicheremo quattro riflessioni per conoscerlo meglio e celebrarlo bene e fruttuosamente, basandoci molto sul Catechismo della Chiesa Cattolica.

Con i sacramenti dell’iniziazione cri-stiana, l’uomo riceve la vita nuova di figlio di Dio, ma questa vita noi la por-tiamo “in vasi di creta” (2Cor 4,7), per questo può essere indebolita e persino perduta con il peccato.

Gesù, medico delle anime e dei corpi, che ha perdonato i peccati al paraliti-co e poi gli ha reso la salute del corpo [Mc 2,1-12], ha donato anche alla Chiesa il potere di continuare la sua opera di guarigione e di salvezza per mezzo dei due sacramenti di guarigione: la Peni-tenza e l’Unzione degli infermi.

La Penitenza è il sacramento della misericordia di Dio che perdona le of-fese fatte a lui e insieme riconcilia con la Chiesa i fedeli caduti nel peccato. É chiamato sacramento della conversio-ne e della penitenza, perché realizza l’appello di Gesù alla conversione e il ritorno a Dio dopo il peccato e con-sacra un cammino di pentimento e di conversione del cristiano peccatore. É chiamato confessione perché richiede la confessione dei peccati davanti al sa-cerdote, ma anche perché è una “con-fessione” di lode a Dio per la sua santità e misericordia. E’ il sacramento del per-dono, poiché Dio accorda al penitente, per mezzo del sacerdote, “il perdono e la pace”. E’ chiamato anche sacramento della riconciliazione, perché riconcilia il peccatore con Dio e chiede al peccato-re di riconciliarsi con i suoi fratelli (2Cor

5,20; Mt 5,24).

Il peccato rompe la comunione con Dio e con la Chiesa. La conversione dona il perdono di Dio e la riconcilia-zione con la Chiesa, che il sacramento della confessione realizza anche liturgi-camente.

La conversione dei battezzati

La nuova nascita dal Battesimo, il dono dello Spirito Santo con la Cresima,

il Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti con l’Eucaristia, ci hanno resi “santi e immaco-lati al suo cospetto” (Ef 1,4). Tuttavia, la vita nuova ricevuta non ha soppresso la fragilità della natura umana, né l’inclinazione al peccato, che rimane nei battezzati, che de-vono lottare per con-servare la vita divina e tendere alla santità e alla vita eterna.

Gesù chiama alla conversione, come componente essen-ziale dell’annuncio del Regno: “Il tempo è compiuto e il Re-gno di Dio è ormai vicino; convertitevi e credete al Vangelo”

(Mc 1,15). L’invito alla conversione è rivolto prima di tutto a quan-ti non conoscono Cri-sto e il suo Vangelo; poi anche a tutti i cristiani, perché dice S. Giovanni: “Se diciamo che siamo senza peccato, in-ganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1Gv 1,8). É la seconda conver-sione, un impegno che purifica e santi-fica il cristiano per tutta la vita. Le due conversioni sono operate, secondo S. Ambrogio, “dall’acqua del Battesimo e dalle lacrime della Penitenza”.

La penitenza interiore ed esterio-re

L’appello alla conversione dei profeti e di Gesù non riguarda solo le opere este-riori, “il sacco e la cenere”, i digiuni e le mortificazioni, ma soprattutto “la conversione del cuore”. Le opere di penitenza esteriori sono sterili e false se non portano alla conversione interio-re; questa poi, se è profonda e sincera, spinge a manifestare la conversione an-che esternamente, con gesti e opere di penitenza.

La penitenza interiore chiede un cam-biamento profondo, un riordino di tutta la vita, un ritorno e una vera conversio-ne a Dio, una rottura con il peccato e un

dolore sincero del male commesso. Essa comporta poi la volontà di cambiare an-che esternamente la vita, con l’aiuto di Dio, per cominciare una vita nuova.

La penitenza del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: la preghiera, il digiuno, l’elemosina, (Mt 6,1-18) che esprimono la conversione in rapporto a Dio, a se stessi e agli altri. Per ottenere il perdono, accanto alla pu-rificazione radicale del Battesimo o del martirio, essi indicano le lacrime di pe-nitenza, le opere della giustizia, il per-dono dei fratelli e la pratica della carità che “copre una moltitudine di pecca-ti” (1Pt 4,8). I tempi e i giorni di penitenza dell’anno liturgico (la quaresima e ogni venerdì) sono momenti forti per l’eser-cizio concreto della penitenza, in tutte le forme più varie. Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato descritto in modo meraviglioso da Gesù nella parabola “del figlio prodigo” il cui centro è “il padre misericordioso” (Lc

15,11-24) Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore del Pa-dre, poteva rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così com-movente.

Il sacramento della riconciliazioneOttobre (CCC 1441-1454)

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Riconciliazione con Dio e con la Chiesa

Dio solo perdona i pecca-ti [Cf Mc 2,7]; ma anche Gesù lo fa come Figlio di Dio: “Il Figlio dell’uomo ha il pote-re sulla terra di rimettere i peccati” (Mc 2,10). Egli ha poi affidato il potere di assolvere i peccati agli apostoli e ai loro successori: “A chi rimettere-te i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi»

(Gv 20,23). Per questo San Pao-lo poteva scrivere: “Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconcilia-zione (2Cor 5,18) e supplicava i fedeli: “Lasciatevi riconci-liare con Dio” (2Cor 5,20).

Gesù ha perdonato i pec-cati e ha manifestato l’effetto di questo perdono, reinte-grando i peccatori perdonati nella comunità del Popolo di Dio, dalla quale il peccato li aveva allontanati. Egli am-mette i peccatori alla sua ta-vola ed egli stesso siede alla loro mensa, gesto che esprime in modo sconvolgente il perdono di Dio [Lc 15] e il ritorno in seno al Popolo di Dio [Lc 19,9].

Dando agli Apostoli il potere di per-donare i peccati, il Signore dà loro anche l’autorità di riconciliare i pecca-tori con la Chiesa, come dice a Simon Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19). É il potere di legare e sciogliere dato a Pietro, a tutti gli apo-stoli e ai loro successori. Chi è escluso dalla comunione con la Chiesa è escluso dalla comunione con Dio; chi è accolto di nuovo nella comunione della Chiesa, Dio lo accoglie anche nella sua. La ri-conciliazione con la Chiesa è insepara-bile dalla riconciliazione con Dio.

Il sacramento della misericordia

Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza per coloro che, dopo il Bat-tesimo, sono caduti in peccato grave, perdendo la grazia battesimale e feren-

do la comunione ecclesiale. A costoro il sacramento della Penitenza offre “una seconda tavola di salvezza dopo il nau-fragio del peccato” (Tertulliano).

Lungo i secoli la forma della celebra-zione della Penitenza ha subito molte variazioni. Nei primi secoli, la riconci-liazione dei cristiani che avevano com-messo peccati molto gravi dopo il Batte-simo (per esempio l’idolatria, l’omicidio o l’adulterio), era legata ad una discipli-na molto rigorosa: i penitenti dovevano fare pubblica penitenza per i loro pec-cati, per molti anni, prima di ricevere la riconciliazione. Nel settimo secolo, i missionari irlandesi portarono nell’Eu-ropa la pratica “privata” della penitenza, come si celebra oggi in una maniera più segreta tra il penitente e il sacerdote, per ottenere il perdono dei peccati gravi e dei peccati veniali. E’ questa, a grandi linee, la forma di penitenza che la Chie-sa pratica ai nostri giorni.

Attraverso i cambiamenti, possiamo scoprire due elementi essenziali della Penitenza: da parte dell’uomo la contri-zione, la confessione e la soddisfazione;

da parte di Dio, la misericordia e il suo perdono per mezzo della Chiesa. La formula di assolu-zione in uso oggi nella nostra Chiesa esprime bene gli ele-menti essenziali del sacramento: il Padre misericordioso concede il perdono e la pace mediante la Pasqua del suo Figlio e il dono del suo Spirito, per mezzo della sua Chiesa.

Gli atti del penitente

Cinque sono le condizioni es-senziali per fare una buona con-fessione: esame di coscienza, dolore dei peccati, proposito di non più peccare, confessio-ne umile e sincera dei peccati, soddisfazione.

Tra gli atti del penitente, il dolore dei peccati occupa il primo posto. Quando Il dolore o pentimento sincero viene dal cuore, per aver ferito il cuore di Dio Padre con il peccato e causato la passione e morte in Croce del Figlio di Dio, è chia-mato “contrizione perfetta”. Tale contrizione rimette le colpe

veniali e ottiene subito anche il perdo-no dei peccati mortali, prima ancora di confessarsi, anche se rimane l’impegno di confessare appena possibile i peccati mortali.

La contrizione che nasce dalla con-siderazione della bruttura del peccato, dei danni che provoca nell’anima, del-la dannazione eterna e delle altre pene meritate dal peccatore, è detta “imper-fetta”: è anch’essa un dono di Dio, ma da sola non ottiene il perdono dei pec-cati gravi, ma dispone a riceverlo con il sacramento della Penitenza.

La seconda condizione per fare una buona confessione è il proposito sin-cero di lottare per non ricadere nel peccato. Non c’è dolore sincero senza questo proposito e quindi, non ci sono le condizioni per ricevere l’assoluzione e il perdono dei peccati. Per la debolez-za umana si può anche ricadere e con-tinuare a convivere con il peccato, ma non bisogna mai essere conniventi con il peccato.

di P. Alberto Pierangioli

Amici di Bari che iniziano il cammino di spiritualità passionista.

San Giovanni Maria Vianney, martire del confessionale.

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di Gabriele Cingolani cp

IL CROCIFISSO E’ IL “MISTERO NASCOSTO”Pensiero Passionista - Settembre/Ottobre 2009

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che sapienza, perché sa tutto sul Padre, e ce ne rivela l’intima identità.

Morendo sulla croce per amore, Gesù Cristo rende visibile che Dio è amore. Il Figlio sulla croce è l’immagine somma del Dio amore. Ogni volta che accenna a questo mistero, Paolo non riesce a trat-tenere il suo stupore. Più volte sottoli-nea e spiega:

- Venendo a noi, Cristo ha assunto la nostra debolezza.

- L’innocente s’è rivestito della nostra carne peccatrice.

- Soffrendo le conseguenze del pec-cato e immergendosi dentro la nostra miseria ci ha riconciliati con Dio.

- Solo un amore così poteva vincere il peccato e la morte.

“Generato prima di ogni creatura” è un’affermazione non facile da inter-pretare. Non c’è dubbio che il Verbo sia prima di ogni creatura, ma il testo parla dell’ambito della creazione. Come uomo, il Cristo non è stato generato pri-ma degli altri, ma piuttosto tardi, “nella pienezza dei tempi”. Il testo originale dice che è “il primo” ad essere generato, non generato “prima”. Dunque sembra alludere anche a un primato di tempo, non solo di riferimen-to o di spicco, come sarebbe ad esempio “il migliore” o “il più importante”.

Se questo è il signi-ficato, bisogna pen-sare che il mondo, compresa l’umanità, è stato creato non solo per mezzo del Verbo, ma dal Verbo in quanto sarebbe diventato anch’egli creatura, un essere umano come noi. Nel piano di Dio tutta la creazione sarebbe nel segno dell’incarna-zione. Questa spiega-zione andrebbe contro l’opinione tomi-stica dell’incarnazione, ma non si può scartare. L’uomo scaturirebbe dal piano di Dio di farsi uomo. Sogna il suo Figlio nella carne e crea per lui quella carne.

Un’altra spiegazione ritiene che “gene-rato prima di ogni creatura” si riferisca

alla risurrezione, tanto più che avanti chiama il Cristo “il primogenito di co-loro che risuscitano dai morti”, 1,18. Prima di ogni creatura si riferirebbe alla nuova creazione inaugurata dal risorto e comunicata all’umanità nella fede e nei sacramenti. Come Verbo eterno, il Cri-sto è creatore insieme al Padre. Come incarnato e crocifisso è generato prima di ogni creatura, perché tutte le creature saranno generate alla gloria dopo di lui e per mezzo di lui.

L’atto generante del Padre è unico e eterno, ma si attua in diverse fasi tra l’eternità e il tempo: generazione eter-na, generazione come uomo nel tempo, generazione come risorto tra tempo e eternità.

Con la risurrezione e l’ascensione, la generazione umana è riassunta nella generazione divina. Il Figlio entra to-talmente nel Padre anche come uomo. Comunicandoci la sua vita nuova di risorto, il Cristo proclama che la morte non è più la “signora” dominatrice della vita umana. Ormai lui il Signore è lui, perché l’ha vinta per sé e per noi. Così l’inno della lettera ai Colossesi si con-clude con lo stesso tema della centrali-tà e ricapitolazione del Cristo espresso

nella lettera gli Efesini, pur se in altre parole:

“Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quel-

le nei cieli”, 1,19-20. Avere scoperto che partendo dal Crocifisso Risorto si pos-sono contemplare tutte le articolazioni del piano divino – passato, presente e futuro – è per Paolo il culmine della riflessione teologica e dell’esperienza spirituale.

Nello spiegare agli Efesini quel che egli ha capito del mistero nascosto nei secoli, ad un certo punto si accorge che esso permea anche l’amore di coloro che sono sposati in Cristo. Ed esclama: “Questo mistero è grande. Lo dico in rife-rimento a Cristo e alla chiesa”, 5,32.

Ne resta stupito perché capisce, lui non sposato, che l’amore degli sposi è inglobato dentro l’amore di Cristo per la chiesa, amata fino a dare se stesso per lei. Così devono fare gli sposi nel reci-proco amore, e così si configura ogni esperienza d’amore tra cristiani. Non è un accostamento simbolico, ma un’ar-ticolazione della stessa realtà. Marito e moglie, che sono già membra del cor-po di Cristo come battezzati, amandosi come sposi si scambiano lo stesso amore di Cristo. L’intero arco del ministero di Paolo è ritmato dall’ansia di annunciare il mistero che egli ha scoperto: l’amore di Dio nel Cristo crocifisso.

Agli stessi Efesini dice: “Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle pre-cedenti generazioni, come al presente è sta-to rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito”, 3,5. E ai Romani con-clude lodando Dio per la salvezza realizzata in Cristo “secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eter-ni, ma rivelato ora me-diante le scritture pro-fetiche”, 16,25-26.

La stessa ansia e ur-genza nel proclamare

lo stesso annuncio dovrebbe oggi per-vadere la chiesa intera e ogni singolo credente, specialmente i passionisti. Infatti il mistero dell’amore di Dio nel Cristo Crocifisso, nascosto per secoli e millenni, per la maggior parte dell’uma-nità è ancora nascosto.

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Il mistero nascosto in Dio dall’eternità è che Dio è amo-

re e intende comu-nicarsi all’umani-tà. Tale mistero è stato realiz-zato e rivelato nel Crocifisso. Dunque il Cro-cifisso è il mi-stero nascosto. È la sorpresa più inaspettata di tutta la ri-velazione. Ma che Dio rea-lizzasse questo piano venendo tra noi e sce-gliendo di an-dare a morire sulla croce, rivela una lo-gica troppo impervia perché la mente umana potesse elaborarla da sola. Non è un assurdo, perché è secondo la logica dell’amore. Difatti mistero non significa che non si capisce, ma che è nascosto. Può essere scoperto, rivelato e spiegato. Dio è amore è la spiegazione teorica del mistero. Dio è crocifisso per amore è la dimostrazione pratica del mistero.

“Mistero” nel linguaggio di Paolo apo-stolo

Il termine era già presente nella let-teratura pagana. Indicava il piano mi-litare noto solo al comandante in capo e ai suoi stretti collaboratori. A mano a mano che la strategia si attuava duran-te l’attacco, il piano era conosciuto dal resto dell’esercito e anche dal campo nemico.

In Paolo la nozione diventa molto complessa perché include:

- il piano della creazione e della sal-vezza umana com’è in Dio dall’eternità;

- la volontà salvifica divina che è oltre l’opera creatrice;

- Dio stesso come amore che si comu-nica ad extra;

- Gesù Cristo come centro e realizza-tore di ogni articolazione del piano.

Egli sviluppa l’argomento soprattutto nelle lettere agli Efesini e ai Colossesi. Sono due delle quattro lettere della pri-

gionia, sulla cui autenticità materiale vi sono dei

dubbi, ma il cui contenuto è certo

del suo insegna-mento. Le altre

due sono Fi-lippesi e Fi-lemone. Pro-babi lmente le scrisse du-rante la pri-ma prigionia romana, ne-gli anni 61-63. La soffe-renza delle incompren-sioni e degli imprigiona-menti gli ha fatto capire il mistero di Cristo più di

quanto non gli sia stato possibile nelle contemplazioni e nel lavoro apostolico.

Ambedue le lettere si aprono con inni a Cristo, centro e ricapitolatore del piano divino. Come in altri casi, Paolo inizia o inserisce nei suoi scritti qual-che testo già conosciuto dalla comuni-tà, adattandolo alla sua teologia perché esprimessero la supremazia del Cristo.

LA LETTERA AGLI EFESINI non ha altro scopo che immergersi nel mi-stero di Cristo per trarne le conseguen-ze di novità per la creazione e per la storia umana, soprattutto nel corpo mi-stico che è chiesa.

Il Padre ci ha pensati e amati nel Ver-bo suo Figlio fin dall’eternità, 1,3-4. Quindi non solo “in principio era il Ver-bo”, Gv 1,1, ma in lui c’eravamo anche noi.

Tutti eravamo destinati a essere “santi e immacolati” e “figli adottivi”.

Poi la storia della libertà umana ha guastato il piano, e di Immacolata ne è restata una sola destinata ad essere madre del Verbo incarnato, nel nuovo progetto lanciato dal Padre.

Sia il disegno primigenio che il nuovo progetto hanno il Cristo come nucleo centrale. Il Padre fa tutto in lui e per lui. Tale centralità si svolge in due fasi.

La prima è che “abbiamo la redenzio-ne mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia”, 1,7. La seconda è di “rica-pitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”, 1,10. Rica-pitolare significa riunificare.

Questo ruolo del Cristo – redentore col sangue versato sulla croce e ricapi-tolatore di tutte le cose – è il mistero che finora era restato nascosto, ma ora è stato rivelato.

“Egli – il Padre – ci ha fatto conosce-re il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito, per realizzarlo nella pie-nezza dei tempi”, 1.9-10.

Noi fermiamo la nostra riflessione sul Crocifisso come centro del mistero, ma l’inno prosegue sviluppando le con-seguenze della centralità del Cristo per il suo corpo che è la chiesa. Uniti a lui siamo figli del Padre e fratelli tra di noi, come fossimo un solo corpo – un’unità quasi impossibile da lacerare.

La morte di Gesù è la fonte di tutto ciò che possediamo oggi e attendiamo per domani: essere redenti e figli, come già siamo; essere ricapitolati, cioè inte-grati nella signoria del Cristo per l’eter-nità, come saremo.

La centralità di Cristo si estende a cerchi concentrici: come crocifisso, ri-sorto, vivo, presente, operante con il suo Spirito nella chiesa, specialmente nella liturgia.

NELLA LETTERA AI COLOSSE-SI il tema della centralità di Cristo è svolto in rapporto alla creazione e alla redenzione, aspetti intrecciati insieme e inseparabili, sempre con culmine nel Crocifisso.

L’affermazione di apertura è che il Padre “ci ha liberati dal potere delle te-nebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, nel quale abbiamo la re-denzione”, 1,13-14.

Il Figlio diletto, incarnato e crocifisso, “è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura”, 1,15. Il Dio in-visibile è il Padre, ma nel Figlio si rende visibile perché egli ne è l’immagine.

Il vecchio testamento segnala come immagini di Dio solo l’uomo e la Sa-pienza, Sap 7,26. Il Figlio è sia uomo

Coppie di amici rinnovano le promesse matrimoniali al termine del ritiro: 22-8-2009.

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di Fabrizio Cortigiani

II - RIFLESSIONE SULLA VIA CRUCIS

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L’ORTO DEGLI ULIVI

Gesù invita alla vigilanza, all’atten-zione verso sé stessi e verso gli altri, av-verte di tenere la lucerna accesa, perché non si sa quando lo sposo verrà. L’es-sere umano, tuttavia, sembra non voler ascoltare, preferisce la via dell’ozio, del-la procrastinazione, dell’eterno riman-dare, specialmente quando si parla delle realtà interiori, del mondo dello spirito. E’ più facile pensare che gli eventi trau-matici accadano agli altri, è più sempli-ce minimizzare la disgrazia altrui piut-tosto che la nostra, è meglio pensare alle cose materiali, più imminenti, quelle che soddisfano i sensi nell’immediato; tuttavia la vita non è così banale.

La parabola delle vergini accorte, at-tente, che tengono la luce della consape-volezza sempre accesa in contrapposi-zione alle vergini stolte che rimandano il risveglio della coscienza per continua-re a dormire nel materiale per godersi l’imminente ce lo dimostra. Quante vol-te ci è stata presentata la nostra ultima cena e non ce ne siamo neppure accorti vanificando il valore di quella sofferen-za, che comunque abbiamo dovuto af-frontare; quante volte ci siamo ritrovati nel nostro Orto degli Ulivi e invece di pregare abbiamo imprecato: “Che male ho fatto?”, “ma perché proprio a me?”, “questa non me la meritavo”.

Gesù, solo, nel Getsemani, prega, chiede ai discepoli di accompagnarlo, di sostenerlo nel momento dei dolori men-tali, del film della vita di tutta l’umanità e di ciascun uomo in particolare. Anche i suoi amici, nonostante tutto si addor-mentano. Il Suo monito, la Sua richiesta svaniscono nel sonno: Pregate! Prega-te! – Sì! Maestro – ma il sonno soprag-giunge. L’essere umano cede al minimo sforzo: questi siamo noi – deboli, pove-ri, miseri e tanto spesso presuntuosi e arroganti. Anche in questo momento, il maligno si fa sentire; Gesù lo avverte. Una voce sibilante pronuncia parole di morte, parole scoraggianti, visioni sul futuro dell’umanità –guerre, fame, po-vertà, sfruttamento – sembra che il sa-crificio di Gesù sia inutile – ma è questo il grande inganno.

Sembra che ogni nostra sofferenza sia inutile data la sua incomprensibilità e questa è la prosecuzione dell’ingan-no che ci fa rinunciare, ci porta fuori

dall’ottica della Croce. Anche noi ci sen-tiamo dire: “Non ce la puoi fare, a che ti serve, rinuncia, basta una scelta in una direzione piuttosto che in un’altra”. E in effetti si può scegliere la via della fuga dalle responsabilità, la rinuncia all’amo-re che tante volte ci ribalta l’esistenza; si può optare per la soluzione più comoda e meno stancante: un tradimento, una speculazione sulla buona fede altrui, un aborto. Gesù prega per allontanare quel calice di sofferenza, ma aggiunge: sia fatta la Tua volontà Padre, non la mia.

Noi invece scappiamo direttamente e poi, anche a distanza di anni scontiamo amare conseguenze materiali, psicologi-che, spirituali. La croce rifiutata si mol-tiplica: delusione, depressione, disturbi di vario genere, scontento e la corsa al benessere continua senza sosta e senza portare a niente.

Ricchi e poveri sono provati, amareg-giati, chi per un verso, chi per un al-tro. E tutto questo perché non vogliamo comprendere il momento in cui siamo chiamati alla nostra “ultima cena”. Semplicemente dormiamo o peggio an-cora il Giuda che è in noi pensa di ca-varsela con trenta denari, si prostituisce a poco prezzo: sfruttamento, specula-zione, relativismo ambiguo, buonismo, ozio, pigrizia affettiva, avidità, vanità, offese alla dignità, umiliazioni nei con-fronti dei più deboli.

Ci manca una cosa: l’umiltà di dire “sia fatta la Tua volontà, non la mia”. Nel Getsemani ascoltiamo la tentazio-ne, le seduzioni, le critiche, tutti tarli che rodono la mente, che aumentano la preoccupazione e la paura, che fanno passare le notti nell’angoscia, nel sonno, nel pianto, nell’ansia che si perpetua. E’ il momento di dire: “Mi abbandono a Te, Gesù, pensaci Tu!”. Gesù conosce le nostre debolezze, ha provato le nostre paure; non è venuto per punirci, ma per salvarci dal Maligno e per farci parteci-pare alla vera festa, al banchetto nuzia-le. Nel Getsemani c’è buio, è il momen-to della notte oscura, della confusione, del non vedere se non con l’occhio della fede il punto di luce in un orizzonte indefinito che ci chiama, che ci esorta a non rinunciare alla nostra missione: fare sempre scelte d’Amore –decidere pro Vita a costo di ribaltare la nostra stessa esistenza, di scardinare i nostri schemi, di partire senza niente o meglio

di lasciare andare tutto per conquista-re ancora di più. Come ci esorta a fare Gesù, non preoccupiamoci di portarci dietro grandi cose, né bisaccia né altro. Non dobbiamo avere paura di essere quel tipo di pecora, non vale la pena di travestirci da leoni con la criniera del-la superbia; rimaniamo piuttosto nella semplicità e chiediamo a Dio che non ci venga mai meno il coraggio dell’umiltà.

Chiediamo di essere sempre messi di fronte ai nostri limiti e facciamo spazio all’Amore, alla Croce e al Silenzio. Qui, troveremo Dio.

L’ARRESTO

A un certo punto arrivano i soldati guidati da Giuda; il momento dell’ar-resto, della consegna dell’Amore al Maligno – una mano d’uomo, un bacio traditore – e la risposta sconcertante, penetrante di Gesù: “Fai quello che devi fare”. La vigliaccheria e l’ipocrisia del discepolo venduto, disdegnato anche da coloro che lo pagano, identificano l’uo-mo perso nella sua coazione a morire nella grettezza e nella disperazione per aver rifiutato l’Amore, la via del sacrifi-cio e della dignità. Giuda, con la falsa consapevolezza di qualche centinaio di euro in più, diremmo oggi, vende la pace e la tranquillità in cambio dell’ap-parente considerazione di chi lo consi-dera un verme, vende sé stesso per un pugno di dollari. Fa il gioco di Satana, rifugiandosi nella materia grossolana:

poco dopo s’im-picca.

I soldati arresta-no Gesù; una caro discepolo sguaina la spada per sal-vare l’Amore stac-cando un orecchio ad un soldato. Il monito di Gesù è cristallino: mai colpire con la spa-da. L’Amore rifiuta la difesa fatta con le armi del Mali-gno anche se que-ste vengono usate in buona fede. Gesù riattacca l’orecchio e il soldato ricomincia a “sentire”; questa volta in modo diverso, più consapevole e il mira-colo raggiunge l’infedele. Dio non si cura della fazioni, va oltre qualunque forma di associazionismo, di gruppo e di cre-do, ma rimane sempre fedele a sé stesso. Ecco, i nostri soldati interiori emergono dalle caverne dell’anima: violenza, odio, rancore, superbia, inganno, illusione, avidità, viscidezza, stoltezza, critica, giu-dizio; questi sono i demoni con i quali incateniamo l’Amore; un amore pronto a farsi ferire, oltraggiare, rinnegare, ma in questo squarcio i soldati interiori ven-gono risucchiati, annullati e trasforma-ti. L’Amore, nella decisione di lasciarsi arrestare e uccidere incatena il Maligno riducendolo all’impotenza. Ciascuno di noi, nel proprio Getsemani, può speri-mentare l’agire di Dio.

Il SINEDRIO

Il Sinedrio, dopo un falso proces-so condanna Gesù. Tutti, consapevoli dell’innocenza di quest’uomo, cercano di delegarsi gli uni con gli altri. Romani e Giudei, sia pure con scenari e culture di-verse, non sanno come fare. Gesù è sco-modo per tutti; la Sua immediatezza, il carisma del leader, la dignità, la capacità di fare da specchio a chiunque incroci il Suo sguardo infastidiscono.

Il frainteso su un Regno del Cielo o della terra, l’accusa di bestemmia, di alto tradimento, la violazione delle regole (si guarisce nel giorno di sabato), le aperte contraddizioni delle autorità giudaiche, la delega di responsabilità della vigliac-

cheria di Erode, la paura di Pilato evi-denziano un Gesù scomodo. Infine si fa decidere alla folla fra Gesù e il criminale Barabba. La scelta di liberare Barabba nel giorno della Pasqua ebraica è offesa an-che nei confronti di sé stessi. Se si pen-sa che un popolo, autorità governative comprese, così attaccato alle tradizioni e alle regole opta per la liberazione di un criminale in un giorno considerato sa-cro e intoccabile, permette di compren-dere fino a che punto possa arrivare la stoltezza e la contraddizione dell’animo umano.

Quel Sinedrio, quella folla, Erode e la figlia, Pilato, la massa dei soldati che ub-bidiscono senza pensare, schiavi di un potere schiavizzante e sinistro siamo noi: il nostro IO giudice, la folla delle passio-ni, la perversione di Erode, la perfidia della figlia, le paure di Pilato e i soldati, quelle parti di noi stessi –comportamen-ti stereotipati – indotti e prodotti dal bi-sogno di uniformarsi alla massa, schiavi di quello che dice la gente, fantasmi reali che processano la limpidezza dell’Amore e che dall’Amore stesso si sentono stu-pidamente condannati. E allora, l’ama-ra soluzione: condannare l’innocente. Invece di dire con scherno: Tu sei il Re dei Giudei? E sentirci rispondere: “Tu lo dici” – potremmo direttamente afferma-re: Gesù, Tu e solo TU, sei il mio Re e il mio Signore!

GESU’ PRENDE LA CROCE SULLE SPALLE

Pilato ordina la flagellazione e il Figlio dell’Uomo ridotto a brandelli viene con-dotto di fronte alla folla che grida: “Cro-

cifiggilo! Crocifiggilo!. E’, come dicevamo la Pasqua ebraica.

Tutti abbia-mo i nostri giorni sa-cri; con i nostri diversi valori sacralizziamo o desacralizzamo i gior-ni, i mesi, gli anni. Con la vigliaccheria di Pilato, ci laviamo le mani di noi stessi e ci lasciamo crocifigge-re dalle nostre paure. La parte buona di noi stessi viene messa in croce dalla nostra vo-lontà che aderisce alle

seduzioni e al fascino del male. Il nostro vissuto si spacca, la vita sembra andare in frantumi, i colpi di flagello non man-cano: separazioni, divorzi, perdite del lavoro, tradimenti, malattie, solitudine, sgomenti, disperazione, impotenza.

In questo spaccato, in questa voragine il Maligno trionfa sulla nostra increduli-tà, sul credere di bastare a sé stessi, sul relativismo abnorme, sul buonismo, sul-le politiche del laisser faire, laisser pas-ser. E così diventiamo l’Ecce Homo. Ab-brutiti, scontenti, ripiegati su noi stessi, nevrotici, crocifissori di Dio e crocifisso-ri di noi stessi, veri vermi, larve viscide e nauseanti.

Gesù, coronato di spine e avvolto nel manto purpureo viene schernito come Re dei Giudei. E’ ora che il Figlio di Dio chiede alla parte luminosa che è dentro di noi se vuole portare per un po’ la sua stessa Corona; è ora che ci viene chie-sto di accettare il mantello della sconfitta dell’orgoglio sulle nostre spalle; è ora che possiamo dire Sì o No; è ora che deci-diamo da che parte stare. E la scelta è completamente libera. Dio non ci dà la Croce, ma ce la prende chiedendoci di aiutarlo a portarla per chi non ha spalle sufficientemente robuste, per chi è debo-le e impaurito.

Con Gesù, possiamo sopportare le ferite,le malattie nostre e dei nostri cari, l’ignominia, i limiti e le sconfitte, perché i nostri dolori sono i Suoi, perché l’uomo non è mai solo se accetta di scegliere la Via della Vita piuttosto che la Via della Morte. (continua)

Prudenza di Bari e Luigi di Fossacesia si consacrano a Gesù Crocifisso.

Gesù prega nel Getsemani

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“Siate santi”.

Il Signore a tutti gli uomini, in qualunque situazione di vita, chie-de di essere santi e se Lui, Sapienza per es-senza, chiede questo a tutte le anime significa che raggiungere la san-tità non deve essere così difficile come invece sembra a prima vista.

Dio è verità e cammi-nare nella verità signifi-ca concepire la santità per quella che è e non crearci noi delle difficol-tà inesistenti nel nostro cammino verso di Lui.

A questo punto Ma-dre Maria Maddale-na Marcucci si chiede come mai, se il cam-mino di santità si basa sulla semplicità, i santi non sono poi una presenza così ordina-ria ma piuttosto una presenza straordi-naria.

Cosa manca a tante anime buone per-ché effondano quel profumo celestiale, attraendo tutti quelli che loro si avvici-nano, ed elevandoli a Dio? La risposta è che queste anime non hanno gustato quelle tenerezze dell’amore divino che recano ammirazione e silenzio e gene-rano il desiderio ardente di far provare a tutti queste divine delizie: “Anime san-te siete, poiché tali vi considera il Cuore di Gesù. Ma Egli soffre per non potervi stringere al suo petto, e farvi sentire i suoi divini abbracci. E non può. Si sente impedito dalla vostra pusillanimità… Si-gnore, quanto soffri per le anime! E non solo per le anime cattive, ma anche per le buone.”

Il Signore per venire ad abitare sta-bilmente in noi chiede una sola cosa: AMORE, è questa la vera santità, l’unione con Dio. Questa unione che il Signore ci chiede si realizza solo aman-do e ciò è l’essenziale della santità, men-tre spesso la maggior parte delle perso-ne buone,e anche dei religiosi, si fissano in ciò che è secondario e si dedicano ad opere esteriori, attività, fatiche e pene…tutti mezzi non sempre necessari a rag-giungere la santità.

In teoria tutti dicono di sapere che è così ma, in realtà, molto pochi sono quelli che comprendono veramente che si può essere santi e molto santi sen-za che niente di straordinario appaia all’esterno.

Quanto è necessario, ci dice Madre Maria Maddalena, chiedere spesso al Signore che ci mostri le sue vie e ci in-segni i sentieri che conducono a Lui.

Dobbiamo aprire gli occhi finché c’è ancora tempo, la grazia non manca a nessuno. Che non si dica di noi ciò che scrisse l’apostolo Giovanni: La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” e tutti quelli che vivono nell’errore vivono nelle tenebre.

Accogliere il Signore è aprire gli oc-chi e accettare la verità, giudicare le cose spirituali secondo lo spirito e non secondo i sentimenti: la fede ci porterà fino a Dio.

Ciò che dipende da noi, nel lavoro di santificazione, è disporre l’anima nostra all’unione con Dio. A molte persone sem-bra questo un lavoro difficile e si scorag-giano. Non si capisce che, invece di far di più, bisogna progressivamente toglie-re gli ostacoli che impediscono a Dio di operare in noi: tutto sta nel perfezionarci in ciò che facciamo e non lasciare di fare ciò che facciamo, dato che qui si parla di chi già pratica il bene.

Non bisogna temere nulla perché il Signore è buono e vuole amore e il suo operare è dolce e non violento. A stento ci accorgeremo che chi opera in noi è la sua mano divina. Noi dobbiamo cercare di eliminare i difetti e le imperfezioni nel nostro operare e, questo lavoro, ce lo indicherà passo passo lo Spirito del Signore.

“Io credo, Gesù mio, credo nel vostro amore per me, e vi amo con tutto il mio cuore.

Vi amo e voglio amarvi, servirvi e adorarvi in spirito e verità prendendo per guida il vostro santo Vangelo e per compagni di viaggio la Fede e l’Amore”. Così la Madre ci invita a pregare Gesù.

La Fede e l’Amore ci scopriranno grandi prodigi senza bisogno di cercarli lontano.

Ascoltando Messa, in meno di mezz’ora, si realizzeranno davanti ai no-stri occhi,i più stupendi prodigi che possa fare un Dio: alla voce di una povera cre-atura, scenderà il Verbo Eterno dal più alto dei cieli, per morire misticamente ancora una volta, come sul Calvario, vit-tima dei nostri peccati, per farsi nostro cibo e restare nella sua prigione d’amore, ed essere nostro compagno, nostra guida, nostra luce nel tenebroso cammino della vita.

Carissimo Stefano, ci conosciamo da circa 14 anni, quando avevi circa 6 anni e incominciasti a venire con i tuoi genitori agli incontri degli AGC a Porto S. Elpidio e poi anche a Morrovalle ai ritiri mensili e agli esercizi spiri-tuali. Ho sempre ringraziato il Signore per averti mandato tra gli Amici di Gesù Crocifisso come un grande tesoro. Ricordo la tua grande gioia quando lo scorso anno hai fat-to la consacrazione perpetua a Gesù Crocifisso: sembravi trasfigurato!

Ho sempre ammirato la tua intelligenza, la tua fede, la tua serenità, l’impegno di voler essere un ragazzo normale, nonostante le difficoltà della malattia. Sei stato di esempio ai ragazzi, ai giovani e a noi adulti. Gesù ti è stato sempre vicino e ti ha dato tanta forza per accettare e santificare la

tua croce, soprattutto ti si è manifestato in modo straor-dinario durante la lunga e difficile operazione. La tua pa-zienza e serenità, fino a minimizzare il tuo male, sono state un incoraggiamento anche per i tuoi genitori, che hanno votato a te la loro vita con dedizione straordinaria. Voglia-mo festeggiare con te i tuoi 18 anni e ringraziare con te il Signore per il dono della tua vita e della tua presenza in mezzo a noi. Chi non potrà partecipare fisicamente alla tua festa del 19 settembre, lo sarà con il cuore e tanta preghiera per te e per la tua bella famiglia, che ringraziamo per la lettera straordinaria di auguri per il tuo 18° compleanno. Ti affido alla intercessione di San Gabriele, perché il Santo del sorriso possa esserti vicino e sorriderti sempre nella tua vita. Padre Alberto CP

Quando Dio vede che le cose non vanno come dovrebbero, manda un segno chiaro e riconoscibile

a volte, confuso e difficilmente interpre-tabile altre. Il 19 settembre del 1991 Dio ha guardato la nostra famiglia e credo che i segni che ci aveva mandato fino a quel momento erano troppo confusi e forse avrà pensato di averci sopravvalu-tati. Allora, perché Dio è infinitamente misericordioso, ha deciso di mandarci un angelo, affinché ci spiegasse bene tutto quello che non avevamo capito.

“Mamma,toglimi una curiosità: quando hai saputo di avere un figlio come me, come l’hai presa?”.

“Quando mi hai fatto questa do-manda, mi hai spiazzato, figlio mio. Ti ho risposto che fui contenta di avere il terzo figlio e che il tuo arrivo ha unito molto la nostra famiglia.

Nei primi anni della tua vita non sa-pevamo quanti e quali sofferenze e limi-ti avresti dovuto superare. Io e te dormi-vamo nella stessa camera per i continui malanni dell’asma e delle tue crisi epi-lettiche, che mi facevano riposare come la sentinella a due passi dal fronte.

La tua sorella, allora dodicenne, la mattina si svegliava alle sei e, prima di andare a scuola, ti preparava il bibe-ron con il latte, non per dovere, o per-ché qualcuno glielo avesse chiesto, ma perché quello che oggi sembra un ge-sto straordinario, in quel momento era ordinario, come lavarsi i denti; era un modo per stabilire un contatto con quel fratellino così fragile e malaticcio, ma già capace di lezioni di vita.

Simone, il più piccolo dei tuoi fratelli,

aveva solo sei anni quando sei nato, gioca-va con te quan-do tornava da scuola; anche lui voleva es-sere d’aiuto all’impresa di farti sorridere.

Io mi occu-pavo di te tutto il giorno, ti te-nevo in brac-cio e ti cullavo per non farti piangere e mi a g g r a p p a v o con forza a Dio affinché scaricasse su di me i dolori che sentivi tu. Tuo padre, l’unico che poteva lavorare, tornava stanco la sera, dopo ore di stra-ordinari e anche lui coccolava questo figlio piangente.

Piangevi molto, figlio mio. Abbiamo vissuto la tua nascita come un evento meraviglioso, il più gradito dei doni, ma ci sono voluti anni prima che ci accor-gessimo di quanto tu ci stavi dando. Ci hai dato la possibilità d vivere una vita piena di amore, piena di solidarietà, piena di unità, piena di Dio. La nostra vita, la sola che abbiamo su questa terra, tu l’hai stretta con forza tra le tue pia-ghe e l’hai guarita dai problemi inutili, dall’ipocrisia, dall’ozio e dalla paura.

Quando a passeggio con l’educatrice

incontrasti quell’anziana signora che ti disse: “povero cocco!”, tu prontamente gli rispondesti: “niente povero cocco, sono orgoglioso di portare la mia cro-ce e sono felice, così come sono”. An-che la tua famiglia è felice, orgogliosa e onorata di avere un componente come te, di poter partecipare alla tua vita, di asciugare le tue lacrime, di spingere la tua carrozzina, di ripetere quello che dici quando gli altri non ti capiscono, di difendere i tuoi diritti, quando ripetu-tamente vengono calpestati. Grazie per ogni volta che ti lasci aiutare nelle tue difficoltà, perché attraverso queste diffi-coltà la nostra vita acquista significato, si purifica e si riempie. Grazie di essere nato… 18 anni fa!

La tua famiglia

di Coltorti Maria Grazia

LA SANTITA’ E’ SEMPLICEIII “La santità è amore” di Madre M. Maddalena Marcucci

Festa speciale per un figlio speciale

Amici nel primo corso di esercizi riflettono che la santità è semplice, perché è amore.

Stefano, ricevuto dalla famiglia come figlio e dono speciale, compie 18 anni.

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10 11 Festa della Famiglia Passionista Fare la madre oggi

di Adele Caramico

Il 17 maggio 2009 si era svolto presso il san-tuario di San Gabrie-

le la giornata del Ventennale degli Amici di Gesù Croci-fisso, dove ci siamo ritrovati in più di 400 per ringra-ziare il Signore per il dono del nostro movimento. Il 27 giugno abbiamo vissuto presso lo stesso santuario la “Festa della Famiglia Pas-sionista”, in cui ci siamo ri-trovati religiosi, suore e laici passionisti, presenti nella nostra provincia religiosa della Pietà, che ha la sede provinciale a Recanati.

“La Festa della Famiglia Passionista” è stata intensa e piena di momenti diversi ma uniti tra di loro. Ci siamo ritrovati nel salone Stauros, un luogo ormai familiare per noi Amici di Gesù Crocifisso. L’incontro è iniziato con il saluto del nostro Superiore Gene-rale, P. Ottaviano D’Egidio, le lodi, ani-mate dal P. Aurelio D’Intino, la confe-renza del Padre Provinciale, Piergiorgio Bartoli, per ricordare il 25° anniversario delle nuove Costituzioni della Congre-gazione passionista, basate sulla Regola lasciate da S. Paolo della Croce nostro fondatore. E’ stato un cammino nuovo per noi per scoprire le nostre origini. Il culmine della giornata è stata la messa solenne presieduta dal Superiore Gene-rale, con la concelebrazione del P. Pro-vinciale e diversi assistenti dei gruppi

laicali passionisti. Il P. Generale ci ha esortato ad avere una fede forte come quella di Abramo, ad approfondire e perseverare nella vocazione passioni-sta. Il Passionista ama i fratelli, special-mente coloro che rassomigliano di più al Crocifisso, nei quali vede “Il Fratello Gesù”.

Dopo un breve pranzo al sacco, ci siamo ritrovati nel Salone Stauros. Il bravissimo coro “Le voci del cuore” di Lanciano, che aveva animato la Messa, ci ha allietato con un concerto di can-ti che hanno elevato la nostra mente e riempito il cuore. Poi un ospite inatteso dal Brasile (!), “Giorgino”, (il P. Provin-ciale) con l’armonica a bocca, si è esibito nella esecuzione magistrale di numerosi canti ai quali si è unita l’intera Fami-

glia Passionista. Sono seguite alcune testimonianze, come quella molto inte-ressante di Camilla, responsabile della Tendopoli d’Abruzzo e di P. Lorenzo, sul un mese di volontariato di un grup-po di tendopolisti presso i terremotati dall’Aquila.

Il P. Provinciale ha concluso con una sorpresa: non potendo fare una regalo a tutti i partecipanti, ha donato 10 bellis-simi premi, con l’estrazione a sorte del numero che ognuno di noi aveva rice-vuto al mattino. P. Aurelio ci ha allie-tato ancora con la sua chitarra e poi ci ha invitati a ritrovarci tutti nella cripta davanti a S. Gabriele per un’ultima pre-ghiera. Siamo ripartiti pieni di emozioni e il cuore colmo di gioia.

Rita Maraessa

Nel viaggio di ritorno verso casa dalla splendida giornata della Festa della Famiglia Passioni-

sta, abbiamo ringraziato la Vergine Ma-ria e San Gabriele, meditando il S. Rosa-rio con i pensieri scritti di San Gabriele. Cosa dire di questa giornata? .E’ stata certamente la Festa della Famiglia Pas-sionista, ma per me è stata soprattutto la festa dei cuori amanti di Gesù Croci-fisso. Un cuore che ama Gesù Crocifisso dona al prossimo ciò che san Paolo della Croce ha infuso nel nostro cuore: l’amo-re per la Passione del Signore. Quanta grazia è scesa oggi nei nostri cuori, per mezzo di voi, cari Padri Passionisti, che avete profuso a noi tutto ciò che il Divi-no Spirito vi suggeriva, con il vostro spi-

rito di dedizione e di amore che cercate di infonderci. La Famiglia Passionista oggi era al completo; le parole del Padre Generale ci hanno fatto comprendere quanto noi laici siamo amati dalla Con-gregazione. Il Segno che brilla sul vostro petto ci richiama continuamente a me-ditare il più grande mistero dell’amore di Dio per noi. Oggi abbiamo ascoltato come è nata la Famiglia Passionista con la relazione profonda ed incisiva del Pa-dre Provinciale, Piergiorgio Bartoli, del quale abbiamo scoperto anche la bravu-ra nel suonare l’armonica a bocca. I can-ti del Coro di Lanciano e del P. Aurelio D’Intino hanno riempito un pomeriggio meraviglioso. Grazie, cari Padri: nulla ci avete fatto mancare, in senso spirituale

ed anche materiale. Anche noi vogliamo aiutare la nostra Famiglia Passionista a “funzionare”, come hanno dimostrato le belle testimonianze che ci sono sta-te dai vari gruppi. L’amore al Crocifisso ci porta all’amore per i crocifissi, come sono i terremotati dell’Aquila. Ringrazio il Signore che mi ha chiamato a far parte della Famiglia Passionista.

Grazie, cari Padri; la gioia e la grazia sprizzano da tutti i pori del vostro esse-re e noi vi ringraziamo perchè la gioia e la serenità che ai più sembrano sparite, voi le fate rifiorire e verdeggiare anche sui sassi e questo grazie alla memoria dell’amore infinito di un Dio crocifisso per noi.

Riccardo Rucci

Quando nasce un figlio, la prima volta che sentiamo che pronuncia il nome “mamma” per noi diventa qualcosa di grandioso e di stupendo.

E’ una gioia indescrivibile, è qualcosa che dal di dentro ti dice che sei stata in grado di mettere al mondo una creatura ad immagine del Creatore.

Nei tempi che stiamo vivendo ultimamente l’essere madre sta acqui-stando colori e significati diversi. Ci sono mamme per vocazione e madri che vogliono diventarlo per forza, anche metten-do a repentaglio la vita di altri figli, pur di otte-nerne uno per se stesse.

Ma a questo punto l’essere “madre” cosa si-gnifica realmente? Che senso ha?

Da sempre la madre è colei che mette al mon-do il figlio, che si occu-pa principalmente delle cure da dargli e della sua educazione, soprattutto nei primi anni di vita, anzi possiamo dire che lo faccia già dal grembo.

Pure se oggi c’è una maggiore partecipazione del padre nella crescita ed educazione dei figli, il compito primario resta sempre a lei, alla mam-ma, perché in fondo è proprio della sua voca-zione lo svolgere tutto questo.

Tanto femminismo che per anni ha rivendicato una parità col sesso maschile…non so in effetti quale parità abbia mai desiderato: non c’è nulla di più bello di portare nel grembo una nuova vita e darla alla luce. Rinunciare a tutto questo è rinunciare all’essere donna…

Ed eccoci nell’epoca della contraddizione: colei che non ri-esce a concepire un figlio… e vuole uno a tutti i costi, senza guardare in faccia a niente ed a nessuno, neppure agli altri figli che butterà via solo per averne uno tutto per sé.

Forse bisognerebbe riguardare cosa sia la maternità, dove nasce ed a cosa tende, perché se per maternità si deve inten-dere l’avere un figlio per forza, un costruirlo in laboratorio, distruggendo per esso altri figli, allora la maternità non è più questa, non la si può chiamare tale.

Madre è colei che si sacrifica per la vita di suo figlio; ab-biamo tanti esempi di donne che muoiono per far nascere il loro bambino, che sacrificano la loro vita purché si salvi quella della creatura che portano in grembo.

Qui, per l’appunto, sta la questione: la madre si sacrifica per il figlio ma non sacrifica il figlio per se stessa.

Mettere al mondo un figlio per forza, sacrifi-candone altri, non è più amore di madre, non è più maternità, ma solo onnipotenza e delirio pro-creatico, voglia di posse-dere un figlio come cosa propria e non più come nuova vita da amare e ri-spettare.

Per quanto possano es-sere comprensibili le ra-gioni di coloro che ricorro-no a determinate tecniche di procreazione artificiale per avere un figlio, non è certo condivisibile che per essere madre di un figlio si legittimi l’uccisione di molti altri.

Non è più maternità questa: è solo egoismo.

Bisogna rivedere il ruo-lo di madre come bisogna rivedere il significato del dono di figlio.

La vita umana è un dono da amare e rispetta-re, da tutelare e coltivare, ma non da pretendere e costruire artificialmente.

Un bambino non è un bel giocattolo da far costruire come si desidera e da avere a tutti i costi.

La vita umana, racchiusa già in quella monocellula che si è appena formata con la fecondazione umana, va amata sem-pre, fin da quel primo istante… altrimenti, se non si ama la vita appena formata, come possiamo aspettarci che si riesca ad amare la vita di chi ci passa accanto?

Ma allora cosa significa, oggi, l’essere madre?

Significa tante cose, ma prima di tutto c’è l’essere pronta a dare la vita per i propri figli: ma non è una cosa nuova, è sempre stato così ogni volta che si accetta la vita quale dono da amare, custodire e far crescere.

www.bioeticaefamiglia.it

Mauro e Marzia, felici con due fiori: Giacomo e Letizia

Festa della Famiglia Passionista: S. Gabriele 27-6-2009

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Una grande grazia per rigene-rarsi ogni anno

Dal 17 al 22 ago-sto 2009 si è svolto presso il santuario di San Gabriele il 2° corso di ritiro spirituale per fa-miglie; hanno par-tecipato circa 60 persone tra geni-tori e figli. Il corso è stato guidato da P. Luciano Tempe-rilli affiancato dal nostro assistente P.Alberto; le cate-chesi supportate dalla proiezione di power point hanno ripreso il tema degli esercizi 1989 “La santità è amore” ma con tematiche rivolte alla famiglia. Sono stati molto partecipati i lavori di gruppo del po-meriggio sulla relazione di coppia e sul rapporto con i figli. Ci sono stati intensi momenti di preghiera durante le adora-zioni eucaristiche animate dal diacono Vito. I figli più grandi sono stati segui-ti dai genitori, mentre i più piccoli da Suor Carmela e con l’aiuto delle mam-me hanno preparato disegni e lavori sul vangelo del giorno, poi presentati alla messa vespertina. Non sono mancati i momenti di distensione, quali la gita sui monti e la partita di calcio tra genitori e figli. Fin dall’arrivo si è instaurato tra i partecipanti un forte clima di comunio-ne e collaborazione che unito all’inten-so lavoro e dedizione delle nostre guide,

ha permesso la buona riuscita del corso. Partecipare a questo ritiro è una gran-de grazia che ogni anno ci viene data; è un rigenerarsi come famiglie e come gruppo. Ci aiuta a riflettere sulle nostre cadute e ci sprona a ripartire da capo, ogni volta, con la certezza che il Signore è sempre al nostro fianco e ci ama così come siamo. Ringrazio di cuore, oltre P. Alberto che guida il nostro cammino senza stancarsi mai, P. Luciano Tem-perilli che è entrato nella nostra vita in punta di piedi ma ci ha dimostrato subito la sua disponibilità e la sua acco-glienza e la sua preparazione; ha saputo catturare il nostro interesse con le ca-techesi mirate alla riflessione persona-le sulla vita di coppia e come genitori. Grazie anche a suor Carmela che ogni anno ci aiuta con i figli; la sua carica

esplosiva di felicità e di amo-re di Dio viene trasmessa a chiunque le si avvicina.

Mariella

Una forte ricarica

Come ogni anno, questi esercizi sono per me una for-te ricarica che rinvigorisce il corpo e lo spirito. Ho vissu-to questi giorni nella pace e serenità, in comunione con tutti gli amici ai quali sono legata da anni ma anche con coloro che ho conosciuto per la prima volta, in particolare la dolcissima Elmira. Ringra-zio il Signore per quanto ci ha donato e tutti coloro dei quali si è servito per comuni-carsi a noi.

Fiorella

Il rinnovo delle promesse matri-moniali hanno dato nuova linfa all’amore

Sabato 22 agosto si è concluso il ri-tiro spirituale per le famiglie presso il santuario di san Gabriele, al quale par-tecipiamo da diversi anni con i nostri figli, per vivere insieme questa forte esperienza spirituale, unica nel suo ge-nere. É bello stare insieme ad altre fami-glie che, come noi, sentono il bisogno di curare il proprio spirito, che spesso arriva a questo appuntamento stanco e appesantito. Le catechesi, i dialoghi, le adorazioni, le messe e i rosari davanti all’urna di san Gabriele effondono in

noi quella pace e comunione che solo in Cristo si possono avere. An-che in questo anno abbiamo avuto la grazia di avere con noi persone nuove che hanno arricchito il no-stro stare insieme. La messa con-clusiva concelebrata da P. Luciano, P. Alberto e i diaconi Vito e Riccar-do è stata meravigliosa: il rinnovo delle promesse matrimoniali, con la candela accesa e mano nella mano, hanno dato una nuova lin-fa al sacramento del matrimonio. Rendiamo lode a Dio per tutto ciò che ci ha donato e per l’amore che ha riversato nei nostri cuori.

Sandro e Letizia

di Francesco Valori

Esercizi spirituali 9-14 agosto 200912

Salire un altro gradino della san-tità

Ogni corso di esercizi è un “itinerario di ascolto “, ricco di silenzio e di pre-ghiera per un nuovo incontro con Dio. E’ una esperienza sempre nuova per aiuta-re la conoscenza di noi stessi a diventa-re revisione di vita. E’ quanto ho vissuto in questo corso di esercizi presso il san-tuario di San Gabriele, come una veri-fica del mio ventennio di appartenenza agli Amici di G.C. Mi sono chiesta: “Chi sono io? A che punto mi trovo, dopo tanti anni, nel cammino di santità?”. Il tema del corso, “La santità è amo-re“, mi ha aiutato a dare una risposta. Era lo stesso argomento di venti anni fa, agosto 1989, quando nacquero gli AGC. Nelle catechesi, tenute dal P. Alberto, è stato sviluppato concretamente il tema della santità nei suoi principali aspetti di “vocazione, intimità con Dio, corsa ad ostacoli, amore concreto, diffonde-re l’amore”. Temi che nell’omelia della messa serale venivano approfonditi per diventare un programma di vita quo-tidiana. Il corso è stato una miniera di suggerimenti per una revisione del mio cammino ventennale di “santità passio-nista”, il cammino dell’amore concreto. Arricchita dall’esperienza di fede vissu-ta con circa 60 fratelli, specialmente nei gruppi di lavoro; memore dei momenti di interiorità provati nell’adorazione quotidiana e nella commemorazione della “Via Crucis“, potrò ora tentare con coraggio la salita di un altro gradino della scala, che conduce alla santità e guardare il futuro con fiduciosa speran-za.

Margherita Padovani

Cercatore di Dio

“Ciao, tutto bene?”. “Tutto bene, come gli esercizi di quest’anno, bellis-simi, come sempre; oggi poi è giorno di “deserto”; senza chiasso intorno, è più facile parlare al Signore.

“Che cosa gli dirai?”. “Sono tante le cose da dire, ma gli parlerò anche di te. Gli dirò che, sia pure inconsapevolmen-te, lo stai cercando, gli hai già aperto la porta del cuore. Hai forse ancora paura di incontrarlo. Te ne stai nascosto come Zaccheo, ma con il desiderio di cono-scerlo. Lui questo lo sa, quindi anche Lui ti cercherà. Quando gli sarai più vi-

cino, ti chiamerà. Allora uscirai dal tuo nascondiglio e sarà Lui stesso a dirti che vuole venire a casa tua. Non aver pau-ra, sarà un ospite carico dei quei doni che solo Lui può offrire. Sperimenterai la comunione con Lui, la gioia del suo perdono, la tenerezza del suo amore. Il suo abbraccio scioglierà ogni resistenza e sarà dolcissimo abbandonarsi a Lui. Il suo amore è un dono talmente grande che vorrai condividerlo con altri e più lo condividerai, più crescerà. Non potrai più farne a meno, perché darà un senso nuovo alla tua vita, ti aiuterà a vedere le cose sotto una luce diversa, dimentiche-rai la tuoi limiti umani per sentirti parte di quella “Bellezza tanto antica e tanto nuova” che è Dio. Rimpiangerai di aver-lo conosciuto e amato troppo tardi”.

Amica di G.C.

Negli esercizi, che ho fatto per la prima volta, ho vissuto momenti di grazia e di amore: si respirava un clima di famiglia e di fratellanza nel Si-gnore. Porto nel cuore ogni momento di quelle giornate; Gesù mi ha fatto capire sopratutto che la santità è possibile per tutti noi; la santità fatta di quotidiano, vivendo con amore ogni più piccola cosa; mi ha fatto comprendere che se vivo ogni istante unita a Lui tutto ac-quista un valore redentivo per l’unione alla sua Passione. Ogni azione, sorriso, e preghiera fatta con Gesù, per Gesù e in Gesù diventa dono d’amore per Dio Padre e per le anime. Ringrazio gli AGC

per il loro affetto e la loro accoglienza.

Alessia Fiore Fraternità Sulmona.

Gesù mi si è donato. Chi intraprende un cammino ha bisogno di una guida che conosce la via. Da soli ci si perde e si va incontro a pericoli sconosciuti. Una buona guida serve in modo particolare nel tortuoso cammino verso la santità. A questi esercizi non sono venuto per caso, ma è stata un’esigenza interiore data dal Signore stesso. In essi ho cono-sciuto di più Gesù che mi si è donato e mi ha attirato a sé, mi si è svelato come egli è. Ho preso atto dell’abisso che c’è tra lui che è il modello e me che sono una brutta copia. In lui ho riposto ogni speranza; ho sperimentato non solo at-timi di intimità, ma ore di intensa ri-flessione e una profonda riconciliazione con me stesso e con Dio, con una grande fiducia nella sua infinita misericordia.

Pio Calvarese

Ringrazio del bellissimo momento vissuto con tutta la comunità nel corso di esercizi; ancora oggi, cerco di rivivere quei meravigliosi momenti che il Signore mi ha voluto regalare quando ero immer-sa nella preghiera: momenti che custo-disco gelosamente nel mio cuore perchè credo che mi stiano facendo riflettere sul senso che dovrò dare alla mia vita. Prego lo Spirito Santo di far chiarezza e che mi aiuti a perseverare in questo cammino.

Mimma Sciannameo di Noicattaro BA

Ritiro spirituale per le famiglie: 17-22 agosto 13

Dott.ssa Adele Caramico Stenta

Corso di Esercizi spirituali: S. Gabriele 9-14 agosto 2009. Ritiro spirituale per famiglia: S. Gabriele 17 22 agosto 2009.

Mariangela di Udine rinnova la consacrazione a Gesù Crocifisso

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di P. Alberto Pierangioli

TESTIMONIANZE14

Nelle burrasche, Maria è la mia “stella polare”

In questo periodo siamo stati più volte a Roma per effettuare continue dilatazioni esofagee su Anna, che per il momento, pur non essendo peggiorata, non risponde come sarebbe stato augu-rabile.

Il “SI’ “ di Maria mi accompagna sem-pre e quando penso alle sofferenze di questa Madre, rimango in silenzio. Sa-rebbe offensivo lamentarsi quando si sa quanto hanno sofferto Colui che ha dato la Vita per noi e la Santa Vergine. Non nego che in certi momenti prende un po’ di sconforto. Allora penso che anche Gesù ha provato un’agonia molto più profonda della nostra. Del resto il Cristianesimo è un evento che si chia-ma Gesù Cristo; il tutto si riassume in questo: “Chi vuol seguire me, rinne-ghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Gesù per primo non ha vissuto nella comodità. Spesso guardo la “mas-sa”, apparentemente felice, ma priva di nutrimento. Credo che tante persone soffrano di “anoressia spirituale”. In quale altro modo potremmo definire chi non ricorre all’Eucaristia? Si nutre tanto attentamente il corpo e non si ricorre al Pane vivo disceso dal Cielo. Ecco perché, pur non attraversando un periodo bello, non mi lamento della mia vita, anzi, ringra-zio Gesù Crocifisso e la Santa Vergine, che giorno e notte mi fanno sentire il loro immenso Amore. Mi affido nelle mani di Maria che sento essere la mia Stella Polare, Colei che mi indica la strada in questa fase della mia vita. Una dolcissima Signora, di fronte alla quale ci possiamo solo inginocchiare, perché è Madre dei peccatori e Madre di Misericordia. Con il suo “sì” ha accettato il gran-de incarico di essere Madre di colui che sarebbe stato croci-fisso per puro amore, per pura misericordia. Se Gesù è Mise-ricordia, come può la Madre di tale Misericordia non ascol-tare le nostre preghiere? Personalmen-te ho sperimentato l’ascolto profondo, accogliente di Maria. Quando abbiamo l’impressione che le nostre preghiere non vengano ascoltate, ci sbagliamo. In

quel momento Gesù e Maria sono pro-prio lì, vicino a noi, con il loro tenero amore, che non ci dà subito ciò che de-sideriamo per permetterci di fare altri passi in avanti e poter godere di un bene maggiore. Nel calvario si sperimenta il Dio crocifisso, nella Santa Eucaristia entra in noi Gesù Crocifisso, ma anche già risorto: Col nome di Maria si spa-lancano le porte del cielo e si chiudono quelle dell’inferno. Maria ha portato in grembo Gesù per nove mesi;per questo possiamo dire che Gesù e Maria sono la stessa carne materiale, ma anche una carne spirituale, risorta e gloriosa. Il cal-vario, qualunque esso sia, porta al Cie-lo, o meglio, potremmo dire che il Cielo, grazie al calvario, scende nel cuore di coloro che decidono di accoglierlo.

Fabrizio di Firenze

Anche a Bari gli Amici di Gesù Crocifisso

Carissimo padre Bruno, vi ringrazio per il vostro scritto; è sempre una gioia sentirsi in comunione. Il dono della Fa-miglia Passionista “Amici di Gesù Cro-cifisso” nella mia vita è motivo di lode costante a Dio. Potrò anche non vedere mai i frutti nel progetto che il Signore ci ha affidato, ma è certo che guarderò

sempre a questo cammino perché giun-ga a buon fine, se è volontà del Signore. Vivo giorno per giorno di quello che la Provvidenza mi concede, ma il deside-

rio di poggiare il capo da qualche parte per avere almeno la certezza di vivere con voi gli straordinari momenti di fe-sta è veramente forte. Di certo pregherò per chiedere benedizioni per tutti voi. Il 22 luglio il gruppo di Bari si è ritrova-to presso il santuario del SS. Crocifisso di Rutigliano BA, davanti al Santissimo in adorazione profonda, accompagnata dalla meditazione degli Amici di Gesù Crocifisso. Abbiamo affidato a Lui gli esercizi spirituali che faremo con voi a San Gabriele. Pregate per me, che de-sidero abbracciare pienamente la croce del Signore. La preghiera della Famiglia Passionista mi accompagni sempre.

Prudenza di Bari

Il sorriso di Tiziana

Il primo agosto, invitati da P. Alberto, alcuni Amici della Fraternità di Giu-lianova, Pio, Pina, Savina e Rita siamo andati a conoscere la nostra giovane aggregata di Villa Brozzi TE, Malizia Ti-ziana, una delle prime iscritte gli AGC dal 1990; laureata in legge, ha accettato con grande fede di aiutare Gesù a por-tare la sua croce. Con Tiziana abbiamo conosciuto i genitori e i numerosi fami-liari, la sorella passionista, Sr. Pia Re-gina e Sr. Francesca passionista sorella

della cognata. Abbiamo recitato il Ro-sario nella chiesetta di famiglia, molto raccolta, con un grande e stupendo Cro-cifisso. P. Alberto ha poi celebrato la S.

Messa. É seguito un momento di festa con un’agape fraterna. Siamo rimasti molto colpiti dal sorriso di Tiziana, dal-la sua fede e serenità con cui accetta la sua malattia, ma anche dalle fede, gioia e unione della famiglia, che l’indomani avrebbe celebrato il battesimo del pic-colo Francesco e la felicità di Rachele, sorellina del battezzando. Ringraziamo il Signore del dono di avere aggregata a noi Tiziana.

Rita e Pina

Non posso dire di no alla nuova chiamata del Signore

Carissimo padre, dopo aver molto meditato e pregato, non posso dire di no alla voce interiore, che mi spinge a scrivere questa mail. Ringrazio il Signo-re di avermi fatto conoscere e messo al mio fianco, sia pure per pochi anni, una persona come lei. Non ho mai di-menticato il suo esempio e il suo inse-gnamento, le sue esortazioni ad amare Dio in Gesù crocifisso e scorgere, al di là della Croce, la gioia del Risorto? Purtroppo non sono riuscito a realiz-zare l’ideale di essere Passionista e ne sono molto rammaricato. Ma il Signore mi ha sempre accompagnato con la sua misericordia. Anche nei momenti bui la luce della fede e l’abbandono tra le sue braccia mi hanno salvato. Grazie alla sua formazione, ho contribuito a costruire una chiesa, ho cercato sem-pre di aiutare e dire una parola buona al mio prossimo. Il Signore ha permes-so che lavorassi con un ateo; ai nostri accesi dibattiti spesso assistevano altri colleghi; molte volte, al termine del di-battito, il collega ateo diceva: “Quanto vorrei che i miei occhi brillassero della tua stessa luce di fede, purtroppo a me non è stata data questa luce”. Per molti anni sono stato iscritto all’associazione degli ex Passionisti. Ora vorrei trovare qualcosa di più per vivere da laico la spiritualità passionista. Più volte ho let-to lo statuto degli Amici di Gesù Croci-fisso; ora intendo farne parte. Le confi-do come a un direttore spirituale che da qualche tempo vado a messa quasi ogni mattina, recito l’ufficio divino e il santo rosario, e quando mi sveglio di notte, dico le mie preghiere, secondo il tem-po liturgico. Dedico ogni giorno un po’ di tempo a meditare la parola di Dio. Collaboro con la Caritas parrocchiale

e per vari anni ho fatto catechismo. Di recente, mentre passeggiavo lungo la spiaggia, meditando sulla bellezza del paesaggio e ringraziando Dio di tanta bontà nei miei riguardi, d’istinto pregai il Signore di farmi partecipe delle soffe-renze di Gesù e dei fratelli bisognosi, se questo era per la sua gloria. Mentre ero assorto in questi pensieri, inciampai e caddi battendo violentemente la spal-la. Dopo varie cure e ricoveri, il dolore mi affligge ancora; accetto la sofferen-za come dono del Signore per il bene che Lui vorrà farne. Ecco il mio stato spirituale, perchè possa discernere se posso far parte ancora della Famiglia Passionista.

14-6-09 Caro padre, solo oggi ho let-to con gioia i suoi messaggi in risposta al mio, perché ho trascorso un periodo di tempo in ospedale. Con viva gratitu-

dine la ringrazio della carità e fiducia con cui mi accoglie tra gli “Amici di Gesù Crocifisso”. Certo ormai l’età e la salute non mi consentono di partecipa-re attivamente ai raduni, ma assicuro la mia presenza con i mezzi che non co-noscono ostacoli e confini fisici, quali la mente, il cuore, la preghiera costante e le mie sofferenze quotidiane che uni-sco a quelle di Gesù Crocifisso, a gloria di Dio Padre, per il bene dei fratelli e di tutta la Santa Chiesa. Con questo spirito, rinnovo la richiesta di far parte degli “Amici di Gesù Crocifisso”, impe-gnandomi ad osservarne regole e statu-to, confidando nella grazia del Signore e testimoniando con tutte le mie forze “Gesù Crocifisso e la nostra Mamma Maria” nella mia situazione attuale di padre di famiglia.

Di Marco Severino Roma

Amici di Giulianova, Morrovalle e nipoti festeggiano gli 80 anni di P. Alberto.

Tiziana festeggiata dalla sua famiglia e da alcuni Amici di G. C.

Auguri dal P. Generale

Caro P. Alberto, invio fraterni auguri per il tuo 80° COMPLE-

ANNO, da S. Paulo in Brasi-le dove sono arrivato ieri per la visita ad alcune comunità e per la celebrazione del Ca-pitolo Provinciale . Mi uni-sco a te, ai tuoi familiari, ai confratelli della Comunità di Morrovalle e ai numerosi “Amici di Gesù Crocifisso” che animi, per rendere gra-zie a Dio per il dono della tua vita che stai spendendo per il suo Regno nella Con-gregazione. Il tuo complean-no coincide con la festa del Beato Domenico e questo è un buon auspicio per la tua santità ! AD MULTOS AN-NOS, dicevano in latino i nostri Padri ed io lo ripeto a te con molta fraternità e gio-ia nel Signore.

P. Ottaviano D’Egidio cp.

COMPLEANNO DEL NOSTRO ASSISTENTE: 80 ANNI DI GRAZIE

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Settembre/Ottobre 2009 – Anno X n. 5Autor. Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999Sped. Ab. Post. D.353/2003 (L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1, Comma 2, DCB MacerataEditoriale ECO srl - C. c. p. 11558624Dir. Tonino Taccone – Redazione: P. A. Giuseppe PierangioliPiazzale S. Gabriele 2 – 62010 Morrovalle McTel. 0733.221273 - Fax 0733.222394 - C. [email protected] www.amicidigesucrocifisso.org

Un grazie sincero a coloro che hanno inviato la loro offerta per le spese di stampa

Ricordiamo al Signore i nostri defunti

CALENDARIO AMICIRitiri mensili a Morrovalle: 13 settembre, 4 ottobre, 8 novembre, 13 dicembre

19 ottobre: Festa di S. Paolo della Croce: Messa a Morrovalle ore 21,15.

Ritiri e Consacrazioni:20 settembre: Madonna della Stella PG: Ventennale nascita Amici di G. C.26 settembre: S. Tommaso di Canterbury, P. S. Elpidio, S. Elpidio a Mare AP5-7 ottobre: Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo, Sulmona AQ8-10 ottobre: Trasacco AQ24 ottobre: S. Nicolò a Tordino TE15 novembre: Giulianova Lido TE

In questi mesi abbiamo le consacrazioni a Gesù C. in sei fraternità. É una grazia per tutto il movimento. Ogni cristiano è un consacrato, perché

nel Battesimo ha ricevuto da Dio la consacrazione più importante, come figlio di Dio, base di ogni altra consacrazione. Questo grande dono è stato poco spiegato e poco capito e vissuto. Con la consacrazione a G. C., ringraziamo il Signore della consacrazione battesimale e ci impegniamo a conoscerla e a viverla pienamente. La consacrazione è una scelta di vita, è la meta normale alla quale tende ogni AGC. Gli AGC non aderiscono a un semplice gruppo di preghiera, ma a un movimento che li aiuta a tendere alla santità, seguendo da laici la spiritualità passionista. Come nessuno entra nella vita religiosa per rimanere sempre novizio, ma vi entra per arrivare ed essere un vero religioso con la consacrazione, così, chi entra a far parte degli Amici di Gesù Crocifisso non vi entra per rimanere alla porta della Famiglia Passionista, ma per arriva-re ad essere un vero membro della Famiglia Passionista con la consacrazione solenne a Gesù Crocifisso. Che cosa chiede il Signore a chi fa la consacrazione? Chiede che viva sul serio gli impegni del Battesimo e della Promessa di Amore che rinnova ogni giorno. Chi ripete di cuore, ogni giorno, la Promessa di Amo-re, non deve aver paura di ripeterla poi davanti all’altare. Chi entra a far parte degli AGC e frequenta regolarmente una fraternità o un gruppo di preghiera, quando ha compreso che la spiritualità passionista è la sua spiritualità, può chiedere di fare la consacrazione a Gesù Crocifisso. Solo allora entra a far parte pienamente della Famiglia Passionista. La consacrazione solenne non va fatta con leggerezza, ma con serietà: coloro che scelgono la spiritualità passionista come ideale di vita e di santità, è bene che la facciano. Essa non è riservata solo ad alcuni Amici più bravi e più buoni! In alcune fraternità c’è troppa paura di fare la prima consacrazione. É segno che si sta ancora con un piede dentro ed uno fuori e non si è deciso di entrare pienamente nella Famiglia Passionista. Non si può restare in bilico per sempre; bisogna avere il coraggio di fare una vera scelta di amore. P. Alberto Pierangioli

Mario Boschetti, venuto in Italia dal Sud Africa nel giugno 2008, a 17 anni, per curarsi di leucemia, riparte guarito

per il Sud Africa insie-me alla mamma Anna. Ringrazia gli Amici che

hanno pregato per lui e lo hanno aiutato. Dovrà tor-nare in Italia ogni sei mesi per controlli. Gli facciamo tanti auguri. P. Alberto

Mario, guarito dalla leu-cemia, riparte felice con la mamma per il Sud Africa.

PREPARARE LE CONSACRAZIONI A GESU’ CROCIFISSO