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mici di Gesù Crocifisso A Novembre - Dicembre 2009 - Anno X n.6 Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso” SOMMARIO 2 - Confessione e riparazione 3 - Effetti della Confessione e le Indulgenze 4 - Il Crocifisso Risorto 6 - Riflessione sulla Via Crucis 8 -La santità è amore: Volare a Dio 9 - Madre = fede e coraggio 10 - Ventennale Amici alla Madonna della Stella 10 - Venti anni negli Amici di G.C. 11 - Testimonianze del Ventennio 14 - Consacrazioni 15 - Testimonianze varie 16 - Auguri Beato Pio Campidelli

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mici di Gesù CrocifissoANovembre - Dicembre 2009 - Anno X n.6

Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

SOMMARIO

2 - Confessione e riparazione

3 - Effetti della Confessione e le Indulgenze

4 - Il Crocifisso Risorto

6 - Riflessione sulla Via Crucis

8 -La santità è amore: Volare a Dio

9 - Madre = fede e coraggio

10 - Ventennale Amici alla Madonna della Stella

10 - Venti anni negli Amici di G.C.

11 - Testimonianze del Ventennio

14 - Consacrazioni

15 - Testimonianze varie

16 - AuguriBeato Pio Campidelli

di P. Alberto Pierangioli

III - Confessione e riparazioneNovembre (CCC 1455–1467 – 1480-84)

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La confessione dei peccati

Gesù risorto, apparso agli apostoli nel cenacolo, diede loro il potere di rimettere i pec-cati: “Ricevete lo Spirito San-to. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,23). Era l’isti-tuzione del sacramento della Penitenza. Per rimettere i pec-cati è necessario conoscerli. Da questo nasce il rito della con-fessione dei peccati al ministro autorizzato.

La confessione al sacerdote costituisce una parte essen-ziale del sacramento della Pe-nitenza. Ogni fedele è tenuto a confessare i propri peccati gravi per poter ricevere la co-munione. La Chiesa consiglia anche la confessione delle col-pe quotidiane, i peccati ve-niali, perché aiuta a formare una coscienza delicata; come sacramento, aumenta la grazia, fortifica per non cadere in col-pe più gravi e aiuta a progre-dire nella vita dello Spirito e a tendere alla santità. Ricevendo frequentemente il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui.

La soddisfazione

I peccati offendono Dio e spesso an-che il prossimo. Per ottenere il perdo-no, bisogna essere sinceramente pentiti e cercare di riparare l’offesa fatta a Dio e il male fatto al prossimo. Chi ha rubato deve restituire, chi ha calunniato deve ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato. Ma, in più, il peccato feri-sce e indebolisce il peccatore stesso e le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non rimedia a tutti i disordini che il peccato ha causato. Liberato dal peccato, il pec-catore deve ancora recuperare la pie-na salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve “soddisfare” o “espiare” i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche “penitenza”. La peniten-za che il confessore impone tiene conto

della situazione personale del peniten-te e deve cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere in una preghiera, un’offerta, un’opera di misericordia, un servizio al prossimo, un sacrificio e soprattutto nella paziente accettazione delle croci quotidiane. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che ha espiato per i nostri peccati una volta per tutte.

Il ministro del sacramento

Poiché Cristo ha affidato agli Apo-stoli il ministero della riconciliazione, i vescovi, loro successori e i presbiteri, collaboratori dei vescovi, continuano ad esercitare questo ministero, ricevuto con il sacramento dell’Ordine sacro. Il vescovo è colui che ha il ministero della riconciliazione e modera la disciplina

penitenziale. I presbiteri esercita-no tale potere nella misura in cui ne ricevono l’ufficio dal vescovo.

Alcuni peccati particolarmente gravi sono colpiti dalla scomuni-ca, la pena ecclesiastica più se-vera, che impedisce di ricevere i sacramenti e di compiere determi-nati atti ecclesiastici; la sua asso-luzione può essere accordata dal Papa, dal vescovo del luogo o da presbiteri autorizzati. Solo in peri-colo di morte, ogni sacerdote può assolvere da qualsiasi peccato e da qualsiasi scomunica.

I sacerdoti devono essere di-sponibili a celebrare il sacramen-to della penitenza, come uno dei doveri fondamentali del proprio ministero e devono incoraggiare i fedeli ad accostarsi ad esso. Ce-lebrando il sacramento della Pe-nitenza, il sacerdote compie il mi-nistero del Buon Pastore che cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che attende e accoglie il figlio prodigo al suo ritorno, del giusto Giudice che non fa distin-zione di persone e il cui giudizio è insieme giusto e misericordioso. Il sacerdote è lo strumento dell’amo-re misericordioso di Dio verso il peccatore.

Il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di

Dio, dispensatore dalla carità di Cristo. Deve essere ben preparato a esercitare un ministero così fondamentale e de-licato. Deve essere giusto e misericor-dioso. Deve essere fedele al magistero della Chiesa e condurre con pazienza il penitente verso la guarigione e la piena maturità. Deve pregare e fare penitenza per lui.

Data la delicatezza di questo ministe-ro e il rispetto dovuto alle persone, ogni sacerdote che ascolta le confessioni è ob-bligato, sotto pene molto severe, a man-tenere un segreto assoluto riguardo ai peccati ascoltati in confessione e anche a quanto viene a conoscere della vita dei penitenti attraverso la confessione. Que-sto segreto non ammette eccezioni e si chiama il “sigillo sacramentale”. Molti sacerdoti hanno preferito la morte per non violare questo segreto.

IV - Effetti della Confessione e le indulgenzeDicembre (CCC 1468- 1484)

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Gli effetti di questo sacramento

Il fine della Penitenza è ridonarci la grazia e riconciliarci con Dio. Chi lo riceve con le dovute disposizioni, so-prattutto con fede e sincero pentimento, ne riceve anche una grande pace e sere-nità di coscienza. La riconciliazione con Dio opera una autentica “risurrezione spirituale”, restituisce la dignità e i beni della vita dei fi-gli di Dio, di cui il più prezioso è l’amicizia di Dio.

Questo sacra-mento ci riconci-lia anche con la Chiesa. Il peccato incrina o rompe la comunione frater-na. Il sacramento della Penitenza la ripara o la re-staura. In questo senso, non gua-risce soltanto il penitente, ma ha pure un effetto vi-vificante sulla vita della Chiesa che ha sofferto a causa del peccato di uno dei suoi membri. Dice S. Paolo: “Se un membro sof-fre, tutte le mem-bra soffrono insieme”(1Cor 12,26). Rista-bilito o rinsaldato nella comunione dei santi, il peccatore viene fortificato dallo scambio dei beni spirituali tra tutte le membra vive del Corpo di Cristo, che sono in cielo o sulla terra.

La riconciliazione con Dio rimedia altre rotture, causate dal peccato: il pe-nitente perdonato si riconcilia con se stesso, con la sua coscienza; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo of-fesi e lesi; si riconcilia con la Chiesa, si riconcilia con tutto il creato.

In questo sacramento, il peccatore si rimette al giudizio misericordioso di Dio e anticipa in certo modo il giudizio finale. In questa vita abbiamo la possi-bilità di scegliere tra la salvezza e la per-dizione; il cammino di conversione ci riapre le porte del cielo, chiuse a causa del peccato grave (Cf Gal 5,19-21). Conver-tendosi a Cristo mediante la penitenza

e la fede, il peccatore passa dalla morte alla vita.

La celebrazione del sacramento

Come tutti i sacramenti, la Peniten-za è un atto liturgico. Gli elementi della celebrazione sono: il saluto e la bene-dizione del sacerdote, la lettura della

Parola di Dio per illuminare e suscita-re il dolore; la confessione dei peccati da parte del penitente; l’imposizione e della penitenza e l’assoluzione da par-te del sacerdote; lode, ringraziamento e congedo con la benedizione da parte del sacerdote.

La Chiesa ha rivalutato la celebrazio-ne comunitaria della Penitenza, nella quale la comunità si prepara insieme alla confessione e insieme ringrazia per il perdono ricevuto. La liturgia è forma-ta dalla Parola di Dio, omelia, esame di coscienza e richiesta di perdono comu-nitario, preghiera del “Padre Nostro”, confessione personale dei peccati, as-soluzione individuale e ringraziamento comune.

Solo in casi di grave necessità, secon-do il giudizio del vescovo diocesano, si può impartire una assoluzione genera-le per tutti i presenti. In questo caso i

fedeli, perché l’assoluzione sia valida, devono fare il proposito di confessare individualmente i propri peccati gravi a tempo debito.

La confessione individuale resta l’uni-co modo ordinario con il quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa. Solo un’impossibilità fisica o morale può dispensare da una tale confessione.

L’indulgenza

Il peccato ha una duplice conseguen-za: Il peccato grave priva della grazia e comunione con Dio e merita la “pena eterna”, che viene rimessa con il pen-timento e la confes-sione. Inoltre ogni peccato, anche ve-niale, provoca un at-taccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purifica-zione, o “pena tem-porale” o su questa terra o in Purgatorio. L’indulgenza è la re-missione dinanzi a Dio della pena tem-porale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissio-

ne che il fedele, ben disposto e a certe condizioni, riceve dalla Chiesa, la qua-le, in forza della comunione dei santi, attinge al tesoro della Chiesa, formato dai meriti di Cristo, della Vergine e dei santi che sono in cielo e sulla terra.

L’indulgenza è parziale o plenaria se-condo che libera in parte o in tutto dal-la pena temporale dovuta per i peccati. L’indulgenza può essere applicata ai vivi o ai defunti, che fanno parte della co-munione dei santi. Una conversione sin-cera, che procede da un amore fervente e da un dolore profondo di contrizione, può arrivare a purificare totalmente il peccatore da ogni pene eterna e tem-porale. Concludendo: la confessione e il pentimento rimettono la pena eterna; pentimento e opere buone rimettono la pena temporanea.

di P. Alberto Pierangioli

di Gabriele Cingolani cp

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stessa gloria. Perché ciò si verificasse non bastava morire, ma bi-sognava realizzare una morte che fosse vittoria sulla morte. Questo è l’elemento appassio-nante che risolve il destino umano. Cristo l’ha realizzato vivendo la morte come scelta libera e come dono di sé nell’amore – amore per il Padre e per noi. La morte non può fare più nulla contro questo modo vitale di morire.

Il destino umano ha dunque uno sfocio positivo. Non è un’evasione, perché quella morte è per noi, cioè an-che nostra. Se Cristo si fosse servito della sua potenza di Figlio per evita-re la morte avrebbe riportato un gran successo personale, ma per noi non sarebbe cambiato niente. Morendo e risorgendo ha invece percorso tutto il cammino e ha preso in mano il domi-nio sulla morte, che nessuno gli potrà strappare.

Senso e scopo della morte e risur-rezione di Cristo

È di condurre “molti figli alla gloria”, Eb2,10. Il Crocifisso Risorto è il centro della creazione e ha una finalità uni-versale. Il Padre vuole che nel Figlio tutti diventino figli e siano coronati di gloria e di onore come il Figlio. All’ini-zio Dio aveva voluto l’essere umano a sua immagine e somiglianza, dandogli il potere su tutta la creazione, cfr. Gn 1,26-27. Ora lo vuole FIGLIO!

Il peccato aveva scavato una di-stanza infinita tra quel progetto e la realtà, ma Dio ha trovato il modo per riacciuffare ciò che era perduto e per vincere le forze del male. Ha inviato il suo Figlio e il suo Soffio, lo Spirito Santo, cfr. CCC 689-690, come rea-lizzatore e guida alla salvezza, di cui quella mosaica era solo una lontana prefigurazione. La salvezza realizzata da Cristo non consiste in un itinerario cronologico o geografico ma nella tra-sformazione profonda di tutto l’essere. È difficile da spiegare, com’è difficile illustrare un cambiamento di sostan-

za, ma è in parte dimostrabile con la vita.

Affermare che il Padre rese perfetto per mezzo della sofferenza il capo che guida alla salvezza significa definire in modo ardito e provocante il modo in cui siamo stati salvati. Non con sfoggio di una potenza che distrugge l’avversario, ma con un atto d’amore. Diventare perfetti attraverso la soffe-renza assunta e condivisa per amore.

Liberare l’umanità – salvare – dove-va significare liberarla da ciò che più la tiene schiava, cioè la sofferenza e la morte. Esse non conducono alla gloria e all’onore, ma alla distruzione dell’es-sere e al nulla. La prima reazione umana è fuggire, cercare scampo. Cri-sto invece le assume su di sé e le svuo-ta del contenuto oppressivo perché le trasforma nel più grande e supremo atto d’amore. Il Padre approva la scelta del Figlio e si serve della sua sofferen-za e morte per rendere perfetto il Capo che deve guidare alla salvezza.

Il Figlio non era forse perfetto prima della passione e morte? Lo era come Dio ma non come uomo, perché l’arco della vicenda umana si estende dal-la nascita alla morte. L’Incarnazione implicava l’assimilazione completa alla nostra sorte. Come noi non siamo perfetti uomini o donne finché non concludiamo la nostra parabola esi-stenziale con la morte, così Cristo non è completamente uomo finché non entra nell’oscurità della nostra morte. Così egli rende perfetta in sé la natura umana. La trasformazione non avvie-ne però per la sofferenza in quanto tale, ma in quanto Dio vi agisce dal

di dentro trasforman-dola in amore. In noi la trasformazione av-viene nella misura in cui, nel soffrire e nel morire, accettiamo che Dio agisca nella potenza dello Spirito del Risorto. Il passag-gio di Gesù dentro la nostra morte mani-festa non solo la sua obbedienza d’amore al Padre, ma anche la sua totale solidarietà con noi. Perché colui che è santificato san-

tifichi gli altri bisogna che sia unito a loro. Cristo ha percorso il nostro stes-so cammino di sofferenza e di morte, perciò anche nella sua glorificazione mantiene i suoi legami con noi. Siamo addirittura con-glorificati con lui, cfr. Rm 8,17. La sua gloria non lo colloca a una distanza inaccessibile. Anzi, il Padre gliela dà perché la comunichi anche a noi.

Secondo qualche autore, il “voglio fargli un aiuto che gli sia simile”, Gn 2,18, pronunciato dal Creatore all’ori-gine della coppia umana, si riferireb-be in senso finale all’incarnazione del Verbo, che diverrà simile a noi per essere nostro aiuto. Infatti Cristo “pro-prio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, è in gra-do di venire in aiuto a quelli che subi-scono la prova”, Eb 2,18; cfr. 4,16.

La donna come aiuto all’uomo sa-rebbe quindi un pre-adombramento del Cristo, aiuto ad ambedue, legame di amore tra i due come sposo della chiesa sposa. Il che proietta luce sul-la teologia del sacramento del matri-monio. Così il mistero del Crocifisso Risorto illumina e da significato al mi-stero del cammino umano. La Lettera agli Ebrei imposta poi in dimensione sacerdotale il ruolo salvifico del Cro-cifisso Risorto. Essa è rinomata e im-portante soprattutto per questo aspet-to della sua teologia e spiritualità.

Ma per noi è ormai tempo di conclu-dere queste riflessioni prolungate per ben un sessennio – forse troppo – e sa-lutare i lettori, ringraziando chiunque vi abbia fatto una qualche attenzione.

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È giusto concludere questo triennio di pensieri passionisti basati sulle Lettere di san Paolo Apostolo con

qualche riflessione passiologica sulla Lettera agli Ebrei. Essa non è di Paolo ma sorge dai circoli teologici paolini. È un documento complesso e raffinato, ricco di contenuti originali, sul quale vale la pena meditare.

Incarnazione per il sacrificio

Betlemme guarda al Calvario. Dal-la culla il Verbo incarnato pensa alla croce. Anzi, anche prima della culla. Nel cuore della lettera troviamo l’af-fermazione che nel momento della sua concezione umana il Verbo si of-fre al Padre in sacrificio per la salvezza dell’umanità.

“Entrando nel mondo Cristo dice: tu non hai voluto né sacrifico né offerta, un corpo invece mi hai preparato, ecco io vengo, o Dio, per fare la tua volon-tà”, 10,5-7. Dunque il Verbo nasce come uomo per offrirsi in sacrificio, col quale realizza lo scopo che gli altri sacrifici non potevano ottenere perché s’erano ridotti a meri gesti esterni e rituali. Ecco io vengo indica l’entrata del Verbo nel mondo e afferma quin-di la sua preesistenza. Era volontà del Padre che i sacrifici di animali fosse-ro rimpiazzati dall’offerta del cuore. I profeti avevano annunciato che i sacrifici esteriori non servono se non coinvolgono il cuore.

Le prime parole del Verbo incarnato al Padre sono prese dal salmo 40, in cui il corpo umano è presentato come dono di Dio per il sacrificio. Dinanzi a questa impostazione possono sorge-re due questioni. Prima: Perché Dio non gradisce i sacrifici, che pure era-no stabiliti nella legge da lui ispirata? La risposta è che quei sacrifici, gesti esteriori, dovevano essere il segno del-la comunione interiore con Dio, cioè dell’offerta del cuore e della vita. Invece s’erano ridotti a compimento formale di un dovere. L’osservanza della legge doveva esprimere la fedeltà all’allean-za, ma era diventata fine a se stessa. Seconda: Perché il Verbo incarnato of-fre in sacrificio il suo corpo, mentre il Padre chiede il sacrificio interiore? La risposta è che Cristo offre il suo essere umano, realtà inscindibile di anima e

corpo. Il Verbo s’incarna per offrirsi in oblazione totale al Padre.

Siccome l’umanità è precipitata in stato di peccato, tale oblazione passe-rà attraverso il dolore e la morte. Cri-sto compie il mandato del Padre – fa la sua volontà – offrendo la totalità del suo essere. Il suo è un sacrificio non perché si è fatto uccidere dagli uomini – il che non è approvato né da lui né dal Padre – ma perché per amore si of-fre totalmente al Padre e si fa solidale con noi sino alla fine, cfr. Gv 13,1.

Il Crocifisso Risorto icona del de-stino umano

Per spiegare chi è il Crocifisso e che cosa ha fatto per il destino dell’umani-tà, la Lettera agli Ebrei parte spiegan-do chi è l’uomo di cui parla il salmo 8,5-7. “Di poco l’hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e onore l’hai coronato e hai posto ogni cosa sotto i suoi pie-di”, Eb 2,7-8. Questa descrizione non

è applicabile all’umanità che noi co-nosciamo e sperimentiamo. Vi sono progressi in ogni campo, ma vi sono anche regressi umilianti e impotenze frustranti. Violenze e conflitti, ma-lattie incurabili, disastri ecologici, fallimenti della tecnica, epidemie, e soprattutto la morte. C’è sì qualche dominio sulla natura, ma la natura quando vuole domina sull’uomo, e comunque si prende il dominio finale con la morte. Che gloria e onore sono questi? Dunque il salmo, che è parola di Dio, sbaglia? Certamente no, per-ché l’uomo di cui parla è Gesù Cristo. Il suo destino s’intreccia col destino umano e lo condiziona e orienta se-condo il piano di Dio. Se fu fatto di poco inferiore agli angeli dev’essere lui, dato che gli uomini non furono mai superiori agli angeli. Egli “che è irradiazione della gloria di Dio e im-pronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola” Eb 1,3, “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, umiliò se stesso fino alla morte, e alla morte di croce”, Fil 2,7-8.

Ma ora “quel Gesù che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti”, Eb 2,9. È eviden-te il parallelo di questa impostazione con Fil 2,6-11. Cristo è ora nella glo-ria a causa della morte che ha sofferto donandosi nell’obbedienza d’amore al Padre per la nostra salvezza. Biso-gna percepire bene i due aspetti del mistero. L’esaltazione nella gloria è la conseguenza della passione e morte. L’umiliazione ha prodotto la glorifica-zione. L’umanità accecata dal peccato ha umiliato Gesù il giusto, ma il Padre l’ha intronizzato alla sua destra, cioè l’ha elevato alla pari dignità.

Questo è anche il dinamismo della vocazione umana. La vicenda di Gesù diventa tipica della nostra avventura. Ora il salmo 8 si può applicare an-che a ogni uomo o donna che accetta il Cristo come sua vita. Come Figlio del Padre, Cristo non aveva bisogno di questo straziante precipizio per avere la sua gloria divina. Dunque non è morto per se stesso ma per noi, perché potessimo usufruire della sua

IL CROCIFISSO– RISORTO: RIVELAZIONE E COMPIMENTO DELLA VOCAZIONE UMANAPensiero Passionista - Novembre/Dicembre 2009

I coniugi Fabio ed Manuela scelgono Gesù Crocifisso

Il Crocifisso è il Signore risorto

di Fabrizio Cortigiani

III - RIFLESSIONE SULLA VIA CRUCIS

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GESU’ CADE LA PRIMA VOLTA

Sotto il peso della croce Gesù cade. L’innocenza e la purezza, pur non me-scolandosi ad alcun tipo di male si fan-no avvolgere e ricoprire. L’immersione nel dolore permette di comprendere fino in fondo l’obbrobrio e la nausea del maligno, che spesso appare come naturale. La caduta di Gesù è la caduta dell’uomo umiliato che solo col volto a terra comprende la propria debolezza.

Gesù accetta il crollo col dolore e nel dolore; è un invito alla riflessione sulla conoscenza e sull’ammissione della col-pa. Solo l’uomo che riconosce il proprio peccato, né è liberato nel momento in cui lo confessa umilmente. Solo l’uomo che accetta la croce senza ribellarsi si apre alla Vita di Cristo. Si tratta di un Battesimo di Sangue, un’immersione vissuta nella sofferenza acuta, un totale rimettersi alla volontà di Dio, un’effu-sione dello Spirito Santo tramite l’espe-rienza diretta; è Dio che direttamente impone le Sue mani ed effonde il Suo Spirito sull’essere umano che pur scon-fitto continua ad amare e nell’amore si annienta per l’amore stesso. Nessun es-sere umano, se non è sostenuto dallo Spirito Santo può sopportare con amo-re il dolore e l’umiliazione. La soglia umana di accettazione della sofferenza è molto bassa e viene sempre vissuta col desiderio di rivalsa. In tal caso, il soffrire è fine a sé stesso e non porta frutto, anzi, l’uomo che soffre senza la luce di Cristo sprofonda nell’amarezza continua e nell’inevitabile disperazio-ne.

Gesù che cade diventa l’invito ad uniformarsi al Suo cammino; un invito che è necessario accettare anche se non si capisce il “perché” del dolore.

Argomentare sul “perché” della croce vuol dire entrare in un vicolo cieco che può portare alla formulazione di ipotesi filosofiche e teologiche di indubbio in-teresse, ma quando si viene inchiodati alla croce, la filosofia non serve più.

La filosofia è teoria (bella, interes-sante, intelligente), ma rimane teoria, la croce è vita vissuta.

GESU’ INCONTRA SUA MADRE

Lo sguardo di Gesù e della Vergine si incontrano. La Donna alla quale era

stato profetizzato che una spada Le avrebbe trapassato l’anima, vive la cro-cifissione spirituale, in tutto e per tutto uguale a quella del Figlio tranne che per le sofferenze fisiche delle torture.

Due affetti crocifissi, due persone nei cui occhi si riflette l’amore per il Dio della Vita e per la salvezza del ge-nere umano. La forza d’Amore del Fi-glio Uomo-Dio si unisce alla potenza dell’Amore-tenerezza della Madre.

La Vergine, presenza umana com-pletamente riempita di Spirito Santo, espressione dell’immagine materna di Dio, Amore che trasmette sé stesso nell’umiltà di una vita nascosta, non eclatante, apparentemente comune, viene elevata alla regale dignità divina senza tuttavia essere esclusa dall’atro-ce sofferenza psicologica e spirituale di madre del Figlio Crocifisso.

Nelle vite umili, nelle persone appa-rentemente comuni, con una normale famiglia, un comune lavoro, troviamo non di rado testimoni e messaggeri del Vangelo. La Vergine incarna la carezza continua del Dio Amore, l’attenzione amorevole agli uomini che soffrono, a coloro che schiacciati dalle avversità, presi dallo sconforto invocano il Suo Nome. A volte sarebbe sufficiente dire con amore filiale un’ “Ave Maria” per ricevere grandi grazie.

Ma se la grazia non arriva, vuol dire

che non siamo fra i deboli che hanno bisogno di essere risollevati (anche se a noi sembra così), ma fra coloro che sono stati prescelti per condividere la Croce di Cristo in modo sostanziale.

In ogni caso la mancata grazia è an-che un invito a riflettere sulla nostra condizione di peccato. Se davvero si è convinti di non avere peccati da confes-sare bisogna riconoscere innanzitutto il nostro orgoglio che impedisce e devia la direzione della preghiera. Bisogna piegare la testa e chiedere con semplici-tà e con umiltà: “ Signore, non riesco a vedere i miei peccati, ma so, che come essere umano non sono perfetto; mo-strami, Ti prego, i miei peccati”.

L’incontro dello sguardo di Cristo con lo sguardo dell’uomo definisce l’inizio della conversione, la necessità di cambiare stile di vita, di intrapren-dere direzioni diverse da quelle seguite in precedenza. E’ una chiamata diret-ta, personale, fatta con un linguaggio unicamente riservato a quella persona e non ad un’altra. Dio parla a ciascuno di noi con l’espressione del disegno che ha dipinto per il nostro progetto vita.

La risposta iniziale è per tutti la stes-sa che ha dato la Vergine: “Sia fatto di me secondo la Tua Parola”. Il resto è de-cisione di Dio e un “fiat” dell’uomo che deve rinnovarsi ogni giorno. L’uomo ascolta e la Croce parla.

GESU’ E’ AIUTATO A PORTARE LA CROCE

Gesù, il Figlio di Dio, percorre il Suo Calvario, anzi, il nostro calvario.Il peso dell’ignominia, dell’incompren-sione, delle nefandezze umane gravano sull’Uomo Gesù che risponde al progetto d’Amore del Padre.

Nel Getsemani, il Figlio dell’Uomo ha provato lo sconforto, la tentazione che poteva far desistere qualunque altro essere umano. Nell’ora dell’angoscia il maligno fa sentire il suo pungiglione av-velenato agendo sulla confusione e sulla debolezza fisica e psicologica dell’essere umano. Gesù è andato oltre, ha chiesto di allontanare il Calice di Sofferenza, ma si è rimesso alla Volontà dell’Amore Su-premo. Il Suo Cuore, è il Cuore del Pa-dre, è l’Amore dello Spirito Santo contro il quale nessun male, né il maligno pos-sono agire. Ogni azione contro l’Amore può far sentire il suo peso, i suoi colpi di flagello, ma alla fine è il flagello che si spezza, non l’Amore, né la persona che aderisce con tutta sé stessa alla Volontà di Dio.

Il dolore fisico e mentale prova Gesù, un Gesù che cade e che per questo di-venta ancora di più oggetto della pub-blica derisione; un piccolo gruppo di soldati obbliga un tale, Simone di Cirene - uno dei tanti, con i suoi problemi, la sua famiglia, uno che si trova a passare per quella strada, proprio come capita a

noi tante volte – ad aiutare il Redentore.

Anche a noi accade di voler percorrere una via e poi di cambiare idea; si pas-sa per un’altra strada trovandoci nel bel mezzo di un evento speciale, sconvol-gente e coinvolgente.

Nonostante qualche resistenza, il Ci-reneo viene costretto ad aiutare Gesù. Lo sguardo di Gesù incontra, in quell’istan-te, Simone di Cirene, schivo, sconcerta-to, arrabbiato e impaurito. Paura e rabbia viaggiano sempre insieme.

Dopo un po’, lo sguardo di quest’uomo si incontra con quello di Gesù. I due, l’es-sere umano e l’Essere Divino si compe-netrano rimanendo qualche attimo l’uno con l’altro, l’uno nell’altro. E’ un incontro vissuto nella semplicità del “qui ed ora”, nella drammaticità di due vite che fanno parte della stessa Vita.

I soldati percuotono ancora Gesù; la reazione emotiva, stressata del Cireneo crea perplessità e momentanea inter-ruzione dei colpi; il cammino prosegue nella fatica, nel dolore sconcertante, umanamente incomprensibile sotto gli occhi ora increduli, ora sprezzanti, ora addolorati della folla che segue l’evento partecipando senza partecipare, timoro-sa e blaterante per quello che sta succe-dendo.

Ci ritroviamo un po’ nel cireneo, un po’ nella folla, un po’ nella Madre del Re-dentore che vive lo strazio di “mamma”,

di “Donna”, di essere umano chiamato a condividere in modo silenzioso l’Opera drammatica del Figlio.

Ci ritroviamo anche nei soldati, con la nostra voglia di percuotere il giusto quando ci dà fastidio nel mondo del la-voro, della vita sociale e purtroppo in alcuni casi anche nella famiglia. Storie nascoste, drammi segreti; se le mura po-tessero parlare verrebbero in luce tanti crocifissi e tanti crocifissori.

Ma in questo momento è il cireneo che sta aiutando Gesù, prima contro voglia, poi con rassegnazione ed infine con lo spirito di partecipazione che gli fa dire: “Coraggio! Ci siamo quasi”. L’uomo, di fronte ad un dolore così grande non sa cosa dire e si rifugia in frasi oggettiva-mente inutili. Sta a noi, crocifissi con Cristo comprendere l’intenzione di chi vorrebbe starci vicino ed esserci utile, ma non sa cosa fare e cosa dire. La sofferenza scoraggia e rende impotenti; nell’estrema debolezza, messi sotto torchio, la Miseri-cordia di Dio ci trasforma.

E’ un mistero: lo scandalo della Croce.

Si può essere tentati di argomentare, razionalizzare, rifugiarsi in qualunque tipo di teoria, ma niente serve. Ancora una volta la Croce parla e l’uomo deve solo ascoltarla e viverla con l’umile con-sapevolezza di chi sa di non poter cono-scere gli imperscrutabili pensieri di Dio.

(continua)

Amici di Rivisondoli e Pescocostanzo dopo l’incontro alla Madonna della PortellaAmici di Gesù Crocifisso al termine della via crucis all’aperto a Morrovalle

di Adele Caramico

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“Sì, vieni, Spirito Santo, vieni e accendi il tuo santo amore nei nostri cuori”

Così, ci dice Madre Maddalena Mar-cucci, le anime libere e semplici suppli-cano incessantemente il Signore, e al ca-lore del fuoco divino subito si dissipano timori e ansie. Le anime che si aprono all’Amore che tutto illumina, e a tutto dà vita, energia e fecondità, corrono spedi-te, leggere, tirandosi dietro molte altre anime.

A questo punto l’autrice passa a de-scrivere come si presenta invece la si-tuazione delle anime che, timorose di dover percorrere un cammino diffici-le e pieno di inciampi, agonizzano fra lunghe e penose sofferenze senza fare un passo avanti nella virtù.

Tutti i timori che ci facciamo e i dub-bi che ci assillano altro non producono che perdita di tempo ; ci si ripiega in se stessi, incapaci di elevarci a Dio, e inca-paci così di accogliere il Signore nel no-stro cuore. Che le anime si aprano senza timore al divino amore, anche se non ri-escono ad emendarsi completamente di qualche difetto e non giungano a pratica-re la virtù come la vedono praticata da altri!...una volta entrato il Divino Opera-io in esse, si appianerà tutto e si dissipe-rà ogni difficoltà. L’unico mezzo per far uscire le anime dallo stato di timore e perplessità in cui si trovano, è quello di

avviarle sul cammino dell’amore e della fiducia. Dove c’è amore c’è luce e dove c’è luce e calore c’è vita, energia e co-raggio per ogni cosa.

Bisogna distinguere bene se un’anima ama veramente Dio oppure se, fingen-dosi molto spirituale, ama se stessa pri-ma di Dio e, dietro l’apparenza di bene, sta cercando solo sue soddisfazioni e piaceri nelle cose spirituali.

Non c’è anima tanto libera e esente da sottigliezze, meticolosità, ecc. quan-to quella di chi si è aperto all’amore e procede per quel glorioso e regale cam-mino. Poche parole servono per tran-quillizzarla. Si presenta nell’espressione chiara e concisa: da quest’anima traspa-re la limpida sorgente da dove scaturi-scono le sue idee: l’amore.

Quando per queste anime suona l’ora del Getsemani e del Calvario, delle ari-dità e angustie dello spirito, si vedono lottare generosamente tenendo gli occhi fissi solo su Colui che amano e che per loro amore fu umiliato, perseguitato, ca-lunniato e condannato ingiustamente a morte. Esse comprendono che il tempo più glorioso per il cristiano è quello del combattimento e della sofferenza, che unita a quella di Gesù, redime e salva le anime. Questo stato però viene cu-stodito generosamente da queste anime come un tesoro, curando di nascondere agli altri lo stato di prova e di sofferenza

che attraversano: non fanno come quelle anime che, amando più se stesse che Dio, manifestano a tutti le loro pene. Non solo, ma le trasfondono in altri con una vita triste e desolata, con lacrime e so-spiri, dicendo a tutti che sono accasciate ed oppresse da pene indicibili.

Ci ricorda Madre Marcucci che la pri-ma cosa che lo Spirito, venuto in noi, ci insegnerà sarà soffrire e sacrificarci nel silenzio implorando da Maria che ci co-munichi la sua fortezza: Desidero stare con te presso la croce e unirmi a te nel pianto. Questa sofferenza, definita dal-la Marcucci, indispensabile per tutti gli amici di Gesù, non può essere angoscio-sa e infruttuosa. E’ un soffrire generoso e nobile, sorgente delle gioie più pure, che restituisce all’uomo la grandezza perdu-ta per il peccato…ma questa grandezza gliela dà solo l’amore.

Finché l’anima non entra in pieno nella via dell’amore, tutto in essa è piccolo… Le ragioni e le verità più chiare e convin-centi non bastano a convincere l’anima che non ama o ama freddamente. Biso-gna accendere in essa il fuoco, senza il quale, si lavora invano.

Questa è una verità certa, comprovata molte volte e confermata da ciò che dice S. Giovanni della Croce: “L’anima che cammina innamorata non si stanca e non stanca.”.

«Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho

dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore del mondo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi» (2Maccabei 7,22-23).

Queste parole della madre dei Maccabei, prima e durante il loro supplizio, per non cedere alla richiesta di apostasia, mi hanno colpita in modo molto profondo e mi sono rimaste nella mente come scolpite per sempre.

Essendo io una madre, e una nonna, mi sono immedesimata in questa madre eroica che aiu-ta ed incoraggia i propri figli a non temere lo straziante suppli-zio, ma ad affrontarlo con co-raggio e gioia per la stessa fede nel Dio dei Padri nel quale essi credono. Al termine lei stessa sarà uccisa allo stesso modo: ma quanto coraggio e fede nelle sue parole.

Innanzitutto c’è la consapevolezza che il concepimento di un figlio non è un avvenimento solo umano, ma in esso c’è la mano del Creatore. Poi c’è una fede incrollabile in Colui che ha creato tutto, una fede che va oltre l’umano e oltre qualsiasi sapienza di questa terra.

E’ ciò che ogni madre dovrebbe tra-smettere ai propri fi-gli: fede e coraggio!

Fede, perché sen-za di essa la vita dei nostri figli diventa una vita vuota, senza una meta, senza un vero senso, senza un progetto da portare avanti e senza amore vero, Amore con la “a” maiuscola.

Coraggio, perché non è semplice ve-der morire i propri

figli ed incoraggiarli a non cedere alle lusinghe per rinnegare la propria fede, anzi a sostenere la fede in Dio al punto di morire per Lui. Pure lei stessa, come ho già detto, morirà dopo i suoi figli per lo stesso motivo.

Siamo noi esempio di fede ai nostri figli? Nella nostra famiglia?

Quanto e come siamo essere delle madri testimoni dell’Amore di Dio?

Non è facile, lo so, ma non è impossibile.

Si inizia da piccoli, da quando il bimbo è ancora nel nostro grembo. Si parla con lui del Signore, si pre-ga, carezzandosi il pancione come se anche il neoconcepi-to pregasse con noi. Si prega quando lui nasce e forse non capirà le nostre parole perché troppo piccolo, ma compren-derà che c’è Qualcuno a cui rivolgersi e su cui poter con-tare sempre nella vita.

La cosa più bella è, quando i figli cominciano a crescere, insegnare loro le preghiere e la recita poi del santo rosa-rio.

Pregare col rosario in fa-miglia diventa il momento culminante per trarre quelle forze necessarie per andare avanti, quella luce giusta per affrontare le situazioni più buie.

E’ il momento in cui la fa-miglia è veramente un’unità forte perché lo è in Gesù.

Ed è il momento in cui veramente si sta vivendo ciò che Gesù ci ha detto, e cioè che dove due o tre sono riuniti nel suo nome là è Lui in mezzo.

Allora la mamma che prende per pri-ma la corona del rosario e invita tutta la famiglia a farlo, diventa colei che è “vei-colo” di questa unità così necessaria, ma anche tanto indispensabile, soprat-

tutto ai nostri giorni in cui assistiamo troppo spesso alla disgrega-zione dell’unità fami-liare.

Così come la mam-ma dei Maccabei, cia-scuna di noi diventa colei che incita e so-stiene i propri figli, non necessariamente al martirio, ma sicu-ramente nel cammino della vita sotto la luce della fede.

www.bioeticaefamiglia.it

di Maria Grazia Coltorti

VOLARE A DIOIV - “La santità è amore” di Madre M. Maddalena Marcucci

Madre = fede e coraggio!

Il Gruppo del canto della Madonna della Stella anima la Messa di consacrazione il 20 settembre

Cinzia di Sulmona, incoraggiata dal marito e dai figli dopo la sua consacrazione a Gesù Crocifisso

Nadia e Pio all’anniversario di matrimonio

di P. Alberto Pierangioli

Ventennale Amici alla Madonna della Stella

Da: venti anni del MLP “Amici di Gesu’ Crocifisso”Agosto1989 – 20 settembre 2009

Testimonianze del Ventennio

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Introduzione

Sintetizzare in poche pagine venti anni di vita del nostro MLP “Amici di Gesù Crocifisso” significa ripercorrere soltanto in minima parte un lungo cam-mino di fede, animato da un impegno costante di vita cristiana, concretizza-to ogni giorno nell’ottica dell’amore a Gesù Crocifisso e Risorto. Il laico pas-sionista è colui che esprime nella vita e nel comportamento l’amore di Dio accolto e comunicato. Una testimonian-za d’amore, attinta dalla meditazione della passione di Gesù: «la più grande e stupenda opera dell’amore di Dio per gli uomini» come diceva S. Paolo della Croce. Ogni AGC “tende alla santità, vivendo secondo il proprio stato, la con-

sacrazione battesimale e la spiritualità dell’amore» (Statuto n. 9).

A tal fine, è stato svolto per tutto il ventennio un intenso lavoro di forma-zione spirituale e dottrinale, accompa-gnato da una costante preghiera alla luce della parola di Dio e del magistero della Chiesa, che è stato sempre presen-te nella programmazione annuale. Ogni anno di cammino è stato una miniera di suggerimenti di parola di Dio; una profusione di grazia continua. Que-sta raccolta vuole essere il ricordo del tanto bene ricevuto, perché diventi per ciascuno una verifica e uno stimolo alla ripresa; una tappa per una risalita più alta nel cammino di santità. In questa ottica noi “AGC” guardiamo al futuro

con fiducia e speranza e ci prepariamo a scrivere un altro diario del nostro viag-gio di fede dentro il nuovo mondo.

Le origini

Il movimento laicale passionista “Amici di Gesù Crocifisso” è sorto alla Madonna della Stella, come riferisce il fondatore del movimento, p. Alberto Pierangioli, ora Assistente Nazionale: “Nell’agosto 1989 durante un corso di esercizi spirituali per laici, dal tema “La Santità è Amore”, presso il san-tuario della Madonna della Stella (PG) si concretizzò l’idea di un movimento passionista, che aiutasse specialmente i laici a fare un cammino di santità, ispi-rato all’amore per Gesù Crocifisso, che

Nell’agosto del 1989 il P. Alber-to Pierangioli guidava presso il santuario della Madonna della

Stella PG, un corso di esercizi spirituali per laici, dal tema “La santità è amo-re”: da quel corso nacque il MLP “Ami-ci di Gesù Crocifisso”. Il 20 settembre sono pervenuti al santuario circa 150 Amici di G. C. dall’Umbria, Marche e Abruzzo per ringraziare la Vergine della Stella di questi 20 anni di cammino. La giornata è iniziata alle ore 10 con le lodi presiedute da P. Alberto con rievocazio-ne degli inizi.

La catechesi è stata tenuta dal giovane passionista, P. Lorenzo Mazzoccante, che ha parlato della direzione spirituale

dei laici da parte di S. Paolo della Croce, in particolare di Tommaso Fossi, un pa-dre di 8 figli e poi, da vedovo, sacerdote passionista. P. Lorenzo ha fatto recen-temente la tesi di teologia spirituale su questo argomento. Nel pomeriggio alle ore 15,30 la corale della Stella ha fatto un concerto di canti ricreativi e religiosi. Il nostro provinciale, P. Piergiorgio Bar-toli, ha eseguito due pezzi con l’armoni-ca a bocca. Quindi la rievocazione del ventennale da parte di Margherita Pa-dovani di Spoleto, veterana degli Amici di Gesù Crocifisso, con dono ai presenti di un elegante volumetto commemora-tivo: “Venti anni del MLP “Amici di Gesù Crocifisso”. P. Alberto ha ricor-

dato gli inizi del movimento che oggi ha raggiunto i 3000 aderenti. E’ seguita la concelebrazione presieduta dal padre provinciale, Piergiorgio Bartoli, con la partecipazione dei padri Alberto, Adal-berto, Sandro, Marcello e Fernando. Dopo l’omelia, P. Alberto ha presiedu-to il rito della consacrazione solenne a Gesù Crocifisso di dieci Amici dell’Um-bria, consegnando loro il Crocifisso e il segno passionista. Il santuario era pieno di devoti. Tutti hanno seguito messa e rito con attenzione e gioia. Per l’occasio-ne, è stato stampato anche un volumetto con catechesi per il MLP del P. F. Tacco-ne, realizzati nei due anni precedenti.

deve portare a un impegno particolare per “i crocifissi” del nostro tempo. Il movimento si diffuse soprattutto nel territorio della Provincia Passionista della Pietà con sede centrale a Reca-nati, ma anche in altre regioni italiane. Fu approvato il 6 novembre 1990 dal provinciale p. Floriano de Fabiis e fu incoraggiato dal superiore generale dei Passionisti. Iniziava così il cammino del movimento “Amici di Gesù Croci-fisso”, che entrava a far parte del MLP nazionale e della Famiglia Passionista. Lo Statuto fu approvato dal Consiglio Nazionale AGC il 16-10-1999 e dal pa-dre provinciale Luciano Temperilli il 15-11-1999 e poi dal nuovo provincia-le, p.Piergiorgio Bartoli il 31-08-2004, nell’ambito del MLP Piet».

Al secondo corso di esercizi spirituali alla Madonna della Stella (agosto 1990) partecipò la signora Dora Caporicci, che si iscrisse agli “AGC” e manifestò il desiderio di formare presso il santua-rio un gruppo di AGC, in sostituzione

dell’Associazione della Passione, che da tempo non esisteva più. Il 22-11-1991, Dora scriveva a p. Alberto: “È nato! Piccolo! Siamo una decina, ma spero di curarlo con amore e farlo crescere. Ci se-gue il p. Gabriele Orsini e non ci poteva essere scelta migliore”. (Tendopoli n° 1, 1992). Era nata la fraternità di Madonna della Stella, che, oggi, mentre celebra le origini ventennali del MLP “AGC.”, ri-corda anche la sua nascita e rievoca il cammino finora compiuto. A tal fine, ne ripercorre brevemente le tappe più salienti, perché ne resti la memoria come stimolo di nuova vita.

Cammino di formazione per una spiritualità passionista.

La parola “formazione” ha avuto un ruolo preminente fino dalle origini del nostro movimento, nell’ottica della esortazione apostolica «Christi fideles laici» di Giovanni Paolo II, che esor-tava a porre la formazione dei laici tra le priorità della Chiesa: una formazione iniziale e permanente per tutti a livello personale e di gruppo. A tal fine, il mo-vimento lavorò i primi anni con l’aiuto di una semplice pubblicazione, inserita nel giornale della gioventù passionista “Tendopoli”. In seguito, si capì che alla formazione spirituale dei fedeli laici occorreva aggiungere anche una soli-da preparazione dottrinale e culturale. Bisognava approfondire prima di tutto le verità della fede, la vita cristiana, gli insegnamenti della Chiesa; poi il cam-mino specifico passionista . Nacquero così, nel 2000, il testo “Voi siete miei amici”: Meditazioni sulla Passione di Gesù e Preghiere”, ora alla 3ª edizione, e la rivista di formazione e informazio-

ne “Amici di Gesù Crocifisso”. Sono due validissimi sussidi di cui facciamo tesoro, come aiuto efficace per imparare a vivere la spiritualità passionista in un mondo che cambia vertiginosamente.

Si sentì anche il bisogno di passare da un solo incontro al mese a due incontri: il primo per imparare a meditare la Pa-rola di Dio; il secondo per approfondire la fede.

I nostri incontri vengono aggiornati da una verifica annuale. La rivista ci of-fre la guida mensile per lo svolgimento della tematica annuale. In essa trovia-mo una ricca formazione di spiritualità passionista nelle ampie catechesi men-sili, scritte dall’Assistente Nazionale p. Alberto Pierangioli, dal p. Gabriele Cin-golani e da altri collaboratori religiosi e laici, che ci presentano la vita dei santi e della Famiglia Passionista, i problemi della famiglia e della società odierna. La vita del movimento è presente nelle commoventi testimonianze degli iscrit-ti e delle fraternità È un piccolo scrigno di spiritualità da conservare; una dolce catena, che ci unisce in un legame fra-terno, creando un rapporto di vicinan-za, specialmente con i fratelli lontani, per migliorare noi stessi e crescere in-sieme nell’amore fraterno.

È stato un cammino di formazione alla Scuola del Crocifisso per imparare a vivere con Cristo, in Cristo, per Cri-sto. È una scuola, che non ha mai fine e che ci aiuterà a fare ogni giorno un pas-so avanti nel cammino di santità. Dob-biamo farne tesoro e non dimenticarli perché fanno parte di quella formazio-ne permanente, che dura tutta la vita.

Amici di Gesù Crocifisso per il Ventennale alla Madonna della Stella il 20 settembre

Margherita Padovani, coordinatrice emerita della Stella ricorda il

cammino ventennale degli Amici

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di P. Fernando Taccone

di Margherita Padovani

La perla della giornata

Ho partecipato con gioia alla giornata del ventennale degli Amici di Gesù Cro-cifisso presso il santuario della Madon-na della Stella. P. Alberto ha ricordato che non pensava di formare un sempli-ce gruppo di preghiera, ma un cammi-no di santità passionista, con un’arma potentissima tra le mani: il Crocifisso. Un programma di santità da riassumere

nel trinomio: Amare, Servire, Offrire. Il P. Lorenzo Mazzoccante ha trattato il tema “La santità nella vita laicale”. Il giovane passionista ha svolto l’argo-mento, basandosi sulla sua recente tesi di licenza in teologia spirituale: “La di-rezione spirituale di San Paolo della Croce a Tommaso Fossi in ambito fa-miliare”. É stata la perla della giornata. Tommaso Fossi, padre di 8 figli e poi,

da vedovo, sacerdote passionista, fu di-retto spiritualmente da san Paolo della Croce per tanti anni. Tommaso sognava il convento, mentre il santo direttore gli ricordava che doveva santificarsi nella sua famiglia, “facendo al meglio il suo dovere di coniuge e di padre”. Personal-mente mi sono sentita sollevata perché sono sempre impegnata e, a volte, sono costretta a tralasciare la preghiera per

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Venti anni di Promessa d’Amore

Il 2009 per gli Amici di Gesù Crocifisso è stato un anno pie-no di ricorrenze e momenti di unione tra tutti i nostri gruppi. Il 20 settembre abbiamo festeg-giato il ventennio degli AGC alla Madonna della Stella. Era-no presenti rappresentanti di tutte le Fraternità delle Marche e di alcune dell’Abruzzo. Ac-canto alla Madonna della Stella abbiamo trascorso una giornata straordinaria.

Abbiamo ascoltato tanta Pa-rola di Dio. L’Assistente Nazio-nale ha ricordato più volte gli inizi del cammino e ci ha parlato della chiamata alla santità, del cammino della spiritualità passionista e della consacra-zione solenne a Gesù Crocifisso, come la nostra risposta di amore all’amore di Gesù. Mi ha molto toccato la conferen-za di P. Lorenzo Mazzoccante, che ci ha invitati a farci guidare nel cammino di santità da San Paolo della Croce come si fece guidare Tommaso Fossi, vero esempio di laico passionista.

Rita Maraessa

Siamo tornati lì dove tutto ebbe origine 20 anni fa

Sono passati 20 anni, da quando qual-cuno ebbe l’idea che sarebbe stato bel-lo ed opportuno fondare un gruppo di laici passionisti. Per me ne sono passati 19, perché l’anno precedente ero anco-ra come “…color che son sospesi”; pur sentendone la necessità assoluta, ancora non mi ero decisa a fare una conversio-ne piena nella mia vita: capire che stavo camminando su una strada sbagliata e decidermi di tornare sui miei passi e in-camminarmi in una direzione opposta.

Eravamo raccolti in chiesa, in attesa della celebrazione eucaristica, tutti noi, partecipanti alla giornata del ventennio degli AGC alla Madonna della Stella, quando ho alzato lo sguardo verso la cupola, riconoscendo la finestra dalla quale, durante la giornata di deserto dei miei primi esercizi spirituali nel 1990, mi affacciavo per guardare l’interno del santuario. Mi arrampicai, cercando la solitudine, con la complicità di un frate che mi indicò il modo, fin sotto il cam-

panile. Lì passai tutta la giornata. Quanti ricordi si sono affollati nella mia mente! Ho ripensato a tutte le lacrime versate; non so bene che significato avessero, sicuramente provavo un dolore cocente di fronte a Dio per essermi inutilmente dimenata, per quasi 20 anni, in tante cose che mi portavano sempre più lon-tano da Lui. C’era però in me la sensa-zione che mi si stava aprendo una nuova strada, che non conoscevo e non sapevo dove mi avrebbe portata. Avevo paura, ma nello stesso tempo provavo gioia. In quei giorni di esercizi, cominciai a sen-tire cose che non sapevo neanche che esistessero, nonostante fossi stata edu-cata religiosamente nella giovinezza. Le catechesi erano centrate sugli elementi base della spiritualità passionista. Era-no difficili!

Non solo spingevano alla conoscenza del nostro fondatore e dei suoi insegna-menti, ma a mettermi davanti al Croci-fisso e a sentire l’esigenza di un cam-biamento radicale di vita e del modo di guardare a me stessa e al mondo che mi circondava. Il Signore mi illuminò e mi dette un sostegno enorme come del re-sto aveva fatto tante volte nella mia vita, anche se non me ne rendevo conto, spe-cialmente all’inizio. Anche se in fretta accettai di incamminarmi, mi ci volle del tempo prima che mi fossero chiare le ragioni. Già dai primi esercizi, ebbi accanto a me tanti fratelli su cui appog-giarmi. Determinante fu P. Alberto, dal quale cercavo di assorbire ogni parola e ogni consiglio che mi dava; ma ci fu anche un “angelo custode”che mi aiu-tò, sempre disponibile. Per diversi anni

continuò, insieme a sua moglie, ad ac-cogliermi a tutte le ore, rispondendomi alle mille domande che mi si affollavano alla mente e dando sempre un tono di allegria a qualunque cosa anche alla più pesante.

Tornando alla giornata alla Madonna della Stella, devo dire che quel guardare alla finestra della cupola, mi ha posto nella mente una domanda. Che cosa ho fatto in questi vent’anni? Sono più vici-na al Signore di quanto ero allora? E…non sono stata molto contenta della ri-sposta che potevo darmi. Ho fatto mille cose, ho progredito nella conoscenza, mi sono avventurata in iniziative di cui non avevo nessuna pratica, portandole a termine, ma quanto mi sentivo più santa? Poco, veramente poco! La mia vita è radicalmente cambiata, ma devo camminare più in fretta, visto che i miei anni si sono accumulati!

Nei primi anni del nuovo cammino, ebbi abbastanza presto la sensazione che Dio mi amava e fu quello che mi dette la spinta e la forza di cambiare. Ricordo che un giorno, incontrando per strada il mio angelo custode, gli mani-festai questa grande scoperta: Dio mi ama! Mi sembrava di essere ubriaca. Ci volle più tempo per accorgermi della grande misericordia che il Signore aveva avuto per me e che ancora voleva aver-ne. Oggi, quando mi guardo e non mi piaccio, aumenta il mio credere alla sua misericordia, che va al di là di qualun-que concezione umana. Forse è l’aspetto che più mi fa misurare la grandezza di Dio e la mia piccolezza.

Piera Iucci

compiere i miei doveri di moglie e di ma-dre; ma così facendo compio la volontà di Dio e Lui sarà contento di me.

Tiziana Di Giuseppe

Un libro di meditazione che è stato una vera benedizione

Questa testimonianza non vuole esse-re una manifestazione della mia bontà, perché conosco i miei limiti. Ogni gior-no sento il bisogno di mettermi alla pro-va con un confronto profondo e costrut-tivo con la parola di Dio per mezzo della meditazione della passione di Gesù, per la quale il libro di P. Alberto “Voi siete miei amici”, è stato per me una vera be-nedizione. Il desiderio di fare della mia vita un continuo atto d’amore era in me innato, bisognoso soltanto di essere col-tivato con costanza e convinzione. Da al-lora ho affidato la mia vita alla Madonna e Lei mi ha condotto a Gesù. Grazie a mia cognata, partecipai a un ritiro spiri-tuale a S. Gabriele dell’Addolorata, pietra miliare nel mio cammino di cristiana, dove ho conosciuto padre Alberto e gli Amici di Gesù Crocifisso e dove ho com-preso che la croce è Amore. Tale scoperta è stata una svolta nella mia vita, senza parlare poi dell’importanza che ha rive-stito nella mia vita la guida spirituale e della sicurezza che trasmette l’apparte-nere alla famiglia passionista, all’interno della quale in ogni momento c’è qualcu-no disponibile ad accoglierti con amore.

Raramente mi accade di non meditare ogni giorno la parola del Signore, che mi dona una forza sempre nuova; mi aiuta a non scoraggiarmi, mi mostra i miei difetti, lasciandomi però sempre intra-vedere uno spiraglio di luce, che deriva dal seguire la strada che Egli ha traccia-to per ognuno di noi verso l’unica meta. Mentre medito, avverto subito sicurezza e sono in grado di affrontare le giorna-te con tenacia e gioia, affidando le mie preoccupazioni a Gesù ed offrendo a Lui ogni mia azione o pensiero. La lezione di padre Alberto è stata di imparare a pre-gare ventiquattro ore al giorno: provare per credere!

Gesù ci dice: “Se qualcuno vuol veni-re dietro a me rinneghi se stesso, pren-da la sua croce ogni giorno e mi segua”.Fermarsi a riflettere su queste parole, anche solo un istante,stravolge ogni pro-spettiva umana, in cui tanti avvenimenti

restano oscuri. Si tratta di una i l luminaz ione che trascende il nostro comune sistema di ana-lisi dell’esisten-za ed è capace di svelare la ra-gione profonda ed ultima delle cose.

Fare memoria della passione di Gesù consente di sopravvivere nel dolore e ci impegna a pre-servare la gioia interiore per godere, un gior-no, di quella più autentica del Paradiso. Vincere il male con il bene, sperimentar-lo concretamente nella vita di ogni gior-no, specialmente con le persone care, è cosa assai difficile. Forte e significativa a tale proposito è l’espressione di San Paolo della Croce: “Fondate ogni giorno la vostra meditazione sulla passione del Signore, non lasciatela mai”.

Dice Gesù “Chi s’abbraccia a me s’ab-braccia alla mia croce”. Credo di aver compreso per esperienza personale il senso di tale frase: gioia e sofferenza sono indissolubilmente legate, la prima deriva dalla serena accettazione della se-conda, che, a sua volta, spesso arricchi-sce, fortifica e aiuta anche nei momenti più bui a non perdere la speranza. Non potevo avere figli e ne sono arrivati quat-tro. Secondo il parere del ginecologo la primogenita non sarebbe dovuta nasce-re, temendo che la sua “normalità” fosse compromessa. L’ultima gravidanza in-terrottasi per un aborto spontaneo con i suoi problemi. La mia malattia affrontata insieme alla Mamma Celeste e alla mia famiglia. Ognuno di noi riceve dei se-gnali, occorre solo porsi in una disposi-zione d’animo tale da poterli riconoscere ed accogliere. La fede è tuttora la mia più salda guida nel difficile ruolo di cristia-na, sposa di un uomo migliore di me in tutto, per questo ringrazio sempre il Si-gnore e prego per il nostro matrimonio. Ringrazio S. Paolo della Croce per averci donato la Famiglia Passionista; ringra-zio p. Alberto, p. Adalberto, gli Amici di

Gesù Crocifisso e il MLP. Essere Amica di Gesù Crocifisso è un privilegio, è un valore aggiunto; non elimina i problemi, ma insegna ad affrontarli con serenità e ad avere la forza di seguire il Signore e ascoltare la sua voce.

Cerquiglini Luciana

Jessica: la santità è possibile anche per i bambini

Dopo la bella giornata trascorsa alla Madonna della Stella e l’interessante catechesi di Padre Lorenzo, desidero ri-cevere la tesi di P. Lorenzo su Tomma-so Fossi. Nel viaggio di ritorno, insieme agli amici di Fossacesia, Giulianova e San Nicolò, ci sono stati scambi di testi-monianze interessanti. Rita, una ragazza dell’Aquila ha espresso il desiderio di es-sere aggregata a noi anche se sta seguen-do un altro percorso di fede. E’ rimasta affascinata dalla spiritualità passionista e noi siamo ben lieti di accoglierla. Di tutta la giornata mi ha colpito la catechesi di P. Lorenzo. Con molto piacere ho parte-cipato alla consacrazione di una bambi-na, Jessica. La Madonna ha voluto dare un segno di predilezione per i piccoli, in questo luogo dove apparve al picco-lo Righetto. La santità è possibile anche per i bambini. Nella nostra fraternità di Fossacesia abbiamo un bellissimo esem-pio nella piccola Gabriella, che ci segue da quando è stata concepita e che adesso prega con noi e ci rallegra tutti.

Paola De Simone

La piccola Jessica si consacra a Gesù Crocifisso.

Il Gruppo dei consacrati alla Madonna della Stella

Dalla Sicilia: Ago-sto 1989!

Caro padre, ho ri-cevuto la catechesi sul sacramento della peni-tenza; le sono grata e vi sono spiritualmente vicina.. Mi ha commos-so tanto nel leggere che il vostro cammino ha avuto inizio nell’ago-sto del 1989, un mese che anche a me ricorda qualcosa: il 22 Agosto del 1989 ha avuto inizio la mia vedovanza. Rin-grazio Dio per l’amore concessomi e per la mi-sericordia usatami, per-ché si è preso cura con amore di me e anche dei miei ragazzi! Sono fiera di essere figlia di Dio, di te-stimoniare il suo amore e di cantare le sue lodi per l’eternità. Grazie per quello che riesce a trasmetterci.

Vincenza Buscio

Le catechesi: un buon esempio da imitare

Carissimo padre, grazie della cate-chesi che mi hai inviato: “Eucaristia pegno della gloria futura”, è stupenda. Sono un ministro straordinario dell’Eu-caristia, che porto anche in ospedale; spesso ci sono persone gravi che han-no bisogno della confessione, oltre alla comunione; suggerisco di chiamare il sacerdote, per ricevere l’unzione degli infermi; la gente non sa neppure che cos’è e non chiamerebbe mai il sacer-dote, spesso più necessario del medico. Sacerdoti che sappiano spiegare que-ste cose ce ne sono sempre meno; per questo la tua catechesi è molto utile. Ne ho fatto 120 copie, dandola ai ma-lati ai quali porto l’Eucaristia; il resto le ho messe in chiesa. Tanti le hanno ap-prezzate, compreso il mio Parroco Don Bruno Cavalca.

Paolino e Rosalia di Gattatico RE

Il rapporto con Dio cambia il rap-porto in famiglia

É difficile parlare delle sensazioni provate nel corso del ritiro spirituale delle famiglie. Tutto si è svolto in per-

fetta armonia, dalle lodi del mattino al rosario della sera, davanti all’urna di San Gabriele. Dobbiamo ringraziare i richiami alla santità del P. Alberto nel-la preghiera delle lodi, il lavoro straor-dinario di P. Temperilli, che toccava il cuore con le riflessioni sulla famiglia, la straordinaria collaborazione di suor Carmela con i ragazzi. Tutto si è svol-to in un clima di grande pace difficile da descrivere. Sin dal primo giorno ho sentito tra noi tanto amore che ci uni-va; sentivo il cuore come se non avesse più spazio dentro di me. Ho capito che Dio sta al primo posto ed è a Lui che ci dobbiamo rivolgere in ogni istante, sicuri che non ci abbandona mai. La mia vita con Lui è cambiata e di con-seguenza è cambiato il rapporto con i miei figli e con mio marito, con il quale condivido questo cammino. I problemi non mancano, ma ora sento la forza per affrontarli in modo diverso. Qualche fratello ha avuto problemi di salute, ma la disponibilità di tutti ci ha fatto vedere l’amore fraterno di cui ci parla Gesù. É bello avere il cuore aperto senza riser-ve, a differenza degli insegnamenti del mondo. Ringrazio il Signore, il nostro Assistente e tanti fratelli che mi aiutano in questo cammino.

Pina Bara

L’esempio di Stefano e della sua famiglia

La ringrazio per quello che ha fatto per noi nel ritiro al Santuario di S. Ga-briele. Non ero mai stata ad un ritiro spi-

rituale. Sono arrivata tra voi solo perchè il Signore ha deciso che era ora che io vi partecipassi. Non sa-prò mai come ringraziare la famiglia Capozucca per avermi offerto di conosce-re gli Amici e per l’amore fraterno con cui mi hanno accolto nella loro famiglia, facendomi conoscere cosa significa avere l’amore di una famiglia dove si respi-ra gioia e serenità tipiche di chi vive la propria vita nella grazia del Signore. É stata una esperienza me-ravigliosa e una grande lezione di vita. Ho potuto conoscere anche la fami-

glia di Stefano: quei genitori meraviglio-si, che mi hanno insegnato con quanto amore e gioia portano la croce che il Signore ha dato loro. É arrivato il mo-mento che anch’io incominci ad accet-tare il disegno del Signore per me. Dopo aver vissuto questi giorni con Stefano e aver visto con quanto amore accetta la sua sofferenza, credo che anch’io devo accettare quello che il Signore vuole da me.

Rosanna Cervelli

Un vero Amico aggregato di Pater-no Dugnano MI.

Sono Carmelo, “Amico di Gesù Cro-cifisso” aggregato dal maggio 2007 alla fraternità di Morrovalle. Ricevo con interesse le tue email e la rivista. Non sempre sono fedele agli impegni di AGC. Ma da quando vi appartengo, seguo con maggiore impegno il volonta-riato che da tre anni svolgo negli Ospe-dali, anche come Ministro straordinario dell’Eucaristia nella mia Parrocchia. Stando vicino ai malati, so di essere di fronte a Gesù Crocifisso. Mi preoccupo di non giudicare il malato, ma di amar-lo in modo disinteressato come se fosse mio padre, mia madre o mia moglie. Posso dire che Gesù mi è vicino e mi dona la sua grazia e la sua misericordia. Caro padre, ho pensato umilmente di scriverti per la mia volontà di “Consa-crarmi a Gesù Crocifisso”, nella ma-niera che crederai opportuna.

Carmelo Gagliostro

di Francesco Valori

CONSACRAZIONI14

S. Tommaso

Il 26 settembre abbiamo celebrato mezza giornata di ritiro con Messa di Consacrazione presso la chiesa di S. Tommaso di Canterbury (FM), per le Fraternità di Porto S. Elpidio, S. Elpidio a Mare e S. Tommaso. Tutto si è svolto in un clima di fede e di viva partecipa-zione. Tre sorelle hanno fatto il rinnovo della consacrazione e quattro hanno fatto la consacrazione perpetua. Auguri alle consacrate.

Pia

Roccaraso

La venuta del padre Alberto a Rocca-raso nel mese di ottobre coincide con il cambiamento dei colori dei boschi che circondano Roccaraso. Scopare il verde intenso delle foglie per colorarsi di rosso; illuminate dal sole, appaiono come un fuoco di colori. Tutto ciò ci ha aiutato a capire il fuoco dello Spirito Santo che ci ha illuminati nelle cateche-si di preparazione alla Consacrazione.

Abbiamo iniziato la mattina del 5 ottobre con l’incontro del nascente e promettente gruppo di Sulmona. Nel pomeriggio gli incontri sono continuati nel Santuario della Madonna della Portella per i Gruppi di Pescoco-stanzo e Rivisondoli, per seguire poi la sera con la Fraternità di Roccaraso presso la Casa del Giovane. Così nei tre giorni 5-7 ottobre. La parola di Dio abbon-dante ci aiuta a capire bene il significato della Consacrazione. Anche per me è stata una grande gioia ripetere con i nuovi consa-crandi: “Mi hai chiamato, ecco-

mi, Signore”.

Il padre spiega che la Consacrazione a Gesù Crocifisso “è ringrazia-re il Signore della con-sacrazione battesimale, prenderne coscienza, viverla pienamente nel proprio stato, seguendo la spiritualità passioni-sta che è la spiritualità dell’amore, per portare gli AGC sulla via della santità”.

Con la catechesi sulla “Santità del quotidiano”, il padre ci fà capire che per essere santi bisogna fare le cose ordina-rie con amore straordinario. Lo straor-dinario della santità non sta nelle azio-ni, ma nella “misura” e “nella intensità” con cui vengono compiute. É la santità delle piccole cose, la santità del cuore di S. Gabriele, S. Teresa di G. B ecc. Padre Alberto non si stanca di ripeterci che la santità deve iniziare dalla famiglia,

nelle cose che il Si-gnore permette ogni giorno, secondo la vocazione di ognu-no: fare tutto sotto lo sguardo di Dio; fare tutto per amore di Dio ed offrire a Lui tutto quello che facciamo.

Nella Chiesa San Nicola di Bari a Ri-visondoli, accompa-gnati dalle famiglie e rispettivi Gruppi

di Amici si sono consacrati a Gesù Cro-cifisso: Cinzia e Pasquale per la prima volta, Virginia, Beatrice e Concetta per il rinnovo, Maria Teresa e Nicolina per sempre. Dopo le Consacrazioni ci sia-mo ritrovati nei locali parrocchiali per un momento di gioia e di festa. Ringra-ziamo di cuore il Signore per quanto ci ha dato in questi giorni, ringraziamo il nostro assistente e i nostri parroci che ci seguono con disponibilità e amore.

Riccardo e i gruppi di Roccaraso, Ri-visondoli, Pescocostanzo e Sulmona

Trasacco

Nei giorni 8-10 ottobre padre Alber-to ha visitato e animato la nostra Fra-ternità di Trasacco AQ, guidata da Sr. Emanuela passionista. Il padre è stato ospite delle consorelle passioniste, che da oltre 50 anni lavorano con impe-gno nella parrocchia dei santi Cecidio e Ruffino. Ha celebrato, svolto cateche-si, confessato, visitato anziani e malati. Nella messa parrocchiale del 9 ottobre ha accolto 2 prime consacrazioni, 8 rin-novi e una perpetua. Sono stata felice di rinnovare la mia consacrazione, che ha cambiato la mia vita. Ho imparato ad accettare le prove della vita, contem-plando Gesù che ha sofferto tanto per noi. Quello che ho sofferto io è nulla in confronto di quello che ha sofferto Gesù. Offro sempre a Dio le mie soffe-renze, cosa che prima non facevo. Amo e porto la croce con Gesù, perché è la mia salvezza. Ringraziamo il p. Alberto, il nostro parroco Don Duilio e le buone suore passioniste.

Conti Iginia

TESTIMONIANZE 15

Dott.ssa Adele Caramico Stenta

Consacrati a Rivisondoli

Consacrati a Trasacco

Gruppo consacrati nella chiesa di S. Tommaso di Canteburi

Stefano Dichiara spegne con gioia e grinta 18 candeline

Novembre/Dicembre 2009 – Anno X n. 6Autor. Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999Sped. Ab. Post. D.353/2003 (L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1, Comma 2, DCB MacerataEditoriale ECO srl - C. c. p. 11558624Dir. Tonino Taccone – Redazione: P. A. Giuseppe PierangioliPiazzale S. Gabriele 2 – 62010 Morrovalle McTel. 0733.221273 - Fax 0733.222394 - C. [email protected] www.amicidigesucrocifisso.org

Un grazie sincero a coloro che hanno inviato la loro offerta per le spese di stampa

Ricordiamo al Signore i nostri defunti: Generale Maroni Alfredo di Civitanova: 31-08-09 De Marchi Lenire di Civitanova, consacrata perpetua: 09-10-2009.

Visitate il nostro sito web: vi trovate la rivista, le catechesi, notizie varie. Inviate notizie, giudizi, commenti e desiderata: aiutateci a renderlo vivo: www.amicidigesucrocifisso.org

CALENDARIO AMICI08 novembre: Ritiro mensile a Morrovalle: 9,45.15 novembre Ritiro e Consacrazioni a Giulianova Lido: 9,30-19.13 dicembre: Ritiro mensile a Morrovalle: 9,45.31 dicembre: Ore 22,00 Adorazione, messa di ringraziamento, momento di festa a Morrovalle06 gennaio 2010: Ore 15,00: Messa e festa dell’Epifania alla Casa di Riposo di Montecosaro10 gennaio 2010: Ritiro Mensile a Morrovalle: 9,45

Carissimi, giungano in tempo gli auguri di BUON NATA-LE e FELICE ANNO NUOVO, a tutti gli Amici e famiglie, ai confratelli, assistenti, parroci, non potendolo fare a parte con ciascuno. Il Natale è una festa di gioia e di pace, perché ci porta il Dio della gioia e della pace. Il nostro fondatore, san Paolo della Croce, è stato il più grande innamorato e apostolo di Gesù Crocifisso, ma anche uno dei santi più innamorati di Gesù Bambino. Egli amava contemplarlo mentre dorme su una croce, perché sa che è nato per morire sulla Croce per noi. Nel presepe di Betlemme contempla il Calvario di Gerusalemme. Gli auguri ve li rinnoverò ogni giorno di Avvento e di Natale, soprattutto quando stringo tra le mani il Verbo di Dio fatto carne. Vorrei la fede di S. Paolo della Croce per comunicarla a voi! Prepariamo con fede a questo grande mistero.

L’anno 2009 ci ha portato molte grazie, soprattutto il Venten-nio della nascita degli Amici di Gesù Crocifisso che abbiamo celebrato solennemente il 17 maggio al santuario di San Ga-briele e il 20 settembre alla Madonna della Stella. Non sono mancate le difficoltà, ma anche le grazie del Signore. Alcune delle prime Fraternità sono in affanno, ma stanno sorgendo tre nuovi gruppi che in breve potranno diventare Fraternità: Castellano di S. Elpidio a Mare MC, Sulmona AQ, Bari. I nostri iscritti stanno per raggiungere la cifra di 3.000. Il 15 novem-bre completeremo le consacrazioni. A metà novembre avremo avuto: 18 prime consacrazioni, 36 rinnovi e 21 perpetue. Pre-ghiamo perché il Signore ci aiuti a crescere non solo di numero ma soprattutto in santità nel nuovo anno 2010. Auguri e bene-dizioni a tutti. P. Alberto CP

Nel pomeriggio del 17 ottobre il Confr. Matteo Piccioni di Tor-toreto Te ha pronunciato i voti

perpetui passionisti nella nostra chie-sa di Morrovalle gremita di fedeli, nelle mani del P. Provinciale, Piergiorgio Bar-toli, con la partecipazione dei genitori, familiari, numerosi confratelli e Amici di Gesù Crocifisso. Molti nostri consacrati, seguendo il rito della consacrazione di Matteo, hanno rivissuto l’emozione del-la loro consacrazione a Gesù Crocifisso, perché il nostro rito segue in tutto il rito della consacrazione dei religiosi con po-chi aggiustamenti. Più di uno ha pianto durante il sacro rito.

Confr. Matteo Piccioni con i genitori dopo la professione perpetua nella

Congregazione Passionista

AUGURI