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Edmund Husserl: Con Husserl si arriva al XX secolo, in quanto nasce nel 1859 e muore nel 1938. E’ matematico di formazione, e la sua prima opera si intitola “Filosofia dell’aritmetica”. Nei primi decenni del XX sec. si hanno delle novità nel campo delle geometrie, con la nascita delle geometrie non euclidee, oppure con la teoria degli insiemi e l’infinito di Cantor. Nasce la scuola del logicismo con Russell, Frege, Peano, che intendono tradurre la matematica in logica per non aver più a che fare con numeri, bensì con simboli, seguendo quell’impostazione partita con Leibniz nel 1600. La seconda corrente è l’intuizionismo, con Brouwer come massimo esponente. Questa seconda scuola sostiene, sul pensiero kantiano, che le basi della matematica non siano di tipo logico, ma basate su intuizioni pure di spazio e di tempo; dallo spazio nasce la geometria, dal tempo l’aritmetica. B. fu uno dei più contrari alla matematica dell’infinito, in quanto trasformava l’intera matematica in pura speculazione. Il primo Russell, autore di Principia Matematica, aveva un’impostazione più platonica, secondo cui i concetti matematici hanno un’esistenza oggettiva in un mondo ideale; non sono quindi puri costrutti umani. Brouwer, invece, li intendeva come semplici invenzioni umane. La terza corrente è il formalismo, con Hilbert, come rappresentante, puro matematico. Hilbert intendeva dire, con formalismo, che nella matematica bisogna partire da assiomi liberamente posti, di cui non bisogna fornire prove, ma semplicemente cercare un’oggettiva coerenza delle deduzioni logiche che ne derivano. In H, c’è una grandissima attenzione per la concretezza, ricercando i minimi errori o le sconnessioni logiche nelle dimostrazioni euclidee. H. è l’antiplatonico per eccellenza. Altro personaggio importante è Godel, matematico austriaco, il quale asserì che nessun sistema sufficientemente complesso potesse giustificare se stesso; dimostrò che la verità matematica non coincide con la dimostrazione matematica, perché la verità è al di là della certezza che la dimostrazione può fornire. Husser sostiene che la matematica è l’effetto della psicologia del soggetto umano; bisogna considerare la sua genesi, come cioè si viene formando fin dai tempi più lontani. Il tentativo fu di ricondurre la matematica alla sua genesi nella mente umana. La sua opere giovanile fu stroncata dal logicista Frege, il quale sostenne che la matematica va considerata in sé, senza andare a capire come si forma (scontro tra platonismo e antiplatonismo). Da una parte si analizza la storia per comprendere meglio il concetto, dall’altra si analizza il concetto senza curarsi delle sue basi. In Kant c’è un’ analisi logica; in Husserl più psicologica. K. parla di schemi logici, mentre H. riconduce tutte le scienze alla soggettività umana. La prima opera è “Ricerche Logiche”. Parlando di H. bisogna citare la Fenomenologia, ovvero il discorso sul fenomeno. La fenomenologia risponde all’esigenza di andare oltre la cosa in sé. E’ una critica alla metafisica e all’ontologia tradizionale, continuando l’opera di Kant (Critica alla ragion pura) dove sosteneva che la metafisica pone problemi senza però soddisfare l’esigenza di conoscenza, in quanto si conosce l’aspetto fenomenico della cosa ma non quella stessa nella sua totalità. La metafisica non è quindi una disciplina conoscitiva ma problematica. In H. prosegue questa critica alla metafisica tradizionale, con la differenza che per K. abbiamo una conoscenza incompleta, mentre H. ritiene che la conoscenza dei fenomeni sia imprescindibile, e in qualche modo il “tutto”. La tradizione filosofica ha

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Edmund Husserl:

Con Husserl si arriva al XX secolo, in quanto nasce nel 1859 e muore nel 1938. E’ matematico di formazione, e la sua prima opera si intitola “Filosofia dell’aritmetica”. Nei primi decenni del XX sec. si hanno delle novità nel campo delle geometrie, con la nascita delle geometrie non euclidee, oppure con la teoria degli insiemi e l’infinito di Cantor. Nasce la scuola del logicismo con Russell, Frege, Peano, che intendono tradurre la matematica in logica per non aver più a che fare con numeri, bensì con simboli, seguendo quell’impostazione partita con Leibniz nel 1600. La seconda corrente è l’intuizionismo, con Brouwer come massimo esponente. Questa seconda scuola sostiene, sul pensiero kantiano, che le basi della matematica non siano di tipo logico, ma basate su intuizioni pure di spazio e di tempo; dallo spazio nasce la geometria, dal tempo l’aritmetica. B. fu uno dei più contrari alla matematica dell’infinito, in quanto trasformava l’intera matematica in pura speculazione. Il primo Russell, autore di Principia Matematica, aveva un’impostazione più platonica, secondo cui i concetti matematici hanno un’esistenza oggettiva in un mondo ideale; non sono quindi puri costrutti umani. Brouwer, invece, li intendeva come semplici invenzioni umane. La terza corrente è il formalismo, con Hilbert, come rappresentante, puro matematico. Hilbert intendeva dire, con formalismo, che nella matematica bisogna partire da assiomi liberamente posti, di cui non bisogna fornire prove, ma semplicemente cercare un’oggettiva coerenza delle deduzioni logiche che ne derivano. In H, c’è una grandissima attenzione per la concretezza, ricercando i minimi errori o le sconnessioni logiche nelle dimostrazioni euclidee. H. è l’antiplatonico per eccellenza.

Altro personaggio importante è Godel, matematico austriaco, il quale asserì che nessun sistema sufficientemente complesso potesse giustificare se stesso; dimostrò che la verità matematica non coincide con la dimostrazione matematica, perché la verità è al di là della certezza che la dimostrazione può fornire.

Husser sostiene che la matematica è l’effetto della psicologia del soggetto umano; bisogna considerare la sua genesi, come cioè si viene formando fin dai tempi più lontani. Il tentativo fu di ricondurre la matematica alla sua genesi nella mente umana. La sua opere giovanile fu stroncata dal logicista Frege, il quale sostenne che la matematica va considerata in sé, senza andare a capire come si forma (scontro tra platonismo e antiplatonismo). Da una parte si analizza la storia per comprendere meglio il concetto, dall’altra si analizza il concetto senza curarsi delle sue basi. In Kant c’è un’ analisi logica; in Husserl più psicologica. K. parla di schemi logici, mentre H. riconduce tutte le scienze alla soggettività umana. La prima opera è “Ricerche Logiche”.

Parlando di H. bisogna citare la Fenomenologia, ovvero il discorso sul fenomeno. La fenomenologia risponde all’esigenza di andare oltre la cosa in sé. E’ una critica alla metafisica e all’ontologia tradizionale, continuando l’opera di Kant (Critica alla ragion pura) dove sosteneva che la metafisica pone problemi senza però soddisfare l’esigenza di conoscenza, in quanto si conosce l’aspetto fenomenico della cosa ma non quella stessa nella sua totalità. La metafisica non è quindi una disciplina conoscitiva ma problematica. In H. prosegue questa critica alla metafisica tradizionale, con la differenza che per K. abbiamo una conoscenza incompleta, mentre H. ritiene che la conoscenza dei fenomeni sia imprescindibile, e in qualche modo il “tutto”. La tradizione filosofica ha sempre detto che esiste qualcosa al di là del fenomeno, ammesso che sia, o meno, conoscibile, con un ossessione che fa perdere quanto di più importante ci è dato conoscere, cioè quello che appare. La fenomenologia è quell’atteggiamento, quel metodo, che dà importanza a ciò che appare, smettendo di andare “oltre” perché ce lo impone una tradizione filosofica passata. H. parte da Brentano, filosofo che aveva definito la coscienza come intenzionalità, ovvero intenzione e coscienza di un oggetto, di una rem. La coscienza è il volgersi a ciò che è fuori di sé. Agostino, ad esempio, aveva detto di voler capire solo l’anima e Dio; però tra l’uomo e Dio esiste il mondo. Il contesto umano fa sviluppare la coscienza e l’intelligenza; la coscienza si forma nell’interazione col mondo, non è semplicemente qualcosa di intimo dentro di noi. Ridurre la questione a un singolo, all’io di Fichte che pone se stesso, non basta a risolvere il problema. La realtà va vista come intreccio col soggetto. Altra opera è la “Filosofia come scienza rigorosa”, richiamo a Cartesio, con una filosofia-scienza.La fenomenologia di H. non ebbe un gran seguito, tuttavia influenzò la psichiatria. Ad esempio Freud voleva scavare nella mente per andare oltre quelle conclusioni che si possono trarre superficialmente, per far riemergere ad esempio i traumi e riportarli alla luce. Nasce parallelamente la psicologia fenomenologica, la quale si ferma al fatto, vuole unicamente descrivere, senza cercare le cause, senza interpretazioni, poiché l’eccesso di queste porta all’errore. In questo senso è vicino agli scettici che sospendevano il giudizio (epokè), convinti che l’uomo non potesse conoscere profondamente nulla. H. vuole comprendere il fenomeno scrostandolo di quella parte in più che non lo fa comprendere appieno. C’è un’idea platonica di essenza dietro la cosa, ma l’idea per H. non è nell’Iperuranio, bensì in questo mondo. H. tiene a Praga, nel ’36, un ciclo di conferenze su “La crisi delle scienze europee”, dove parla di uno smarrimento della scienza contemporanea, nonostante si fosse già giunti alla meccanica quantistica e alle teorie della relatività. H. non nega i successi della scienza, tuttavia dice che a partire dal ‘600, da Galileo, esiste un acquisto da una parte e una perdita dall’altra. Abbiamo un atteggiamento obiettivistico, che tende a concepire il mondo come una realtà frontalmente data, con una contrapposizione soggetto-oggetto. H. vede un’astrazione delle scienze che tende a formalizzare ogni cosa senza farsi più capire. Se ad esempio si pensa alla Terra che ruota su se stessa e contemporaneamente intorno al Sole, scopriamo una verità che i sensi non ci fanno percepire, perché ci allontaniamo dalla percezione della realtà. Si pone il problema dell’astrazione della scienza. In tempi precedenti la matematica non aveva il ruolo preminente di oggi, alla base di tutte le scienze. La specializzazione delle scienze è giusta perché porta a

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dei passi in avanti, a delle scoperte importanti, ma questa settorializzazione fa perdere il contatto col mondo della vita. Questa è la crisi delle scienze, non dovuta ad una mancanza di risultati, ma al fatto che non siamo più di fronte ad una scienza per l’uomo ma ad un uomo per la scienza.