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I l Beneventano è terra di conquista della camorra napoletana e caserta- na. Intorno ai due «giganti», il clan Pa- gnozzi, originario di San Giovanni a Te- duccio, e il clan Sparandeo, in forte de- clino, si affollano una serie di gruppi di piccole e medie dimensioni, la maggior parte dei quali proviene da fuori provin- cia. I Pagnozzi, al momento, sono tra que- li che godono di migliore salute. Prove- nienti dalla periferia di Napoli, circa trent’anni fa, si sono insediati nella val- le Caudina, che si trova al confine tra Avellino e Benevento. Il capo clan, at- tualmente recluso, è Gennaro Pagnozzi, detto «il giaguaro». La cosca, oltre che in usura ed estorsione, è specializzata nel traffico internazionale di stupefacen- ti. Il rafforzamento dei Pagnozzi è stato contemporaneo all’indebolimento degli Sparandeo, decimati da procedimenti giudiziari. Forte è la loro capacità di pe- netrazione nel mondo degli appalti pub- blici. Dalla valle Caudina si sono sposta- ti nella zona di San Martino, in quella di Montesarchio, tramite il sodalizio con gli Iadanza, fino a conquistare Beneven- to e i paesi intorno. Sebbene tutti i capi siano in carcere, compreso il boss Corra- do, il clan Sparandeo continua tuttavia ad avere una sua presenza nel capoluo- go e nella zona nord orientale della pro- vincia, anche grazie all’alleanza stretta con i casalesi. I clan di quest’area, dunque, si occu- pano di estorsioni ed usura e, da quasi vent’anni, di smaltimento illecito di ri- fiuti tossici. Nel 2002 è stata una strada a ridefinire gli equilibri della camorra beneventana: esattamente, la statale 372, che congiunge Benevento a Caia- niello. Era stato approvato il finanzia- mento per il raddoppio delle carreggia- te: un boccone talemente ghiotto da dis- solvere il vecchio sodalizio tra i Pagnoz- zi e il cartello dei «solopachesi», di cui fanno parte gli Esposito e i De Rosa. Il clan retto da Francesco Esposito, origi- nario di Sant’Antimo, fece il suo ingres- so in provincia grazie ai Verde e ai Pa- gnozzi, concentrando i suoi affari illeciti nella Valle Telesina, che comprende So- lopaca, Frasso Telesino, Telese e Melizza- no. L’appalto della Benevento-Caianiel- lo portò i Pagnozzi a contrapporsi ai so- lopachesi. Il clan della valle Caudina commissionò l’omicidio di Esposito. Gli subentrò prima Francesco Perna e, do- po l’arresto di quest’ultimo, Rosa Del Prete, moglie di Esposito. L’esecuzione materiale dell’omicidio del boss dei So- lopachesi fu il prezzo che i Perreca di Re- cale e i Massaro di San Felice a Cancello (entrambi in provincia di Caserta) dovet- tero pagare ai Pagnozzi per spostare le attività dei loro clan nel Beneventano. G. M. L a figura geometrica del triangolo for- se non basta più a spiegare le dinami- che camorristiche nella provincia di Salerno. Negli anni ’80 e ’90, i magi- strati ci hanno raccontato, funzionava così: tre distinti vertici, imprenditori, politici e camor- ra, interagivano tra loro, in uno scambio «sinal- lagmatico» di favori, con una reciproca conta- minazione, mantenendo, però, una formale se- parazione rispetto al proprio ruolo e alla pro- pria identità. Oggi, la figura geometrica che me- glio può rendere l’idea di questo rapporto è probabilmente il cerchio. Non più un sistema triangolare di relazioni, bensì un «processo» circolare in cui la criminalità si evolve in im- prenditoria legale e culmina nell’amministra- zione politica dei territori. È difficile trovare a Salerno un clan struttura- to secondo lo stereotipo mafioso classico, che prevede la capacità di un controllo invasivo e militare. La camorra salernitana si connota sempre di più come «comitato d’affare». Nel- l’Agro nocerino sarnese, non esiste un clan ege- monico, o che, nell’attuale situazione, possa sperare di esserlo. Sono pochi i gruppi crimina- li che riescono ad avere una zona d’influenza che vada oltre il proprio comune di origine. Agi- sce in quest’area una camorra «onnivora», inte- ressata a qualsiasi tipo di attività economica. La fonte principale di liquidità è il traffico di stupe- facenti, sebbene la supremazia dei napoletani e dei casertani li costringa a un ruolo secondario nel mercato della droga regionale. Vengono poi l’usura e le estorsioni. Ma il giro d’affari com- prende anche appalti pubblici e attività impren- ditoriali legali. Non solo grandi commesse, co- me quelle che alcuni clan nocerini hanno sul- l’A3 attraverso imprese «pulite» (difese anche da interrogazioni parlamentari). Ma buona par- te dei loro interessi si situa a un livello di azio- ne localistico. La criminalità dell’Agro noceri- no-sarnese si avvantaggia di amministrazioni compiacenti che agevolano le speculazioni im- mobiliari, con il rilascio di licenze edilizie e mo- difiche dei piani regolatori. I gruppi criminali esprimono membri nei consigli di amministra- zione delle società partecipate, si aggiudicano appalti di ogni natura, anche piccole cose, co- me la gestione dei parcheggi comunali. Stanno sul mercato, contribuendo al prodotto interno lordo provinciale con attività legate al settore agroalimentare e ortofrutticolo. Esemplificativo di tipiche modalità d’azione è il clan Iannaco-Adinolfi, nato dall’unione tra due gruppi dei quali il primo è originario di Sant’Egidio Montealbino e il secondo di San Marzano. Il reggente, Luigi Iannaco, detto «Zì Maisto», condannato a marzo a 39 anni di re- clusione, ha creato nel suo territorio un clima intimidatorio, penetrando in ogni attività lavo- rativa: faceva estorsioni, chiedeva agli impren- ditori contributi spontanei e imponeva i forni- tori; in molti casi erano ditte a lui direttamente legate ad aggiudicarsi lavori o forniture. Nel processo che ha visto coinvolto il suo sodale, Umberto Adinolfi, è emerso che l’ex sottosegre- tario salernitano ai Trasporti, Andrea Annunzia- ta, era stato più volte volta a casa sua. A Pagani, le fisionomie dei gruppi criminali sono più si- mili alla realtà napoletana. Qui è aperta una fai- da tra i Contaldo, alleati dei Tavoletta-Cantiello di Villa Literno, retti da Nicola Fiore, e il clan Petrosino D’Auria. L’arresto del boss Tommaso Fezza ha invece ridimensionato l’omonimo clan (appartenente negli anni ’80 alla Nuova Fa- miglia), che a Pagani gestiva la fetta maggiori- taria del mercato della droga e della prostituzio- ne. La presenza del porto fa, invece, di Salerno un luogo strategico del traffico di stupefacenti, gestito soprattutto dai casalesi e dai clan della provincia di Napoli. Salerno è una città dove la camorra c’è, ma si vede poco, e poco se ne par- la. Lo spaccio cittadino veniva gestito, fino al 2004, dal clan scafatese Di Paolo nella zona orientale; oggi la fanno da padrone giovani «sciolti» che fanno capo a Nino Quaranta (ras della security nei locali notturni) e Peppe Lon- go. I D’Agostino presidiano la zona collinare (il loro quartier generale è in via Alfredo Capone), i Capri-Panella il centro storico. La conforma- zione economica del capoluogo consente una forte attività di riciclaggio, oltre che di usura: la camorra investe nella movida e nei negozi al dettaglio di lusso (prevalentemente abbiglia- mento). Nella zona, tra Salerno città e Cava de’ Tirre- ni, gli inquirenti della Procura guidata da Fran- co Roberti hanno bloccato il consolidarsi di un nuovo clan capeggiato da Luigi Maisto, negli anni ’70 affiliato alla Nuova camorra organizza- ta di Cutolo. Da Bari, dove era giunto in sog- giorno obbligato qualche anno prima, diregeva l’attività estorsiva tra Battipaglia, Salerno e Ca- va. Sempre più invasiva si sta facendo la pre- senza dei casalesi in provincia: il clan caserta- no agisce attraverso imprese operanti nel mon- do degli appalti pubblici: la «General Impian- ti», intestata al fratello del boss Setola (ma provvista di certificato antimafia), si è aggiudi- cata importanti lavori in molti comuni; la «Campania appalti», invece, avrebbe dovuto costruire le strade di accesso al termovalorizza- tore: appartiene alla sorella del boss Dante Api- cella, condannato nel processo Spartacus; la «Co.ge.co.», intestata ad Alfredo De Laurentis e gravitante nell’orbita degli Schiavone, ha vinto diversi appalti sull’A3. Gli interessi dei casalesi si stanno concentrando anche a Sud di Salerno: usano il Cilento e il Vallo di Diano (negli ultimi tempi, particolarmente calda è la zona indu- striale di Polla e Atena Lucana) come luogo di investimento e smaltimento illecito di rifiuti. Nella Piana del Sele, nonostante gli arresti e i guai giudiziari, i vecchi clan conservano una certa vitalità. I Marrandino investono anche in Toscana. I Maiale, come ha evidenziato il seque- stro di 25 milioni di euro ad Antonio Campio- ne (che riciclava per loro conto), hanno ancora un ruolo importante. I Giffoni di Battipaglia ge- sticono il racket su alcuni tratti della Saler- no-Reggio Calabria. Sempre più penetrante la presenza dei «casalesi» nell’area di GIORGIO MOTTOLA Attività criminali e aree di influenza Tra Avellino e provincia Comitati d’affari U n’ attenta politica delle alleanze e una diversificazione nelle proprie attività criminali. In questo modo i Cava sono riu- sciti a costruire una salda egemonia nel pa- norama camorristico della provincia di Avellino. A partire dall’82, il clan ha decima- to i concorrenti, a colpi di kalashnikov e di sodalizi azzeccati. I Graziano hanno dovuto ridimensionarsi ad Avellino ed allargarsi nella valle dell’Irno salernitana. Il clan dei Genovese, invece, è stato costretto ad accor- darsi, quasi fino ad essere fagocitato. Spetta- tori silenti e assoggettati gli imprenditori e gli amministratori pubblici dell’avellinese. L’attività edilizia subisce un pesante condi- zionamento da parte di questi tre gruppi ca- morristici, cui si aggiunge il clan Pagnozzi, che opera al confine con la provincia di Be- nevento. A seconda della zona geografica, quasi ogni "grande" cantiere, soprattutto se pubblico, ha il suo estorsore e l’obbligo di rivolgersi, per forniture di materiali e mez- zi di movimento terra a ditte controllate dai clan, che si strutturano su base parentale e familiare. Molto di quello che si sa lo si de- ve alle coraggiose inchieste del pm della Dda partenopea Maria Antonietta Tronco- ne, minacciata di morte, a maggio, dai casa- lesi. I Cava, grazie al declino dei Graziano, che inizialmente gestivano per intero i fondi del terremoto, hanno l’allargato enorme- mente la propria area di influenza: il loro territorio di azione, che inizialmente coinci- deva con il comune di Quindici e qualche paese vicino, ora comprende buona parte del Vallo di Lauro, la città di Avellino, condi- visa con i Genovese, e alcune zone del nola- no, Palma Campania, Liveri, San Paolo Belsi- to e San Gennaro Vesuviano. Il clan è retto da una diarchia. Da una parte c’è Biagio Ca- va, dall’altra Antonio, detto «’ndò ’ndò». I due si dividono la gestione di differenti atti- vità criminali, che consistono innanzitutto nel traffico di stupefacenti e nell’estorsio- ne. E si ramificano poi in usura, accaparra- mento di aziende ed esercizi commerciali, che il clan grava di obbligazioni insostenibi- li, e speculazioni di vario genere attraverso turbative d’asta. Un «ferreo controllo del territorio agevolato dall’assoluta omertà im- posta ai cittadini», così definiva la dinami- ca criminale dei Cava l’ordinanza di custo- dia cautelare che nel 2008 ha messo agli ar- resti 49 affiliati al gruppo camorristico. È invece attraversata da problemi di lea- dership interna la famiglia Graziano, che esercita il proprio controllo su Quindici, una ormai piccola parte del vallo di Lauro e Domicella, e alcuni comuni della valle del- l’Irno in provincia di Salerno: Siano, Braci- gliano, Mercato San Severino e Castel San Giorgio. Il capo clan Felice Graziano, detto «chiò chiò», è insidiato da due zii, che por- tano lo stesso cognome, Arturo e Salvatore. Tra loro, in alcuni casi, è sorta qualche ten- sione a causa di sconfinamenti nelle altrui aree di attività. In sostegno di Felice ci sono il fratello Biagio, e la madre Assunta Santa- niello, che è la vera mente del clan. Sebbe- ne la potenza militare sia notevolmente di- minuita nel corso degli anni, i Graziano hanno conservato una capacità di penetra- zione nella pubblica amministrazione e una forza di primo piano nel racket delle estor- sioni. Il clan Genovese, fondato da Modesti- no (considerato uno dei tre berretti verdi di Cutolo) e attualmente retto da Luigi, è di- ventato, anche grazie al sodalizio stretto con Cava, quasi monopolista nel settore del movimento terra, in provincia di Avellino. Questo gruppo criminale è quanto di più vi- cino ci sia, nell’avellinese, alla «mafia-indu- stria di servizi», descritta dal sociologo Die- go Gambetta. La loro ditta, «N.G. scavi» vie- ne imposta, insieme alle tangenti, ai cantie- ri del territorio che controllano: Avellino, Summonte, Ospedaletto d'Alpinolo, Merco- gliano, Pietrastornina, Sant’Angelo a Scala, Monteforte Irpino. G.M. Nel Beneventano La guerra per i lavori sulla statale La scheda Graziano in declino, più spazio ai Cava I clan salernitani tra droga, racket e appalti per la A3 Nell’agro nocerino sarnese sono attivi molti clan. È una camorra «onnivora», interessata a qualsiasi tipo di attività economica Agro Nocerino Sarnese Traffico stupefacenti, appalti pubblici, racket, riciclaggio nel settore agroalimentare e ortofrutticolo, usura Salerno città Riciclaggio nelle imprese attive nel settore della «movida» e del commercio di lusso, usura, estorsioni, traffico di stupefacenti Valle dell’Irno Droga, appalti pubblici, smaltimento illecito rifiuti, racket e usura Piana del Sele Droga, traffico illecito di rifiuti, estorsioni, riciclaggio nel settore agroalimentare, racket Cilento Riciclaggio nel settore alberghiero e della ristorazione, usura, racket Vallo di Diano Droga, rifiuti, usura, estorsioni Autostrada Sa-Rc Racket sui cantieri, imposizione di forniture, infiltrazioni negli appalti pubblici O SSERVATORIO SULLA C AMORRA E SULL’ I LLEGALITÀ 12 Dossier Giovedì 25 Giugno 2009 Corriere del Mezzogiorno NA

I clan salernitani tra droga, racket e appalti per la A3 · fanno parte gli Esposito e i De Rosa. Il ... la camorra investe nella movida e nei negozi al ... Riciclaggio nelle imprese

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Page 1: I clan salernitani tra droga, racket e appalti per la A3 · fanno parte gli Esposito e i De Rosa. Il ... la camorra investe nella movida e nei negozi al ... Riciclaggio nelle imprese

I l Beneventano è terra di conquistadella camorra napoletana e caserta-

na. Intorno ai due «giganti», il clan Pa-gnozzi, originario di San Giovanni a Te-duccio, e il clan Sparandeo, in forte de-clino, si affollano una serie di gruppi dipiccole e medie dimensioni, la maggiorparte dei quali proviene da fuori provin-cia.

I Pagnozzi, al momento, sono tra que-li che godono di migliore salute. Prove-nienti dalla periferia di Napoli, circatrent’anni fa, si sono insediati nella val-le Caudina, che si trova al confine traAvellino e Benevento. Il capo clan, at-tualmente recluso, è Gennaro Pagnozzi,detto «il giaguaro». La cosca, oltre chein usura ed estorsione, è specializzatanel traffico internazionale di stupefacen-ti. Il rafforzamento dei Pagnozzi è statocontemporaneo all’indebolimento degliSparandeo, decimati da procedimentigiudiziari. Forte è la loro capacità di pe-netrazione nel mondo degli appalti pub-blici. Dalla valle Caudina si sono sposta-ti nella zona di San Martino, in quella diMontesarchio, tramite il sodalizio congli Iadanza, fino a conquistare Beneven-to e i paesi intorno. Sebbene tutti i capisiano in carcere, compreso il boss Corra-do, il clan Sparandeo continua tuttaviaad avere una sua presenza nel capoluo-go e nella zona nord orientale della pro-vincia, anche grazie all’alleanza strettacon i casalesi.

I clan di quest’area, dunque, si occu-pano di estorsioni ed usura e, da quasivent’anni, di smaltimento illecito di ri-fiuti tossici. Nel 2002 è stata una stradaa ridefinire gli equilibri della camorrabeneventana: esattamente, la statale372, che congiunge Benevento a Caia-niello. Era stato approvato il finanzia-mento per il raddoppio delle carreggia-te: un boccone talemente ghiotto da dis-solvere il vecchio sodalizio tra i Pagnoz-zi e il cartello dei «solopachesi», di cuifanno parte gli Esposito e i De Rosa. Ilclan retto da Francesco Esposito, origi-nario di Sant’Antimo, fece il suo ingres-so in provincia grazie ai Verde e ai Pa-gnozzi, concentrando i suoi affari illecitinella Valle Telesina, che comprende So-lopaca, Frasso Telesino, Telese e Melizza-no. L’appalto della Benevento-Caianiel-lo portò i Pagnozzi a contrapporsi ai so-lopachesi. Il clan della valle Caudinacommissionò l’omicidio di Esposito. Glisubentrò prima Francesco Perna e, do-po l’arresto di quest’ultimo, Rosa DelPrete, moglie di Esposito. L’esecuzionemateriale dell’omicidio del boss dei So-lopachesi fu il prezzo che i Perreca di Re-cale e i Massaro di San Felice a Cancello(entrambi in provincia di Caserta) dovet-tero pagare ai Pagnozzi per spostare leattività dei loro clan nel Beneventano.

G. M.

L a figura geometrica del triangolo for-se non basta più a spiegare le dinami-che camorristiche nella provincia diSalerno. Negli anni ’80 e ’90, i magi-

strati ci hanno raccontato, funzionava così: tredistinti vertici, imprenditori, politici e camor-ra, interagivano tra loro, in uno scambio «sinal-lagmatico» di favori, con una reciproca conta-minazione, mantenendo, però, una formale se-parazione rispetto al proprio ruolo e alla pro-pria identità. Oggi, la figura geometrica che me-glio può rendere l’idea di questo rapporto èprobabilmente il cerchio. Non più un sistematriangolare di relazioni, bensì un «processo»circolare in cui la criminalità si evolve in im-prenditoria legale e culmina nell’amministra-zione politica dei territori.

È difficile trovare a Salerno un clan struttura-to secondo lo stereotipo mafioso classico, cheprevede la capacità di un controllo invasivo emilitare. La camorra salernitana si connotasempre di più come «comitato d’affare». Nel-l’Agro nocerino sarnese, non esiste un clan ege-monico, o che, nell’attuale situazione, possasperare di esserlo. Sono pochi i gruppi crimina-li che riescono ad avere una zona d’influenzache vada oltre il proprio comune di origine. Agi-sce in quest’area una camorra «onnivora», inte-ressata a qualsiasi tipo di attività economica. Lafonte principale di liquidità è il traffico di stupe-

facenti, sebbene la supremazia dei napoletani edei casertani li costringa a un ruolo secondarionel mercato della droga regionale. Vengono poil’usura e le estorsioni. Ma il giro d’affari com-prende anche appalti pubblici e attività impren-ditoriali legali. Non solo grandi commesse, co-me quelle che alcuni clan nocerini hanno sul-l’A3 attraverso imprese «pulite» (difese ancheda interrogazioni parlamentari). Ma buona par-te dei loro interessi si situa a un livello di azio-ne localistico. La criminalità dell’Agro noceri-no-sarnese si avvantaggia di amministrazionicompiacenti che agevolano le speculazioni im-mobiliari, con il rilascio di licenze edilizie e mo-difiche dei piani regolatori. I gruppi criminaliesprimono membri nei consigli di amministra-zione delle società partecipate, si aggiudicanoappalti di ogni natura, anche piccole cose, co-me la gestione dei parcheggi comunali. Stannosul mercato, contribuendo al prodotto internolordo provinciale con attività legate al settoreagroalimentare e ortofrutticolo.

Esemplificativo di tipiche modalità d’azioneè il clan Iannaco-Adinolfi, nato dall’unione tradue gruppi dei quali il primo è originario diSant’Egidio Montealbino e il secondo di SanMarzano. Il reggente, Luigi Iannaco, detto «ZìMaisto», condannato a marzo a 39 anni di re-clusione, ha creato nel suo territorio un climaintimidatorio, penetrando in ogni attività lavo-rativa: faceva estorsioni, chiedeva agli impren-ditori contributi spontanei e imponeva i forni-

tori; in molti casi erano ditte a lui direttamentelegate ad aggiudicarsi lavori o forniture. Nelprocesso che ha visto coinvolto il suo sodale,Umberto Adinolfi, è emerso che l’ex sottosegre-tario salernitano ai Trasporti, Andrea Annunzia-ta, era stato più volte volta a casa sua. A Pagani,le fisionomie dei gruppi criminali sono più si-mili alla realtà napoletana. Qui è aperta una fai-da tra i Contaldo, alleati dei Tavoletta-Cantiellodi Villa Literno, retti da Nicola Fiore, e il clanPetrosino D’Auria. L’arresto del boss TommasoFezza ha invece ridimensionato l’omonimoclan (appartenente negli anni ’80 alla Nuova Fa-miglia), che a Pagani gestiva la fetta maggiori-taria del mercato della droga e della prostituzio-ne. La presenza del porto fa, invece, di Salernoun luogo strategico del traffico di stupefacenti,gestito soprattutto dai casalesi e dai clan dellaprovincia di Napoli. Salerno è una città dove lacamorra c’è, ma si vede poco, e poco se ne par-la. Lo spaccio cittadino veniva gestito, fino al2004, dal clan scafatese Di Paolo nella zonaorientale; oggi la fanno da padrone giovani

«sciolti» che fanno capo a Nino Quaranta (rasdella security nei locali notturni) e Peppe Lon-go. I D’Agostino presidiano la zona collinare (illoro quartier generale è in via Alfredo Capone),i Capri-Panella il centro storico. La conforma-zione economica del capoluogo consente unaforte attività di riciclaggio, oltre che di usura:la camorra investe nella movida e nei negozi aldettaglio di lusso (prevalentemente abbiglia-mento).

Nella zona, tra Salerno città e Cava de’ Tirre-ni, gli inquirenti della Procura guidata da Fran-co Roberti hanno bloccato il consolidarsi di unnuovo clan capeggiato da Luigi Maisto, neglianni ’70 affiliato alla Nuova camorra organizza-ta di Cutolo. Da Bari, dove era giunto in sog-giorno obbligato qualche anno prima, diregeval’attività estorsiva tra Battipaglia, Salerno e Ca-va. Sempre più invasiva si sta facendo la pre-senza dei casalesi in provincia: il clan caserta-no agisce attraverso imprese operanti nel mon-do degli appalti pubblici: la «General Impian-ti», intestata al fratello del boss Setola (maprovvista di certificato antimafia), si è aggiudi-cata importanti lavori in molti comuni; la«Campania appalti», invece, avrebbe dovutocostruire le strade di accesso al termovalorizza-tore: appartiene alla sorella del boss Dante Api-cella, condannato nel processo Spartacus; la«Co.ge.co.», intestata ad Alfredo De Laurentis egravitante nell’orbita degli Schiavone, ha vintodiversi appalti sull’A3. Gli interessi dei casalesisi stanno concentrando anche a Sud di Salerno:usano il Cilento e il Vallo di Diano (negli ultimitempi, particolarmente calda è la zona indu-striale di Polla e Atena Lucana) come luogo diinvestimento e smaltimento illecito di rifiuti.

Nella Piana del Sele, nonostante gli arresti ei guai giudiziari, i vecchi clan conservano unacerta vitalità. I Marrandino investono anche inToscana. I Maiale, come ha evidenziato il seque-stro di 25 milioni di euro ad Antonio Campio-ne (che riciclava per loro conto), hanno ancoraun ruolo importante. I Giffoni di Battipaglia ge-sticono il racket su alcuni tratti della Saler-no-Reggio Calabria.

Sempre più penetrante la presenza dei «casalesi» nell’areadi GIORGIO MOTTOLA

Attività criminalie aree di influenza

Tra Avellino e provincia

Comitati d’affari

U n’ attenta politica delle alleanze e unadiversificazione nelle proprie attività

criminali. In questo modo i Cava sono riu-sciti a costruire una salda egemonia nel pa-norama camorristico della provincia diAvellino. A partire dall’82, il clan ha decima-to i concorrenti, a colpi di kalashnikov e disodalizi azzeccati. I Graziano hanno dovutoridimensionarsi ad Avellino ed allargarsinella valle dell’Irno salernitana. Il clan deiGenovese, invece, è stato costretto ad accor-darsi, quasi fino ad essere fagocitato. Spetta-tori silenti e assoggettati gli imprenditori egli amministratori pubblici dell’avellinese.L’attività edilizia subisce un pesante condi-zionamento da parte di questi tre gruppi ca-morristici, cui si aggiunge il clan Pagnozzi,che opera al confine con la provincia di Be-nevento. A seconda della zona geografica,quasi ogni "grande" cantiere, soprattutto sepubblico, ha il suo estorsore e l’obbligo dirivolgersi, per forniture di materiali e mez-zi di movimento terra a ditte controllate dai

clan, che si strutturano su base parentale efamiliare. Molto di quello che si sa lo si de-ve alle coraggiose inchieste del pm dellaDda partenopea Maria Antonietta Tronco-ne, minacciata di morte, a maggio, dai casa-lesi.

I Cava, grazie al declino dei Graziano, cheinizialmente gestivano per intero i fondidel terremoto, hanno l’allargato enorme-mente la propria area di influenza: il loroterritorio di azione, che inizialmente coinci-deva con il comune di Quindici e qualchepaese vicino, ora comprende buona partedel Vallo di Lauro, la città di Avellino, condi-visa con i Genovese, e alcune zone del nola-no, Palma Campania, Liveri, San Paolo Belsi-to e San Gennaro Vesuviano. Il clan è rettoda una diarchia. Da una parte c’è Biagio Ca-va, dall’altra Antonio, detto «’ndò ’ndò». Idue si dividono la gestione di differenti atti-vità criminali, che consistono innanzituttonel traffico di stupefacenti e nell’estorsio-ne. E si ramificano poi in usura, accaparra-

mento di aziende ed esercizi commerciali,che il clan grava di obbligazioni insostenibi-li, e speculazioni di vario genere attraversoturbative d’asta. Un «ferreo controllo delterritorio agevolato dall’assoluta omertà im-posta ai cittadini», così definiva la dinami-ca criminale dei Cava l’ordinanza di custo-

dia cautelare che nel 2008 ha messo agli ar-resti 49 affiliati al gruppo camorristico.

È invece attraversata da problemi di lea-dership interna la famiglia Graziano, cheesercita il proprio controllo su Quindici,una ormai piccola parte del vallo di Lauro eDomicella, e alcuni comuni della valle del-l’Irno in provincia di Salerno: Siano, Braci-gliano, Mercato San Severino e Castel SanGiorgio. Il capo clan Felice Graziano, detto«chiò chiò», è insidiato da due zii, che por-

tano lo stesso cognome, Arturo e Salvatore.Tra loro, in alcuni casi, è sorta qualche ten-sione a causa di sconfinamenti nelle altruiaree di attività. In sostegno di Felice ci sonoil fratello Biagio, e la madre Assunta Santa-niello, che è la vera mente del clan. Sebbe-ne la potenza militare sia notevolmente di-minuita nel corso degli anni, i Grazianohanno conservato una capacità di penetra-zione nella pubblica amministrazione e unaforza di primo piano nel racket delle estor-sioni. Il clan Genovese, fondato da Modesti-no (considerato uno dei tre berretti verdi diCutolo) e attualmente retto da Luigi, è di-ventato, anche grazie al sodalizio strettocon Cava, quasi monopolista nel settore delmovimento terra, in provincia di Avellino.Questo gruppo criminale è quanto di più vi-cino ci sia, nell’avellinese, alla «mafia-indu-stria di servizi», descritta dal sociologo Die-go Gambetta. La loro ditta, «N.G. scavi» vie-ne imposta, insieme alle tangenti, ai cantie-ri del territorio che controllano: Avellino,Summonte, Ospedaletto d'Alpinolo, Merco-gliano, Pietrastornina, Sant’Angelo a Scala,Monteforte Irpino.

G.M.

Nel Beneventano

La guerraper i lavorisulla statale

La scheda

Graziano in declino, più spazio ai Cava

I clan salernitani tra droga,racket e appalti per la A3

Nell’agro nocerino sarnese sonoattivi molti clan. È una camorra«onnivora», interessata a qualsiasitipo di attività economica

Agro Nocerino SarneseTraffico stupefacenti, appalti pubblici,racket, riciclaggio nel settoreagroalimentare e ortofrutticolo, usuraSalerno cittàRiciclaggio nelle imprese attive nel settoredella «movida» e del commercio di lusso,usura, estorsioni, traffico di stupefacentiValle dell’IrnoDroga, appalti pubblici, smaltimentoillecito rifiuti, racket e usuraPiana del SeleDroga, traffico illecito di rifiuti, estorsioni,riciclaggio nel settore agroalimentare,racketCilentoRiciclaggio nel settore alberghieroe della ristorazione, usura, racketVallo di DianoDroga, rifiuti, usura, estorsioniAutostrada Sa-RcRacket sui cantieri, imposizionedi forniture, infiltrazioninegli appalti pubblici

OSSERVATORIO SULLA CAMORRA E SULL’ILLEGALITÀ

12 Dossier Giovedì 25 Giugno 2009 Corriere del MezzogiornoNA