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itosu
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7/16/2019 I dieci precetti del M° Itosu
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Queste sono due traduzioni dei 10 precetti del M° Itosu trovati su internet,sono leggermente differenti a causa della traduzione dall’inglesee credo dallafonte acquisita, come è differente la mia traduzione dei 10 precetti tradotta dallibro del M° Gennosuke Igaki.
I 10 precetti del M° Itosu
1) Il Karate non ha il solo scopo di disciplinare il fisico. Se e quando si verifica la necessità di
combattere per una giusta causa, il Karate fornisce la forza d’animo per rischiare la propria
vita a supporto della giustizia. Non è finalizzato all’uso contro un singolo avversario ma la
sua conoscenza deve servire come mezzo per evitare di ferire inutilmente gli altri con l’uso
delle mani e dei piedi, anche qualora ci si trovasse a dover fronteggiare un malintenzionato.
2) Lo scopo principale dell’allenamento nel karate è quello di rafforzare i muscoli rendendo il
fisico forte come ferro e pietra; in questo modo le mani e i piedi potranno essere usati come
armi, allo stesso modo di lance e alabarde. L’allenamento nel Karate inculca il senso del
coraggio e del valore nei bambini e la sua introduzione dovrebbe essere incoraggiata nelle
nostre scuole elementari. Non dimenticate cosa disse il Duca di Wellington dopo aver
sconfitto l’Imperatore Napoleone: "La vittoria di oggi è stata ottenuta grazie alla disciplina
coltivata nei terreni di gioco delle nostre scuole elementari."
3) Il Karate non può essere appreso adeguatamente in un breve lasso di tempo. Come un
toro intorpidito che indipendentemente dalla lentezza con cui si muove è in grado di coprire
migliaia di miglia, allo stesso modo chi si impegna nello studio diligente per due o tre ore
ogni giorno, dopo tre o quattro anni di sforzo incessante vedrà il proprio corpo
profondamente trasformato, a rivelare la vera essenza del Karate.
4) Uno dei punti più importanti nel karate è l’allenamento delle mani e dei piedi. Per questo
motivo è necessario fare sempre uso del makiwara. Per potersi allenare efficacemente
abbassate le spalle, aprite i polmoni, focalizzate la vostra energia, fate presa fermamente
sul terreno per radicare la vostra postura e abbassate il vostro “Ki” (forza vitale) nel tanden
(sotto l’ombelico). Seguendo questa procedura eseguite da cento a duecento tsuki (colpi)
per braccio ogni giorno.
5) Si deve mantenere una posizione eretta nell’allenamento delle posizioni del Karate. La
schiena deve essere dritta, i lombi devono essere spinti in avanti e le spalle devono
rimanere rilassate, mentre si mantiene una potenza flessibile nelle gambe. Rilassatevi e
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mantenete collegate le parti superiore ed inferiore del corpo con la forza del Ki focalizzata
nel tanden.
6) Trasmessi oralmente, i kata del Karate contengono una miriade di tecniche e relativi
significati. La decisione di esplorare in modo indipendente il contesto di queste tecniche,
osservando i principi del “Tuidi” (teoria dell’uso) porterà ad una più agevole comprensione
delle applicazioni pratiche.
7) Nell’allenamento del Karate si deve decidere se la pratica deve essere finalizzata alla
difesa o allo sviluppo della forma fisica.
8) L’intensità è un argomento importante nell’allenamento del Karate. Immaginare di essere
sul terreno di battaglia durante l’allenamento migliora la progressione. Per questo gli occhi
devono esprimere fierezza mentre si abbassano le spalle e si contrae il corpo assestando il
colpo. L’allenamento con questo spirito prepara per il combattimento reale.
9) L’intensità dell’allenamento deve essere proporzionata alla resistenza e alla condizionefisica. La pratica eccessiva è pericolosa per il corpo e può essere riconosciuta
dall’arrossamento del viso e degli occhi.
10) I praticanti di Karate normalmente godono di una vita lunga e sana grazie ai benefici
dell’allenamento incessante. La pratica rinforza i muscoli e le ossa, migliora gli organi della
digestione e regola la circolazione del sangue. Per questo, se lo studio del Karate verrà
introdotto nel programma atletico fin dalle scuole elementari e praticato estensivamente
potremo forgiare uomini con incommensurabili capacità difensive.
1. Il fine del Karate-Do non è quello di costruirsi un fisico robusto, ma di mettere la propria vita al servizio di una giusta causa. Durante l’allenamento di ogni giorno dovete immaginare di combattere con più avversari, ma se avrete la sfortuna di avere a che fare con un ladro o unaggressore, evitate di ferirlo gravemente colpendolo in un punto vitale.
2. Nel Karate è opportuno allenarsi regolarmente per forgiare un corpo d’acciaio, potenziando i muscoli al punto da renderli potenti come un’arma. Allenandosi nel Karate con coraggio edeterminazione fin dalle scuole elementari si arriverà, con l’età adulta, al culmine della propria
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condizione fisica. Questo stesso concetto dovrà essere applicato a qualsiasi obiettivo (nella vita)ed alle altre arti marziali.
3. “Abbiate pazienza!” Da una a due ore di allenamento quotidiano per la durata di tre o quattroanni ed avrete un corpo di una robustezza e di una potenza inimmaginabili rispetto ad un non- praticante.
4. Per ottenere un’esecuzione ottimale di geri (calci ) e tsuki (pugni) è necessario l’allenamentoquotidiano al Makiwara e, per farlo nel modo corretto, il petto deve essere rigonfiato, ma le spalledevono rimanere basse e rilassate; bisogna inoltre mantenere i piedi ben ancorati al suolo. Fate poi scendere la “Coscienza” (concentrazione del KI) nel basso ventre, allora colpite 100/200 volte il Makiwara con lo stesso pugno.
5. La posizione ideale del Karate consiste nel tenere ben dritta la schiena, le spalle basse, legambe solidamente ancorate al suolo e l a coscienza (KI) fissa nel basso ventre, al fine d’utilizzarel’energia generata dalle forze verticali antagoniste.
6.
I Kata (e le tecniche) devono essere allenati con perseveranza allo scopo di averne la piena padronanza durante l’applicazione reale. I movimenti che compongono un Kata nascondonometodi di presa e liberazione invisibili e saranno, per lo più, trasmessi oralmente dal Maestro.
7. Prima di esercitarsi in un Kata bisogna distinguere le tecniche che mirano a rinforzare il corpoda quelle puramente teoriche.
8. Allenarsi a guardare con gli occhi colmi di furore, le spalle basse ed il corpo pronto a reagire vi garantirà una vittoria sicura anche in un combattimento reale.
9. Conoscere e rispettare i propri limiti.
10. E’ largamente dimostrato che praticare regolarmente Karate procura un longevità eccezionale:il corpo si sviluppa armoniosamente, l’apparato digerente funziona meglio e la circolazione del sangue migliora. Per tutti questi motivi sarebbe vantaggioso introdurre nella scuola elementarebasi dell’educazione fisica e svilupparvi l’insegnamento del Karate. Queste 10 regole potrebberoessere insegnate agli allievi delle scuole magistrali i quali, diventati insegnanti, le insegnerebbero aloro volta, in ogni regione, insieme alle altre materie. In meno di dieci anni il Karate conoscerebbeallora uno sviluppo su scala nazionale.
Itosu Anko - Okinawa, 1909
Tradizione Scritta
Questo articolo è stato pubblicato nella rivista “Arti d’Oriente” (Marzo 1999)
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Prima del XX secolo la tradizione marziale del karate (o tode, come era conosciuto ad Okinawa)
era trasmessa fisicamente, visivamente e oralmente, e non era possibile trovare molto di scritto. Il
primo documento riguardo il karate giunto fino ai nostri tempi. Il Karate, arte marziale originata
nell’isola di Okinawa, è sì un’espressione fisica, ma è altresì una tradizione, una cultura. E come
tutte le culture è stata trasmessa con vari mezzi, compresa la scrittura. Quanto è rimasto di scritto
dell’esperienza dei maestri e degli adepti che hanno fatto in modo che il karate giungesse fino a
noi? E questi scritti sono disponibili anche ai giorni nostri?
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Prima del XX secolo la tradizione marziale del karate (o tode mano cinese, com’era conosciuto
allora ad Okinawa) era trasmessa fisicamente, visivamente e oralmente, e non era possibile
trovare molto di scritto. Il primo documento riguardo al karate giunto fino ai nostri tempi è stato
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scritto da Sokon Matsumura: non si può definire un libro, ma piuttosto un documento, noto come
Matsumura Bucho Ikko, redatto nel 1882 con scrittura a pennello e inchiostro a china, contenente il
pensiero di Matsumura e consegnato ad uno degli allievi di Matsumura, Ryosei Kuwae.
Il documento, conservato gelosamente dalla famiglia Kuwae e tradotto per la prima volta in inglese
nel 1989, è di straordinaria importanza per capire le idee e le convinzioni sulle arti marziali di
Sokon Matsumura. E’ possibile comprendere l’influenza che ebbe Matsumura sull’arte del karateelencando alcuni dei suoi allievi: Anko Asato, Anko Itosu (maestro di Gichin Funakoshi, fondatore
dello Shotokan), Kentsu Yabu, Chomo Hanashiro, Chotoku Kyan. Tutti questi allievi, ed anche altri,
una volta divenuti anch’essi maestri, contribuirono a diffondere le idee del loro maestro, facendo
giungere così l’influenza di Matsumura fino ai giorni nostri.
Chomo Hanashiro (1869-1945), un allievo di Sokon Matsumura e successivamente di Anko Itosu,
scrisse nel 1905 alcune note sul kumite, Karate Shoshu Hen, famose perché in quelle note fu
usato, per la prima volta in forma scritta, il termine karate mano vuota. Il già citato Anko Itosu fu il
maestro che più fece per continuare la tradizione dello Shuri-te, la scuola di Matsumura, e fu
altresì la persona che riuscì ad introdurre il karate come disciplina di educazione fisica nella
scuola. Quest’introduzione avvenne nel 1901, nella scuola elementare di Shuri e, dal 1905 al liceoe all’istituto magistrale di Okinawa e comportò una modifica del metodo di insegnamento fino allora
adottato, per adattarlo ad una formazione di gruppo.
Nel 1908 Itosu scrisse una lettera al Dipartimento per l’Educazione della Prefettura di Okinawa,
conosciuta come Tode Jukun (dieci precetti sul karate), in cui, per la prima volta, compare la
divisione del tode in Shorin-ryu e Shorei-ryu. E’ da notare come, a differenza di Hanashiro, Itosu
usò ancora il termine tode.
Il primo libro vero e proprio sul karate fu scritto da Gichin Funakoshi nel 1922. Il libro, Ryukyu
Kempo Tode (Karate, arte marziale di Okinawa), fu scritto da Funakoshi in Giappone e
rappresenta il primo esempio di un libro sul karate come è possibile immaginarlo oggigiorno,strutturato in cinque parti principali: Cos’è il karate, Il valore del karate, Allenamento ed
insegnamento del karate, Organizzazione del karate, Fondamentali e kata, per un totale di circa
300 pagine. La parte più corposa del libro è dedicata ai kata: Heian Nidan (Pinan Shodan), Tekki
Shodan (Naifanchi Shodan) e Kanku Dai (Kushanku). Sono presenti alcune pagine dedicata
all’allenamento al makiwara e a tecniche di leva e proiezioni. Il libro, contenente non più di 10
fotografie, è illustrato da circa 200 disegni di Hoan Kusugi, un artista molto famoso in quei tempi,
raffiguranti Funakoshi alle prese con i kata e con le tecniche di base. Lo stile riprodotto, non
essendo lo Shotokan dei nostri giorni, deve essere per forza lo Shorin-ryu di Anko Itosu.
Nel 1925 Funakoshi scrive il libro Rentan Goshin Tode-Jutsu (Tecnica del karate, rafforzamento
energetico e autodifesa). Questo libro si può ritenere una revisione del precedente, arricchito però
dalla presenza di numerose fotografie raffiguranti Funakoshi alle prese con un numero più
cospicuo di kata, ben 15.
Parecchi storici hanno notato una certa somiglianza tra i disegni riportati nel primo libro e le
fotografie del secondo, il che farebbe pensare che le fotografie, scattate presumibilmente nel 1922,
siano servite come modello per i disegni. Nel libro, così come nel precedente, non si parla né di
kihon, né di kumite, due pilastri dell’allenamento odierno. Nel 1926 Choki Motobu, un praticante di
okinawa dalla storia e personalità abbastanza singolari, scrive Okinawan Kempo Tode-jutsu
Kumite-hen, dedicato quasi esclusivamente alla descrizione di tecniche di combattimento. Mentre
l’influenza nella pratica del karate degli scrittori precedenti è facilmente identificabile nelle scuole di
karate odierne, altrettanto non si può dire dell’influenza di Motobu. Infatti Motobu non ebbe degli
allievi completamente formati, ma il suo insegnamento fu recepito da maestri come Shoshin
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Nagamine (Matsubayashi-ryu) e Yasuhiro Konishi (Shindo Jinen Ryu). Il nome di Motobu divenne
famoso in Giappone dopo che la rivista King pubblicò il resoconto di un suo incontro con un pugile
(finito con il pugile messo k.o.). Non avendo avuto un maestro ben preciso, ma imparando le
tecniche dalla pratica (si racconta era solito sfidare gli ubriachi all’uscita dei locali notturni di Naha),
il suo orientamento fu verso le tecniche di combattimento reali, e questa sua attitudine è riflessa
nel suo libro. Strutturato in tre parti, con la prima dedicata ad una introduzione storica e alla praticadel makiwara, e l’ultima dedicata a trattamenti medici basati sull’utilizzo di erbe medicali ed altri
rimedi naturali, la parte dedicata alle tecniche di combattimento presenta tecniche a corta distanza,
con utilizzo di colpi di gomito, ginocchio e calci bassi.
Tutti i documenti ed i libri precedenti sono stati scritti da maestri di Okinawa che hanno lasciato un
segno tangibile sull’evoluzione del karate. Uno dei libri più interessanti, dedicati alle arti marziali di
Okinawa, è stato curiosamente scritto da due praticanti giapponesi, Misaburo Miki (Fumio Miki) e
Mizuho Takada (Mizu Hotakada), nel 1930, Kempo Gaisetsu. Il segno più evidente lasciato dai due
autori è sicuramente il loro libro, che riporta alcuni kata molto antichi praticati ad Okinawa. Il libro è
il risultato di un viaggio che Miki, studente dell’università di Tokyo ed appartenente al club di karatedella stessa, fece ad Okinawa nel 1929. Miki rimase ad Okinawa per non più di tre mesi, ma gli
furono sufficienti per visitare alcuni dei maestri più noti dell’epoca e per riportare alcuni dei kata da
loro praticati. L’elenco dei kata comprende: Passai-Sho (e la variante Kyan-no-Passai), Chinte,
Gojushiho (e la variante Yabu-no-Gojushiho), Oshiro-no-Seisan (kata derivato dall’Itosu-no-Seisan,
da cui Funakoshi derivò Hangetsu). Nel libro sono anche presenti anche tre kata di bo (bastone;
probabilmente il primo documento scritto sul kobudo di Okinawa). L’unica critica che si può fare al
libro è che, come nel primo libro di Funakoshi, i kata vengono riprodotti per mezzo di disegni,
piuttosto che con fotografie.
Nel 1932, il già citato Motobu, che si diceva essere illetterato, scrive il suo secondo libro, Watashi-no Tode-jutsu, dedicato ancora a tecniche di combattimento, ma con la presenza di un kata,
Naihanchi, per alcuni l’unico kata conosciuto da Motobu.
Dei quattro stili più diffusi attualmente nel mondo (Shotokan, Shito-ryu, Wado-ryu, Goju-ryu),
abbiamo detto che Funakoshi (Shotokan) è stato uno dei primi, tra i fondatori, a scrivere un libro.
Per quanto riguarda Hironori Ohtsuka, fondatore del Wado-ryu, non scrisse nulla prima della
seconda guerra mondiale (ma, vedremo tra poco, ebbe una parte importante nel terzo libro di
Funakoshi). Qualcosa di scritto, seppur poco rispetto alla loro bravura ed esperienza, ci è stato
lasciato da Kenwa Mabuni (Shito-ryu) e Chojun Miyagi (Goju-ryu), tra l’altro ottimi amici tra loro e
compagni di pratica con il maestro Kanryo Higaonna. Nel 1934 Mabuni scrisse Kempo Karate-do:
Sepai-no Kenkyu, dedicato al kata Sepai, comprese le applicazioni (bunkai), eseguite insieme a
Yasuhiro Konishi. Nello stesso anno, il 23 marzo, Miyagi presentò la prima versione di Karate-do
Gaisetsu (Spiegazione generale sul karate). Questo scritto è rimasto custodito dalla famiglia
Konishi per molti anni, fino a che non è stato recentemente riscoperto e tradotto in inglese.
Dello stesso scritto ne esistono altre due versioni, datate 28 gennaio e 28 maggio 1936, diverse
dalla prima per alcuni particolari. Lo scritto, particolarmente caro a tutti i praticanti di Goju-ryu di
Okinawa, presenta, oltre a notizie storiche, il sistema di insegnamento da lui ideato, sulla base di
quello appreso dal suo maestro Kanryo Higaonna.
Funakoshi scrisse quello che è ritenuto il suo capolavoro nel 1935, Karate-do Kyohan. Il libro
contiene oltre 300 fotografie, r iproducenti Funakoshi nell’esecuzione dei kata (15), e
nell’esecuzione di tecniche di kumite insieme al già citato Hironori Ohtsuka, futuro fondatore del
Wado-ryu. Interessante, ed inedita fino ad allora, la parte dedicata alla descrizione dei punti vitali
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del corpo umano. Nel 1958 è stata pubblicata una versione in inglese del libro, con l’esecuzione
delle tecniche eseguite da Tsutomu Oshima. Il libro è altresì importante perchè Funakoshi utilizzò il
termine karate - mano vuota -, invece del fino ad allora usato tode - mano cinese. Il termine karate,
con il significato di mano vuota, fu infine accettato anche ad Okinawa, nel 1936, nel corso di un
incontro che riunì alcuni dei migliori maestri dell’epoca. Solo per citarne alcuni, furono presenti
Miyagi, Motobu, Yabu, Hanashiro e Kyan.Del 1938 è il libro di Kenwa Mabuni, Kobokempo Karate Nyumon, scritto insieme a Genwa
Nakasone. E proprio Nakasone scrisse, nello stesso anno, il libro che è ritenuto da molti il migliore
del periodo prima della guerra, dal titolo Karate-do Taikan. Nakasone era un noto scrittore e
praticante di Okinawa, allievo di Kanken Toyama, a sua volta allievo di Anko Itosu e Kentsu Yabu.
Questa sua "nobile" discedenza gli permise di entrare in contatto con i migliori maestri dell’epoca
(tra l’altro partecipò, in rappresentanza di Kanken Toyama, al’incontro del 1936 appena citato) e di
radunare i loro contributi in un libro: Chomo Hanashiro (kata Jion), Shinpan Shiroma (tecniche di
attacco e difesa), Kenwa Mabuni (kara Aragaki-Sochin), Chishin Chibana (kata Matsumura-no-
Passai), Hironori Ohtuka (difesa da attacchi di coltello), Shinken Taira (kata di bo). Per ciascun
contributo, oltre ad una serie dettagliata di disegni, sono presenti anche alcune fotografie.Il panorama non sarebbe completo se non si citasse il Bubishi. Il Bubishi è un antico trattato,
composto da 32 articoli, di origine non chiara, probabilmente cinese, e non attribuibile a nessun
autore. Diverse persone ne possiedono un esemplare copiato a mano, e le copie non sempre sono
congruenti tra loro. Quello che invece è chiara, è l’influenza che questo documento ha avuto sui
praticanti di Okinawa. Per esempio la parte dedicata alla descrizione dei punti vitali del corpo
umano del libro di Funakoshi Karate-do kyohan è ripresa da un’ar ticolo del Bubishi. Miyagi utilizzò
un articolo del Bubishi come spunto per la scelta del nome da dare al suo stile. Motobu, nel libro
Okinawa Kempo Tode-jitsu Kumite-hen, descrive dei trattamenti medicali basati su erbe
chiaramente derivati da quelli presentati nel Bubishi. Mabuni, nel libro Kempo Karate-do: Sepai-no
Kenkyu, scrive: "Dopo aver fatto una copia di un libro cinese sul kempo che il mio veneratomaestro Anko Itosu aveva a sua volta copiato, ho usato questo libro per la mia ricerca e l’ho
conservato segretamente come un tesoro".
Il Bubishi è scritto in cinese antico e la traduzione integrale ha comportato qualche difficoltà. Solo
recentemente è stato tradotto, prima in giapponese e poi in altre lingue. Una traduzione parziale è
stata pubblicata nel 1984 da Tetsuhiro Hokama, praticante di Goju-ryu e curatore del museo
dedicato alle arti marziali di Okinawa. Nel 1986 Tadahiko Otsuka, praticante di Goju-ryu, lo ha
tradotto interamente. Questa traduzione è stata la base degli estratti presenti nel citato libro di
Tokitsu e nel libro in francese di Roland Habersetzer. Nel 1995 Tokashiki Iken, praticante di Goju-
ryu e di Tomari-te, che già aveva aiutato Tadahiko Otsuka nella sua ricerca, ha pubblicato, in
giapponese, una sua traduzione del Bubishi, compr endente un’analisi delle pratiche di
combattimento descritte. Il Bubishi di riferimento per tutti questi libri era quello in possesso di
Chojun Miyagi.
Da un’altra copia del Bubishi, quello di Kenwa Mabuni ed in possesso della famiglia Konishi (n.d.a.
ancora una volta!!), deriva il lavoro di Patrick McCarthy, culminato, dopo varie versioni (1987,
1990, 1992), alla versione finale, che si deve ritenere la traduzione più completa ed organizzata.
Di origine diversa è la copia di riferimento utilizzata per la traduzione di George Alexander e Ken
Penland, proveniente da Tsuneyoshi Ogura, praticante di Goju-ryu giapponese, della Gembukai di
Kofu (Giappone).
La possibilità di leggere documenti e libri dei maestri che hanno avuto un grande impatto
nell’evoluzione del karate è reale, e credo che, in alcuni casi, sia meglio la lettura di questi
documenti che la pratica con alcuni maestri odierni...