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Anno 3 - n. 4 Aprile 2018 Periodico della Diocesi di Caserta www.ilpoliedro.info formazione | informazione | cronaca Sinodo, 5 Università, 4 Lavoro, 3 La voce del Vescovo di Giovanni D’Alise N ei programmi dell’ultima competizio- ne elettorale ho visto poca attenzio- ne verso i giovani e poco ascolto dei loro vitali e cruciali “bisogni”. I giovani, sostanzialmente, sono emar- ginati o relegati in una riserva dorata, dove viene dato tantissimo ma non l’essenziale per la vita. Oppure emar- ginati nella indifferenza più bieca e non curante di quanto veramente essi hanno bisogno e anelanti a concretizzare “so- gni di vita” che desiderano realizzare. Giovani non veramente ascoltati! Non presi sul serio, molti nostri giovani hanno chiuso con il mondo reale e spro- fondano totalmente nel web, nei social digitali e quindi in una vita irreale, che però viene percepita come reale, su- bendo la vita quella vera, che si snoda concretamente nello scorrere dei giorni e degli anni. In modo speciale i nostri giovani, quelli del Sud del nostro paese, per la mancanza di lavoro e per la man- canza di strutture veramente funzionanti sono impossibilitati a potersi esprimere. Spesso si dice, che in questa situa- zione, si corre il rischio reale che una intera generazione non dia l’apporto necessario per la crescita sociale. Cresce il numero di quanti abbandona- no il corso di studi, non trovano lavoro, alcuni neppure più lo cercano il lavoro. E dunque si abbandonano al momenta- neo, all’attimo presente che velocemen- te sfugge. Questi vivono senza più sogni da realizzare. Anche la Chiesa, la comunità ecclesiale, sta vivendo drammaticamente l’abban- dono da parte dei giovani della vita di fede e della partecipazione alla vita ecclesiale. Papa Francesco sta interpre- tando in modo speciale questa situa- zione giovanile. Perciò ha richiamato tutta la Chiesa a mettere al centro della vita ecclesiale i giovani ed il loro grido, ad ascoltarli seriamente ſnché hanno ancora voce nel gridare il loro disagio. E ha indetto un Sinodo (camminare insieme) per parlare seriamente dei gio- vani, dopo averli veramente ascoltati. Come per i poveri, così per i giovani, il Papa sta chiedendo alla Chiesa di portarli dalla periferia al centro dell’inte- resse della Chiesa stessa. Ascoltare i giovani! Mi è sembrato il forte grido del padre che unisce il proprio grido a quello dei giovani, perché tutti ascoltino ciò che hanno da dirgli. Ascoltino quelli che hanno un qualsivo- glia potere di cambiare e modiſcare la direzione di approccio ai giovani, che non porta a concrete possibilità per loro. I giovani: dalla periferia al centro! essi. Far casa” signiſca avere interesse per quanti si sono allontanati, sapere quanti ſgli, giovani, sono andati via dalla nostra famiglia ecclesiale. Far casa” signiſca avere braccia aperte di accoglienza e aver pazienza, soste- nendo la loro crescita. Per la matura- zione, per ritornare a sperare si richiede tempo! Far casa” signiſca accogliere quanti hanno sbagliato e credere in loro, dare loro un posto, non solo nel cuore, ma alla nostra mensa della vita. In un tempo della espansione sempre più invadente della globalizzazione è importante comprendere che non si può cancellare il “locale” cioè una rete di relazioni accoglienti, affettuose, di vera vicinanza e condivisione. In questa sfrenata globalizzazione i più disagiati sono proprio i giovani che cer- cano amore, non strumentalizzazione. Proprio qui si inserisce la forza vitale e vitalizzante di una famiglia amorevole, non debole. Proprio qui è il luogo materno, non buonista, di una Chiesa che abbraccia i suoi ſgli e con l’amore cristiano, risana e guarisce. Siamo tutti malati di mancanza di “amo- re dono”, capace di donarsi, perdersi, come dice Gesù: «Per l’altro, per ripor- tarlo in vita». Abbiamo solo avviato il discorso … ci aiuti Dio a far seguire opere di vita buo- na per accogliere ed esprimere vicinan- za ad ogni giovane: “La gioventù non esiste - dice il Papa - esistono le storie, i volti, gli sguardi, le illusioni. Esistono i giovani, parlare della gioventù è facile, si fanno astrazioni, percentuali, invece bisogna interloquire, sentire i giovani”. #Sinodo2018 #Sinodo2018 #Sinodo2018 Ascolti la Chiesa! Ma ascolti ciascun battezzato, quindi ciascun membro vivo della Chiesa, cioè quanti non sono solo preoccupati di sé stessi ma aperti a reali opere di bene. Se questo non avverrà, e non si realizzerà, sarà una ulteriore prova che la nostra fede è vuota e non coerente e vitale. “Fratelli miei, scrive l’Apostolo Giacomo, se uno dice di avere la fede ma non fa seguire le opere, a che serve? (…) Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in sé stessa è morta, (…) mostra- mi la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede (cfr. Giacomo 2, 14-18). Attraverso questa pagina vorrei unire anch’io la mia voce a quella del Papa e dei giovani perché si inverta la ten- denza alla emarginazione dei giovani e comincino, già ve ne sono tantissime, ma ancora sono poche, a nascere tante azioni, opere che riportino i giovani al centro del lavoro, al centro della vita sociale, al centro della Chiesa. “Al centro”, cosa vuol dire? I giovani al centro del nostro interesse, poter dire “I CARE”, ogni giovane mi interessa. Imparare noi adulti ad ascoltare i gio- vani, facendo silenzio, “spostandoci”, creando spazio perché si possano senti- re protagonisti, e possano esprimersi. Accoglierli prendendoli sul serio, prestare attenzione con il cuore e volerli bene, pensare al loro bene con azioni concrete, agendo per il loro bene. Risve- gliare in essi il desiderio di “riavere” dei sogni che, se vogliamo, possono realiz- zare. Non si può vivere senza avere un sogno o senza sognare! Il nostro compito di adulti è soprattutto creare per loro spazi sociali, umani, ecclesiali, dove possono formarsi, espri- mersi e, anche, sbagliare. Tutti, in modo particolare la Chiesa, devono imparare a saper “far casa” ad

I giovani: dalla periferia al centro! · atitudini del Vangelo di Matteo (cfr. Mt 5, 3-12), ... «BEATI I POVERI IN SPIRI-TO, perché di essi è il regno dei cieli». Quando il cuore

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Anno 3 - n. 4Aprile 2018

Periodico della Diocesi di Caserta

www.ilpoliedro.info

formazione | informazione | cronaca

Sinodo, 5Università, 4Lavoro, 3

La voce del Vescovodi Giovanni D’Alise

Nei programmi dell’ultima competizio-ne elettorale ho visto poca attenzio-

ne verso i giovani e poco ascolto dei loro vitali e cruciali “bisogni”.I giovani, sostanzialmente, sono emar-ginati o relegati in una riserva dorata, dove viene dato tantissimo ma non l’essenziale per la vita. Oppure emar-ginati nella indifferenza più bieca e non curante di quanto veramente essi hanno bisogno e anelanti a concretizzare “so-gni di vita” che desiderano realizzare.Giovani non veramente ascoltati!Non presi sul serio, molti nostri giovani hanno chiuso con il mondo reale e spro-fondano totalmente nel web, nei social digitali e quindi in una vita irreale, che però viene percepita come reale, su-bendo la vita quella vera, che si snoda concretamente nello scorrere dei giorni e degli anni. In modo speciale i nostri giovani, quelli del Sud del nostro paese, per la mancanza di lavoro e per la man-canza di strutture veramente funzionanti sono impossibilitati a potersi esprimere.Spesso si dice, che in questa situa-zione, si corre il rischio reale che una intera generazione non dia l’apporto necessario per la crescita sociale. Cresce il numero di quanti abbandona-no il corso di studi, non trovano lavoro, alcuni neppure più lo cercano il lavoro. E dunque si abbandonano al momenta-neo, all’attimo presente che velocemen-te sfugge. Questi vivono senza più sogni da realizzare.Anche la Chiesa, la comunità ecclesiale, sta vivendo drammaticamente l’abban-dono da parte dei giovani della vita di fede e della partecipazione alla vita ecclesiale. Papa Francesco sta interpre-tando in modo speciale questa situa-zione giovanile. Perciò ha richiamato tutta la Chiesa a mettere al centro della vita ecclesiale i giovani ed il loro grido, ad ascoltarli seriamente nché hanno ancora voce nel gridare il loro disagio.E ha indetto un Sinodo (camminare insieme) per parlare seriamente dei gio-vani, dopo averli veramente ascoltati.Come per i poveri, così per i giovani, il Papa sta chiedendo alla Chiesa di portarli dalla periferia al centro dell’inte-resse della Chiesa stessa.Ascoltare i giovani!Mi è sembrato il forte grido del padre che unisce il proprio grido a quello dei

giovani, perché tutti ascoltino ciò che hanno da dirgli.Ascoltino quelli che hanno un qualsivo-glia potere di cambiare e modi care la direzione di approccio ai giovani, che non porta a concrete possibilità per loro.

I giovani: dalla periferia al centro!

essi.“Far casa” signi ca avere interesse per quanti si sono allontanati, sapere quanti gli, giovani, sono andati via dalla nostra famiglia ecclesiale.“Far casa” signi ca avere braccia aperte di accoglienza e aver pazienza, soste-nendo la loro crescita. Per la matura-zione, per ritornare a sperare si richiede tempo!“Far casa” signi ca accogliere quanti hanno sbagliato e credere in loro, dare loro un posto, non solo nel cuore, ma alla nostra mensa della vita.In un tempo della espansione sempre più invadente della globalizzazione è importante comprendere che non si può cancellare il “locale” cioè una rete di relazioni accoglienti, affettuose, di vera vicinanza e condivisione.In questa sfrenata globalizzazione i più disagiati sono proprio i giovani che cer-cano amore, non strumentalizzazione.Proprio qui si inserisce la forza vitale e vitalizzante di una famiglia amorevole, non debole.Proprio qui è il luogo materno, non buonista, di una Chiesa che abbraccia i suoi gli e con l’amore cristiano, risana e guarisce.Siamo tutti malati di mancanza di “amo-re dono”, capace di donarsi, perdersi, come dice Gesù: «Per l’altro, per ripor-tarlo in vita».Abbiamo solo avviato il discorso … ci aiuti Dio a far seguire opere di vita buo-na per accogliere ed esprimere vicinan-za ad ogni giovane: “La gioventù non esiste - dice il Papa - esistono le storie, i volti, gli sguardi, le illusioni. Esistono i giovani, parlare della gioventù è facile, si fanno astrazioni, percentuali, invece bisogna interloquire, sentire i giovani”.

#Sinodo2018#Sinodo2018#Sinodo2018

Ascolti la Chiesa!Ma ascolti ciascun battezzato, quindi ciascun membro vivo della Chiesa, cioè quanti non sono solo preoccupati di sé stessi ma aperti a reali opere di

bene. Se questo non avverrà, e non si realizzerà, sarà una ulteriore prova che la nostra fede è vuota e non coerente e vitale.“Fratelli miei, scrive l’Apostolo Giacomo, se uno dice di avere la fede ma non fa seguire le opere, a che serve? (…) Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in sé stessa è morta, (…) mostra-mi la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede (cfr. Giacomo 2, 14-18).Attraverso questa pagina vorrei unire anch’io la mia voce a quella del Papa e dei giovani perché si inverta la ten-denza alla emarginazione dei giovani e comincino, già ve ne sono tantissime, ma ancora sono poche, a nascere tante azioni, opere che riportino i giovani al centro del lavoro, al centro della vita sociale, al centro della Chiesa.“Al centro”, cosa vuol dire?I giovani al centro del nostro interesse, poter dire “I CARE”, ogni giovane mi interessa.Imparare noi adulti ad ascoltare i gio-vani, facendo silenzio, “spostandoci”, creando spazio perché si possano senti-re protagonisti, e possano esprimersi.Accoglierli prendendoli sul serio, prestare attenzione con il cuore e volerli bene, pensare al loro bene con azioni concrete, agendo per il loro bene. Risve-gliare in essi il desiderio di “riavere” dei sogni che, se vogliamo, possono realiz-zare. Non si può vivere senza avere un sogno o senza sognare!Il nostro compito di adulti è soprattutto creare per loro spazi sociali, umani, ecclesiali, dove possono formarsi, espri-mersi e, anche, sbagliare.Tutti, in modo particolare la Chiesa, devono imparare a saper “far casa” ad

2 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro Papa Francesco

di Carmine Ventrone

All’inizio del sesto anno di ponti cato di papa France-

sco, il 19 marzo, è stata con-segnata, al mondo cattolico e non solo, la nuova Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate, documento “sulla chiamata alla santità del mondo contempo-raneo”. Gaudete et Exsultate si compone di 5 capitoli e 177 pun-ti. Si legge tutto d’un ato ed è molto chiara, contiene numerosi spunti per meditare nella manie-ra corretta rispetto a molteplici fatti di vita vissuta “giorno per giorno”, sembra quasi un’enci-clopedia del corretto comporta-mento. Il santo padre offre anco-ra una volta, con un linguaggio estremamente semplice e adat-to a tutti, le indicazioni del suo magistero. Continua la ricerca iniziata con Evangelii Gaudium sulla spiritualità della missione e indirizzata con la Laudato si’ e l’Amoris Laetitia rispettivamente rivolte alla spiritualità ecologica e familiare, sviluppa gli interroga-tivi ed individua le risposte che permettono al credente di rea-lizzare una vita improntata alla santità. Diventa ancora più espli-cito e chiaro, la gioia, la letizia e la lode perfezionano la santità di vita che porta l’uomo a godere ed esultare in Cristo Risorto.Nel primo capitolo (1-34) si possono leggere tre interrogativi: per chi? perché? per cosa? Il papa ha individuato chi sono i chiamati alla santità e in virtù di cosa lo sono. La chiamata è per ciascuno, “anche per te”, e l’in-vito è “scegli Dio sempre di nuo-vo”. Il credente è chiamato alla santità con la consapevolezza di essere parte di un popolo chia-mato a compiere una missione, capire cioè “qual è il messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”, per favo-rire e “costruire, con Lui, questo Regno di amore, di giustizia e di pace per tutti”.Nel secondo capitolo (35-62) c’è l’invito a fare attenzione e a non lasciarsi coinvolgere dai cosiddetti “nemici della santità”: gnosticismo e pelagianesimo. Entrambe le dottrine sono nate da movimenti eretici. Lo gnostici-

La nuova Esortazione Apostolica di Papa Francesco: Gaudete et Exsultate

“Chiamati ad essere Santi”smo si basa sull’assolutizzazio-ne dell’intelligenza e “considera che la propria visione della realtà sia la perfezione”; mentre il pe-lagianesimo assolutizza la forza della volontà che va sminuire l’a-zione della Grazia, perdendo di vista “la nostra realtà concreta e limitata”. La ragione e la volontà da soli sminuiscono il desiderio santità.Nel terzo capitolo (63-109) il papa individua il sentiero lumi-noso da seguire perché ogni credente possa raggiungere l’obiettivo della santità: le Be-atitudini del Vangelo di Matteo (cfr. Mt 5, 3-12), un cammino da fare controcorrente. Le Beatitu-dini vengono rilette, riproposte, attualizzate, attraverso le tante piaghe generate dall’egoismo, dall’indifferenza o dal bisogno di

superando i problemi legati alla realtà attraverso “uno spirito positivo e ricco di speranza” che genera audacia e fervore, ovvero quello slancio ad evan-gelizzare approcciandosi agli altri con “entusiasmo e fervore apostolico”. La comunità diventa il luogo entro il quale poter rea-lizzare ciascuno la propria mis-sione perché “la santi cazione è un progetto comunitario da fare a due a due” ed in preghiera co-stante, per ascoltare e imparare ancora cosa il Maestro chiede a ciascuno.Nel quinto capitolo (158-177), si passa all’analisi del cosa fare per mantenere viva la relazione tra Dio e il prossimo, perché l’u-no non prescinde l’altro. Vengo-no proposte le azioni attraverso le quali il credente assume un

Gaudete et Exsultate, è rivolta anche ai giovani e ai problemi legati all’era digitale che tende a catturare la mente, i tempi e gli spazi della vita umana, qua-si a far vivere un modo virtuale. Attraverso le beatitudini (Mt 5, 3-12) il santo padre offre spunti per essere liberati “dalla debo-lezza dell’egoismo, della pigri-zia, dell’orgoglio”.

«BEATI I POVERI IN SPIRI-TO, perché di essi è il regno dei cieli».Quando il cuore si sente ricco non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli, né per godere delle cose più impor-tanti della vita. Essere poveri nel cuore, que-sto è santità.

«BEATI I MITI, perché avran-no in eredità la terra».Se viviamo agitati, arroganti di fronte agli altri, niamo stanchi e spossati. Quando non ci sen-tiamo superiori agli altri, pos-siamo dar loro una mano ed evitiamo di sprecare energie in lamenti inutili.Reagire con umile mitezza, questo è santità.

«BEATI QUELLI CHE SONO NEL PIANTO, perché saranno consolati»Il mondo ci propone il contrario: il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita. Nella realtà mai può mancare la croce.Saper piangere con gli altri, questo è santità.

«BEATI QUELLI CHE HAN-NO FAME E SETE DELLA GIUSTIZIA, perché saranno saziati» La giustizia che propone Gesù non è macchiata da interessi meschini, manipolata da un lato o dall’altro. Bisogna uscire dalle combriccole della corru-

La chiamata alla santità per i giovanizione del “do perché mi diano”. Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità.

«BEATI I MISERICORDIOSI, perché troveranno misericor-dia».La misura che usiamo per comprendere e perdonare ver-rà applicata a noi per perdo-narci. La misura che applichia-mo per dare, sarà applicata a noi nel cielo per ricompensarci. Non ci conviene dimenticarlo. Guardare e agire con miseri-cordia, questo è santità.

«BEATI I PURI DI CUORE, perché vedranno Dio».Un cuore che sa amare non lascia entrare nella propria vita alcuna cosa che minacci quell’amore, che lo indebolisca o che lo ponga in pericolo. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità.

«BEATI GLI OPERATORI DI PACE, perché saranno chia-mati figli di Dio».La pace evangelica non esclu-de nessuno, integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone dif cili e complicate, quelli che chiedono attenzione, che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri in-teressi.Seminare pace intorno a noi, questo è santità.

«BEATI I PERSEGUITATI PER LA GIUSTIZIA, perché di essi è il regno dei cieli».Non si può aspettare, per vive-re il Vangelo, che tutto intorno a noi sia favorevole, perché molte volte le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi.Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità.

(Alcuni passi da Gaudete et Exsultate, 65 - 91)

Glossario della Gaudete et ExsultateMISSIONE: “Il cristiano vive la propria missione sulla terra come un cammino di santità”. COSTRUIRE: “Identi carsi con Cristo e i suoi desideri im-plica l’impegno a costruire”.GNOSTICISMO: “Una dottrina senza mistero che considera che la propria visione della re-altà sia la perfezione”. PELAGENESIMO: “Una volontà senza umiltà che fa af damento unicamente sulle proprie forze”.

SOPPORTAZIONE: “Rima-nere saldi in Dio che ama e sost iene per esercitare la pazienza nel nostro mondo ac-celerato, volubile e aggressivo, e la mitezza che smorza la va-nità e rende umile il cuore. GIOIA E SENSO DELL’U-MORISMO: “La gioia cristiana è accompagnata dal senso dell’umorismo. Il malumore non è un segno di santità”. AUDACIA E FERVORE: “La santità è parresia: è audacia, è

slancio evangelizzatore”. COMUNITÀ: “La comunità è luogo della presenza del Risorto. Custodisce i piccoli particolari dell’amore”.PREGHIERA COSTANTE: “Il santo è una persona dallo spi-rito orante, che non può fare a meno di adorare Dio”.COMBATTIMENTO E VIGI-LANZA: “La Parola di Dio ci invita esplicitamente a «resi-stere alle insidie del diavolo»”.DISCERNIMENTO: “Cammi-nare sempre alla luce del Si-gnore per riconoscere i tempi di Dio e la sua Grazia”.

sentirsi conformi ad una menta-lità asservita a vedere soddisfatti solo i desideri personali. Otto amme di luce e speranza per la costruzione del Regno. Nel quarto capitolo (110-157) si vanno a delineare le caratte-ristiche del come e dove essere per realizzare una vita santa. Quanto appreso alla luce delle Beatitudini diventa esercizio di vita attraverso le “manifesta-zioni dell’amore per Dio e per il prossimo”. Sopportazione, pazienza e mitezza nei confronti degli altri sono gli elementi che permettono al credente di vivere con una “sicurezza interiore e a perseverare nel bene”, in questo modo si è capaci di vivere con gioia e senso dell’umorismo

atteggiamento di combattimen-to e vigilanza perché “il nostro cammino verso la santità è una lotta costante” contro il maligno e il male per non essere esposti “al fallimento o alla mediocrità”. Tutto ciò deve inevitabilmente af narsi attraverso una convinta e continua azione di discerni-mento che ci “libera dalla rigidità, che non ha spazio davanti al perenne oggi del Risorto”.Esprimere in breve la ricchezza del documento è solo un invito a non rimandare una lettura approfondita dell’Esortazione di Papa Francesco. Il lettore tro-verà affrontati molteplici aspetti della propria vita, tanti problemi che attanagliano la società mo-derna e, per ciascuno, troverà

una traccia della Parola che gui-da, consola e vivi ca! In questo potrà sperimentare come oc-casioni di egoismo e di peccato possono trasformarsi in momenti per compiere il bene ed edi ca-re la propria vita mettendola a

servizio del Vangelo, seguendo l’esempio di Maria che “trasaliva di gioia alla presenza di Dio” ed è “sant a tra i santi”, “perché lo Spirito Santo infonda in noi un intenso desiderio di essere santi per la maggior gloria di Dio”.

Papa Francesco in Piazza San Pietro

3il poliedroAprile 2018 Anno 3 - n. 4 Lavoro

di Nando Santonastaso

In un recente sondaggio condotto da Vodafone su

giovani tra i 18 e i 25 anni a proposito delle aspirazioni e preoccupazioni legate alla loro carriera futura, più dei due terzi (il 67%) ha affermato di non avere ricevuto abba-stanza o nessun consiglio durante il percorso di forma-zione o dopo avere nito gli studi. Tra quelli che al con-trario hanno ricevuto consigli, il 15% pensa di essere stato indirizzato verso i lavori digi-tali del futuro mentre il 38% si è lamentato del fatto che i consigli erano legati ancora a lavori tradizionali e più della metà ritiene che comunque la più grande s da della loro generazione sia trovare un lavoro stabile e ben paga-to (69% ma la percentuale sale all’80% tra le donne). E ancora: più di un quinto del campione sembra aver perso ducia e teme di non avere le competenze, anche basiche, per qualsiasi lavoro.È una fotogra a credibile e soprattutto aggiornata di quanto sia ancora tutta in salita la strada dell’occupazio-ne giovanile in Italia, no Paesi occidentali in cui il tasso dei senza lavoro under 25 resta molto alto ancorché da

Giovanie lavoro

qualche tempo in leggera es-sione. L’aspetto forse più pre-occupante di quella che ormai sembra essere diventata una vera e propria patologia è lo scarto esistente tra le aspira-zioni dei giovani, soprattutto

le sue prestazioni. Ma illuder-si che il futuro sarà fatto da piccoli artigiani, bravissimi ma incapaci di esportare le loro creazioni e dunque di essere competitivi su scala nazionale o internazionale, rischia di allontanare la realtà. Come pure la certezza che nella società di domani servano ancora più avvocati e medici e non specialisti di hardware, ingegneri di processo, addetti alla terza età vuol dire non avere visione del futuro. Per questo accettare la tentazione dell’assistenzialismo ne a se stesso è a dir poco pericolo-so, soprattutto da parte dei giovani la cui percentuale di laureati continua ad essere troppo bassa e inversamen-te proporzionale alla loro s ducia. Per questo, però, c’è bisogno di non chiudere la porta in faccia ai nuovi scenari del lavoro: non solo perché è con essi che biso-gnerà comunque fare i conti ma anche perché costruirli qui signi cherebbe ridurre la percentuale di quanti sognano la fuga all’estero o al Nord per trovare la dimensione occupa-zionale migliore.

Disoccupazione under 25 in Europa (giugno 2017); fonte “Il Sole 24Ore”

rio in rapida evoluzione, nel quale conteranno sempre di più i percorsi di lavoro lega-ti alla rivoluzione digitale, rischiano di restarne esclusi per sempre. Nessuno o pochi, a quanto pare, riesce a indi-rizzarli verso scenari tutt’altro che virtuali se si considera che di qui al 2020, cioè prati-camente tra pochissimo tem-po, nei Paesi europei si stima che ci saranno 550mila lavori digitali e che nella sola Italia già adesso sono scoperti nel sistema dell’Information and Technology Communication ben 80mila posti di lavoro per diplomati o laureati.Questo ragionamento va fatto con assoluta priorità. E pensare di ri utarlo, come continua ad accadere da queste parti e in generale

dei cosiddetti nativi digitali, e gli orientamenti al lavoro che vengono loro consigliati. Al di là del fatto che non si riesce a stabilire un rapporto serio tra titolo di studio e merito (i laureati che svolgono lavori diversi da quelli preventiva-bili con il loro corso di studi o sottopagati rispetto alle loro conoscenze e competenze sono ormai tantissimi) scon-certa il perdurare di un peri-coloso paradosso. Il mondo, Italia compresa, sta virando sempre più in direzione di sistemi di lavoro molto tecnici e specializzati, che richiedono professionalità adeguate, e i giovani che quelle competen-ze sono in grado di assimi-larle più in fretta restano a casa o devono accontentarsi di impieghi precari, insoddi-

difesa a oltranza del “picco-lo bello”, non ha più alcun signi cato. Il diritto al lavoro resta sacro e inviolabile così come il rispetto delle garanzie che permettono al lavoratore, giovane o meno giovane, di ri-cevere il giusto compenso per

sfacenti, frustranti. Loro, che per facilità di apprendimento o semplice manualità sono gli interpreti ideali di uno scena-

soprattutto al Sud, solo in nome e per conto di vecchie dinamiche ormai non più attuali, a cominciare dalla

4 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro Università

di Gian Maria Piccinelli

Nel momento in cui è distri-buito questo numero del

periodico della nostra Diocesi, nella Reggia di Caserta si sta svolgendo una tre giorni dedicata ai giovani e all’arte. L’Università Vanvitelli, insie-me al Comune e ad un ampio partenariato pubblico-privato, ha voluto coinvolgere gli studenti delle scuole medie superiori italiane nella manifestazione “Europe is Culture – Giovani senza frontiere”, il cui principa-le obiettivo è di sensibilizzare i

Europe is Culture

Una festadei giovaniper l’arte

vadano al di là della semplice ricostruzione storico-artistica, restituendo le in nite simbologie che vi sono sottese.Credo (e questa potrebbe essere la risposta al perché l’università ha organizzato una manifestazione così complessa per i giovani delle scuole) che la continuità trans-generazio-nale del nostro rapporto con il patrimonio culturale sia uno dei fondamenti principali di ogni forma di educazione. Non solo nel senso di ciò che gli anziani trasmettono ai giovani in merito ai signi cati del patrimonio cul-

Vi è l’educazione alla resilien-za, alla capacità di adattamento dentro la storia (non alla storia) cioè di saper vivere appieno la propria umanità negli spazi e nelle responsabilità che ci sono concessi. È osservando la capacità del patrimonio culturale di attraversare la storia, man-tenendo una propria identità e mettendosi in relazione con il cambiamento, che possiamo offrire ai giovani la forza di conquistare il proprio posto nella vita che è loro data. La s da di questo adattamento è grande: comporta la dif coltà di rifuggire dalle omologazioni e, nello stes-so tempo, richiede la coscienza di sentirsi parte dell’universo, solo un piccolo punto, ma che è stato chiamato per nome sin dal principio della creazione. Quan-te domande su questo hanno i giovani! Penso ai miei studenti dell’università e mi rendo conto come oggi sia estremamen-te semplice trovare risposte pre-confezionate digitando qualcosa su Google o aderendo ai facili modelli che circolano sui social. Lungi dal condannare le tecnologie, è necessario con-sentire loro di alzare lo sguardo. Alzarlo non solo dallo smartpho-ne o dal computer, ma anche dai loro piedi, da quel metro quadrato dove spesso si rinchiu-dono per paura di inciampare nella vita. Credo che consegna-re ai giovani la responsabilità del loro patrimonio culturale, di quello vicino e lontano, di quello di tutta l’umanità, permetta loro di alzare lo sguardo verso l’orizzonte della storia umana.

dell’incontro e della contamina-zione porta alla sterilizzazione, all’incapacità di riprodursi e di riprodurre, di elaborare percorsi culturali nuovi. La globalizza-zione ha accorciato distanze e ristretto gli spazi, ha aumentato la conoscenza e ingigantito la disponibilità di dati. Non pos-siamo più ignorare le differenze culturali e la ricchezza che ne discende per l’umanità intera. Possiamo sognare di consegna-re ai nostri giovani un mondo so-lidale e paci cato, ma possiamo anche impegnarci per iniziare a realizzarlo insieme a loro.

E ogni orizzonte, fatto di terra e di cielo, richiama anche il senso di Dio: di quel Dio che sin dalla creazione cerca l’uomo che si nasconde dietro la foglia di co o dietro lo smartphone. Dove sei? Ho bisogno di essere con te. Rialzati, prenditi le tue re-sponsabilità di donna e di uomo e riparti.Vi è l’educazione alla soli-darietà. La cultura è sempre il frutto di cooperazione, di collaborazione, di sinergie. Nella storia le società hanno saputo creare grandi civiltà attraverso la reciproca contaminazione,

turale del loro tempo, ma anche nel senso del passaggio assai più rapido dai giovani di una generazione ai giovani di quella successiva che riguarda il tema di come, oggi, si debbano o si possano impiegare le tecnologie della comunicazione. Vi è l’educazione alla bellezza, di cui l’anima ha bisogno come gli occhi della luce per vedere e dell’ombra per distinguere le forme. La bellezza, quella viva e non immaginaria, emerge dai chiaroscuri della storia. La coscienza di questo consente di maturare una più elevata responsabilità verso se stessi e verso il prossimo; di sentirsi parte di un mondo e inseriti in un paesaggio, quell’insieme dove l’uomo e la natura intera-giscono plasmandosi a vicenda; di sviluppare l’amore per la terra che rende feconde le radici di ogni cultura, lasciando che ori e frutti che ne nascono siano per tutti occasione di nutrimento e di crescita.

giovani a “gustare” il patrimonio culturale.Nei giorni dal 28 al 30 aprile, all’interno del contesto della ma-estosa cornice del monumento vanvitelliano, si apriranno le “arene” dell’arte, della cultura e del gusto: spazi di incontro e di-battito, di dialogo e di festa che vedono protagonisti i giovani studenti nella presentazione di produzioni artistiche originali e nell’approfondimento di temati-che culturali.Insomma, una grande festa per l’arte e all’interno dell’arte. Il desiderio è di lasciare ai giovani la responsabilità di gestire uno spazio delicato, come quello di un bene culturale, ma anche pieno di senso; spazio che deve essere vissuto per essere rielaborato secondo canoni di signi cato attuali. Un passaggio non facile per i tanti ostacoli burocratici e l’esigenza di for-mare adeguatamente operatori che sappiano offrire letture vive del patrimonio culturale, che

attraverso l’incontro, il dialogo e, nello stesso tempo, la coscienza di sé, l’autodeterminazione. Le relazioni umane sono state e sono feconde, creative, capaci di generare cultura, nel momento in cui incontrano l’altro, si interroga-no sulla diversità, metabolizzano il continuo mutamento. La paura

Nelle prossime edizioni, la mani-festazione sarà aperta ai giovani del Mediterraneo e dell’Europa per divenire spazio di incontro artistico e umano, un’occasione di dialogo nella quale speri-mentare, con gioia, un’attività di diplomazia culturale i cui veri protagonisti saranno i giovani.

Caserta, Dipartimento Scienze Politiche

Davos 2018: Conferenza dei Ministri europei della cultura

5il poliedroAprile 2018 Anno 3 - n. 4 Sinodo

USCIREPapa Francesco ha espresso più volte la volontà di arri-vare al grande incontro di Ottobre, avendo ‘ascoltato’ i giovani del mondo intero, tutti, anche quelli più lontani dalla Chiesa, perché “i sogni e il futuro non lasciano fuo-ri nessuno”. Il primo passo è stato, infatti, l’apertura di un portale online con un Questionario ad hoc per i gio-vani, seguito dall’attivazione di appositi canali sui social networks che hanno favorito e favoriscono l’interazione. Le diocesi lo hanno proposto alle comunità parrocchiali e ai loro giovani. A Caserta, il centro di pastorale giova-nile ha organizzato incontri foraniali aperti ai giovani delle parrocchie, per domandare, ascoltare e “registra-re” la realtà giovanile casertana riguardo al rapporto personale e generazionale con Dio, con la Chiesa e con la fede.

VEDEREIl nostro Ponte ce l’ha voluta toccare questa immensa diversità di volti, anime e sorrisi, in un pre-sinodo che ha riunito in Vaticano 305 giovani provenienti da tutto il mondo e non solo cristiani: si parla, si discute, si con-frontano situazioni, esigenze e aspettative. Tutti hanno diritto di parola. Il Papa ha chiesto di esprimersi con coraggio e senza ltri: “Siete i protagonisti ed è impor-tante che parliate apertamente. Vi assicuro che il vostro contributo sarà preso sul serio”.Nelle diocesi si incontrano volti. A Caserta, un gruppo di lavoro impegnato nella cura della preparazione al Si-nodo, ha organizzato per il 6 Maggio una serata evento fatta di musica e di teatro, con ospiti e testimonianze, aperta a tutti i giovani, soprattutto quelli che hanno ancora dif coltà a cercare Dio nelle mura ecclesiali. Si pensa, inoltre, all’eventualità di “uscite” verso i luoghi di vita dei giovani, Università, scuole, locali, dove essi trascorrono gran parte del loro tempo.

CHIAMAREChiamare è ridestare il desiderio, smuovere le persone da ciò che le tiene bloccate e dalle comodità in cui si ada-giano. La Chiesa italiana ha lanciato l’iniziativa Siamo Qui! che si svolgerà a Roma dall’11 al 12 agosto 2018: momenti di testimonianza, preghiera, festa e una lunga notte bianca! E poi un incontro eccezionale: una veglia con Papa Francesco! Questo momento, di preghiera e di festa sarà preceduto da pellegrinaggi diocesani e regio-nali. “Per mille strade” i giovani di tutta Italia si mette-ranno in cammino, vivendo il distacco dal quotidiano, la fatica del viaggio, ma anche, l’armonia della condivisio-ne e la meraviglia dei luoghi nuovi. Anche i giovani di Caserta saranno lì, per quel cammino esteriore che è simbolo di uno interiore più importante. E poi, saranno ancora chiamati, ad Ottobre, durante il prossimo Con-vegno Diocesano interamente dedicato a loro. A partire dalla “lettura” della realtà giovanile Casertana emersa in questi mesi di preparazione, si offrirà ad essi la pos-sibilità di momenti di confronto col mondo degli adulti, con laboratori e spazi di dialogo; intanto, appuntamen-ti formativi coinvolgeranno sacerdoti e laici impegnati, che continueranno a mettersi in ascolto dei giovani del-la nostra città. “Che la loro vita sia esperienza buona, che non si perdano su strade di violenza o di morte, che la delusione non li imprigioni nell’alienazione: tutto ciò non può non stare a cuore a chi è stato generato alla vita e alla fede e sa di avere ricevuto un dono grande”.

di Rosanna De Lucia

Ormai tutti ne siamo a cono-scenza: un nuovo Sinodo,

il prossimo ottobre, riunirà i Vescovi sul tema I giovani, la fede e il discernimento vo-cazionale. Esso si propone in particolare di “sviluppare le condizioni perché i giova-ni siano accompagnati con passione e competenza nel di-scernimento vocazionale, cioè nel riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita

Un sinodo sui giovani,un sinodo dei giovani,un sinodo con i giovani!

in pienezza”. Papa Francesco parla di una certezza di fondo: “Dio ama ciascuno e a ciascu-no rivolge personalmente una chiamata. Ha ducia in voi, vi ama e vi chiama. E da parte sua non verrà meno, perché è fedele e crede in voi. Vi rivolge la domanda che un giorno fece ai primi discepoli: «Che cosa cercate?» Ditelo, ci farà bene ascoltarlo. Di questo abbiamo bisogno: di sentire il vostro cammino nella vita. Dio vi invita a condividere la ricerca

della vita con Lui, a camminare insieme. E noi, desideriamo fare lo stesso, condividere con entusiasmo la ricerca della vera gioia di ciascuno”. È un Sinodo, dunque, che interroga profondamente la Chiesa, chiamata a riscoprire un rinnovato dinamismo gio-vanile. Il Papa ricorda l’appello di alcuni giovani, che chiedono agli adulti di stare loro vicini ed aiutarli nelle scelte impor-tanti. Dai questionari proposti in vista del Sinodo è emerso, infatti, che ai giovani mancano punti di riferimento che li spro-nino ad attivare le loro risorse; che si sentono soli e spiazzati davanti ai pericoli contempora-nei. La Chiesa deve imparare nuove modalità di presenza e di vicinanza, “uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli lì dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi”; passando del tempo con loro, ad ascoltare le loro storie, le loro gioie e speranze, le loro tristezze, e condividerle. In fondo, la pastorale voca-zionale è imparare lo stile di Gesù, che “passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre”. È una s da dura, ma tutta la Chiesa, compresa quella che è in Caserta, ormai da mesi, è in grosso fermento per rispondere alla chiamata del Papa e avviare processi che instaurino nuovi modi di sentire, concepire e incontrare la realtà giovanile. Le parole che stanno accompagnando la preparazione di questo Sinodo in tutte le diocesi sono senza dubbio tre: Uscire, Vedere, Chiamare!

Pre-Sinodo con Papa Francesco

6 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro Azione Cattolica

di Antonio Milano

“Una vita da scoprire” è il titolo del campo al

quale tutto il settore diocesa-no adulti di Azione Cattolica sta lavorando già da qualche settimana. Credo fortemente nel mondo degli ADULTI, un mondo “paradossalmente” TUTTO DA SCOPRIRE. Per troppo tempo, un po’ per ne-cessità altrui un po’ per abi-tudine, ci siamo concentrati sul lavoro formativo dei bam-bini, giovanissimi e giovani, tralasciando e trascurando il mondo degli adulti. In questi ultimi anni, sua Eccellenza Mons. Giovanni D’Alise sta rilanciando il tema “della fa-miglia” e quindi il tema “degli adulti”.Nelle nostre piccole e gran-di storie parrocchiali di AC abbiamo fatto esperienza di una certezza, sfatando una volta per tutte quello che è un vecchio pensiero radicato: “Non è assolutamente vero che gli ADULTI non vivono la parrocchia e che non amano

Il Presidente diocesano di Azione Cattolica

Una vitada scoprire

essere coinvolti”, anzi..!! In modo particolare, nella par-rocchia di San Simeone Pro-feta con parroco Don Antonio Piccirillo e nella parrocchia di San Pietro in Cattedra con parroco Don Gianmichele Marotta, l’Azione cattolica sta facendo “viva esperienza” di formazione adulti grazie alla proposta del “Progetto Naza-reth”, una proposta formativa che l’Azione Cattolica Nazio-nale fa agli adulti, in modo particolare alla famiglia. Die-tro mandato di sua Eccellen-za che ci invita a credere “ai contenuti” e non “ai numeri”, abbiamo iniziato questo cam-mino formativo in queste due parrocchie, già consapevoli che il prossimo anno saranno molte di più. Nello stile sem-plice e familiare dell’AC, un po’ come si fa per le attività e riunioni dei giovanissimi e giovani, le attività sono molto dinamiche e hanno sempre un riferimento per la Parola di Dio.Il ne ultimo di questo percor-so è molto semplice: “Aiutare

Per qualcuno questa frase può rappresentare semplicemente un susseguirsi di parole ad effetto. Invece no, queste parole riassu-mono esattamente quanto i giovani delle équipes diocesana giovani e ACR custodivano nei loro cuori. Giovani che sono scesi in campo per, con ed in mezzo ad altri gio-vani per mettersi in ascolto e, così, camminare insieme. Giovani che si mettono in discussione e che cercano altri giovani!Ci sono e…non sono solo è il cam-mino formativo che nasce, quindi, dal desiderio alimentato anche dal cammino del Sinodo, di stare in mezzo agli altri e di ascoltare Dio, noi stessi e chi ci è accanto, di capire che siamo tutti in cammino, siamo tutti in uscita e che noi siamo soli perché siamo presi per mano da Dio stesso e da tutti coloro che Lui stesso ci ha fatto incontrare. Ci siamo messi in ascolto prima di noi stessi, ci siamo interrogati per poi calarci nei panni di quei giovani che incontriamo nella nostra quotidia-nità. Pensare a questo cammino formativo ci ha permesso di vivere anche un campo invernale, Ci sono con gli altri verso l’Altro, che ha

l’adulto a vivere il Vangelo nei giorni nostri” anche nel-le dinamiche dif coltose che spesso ci si trova a vivere! Sperimentare la Santità nella quotidianità e nella sempli-cità di tutti i giorni, tutto alla luce della Parola di Dio. E’ per questo motivo infatti, per-ché crediamo fortemente nel-la crescita formativa e Spiri-tuale dell’adulto, che insieme con sua Eccellenza abbiamo organizzato un Campo Esti-vo “esclusivamente” per l’A-dulto.Ci tengo a sottolineare che l’esperienza NON E’ è aperta ai “soli tesserati di AC”, ma a tutte quelle persone che hanno piacere di “vivere” un momento formativo e di con-tenuti.Davanti l’entusiasmo risco-perto col Progetto Nazareth vogliamo proporci, in una “full immersion” di due giorni, di far riscoprire all’Adulto il senso bello e profondo della vita, della SUA VITA, pas-sando per la relazione con stesso, con quella degli altri e con DIO! Credo fortemente nella vitalità dell’Adulto con-sapevole che possa, nella formazione, riscoprire quel senso giovane e spensierato che spesso, da adulti, si per-de.Coraggio allora.. cosa aspet-ti a partecipare! Oltre la dif -coltà ci sia sempre un sorriso per una “vita nuova da sco-prire” nel nome di Gesù. Duc in Altum AC..!

Ci sono con gli altri…Nella vita è molto importante imparare

ad ascoltare quello che non ti dicono.

(Heart_Hamal, Twitter).

avuto come tema la relazione con gli altri Immaginate ora quasi cento ragazzi dai 15 no ai 30 anni che parlano con gli occhi, che danno voci alle lacrime, ai sorrisi, ai loro timori, ai loro desideri. Bè, non si può non pensare alle parole che lo stesso Papa Francesco asserisce riguardo al Sinodo: “Questo è il Si-nodo dei giovani e vogliamo ascol-tarci. Ogni giovane ha qualcosa da dire agli altri.” A noi è stato detto tanto, forse ci è stato detto più con gli abbracci e con gli sguardi e qualcosa lo può ben sapere don Tony Drazza, assistente nazionale del settore giovani di AC, che ci arricchito con il suo abitarci.In questi due giorni, caratterizzati dalla gioia, dalle parole di don Tony e dai laboratori ricchi di ascolto, dialogo e confronti, abbiamo avuto un grande dono: abbiamo toccato le sensibilità dei giovani con cui eravamo in cammino. Abbiamo fatto un viaggio nelle loro intimità, abbiamo vissuto, come dice don Tony, con i bicchieri pieni di gioia, ci siamo riscoperti e ci siamo salva-ti insieme perché, in fondo, siamo tutti dei salvati. Urlare al mondo che ne siamo i protagonisti. Questo è quello che ci portiamo dal campo. E al mondo vogliamo gridare anche di cammi-nare con le vicinanze di sicurezze, come dice don Tont, perché solo così possiamo avere e ricevere amore.

verso l’altro

Azione Cattolica, Campo invernale

8 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro Notizie

di Antonietta Matrisciano

Papa Francesco ha af dato una missione importante

alla Chiesa Universale: prende-re a cuore tutti i Giovani… Come Chiesa tutti siamo chiamati a metterci in ascolto soprattutto verso coloro che si sono allon-tanati, per dare una concreta risposta al Sinodo dei giovani che si terrà a Roma nel prossi-mo agosto 2018. Si afferma nel Documento Preparatorio: “La Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i gio-vani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiede-re ai giovani stessi di aiutarla a identi care le modalità oggi più ef caci per annunciare la Buona Notizia”. L’obiettivo della Pastorale Giovanile e Vocazio-nale di Caserta è proprio que-sto: “avviare i giovani al sinodo, attraverso un ascolto costante, serio e propositivo”. La comu-nità cristiana può trovare nei giovani energie, domande di vita, provocazioni per innovare le forme del credere, al passo con i tempi. L’equipe di Caser-ta ha intrapreso diversi incontri foraniali, nei quali tanti giovani, se pur non conoscendosi, si

Una Chiesa Giovane in ascolto!sono confrontati, esprimendo le loro dif coltà nel sentirsi ac-colti e partecipi nella loro vita quotidiana parrocchiale. Eppu-re, l’ascolto delle generazioni giovanili rivela una sensibilità religiosa che non si è spenta ma che si esprime attraverso forme così diverse dal passa-to da risultare irriconoscibili a chi è cresciuto e vissuto nella tradizione cattolica: incerte, confuse, solitarie, profonde e sensibili. La speranza di questi giovani è quella di potersi sen-tire ben accetti con le loro idee all’interno della Chiesa di oggi, considerata da molti come una seconda famiglia e di poter dare un aiuto concreto ad altri giovani distanti da tale realtà. I giovani hanno una grande voglia di far sentire la propria voce e di diventare protagonisti di una Chiesa che si rinnova e che ringiovanisce il suo volto. Il Centro Pastorale Giovanile di Caserta pone in essere l’idea di una chiesa aperta, coinvol-gente e capace di rimettersi in discussione; e non solo, ma si sente chiamato ad “uscire” per strada e trasmettere un vero e proprio messaggio di amo-re alla gioventù odierna che si presenta in modo inedito. I gio-

di Paolo Bonetti

La Coldiretti ha saputo co-struire un progetto per l’a-

gricoltura italiana, difendere gli interessi dell’impresa agri-cola, e aprirsi alle prospettive generali del bene comune, come forza amica del Paese, non solo strategica e sindaca-le ma anche sociale e cultura-le, soggetto attivo e fermento del cambiamento. La nuova Coldiretti, oggi, inte-

vani sono una nuova genera-zione, una nuova umanità che possiede nuovi modi di vivere! Proprio per questo, in prepa-razione al Sinodo dedicato ai Giovani, qui a Caserta, si terrà il 6 maggio una FESTA EVEN-TO dei GIOVANI in piazza Ruggiero (Caserta), dal titolo “Dammi un Cuore che ascol-ta!” Un evento che inizierà e proseguirà con sketch teatrali, a cura della compagnia di spet-tacolo “La fabbrica di Wojtyla”, che animerà tutta la serata tra momenti di dibattito e ascolto, laboratori creativi e di ri essio-ne, apertura di stands gastro-nomici no al dibattito tra i gio-vani e per i giovani con Mons. Giovanni D’Alise. Per rendere partecipi tutte le parrocchie è stato avviato un video contest a tutti i movimenti giovanili, con l’intento principale di renderli protagonisti, ma ancor prima, sentire le loro idee e pensieri sul loro modo di essere e vede-re Chiesa. Con tale cammino, insieme a Papa Francesco, vo-gliamo metterci in ascolto del-la voce, della sensibilità, della fede e anche dei dubbi e delle critiche dei giovani. Ci avviamo quindi a un Sinodo, non “per”, ma “dei” giovani!

Il consigliere ecclesiastico nazionale Coldiretti

La nuova Coldiretti, punta avanzatadella modernità agricola italiana

ragisce con la società, nel sol-co della migliore tradizione le-gata al Cristianesimo sociale, facendosi carico del presente e del futuro dell’agricoltura, italiana. Ricordiamo alcuni passaggi che hanno dato tra-iettoria a questo cambiamen-to: il Patto fra gli agricoltori e i consumatori (2000) con al centro il valore del cibo por-tando all’attenzione dell’opi-nione pubblica due questioni, quella dell’indicazione dell’ori-

gine della materia prima agri-cola nei prodotti trasformati, e l’atteggiamento nei confronti degli organismi geneticamen-te modi cati (ogm); la legge di orientamento (2001) che ha permesso alle aziende agricole di affacciarsi sul mer-cato come imprese agricole multifunzionali; la Fondazione Campagna Amica (2007) che con i suoi farmers market ha stretto il rapporto di prossimi-tà con i consumatori e diffu-so la biodiversità e distintività straordinaria dell’agricoltura italiana l’Osservatorio sul-le agroma e (2014) che sta sostenendo la lotta alla cri-minalità nell’agroalimentare, il contrasto al furto di identi-tà dei prodotti alimentari e la promozione della legalità; il sindacato imprenditoriale di liera (2018) che fa rete con l’industria agroalimentare per contrastare chi vuole un mer-cato contrario ai processi di sviluppo sostenibili e rispettosi della distintività dei territori.Coldiretti è ora in grado di dare

un impulso nuovo per rigene-rare il Paese, ponendosi nella dialettica della corresponsabi-lità e della sussidiarietà. Oggi più che mai è consapevole del suo ruolo, e vuole essere in-clusa nella progettazione, pre-parazione e messa in opera dei processi che la riguardano, nell’ottica della sussidiarietà per rilanciare traiettorie e ser-vizi di alto valore economico

e sociale. Per seguire i nuovi e complessi processi storici, Coldiretti ha scelto di esse-re un’Organizzazione libera e sussidiaria al Paese, una forza sociale presente nelle dinamiche socio-economiche e politiche, con il contributo di quell’umanesimo dove il lavo-ro della terra non è solo fatica, ma anche progetto e servizio al Paese.

Don Paolo Bonetti

9il poliedroAprile 2018 Anno 3 - n. 4 Formazione

di Angela Gionti

Scuole violente, famiglie violente, società violen-

ta … - non è più possibile ascoltare queste espressioni e non sentirsi chiamati alla responsabilità della ricerca di nuove vie formative, idonee ad accompagnare i giovani al rispetto e all’ascolto dell’altro. Anche nel periodo compreso tra gli anni Sessanta e Ottanta del XX secolo, la storia italiana ricorda anni in cui si veri ca-vano violenze di piazza e i giovani universitari, ma anche i lavoratori, contestavano per le pari opportunità formative e per la giustizia sociale. Furono anni pieni di contraddizioni e di desiderio di cambiamento, sfocianti in comportamenti ri-voluzionari, spesso degenerati anche in stragi. Oggi la situazione giovani-le evidenzia l’incapacità di esercitare la tolleranza, ma soprattutto l’ascolto dell’altro. I nostri giovani, più che nel pic-colo gruppo amano stare nei grandi gruppi in cui la massa isola e disperde il singolo. Di questa incapacità va data responsabilità al mondo delle istituzioni formative: la famiglia, la scuola… E’ dalle istituzioni che bisognerà far ripartire la ricerca del cambia-

La forza del cambiamentomento al ne di riportare le nuove generazioni all’equili-brio emotivo individuale e rela-zionale. Il cambiamento deve coinvolgere anche i genitori e gli insegnanti perché ai nostri giovani mancano spesso i mo-delli adulti di riferimento che, aimè, qualche volta, vengono sostituiti con quelli virtuali. Molti ragazzi non riescono ad affrontare i semplici problemi quotidiani; basti pensare alla reazione violenta di un rim-provero o alla mancanza del telefonino! Per questa fragilità aumentano le dipendenze, generando malessere sociale, malessere formativo. A tal pro-posito una ricerca americana ci parla di “genitori elicottero” per de nire quei genitori che vivono la propria e la vita dei propri gli, sottraendo loro le esperienze formative più signi- cative per la crescita, per cui i gli passano da un eccesso di protezione ad un eccesso di abbandono o disinteresse.Queste situazioni di mancato equilibrio bypassano la via di mezzo in cui il no educativo vale no e il sì vale sì; biso-gnerà insistere dunque sul valore del rispetto per l’altro e sul valore dell’ascolto, perché solo il rispetto, la pace, la fratellanza, l’amore edi cano la formazione giovanile e, pa-rallelamente quella adulta.

di Pietro Bizzarro

È in atto una “emergenza educativa” che si manifesta nell’irrequietezza dei giovani in

età scolastica. Rispetto al passato, la situazione è cambia-ta; le famiglie e gli alunni sono cambiati. Alla scuola è chiesto di accogliere le diversità, le esigenze ed i bisogni di cui ogni giovane è portatore.Ogni docente dovrebbe interrogarsi sul “Chi è che bussa alla porta? Chi sono i giovani del XXI secolo?” Alcuni docenti, pur insegnando da molti anni, quindi dotati di preparazione e di esperienza, dichiarano di trovarsi in dif coltà, in quanto non riescono a trovare risposte alle molte fra-gilità che la scuola quotidianamente palesa. La scuola è ora come un campo di battaglia. Ogni ruolo presenta le sue fragilità, a partire dal Dirigente scolastico chiamato ad affrontare le più disparate problematiche, passando per i docenti, gli alunni, le loro famiglie che non san-no più che fare, che dire, come comportarsi. Si assiste ad una sorta di disorientamento ge-nerale, da cui è dif cile uscire.Una frase di don Giovanni Bosco, “Non basta che i giovani siano amati, occorre che essi stessi conoscano di essere amati” ci riporta ad un’istanza fondamentale: Cosa ci chiede la comunità? Ci chiede curricolo o ci chiede educazione? La risposta è semplice: ce le chiede entrambe per formare cittadini critici, consapevoli e “competenti”. La competenza diventa il possibile trait d’u-nion tra le caratteristiche degli attuali contesti socio-economici e il mondo della formazio-ne, da intendere quale attività che stimola i soggetti a sviluppare capacità adeguate per muoversi in ambienti complessi, ad elaborare adeguate strategie per presidiarli e ad acqui-sire quegli strumenti per conoscere, ragiona-re, scegliere, decidere ed elaborare strategie di innovazione e di cambiamento.Si tratta di una “formazione dinamica” che privilegia l’analisi dei ussi di apprendimen-to che non sono necessariamente lineari, ma che si fondano sull’alternarsi di momenti di creatività, consolidamento, rielaborazione

attraverso i quali i soggetti sperimentano e agiscono competenze ri essive in grado di destrutturare e ristrutturare gli stimoli prove-nienti dal contesto ambientale.Il concetto di apprendimento costruttivo di-viene dunque il nucleo intorno al quale ruota l’impostazione della formazione: ogni sogget-to si impegna nella costruzione delle proprie abilità, assume consapevolezza del proprio punto di vista, organizza e ri-organizza le pro-prie conoscenze.Contestualmente, il passaggio da un’idea di formazione quale sistema per la trasmissione di sapere, a processo di apprendimento, im-plica il transitare dalla rilevanza di acquisire blocchi di saperi e conoscenze trasmessi all’i-dea di competenza, che sintetizza l’inscindi-bile nesso tra il sapere e l’agire, in un rappor-to però non lineare, ma circolare, ri essivo, attraverso il quale ci si appropria di contenuti specialistici per interpretare criticamente gli stimoli provenienti dal contesto sociale. Formare un giovane competente signi ca rendere il soggetto attivo nell’instaurare una relazione positiva con il contesto. Con una tale formazione, da un lato, si evidenzia il modo in cui ognuno gestisce in modo auto-nomo il proprio sapere, acquisisce capacità di analisi delle situazioni, di soluzioni dei pro-blemi, di prendere decisioni; dall’altro lato, partendo dal presupposto che le varie identi-tà individuali mettono a contatto tanti saperi, tanti punti di vista, si risalta l’intersoggettività attraverso la quale si giunge a forme legitti-mate di conoscenza, attraverso processi co-municativi e aggiustamenti reciproci. La scuola, a fronte del rischio di produrre saperi statici rigidi, cristallizzati e formare in-dividui che risultino altrettanto divisi e fram-mentati, incapaci di comunicare tra di loro, di mettere a confronto punti di vista diversi, deve mirare a sviluppare le capacità di ap-prendere ad apprendere e apprendere per apprendere, attivare competenze trasversali, af nché la cultura sia strumento di promozio-ne delle singole individualità capaci di aprirsi a forme di multi appartenenza (spaziale, cul-turale, affettiva) per dare vita a nuovi contesti di convivenza.

Formazione dinamicaper giovani competenti

Scuola e giovani nelle parole di un dirigente scolastico

10 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro Liturgia

di Elio Catarcio

La festa dell’Ascensione di Gesù si basa fondamentalmente su cinque testi del N.T.,

tutti presentati in una scenogra a spaziale. Il più importante è senza dubbio il racconto degli Atti degli Apostoli. In esso Luca scrive che Gesù, dopo essersi mostrato vivo agli apostoli dopo la sua resurrezione durante 40 giorni (1,3), dopo aver chiesto loro di non allontanarsi da Geru-salemme prima di essere battezzati in Spirito Santo secondo quella promessa del Padre (1,4-5) che egli in vita aveva loro rivelato, fu elevato in alto ed una nube lo sottrasse al loro sguardo (1,9). Gli apostoli rimasero con il naso all’insù, fissando il cielo, fino a quando due uomini in bianche vesti si presentarono a loro rassicu-randoli che quel Gesù che era stato assunto in cielo sarebbe un giorno tornato allo stesso modo come l’avevano visto salire in alto (1,10-11). La stessa descrizione, più scarna rispetto a quella riportata negli Atti, è presente nella Lettera agli Efesini (capp. 1 e 4) di Paolo e nel Vangelo di Marco (16,19-20) e Matteo (28,20). I due sinottici presentano il Gesù glorioso su un monte imprecisato della Galilea, da dove Gesù aveva cominciato la predicazione del Regno. Egli stesso, apparendo loro, li aveva invitati a non fermarsi troppo a ssarlo nella sua ascesa al cielo, ma a guardare verso le due direzioni del Nord, quella verso le città della Decapoli e quel-la che costeggiava il Lago di Genezareth, oltre-passando la Fossa del Giordano che, a qualche chilometro di distanza dal Lago, precipitava a 200 metri sotto il livello del mare, aprendo una spaccatura da cui gli abitanti di Pella e della costellazione di tanti piccoli villaggi, disseminati sulle colline che vanno verso le alture della Siria, estraevano le nere pietre basaltiche per la co-struzione delle loro case. È chiara l’intenzionalità dei due evangelisti sottolineare che l’attesa del Ritorno del Signore non poteva essere vissuta chiudendosi in una comunità di eletti. Andate ed ammaestrate tutte le nazioni battezzandole (Mt. 28,19) – aveva detto il Signore in vita-. Crede-re che Gesù è il Signore di tutto e di tutti (Mt 14,18) signi ca non aspettare di essere inviati (come indica la stessa etimologia della parola apostolo: inviato lontano) oltre i con ni della propria terra, ma partire, andare incontro a chi non ha ancora conosciuto il Vangelo con dando più che nelle proprie forze e capacità nella pro-

Ascensione di Gesù al cielo

messa del Signore: sarò con voi fino alla fine del tempo (Mt 28,20). L’evangelista Luca, oltre che nell’apertura degli Atti, fa una seconda presen-tazione dell’evento dell’Ascensione di Cristo alla ne del suo Vangelo, dove Gesù ricorda agli apostoli ancora una volta, come già aveva fatto negli Atti, di essere suoi testimoni cominciando da Gerusalemme (24,47-48). È così rispettato nel pensiero di Luca la centralità di Gerusa-lemme nella storia della salvezza. Considerare Gerusalemme come il centro del mondo abitato è attestato nel pensiero ebraico dell’epoca. La Città santa è vista come l’ombelico del mon-do, l’omphalos che collega terra e cielo. Negli affreschi della sinagoga siriana di Dura Europos si contempla una rappresentazione del Monte degli Ulivi raf gurato come un ombelico. Luca descrive una missione centrifuga, la cui origine è a Gerusalemme, ma che si apre al mondo in-tero. L’evangelista, poi, precisa anche la località verso cui si avvia Gesù per staccarsi dai suoi apostoli: li condusse fuori verso Betania dove fu portato verso il cielo (24,50-51). Fu così che nella località di Betania, situato presso il Monte degli Ulivi, n dalle origini cristiane, si cominciò a radicare la tradizione dell’Ascensione di Gesù al cielo, tradizione giunta no a nostri giorni.

di E.C.

Nel Giudaismo la Pentecoste è de nita solennità delle settimane. Sette settimane a partire dalla Veglia Pa-

squale. Agli inizi questa festa era una festa naturistica che gli Israeliti avevano trovato tra i Cananei quando giunsero nella Terra Promessa. Le settimane erano quelle della mie-titura e della raccolta in covoni del grano e degli altri cereali. Tutto si concludeva con una festa agreste a cui partecipava-no tutti i membri della famiglia. Israele trasformò questa fe-sta della mietitura in festa degli Azzimi ricordando che, nella notte in cui uscirono dall’Egitto, furono costretti a prendere la pasta, non ancora lievitata, per poi cuocerla in schiac-ciate azzime dopo il primo tratto di strada (Es. 12,34.39; 13,3ss). Per ricordare l’af izione patita dai loro Padri sotto il Faraone cominciarono a mangiare pane azzimo dal giorno di Pasqua no al Cinquantesimo giorno, ultimo delle sette settimane della mietitura dei cereali. Invece di semplice festa agreste Israele trasformò il Cinquantesimo giorno in festa di ringraziamento al Signore per aver ricevuto i nuovi frutti della terra. In segno di gratitudine ogni famiglia nel giorno di Pentecoste cominciò ad offrire due pani di due decimi di fior di farina lievitati, chiamati offerta nuova o pane delle primi-zie, perché impastati con farina avuta dal grano dell’ultima mietitura (Lv. 23,16; 23,20). Successivamente, nell’epoca dei rabbini, alla festa di Pentecoste, la festa del Cinquan-tesimo giorno, gli Ebrei, oltre al ringraziamento per il nuovo raccolto, aggiunsero anche il ricordo del dono della Torah e dell’Alleanza stipulata da Mosè con il Signore ai piedi del Sinai. Gradualmente, all’epoca soprattutto dei grandi profeti (Geremia cap.31 ed Ezechielie capp 36 e 47) si cominciò a parlare di Spirito di Dio che avrebbe trasformato il cuore di pietra dell’uomo in un cuore di carne (Ez 36,25-26). In questa linea del profetismo giudaico si inserisce la Penteco-ste cristiana. Essa è presentata due volte nel N.T.. La prima è quella che Giovanni ambienta nella sera stessa del giorno di Pasqua (20,19). Gesù alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo… In ebraico come in greco una stessa parola esprime sia la forza del vento, il sof o d’aria, sia l’ardore dello spirito, l’alito vitale. Gesù stesso, nel dialogo notturno con Nicodemo, svela la connessione dei due termini, vento e spirito, fra di loro: il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non senti da dove viene e dove va: così è di chiun-que è nato dallo Spirito (Gv 3,8). Lo Spirito di Dio è, quindi, il sof o della vita, il principio di una nuova esistenza. Il Cristo Risorto, dandoci il Suo Spirito, appare come il creatore dell’uomo nuovo, in grado di liberarci da ogni forma di male e dalla paura della morte. La seconda Pentecoste descritta da Luca negli Atti degli Apostoli ci ripropone il simbolo del vento - spirito. Leggendo il cap. 2 degli Atti viene sottolineato il fatto che l’umanità riceve dallo Spirito di Dio una qualità sorprendente: pur essendo gli ascoltatori di lingue diverse, in quel giorno di Pentecoste ciascuno sentiva parlare i disce-poli nella propria lingua (At 2,7). Il pensiero corre, per contra-sto, all’episodio della Torre di Babele secondo la narrazione di Gn 11, ove l’uno non comprende più la lingua dell’altro. Lo Spirito di Dio, attraverso i discepoli del Risorto, si rivolge a quella parte profonda, originaria che è nel fondo di ciascuno di noi e che viene prima di tutte le divisioni di razza, nazione, ricchezza, cultura, età. Lo Spirito non solo ricompone nel giorno della Pentecoste la frattura di Babele, fa di più. Si esprime con l’unico linguaggio universale, comprensibile a tutti, quello del Cristo: questo è il mio comandamento: ama-tevi gli uni gli altri come io vi ho amato (Gv 15,12.17).Incontrare il Signore, credere in Lui vuol dire accettare l’a-more come spiegazione, criterio e compimento dell’esisten-za. Come è possibile arrivare a tanto? La via ce la indica ancora una volta Cristo stesso: Vi assicuro, è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore, lo Spirito che vi trasformerà (Gv 16,7.13). L’ultimo desiderio di Cristo, prima di lasciarci, sarà quello di proiettare in noi la stessa relazione che Egli vive con il Padre, e poi sparire; questo perché anche noi, come Lui, dobbiamo vivere una relazione non limitata al tempo della carne ma che va oltre, si prolunga oltre i limiti del tempo. E questo è possibile solo con il dono del vero amore, lo Spirito Santo che è l’amore stesso che passa tra il Padre e il Figlio nella Trinità. Lo Spirito Santo, il vero dono dell’amore, riduce ad uno stato d’innocenza che è quella rassomiglianza con i bambini, condizione indispensabile per essere cittadini del Regno: se non diventerete come sono i bambini, non farete parte del Regno (Mc 10,16).

La Pentecoste:festa dello Spirito Santo

La nostra vita non può essere un viaggio senza meta. Come il pellegrino si rivolge al santuario sperando di concludere il suo viaggio, così noi guidati dallo Spirito raggiungeremo, un giorno, quella casa dalla quale non dovremo più uscire. La deporremo abito e bastone da viandante perché saremo giunti a casa nostre, dove ci attende il Padre. È la Gerusalemme celeste, la città del Dio vivente ove sono miriadi di angeli e l’assemblea festosa dei primogeniti iscritti nei cieli e il mediatore della Nuova Alleanza, Cristo Signore (Ebrei 12,22-24)

COME CONCLUSIONE…

Pietro Perugino, Ascensione di Gesù

Duccio di Buoninsegna, Pentecoste

11il poliedroAprile 2018 Anno 3 - n. 4 Cultura

Miriam Mafai

(Firenze, 2 febbraio 1926 – Roma, 9 aprile 2012), aderì al partito comunista italiano nel 1943, partecipando alla Resistenza. Cronista parlamentare dell’Unità, ha poi diretto il settima-nale Noi donne. Collaboratrice di Paese Sera e della Repubblica, è stata presidente della Fede-razione nazionale della stampa italianaLa Miriam che conosco raccontava la vita con attenzione e sicurezza. Aveva preservato lo sguardo sull’ambiente e sulla società che la cir-condava di chi ha attraversato tutti i grandi eventi del ’900: l’orrore della guerra, le persecuzioni razziali, la Resistenza, la nascita della Repub-blica, l’attenzione agli altri, l’avversione per le ingiustizie, il comunismo, il femminismo, ed ha la consapevolezza della fragilità della democrazia e dei rischi che può correre. Di questa “vita” Miriam è stata protagonista, ci ha raccontato “come era-vamo” noi, le donne ed il nostro paese, sul lo di una narrazione emozionante, sempre partecipe.[dalla Prefazione di Irene Giacobbe]LIDIA LUBERTO nata a Carinola, vive a Ca-serta. Docente di Lettere, come giornalista ha collaborato con riviste, emittenti locali e periodici; ha rmato per i quotidiani «Il Giornale di Napoli», Roma, «Il Corriere del Mezzogiorno», edizione regionale del «Corriere della Sera», per i quali si è occupata di temi di carattere sociale e cultura-le, di problemi legati alla tutela dei beni artistici e architettonici, nonché di questioni relative alla condizione femminile. Attualmente collabora con il quotidiano «Il Mattino». È co-fondatrice e animatrice del Premio giornalistico nazionale “Matilde Serao”. Questo è il suo secondo libro; il primo, di narrativa, è La casa delle bifore.

a cura della Redazione

Miriam Mafai è stata una fra le più importanti testimoni e protagoni-

ste del secolo scorso. Donna volitiva e caparbia, combattiva e determinata, partigiana e politica nella prima parte della sua esistenza, giornalista di valo-re nella seconda, il le rouge della sua attività e del suo impegno è stato la battaglia per i diritti civili. A Miriam Ma-fai, la giornalista e scrittrice casertana Lidia Luberto ha dedicato un libro, pub-

Miriam MafaiL’ultimo libro di Lidia Luberto, giornalista e autrice casertana

blicato da Maria Pacini Fazzi editrice di Lucca nella collana Italiane, diretta da Nadia Verdile, l’iniziativa editoriale nata con l’obiettivo di ricordare le donne italiane, appunto, che hanno “lasciato tracce” nella storia del nostro Paese. Il volume è stato presentato nel corso di un affollatissimo incontro ospitato nella sede di Con ndustria Caserta. La serata è stata introdotta dal presidente Gianluigi Traettino che, nel presenta-re il lavoro di Luberto, ha ricordato il ruolo svolto da Mafai per la crescita civile, sociale e culturale dell’Italia dal dopoguerra in poi. Piera De Cesare, docente di Filoso a, ha letto l’incipit del libro, pagine dove si ricorda il contesto familiare nel quale nacquero Miriam e le sue sorelle, e, poi, uno scritto-incita-mento della stessa Mafai alle donne. Quindi, Francesco de Core, capo redat-tore centrale del Mattino, ha effettuato una approfondita, colta e molto apprez-zata disamina del testo di Lidia Luberto. “L’autrice – ha sottolineato de Core – è riuscita, con una scrittura uida e piacevole, a restituire la gura di Miriam Mafai in tutte le sue molteplici sfaccet-tature. In questo libro, emergono, infatti,

la passione, il rigore, la determinazione che metteva nel suo impegno professio-nale dalle pagine di Vie Nuove, all’Uni-tà, a Paese Sera e poi Repubblica, che contribuì a fondare”.Quindi, Lidia Luberto ha raccontato il senso della sua scelta. “Ho deciso di occuparmi di Miriam Mafai perché, per me studentessa liceale già con il sogno di diventare giornalista, lei costitui-va un mito, un esempio, un punto di riferimento. Il suo modo di intendere l’attività giornalistica, non solo indiriz-zata all’informazione tout court, ma interpretata anche come impegno

civile, me la faceva sentire vicina. Inol-tre apprezzavo la sua netta presa di posizione sempre al anco delle donne e la sua de nizione di “cittadino neu-tro”. Di fronte ai diritti civili, questo era il suo pensiero, non esistono il maschio e la femmina, ma l’individuo senza genere, senza de nizione, insomma. Cosa c’è di più ovvio e scontato ma, nel contempo, di meno riconosciuto e attuato?”, ha concluso Luberto. Vivace ed approfondito è stato anche il dibattito con gli interventi dal pubblico stimolati dai molti spunti di ri essione che il lavoro di Luberto propone.

di Paola Broccoli

In occasione del cinquantenario del ‘68, il dipartimento di lettere e beni

culturali della Università Luigi Vanvitelli, ha organizzato una giornata di studio per “ripensare un’utopia collettiva”. Ad introdurre i lavori sarà la professores-sa Maria Luisa Chirico direttrice del dipartimento, seguiranno gli interven-ti di Federico Paolini docente di storia contemporanea e di Elena Porciani docente di letteratura moderna. Luigia Grillo Direttrice dell Archivio di Stato di Caserta presenterà agli studenti e alla comunità scienti ca alcuni materiali re-lativi alle vicende politico–sindacale del ’68 casertano custoditi nelle carte dell’ Archivio di Stato di Caserta. Si tratta di una selezione composta da circa ses-santa immagini di documenti, verbali di riunione, giornali di fabbrica, volantini

Ripensare un’utopia collettiva politici che raccontano una provincia in cui lo scontro sociale è feroce: il 16 settembre 1968, 13 braccianti agricoli comunisti, furono arrestati dalle forze dell’ordine, perché chiedevano l’attua-zione della legge sui “contributi agrico-li uni cati”: su un totale di 4 milioni di giornate lavorative, poco più di 300.000 sono regolarizzate. La mobilitazione alla Saint Gobain si prolunga per oltre 8 mesi. Nelle fabbriche si stampano i giornali di fabbrica. L’emigrazione non si arresta: tra il 1965 ed il 1968, circa 100.000 casertani , soprattutto giovani, emigrano in cerca di lavoro. Lungo la direttrice Sparanise-Maddaloni-Mar-cianise-Aversa si sviluppano i più im-portanti siti industriali in cui si registra la nascita della “nuova” classe operaia e le donne, per la prima volta, ne fan-no parte a pieno titolo. La FIM-CISL rappresenta da sola il 36% dei metal-

meccanici, la CGIL in controtendenza a quanto avveniva nel Paese, è minorita-ria. Anche se con caratteristiche diverse da quanto accadeva nel Nord del Pae-se, il’68 si apre a Caserta con scontri sui luoghi di lavoro che preannunciano l’autunno caldo. Anche in questo lembo del Mezzogiorno, si poneva il problema più generale di qualità della vita e dei servizi pubblici. Nel liceo classico Gior-dano Bruno di Maddaloni, gli studenti sono protagonisti di un movimento di lotta avanguardista, che li vede primi tra gli studenti del Sud, a convocare assemblee aperte con i docenti. Il mio intervento sarà incentrato sulle lotte sin-dacali: sia nelle aziende a capitale pub-blico che nelle aziende private si discu-teva per il rinnovo del contratto. I gruppi giovanili dei partiti e soprattutto la FIGC (giovani comunisti), si scontrano con le generazioni più adulte.

Caserta, (da sx) Francesco De Core, Gianluigi Traettino, Lidia Luberto e Piera de Cesare

Copertina del libro

12 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro Parrocchie

di Massimo Sgritto

“Fate questo in memoria di me “(1 Cor. 11,24), è sta-

ta la didascalia che utilizzai per annunciare la mia ordinazione sacerdotale esattamente die-ci anni fa. Questa frase della prima lettera ai Corinzi rappre-senta il mio ministero sacerdo-tale, la mia responsabilità piena, consapevole e forte di portare avanti il mio servizio con le co-munità che mi vengono af date per compiere ed instaurare un

Crescere ogni giorno di più insiemeLa comunità di S. Clemente P.M., in S. Clemente

rapporto di comunione con esse sull’esempio di Gesù con i suoi discepoli.Con la comunità Maria SS. del Carmine e S. Giovanni Bosco ho vissuto momenti molto im-portanti e signi cativi per il mio sacerdozio e, prima ancora quando ero seminarista, grazie alla presenza forte, determi-nata e costante di don Giorgio Quici che mi accolse in questa comunità come un glio. Mi ha insegnato tanto, in particola-re l’umiltà e la determinazione

di affrontare giorno per giorno il mio ministero sacerdotale. Nonostante fossi giovane ed inesperto mi ha sempre inco-raggiato. Dopo un anno dalla mia ordinazione sacerdotale avvenuta il primo maggio 2008, fui nominato dall’allora Vesco-vo S.E. Mons. Raffaele Nogaro come vice parroco nella comuni-tà di Maria SS. del Carmine e S. Giovanni Bosco collaborando a stretto contatto con don Giorgio. Purtroppo di lì a poco, si ammalò e senza indugi iniziai a prendere le redini della parrocchia pur di aiutarlo, essergli vicino nono-stante mi sentissi incapace e troppo immaturo per sostituire una gura così forte e determi-nante come la sua. Dopo la sua morte, il vescovo S.E. Mons. Pietro Farina mi nominò parroco presso la parrocchia SS. Nome di Maria in Puccianiello, un in-carico portato avanti per due anni per poi rientrare come vice parroco e dopo come ammini-stratore parrocchiale nella par-rocchia che il 27 aprile saluterò

de nitivamente. Sono stati anni intensi con loro dove ho vissuto tantissime emozioni: per me è stato bello vedere tanti ragazzi appartenenti all’azione cattolica, agli scout, crescere e diventare gli uomini e le donne di oggi. Ne sono subentrati di nuovi e tutti insieme abbiamo collaborato e ci siamo sostenuti vicendevol-mente. Anche la realtà del cam-mino neocatecumenale è stata molto importante. Con loro ho instaurato un legame molto for-te e molti di loro mi sono sempre stati vicino durante periodi par-ticolari, di grande stress dovuto a problemi in parrocchia. Della comunità Maria SS. del Carmi-ne e S. Giovanni Bosco, porterò nel cuore sempre e per sempre, i sorrisi, le magni che veglie con l’azione cattolica e i campi estivi, i ritiri con gli scout, le dimostra-zioni pure e sincere di affetto.Ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa, mi ha aiutato a cre-scere spiritualmente. Sono stati cinque anni ricchi di emozioni e anche di problemi

ma ho sempre visto una co-munità forte che non si è mai arresa di fronte ogni tipo di ostacolo pronta a donarsi pur di continuare a vivere la fede e portare avanti i sacri ci che don Giorgio ha fatto per costituir-la. Per loro, va il mio immenso ringraziamento. Il 28 aprile sarò parroco presso la comunità di S. Clemente P.M., in S. Clemente. Nonostante il dispiacere umano di lasciare la parrocchia uscen-te, ho visto questa chiamata come un segno. Nuovamente vado in una parrocchia che è stata curata da don Giorgio per molto tempo nonostante i suoi impegni. Dopo 9 anni in cui c’è stato don Gennaro D’Antò, ami-co e confratello, mi sento re-sponsabile di non sciupare tutto il lavoro immenso che ha svolto. Il mio impegno è quello di prose-guire sulle sue modalità dando sicurezza, presenza, attenzione e formazione alla nuova comu-nità che mi accoglie e poter cre-scere ogni giorno di più insieme, uniti.

di Marco Zuppardi

Il prossimo 29 aprile comincia per me una nuova missione

alla guida della comunità della parrocchia di Nostra Signora di Loreto a Maddaloni. Guar-do a questa esperienza con l’entusiasmo e la passione di sempre e con la voglia di coinvolgere il maggior numero di persone nella sequela di Cristo. Con questo spirito ho condotto tutta la mia attività sacerdotale che è comincia-ta il 19 giugno del 2004 con l’incarico di viceparroco nella chiesa di San Giuliano Martire a Marcianise. Qui ho avuto l’o-nore di contribuire al potenzia-mento di uno splendido grup-po giovani, Jesus, con il quale abbiamo condiviso momenti di preghiera intensi e esperien-ze di comunità meravigliose. Ho fondato, assieme a dei collaboratori, la compagnia teatrale Amici del quartiere, ancora esistente, con la quale abbiamo anche raccolto fondi per la nuova chiesa di San Giuliano. Il 2 febbraio 2009 comincia il mio rapporto con la Parrocchia di San Matteo

Parrocchia di Nostra Signora di Loreto a Maddaloni

Coinvolgere le personenella sequela di Cristo

Apostolo ed Evangelista e la comunità di Tredici a Caserta. Assieme ai fedeli, abbiamo avuto la forza di costruire, praticamente da zero, una realtà parrocchiale meraviglio-sa. Non ci siamo tirati indietro quando si è trattato di celebra-re messa in una ex salumeria perché i locali della chiesa non erano disponibili per lavori di ristrutturazione, con energia abbiamo ripulito anche l’area dell’oratorio, trasformandola da semplici sterpaglie ad un luogo di aggregazione in cui organizzare diverse attività di preghiera e occasioni di ritrovo per cementare la comunità nel nome di Dio.Dall’estate ragazzi, al teatro, sagre, tornei, non c’è stato un momento in questi anni in cui l’oratorio è stato fermo. Questo spirito di comunità forte, ci ha portato a realizzare in parrocchia una missione Caritas che metteva al centro, al di la della burocrazia, la per-sona e le famiglie. Abbiamo aperto la stanza della Miseri-cordia che ci ha permesso di ospitare, così come ci chiede Papa Francesco, persone in

dif coltà. Abbiamo offerto loro un piccolo alloggio, un pasto caldo e tanta umanità. Non dimenticherò mai l’emozione che mi hanno regalato le fa-miglie nel loro saluto uf ciale quando hanno appreso della volontà del Vescovo. Nei loro occhi ho letto affetto, amicizia, riconoscenza per il lavoro svolto: mi hanno fatto sentire prezioso per questa comunità. Oggi il mio obiettivo è quello di ricostruire questo stesso rap-porto anche nella parrocchia di Nostra Signora di Loreto a Maddaloni dove ho trovato una comunità che desidera essere una parrocchia viva e attiva nella realtà cittadina. In pochi giorni, mi sono inserito nel tessuto del quartiere, ho stretto amicizia con tantissime persone che già mi cercano per colloqui, confessioni, ma, anche semplicemente per un caffè. La loro simpatia, la vo-glia di crescere con la parroc-chia mi impone di impegnarmi al massimo per una comunità che mette al centro Gesù Cri-sto e che realizza ogni cosa per la sua gloria e per il bene della chiesa. Don Marco Zuppardi con i ragazzi della parrocchia

Don Massimo Sgritto

13il poliedroAprile 2018 Anno 3 - n. 4 Parrocchie

di Fulvio De Blasio

Ad oggi facendo il resocon-to di quelli che sono i miei

dodici anni di sacerdozio sono contento di come il Signore abbia concesso tantissime grati cazioni ad essere suo ministro. Quando il Vescovo oggi emerito, Mons. Raffaele Nogaro, mi propose di esse-re parroco nel borgo di Puc-cianiello presso la Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo, il mio cuore sobbalzo di grande poiché avevo la possibilità di esplicare in pieno il mio esse-re sacerdote con le respon-sabilità della parrocchia. In questi lunghi anni, ho potuto gustare la paternità di anime a me af date, ovviamente con tutti i limiti di uomo, ho potuto nel dovuto scambio di opinio-ni affrontare situazioni a vol-

La comunità parrocchiale diSan Matteo Apostolo in Tredici

“La Chiesa che vivetra le case degli uomini”

te non sempre semplici però come sappiamo il sacerdote è af dato alla comunità parroc-chiale dal Vescovo, al quale ho prestato obbedienza e fe-deltà sin dal momento dell’or-dinazione. E questa promes-sa richiede a volte, sacri ci e rinunce che tuttavia sono ri-chieste per il bene della Chie-sa. Nelle ultime settimane, mi è stato chiesto di guidare un’altra comunità parrocchia-le quella di San Matteo Apo-stolo in Tredici. Nella mi vita di sacerdote, ho seguito sempre e seguirò sempre il principio fondamentale, cioè che tutti siamo guidati dalla Provvi-denza di Dio che agisce nella vita degli uomini attraverso le persone e gli eventi, certo il distacco è stato duro per tut-ti e anche per me, Ringrazio di cuore che questi anni di

cammino, accompagnati dal-la fede, dalle speranze, dalle amicizie e per il bene avuto. Ci sono stati anche piccoli fal-limenti e incomprensioni, per questo non siamo riusciti a realizzare tutti i traguardi. Ora in prospettiva di questa nuo-va avventura nella Comunità di Tredici, chiedo al Signore di aiutarmi nel mio servizio e poter de nire la parrocchia di San Matteo Apostolo “la Chie-sa che vive tra le case degli uomini” come la de nì san Giovanni Paolo II, dove gli uomini possano trovare ospi-talità e attenzione. In conclu-sione di questa breve lettera, chiedo anzitutto una preghie-ra per me e per la mia nuova comunità parrocchiale in unio-ne fraterna con i miei confra-telli della Forania di Caserta Nord – Est.

Il nuovo Parroco di Santa Maria Madre della Chiesa in Maddaloni

di Gennaro D’Antò

Lo ricordo bene il primo gior-no qui a San Clemente, nella

mia prima parrocchia, alla mia prima esperienza da parroco. Provavo un misto di sensazioni, dif cili da spiegare. Un grosso cambiamento per la mia vita, la ne di un capitolo e l’inizio di un altro; un cammino che tanto de-sideravo e che vedevo affasci-nante, ma tutto in salita. Timore, di non essere all’altezza di una chiamata così importante; di non essere ben accetto da una co-munità che quando arrivi è già una famiglia; di non riuscire a portare i buoni frutti tipici di chi

Crescere nella fede, nell’armonia e nella carità

vive in Dio. Poi ho deciso di af- darmi alla Sua volontà, consa-pevole del fatto che in ogni situa-zione Lui mi avrebbe sostenuto. Adesso sarebbe bello dire che è stato semplice, che non ho mai vacillato, che la mia fede è stata sempre forte e che le mie paure erano ingiusti cate. Ma non è così. Al mio arrivo, la comunità era un intreccio di diverse real-tà. Un mosaico scomposto che, però, moriva dal desiderio di di-ventare “quadro”. Perciò, il mio Ministero qui ha avuto subito un obiettivo: guardare alla comuni-tà come ad un potenziale capo-lavoro di Dio, per la costruzione del quale le mie mani avrebbero

dovuto molto faticare. Sono par-tito da laici adulti nella fede. Per-sone con un grande cuore e vo-lontà di costruire. Con loro, ho si iniziato a raccogliere il buono che era stato seminato, ma soprat-tutto ho cominciato a piantare e piantare, perché quel terreno non smettesse di germogliare. Ho curato la formazione dei laici che desideravano trovare il pro-prio posto nella Comunità, con incontri parrocchiali e con l’aiuto di ef caci esperienze diocesa-ne. Con loro ho proposto alla comunità nuovi modi di pensare alla vita cristiana e nuove espe-rienze di fede, inserendole in quel mosaico che non senza dif- coltà iniziava a prendere forma, tra muri abbattuti e nuovi ponti innalzati. Ho imparato ad ascol-tare la gente, a stargli accanto nei momenti gioiosi, ma anche in quelli dif cili, dove spesso non servono parole. Ho imparato ad aprire la porta a chi aveva idee diverse dalle mie e a chi voleva mi piegassi alla logica del “si è sempre fatto così” che per me, invece, non poteva funzionare. Ho imparato a vedere i bambini e i giovani come la speranza di un mondo nuovo. Ho impara-to a pregare, perché, anche se sembra scontato per un prete, non sempre è semplice accetta-re di aver bisogno dell’aiuto del

Signore per rispondere ai tanti bisogni di chi ogni giorno bussa ai cancelli della comunità con le richieste più diverse e non sem-pre accontentabili. Ho imparato ad accogliere ogni cuore di pie-tra e l’ho visto trasformarsi piano in uno di carne. Ho imparato ad accettare me stesso, sperimen-tando i miei limiti di uomo e sa-cerdote, ma ho anche scoperto una piena ducia nel piano di Dio e la certezza che nelle sue mani tutto può succedere. Non è stato facile. Ma è stato bellissi-mo. Non avrei potuto chiedere di meglio. Una comunità che con la vicinanza e l’amore, ma anche

con i contrasti e le esperienze di dolore mi ha aiutato a cresce-re e diventare migliore. Adesso vado via con un gran vuoto den-tro che dovrò riempire col ricor-do di quanto ho dato e ricevuto. Grazie ad ognuno di voi che in questi anni ho incontrato. A chi ha lavorato ogni giorno al mio anco perché la nostra comunità crescesse nella fede, nell’armo-nia e nella carità; e a chi ho solo incrociato, con uno sguardo, una parola o un semplice saluto. Io vado. Ma lascio qui un po’ del mio cuore e porto voi con me. In una nuova avventura, lì dove il Signore vorrà.

Don Fulvio De Blasio con Mons. D’Alise

Don Gennaro D’Antò con alcuni parrocchiani

14 Aprile 2018 Anno 3 - n. 4il poliedro In Ricordo

È dif cile sintetizzare in poche righe le grandi doti di un sacerdote dall’animo umile e generoso: la sua accoglienza, il suo sorriso per tutti, l’interesse sin-

cero per ogni singola persona; la sua disponibilità verso i bisogni di ognuno; la sua presenza costante che costituiva un grande punto di riferimento per l’intera comunità casertana; la sua capacità di ascolto; la sua dedizione nella celebra-zione del sacramento della confessione; la sua misericordia verso tutte le nostre piccole e grandi miserie nella consapevolezza che Dio non giudica secondo una

Don Innocenzo Di Lella

di Carmine Ventrone

Don Stefano Taglia erro nacque a Maddaloni il 14 luglio del 1936. Fu accolto da don Salvatore d’Angelo, nel Villaggio dei Ragazzi e, nata in lui la vocazione

sacerdotale, il 5 luglio 1964 fu ordinato sacerdote dall’allora Vescovo di Caserta, mons. Bartolomeo Mangino. Nel pomeriggio del 1° gennaio don Stefano è tornato alla casa del Padre. È straordinario leggere nei segni l’intervento di Dio. Nel giorno della solennità “Maria Santissima Madre di Dio” e Giornata Mondiale della Pace, don Stefano è stato accolto nel Regno di Dio lì dove “l’uomo non è più solo; mai più orfano, è per sempre glio. È la gioia di sapere che la nostra solitudine è vinta” (Papa Francesco per la GMP 1° gen 2018). Uomo di pace, schivo, discreto semplice è stato testimone della essenzialità della fede: testimoniare il Vangelo con cuore sincero e mitezza d’animo. Una vita spesa per i ragazzi ospitati nel Villaggio dei Ragazzi e per la sua comunità parrocchiale "San Benedetto Abate". Non ha cercato clamori o plebisciti di popolo, ma con il suo sorriso semplice è entrato nel cuore di tutta la comunità maddalonese, che il 2 gennaio, ha vissuto con il Vescovo, mons. Giovanni D’Alise, la celebrazione

Don Stefano Taglia erro

di Stefano Sgueglia

Confratello dal cuore “veramente salesiano “che ha fatto della sua vita “un’e-popea di grazia al Signore”. Così don Angelo Santorsola, sdb - ispettore dei

Salesiani dell’Italia Meridionale - citando una rivista del ‘99 ha inquadrato don Carmine Sciullo, 102 anni e 5 mesi che lo scorso 19 aprile nell’infermeria ispetto-riale salesiana di Salerno ha concluso il suo pellegrinaggio terreno. Originario del Molise (Capracotta - Isernia), nasce il 20.11.1915, volontario della Resistenza, é l’ultimo di 5 sorelle. Nel settembre 1930 incontra la famiglia salesiana; un incontro che cambierà la sua vita, così come egli stesso scrive: “Rimasi subito colpito dalla serena amabilità dei ragazzi e dei superiori, illuminati nell’intelligenza e forti ca-ti nella volontá; trovavo pace spirituale in Chiesa dinanzi al SS.mo e al Cuore Immacolato di Maria”. Perché non ti fermi con noi? - furono le parole dell’allora

Don Carmine Sciullo sdb

che ha segnato il suo passaggio alla vita eterna, rendendo grazie a Dio per i doni ricevuti dal sacerdozio di don Stefano. È stato l’uomo e sacerdote delle Beatitudini Evangeliche, ma in particolare, quella della mitezza, ecco è perché, certamente, ha ereditato il Regno dei Cieli.

legge rigida e in essibile, ma sa scrutare nel profondo del cuore di ogni uomo. “Animarum cura” è il compito precipuo che don Innocenzo aveva fatto proprio nel prendersi cura della salute spirituale dei suoi fedeli.Don Innocenzo Di Lella, penitenziere del collegio della cattedrale di Caserta, è stato ordinato sacerdote nel lontano 1956 e da allora ha rappresentato un punto di riferimento come uomo e come guida religiosa per diverse generazioni. Era il 1973, ben 45 anni fa, che iniziò la sua opera nella nascente comunità del Buon Pastore. Aveva 43 anni ed era un giovane prete che amava il Vangelo e voleva mettere in pratica i suoi profondi messaggi. Quando arrivo nella nascente comu-nità, non essendoci strutture, don Innocenzo Di Lella celebrava la messa all’a-perto dapprima nel parco Ises, poi nel rione Vanvitelli. Seppe mettere in campo un’ottima opera per la comunità del Buon Pastore, riuscendo ad inserirsi veloce-mente in un clima di forte dispersione scolastica e di famiglie abbandonate a se stesse. Tant’è vero che oltre a prendersi cura delle persone della sua comunità, creò una scuola serale per ragazzi af nché avessero l’opportunità di studiare.Dopo l’esperienza parrocchiale, signi cativa è stata la sua mansione di Peniten-ziere della Cattedrale. Trascorreva molto tempo nel confessionale, ascoltava ore intere persone che sentivano la necessità del perdono di Dio, ma anche tutti co-loro che avevano bisogno di parlare e di essere ascoltati. Ascoltava per formare coscienze adulte e mature, testimoniando di essere presenza viva di Cristo nel mondo, con la dolcezza e le braccia aperte di un sacerdote dal cuore mite ed accogliente.

direttore dell’Opera di Caserta, Don Teneriello che lo spinsero alla scelta di vita salesiana. Dopo l’iter di discernimento e di studi, ordinato sacerdote viene inviato a dirigere diverse case Salesiane a Portici, Andria, Vietri Sul Mare (dove in prima persona si impegnerà nell’alluvione che ha colpito la cittadina nel 1954), Mandu-ria, parroco a Cerignola, direttore a Taranto, direttore-parroco a Bari, parroco a Lecce, insegnante a Piedimonte Matese nché a 60 anni fu inviato in Patagonia a Formosa (Argentina) dove per 15 anni lavorerà in 8 grandi villaggi con distese a perdita d’occhio conquistandosi la benevolenza di tutti. Nel 1991 torna in Italia e viene inviato ad Andria no al 1995. Dal 1996 ad oggi é nella comunità di Caserta come confessore. Don Angelo - nell’omelia - ha sottolineato tre realtà caratteriz-zanti la sua gura. La prima, la fermezza. Era abituato a lottare paci camente ma con tutte le proprie forze per ottenere gli obiettivi che voleva raggiungere, per trasmettere quei valori evangelici che testimoniava innanzitutto con la vita. Una seconda caratteristica, la gioia e un umorismo intelligente. Da bravo glio di Don Bosco, don Carmine era sempre cordiale, simpatico, scherzoso, ironico, profon-damente unito a Dio. Una terza caratteristica, il suo essere pastore di anime no alla ne. Come don Bosco, egli era prete sempre, in ogni momento. Fino alla ne, anche quando la vista e le forze stavano ormai venendo gradatamente meno ha voluto esercitare il preziosissimo ministero della Riconciliazione. Un vero apostolo del confessionale. Quante confessioni in quel di Caserta, quante anime bisogno-se di misericordia... Da mihi animas, caetera tolle -- dammi le anime tieniti tutto il resto. Da mihi animas (ecco quel che cerco, solo anime, per la loro salvezza), cætera tolle (prendi pure, Signore, tutto il resto: sono pronto a sacri care ogni altra cosa purché siano salve le anime dei giovani, che mi af di). A don Carmine, la gratitudine dell’intera comunità per il suo essere stato salesiano e presbitero secondo il cuore di Cristo e di don Bosco avendo vissuto la sua vita quale vero dono di Dio. Grazie don Carmine, “Arrivederci in PARADISO”.

Don Innocenzo Di Lella

(Da sx) don Stefano Tagliafierro con Mons. D’Alise e don Ventrone

Don Carmine Sciullo con Papa Francesco

15il poliedroAprile 2018 Anno 3 - n. 4 Notizie

2018Agenda del Vescovo Maggio 30 aprile 2018ore 18:45 – Parrocchia Santissimo Nome di Maria in Puccianiello (CE): I incontro dei Cresimandi – foranie di Caserta centro, Nord-est e Caser-tavecchia

2 maggio 2018Ore 18:00 – Parrocchia San Bene-detto in Caserta: Celebrazione Eu-caristica del Vescovo in occasione del XX Anniversario di sacerdozio di Don Antonio Di NardoOre 19:30 – Parrocchia dell’Immaco-lata Concezione in Capodrise di Ca-serta: Sante Cresime

3 maggio 2018Ore 18:00 – Parrocchia San Simeone Profeta in Marcianise (CE): Celebra-zione Eucaristica Ore 19:30 – Biblioteca diocesana IV Catechesi Pasquale del Vescovo

4 maggio 2018Ore 18:30 - Parrocchia “S. Alfonso” in Maddaloni (CE): Sante Cresime

5 maggio 2018Ore 11:00 – Parrocchia San Simeone Profeta in Sala (CE): Sante Cresime

6 maggio 2018Ore 18:00 – Piazza Ruggiero di Ca-serta: il Vescovo partecipa alla Festa dei Giovani “Dammi un cuore che ascolta”

7 maggio 2018Ore 18:30 - Parrocchia Santa Maria S.M. in Recale (CE): Sante Cresime

8 maggio 2018Ore 11:30 – Santuario “San Michele” in Maddaloni: Celebrazione Eucari-stica del VescovoOre 19:00 – Cattedrale: Celebrazione Eucaristica del Vescovo alla B.V. Ma-ria di Pompei

10 maggio 2018Ore 17:30 – 19:30 – Il Vescovo riceve in udienza

11 Maggio 2018Ore 18:30 – Santuario Cuore Imma-colato di Maria presso Istituto Sale-siani di Caserta: Sante Cresime

12 maggio 2018Ore 19:00 - Parrocchia “San Vincen-zo di Paola” in Casagiove (CE): Sante Cresime

15 maggio 2018Ore 9:30 - Biblioteca Diocesana: Riti-ro mensile del Clero

16 maggio 2018Ore 18:45 – Parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa: II incontro dei Cresimandi - Forania di Maddaloni

18 maggio 2018Ore 10:00 – 13:00 – Il Vescovo riceve in udienza

19 maggio 2018Ore 17:00 – Biblioteca diocesana: Ri-tiro mensile dei diaconi permanenti

20 maggio 2018Ore 11:30 – Cattedrale: Santa Messa nella solennità di Pentecoste

21 - 24 maggio 2018Roma: il Vescovo partecipa all’As-semblea Generale della C.E.I.

25 maggio 2018Ore 17:00 – Il Vescovo visita il Cen-tro Sociale di Caserta

28 maggio 2018Ore 18:45 – Chiesa San Giovanni Paolo II in San Giuliano, Marcianise (CE): III incontro dei Cresimandi – Forania di Marcianise

29 maggio 2018Ore 18:30 – Parrocchia Sant’Augusto in Caserta: Sante Cresime

30 Maggio 2018Ore 17:30 – Chiusura del mese Ma-riano a Casertavecchia

31 maggio 2018Ore 18:30 – Corpus Domini

Periodico della Diocesi di Caserta

Reg. Trib.S. Maria C.V.n. 839, 28/09/2015

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Direttore ResponsabileLuigi Nunziante

Direzione - RedazioneAmministrazioneCaserta, Piazza Duomo, 11Tel. e Fax 0823 448014 (int. 70)e-mail: [email protected]

EditriceDiocesi di Caserta

StampaDepigraf s.n.c.Caserta, Via Cifarelli, 14

Si ringrazia per la realizzazionedi questo numero:Mons. Giovanni D’AlisePietro BizzarroPaolo BonettiPaola BroccoliElio CatarcioGennaro D’AntòFulvio De BlasioRosanna De LuciaAngela GiontiAntonietta MatriscianoAntonio MilanoGian Maria PiccinelliNando SantonastasoMassimo SgrittoStefano SguegliaCarmine VentroneMarco Zuppardi