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Bologna, 17, 18 e 19 ottobre 2013 P.Bongio (1) , M.Bringiotti (2) , A.Selleri (1) (1) SPEA Ingegneria Europea, Milano, Italia (2) GEOTUNNEL, Genova, Italia ABSTRACT: I sistemi fondazionali dei viadotti previsti nel Progetto della “Variante di Valico” sono caratterizzati da pozzi profondi. La stessa tipologia di fondazione era prevista anche per il viadotto “Molino di Setta”, ma in fase realizzativa è stata proposta una variante progettuale consistente nella sostituzione delle fondazioni a pozzo “classico” per mezzo di palificate speciali costituite da pali di grande diametro 2300mm (Proactive Portant Piles) posti a distanze interassiali ridotte secondo una disposizione a simmetria radiale (pile), in grado di garantire un comportamento “meccanico” equivalente a quello dei pozzi “classici” stessi e assicurando significative riduzioni di costi e importanti restrizioni in termini di tempistiche realizzative. La modifica ha comportato un notevole contenimento delle profondità di scavo, migliorando le condizioni di sicurezza delle maestranze; in alcuni casi è stato possibile eliminare le opere provvisionali necessarie per il sostegno degli scavi, mentre per la realizzazione di alcune pile gli scavi temporanei sono stati sostenuti per mezzo di strutture in pali CCFA (pali secanti rivestiti). Dal punto di vista del dimensionamento geotecnico, sono state eseguite verifiche sia del palo singolo sia del gruppo di pali, analizzato come un “Pozzo Equivalente” avente un diametro esterno tale da circoscrivere tutti i pali della fondazione Il viadotto Molino di Setta è un’opera inserita nella nuova viabilità autostradale dei lotti 6 e 7 della A1 Milano-Napoli nel tratto appenninico compreso tra Sasso Marconi e Barberino di Mugello, denominato “Variante di Valico”. Il viadotto è realizzato in sistema misto acciaio-cls con schema statico di trave continua. In carreggiata nord il viadotto è composto da 7 campate di luce rispettivamente 60, 100, 84, 84, 84, 100 e 55 m ed ha uno sviluppo complessivo di 567.0 m; in carreggiata sud il viadotto è composto da 6 campate di luce rispettivamente 65, 100, 80, 80, 100 e 65 m ed ha uno sviluppo complessivo di 490.0 m. Il tracciato del viadotto ha andamento curvilineo con raggio di curvatura medio pari a 1650 m. L’impalcato è costituito da due travi in acciaio affiancate ad interasse di 9.30 m, realizzate a doppio T ad ali larghe e parallele e ad anima verticale; l’altezza di ciascuna delle travi è 4.20 m. Le travi sono irrigidite sia in direzione longitudinale sia trasversale e sono collegate mediante controventi inferiori e superiori che garantiscono un comportamento di tipo torsiorigido sia in esercizio che in fase di montaggio. La soletta d’impalcato è resa collaborante con la sottostante struttura metallica mediante connettori a taglio tipo Nelson elettrosaldati alle piattabande superiori delle travi e poggia non solo sulle travi principali ma anche su una trave di spina realizzata con un profilato HEB300. La disposizione degli apparecchi di appoggio prevede su tutte le sottostrutture dispositivi unidirezionali a comportamento antisismico. In fase realizzativa è stata approvata una Variante al Progetto Esecutivo che prevede essenzialmente la modifica del sistema fondazionale e della tipologia delle opere provvisionali per il sostegno degli scavi. Il viadotto Molino di Setta interessa il fondovalle del torrente Setta e si sviluppa prevalentemente sui depositi alluvionali di fondovalle. Il tracciato, che corre al piede del versante in sinistra orografica del Setta con curvatura opposta rispetto all’ansa del torrente, consente di limitare al minimo le interferenze dirette con i depositi di frana quiescente che interessano questa zona. E’ rilevante 116

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� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � Bologna, 17, 18 e 19 ottobre 2013

P.Bongio (1)

, M.Bringiotti (2)

, A.Selleri (1)

(1)SPEA Ingegneria Europea, Milano, Italia

(2)GEOTUNNEL, Genova, Italia

ABSTRACT: I sistemi fondazionali dei viadotti previsti nel Progetto della “Variante di Valico” sono caratterizzati da pozzi profondi. La stessa tipologia di fondazione era prevista anche per il viadotto “Molino di Setta”, ma in fase realizzativa è stata proposta una variante progettuale consistente nella sostituzione delle fondazioni a pozzo

“classico” per mezzo di palificate speciali costituite da pali di grande diametro 2300mm (Proactive Portant Piles) posti a distanze interassiali ridotte secondo una disposizione a simmetria radiale (pile), in grado di garantire un comportamento “meccanico” equivalente a quello dei pozzi “classici” stessi e assicurando significative riduzioni di costi e importanti restrizioni in termini di tempistiche realizzative. La modifica ha comportato un notevole contenimento delle profondità di scavo, migliorando le condizioni di sicurezza delle maestranze; in alcuni casi è stato possibile eliminare le opere provvisionali necessarie per il sostegno degli scavi, mentre per la realizzazione di alcune pile gli scavi temporanei sono stati sostenuti per mezzo di strutture in pali CCFA (pali secanti rivestiti). Dal punto di vista del dimensionamento geotecnico, sono state eseguite verifiche sia del palo singolo sia del gruppo di pali, analizzato come un “Pozzo Equivalente” avente un diametro esterno tale da circoscrivere tutti i pali della fondazione� � � � � ! " # $ % ! � &Il viadotto Molino di Setta è un’opera inserita nella nuova viabilità autostradale dei lotti 6 e 7 della A1

Milano-Napoli nel tratto appenninico compreso tra Sasso Marconi e Barberino di Mugello, denominato

“Variante di Valico”. Il viadotto è realizzato in sistema misto acciaio-cls con schema statico di trave

continua. In carreggiata nord il viadotto è composto da 7 campate di luce rispettivamente 60, 100, 84,

84, 84, 100 e 55 m ed ha uno sviluppo complessivo di 567.0 m; in carreggiata sud il viadotto è

composto da 6 campate di luce rispettivamente 65, 100, 80, 80, 100 e 65 m ed ha uno sviluppo

complessivo di 490.0 m. Il tracciato del viadotto ha andamento curvilineo con raggio di curvatura

medio pari a 1650 m.

L’impalcato è costituito da due travi in acciaio affiancate ad interasse di 9.30 m, realizzate a doppio T

ad ali larghe e parallele e ad anima verticale; l’altezza di ciascuna delle travi è 4.20 m. Le travi sono

irrigidite sia in direzione longitudinale sia trasversale e sono collegate mediante controventi inferiori e

superiori che garantiscono un comportamento di tipo torsiorigido sia in esercizio che in fase di

montaggio. La soletta d’impalcato è resa collaborante con la sottostante struttura metallica mediante

connettori a taglio tipo Nelson elettrosaldati alle piattabande superiori delle travi e poggia non solo

sulle travi principali ma anche su una trave di spina realizzata con un profilato HEB300. La

disposizione degli apparecchi di appoggio prevede su tutte le sottostrutture dispositivi unidirezionali a

comportamento antisismico. In fase realizzativa è stata approvata una Variante al Progetto Esecutivo

che prevede essenzialmente la modifica del sistema fondazionale e della tipologia delle opere

provvisionali per il sostegno degli scavi. ' � � ( # ) " ) * & � � ! + & ! * ! , ! - ! + % . ! & + & ! - ! + % . !Il viadotto Molino di Setta interessa il fondovalle del torrente Setta e si sviluppa prevalentemente sui

depositi alluvionali di fondovalle. Il tracciato, che corre al piede del versante in sinistra orografica del

Setta con curvatura opposta rispetto all’ansa del torrente, consente di limitare al minimo le

interferenze dirette con i depositi di frana quiescente che interessano questa zona. E’ rilevante

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sottolineare l’interferenza marginale del viadotto con due significativi dissesti di tipo franoso

caratterizzati da una vasta estensione areale:

1- La zona compresa fra la spalla Nord e l’imbocco Sud della contigua galleria Sparvo è interessata

da un esteso antico movimento franoso (paleofrana), che nella parte inferiore si sovrappone ai

depositi alluvionali di un antico terrazzo fluviale. La paleofrana ha coperto l’antico alveo del Setta

(collocato circa 5÷10 m al di sopra della quota dell’attuale alveo), deviando verso est il corso del

torrente e modificando radicalmente la morfologia dell’area.

2- La parte centrale della carreggiata Nord si intesta sulla parte terminale del movimento franoso

denominato MF6, in località Rovinacci e Molino di Setta; si tratta di un’area molto ampia, che si

estende tra il torrente Setta e l’attuale tracciato dell’Autostrada A1 Milano-Napoli, interessata da

diffusi fenomeni di instabilità delle coltri superficiali che nella zona presentano uno spessore

variabile tra i 6 e i 12 m.

Le principali formazioni geologiche e le unità tettoniche coinvolte nella realizzazione del viadotto sono

riportate di seguito e illustrate nei Profili Geotecnici contenuti in Figura 1 (la parametrizzazione

geotecnica utilizzata nelle analisi e nelle valutazioni analitiche di dimensionamento è riportata in

Tabella 1). / 0 1 2 3 3 0 4 5 6 0 7 0 8 2 9 7 : ; ; 0 ; : < = 2 > 2 < 9 2 ? = : ? 0 @ 2 3 3 2 A < 7 8 0 ; : < = : > 2 < 3 < > : ? B 2 ? < : = C < 3 9 2D < 7 8 0 ; : < = 2 E F G H I F J KL M N O 8 P Q R HL M 6 0 Q S T UL V Q ? SL M 6 0 Q W S X K TL Y 6 0 Q W ZL Y 6 0 QDepositi terrazzati

fluviali D.T.F. – B/a2

18.9 30 + 5 · z 31 2.5 22 + 2 · z 50 + 25 · z

Unità argilloso calcarea

AVC’ Alterazione

limo sabbiosa

20.8 25 + 15 · z 24.5 7.5 14 + 3 · z 70 + 15 · z

Unità argillosa calcarea

AVC Substrato

24.0 75 + 21 · z 26 35 50 + 5.5 · z 250+27.5·z

Argille a palombini

APA 19.5 170 + 13 · z 24 20 28 + 2.4 · z 140 + 12 · z

Arenaria a scabiazza

19.5 - 34 100 350 1000

Si riporta nel seguito la descrizione delle principali formazioni geologiche coinvolte nella realizzazione

delle fondazioni del Viadotto:

Accumuli di frana [a1], [a2]: si tratta di accumuli eterogenei di materiali non elaborati e non classati,

messi in posto ad opera di scorrimenti, ribaltamenti o di colamenti in massa; sono comprese sia le

frane in evoluzione che quelle quiescenti. Dal punto di vista granulometrico si tratta di elementi

lapidei di varie dimensioni immersi in matrice argilloso-limosa o limoso-sabbiosa.

Depositi di Versante [dt]: sono accumuli di vario spessore costituiti da frammenti lapidei derivanti

dalla disgregazione meccanica degli ammassi rocciosi sottostanti.

Depositi Alluvionali Terrazzati [B2], [B3], [B4]: sono costituiti prevalentemente da ghiaie e

subordinatamente da sabbie e limi, talvolta argillosi. Gli spessori possono raggiungere i 15 metri.

Arenarie “tipo” Scabiazza [SCB]: sono alternanze pelitico-arenacee, in strati per lo più sottili e

medi, costituite da arenarie grigie passanti a silt, subordinate argilliti ed argille marnoso - siltose

grigio scure. A questa formazione vengono attribuiti i corpi arenitico-siltosi e argilloso marnosi

rinvenuti nella porzione meridionale della galleria Sparvo.

Argille a Palombini [APA]: argille ed argilliti più o meno fissili di colore per lo più grigio-scuro, talora

verde o rosso-scuro con intercalate calcilutiti grigie, biancastre se alterate, spesso silicee, talora

con una base arenitica da fine a grossolana, in strati da medi a spessi.

Unità argilloso - calcarea [AVC]: alternanza di livelli argillitici e calcarei molto deformati. Le argilliti,

talora marnose, sono fissili e di colore bluastro, verde, grigio o nerastro su superficie fresca,

nocciola-giallastro se alterate. Ad esse si intercalano strati gradati da medi a spessi di calcilutiti

grigie (biancastre su superficie alterata), talvolta marnose; e sottili letti gradati di siltiti ed areniti.

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D : > [ 7 0 4 5 6 7 < A : 3 < > 2 < 3 < > : ? < 2 \ 2 ; : < = 2 3 < = > : 9 [ @ : = 0 3 2 @ 2 3 C : 0 @ < 9 9 <] ^ _ ` a b c c ` d e b f g c h i `] j k l ` m e h n b _ o p h ` m h a b m b _ o q h e g q q o e f b q c o n b q q o e ` q g p h ` m b r _ ` a b c c g o q bLe fondazioni su pozzo “pieno” sono fondazioni speciali previste in fase progettuale in quei casi nei

quali la particolare ubicazione della struttura, l’entità e la tipologia dei carichi richiedono una capacità

portante elevata ed il raggiungimento di un substrato resistente all’interno del quale “scaricare” le

azioni di progetto ed “incastrare” la struttura in una porzione di sottosuolo dotata di scarsa

deformabilità ed elevata resistenza al taglio. In particolare, nel caso delle pile o delle spalle di un

viadotto ubicato su pendici più o meno acclivi ricoperte da coltri di materiale detritico o da terreni

plastici in condizioni di equilibrio limite, la soluzione di una fondazione su pozzo appare la più

adeguata. Infatti, nel caso in cui un’infrastruttura viaria debba attraversare in viadotto zone vallive,

incisioni torrentizie o in generale versanti realmente o potenzialmente interessati da fenomeni

gravitativi d’instabilità, il rischio di mobilità della coltre superficiale è elevato e la portanza dei terreni

limitata. In questi casi si rende necessario attraversare lo strato di terreno poco resistente e

potenzialmente instabile per raggiungere la formazione di base con una struttura di fondazione

sufficientemente rigida. Per potere garantire un adeguato grado di sicurezza ed efficienza in termini di

contenimento del livello deformativo (cedimenti, rotazioni e spostamenti) è quindi necessario che i

carichi, generalmente ingenti e con elevate componenti orizzontali (presenza di fenomeni di

instabilità), non solo vengano scaricati su di una fondazione che possa garantire la trasmissione degli

stessi ai terreni costituenti il substrato, ma anche che la sua rigidezza sia tale da resistere alle

sollecitazioni flessionali a cui è soggetta. Nelle situazioni sopra elencate, si ricorre alla costruzione di

pozzi, vale a dire a strutture dotate di una elevatissima rigidezza flessionale che, intestandosi nel

substrato stabile e competente, si comportano come delle “grandi mensole” in grado di sopportare le

azioni orizzontali trasmesse dalla struttura sovrastante e dagli eventuali fenomeni di instabilità

superficiale cui possono essere soggette. La costruzione del pozzo richiede generalmente la

realizzazione dello scavo previa formazione di una coronella costituita da micropali o pali trivellati di

grande diametro, contrastata nelle fasi di ribasso da elementi strutturali circolari costituiti da profilati

metallici o travi in calcestruzzo armato. ] j s t b e f _ h p h ` m b n b q q b u ` m n o p h ` m hPer quanto riguarda le fondazioni delle pile e delle spalle del Viadotto Molino di Setta, in relazione ai

carichi verticali ed orizzontali trasmessi dalla struttura in elevazione e alla natura litologica delle

formazioni geologiche interessate, alle caratteristiche stratigrafiche dell’area ed in particolare allo

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spessore delle coltri di versante, in sede di progettazione esecutiva si era deciso di adottare

fondazioni profonde, costituite da un pozzo in calcestruzzo non armato sotto il plinto in calcestruzzo

armato. Il diametro interno dei pozzi, escludendo il rivestimento delle pareti di scavo e la coronella

provvisionale per il sostegno degli scavi, era pari a 11.0 m. La lunghezza dei pozzi delle pile era stata

definita, oltre che in dipendenza dell’entità dei carichi applicati, in funzione della stima della quota del

tetto del substrato di base, in modo da garantire, sulla base delle informazioni stratigrafiche disponibili,

un sufficiente immorsamento della struttura nella formazione litoide non alterata.

Anche per le spalle erano state adottate fondazioni profonde a pozzo, di diametro interno pari a

11.0 m e di lunghezza pari a 15 m per le spalle lato Firenze e 20 m per le spalle lato Bologna. La

lunghezza dei pozzi era stata definita in modo da garantire un adeguato immorsamento nello strato di

base roccioso, costituito dalla formazione dell’Unità Argilloso-Calcarea (lato Firenze) e dalla

formazione delle Argille a Palombini (lato Bologna). ] j ] v h r ` q ` a h o n b q q b f ` _ ` m b q q b r _ ` i i h e h ` m o q hNel Progetto Esecutivo, per limitare problematiche connesse all’inquinamento delle falde superficiali e delle acque del torrente Setta, lo scavo dei pozzi era previsto all’interno di opere di sostegno progettate secondo due distinte configurazioni tipologiche:

Coronelle tipo A (tipologia applicata ai pozzi delle Pile P1-P2-P3-P4 P5 carreggiata Nord e Sud, vedi Figura 2): coronella esterna costituita da micropali 300mm, armati con profilato tubolare metallico in acciaio

Fe510 =139.7mm sp=10mm, realizzati con getto a gravità e disposti con distanza interassiale

pari a 35 cm;

coronella interna costituita da colonne di jet-grouting 600mm compenetrante, disposte a

interasse i 40cm, eseguite a pressione pari a 200 atm, non armate.

Coronelle tipo B (utilizzata in assenza di problematiche legate alla presenza della falda, tipologia applicata ai pozzi delle Pile P6 carreggiata Nord e ai pozzi delle Spalle SP1, SP2 carreggiata Nord e Sud): coronella esterna costituita da micropali 220 mm, armati con tubo metallico in acciaio Fe510

=168.3 mm sp=12.5mm, realizzati con getto a gravità e disposti con interasse pari a 33 cm;

D : > [ 7 0 w 5 6 7 < > 2 9 9 < W \ 2 ? [ 9 : C < x \ < 3 [ ; : < = 2 9 : y < 3 < > : ? 0 y 2 7 3 0 7 2 0 3 : ; ; 0 ; : < = 2 @ 2 3 3 2 ? < 7 < = 2 3 3 2 y 7 < C C : \ : < = 0 3 :La modalità realizzativa dei pozzi di fondazione prevedeva la seguente fasistica costruttiva: a) scavo di sbancamento e/o creazione di rilevati per la preparazione del piano di lavoro. b) esecuzione della barriera circolare continua (micropali + colonne in jet-grouting o solo micropali);

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c) scavo all’interno della coronella, per ribassi successivi con altezza massima di scavo pari all’interasse delle centine; al termine di ogni fase di scavo era prevista la realizzazione del rivestimento della parete del pozzo, costituito da centine metalliche (di tipo ed interasse dipendente dalla profondità dello scavo, generalmente 1.5-3.0 metri) e da uno strato di spritz-beton armato con doppia rete elettrosaldata, dello spessore di 20 cm;

d) riempimento dello scavo del pozzo, senza interruzione di getto, con conglomerato cementizio (Rck = 25 MPa) fino alla quota intradosso dei plinti di fondazione;

e) realizzazione del plinto di fondazione e della struttura in elevazione; f) reinterro degli scavi di approccio e rimodellamento del terreno interessato dai lavori, compresa,

dove prevista, la demolizione della parte sommitale delle coronelle. z ^ _ ` a b c c ` n h { o _ h o m c bz j k t b e f _ h p h ` m b n b q q b u ` m n o p h ` m hNel Progetto di Variante si sono abbandonate le fondazioni a pozzo classiche, optando per plinti su

pali di grande diametro denominati 3P (Proactive Portant Pile), da realizzare gestendo i rivestimenti in

assenza di morsa ed operando in totale assenza di fanghi stabilizzanti in condizioni stratigrafiche

complesse e rilevanti problematiche di instabilità delle pareti del foro (Figura 3).

D : > [ 7 0 | 5 6 0 3 : | 6 } ^ _ ` o f c h i b ^ ` _ c o m c ^ h q b ~Per quanto riguarda il sistema fondazione delle pile, la disposizione geometrica dei pali è a simmetria

radiale, con centro di simmetria coincidente con l’asse baricentrale della singola pila (Figura 4). La

palificata delle pile è composta da 7 pali 2300mm, di cui uno centrale e 6 disposti radialmente al

primo, con interasse i costante pari a 3,35m (rapporto i/ = 1.45).

D : > [ 7 0 � 5 6 7 < > 2 9 9 < @ : � 0 7 : 0 = 9 2 x @ : \ y < \ : ; : < = 2 @ 2 : y 0 3 : � w | � � 8 8 = 2 : y 3 : = 9 : @ : y : 3 2 2 \ y 0 3 3 2120

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La scelta dell’adozione di una tale disposizione planimetrica è scaturita dalla volontà progettuale di

ottenere un sistema fondazionale caratterizzato da una rigidezza flessionale e da un comportamento

deformativo “equivalente” alla soluzione tecnica utilizzata nella progettazione esecutiva, consistente

nella realizzazione di pozzi di fondazione “classici”. Le fondazioni delle spalle sono costituite da un

plinto su pali, di forma parallelepipeda, con dimensioni pari 14.65x10.00 m e di spessore pari a 1.80m

sorretto da otto pali di diametro 2300mm, disposti a quinconce con interasse di 3.35m in direzione

longitudinale e di 5.68m in direzione trasversale; in direzione diagonale l’interasse risulta pari a 4.39m. z j s v h r ` q ` a h o n b q q b f ` _ ` m b q q b r _ ` i i h e h ` m o q hLe strutture di sostegno provvisionali per la realizzazione delle opere di fondazione delle pile e delle spalle del viadotto Molino di Setta, in variante alla soluzione di Progetto Esecutivo, sono costituite da coronelle in Pali Secanti (Cased Secant Piles) realizzati con la tecnologia CCFA (Cased Continuous Flight Auger), una sorta di abbinamento del “metodo Kelly” ed il “metodo CFA”: il risultato è una struttura di pali trivellati ad elica continua realizzati con l’ausilio di attrezzature di rivestimento in una configurazione geometrica caratterizzata da una distanza interassiale di 850mm minore del diametro

di trivellazione 1000mm, tale da rendere i pali stessi intersecati tra di loro. I pali sono solidarizzati in sommità attraverso la realizzazione di un cordolo di testata avente dimensione 1.3x1.0m (Figura 5); nei pozzi caratterizzati da profondità di scavo maggiori, in fase di ribasso è prevista l’esecuzione di una trave di irrigidimento in cls armato di dimensioni 1.0x0.8m. La scelta del valore da assegnare alla distanza interassiale tra i pali, e quindi all’estensione della sovrapposizione, va ponderata in fase progettuale in funzione dell’entità delle spinte orizzontali che derivano dalle pressioni del terreno e dalla necessità di garantire la tenuta idraulica del giunto, e dipende essenzialmente dalla lunghezza e dal diametro dei pali, nonchè dalle caratteristiche della macchina operatrice e dalle tolleranze esecutive delle stesse (scostamento dalla verticalità).

D : > [ 7 0 � 5 6 7 < > 2 9 9 < R < \ 9 7 [ 9 9 : C < x \ < 3 [ ; : < = 2 9 : y < 3 < > : ? 0 y 2 7 3 0 7 2 0 3 : ; ; 0 ; : < = 2 @ 2 3 3 2 ? < 7 < = 2 3 3 2 y 7 < C C : \ : < = 0 3 :Per quanto riguarda gli aspetti legati alla progettazione geotecnica, si fa presente che la struttura di

pali secanti è stata modellata nelle condizioni di stato di deformazione piano, non considerando a

favore della sicurezza l’effetto tridimensionale della coronella. Le analisi di interazione terreno-

struttura sono state del tipo “incrementale”, nel senso che è stata simulata analiticamente l’effettiva

fasistica realizzativa che prevede nella sostanza successive fasi di ribasso degli scavi precedute dalla

realizzazione del cordolo di testa e degli anelli di irrigidimento, previsti in calcestruzzo armato ed

introdotti nelle analisi come puntoni di rigidezza stimata tenendo conto della teoria di Mariotte

(K=2EA/(2R), dove R rappresenta il raggio interno della coronella). La particolare morfologia del

pendio è stata presa in considerazione nella modellazione introducendo degli opportuni sovraccarichi

permanenti dissimmetrici agenti esclusivamente nel lato di monte dell’opera e funzione degli effettivi

volumi di terreno gravanti sull’ipotetico cuneo responsabile delle spinte agenti sull’opera stessa.

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Preliminarmente alla realizzazione dei pali secanti, sono state preparate in corrispondenza delle future

fondazioni un’area di lavoro per le macchine operatrici, costituite da un rilevato stabile e

adeguatamente costipato. Successivamente sono state costruite delle corree di guida in calcestruzzo

armato (Figura 6), le quali garantiscono precisione e accuratezza elevate in termini di allineamento,

verticalità e quota dei pali.

D : > [ 7 0 � 5 R < 7 < = 2 3 3 2 : = y 0 3 : \ 2 ? 0 = 9 : x ? < 7 7 2 0 > [ : @ 0 : = ? 0 3 ? 2 \ 9 7 [ ; ; < 0 7 8 0 9 <La realizzazione delle coronelle in pali secanti dei pozzi del Viadotto Molino di Setta ha previsto

l’esecuzione di una serie di pali “primari” non armati e la chiusura della struttura tramite l’esecuzione in

seconda battuta dei pali “secondari” dotati di apposita armatura. La perforazione di ogni palo

“secondario” è stata eseguita tra due pali primari, veniva frequentemente messa in relazione allo stato

di maturazione del getto dei pali primari limitrofi ed era essenzialmente funzione del tempo che

intercorreva tra il getto dei pali primari e la perforazione dei pali secondari e del mix design del

calcestruzzo gettato nei pali primari, attentamente studiato in fase di qualifica per ottenere un prodotto

tale da opporre la minima resistenza nelle operazioni di “taglio” ma sufficientemente alta da evitare la

rottura dei pali primari stessi. In corrispondenza dell’ultimo elemento del rivestimento sono state

montate idonee scarpe di taglio per facilitare l’inserimento del rivestimento stesso nel terreno. Il ciclo

di funzionamento necessario per la realizzazione del singolo palo è illustrato in Figura 7).

D : > [ 7 0 � 5 6 7 < > 2 9 9 < @ : � 0 7 : 0 = 9 2 x A 0 \ : \ 9 : ? 0 7 2 0 3 : ; ; 0 9 : C 0 @ 2 : y 0 3 : R R D �

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � �� � � � � � � � � � � � � � � � � � � �

� � � � � � � � � � � � � � � � �

Fase 1: Posizionamento dell’attrezzatura

Fase 2: Installazione del primo rivestimento

Fase 3: Scavo

Fase 4: Installazione dell’ultimo tubo

Fase 5: Perforazione sino alla profondità finale

Fase 6: Posa in opera della gabbia di armatura

Fase 7: Getto

Fase 8: Estrazione della colonna di rivestimenti

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� l _ h c b _ h r _ ` a b c c g o q hIl dimensionamento geotecnico-strutturale delle palificate è stato effettuato ai sensi delle prescrizioni

delle NTC2008 con riferimento agli stai limite ultimi di collasso per carichi assiali e trasversali

seguendo l’Approccio 2 (A1+M1+R3), applicando i coefficienti parziali per le azioni e per i parametri

geotecnici contenuti nelle tabelle 6.2.I e 6.2.II delle NTC2008, i coefficienti parziali sulle resistenze di

base e laterale prescritti dalle tabella 6.4.II (carichi assiali) e 6.4.VI (carichi trasversali), nonché i fattori

di correlazione per la determinazione della resistenza caratteristica in funzione del numero di

verticali indagate (vedi tabella 6.4.IV). Inoltre, in accordo a quanto previsto nel D.M. 11-03-1988, si

sono eseguite anche le verifiche di capacità portante in accordo alla filosofia dei coefficienti di

sicurezza globali. Sono state prese in considerazione sia le verifiche che competono al palo singolo

sia quelle che prendono in conto il gruppo di pali. La definizione della distribuzione dei carichi verticali

e orizzontali sui singoli pali è stata effettuata con il ricorso a codici automatici di calcolo in grado di

modellare il terreno come un mezzo continuo (mediante il metodo degli elementi di contorno) e di

simulare in maniera razionale ulteriori aspetti del meccanismo d'interazione palo-terreno quali gli effetti

di gruppo, gli effetti della non-linearità del terreno, le stratificazioni dello stesso, gli effetti 3D,

l'interazione tra le varie componenti di carico. Note le massime sollecitazioni assiali e trasversali

agenti sul palo maggiormente sollecitato nelle diverse combinazioni di carico previste, si sono

effettuate le verifiche di “palo singolo“. Data la ridotta distanza interassiale prevista per i pali delle pile,

pari a meno di 1.5 volte il diametro , è realistico immaginare che il terreno presente trai pali non

subisca spostamenti relativi con gli elementi di fondazione e quindi non sia in grado di sviluppare

sforzi tangenziali attritivi lungo le pareti laterali dei pali: in sostanza, in un ipotetico cinematismo di

punzonamento, il terreno inglobato nei pali risulta solidale con essi. Dunque appare ragionevole che la

palificata venga assimilata ad una sorta di pozzo equivalente, costituito dai pali e dal terreno

“inglobato” ad essi.

Nella definizione della lunghezza dei pali 2300mm costituenti i pozzi equivalenti adottati come

sistema fondazionale per le pile e le spalle del Viadotto Molino di Setta, oltre al soddisfacimento delle

verifiche agli stati limite ultimi per carichi verticali e trasversali (con l’ulteriore verifica agli stati limite di

esercizio ai sensi del DM88), si è cercato il contenimento del livello deformativo della sovrastruttura

(cedimenti, rotazioni e spostamenti) indotto dalle sollecitazioni agenti. Si è deciso di adottare come

grandezza di riferimento lo spostamento orizzontale a quota appoggi. Per compensare la minore

“rigidezza flessionale” della soluzione di Variante rispetto alla soluzione progettuale con pozzi

“classici”, al fine di ottenere spostamenti orizzontali a quota appoggi del tutto confrontabili a quelli

delle fondazioni a pozzo, si sono adottate lunghezze dei pali maggiori rispetto alle lunghezze dei pozzi

di PE. L’incremento percentuale di lunghezza dei pali rispetto alla lunghezza dei pozzi dipende dalle

locali condizioni stratigrafiche, dalla profondità della quota di imposta del plinto da PC e ovviamente

dall’entità dei carichi in gioco. � j k ^ o q ` e h m a ` q `   l o q f ` q ` n b q q o f o r o f h c ¡ r ` _ c o m c b q h ¢ h c b r b _ f o _ h f £ h o e e h o q hLa capacità portante limite per carichi assiali dei pali di fondazione è stata calcolata tramite le

formulazioni proposte per i pali trivellati di grande diametro e contenute nelle indicazioni riportate nel

documento “Raccomandazioni sui pali di fondazione” dell’Associazione Geotecnica Italiana, 1984.

La portata totale limite del palo singolo (Q) sottoposto a carichi assiali di compressione è data dalla

somma del contributo resistivo della punto Qb e quello ascrivibile all’attrito laterale agente sul fusto del

palo:

con e Ø , (1)

dove indica il diametro del palo, qb indica la pressione limite alla base del palo, s indica la tensione

tangenziale limite lungo il fusto del palo variabile con la profondità, zb indica la profondità della base

del palo dal p.c. originario, zt indica la profondità della testa del palo dal p.c. originario, Wp indica la

differenza tra il peso del palo ed il peso del terreno asportato.

Per quanto riguarda la pressione limite alla base, in condizioni drenate, si è fatto ricorso alla

formulazione proposta da Berezantzev (1965). Il valore dello sforzo alla base del palo cui corrisponde

l’insorgere nel terreno delle prime deformazioni di natura plastica può essere dedotto dalla seguente

espressione:

, (2)

123

Page 9: Î - Geotunnel · quali la particolare ubicazione della struttura, l’entità e la tipologia dei carichi richiedono una capacità portante elevata ed il raggiungimento di un substrato

dove Nq e Nc sono coefficienti adimensionali, ’v è la pressione verticale efficace agente a quota della

base del palo, c’ l’intercetta di coesione e un fattore di forma. I valori dei coefficienti Nq sono

desumibili da appositi grafici e abachi presenti nella letteratura tecnica; in accordo con quanto indicato

nelle raccomandazioni AGI, la portata alla base è stata limitata secondo quanto proposto da Reese

(1978). Per quanto riguarda la portata ultima alla base del palo in condizioni non drenate, si può fare

riferimento alla formula:

, (3)

dove cu è la coesione non drenata della formazione a contatto con la base del palo. Data l’elevata

eterogeneità delle condizioni stratigrafiche, si è dovuto prendere in considerazione l’abbattimento

proposto da Meyerhof (1976) per la portata di base caratteristica definita per lo strato omogeneo.

Lo sforzo tangenziale laterale s in condizioni drenate, ad ogni profondità, è stato valutato attraverso la

formula:

, (4)

dove K è il coefficiente che esprime il rapporto tra la tensione normale che agisce alla profondità z

sulla superficie laterale del palo e la tensione verticale ’v che agisce alla stessa profondità, che nei

calcoli è stato assunto uguale a 0.5; è il coefficiente d’attrito terreno-palo, posto uguale a tan ’.

In accordo a quanto prescritto dalle raccomandazioni AGI (Wright, 1977) si è deciso di limitare lo

sforzo tangenziale agente lungo il fusto del palo, nelle coltri, in accordo alle indicazioni seguenti:

per , (5)

per , (6)

la resistenza laterale in condizioni non drenate, viene calcolata supponendo nullo il coefficiente

d’attrito palo-terreno. L’adesione è stata valutata attraverso la formula:

, (7)

i valori del coefficiente variano in funzione del valore attribuito alla coesione non drenata (per

esempio per cu >75kPa =0.4), limitando comunque il valore massimo delle tensioni tangenziali

agenti lungo il fusto del palo a 100 kPa. � j s ¤ ¥ ¦ ^ ^ § t ¨ ^ © ª ¨   l o q f ` q ` n b q q o f o r o f h c ¡ r ` _ c o m c b q h ¢ h c b r b _ f o _ h f £ h o e e h o q hIl carico limite di un gruppo di pali Qlim GRUPPO è definito dalla seguente espressione:

, (8)

dove N è il numero di pali costituenti la palificata, Qlim PALO è il carico limite in direzione verticale del

palo singolo, E è l’efficienza della palificata (efficienza stimata in accordo alle formule di letteratura).

Considerata la particolare geometria assegnata alle palificate delle pile, alle quali competono interassi

fra i pali di 1,5 volte il diametro dei pali, e a quelle delle spalle, caratterizzate da geometria

rettangolare e comunque interassi inferiori a 2,5 volte il diametro dei pali, si è preso in considerazione

come possibile cinematismo di rottura quello in blocco della palificata. Si è pertanto proceduto ad una

doppia verifica:

- E’ stato confrontato il minimo dei valori di capacità portante del singolo palo, moltiplicato per il

numero dei pali, con il valore della forza normale agente sulla singola palificata, in condizioni

drenate e non drenate.

- Sono stati determinati i valori di resistenza del pozzo equivalente per le pile (ovvero del blocco

parallelepipedo per le spalle) ipotizzando, in condizioni drenate e non, la rottura a blocco e

comparandola con le azioni agenti in corrispondenza della quota di spiccato della palificata. In

questo secondo caso si è portata in conto la presenza del momento flettente, lungo una

assegnata direzione o due direzioni ortogonali tra loro, introducendo un valore ridotto dell’area

di base, secondo la seguente espressione:

, (9)

, (10)

, (11)

124

Page 10: Î - Geotunnel · quali la particolare ubicazione della struttura, l’entità e la tipologia dei carichi richiedono una capacità portante elevata ed il raggiungimento di un substrato

dove B è la dimensione minima, L è la dimensione massima della base del pozzo equivalente,

eb ed el sono le rispettive eccentricità del carico verticale. Nel caso di aree di appoggio

circolari, si è seguito invece la procedura riportata in Figura 8.

D : > [ 7 0 « 5 � 7 2 0 2 A A 2 9 9 : C 0 2 ¬ [ : C 0 3 2 = 9 2Il valore dell’area di base ridotta è stato introdotto nella verifica della resistenza di base del blocco,

mentre per la resistenza laterale si è portata in conto la superficie laterale espressa dal prodotto del

perimetro (computato per intero, senza riduzioni) per l’altezza del pozzo equivalente. � j s j k © m o q h e h m ` m n _ b m o c oPer la rottura a blocco delle palificate in esame, si è fatto ricorso alla formula proposta da

Randolph (1995), che propone di calcolare la resistenza del blocco come somma della resistenza

ultima alla punta dell’area circoscrivente il gruppo (ridotta come indicato al capitolo precedente) e della

resistenza laterale ultima della superficie laterale del medesimo. In altre parole:

, (12)

dove cul indica la coesione non drenata relativa alla punta del gruppo di pali, Nc indica il fattore di

capacità portante, l indica la lunghezza dei pali, A’GRUPPO indica l’area di base del gruppo di pali,

PGRUPPO indica il perimetro del gruppo di pali, indica il coefficiente di adesione, posto pari a 0,4. � j s j s © m o q h e h n _ b m o c oSeguendo le indicazioni di Randolph (1995), la resistenza del blocco è data dalla somma della

resistenza ultima alla punta dell’area circoscrivente il gruppo e della resistenza laterale ultima della

superficie laterale del medesimo. In altre parole:

, (13)

dove ’v indica la tensione litostatica verticale efficace alla profondità l, Nq indica il fattore di capacità

portante ridotto, ’ indica il peso dell’unità di volume sommerso, B’ indica la dimensione di base

minima ridotta, N indica il fattore di capacità portante, lim,med indica la tensione tangenziale limite

come media pesata sugli spessori dei valori limite dei singoli banchi, l indica la lunghezza dei pali,

PGRUPPO indica il perimetro del gruppo di pali. ­ © c c _ b p p o c g _ o b r _ ` n g p h ` m b a h ` _ m o q h b _ bA causa delle elevate dimensioni del diametro dei pali in progetto ( 2300mm) e delle difficoltà legate

alle particolari condizioni stratigrafiche e alla geologia delle formazioni attraversate, l’esecuzione delle

fondazioni è stata resa possibile adottando una macchina perforatrice caratterizzata da una elevata

potenza disponibile, sia per quanto riguarda la testa rotante (adatta a pilotare sia la tubazione di

rivestimento che l’attrezzatura di perforazione) sia per quanto riguarda la forza di spinta e di tiro

applicabile alla colonna dei rivestimenti, il tutto controllato da un sistema informatico di gestione e di

monitoraggio dei parametri meccanici e idraulici, in grado di consentire la perfetta calibrazione dei

parametri stessi in funzione delle condizioni geologiche locali.

La macchina impiegata nella realizzazione dei pali 2300mm è stata la BAUER BG40 le cui principali

caratteristiche sono riassunte in Tabella 2. La produzione giornaliera media è stata di circa 15-17

metri di perforazione al giorno con punte di oltre 30 ml/giorno in corrispondenza delle Spalle 2, a

causa delle favorevoli condizioni stratigrafiche (Figura 9).

125

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/ 0 1 2 3 3 0 w 5 ® y 2 ? : A : ? B 2 9 2 ? = : ? B 2 ¯ ° � �

® : \ 9 2 8 0 @ : \ y : = 9 0 0 @0 7 > 0 = <� 3 9 2 ; ; 0 ? < 8 y 3 2 \ \ : C 027060 mm 6 2 \ < < y 2 7 0 9 : C < ± 0 y y 7 < \ \ : 8 0 9 : C < ²

[con kelly BK 40/470/3/36]

142000 kg Y < 9 < 7 2 : @ 7 0 [ 3 : ? < @ 2 3 3 0 9 2 \ 9 0KDK 390 S

Coppia torcente (nominale) a 300 bar 390 kNm

Velocità di rotazione (massima) 60 U/min (RPM) ® : \ 9 2 8 0 @ : \ y : = 9 0

Spinta / tiro (effettivo) 460 / 460 kN

Spinta / tiro misurati all’adattatore del rivestimento sulla testa

440 / 375 kN

D : > [ 7 0 ³ 5 6 7 < @ [ ; : < = 2 8 2 @ : 0 > : < 7 = 0 3 : 2 7 0 2 \ y 7 2 \ \ 0 : = 8 2 9 7 : @ : y 2 7 A < 7 0 ; : < = 2 > : < 7 = 0 3 : 2 7 :´ ^ _ ` i o n h f ` q q o g n `Si è deciso di sottoporre a prova statica di collaudo 3 pali Ø2300mm appartenenti alle palificate delle

pile P3 Sud, P6 Nord e della spalla SP1 Nord. Per le pile si è preso in considerazione il palo centrale;

per la spalla quello laterale mediano della fila costituita da 3 pali. In tutte le prove il carico di prova di

collaudo è stato definito pari a 1.5 volte il massimo carico agente sul singolo palo in condizioni di

esercizio. In tutti i casi considerati, si è ritenuto opportuno procedere a prove di carico con contrasto. Il

contrasto è stato garantito, per le pile dalle coronelle provvisionali a mezzo di opportune strutture; per

la spalla invece, l’applicazione del carico di collaudo è stata contrastata dalla reazione offerta dagli

altri pali della fondazione sollecitati a trazione, ed in parte dal peso del plinto.

D : > [ 7 0 4 � 5 ® ? B 2 8 0 @ 2 3 3 0 \ 9 7 [ 9 9 [ 7 0 @ : ? < = 9 7 0 \ 9 < : 8 y : 2 > 0 9 0 y 2 7 3 2 y 7 < C 2 @ : ? < 3 3 0 [ @ < @ 2 : y 0 3 : @ 2 3 3 2 y : 3 2 5126

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Interessante è menzionare l’entità dei carichi in gioco, per esempio per il palo della pila P3 Sud nel

primo ciclo di carico si è raggiunto un carico di circa 10600 kN, pari al massimo carico di esercizio,

mentre all’apice del secondo ciclo di carico il palo è stato sottoposto ad un’azione assiale pari a circa

15900 kN. In riferimento alla prova di collaudo eseguita sul palo centrale della pila P3 sud, il sistema

di contrasto è realizzato mediante la posa in opera di 8 sistemi di travi in acciaio calastrellate a coppie,

del tipo HEB 240, vincolate al dado di contrasto mediante imbullonatura ed al cordolo di ripartizione

mediante saldatura; una volta messo in carico il sistema di martinetti, la spinta viene “assorbita”, a

mezzo del cordolo sommitale, dalla paratia di pali secanti della coronella, sfruttando gli sforzi d’attrito

agenti in corrispondenza della superficie laterale della struttura.

Il cedimento misurato all’apice del I ciclo è stato w=0.87mm, mentre il cedimento registrato all’apice

del II ciclo è stato w=1.32mm. Durante la prova di collaudo il palo Ø2300mm ha evidenziato un

evidente comportamento elastico, testimoniato dalla proporzionalità lineare tra carico applicato e

cedimento registrato e dai limitati cedimenti plastici residui wp all’atto dello scarico (scarico dal II ciclo

wp=0.02 mm). In Figura 10 è riportato lo schema della struttura di contrasto impiegata per le prove di

collaudo dei pali delle pile. µ l ` m f q g e h ` m h ¶ i o m c o a a h n b q q o e ` q g p h ` m b r _ ` r ` e c oI principali vantaggi legati alle modifiche apportate al PE con le soluzioni progettuali di Variante sono

essenzialmente riconducibili ad una seria diminuzione dei tempi realizzativi, approssimativamente

dell’ordine del 30-40% rispetto alla tempistica definita dal Programma Lavori allegato al Progetto

Esecutivo e di non trascurabili riduzioni dei costi di costruzione, il tutto senza incidere negativamente

sui livelli prestazionali dei sistemi fondazionali in termini di contenimento dei livelli deformativi e di

resistenza limite offerta nei confronti di carichi verticali e orizzontali, come ampiamente dimostrato con

le analisi numeriche eseguite in fase di presentazione della Variante progettuale. La circostanza di

non dovere raggiungere con gli scavi le quote di base dei pozzi, ma semplicemente la quota di

intradosso plinto di fondazione, ha consentito l’incremento delle condizioni di sicurezza delle

maestranze e l’eliminazione di 7 coronelle provvisionali rispetto alle 15 previste in sede di PE, e di

apportare non trascurabili economie nelle opere provvisionali di sostegno necessarie. Il ricorso a

coronelle in pali secanti, oltre ad avere determinato la realizzazione di una struttura in grado di

garantire la “impermeabilità” degli scavi, ha semplificato notevolmente la fasistica realizzativa delle

opere provvisionali rispetto alla soluzione progettuale di PE, caratterizzata dall’abbinamento di due

diverse tecnologie (micropali e colonne di terreno trattato con jet grouting), ed ha consentito il

contenimento del numero degli elementi anulari di contrasto in fase di ribasso degli scavi, data la

maggiore prestazionalità dei pali 1000mm rispetto ai micropali armati con profilo tubolare in termini

di resistenza strutturale e rigidezza flessionale. Il mancato ricorso alla tecnologia della gettiniezione ha

annullato il problema dell’eventuale inquinamento delle acque del torrente Setta in fase di iniezione. · ¥ h m a _ o p h o ¢ b m c hSi ringrazia il Direttore dei Lavori Ing. Stefano Francia, l’ing. Raffaele Cerciello dell’ufficio tecnico di

Spea Ingegneria Europea. Il geom. Maria Assunta Di Gemma e l’ing. Francesco Mirabelli dell’ufficio

Assistenza Progettuale alle Direzioni Lavori. Un particolare ringraziamento al Dott. Paolo Toto e

all’ing. Francesco Carlucci, dell’Impresa TOTO Costruzioni SpA. k ¸ ¹ h º q h ` a _ o u h oAGI, 1984. Raccomandazione sui pali di fondazione.

Bringiotti, M. 2010. Geotecnica & macchine da perforazione. Parma: Edizioni PEI Srl.

Fleming, K., Weltman, A., Randolph, M., Elson, K. 2009. Piling engineering. 3rd ed. London & New York: Taylor & Francis.

Lancellotta, R. 1993. Geotecnica. 2nd ed. Bologna: Zanichelli.

Viggiani, C. 1999. Fondazioni. 2nd ed. Napoli: Hevelius.

Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008: “Approvazione delle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni”, G.U. n.29 del 04.2.2008, Supplemento Ordinario n.30.

SPEA SpA, 2005. Progetto Definitivo. Milano.

TOTO Costruzioni SpA, 2008. Progetto Esecutivo e Costruttivo. Chieti.

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