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I SECOLI DEGLI SCHIAVI SLAVI di Aldo C. Marturano © 2008 Sappiamo che il Nord Russo era conosciuto ai musulmani che descrivono le Terre Settentrionali del Mondo col nome Paese degli schiavi “bianchi” ossia Bilad as-Saqalibat e le fonti sono affidabilissime poiché quegli autori scrivono per averle visitate personalmente (più di qualcuno) o per notizie raccolte da altri viaggiatori altrettanto di fiducia o persino per eredità culturale da autori classici anteriori. Tuttavia non indicano una regione ben delimitata che ci autorizzi a dire in quale punto geografico tale commercio iniziava o si concentrava. Saqalibat infatti non è che un adattamento del greco Sklavinos o Sklabenos/Stlabenos alla fonetica araba mentre “bianchi” l’abbiamo aggiunto noi in quanto il colore della pelle costituiva un segno distintivo e selettivo nella classificazione della qualità di questa merce umana nei secoli dal IX al XIV d.C. e dunque Bilad as-Saqalibat si può estendere a tutta la cosiddetta Slavia nordica del X sec. E’ possibile dedurre che fossero proprio i greci (di Costantinopoli e del Levante siriano) ad aver trasmesso ai mercanti la preziosa informazione dove poter comprare gli schiavi da quando i Germani, essendo diventati parte del “popolo romano” e addirittura l’élite dell’Impero Franco, non erano più “merce vendibile”. Tutta questa storia è già nascosta nella parola che si diffuse intorno al X sec. in quasi tutte le lingue romanze (come in italiano) e che indicava gli schiavi! Schiavi e Slavi non sono che due varianti dell’etnonimo attribuito dai classici greco-romani alle popolazioni che premettero intorno dal V-VII sec. sui confini dell’Impero. Né è superfluo aggiungere che i mercanti di schiavi più famosi furono gli ebrei detti rahdaniti nel X-XI sec. seguiti poi da Venezia la quale, dal X sec. fino alla scoperta delle Americhe, ne custodì il diritto e l’esperienza di esclusiva di vendita e di trasporto. La prima domanda che dobbiamo porci adesso è: Chi era lo schiavo e come diventava tale? Ci siamo ripromessi di non addentrarci nella giurisdizione alla quale lo schiavo era soggetto nei vari paesi europei e nei paesi limitrofi, in quanto lo giudichiamo un argomento farraginoso e complesso (da riempire più libri) e che va trattato separatamente da quello del traffico commerciale, dove invece si accentra il nostro interesse, e dunque rimandiamo il lettore interessato ai lavori specialistici. In questa sede accenneremo a grandi tratti soltanto a qualche aspetto legale sulla schiavitù, lasciando da parte specialmente i concetti di libertà, di limitazione dei diritti civili etc. che nell’epoca che attraversiamo (IX-XI sec.) hanno definizioni lontanissime da quelle di oggi e richiedono perciò una preparazione culturale notevole al lettore non sia “ben armato”. Vediamo allora qualche caso tipico di come si può “cadere in schiavitù”. Il primo è il destino di un soldato perdente il quale, se non riusciva a sfuggire alla cattura alla fine dello scontro, era portato via prigioniero dal vincitore (stato di _eljad’ in russo). Per questo giovane c’erano poche buone opzioni sul proprio destino futuro. Ad esempio, nel caso più fortunato poteva essere riscattato dai suoi, se il vincitore aveva tempo e voglia di contattare il signore perdente e istallare delle trattative a questo scopo con le persone giuste. Il che accadeva molto raramente per un soldato semplice, mentre era più possibile per una persona di alto rango. Dunque gli schiavi diventavano una parte del bottino vinto in battaglia di cui farne l’uso che più aggradava e solo se ancora in buona condizione fisica, altrimenti, se feriti o moribondi, venivano abbandonati al loro destino. Capitava pure, in moltissimi casi, che fossero trascinati in schiavitù anche i famigliari dei soldati, se accompagnavano l’armata, ossia donne e bambini sui quali si lucrava meglio. Se poi teniamo presente che nell’epoca che ci interessa la guerra e gli scontri erano pane quotidiano sia d’inverno che nella bella stagione, possiamo facilmente immaginare come gli schiavi ottenuti dopo uno scontro costituivano un approvvigionamento di uomini abili alle fatiche quasi regolare. Non valevano però molto perché erano già “vecchi” secondo gli standard di vita del tempo (30-40 anni era già un’età veneranda) ed era poi difficile mantenerli o metterli al lavoro, mentre le donne e i bambini erano in realtà più utilizzabili “con profitto”. Dalle notizie che abbiamo, sappiamo che gli Slavi non erano soliti tenere schiavi per lungo tempo e dopo un certo numero di anni a questi prigionieri veniva concessa la scelta di andarsene per proprio conto o di entrare a far parte della comunità in cui ormai si trovavano, formandosi una famiglia propria. Tuttavia altri autori che scrissero sugli Slavi in epoca ancora anteriore avvisano che i prigionieri risparmiati alla schiavitù, talvolta erano sacrificati agli dèi! A parte ciò, è chiaro che nessuno di questi casi interessava i mercanti per farne traffico. Nella società cittadina della Rus’ di Kiev (si era appena ai suoi inizi) un modo per trovare lavoro o per vivere meglio, se non si avevano altre possibilità, era quello di vendersi letteralmente ad un facoltoso padrone in modo da assicurarsi difesa, cibo, rifugio e quanto serviva alla propria vita quotidiana (stato di rab o slugà in russo) e in questo stato ricadevano di solito i prigionieri di guerra. Essere specialisti nel saper fare qualcosa, permetteva logicamente di esser accolti meglio dal padrone eventuale come artigiani, sempre con alloggio e vitto (talvolta il padrone si preoccupava di trovare la sposa per il proprio lavorante) inclusi, non esistendo un vero contratto di lavoro come oggi. Oppure esisteva una specie di schiavitù a termine per obblighi non onorati o per debiti pregressi e, addirittura, per debiti ancora da fare ossia per crediti (stato di holop in russo), dando in pegno la propria persona. Quest’ultimo fu il caso più comune dei lavoranti di Novgorod la Grande presso le cascine-fabbriche

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I SECOLI DEGLI SCHIAVI SLAVI

di Aldo C. Marturano © 2008

Sappiamo che il Nord Russo era conosciuto ai musulmani che descrivono le Terre Settentrionali delMondo col nome Paese degli schiavi “bianchi” ossia Bilad as-Saqalibat e le fonti sono affidabilissime poichéquegli autori scrivono per averle visitate personalmente (più di qualcuno) o per notizie raccolte da altriviaggiatori altrettanto di fiducia o persino per eredità culturale da autori classici anteriori. Tuttavia nonindicano una regione ben delimitata che ci autorizzi a dire in quale punto geografico tale commercio iniziavao si concentrava. Saqalibat infatti non è che un adattamento del greco Sklavinos o Sklabenos/Stlabenos allafonetica araba mentre “bianchi” l’abbiamo aggiunto noi in quanto il colore della pelle costituiva un segnodistintivo e selettivo nella classificazione della qualità di questa merce umana nei secoli dal IX al XIV d.C. edunque Bilad as-Saqalibat si può estendere a tutta la cosiddetta Slavia nordica del X sec. E’ possibile dedurreche fossero proprio i greci (di Costantinopoli e del Levante siriano) ad aver trasmesso ai mercanti la preziosainformazione dove poter comprare gli schiavi da quando i Germani, essendo diventati parte del “popoloromano” e addirittura l’élite dell’Impero Franco, non erano più “merce vendibile”.

Tutta questa storia è già nascosta nella parola che si diffuse intorno al X sec. in quasi tutte le lingueromanze (come in italiano) e che indicava gli schiavi! Schiavi e Slavi non sono che due varianti dell’etnonimoattribuito dai classici greco-romani alle popolazioni che premettero intorno dal V-VII sec. sui confinidell’Impero. Né è superfluo aggiungere che i mercanti di schiavi più famosi furono gli ebrei detti rahdanitinel X-XI sec. seguiti poi da Venezia la quale, dal X sec. fino alla scoperta delle Americhe, ne custodì il diritto el’esperienza di esclusiva di vendita e di trasporto.

La prima domanda che dobbiamo porci adesso è: Chi era lo schiavo e come diventava tale?Ci siamo ripromessi di non addentrarci nella giurisdizione alla quale lo schiavo era soggetto nei vari

paesi europei e nei paesi limitrofi, in quanto lo giudichiamo un argomento farraginoso e complesso (dariempire più libri) e che va trattato separatamente da quello del traffico commerciale, dove invece si accentrail nostro interesse, e dunque rimandiamo il lettore interessato ai lavori specialistici. In questa sedeaccenneremo a grandi tratti soltanto a qualche aspetto legale sulla schiavitù, lasciando da parte specialmentei concetti di libertà, di limitazione dei diritti civili etc. che nell’epoca che attraversiamo (IX-XI sec.) hannodefinizioni lontanissime da quelle di oggi e richiedono perciò una preparazione culturale notevole al lettorenon sia “ben armato”.

Vediamo allora qualche caso tipico di come si può “cadere in schiavitù”. Il primo è il destino di unsoldato perdente il quale, se non riusciva a sfuggire alla cattura alla fine dello scontro, era portato viaprigioniero dal vincitore (stato di _eljad’ in russo). Per questo giovane c’erano poche buone opzioni sulproprio destino futuro. Ad esempio, nel caso più fortunato poteva essere riscattato dai suoi, se il vincitoreaveva tempo e voglia di contattare il signore perdente e istallare delle trattative a questo scopo con le personegiuste. Il che accadeva molto raramente per un soldato semplice, mentre era più possibile per una persona dialto rango. Dunque gli schiavi diventavano una parte del bottino vinto in battaglia di cui farne l’uso che piùaggradava e solo se ancora in buona condizione fisica, altrimenti, se feriti o moribondi, venivano abbandonatial loro destino. Capitava pure, in moltissimi casi, che fossero trascinati in schiavitù anche i famigliari deisoldati, se accompagnavano l’armata, ossia donne e bambini sui quali si lucrava meglio. Se poi teniamopresente che nell’epoca che ci interessa la guerra e gli scontri erano pane quotidiano sia d’inverno che nellabella stagione, possiamo facilmente immaginare come gli schiavi ottenuti dopo uno scontro costituivano unapprovvigionamento di uomini abili alle fatiche quasi regolare. Non valevano però molto perché erano già“vecchi” secondo gli standard di vita del tempo (30-40 anni era già un’età veneranda) ed era poi difficilemantenerli o metterli al lavoro, mentre le donne e i bambini erano in realtà più utilizzabili “con profitto”.

Dalle notizie che abbiamo, sappiamo che gli Slavi non erano soliti tenere schiavi per lungo tempo edopo un certo numero di anni a questi prigionieri veniva concessa la scelta di andarsene per proprio conto odi entrare a far parte della comunità in cui ormai si trovavano, formandosi una famiglia propria. Tuttaviaaltri autori che scrissero sugli Slavi in epoca ancora anteriore avvisano che i prigionieri risparmiati allaschiavitù, talvolta erano sacrificati agli dèi!

A parte ciò, è chiaro che nessuno di questi casi interessava i mercanti per farne traffico.Nella società cittadina della Rus’ di Kiev (si era appena ai suoi inizi) un modo per trovare lavoro o per

vivere meglio, se non si avevano altre possibilità, era quello di vendersi letteralmente ad un facoltoso padronein modo da assicurarsi difesa, cibo, rifugio e quanto serviva alla propria vita quotidiana (stato di rab o slugàin russo) e in questo stato ricadevano di solito i prigionieri di guerra. Essere specialisti nel saper farequalcosa, permetteva logicamente di esser accolti meglio dal padrone eventuale come artigiani, sempre conalloggio e vitto (talvolta il padrone si preoccupava di trovare la sposa per il proprio lavorante) inclusi, nonesistendo un vero contratto di lavoro come oggi.

Oppure esisteva una specie di schiavitù a termine per obblighi non onorati o per debiti pregressi e,addirittura, per debiti ancora da fare ossia per crediti (stato di holop in russo), dando in pegno la propriapersona. Quest’ultimo fu il caso più comune dei lavoranti di Novgorod la Grande presso le cascine-fabbriche

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dei bojari di quella repubblica o (probabilmente, se non erano deportati di guerra) dei russi trovati a QaraQorum in Mongolia da Giovanni da Pian del Carpine nel XIII sec. Era abbastanza comune per i contadini inseguito a qualche mattana naturale, inondazione o incendio o pestilenza e simili, di impelagarsi in accordi diquesto genere, talvolta molto rischiosi. Infatti come schiavitù a tempo determinato, c’era il caso di ritrovarsi aservire il creditore furbo per tutta la vita, se non si erano stipulati dei patti molto chiari!

Anche questi schiavi non erano “roba” da traffico, come si capisce bene. E allora dove trovavano imercanti la merce da vendere visto che la domanda era in aumento?

In verità abbiamo messo da parte un altro tipo di schiavitù o di vendita di “merce umana” che ancoraoggi si fa, sebbene poi la si mascheri sotto altri nomi eticamente più accettabili nella monetizzazione odierna,ossia la vendita dei propri figli.

Prima però di parlarne più in dettaglio, ricordiamo dove andavano a finire e come erano impiegatiquesti ragazzi e ragazze.

Sull’argomento purtroppo la letteratura è scarsissima perché pochi contemporanei s’interessarono ailoro destini salvo che non facessero parte del decoro e degli ornamenti curiosi nelle descrizioni delle grandidimore e delle grandi corti ove se ne contavano a migliaia oppure nelle molto più tarde considerazioni“etiche” della Chiesa di Roma sulla schiavitù in generale.

In questi secoli di bassissima automazione moltissime attività che oggi sono compiute da macchineerano allora fatte da uomini o donne e non solo perché richiedevano lo sforzo continuo di una o più persone,ma anche perché certe attività e certi lavori erano considerati “inferiori” o troppo impegnativi dall’élite alpotere e dai loro emuli e baciapile e quindi era preferibile che li eseguissero altri individui di rango più basso.Non erano lavori pesanti, ben inteso, ma soltanto ripetitivi e genericamente disprezzati dalla nobiltà. E quientra benissimo il mercante poiché questo era il genere di merce che fruttava di più con clienti che inprincipio erano in grado di pagar molto bene.

Distinguiamo così tre tipi di schiavi principalmente:1. da mettere in servizio militare permanente2. da impiegare per i lavori domestici (compresi i servizi sessuali)3. per i lavori pesanti o ripetitivi (gli opera servilia di Carlomagno!)4. per incarichi particolari (eunuchi)Per quanto riguarda il primo tipo, il mercante ne ritrovava presso i popoli della steppa ucraina e

asiatica dove i ragazzi già puberi erano “venduti” sapendo già cavalcare e tirare d’arco. Erano consideratischiavi di ottima qualità e, se teniamo presente che costoro riuscirono a fondare addirittura una dinastia digoverno “egiziana” ossia i Mammelucchi (dall’arabo mamluk ossia “uomini di proprietà del signore”),possiamo immaginare come fossero apprezzati e che carriere potessero percorrere (vedi pure il Saladino). Inquesto caso erano di sesso maschile e il serbatoio di rifornimento era il cosiddetto Paese dei Turchi ossiaBilad al-Atrak ossia il territorio intorno alla Coresmia.

Per quanto riguarda il terzo tipo di schiavi, la fonte primaria era l’Africa Nera (Zinj nelle fonti arabe)e i giovani erano preferibili quasi sempre con la pelle molto scura, quasi a voler far riconoscere subito qualetipo di lavoro facessero rispetto ad altre persone di servizio con la pelle più chiara. Erano di entrambi i sessied avevano un prezzo più basso rispetto agli altri perché considerati di qualità inferiore (!!).

E finalmente giungiamo agli schiavi slavi che erano inclusi nella stragrande maggioranza nel secondoe nel quarto tipo! Erano di tutt’e due i sessi, di alto prezzo e destinati ad attività varie e particolari, tanto darichiedere spesso interventi corporali ossia evirazione o tagli periodici di capelli per farne parrucche!

Naturalmente sull’argomento schiavi occorre abbattere degli stereotipi e noi lo faremo adesso.Per comprendere meglio il traffico che durò per secoli (ma non dura ancora oggi?) e che in pratica fu

una vera e propria migrazione quasi forzata di migliaia e migliaia di persone da una parte all’altra delcontinente eurasiatico dobbiamo dire che fruttò fior di quattrini, non solo a chi semplicemente trafficava, maanche a chi percepiva gabelle e pedaggi.

Che questi ragazzi e ragazze fossero poi trattati male dai mercanti è un’assoluta menzogna.Costavano talmente tanto e il prezzo era riscosso soltanto se la “merce” si presentava bene! Figuriamociquindi se non venissero curati affinché arrivassero a destino in piena forma! Di certo viaggiavano ben nutriti,ben puliti e in ordine. E il viaggio era pure lungo. Per dare qualche esempio su quest’ultimo punto diremo cheda Kiev a Costantinopoli ci occorreva circa un mese mentre per giungere a Cordova ce ne volevano anche tre.Si può quindi immaginare quali spese incontrasse il mercante per questi ragazzi che doveva tenere in ozio perrisparmiarli dalle fatiche che ne avrebbero rovinato la qualità. L’unica attività poteva essere qualche piaceresessuale durante il viaggio, per controllare se funzionavano bene in questo campo.

Un altro quadro sbagliato è quello di vedere sempre gli schiavi esposti al mercato! Al contrario!Quelli destinati alle corti signoriali erano già prenotati e quindi non dovevano neppure essere visti persbaglio dall’acquirente occasionale. Al limite, soltanto quelli scartati, ma successivamente, apparivano sulmercato!

Nei dipinti a volte vediamo schiavi incatenati o con le braccia legate e il mercante con la frusta inmano che volge loro uno sguardo minaccioso perché sembra promettere di batterli a sangue. Anche questonon è il caso per gli schiavi saqaliba! Erano presentati nudi affinché non si nascondessero eventuali difetti

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fisici ed erano palpati e guardati in tutti i recessi corporei… questo sì! Alla fine non era un grande scandaloper i costumi dell’epoca, perché i giovani erano già puberi e dunque la loro era una nudità innocente eartistica, se così si può dire, abbastanza comune nel Medioevo.

E vediamo un po’ di capire come e dove venivano raccolti. Nemmeno qui le fonti sono di grande aiutoe tutt’al più possiamo dedurre come avvenisse la “raccolta” dal folclore nordico che probabilmente ne haconservato nelle favole un lontano ricordo “cristianizzato”. Si può esser sicuri che, dietro le fiabe tedesche diGrimm come Pollicino o delle byline russe sulla Baba Jagà, si è tramandato proprio tutto un complesso dieventi legato alla vendita degli schiavi giovanetti!

Partiamo invece dalla precaria economia contadina, basata sullo sfruttamento d’un appezzamento diterreno che col passar del tempo cala di rendimento. Ad un certo momento la resa agricola non permette cheil numero di persone nutrite si accresca oltre e, data l’alta natalità (ma anche tenendo conto della grande lamortalità perinatale e della selezione biologica rispetto alla resistenza alle malattie) bisogna liberarsi dellebocche in soprannumero… pena la penuria di cibo per tutti!

Per le ragazze di solito c’era il matrimonio esogamico che ribaltava il problema della bocca in più adun’altra famiglia in un altro villaggio (la famosa famiglia allargata degli Slavi del sud, la zadruga, di unacinquantina di persone parenti qui nel nord infatti era molto meno diffusa). E presso gli Slavi prendere unamoglie in un altro villaggio significava pagare il veno ossia le “spese” sostenute “per l’allevamento” al genitoredi lei! Dunque comprare una ragazza per un futuro matrimonio non era alcunché di strano!

Per i maschi invece occorreva trovare un altro esito e così, per il loro bene, ma anche per il bene ditutti, i ragazzi e le ragazze venivano – addirittura! – portati al mercato per affidarli a chi li volesse… pagando.Alla fine di tutti questi percorsi possibili (ricostruiti) ecco che c’era anche quello più sistematico che qualchegenitore più lungimirante che amava davvero i figli sceglieva quando decideva di affidare i propri (e quelli dialtri che erano d’accordo con lui) al mercante di bambini. Niente di diverso di quello che si fa oggi ovunque eancora nel mondo, magari in modo più protervo! D’altronde il famoso viaggiatore cordovano del XV sec.Pero Tafur si fermò qualche tempo a Caffa (genovese) in Crimea e qui racconta di aver parlato al mercato conqualche genitore sulla vendita dei figli e che questi gli abbiano risposto che i figli sono doni di Dio e chequindi in caso di bisogno devono fruttare un guadagno ai genitori.

Questi sono dunque gli schiavi che noi chiamiamo qui di seguito saqaliba con una semantica un po’più allargata.

Premesso questo, ipotizziamo di ricostruire dei termini di “consegna”.Anzitutto è fuorviante pensare a grandi numeri, sebbene i censimenti degli schiavi adulti presenti in

ogni corte musulmana, ma anche nel Laterano, citati da M. Lombard parlino di una decina di migliaia dischiavi slavi per corte. A nostro avviso, sono numeri globali, relativi ad un certo numero di anni, perché, daaltri paragoni documentari che abbiamo, un dato più reale è al massimo una cinquantina di ragazzi (eragazze insieme) per ogni spedizione dal Nord. In più gli schiavi provenivano anche da altre plaghe slave piùa sud del Baltico, come i Balcani, ed è difficile determinare un centro di vendita ben definito e localizzato perlungo tempo. La raccolta maggiore comunque era nell’attuale Bielorussia in cui Polozk e Druzk mantennerole vendite di schiavi più cospicue fino al 1430!

E’ indubbio però che la maggioranza era di provenienza molto nordica e dunque di etnia baltica,finnica e slava. Un errore è pensare sempre a catture forzate nei villaggi slavi o finnici o baltici del Nord perottenerne, benché dobbiamo ammettere che talvolta ciò accadde. La piccolezza dei villaggi, la lorodisseminazione all’interno delle foreste o nel semideserto Nordest scoraggiavano chiunque a intraprendereazioni di forza del genere!

Dunque i giovani sono condotti in un certo luogo convenuto dove il mercante (forse dietro l’UomoNero delle favole, il bielorusso Kraciùn, si nasconde proprio costui) li esamina, fa un prezzo, lo paga (disolito in natura) al genitore portatore e finalmente porta via con sé la partita acquistata.

Non occorre immaginare carovane di schiavi giovinetti commerciati dai Rus’ e dai Rahdaniti comeuna triste processione di ragazzi battuti a sangue o trattati male giacché, lo ripetiamo, è assolutamenteirreale!

A Costantinopoli (e in generale nel mondo cristiano) lo schiavo era visto, sì, con pietà, ma anchecome colui che colpito dal peccato era caduto tanto in basso per volontà di Dio e perciò, quella che fosse lasua funzione, finché non avesse espiato le sue colpe era considerato come un uomo in penitenza perpetua. Inquesto quadro ideologico perciò rientra bene la descrizione che Costantino VII Porfirogenito fa degli schiavislavi portati dai Rus’ ossia: incatenati e mandati avanti a spintoni dai padroni. Questo però era il modo che iRus’ erano obbligati a rispettare per portarli in città… secondo le prescrizioni precauzionali di poliziapreviste come corollario al famoso Trattato di Olga di Kiev del 947 d.C.! L’accesso nella capitale imperiale erapossibile esclusivamente ad un certo numero di uomini che non poteva essere superato (50) e perciò glischiavi entravano in città solo se legati come animali giacché in tal modo non contavano più come esseriumani veri e propri.

Per il mondo musulmano abbiamo la testimonianza di Ibn Fadhlan del 921 d.C. il quale fra le altrecose ci dice come gli schiavi saqalibat erano alloggiati nella tenda del loro custode dove il compratore potevaandare a guardarseli nudi e trattarne il prezzo. E’ chiaro che gli schiavi più belli e speciali destinati ai clienti

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altolocati non erano disponibili come ci dimostra la grande reticenza di un mercante Rus’, Dilli, a dare invendita una ragazza muta già promessa ad altri, nel racconto della Saga degli uomini di Laxdal.

Insomma il destino che attendeva questi slavi giovanetti non era assolutamente negativo, anzi!Perdevano la poca cultura che avevano acquisito durante l’infanzia, ma ne acquistavano un’altra molto piùelevata, visto che diventavano dei quasi-membri di famiglie molto abbienti in luoghi d’Europa di alta civiltà.Certo, dimenticavano la loro lingua e persino il luogo dove erano nati e gli unici segni distintivi chedenunciavano la loro origine esotica erano il colore della loro pelle, i loro capelli biondi e i loro occhi azzurrocielo. Addirittura, specie nei paesi musulmani, erano quasi sempre circoncisi e sottoposti ad un regimegiuridico molto leggero in questione di diritti e non oppressivo malgrado la loro attività di dipendenti,proprio come i membri di minore età della famiglia…

Inoltre la morale sessuale era diversa a quei tempi e, se una ragazza era adibita esclusivamente aiservizi sessuali nella famiglia che l’aveva comprata, non c’era gran che di male, salvo le lamentele dei solitibenpensanti musulmani che si preoccupavano che queste “slave” dessero al mondo figli malaticci… a causadel colore così pallido della loro pelle! Lo stesso Ibn Fadhlan fa il moralista quando sorprende un venditoreRus’ in accoppiamento con una delle schiave e si adombra perché costui completa il suo coito prima dirivolgersi al cliente che sta ad attendere guardando! Allo stesso modo non c’era nulla di male che i maschietti,destinati già ad una carriera più prestigiosa, fossero castrati. Samarcanda, Verdun, Ratisbona erano deicentri rinomati per questo, dove i medici ebrei sapevano far bene tali operazioni senza conseguenze per lasalute futura dei piccoli pazienti.

Perché evirarli? Evidentemente ciò era fatto con lo stesso criterio con cui si castravano i torelli ossiaper calmare i loro bollenti spiriti! In realtà poi lo si faceva affinché non si creassero problemi di proleillegittima con le donne di casa! Tuttavia sterili, ma integri sessualmente erano adibiti tranquillamente agliamori pederastici (o pedofilici che dir si voglia) in voga in tutto il mondo mediterraneo, senza distinzione direligione… salvo l’osservazione poco benevola di qualche moralista cattolico del tempo al quale il mercimonioschiavistico era odioso in sé e per sé.

E allora quali attività erano loro riservate? Per quanto ne sappiamo e mettendo insieme ambienticristiani e musulmani, le ragazze servivano da domestiche, da badanti, da cuoche, da assistenti alle damedella casa, da compagne di letto, da ballerine o da spogliarelliste. Gli uomini invece ricevevano ancheincarichi di fiducia quale dispensiere e magazziniere oppure guardiano, scudiero etc.

Perché ci siamo fermati di più sul mondo musulmano? La risposta è presto data: Le corti musulmanefurono le più assidue (durarono più a lungo, come clientela) nella compravendita degli schiavi, rispetto allecristiane. D’altronde la conquista musulmana del VII sec. d.C. di gran parte dell’Impero Romano non avevacausato distruzioni dei centri cittadini e dei mercati già esistenti e dunque in queste “nuove” società piùprogressiste in cui si fondevano il credo islamico con le abitudini bizantine (e sasanidi nella parte piùorientale), nelle strutture e negli impianti lo schiavo era già presente: Non tanto come strumento vivente chefa girare macine o che rema fino a spossarsi incatenato al banco sulle navi perché questo tipo di schiavitù disolito era assegnato al delinquente condannato ai lavori forzati (come il soldato vinto!), quanto piuttostocome persona di servizi domestici. E di questi schiavi si faceva mercato più intensamente, quasi che ilmercante fosse una specie di agenzia di collocamento al lavoro! E’ inteso pure che per queste occupazioni igiovani non dovessero soltanto star bene in salute o essere forti e robusti, ma dovessero essere soprattuttobelli docili e pronti ad accondiscendere a qualsiasi richiesta del padrone perché li aspettavano attività persinoprestigiose. Poco male se certi non hanno appreso un mestiere quando arrivano dal nuovo padre e padrone.Faranno il tirocinio qui!

Certo, se sbagliano, sono puniti e forse più duramente di altri famigliari non schiavi, ma questo ènaturale e dipende dall’umore e dal carattere dei padroni più che dagli errori commessi…

Comunque sia, nell’Islam erano trattati meglio che in altri posti, seguendo le raccomandazioni diMaometto quando quel sant’uomo aveva paragonato gli schiavi ai poveri e ai disabili degni di cura, dimisericordia e d’attenzione maggiori da parte di chiunque, credente oppure no. E poi non fu forse la Spagnamusulmana (al-Andalus) uno dei maggiori mercati di passaggio per gli schiavi (specialmente le belleandaluse) che andavano in acquisto presso l’Europa cristiana via Rodano-Lione?

Intanto nella cornice della morale cristiana medievale, la schiavitù non era da sopprimere e nonrientrava esattamente nel quadro delle deliberazioni dei Concilii, intese al miglioramento delle condizionimateriali e morali delle persone fisiche. La politica della Chiesa Cattolica mirò soprattutto acché questiuomini e queste donne non aumentassero il numero degli infedeli (vista la loro origine prevalente dallesteppe asiatiche già convertite all’Islam) e degli eretici (visto che provenivano da un ambiente pagano oortodosso come il Grande Nord). Questa fu la posizione riflessa di Ottone I quando avvertì il Doge Pietro IVCandiano che quel traffico di Venezia con gli schiavi Slavi dal Mar Nero non gli piaceva affatto perché lometteva in cattiva luce con gli Slavi dell’Elba che stava “evangelizzando”! E’ da dire che i Veneziani però nonsi attennero alla promessa, ma anzi, per risparmiare i lunghi viaggi dal Mar Nero fino all’Adriatico, si miseroa trafficare gli Slavi della vicina Dalmazia dal fiume Neretva (gli schiavi narentini). Per di più, come nel casodei turchi delle steppe, si rafforzavano le armate militari dei regni musulmani che premevano l’Impero datutti i lati.

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Dunque intorno al X sec., maschi e femmine, erano destinati (e lo ripetiamo) più agli usi domestici esoltanto in minor misura ai lavori agricoli, come era stato sotto l’Impero Romano antico. Pertanto: numerolimitato per l’impiego nei lavori logoranti (sotto il sole nei lavori agricoli la pelle si abbronzava e le donne nonpiacevano più!), lunghi percorsi dal punto di “produzione” ai mercati di vendita e dunque preoccupazione chearrivassero a destino malati o esausti e guadagni notevolissimi per i mercanti (ricordiamolo!) principalmenteRahdaniti e Veneziani.

Quanto costavano all’ultima vendita, detratte le spese di mantenimento, viaggio e gabelle pagatelungo gli itinerari?

Fatti i debiti conti (molto approssimativi) al genitore-venditore andava un ben misero compenso innatura rispetto a quanto metteva in tasca il mercante e tuttavia per l’economia rurale del tempo, quell’arneseo quell’utensile ottenuto in cambio del figlio era abbastanza vantaggioso da ripagargli l’allevamento esoprattutto perché prometteva un futuro molto roseo al ragazzo partito per terre lontane che a casa sua nonavrebbe mai potuto avere a causa degli stenti derivati dalla sua presenza.

Vediamo però i prezzi correnti.L’archeologo F. Schlette, ci dà un prezzo generico per il X sec. in area carolingia: 300 g d’argento che

paragona a quello d’un cavallo che ne costava quasi altrettanto o d’una vacca, 100 g, o d’una spada, 125 g. Unaltro autore, lo storico americano Y. Rotman, ci dà un prezzo (minimo) di 10 nomismi d’oro o due rotoli diseta in area bizantina nel IX sec. Una schiava negra invece costava soltanto 4 nomismi, sempre aCostantinopoli!

I prezzi dati sopra sono comunque somme molto alte rispetto al tenore di vita del tempo della gentesemplice (2 nomismi era il salario d’un intero anno di un uomo libero al lavoro dipendente!) che viveva dovequesti schiavi venivano comprati e perciò solo un re o un signore di pari potenza economica potevapermettersi di averne o di usarne. Come esempio, aggiungiamo che per un servizio sessuale con una schiavadi un altro padrone il prosseneta incassava dal cliente ben 36 nomismi per una notte!!

Lo storico “del commercio” P. Spufford ci fornisce qualche prezzo (siamo però già nel XV sec.) aFirenze di schiave dell’est europeo che si aggira oltre gli 80 fiorini ossia il guadagno di un tessitore locale perbuona parte della sua vita!

Gli acquirenti registrati comunque sono fra i più notevoli: La corte musulmana di Baghdad,Costantinopoli, il Papa di Roma, le corti carolingie, l’Egitto, Palermo, l’Arcivescovato di Magonza, la reggia diIngelheim etc. etc.

Ed ecco che si presenta il problema di individuare quali erano gli itinerari mercantili più frequentatiche portavano gli schiavi slavi dal Nord russo al Mediterraneo e come erano fra loro collegati e comeevolsero, almeno fino al XIV sec.

Prima di addentrarci in questo campo diciamo subito che qui non lo esauriremo e aggiungeremo alcontrario che in questi traffici l’unica città russa nel X sec. che ci guadagnò più delle altre fu Kiev con legabelle. Queste erano in natura ossia il Principe di Kiev “riceveva” qualche schiavo per ogni partita delmercante di passaggio lungo la rotta fluviale del Dnepr e il giovane entrava nell’armata personale (druzhinadel knjaz). Dalla Bielorussia i traffici di schiavi invece viaggiavano “via terra” (in realtà lungo affluenti internidel Danubio) e poi entravano nell’Impero Franco attraverso il posto di dogana di Raffelstetten in Austriaodierna (passando prima dalla franca Ratisbona, una delle “fabbriche d’eunuchi”) fino al XI sec. Una cittàslava che fiorì con questo commercio era proprio all’uscita di quell’itinerario: Praga (anch’essa centro dicastrazione). Ce lo dice un visitatore ebreo andaluso interessato a questi traffici, Ibrahim ben Jaqub, chepassò da queste parti intorno al 965 d.C. Val la pena leggerlo in qualche rigo:

“Praga è la città più ricca per i traffici … in questo paese. I Russi e gli Slavi portano qui le loromerci passando da Cracovia. Anche i musulmani, gli ebrei (rahdaniti) e i turchi dal Bilad al-Atrak portanole loro merci e i pezzi d’argento per trafficare. … (Qui comprano) schiavi, stagno e vari tipi di pellicce(pregiate)…”

Tuttavia la via preferenziale degli schiavi saqaliba restarono il Dnepr e il Mar Nero. Dalle TerreRusse del Nord via Chersoneso in Tauride si andava fino a Costantinopoli. I traffici diretti in Spagna, per al-Andalus, usufruivano dei trasporti via mare che collegavano (ce lo dicono le carte della famosa Ghenizà delCairo) velocemente le coste palestinesi o Alessandria d’Egitto con Almeria sul Mediterraneo o con Siviglia aldi là dello Stretto di Gibilterra. Per queste ragioni le carovane dopo aver percorso il Volga non attraversavanoil Caucaso da Derbent, ma aggiravano il Mar Caspio lungo la riva orientale nel territorio della Coresmia e poiscendevano verso Baghdad e di qui proseguivano per il litorale mediterraneo. Le coste settentrionali del MarNero erano escluse a causa dei nomadi delle steppe ucraine e dell’ostilità con Costantinopoli. Alla fine il MarMediterraneo fu e si affermò come la strada più frequentata da questo traffico e abbiamo anche detto come irahdaniti risalivano il Rodano fino a Lione con i loro carichi entrando dalla foce con le navi noleggiate…

Secondo L. N. Gumiljov l’epiteto Rahdaniti (questa è la trascrizione dall’ebraico, diversa da quella diIbn Kurdhadbeh o di al-Faqih) si spiega col persiano antico e significa coloro che conoscono la strada ossiacon una parola moderna: i piloti, i capiconvoglio. M. Lombard propone un altro etimo ossia frequentatoridel Rodano in quanto strettamente collegati con gli ebrei di Lione, difficilmente accettabile però poiché

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questi mercanti frequentavano molti altri fiumi lungo i quali c’erano delle comunità ebraiche e forse anchepiù spesso. Dunque partendo dal nome la loro origine dovrebbe essere persiana.

Riassumiamo da Gumiljov. Dopo la famosa rivolta di Mazdak intorno all’VIII sec. una parte di ebreipersiani erano fuggiti e si erano trapiantati nella zona dell’Anticaucaso e qui avevano offerto la loro alleanzaalle tribù turcofone locali. Essendo però gente di città che non accettava facilmente il regime di vita nomade,quando giunsero da quelle parti anche i fuoriusciti ebrei bizantini più o meno alla stessa epoca, le comunità siunirono più volentieri per fondare città come Semender, Belenger o Itil dove si dedicarono al commerciointernazionale e intercontinentale, approfittando della posizione geografica dell’Anticaucaso vicinissimo alleVie della Seta e delle Spezie e dell’appoggio scontato delle comunità del resto della Diaspora. A poco a poco, aparte le inevitabili rivalità religiose interne, accumularono tali e tante ricchezze da attirare e coinvolgere nelleloro attività l’élite nomade locale (dell’Anticaucaso) e, dagli incontri fra le emancipate ragazze ebree equalche ambiziosa famiglia nomade turcofona scaturirono, oltre ai Cazari ebrei propri, anche i cosiddettiRahdaniti!

Intanto è chiaro che quando i Cazari vengono a contatto con i Rus’, l’impressione che si ha è che duemondi assolutamente diversi e inconciliabili si trovino di fronte: da un lato della gente culturalmente moltosuperiore e dall’altro i Rus’, rozzi e pericolosi pirati in bande sparse e senza un’organizzazione stataleunitaria… In quest’epoca i Cazari sono la potenza dominante nelle Terre Russe e sul Volga e, come d’altrondeera la loro politica con gli stranieri, non hanno alcun interesse a favorire la riunione delle tribù esistenti sottoil loro governo in uno stato unico e così utilizzano i Rus’ divisi fra bande rivali ogni qual volta ciò si rendanecessario in varie spedizioni punitive nel Caucaso, nel Caspio e fino nelle sponde persiane del grande lago,ma… come mercenari! Dunque: niente stati, ma soltanto genti assoggettate che pagano il dovuto tributo. Unafigura come Oleg, leggendario fondatore dello stato Rus’ di Kiev, e il Kaghan cazaro contemporaneoGiuseppe nominato persino da Yehuda Halevy nel suo libro Kuzarì ci fa vedere subito l’abisso che dividel’uno dall’altro. Il primo è incolto, di religione panteistica e quindi considerato inferiore, pirata eassolutamente non avvezzo alla politica e il secondo invece è istruito perché sa scrivere persino in due (oforse più) lingue diverse e riesce ad intrattenere corrispondenze con la Spagna lontanissima e con Baghdad.Il Kaghan vive in città con ricche costruzioni in pietra e mattoni e gestisce un proprio esercito pagandolo peril servizio militare che, soltanto per rappresaglia, ricorre alla razzia perché questa è un’azione militareconsiderata in quei tempi di grado inferiore rispetto alla guerra dichiarata.

Poi Kiev passerà al Cristianesimo (fine X sec.) e acquisterà una parvenza di modernità. Gli ebrei nonspariranno in città, ma saranno molto vicini ai sovrani Rus’. Non sappiamo quanto tempo durasse la loropredominanza sugli affari “di corte” kieviani, ma possiamo vedere, dai disordini che ci furono nel sec. XIIcontro il Kahal e le misure prese poi dal knjaz Vladimiro Monomaco per proteggere gli ebrei kieviani, cheavevano ancora molta importanza. Anzi! Nella toponomastica cittadina l’esistenza di uno stabile quartiereebraico resta testimoniata fuori dalle mura kieviane (copiando l’uso da Costantinopoli per il trattamentodegli stranieri) dall’accesso riservato in città attraverso le Porte Giudee o _idskie Vorota.

Nel trattato concluso a Costantinopoli nel 947 Kiev si era impegnata a fornire (senza interruzioni, percarità!) tre tipi di merci in particolare: Schiavi, Pellicce di pregio e Cera e noi ci siamo concentrati qui suglischiavi. Tuttavia la scelta di Costantinopoli di assicurarsi le forniture dei sopradetti articoli non è tanto ilrisultato di intense trattative fra Rus’ e Greci né di imposizioni reciproche quanto invece una scelta già fattadalla storia poiché Schiavi, Pellicce e Cera erano proprio le “merci di lusso” che si potevano trarre dallaforesta del Nord e che, con l’accordo fatto, si saltavano i Cazari e i loro amici Rahdaniti ormai non ben volutialla Corte Imperiale.

Purtroppo Kiev in questo periodo non controlla ancora la totalità del Bilad as-Saqalibat e quindiaver garantito a Costantinopoli di poter assicurare la fornitura sopradetta rappresenta in realtà il desiderioimperialistico di Kiev di dominare tutto il territorio “russo” del nord più che una garanzia commerciale epolitica. Dalle notizie ricavate dagli scritti musulmani contemporanei sappiamo inoltre, leggendo AbuIshakha al-Farisi al-Istakhri nel suo Libro delle strade e degli stati scritto intorno al 950 d.C., che … “I Russi.Ce ne sono tre popoli. Uno è vicino a Bolghar la Grande e il loro sovrano ha sede in una città che si chiamaKujaba (Kiev). E il più lontano dei popoli si chiama as-Slauija (Sloveni di Novgorod) e il terzo si chiamainvece al-Arsanija di cui il sovrano ha sede nella città di Arsa.” Abu-l-Kasim Ibn Hauqal che scrive qualcheanno più tardi mette in chiaro che neanche la regione di Novgorod è sottoposta a Kiev ed anzi ha un propriosovrano che risiede in città (Salau). Nelle parole arabe si dice poi che (se Arsa corrispondesse a Rjazan’, comeè molto probabile) pure questa regione “finnica” è indipendente da Kiev. Dunque c’è incertezza sull’autoritàdi Kiev…

Per di più, questo è importante saperlo, Kiev tramite la reggente Olga si era impegnata, in caso diguerra contro un nemico riconosciuto comune, a fornire aiuti armati a Costantinopoli e, come si puòimmaginare, quando questa alleanza (provvisoria) era venuta a conoscenza di Itil, i Cazari avevano messo inatto delle ritorsioni contro Kiev di natura economica, ben conoscendo la sensibilità variago-slava per questaquestione e l’inimicizia degli Slavi del Volga verso Kiev. E ciò poneva degli ostacoli proprio al flusso dellamerce umana…

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Quando Svjatoslav di Kiev (figlio di Olga) nel 965 riuscirà a far crollare definitivamente il giganted’argilla cazaro e la protezione di questo stato ebraico sui correligionari rahdaniti cesserà, anche ilcommercio degli schiavi saqaliba cesserà attraverso gli ebrei di Kiev.

Certo, continuerà in minor misura per altre vie, ma solo per qualche decennio ancora e sfruttando dipiù stavolta finni e baltici. Infatti, siccome il modo di vedere corrente era che nessun cristiano potessepossedere schiavi cristiani, non appena i “russi” furono battezzati, non poterono più essere commercializzaticome al s0lito e ci si rivolse agli “ancora pagani” finni, baltici prussiani, lituani etc. La concentrazione lungole coste meridionali baltiche di tesoretti composti di monete d’argento coniate nel Vicino Oriente musulmanoci dicono proprio che gli schiavi partivano di qua, certamente insieme con altre merci altrettanto costose eimportanti. Andavano nelle corti del Regno Franco? Non ne abbiamo la certezza, ma visto che i Vichinghinorvegesi trovavano mercato per i loro prigionieri razziati lungo il Mare del Nord, è possibile che anche glischiavi slavi prendessero le stesse vie visto che le monete coniate in Inghilterra cominceranno ad aumentarenel Baltico intorno alla fine del X sec. Può anche darsi che, dalle coste del Golfo di Biscaglia (allorapraticamente disabitata e quindi terra di nessuno), i carichi arrivassero di nuovo in terra musulmana.

Una domanda però è d’uopo a mo’ di conclusione: A chi e a che cosa serviva circondarsi di tantiservitori?

Le rotte principali del traffico degli schiavi saqaliba seguite dai rahdaniti nel IX-X sec. d.C.La cartina è di W. Durant, ma ci sono alcuni errori: 1. Il Caspio non era attraversato, ma aggirato dalla costa orientale 2. A Kuzarì èpreferibile la forma italiana CAZARI 3. Kerson è Chersoneso in Tauride e dunque in Crimea (acm)

Come abbiamo visto i clienti-padroni erano tutti facoltosi e nel Medioevo ciò significava avere poteresugli uomini per poter imporre il diritto di prelievo e l’obbligo di produrre un surplus e questi ricchi, la lorofamiglia e il loro gruppo avevano la necessità di mostrare questo potere attraverso l’ostentazione del prestigioe la legittimazione quotidiana attraverso l’ideologia religiosa dominante. Dedicavano tutti i loro sforzi,ideologici e finanziari, a questo scopo: lo spettacolo del potere. Ciò logicamente implicava l’allestimento dicontinui eventi che richiamassero la gente soggetta ad applaudire e ad approvare (processioni, mercati, sagre,compleanni del signore e simili liturgie) in cui occorreva non solo materiale e oggetti preziosi, ma anchetantissimo tempo perché le cerimonie e la preparazione alle stesse lo richiedevano. Per questi motivi unanumerosa servitù era importante per fornire il tempo libero occorrente e ciò era tanto più vero quanto piùl’esercizio del potere era concentrato nelle mani di re e reucci, di nobili e signori della Chiesa.

Nel mondo musulmano qusti spettacoli erano alquanto meno imponenti e, se possiamo esprimercicosì, più popolari poiché la società voluta da Maometto non ammetteva capi o imperatori, ma solo difensoridella fede e grandi credenti. Questa differenza è qualitativamente incisiva per distinguerne la visione delmondo da quella del Cristianesimo. Nell’Islam sia il ricco notabile sia il califfo o l’emiro dedicavano tuttoquesto tempo libero… alla cultura! E non solo impegnandosi personalmente, ma anche attraverso elargizionie fondi. Questo mecenatismo che veniva dai vertici era una specie di zakat (elemosina obbligatoria rituale)verso quelle menti inclini alla ricerca scientifica, ma prive dei mezzi necessari! La ricchezza infatti eraun’elargizione divina e veniva affidata a pochi uomini non perché ne disponessero a proprio piacimento, maper aiutare i più deboli e per spingere nei modi permessi al progresso della comunità dei credenti, del Dar ul-

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Islam! E qui i nomi di emiri o califfi colti e di uomini indigenti forniti di mezzi dal califfo o, pensate, dai ricchimercanti per impegnarsi nella scienza pratica sono una lista lunghissima…

Tutto al contrario del mondo “cristiano” che invece amava la pompa e le discussioni vuote sui temipiù astrusi vietando e impedendo alle menti più libere di indagare la natura.

Malgrado ciò, non ci interessa tanto sottolineare che in quel periodo il mondo islamico fosse piùavanti nel progresso materiale e spirituale, quanto invece il risultato generale ove tutta l’Europa progredì euna delle cause scatenanti (lasciamo al lettore giudicarne il peso e l’importanza) di questo progresso cheportò al Rinascimento e alla spinta all’invenzione tecnica fu proprio l’aumentare del tempo libero per l’élite…in conseguenza dei servigi resi dagli schiavi!

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