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Facoltà di Giurisprudenza
Cattedra di Diritto Privato Comparato
IAS/IFRS: IMPATTO SUL SISTEMA CONTABILE ITALIANO E RAFFRONTO CON GLI US GAAP
Relatore:Chiar.mo Prof. Antonio Nuzzo Candidato: Giorgio Frasca
matr. 068753
Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Barbara De Donno
ANNO ACCADEMICO 2007/2008
2
INDICE
Introduzione……………………………………………………………....p.2
I Capitolo
Quadro generale del sistema contabile UE
1 I principi IAS/IFRS…...………………………………………………..p.7
1.1 Ragioni che ne hanno ispirato l’introduzione nel sistema comunitario…………………………………………………………...p.7
1.2 I Regolamenti n.1606 del 19 Luglio 2002 e n.1725 del 29 Settembre
2003: i processi di enforcement e di endorsement……………………p.11 1.2.1 L’ enforcement……………………………………………….p.12 1.2.2 L’ endorsement………………………………………………p.15 1.2.3 Il Regolamento 1725/2003………………………………….p.18
1.3 La “First Time Application”………………………………………….p.28 1.4 L’approccio italiano: la Legge Comunitaria 2003 e il D.Lgs.
38/2005……………………………………………………………….p.30
1.5 Disposizioni di “coordinamento” tra il sistema nazionale e gli IAS/IFRS……………………………………………………………..p.36
2 Le direttive contabili………………………………………………….p.41
2.1 La funzione delle direttive dopo l’introduzione degli IAS/IFRS……………………………………………………………..p.41
2.2 La direttiva 65/2001 e suo recepimento in Italia……………………..p.43
3
2.3 La direttiva 51/2003 e suo recepimento in Italia……………………..p.48 2.4 La direttiva 38/2003………………………………………………….p.55
II Capitolo
Raffronto tra i principi contabili internazionali e il
sistema contabile italiano
1 I soggetti tutelati.………………………………………………………p.57 2 I principi generali di redazione……………………………………...p.60
2.1 Gli assunti fondamentali.……………………………………………p.63 2.2 Le caratteristiche qualitative………………………………………...p.65
3 Gli schemi di bilancio……..………………………………………….p.77 3.1 Lo stato patrimoniale………………………………………………..p.78
3.1.1 La struttura dello stato patrimoniale……………………….p.81
3.2 Il conto economico………………………………………………….p.88 3.2.1 La struttura del conto economico………………………….p.91
3.3 Il rendiconto finanziario…………………………………………….p.97 3.4 Il prospetto delle variazioni delle poste del netto…………………...p.100 3.5 Le note a bilancio……………………………………………………p.102 4 Il fair value e il criterio del costo storico……...…………………..p.107
4
III Capitolo
Gli US GAAP e le principali differenze rispetto ai
principi contabili internazionali.
1 Aspetti generali: l’evoluzione del sistema contabile nordamericano e le fonti dei principi contabili US GAAP………………………...p.116
2 Il processo di convergenza degli IAS/IFRS con gli US
GAAP………………………………………………………..…………..p.122 3 Finalità e destinatari del bilancio secondo i GAAP
statunitensi……………………………………………………….……...p.126 4 I postulati di bilancio………………………………………………….p.128 5 Gli schemi di bilancio………………………………………………...p.130
5.1 Lo stato patrimoniale………………………………………………..p.130 5.2 Il conto economico………………………………………………….p.133
5.3 La contabilizzazione dei ricavi e dei costi………………………….p.136
5.4 Il prospetto di “Comprehensive income”…………………………..p.138
5.5 Il rendiconto finanziario……………………………………………p.141 5.6 Il prospetto delle variazioni di patrimonio netto…………………...p.143
6 Cambiamento dei principi contabili, correzione di errori e
cambiamenti delle stime contabili…………………………………p.144 7 Il trattamento contabile delle Aggregazioni aziendali………….p.147
Conclusioni……………………………………………………………p.157
5
6
Introduzione
Il bilancio d’esercizio è uno strumento tecnico-contabile in grado di
fornire, con cadenza periodica, una rappresentazione sintetica della situazione
patrimoniale e finanziaria e del risultato economico di un’impresa.
In Europa, il fenomeno della contabilità d’impresa ha preso vita intorno
alla metà del 1800, allorquando i legislatori hanno iniziato a regolamentare gli
aspetti attinenti alla procedura di adozione del bilancio. In seguito ha poi preso
avvio anche lo studio delle tecniche ragionieristiche e contabili, sfociate agli inizi
del ‘900 nella nascita di un vero e proprio ramo della scienza economica,
denominata “economia aziendale”.1
Da questo momento in poi l’attenzione si è spostata sulla formulazione di
norme specifiche in tema di struttura e valutazione del bilancio, al fine di limitare
l’assoluta discrezionalità di cui godevano gli amministratori nella scelta delle
regole da adottare nella redazione del bilancio. Si era infatti riconosciuto che ogni
valutazione di un bene o di un’attività cambia in relazione allo scopo che, di volta
in volta, il redattore si prefigge di raggiungere con la valutazione2: da ciò
l’esigenza di non lasciare alla libera discrezionalità degli amministratori una scelta
dall’evidente rilevanza e impatto pratico.
Dunque, dagli anni venti gli Stati europei si sono adoperati per
l’emanazione di regole tecnico-contabili vincolanti per i redattori dei bilanci. A tal
proposito si sono delineate due forme di normazione: nei Paesi di civil law (quali 1 G. ZAPPA, Tendenze nuove negli studi di ragioneria, Milano, 1927, 11; A. CECCHERELLI, La tecnica del bilancio con speciale riguardo alle aziende bancarie, Milano, 1921, 4. 2 M. PANTALEONI, Alcune osservazioni sulle attribuzioni di valori in assenza di formazione di prezzi di mercato, in Giornale degli economisti 1904, 205.
7
Italia e Germania) la disciplina contabile è stata emanata dal legislatore ordinario;
invece negli Stati riconducibili alla corrente di common law (Regno Unito in
particolare), sono state istituite apposite autorità indipendenti3 con lo specifico
compito di vigilare e regolamentare l’attività delle società quotate, con particolare
riferimento ai cosiddetti “obblighi di disclosure” .4
Negli USA, la redazione di regole contabili ha invece avuto inizio negli
anni trenta quando, a seguito del crollo della Borsa di New York del 1929, è stata
istituita la SEC (Securities Exchange Commission). Tale organismo, vista
l’importanza di un’adeguata informativa di bilancio ai fini della prevenzione dei
dissesti finanziari, ha emanato un insieme di regole contabili per la redazione dei
bilanci d’impresa, successivamente denominati US GAAP (Generally Accepted
Accounting Principles). Tuttavia, sin dalle origini la SEC non ha mai svolto
direttamente il compito di individuare e redigere i suddetti principi, esercitando
invece i poteri di porre il veto finale sulla loro approvazione e quello di
modificarne il contenuto. La predisposizione di tali regole contabili è stata invece
originariamente affidata al CAP (Committee on Accounting Procedure), che nel
1959 è stato sostituito dall’APB (Accounting Principles Board) mentre dal 1973 e
3 In particolare è stato istituito il Financial Reporting Council, al cui interno agisce, con funzioni di standard setter (ossia col compito di emanare le regole contabili), l’Accounting Standard Board (ASB). Oltre all’attività di tali organismi indipendenti, occorre sottolineare anche il fatto che parte della disciplina contabile inglese – soprattutto quella emanata in attuazione delle direttive CEE – è contenuta all’interno del Companies Act del 1985, il quale è un atto legislativo. 4 Per obblighi di disclosure si fa riferimento all’insieme dei doveri informativi imposti a tutela degli investitori. In particolare, il nocciolo della disciplina è incentrato sull’informativa patrimoniale ed economico-finanziaria da rendere in bilancio, la quale si basa essenzialmente sui principi di trasparenza e correttezza. Altri obblighi di discosure sono poi quelli relativi alle informazioni in merito a singole operazioni (fusioni, scissioni, aumenti di capitale, ristrutturazioni aziendale, mutamento del gruppo di controllo), che sono ritenute rilevanti per il mercato finanziario, ossia influenti per le decisioni economiche degli attuali e/o potenziali investitori della società.
8
ancora ad oggi opera il FASB (Financial Accounting Standards Board), un
organismo di natura privatistica, formalmente riconosciuto dalla SEC.5
Successivamente, negli anni settanta, è sorta l’ulteriore esigenza di
promuovere l’armonizzazione dei principi contabili a livello internazionale; sicché
su iniziativa dell’IFAC (International Federation of Accountants)6, è stato istituito
un ente di carattere non istituzionale, cui si è attribuito il compito di emanare un
insieme di principi contabili condivisibili a livello internazionale: l’International
Accounting Standards Commission (IASC). Nel 2001 tale organismo è stato
ridenominato IASB (International Accounting Standards Board) ed è confluito
all’interno della IASC Foundation, un’organizzazione indipendente costituita
nello Stato del Delaware sotto le vesti di una “no-profit corporation”.7
Lo IASC (ora IASB), nonostante accogliesse i rappresentanti di tutti i
principali sistemi contabili a livello internazionale, ha agito da sempre sotto la
predominante influenza inglese ed americana, al punto che la quasi totalità dei
principi contabili emanati fino al 1989 era in perfetta sintonia con gli U.S. GAAP
e gli U.K. SSAP.8.
Tali principi, denominati dapprima IAS (International Accounting
Standards), poi dal 2001 IFRS (International Financial Reporting Standards), 5 B. CAMPEDELLI, Ragioneria internazionale, Torino, 1994, 291; M. VENUTI, Il bilancio d’esercizio fino agli IFRS – finalità, principi e deroghe, Milano, 2006, 354. 6 L’IFAC è un organizzazione contabile internazionale, costituita dalle organizzazioni contabili nazionali di Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Messico, Paesi Bassi, USA e Regno Unito. 7 Tuttavia vi è chi ritiene che l’iniziativa in verità sia partita da un gruppo di professionisti contabili inglesi che miravano a preservare il sistema inglese dalle contaminazioni derivanti dalle direttive comunitarie. Sul punto A. HOPWOOD, Some reflection on the harmonization of accounting within the EU, in European accounting review 1994, 78; A. QUAGLI, I principi contabili di derivazione professionale nella revisione del bilancio di esercizio,Bologna, 1999, 89. 8 A. R. WYATT, International accounting standards and organizations:quo vadis? , in F. D. S. CHOI (a cura di), Handbook of international accounting, New york, 1991, 87; J. M. RIVERA, The internationalisation of accounting standards. Past problems and current prospects, in International journal of accounting, education and research 1989, 33.
9
dopo un periodo di piena indifferenza da parte delle istituzioni – soprattutto in
ambito comunitario – agli inizi del secondo millennio hanno iniziato a rivestire
un ruolo di primaria importanza. Infatti, la Commissione europea ha indicato in
tali principi il corpus di regole da adottare in sede di convergenza delle
legislazioni contabili nazionali europee.
Inoltre, contestualmente ha preso avvio un processo di coordinamento tra
gli US GAAP e gli IAS/IFRS. Infatti, nel 2002 lo IASB e il FASB hanno
stipulato un Protocollo d’intesa con il quale si sono impegnati a promuovere la
convergenza delle rispettive norme contabili. L’accordo è stato accolto con favore
sia dalla Commissione europea che dalla SEC, le quali hanno formalmente
espresso il loro impegno per la realizzazione del progetto in un incontro tenutosi
nel 20059. Da ultimo, il 20 giugno 2007 la SEC ha reso nota la proposta di
riconoscere i due sistemi IAS/IFRS e US GAAP come “equivalenti”10, e quindi di
consentire alle società estere di depositare i bilanci redatti in base agli IAS/IFRS
senza alcun obbligo di riconciliazione. Attualmente, dopo che la Commissione ha
accolto con favore l’annuncio della SEC, sono ancora in corso i lavori di
coordinamento e avvicinamento delle discipline contabili comunitaria e
statunitense.11
9 L’incontro è avvenuto a Washington tra il Presidente della SEC W. Donaldson e il Commissario europeo al Mercato interno C. McCreevy, in data 21 Aprile 2005, ed è stato focalizzato proprio sulla riaffermazione del supporto al “progetto convergenza” e sui tempi necessari per arrivare all’eliminazione del prospetto di riconciliazione dei dati di bilancio, attualmente previsto negli Stati Uniti a carico delle imprese che redigono bilanci IAS/IFRS e che vogliono quotarsi nei mercati americani. A tal proposito è stato indicato come termine ultimo il 2009. 10 Il concetto di equivalenza è stato fornito nel 2005 dal CESR (Committee of European Securities Regulators). Tale organo ha specificato che il termine equivalente non significa identico, ma invece si riferisce alla circostanza in cui “gli investitori sono in grado di prendere una decisione economica analoga indipendentemente dal fatto che il bilancio sia stato redatto con gli IAS/IFRS o con gli US GAAP”. 11 F. DEZZANI, “IAS/IFRS” equivalenti a “gaap statunitensi”, in Impresa c.i. 2007, 1477.
10
In forza di tali recenti sviluppi la seguente trattazione si propone di
analizzare anzitutto il sistema contabile attualmente vigente in ambito
comunitario, composto dagli IAS/IFRS e dalle normative nazionali preesistenti,
così come modificate in recepimento delle direttive contabili CEE. In secondo
luogo, dopo aver affrontato le principali differenze rispetto alla disciplina
contabile italiana, nell’ultima parte vengono analizzate le principali divergenze
ancora esistenti tra gli IAS/IFRS e gli US GAAP e i possibili sviluppi futuri.
11
I° CAPITOLO
Quadro generale del sistema contabile UE
1 I principi IAS/IFRS
1.1 Ragioni che ne hanno ispirato l’introduzione nel
sistema contabile comunitario
Gli International Accounting Standard (IAS), denominati dal 2001
International Financial Reporting Standard (IFRS), rappresentano l’ultimo
traguardo raggiunto dall’Unione Europea nell’ambito del processo di
armonizzazione delle legislazioni contabili di tutti gli Stati membri.
L’esigenza di creare un sistema contabile uniforme nasce dalla
considerazione che per dar vita al mercato comune è necessario operare anche il
riavvicinamento delle legislazioni contabili nazionali, dal momento che ciò
favorisce la comparabilità e la trasparenza delle informazioni economiche fornite
12
dalle imprese e, quindi, migliora la qualità e l’utilità di tali informazioni per gli
utilizzatori esterni12.
Tale processo di armonizzazione ha preso avvio già negli anni ’70
allorquando la Commissione europea ha emanato la “quarta direttiva societaria” e
la “settima direttiva societaria”13, relative rispettivamente ai conti individuali e
consolidati.
Tali direttive, tuttavia, non hanno prodotto il risultato sperato: le numerose
opzioni concesse ai legislatori degli Stati membri e le lacune normative su alcune
questioni contabili non hanno permesso di uniformare sufficientemente i variegati
sistemi contabili nazionali; inoltre la Germania ha previsto solo un‘attuazione
parziale del principio della “true and fair view”, che nell’intento del legislatore
comunitario costituiva il principio cardine in materia di legislazione contabile14.
Registrata l’incapacità delle direttive di fronteggiare la sfida
dell’armonizzazione dei sistemi contabili in ambito UE, è stato anche
evidenziato15 come tale processo non possa esaurirsi entro i confini europei.
Infatti, la crescente richiesta di capitali di rischio, determinata sia dal fenomeno
della “new economy”, sia dalle imponenti privatizzazioni attuate da alcuni Stati
membri, ha reso necessario il ricorso alla quotazione di un numero sempre
maggiore di società europee.
E’ nata così, per le società, l’esigenza di muovere i propri orizzonti oltre
oceano, dal momento che il mercato finanziario più appetibile, perché più 12 S. AZZALI, Il Sistema delle informazioni di bilancio delle aziende di produzione, Milano, 1996, 57. 13 Si tratta delle direttive 660/ 1978 e 349/ 1983 , alle quali hanno fatto seguito le direttive sui bilanci degli intermediari finanziari (86/635/CEE) e delle assicurazioni (91/674/CEE). 14 A. LOLLI, Il regolamento di adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, in Le nuove leggi civili commentate 2003, 785. 15 M. PAGANO, A. ROELL E J. ZECHNER, The geography of equity listing. Why do companies list abroad?, CSEF working paper n. 28, 2001, 10.
13
sviluppato e conveniente, è certamente quello nord americano16. Tuttavia il diritto
del mercato mobiliare statunitense impone onerosi obblighi di disclosure, e
proibisce alle società straniere la vendita di valori mobiliari agli investitori
statunitensi nonché la quotazione degli stessi nei mercati americani, qualora tali
società non redigano un bilancio secondo gli U.S. GAAP, o non procedano ad una
riconciliazione tra i propri principi e quelli statunitensi17.
In ragione di tale limite è sorta l’ulteriore esigenza di creare un sistema che
possa esser riconosciuto dalla SEC come “equivalente” a quello americano, in
modo da evitare che le società europee siano gravate dei suddetti oneri.
L’opportunità di ovviare a tale inconveniente ha indirizzato la
Commissione europea verso una radicale inversione di tendenza: si è deciso di
abbandonare lo strumento delle direttive e di utilizzare quello del regolamento (in
quanto direttamente applicabile ed efficace in tutti i suoi elementi), col quale
investire di efficacia i principi internazionali elaborati dallo IASC18, caratterizzati
da una pedissequa similitudine con gli US GAAP.
16 A testimonianza di tale tendenza basta riportare i dati forniti dalla World Federation of Exchanges. Infatti secondo l’analisi svolta da tale organismo, nel 2003 la capitalizzazione delle borse statunitensi rappresentava il 46% di quella mondiale, mentre il totale delle borse europee raggiungeva solo il 26%; vieppiù quanto alla raccolta di capitali di rischio mediante i mercati regolamentati per il 54% questi confluivano nelle borse americane, mentre il totale raccolto dalle borse dell’Unione Europea ammontava al 29%. I dati sono disponibili sul sito www.fibv.com. 17 A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano, 2005, 18; 18 Si tratta della International Accounting Standard Commission , un organismo di carattere non istituzionale, fondato nel 1973 in seguito ad un accordo tra le organizzazioni contabili di Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Messico, Paesi Bassi, USA e Regno Unito. Tuttavia l’iniziativa parte da un gruppo di professionisti contabili inglesi che miravano a preservare il sistema inglese dalle contaminazioni derivanti dalle direttive comunitarie. L’organo ha agito da sempre sotto la predominante influenza inglese ed americana, al punto che la quasi totalità di principi contabili emanati fino al 1989 era in perfetta sintonia con gli U.S. GAAP e gli U.K. SSAP. Nel 2001 lo IASC si è ridenominato IASB ed è confluito all’ interno della IASC Foundation, un’organizzazione indipendente costituita nello Stato del Delaware nel 2001 sotto le vesti di una “non profit corporation”.
14
In verità, tale soluzione, seppur necessaria, è risultata alquanto sofferta
proprio perché non spontanea. Infatti, nonostante il ruolo marginale rivestito dallo
IASC nel processo di armonizzazione (perché troppo lontano dalla cultura
contabile di civil law), l’incapacità da parte dell’UE di adottare propri principi in
grado di convergere con quelli statunitensi, ha reso necessario rivolgersi allo
standard setter londinese. Tuttavia, al fine di rendere il processo il più indolore
possibile per il “vecchio continente”, è stata prevista una graduale introduzione
delle nuove regole contabili, nonché la predisposizione di un meccanismo di
“omologazione” che esclude la diretta e immediata vigenza di quanto approvato
dallo IASC19.
Oltre alla già descritta esigenza di armonizzare i sistemi contabili degli
Stati membri facendoli convergere col modello americano, vi sono almeno altre
due ragioni che hanno spinto verso l’adozione degli IAS/IFRS.
Da un lato, un obiettivo di primaria importanza in ambito comunitario,
soprattutto alla luce dei recenti scandali contabili avvenuti oltreoceano (vedasi ad
esempio i casi Enron e WorldCom), è quello di giungere ad una più efficace e
trasparente comunicazione contabile, in grado di fornire agli stakeholder
informazioni utili sulla situazione patrimoniale e sul risultato economico dell’
impresa che permettano scelte economiche consapevoli20: finalità questa, tipica
dei bilanci anglosassoni, quindi sia degli U.S. GAAP che dei principi elaborati
dallo IASC.21
19 Si fa riferimento alle procedure di enforcement e di endorsement previste dal regolamento 1606/2002. A tal proposito cfr. p. 5 e ss. 20 P. MORETTI, Finalità e destinatari di un bilancio IAS, in Corriere Tributario 2004, 2593. 21 Per un maggior approfondimento di tale aspetto e un raffronto con le diverse finalità perseguite dal sistema contabile italiano, cfr. pag. 44 e ss.
15
Dall’altro lato, gli IAS/IFRS si inseriscono nell’ambito del processo che
potrebbe condurre verso l’adozione della cosiddetta EUCCBT (EU Common
Consolidated Base Taxation), ossia di un sistema unico di regole volte alla
determinazione dell’imponibile fiscale delle società, da applicarsi uniformemente
in tutti gli Stati membri. Si tratta di una prospettiva molto affascinante, ma che
deve fronteggiare la scarsa propensione degli Stati membri ad acconsentire ad una
riduzione della loro sovranità in ambito fiscale. Inoltre, rebus sic stantibus,
occorrerebbe anche una profonda revisione degli attuali principi, o la
predisposizione di altri, perché la finalità cui si ispirano gli IAS/IFRS – quella
cioè di comporre un quadro informativo utilizzabile dagli investitori – poco si
concilia con l’obiettivo di fornire dati certi e prudenti all’amministrazione
finanziaria 22.
1.2 I regolamenti n. 1606 del 19 Luglio 2002 e n. 1725 del
29 settembre 2003 : i processi di enforcement e di
endorsement.
L’adozione a livello comunitario dei principi contabili internazionali è
concretamente avvenuta con l’approvazione del regolamento 1606/2002 e del
regolamento 1725/2003.
22 W. SCHON, International Accounting Standard: a “starting point” for a Common European Tax Base, in International Bureau of Fiscal Documentation, 2004, 428.
16
La nuova strategia è stata attuata, come detto prima, con l’utilizzo di due
meccanismi previsti dal regolamento 1606/2002 volti a render il processo meno
radicale e repentino per gli Stati membri: si tratta delle procedure di enforcement e
di endorsement.
Mediante tali due strumenti l’Unione Europea ha da un lato specificato
l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dei principi contabili
internazionali; dall’altro lato ha disciplinato una vera e propria procedura di
approvazione dei principi emanati dallo IASC, che ne evita l’automatica
introduzione in ambito comunitario.
Quanto al regolamento 1725/2003, esso rappresenta il momento
conclusivo del processo di endorsement, ossia quello di adozione definitiva e
quindi di entrata in vigore in ambito comunitario, di gran parte dei principi
contabili internazionali preesistenti.
1.2.1 L’enforcement
La procedura si propone di delimitare il raggio di applicazione degli
IAS/IFRS, nel senso di individuare quali imprese dovranno applicare gli
IAS/IFRS, su quale tipo di bilancio (d’esercizio e/o consolidato) e da quale
periodo amministrativo. In particolare, l’art. 423 del regolamento 1606/2002
23 L’art. 4 del regolamento 1606/2002 dispone quanto segue: “Per ogni esercizio finanziario avente inizio il 1° gennaio 2005, o in data successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all’articolo 6, paragrafo 2, qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai
17
prevede che i principi contabili internazionali dovranno esser applicati ai
rendiconti consolidati redatti a partire dal periodo amministrativo avente inizio il
1° Gennaio 2005 dalle società quotate dell’UE.24 Si può osservare che tale scelta è
stata di certo coerente con la volontà di restringere l’applicazione degli IAS/IFRS
entro un ambito più marcatamente legato allo scopo di tali principi.
Infatti, ci si riferisce alle soluzioni imprenditoriali naturalmente e più
chiaramente collegate al pubblico risparmio e agli investimenti finanziari e che, di
conseguenza, sono anche quelle maggiormente sensibili alle problematiche della
trasparenza ed efficacia dell’informazione societaria e della convergenza col
sistema contabile nord-americano25.
Quanto all’art. 5 del medesimo regolamento26, esso introduce la facoltà per
gli Stati membri di prescrivere o autorizzare l’adozione degli IAS/IFRS anche per
i bilanci d’esercizio delle quotate, nonché ai rendiconti, sia annuali che
consolidati, di tutte le altre società. Tale disposizione invita i legislatori nazionali
a prendere in considerazione il problema - originato dall’ art. 4 - di un sistema
contabile “biunivoco”, in cui cioè convivono due discipline: quella facente capo
sensi dell’articolo 1, paragrafo 13 della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari.” 24 L’art. 4 fa riferimento, infatti, alle “società soggette al diritto di uno Stato membro che alla data di bilancio abbiano i propri titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato”. Quanto alla nozione di titoli ci si riferisce all’ elenco contenuto nell’ allegato B della direttiva CEE 22/93: valori mobiliari, quote di un organismo d’ investimento collettivo, strumenti del mercato monetario, future su strumenti finanziari, FRA e swap su tassi, valute ed indici azionari nonché opzioni per acquistare o vendere quanto citato. 25 A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano, 2005, 28. 26 L’art. 5 del regolamento 1606/2002 dispone quanto segue: “ Gli Stati membri possono consentire o prescrivere: a) alle società di cui all’articolo 4, di redigere i loro conti annuali. b) alle società diverse da quelle di cui all’articolo 4, di redigere i loro conti consolidati e/o i loro conti annuali, conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all’articolo 6, paragrafo 2.”
18
agli IAS/IFRS e quella contenuta nelle previgenti regole nazionali conformi alle
direttive contabili27.
In definitiva, il Legislatore comunitario, se da un lato non ha previsto
l’applicazione degli IAS/IFRS a tutti i bilanci e a tutte le società, né ha abrogato le
direttive contabili, dall’altro lato (oltre ad auspicarsi una modifica di tali direttive
volta a coordinale con la nuova filosofia contabile28) ha lasciato
all’autodeterminazione di ciascuno degli Stati membri di decidere se applicare
uniformemente gli IAS/IFRS a tutte (o quasi) le società29 non contemplate
dall’art. 4.
Per ragioni di completezza occorre anche considerare che l’art. 9 del
regolamento prevede che, in deroga all’art. 4, l’applicazione degli IAS/IFRS
possa esser differita sino al 1° Gennaio 2007 per le seguenti società : a) quelle i
cui titoli sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un
qualsiasi Stato membro; b) quelle i cui titoli sono ammessi alla negoziazione
pubblica in uno Stato terzo e che, a tal fine, già utilizzano principi contabili
riconosciuti internazionalmnte (ci si riferisce agli U.S. GAAP).
27 Infatti mentre gli IAS/IFRS verrebbero applicati solo ai bilanci consolidati delle quotate, i bilanci d’esercizio di tutte le società e quelli consolidati delle non quotate continuerebbero a esser redatti secondo i principi e la disciplina contabile domestica. In merito a tale problematica si confrontano diverse opinioni contrastanti, riassumibili in due schieramenti: il primo che denuncia come un sistema biunivoco comporti oneri e disagi sia alle società che agli stakeholder; il secondo che invece sottolinea come non vi sia tale necessità di estendere l’ ambito applicativo degli IAS/IFRS soffermandosi sulle diverse finalità del conto individuale rispetto a quello consolidato e sulla difficoltà di far attecchire un sistema così diverso da quello previdente presso gli operatori. A tal proposito vedasi p. 21. 28 La modifica auspicata è stata effettuata con le direttiva 65/2001 e soprattutto con la direttiva 51/2003. Vedasi p. 31 e ss. 29 Il legislatore italiano ha esercitato la facoltà di cui all’ art. 5 con l’ emanazione della Legge Comunitaria 2003 e del D. Lgs. 28/2005. Vedasi p. 19
19
1.2.2. L’ endorsement
Tale procedura consiste in un vero e proprio processo di omologazione cui
devono essere sottoposti i principi elaborati dallo IASC prima di acquistare
vigenza nell’ordinamento contabile comunitario.
Il meccanismo richiede la cooperazione dei seguenti organismi:
- lo IASC30, dal 2001 denominato IASB (International
Accounting Standard Board). Tale struttura, composta da quattordici membri
selezionati solo in base alle competenze tecniche, svolge l’ attività tecnica di
elaborazione dei principi contabili da sottoporre ad omologazione, servendosi del
supporto fornito da uno Standard Advisory Council (SAC), avente funzioni
consultive e propositive. Della redazione dei documenti interpretativi dei principi
contabili invece si occupa la SIC (Standing Interpretation Committee), che dal
2001 è stata denominata IFRIC (International Financial Reporting Interpretations
Committee)31;
- l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) è un
organo tecnico composto dai rappresentanti degli standard setter nazionali, delle
professioni contabili e degli utilizzatori (ossia coloro che fruiscono del bilancio),
al cui interno sono presenti, in funzione di osservatori, sia la Commissione
europea, che lo IASB32.Proprio a detto ente è stato assegnato il compito di
contribuire ai lavori dello IASB nella fase iniziale del processo di normazione
30 Cfr. nota 18 pag. 9. 31 A. ZURZOLO, I tempi e i protagonisti dell’ applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, in Rivista dei Dottori Commercialisti 2003, 471. 32 A. LOLLI, Il regolamento di adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, in Le nuove leggi civili commentate 2003, 785.
20
inviando commenti e osservazioni sui documenti predisposti; ma sopratutto la sua
attività rileva nella fase di omologazione, in cui fornisce alla Commissione un
giudizio sul rispetto delle regole e delle procedure. Oltre che svolgere le suddette
attività all’EFRAG compete assistere la Commissione durante il processo di
modifica delle direttive contabili, e di fungere da canale di collegamento tra gli
apparati normativi nazionali e lo IASB in modo da creare un forum europeo nel
quale proporre e risolvere le questioni inerenti all’ applicazione degli IAS/IFRS33;
- l’ARC (Accounting Regulatory Committee), composto da
rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della
Commissione, è l’organo che assiste la Commissione con funzione consultiva.
La decisione sull’omologazione dei principi elaborati dallo IASC viene
presa dalla Commissione europea, sulla base delle valutazioni espresse
dall’EFRAG, in conformità ai pareri resi dell’ARC (in caso di contrasto la
decisione è rinviata al Consiglio).
L’ art. 3 del regolamento 1606/2002, disciplina i criteri da utilizzare in
detto giudizio di omologazione:
1) il principio di “true and fair view”, già presente nelle direttive
contabili, e la cui previsione nell’ambito del regolamento 1606/2002 non fa che
ribadire la sua centralità all’interno del sistema contabile comunitario. Il richiamo
a tale criterio va inteso non nel senso che ogni principio contabile debba esser
conforme a tutte le norme delle direttive, ma solamente nel senso che vi condivida
la medesima ratio di garantire una rappresentazione veritiera e corretta della realtà
patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
33 U. MARINELLI, Ruolo e compiti dell’ Efrag – European Financial Reporting Advisory Group, in Rivista dei Dottori Commercialisti 2003, 487.
21
2) “ l’interesse pubblico europeo”, ossia il principio della tutela del
mercato europeo. Questo criterio impone la previsione di regole che scongiurino
manipolazioni dei bilanci volte ad alterare le percezioni economiche degli
investitori. Si tratta di una specificazione del principio di cui sopra, volta a
ribadire che l’obiettivo principale ed essenziale del sistema contabile comunitario
è la tutela del mercato finanziario e dei soggetti che vi investono i loro risparmi.
3) “i criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità
richiesti dall’informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni
economiche e valutare l’idoneità della gestione”. Questo ulteriore requisito si
risolve nella riproduzione, dettagliata e esplicata, del principio della tutela del
mercato europeo, in quanto elenca quattro caratteristiche già di per se tipiche di
una informazione destinata al mercato borsistico, precisando poi ulteriormente che
il loro rispetto è volto alla tutela del processo decisionale degli investitori.
La portata di tali tre criteri può ben riassumersi nel limite della
rappresentazione veritiera e corretta (appunto true and fair view) della situazione
patrimoniale, finanziaria e del risultato economico delle imprese incluse nel
consolidamento, volta a garantire decisioni economiche coscienti e consapevoli.
Dal momento che tale principio (di derivazione anglosassone) è già proprio degli
IAS/IFRS, può già anticiparsi come tali limitazioni abbiano esercitato un’efficacia
estremamente ridotta nei confronti del legislatore comunitario34.
Quanto al meccanismo nel suo insieme, come già detto si tratta di uno
strumento posto a tutela del mercato comune e delle diverse culture contabili del
vecchio continente. Tuttavia, considerato l’effimero vincolo rappresentato dai
34 A. LOLLI, La nota integrativa nel bilancio d’ esercizio delle S.p.a.,Milano, 2003, 97.
22
criteri ex art. 3 e tenuto conto della natura “politica” sia della Commissione che
dell’ARC (solo l’EFRAG è organo squisitamente tecnico), ben può ritenersi che
tale meccanismo rappresenti, nella sostanza, uno strumento per mantenere una
indiretta influenza da parte sistemi contabili del vecchio continente35. Appare
d’altronde difficile, come viene sottolineato in dottrina36, che i suddetti organi e
criteri possano dar vita a valutazioni squisitamente tecnico-contabili.
1.2.3. Il regolamento 1725/2003
Momento fondamentale del lungo iter che ha condotto all’introduzione del
modello contabile IAS/IFRS, è rappresentato dall’emanazione del regolamento
1725/2003, con il quale la Commissione ha adottato tutti i principi contabili
internazionali esistenti al 14 settembre 2002, fatta eccezione per i seguenti: IAS
32 “Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e informazioni integrative”,
IAS 39 “Strumenti finanziari: valutazione e rilevazione” e le relative
interpretazioni ( SIC 5, SIC 16, SIC 17).
Tale esclusione è stata decisa sulla base della considerazione che si
trattava di principi troppo innovativi ed in relazione ai quali era in corso un
significativo processo di revisione, sicché è parso più opportuno posticipare la
35 È quello che è accaduto per l’adozione dello IAS 39, principio troppo innovativo per i sistemi non anglosassoni, il quale inizialmente non è stato approvato, dopo lo si è omologato parzialmente e per ragioni diverse dalla difformità al principio del fair value. 36 A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano, 2005, 39.
23
loro adozione al momento in cui tali modifiche sarebbero state ultimate37. Ciò è
avvenuto attraverso l’emanazione dei regolamenti 2237/2004 e 2086/2004, per
l’adozione dei quali si è optato per il sistema dell’omologazione parziale, che
consente di stralciare le parti ancora in corso di modifica e approvare solo quelle
definitive. Tale scelta è stata dettata dalla necessità di rispettare il termine per
l’adozione dei principi fissato il 1° Gennaio 2005.
Gli IAS approvati con tale regolamento sono stati successivamente oggetto
di revisione da parte dello IASB. Questo aggiornamento ha comportato la
soppressione di alcuni principi adottati in precedenza, nonché l’integrazione, nei
singoli principi, di numerosi documenti interpretativi. Da parte sua, la
Commissione ha adottato una serie di regolamenti38, volti a rendere efficaci tali “
improvements” sul piano comunitario: sicché oggi il quadro dei principi contabili
internazionali vigenti è notevolmente cambiato rispetto a quello iniziale (cfr.
Tabella n.1).
37 P. BISONI e D. BUSSO, L’unione europea indica gli IAS da utilizzare dai bilanci 2005, in Il fisco 40/2003. 38 Si tratta dei regolamenti n. 707/ 2004; n. 2086/2004; n. 2236/2004; n. 2237/2004; n. 2238/2004; n. 211/2005; n. 1073/2005; n. 1751/2005; n. 1864/2005; n. 1910/2005; n. 2106/2005; n. 108/2006; n. 708/2006; n. 1329/2006; n. 610/2007; n. 611/2007.
24
Tabella n. 1
IAS 1 : presentazione del bilancio vigente, ma modificato con reg.2236/2004,
reg. 1910/2005 e reg. 108/2006
IAS 2 : Rimanenze vigente
IAS 7 : Rendiconto finanziario vigente, ma modificato con reg. 2238/2004
IAS 8 : Utile (perdita) d’ esercizio,
cambiamenti nelle stime contabili ed errori.
vigente
IAS 10 : Fatti intervenuti dopo la data di
riferimento del bilancio
vigente, ma modificato da reg. 2236/2004
IAS 11 : Commesse a lungo termine vigente
IAS 12 : Imposte sul reddito vigente, ma modificato da reg. 2086/2004,
reg. 2236/2004 e reg. 211/2005.
IAS 14 : Informativa di settore vigente, ma modificato da reg. 2236/2004,
reg. 2238/2004 e reg. 108/2006.
IAS 15 : Informazioni relative agli effetti
delle variazioni dei prezzi
eliminato da reg. 2238/2004
IAS 16 : Immobili, impianti e macchinari vigente, ma modificato da reg. 2236/2004,
reg. 211/2005 e reg. 1910/2005.
IAS 17 : Leasing vigente, ma modificato da reg. 2236/2004
e reg. 108/2006
IAS 18 : Ricavi vigente, ma modificato da reg. 2086/2004
e reg. 2236/2004
Principi adottati con il reg. 1725/2003
Quadro attuale dei principi contabili
25
IAS 19 : Benefici per i dipendenti vigente, ma modificato da reg. 2086/2004,
reg. 2236/2004, reg. 2238/2004, reg.
211/2005 e reg. 1910/2005.
IAS 20 : Contabilizzazione dei contributi
pubblici e informativa sull’assistenza
pubblica
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004.
IAS 21 : Effetti delle variazioni dei cambi
delle valute estere
vigente, ma modificato da reg. 708/2006
IAS 22 : Aggregazioni d’ impresa eliminato da reg. 2236/2004
IAS 23 : Oneri finanziari vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
IAS 24 : Informativa di bilancio sulle
operazioni con parti correlate
vigente, ma modificato da reg. 1910/2005
IAS 26 : Fondi di previdenza vigente
IAS 27 : Bilancio consolidato e
contabilizzazione delle partecipazioni in
controllate
vigente, ma modificato da reg. 2086/2004
IAS 28 : Contabilizzazione delle
partecipazioni in collegate
vigente, ma modificato da reg. 2236/2004
IAS 29 : Informazioni contabili in economie
iperinflazionate
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
IAS 30 : Informazioni richieste nel bilancio
delle banche e degli istituti finanziari
vigente, ma modificato da reg. 2086/2004
e reg. 2238/2004
IAS 31 : Partecipazioni in joint venture vigente, ma modificato da reg. 2236/2004
IAS 32: Strumenti finanziari – esposizione
in bilancio e informazioni integrative.
Introdotto da reg. 2237/2004 e modificato
26
da reg. 211/2005, reg. 1864/2005 e reg.
108/ 2006
IAS 33 : Utili per azione vigente, ma modificato da reg.
2236/72004, reg. 211/2005 e reg. 108/
2006
IAS 34 : Bilanci intermedi vigente, ma modificato da reg.2236/2004 e
reg. 2238/2004
IAS 35 : Attività destinate a cessare eliminato da reg. 2236/2004
IAS 36 : Riduzione durevole di valore
delle attività .
Introdotto da reg. 2236/2004 e modificato
da reg. 2238/2004
IAS 37 : Accantonamenti, passività e attività
potenziali
vigente, ma modificato da reg. 2086/2004,
reg. 2236/2004 e reg. 2238/2004
IAS 38 : Attività immateriali vigente, ma modificato da reg. 2236/2004,
reg. 2238/2004, reg. 211/2005 e reg.
1910/2005
IAS 39 : Strumenti finanziari – rilevazione
e valutazione.
Introdotto da reg. 2086/2004e modificato
da reg. 211/2005, reg. 1751/2005, reg.
1864/2005, reg. 2106/2005 e reg. 108/2006
IAS 40 : Investimenti immobiliari vigente, ma modificato da reg. 2236/2004
IAS 41: Agricoltura vigente, ma modificato da reg. 2236/2004
e reg. 2238/2004
IFRS 1 : Prima adozione degli
27
International reporting standard.
Introdotto da reg. 707/2004 e modificato
da reg. 2238/2004, reg. 211/2005, reg.
1751/2005, reg. 1864/2005 e reg.
1910/2005
IFRS 2: Pagamenti basati su azioni.
Introdotto da reg. 211/2005
IFRS 3: Aggregazioni aziendali.
Introdotto da reg. 2236/2004
IFRS 4: Contratti assicurativi.
Introdotto da reg. 2236/2004 e modificato
da reg. 108/2006
IFRS 5: Attività non correnti possedute
per la vendita e attività operative cessate.
Introdotto da reg. 2236/2005
IFRS 6: Esplorazione e valutazione delle
risorse minerarie.
Introdotto da reg. 1910/2005 e modificato
da reg. 108/2006
IFRS 7: Introduzione dell’ euro.
Introdotto da reg. 108/2006
IFRS 8: Settori operativi.
Introdotto da reg. 611/2007
SIC 1: Coerenza nell’applicazione dei
principi contabili – Utilizzo di diversi metodi
di valutazione
eliminato da reg. 2238/2004
28
delle rimanenze
SIC 2: Coerenza nell’applicazione dei
principi contabili – Capitalizzazione di oneri
finanziari
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 3: Eliminazione di utili e perdite non
realizzati da operazioni con società collegate
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 6: Costi per la modifica del software
esistente
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 7: Introduzione dell’euro vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
SIC 8: Prima applicazione degli IAS come
sistema contabile di riferimento principale
eliminato da reg. 707/2004
SIC 9: Aggregazioni di imprese –
Classificazione come acquisizione o unione
di imprese
eliminato da reg. 2236/2004
SIC 10: Assistenza pubblica – Nessuna
specifica relazione alle attività operative
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 11: Valute estere – Capitalizzazione
delle perdite derivanti da drastiche
svalutazioni della valuta
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 12: Consolidamento – Società a
destinazione specifica (società veicolo)
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
e reg. 1751/2005
SIC 13: Imprese a controllo congiunto –
Conferimenti in natura da parte dei
partecipanti al controllo
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
SIC 14: Immobili, impianti e macchinari –
Rimborsi per riduzioni durevoli di valore o
eliminato da reg. 2238/2004
29
perdite di beni
SIC 15: Leasing operativo – Incentivi vigente
SIC 18: Coerenza nell’applicazione dei
Principi contabili – Metodi alternativi
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 19: Moneta di conto – Valutazione e
presentazione dei bilanci secondo quanto
disposto dallo IAS 21 e dallo IAS 29
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 20: Contabilizzazione con il metodo del
patrimonio netto – Rilevazione di perdite
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 21: Imposte sul reddito – Recupero delle
attività rivalutate non ammortizzabili
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
SIC 22: Aggregazioni di imprese – Rettifiche
successive apportate ai fair value (valore
equo) e
all’avviamento inizialmente iscritti
eliminato da reg. 2236/2004
SIC 23: Immobili, impianti e macchinari –
Costi dovuti a significative verifiche o
revisioni generali
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 24: Utile per azione – Strumenti
finanziari e altri contratti che possono essere
convertiti in azioni
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 25: Imposte sul reddito – Cambiamenti
di condizione fiscale di un’impresa o dei suoi
azionisti
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
SIC 27: La valutazione della sostanza delle
operazioni nella forma legale del leasing
vigente, ma modificato da reg. 2086/2004
e reg. 2238/2004
30
SIC 28: Aggregazioni di imprese - «Data
dello scambio» e fair value (valore equo)
degli strumenti
rappresentativi di capitale
eliminato da reg. 2236/2004
SIC 29: Informazioni integrative – Accordi
per servizi in concessione
vigente
SIC 30: Moneta di conto – Conversione dalla
moneta di valutazione alla moneta di
presentazione
eliminato da reg. 2238/2004
SIC 31: Ricavi – Operazioni di baratto
comprendenti servizi pubblicitari
vigente
SIC 32: Attività immateriali – Costi connessi
a siti web
vigente, ma modificato da reg. 2238/2004
SIC 33: Consolidamento e metodo del
patrimonio netto – Diritti di voto
potenzialmente esercitabili e
attribuzione del capitale posseduto
eliminato da reg. 2238/2004
IFRIC 1 : Cambiamenti nelle passività
iscritte per smantellamenti, ripristini e
passività similari.
Introdotto da reg. 2237/2004
IFRIC 2 : Azioni dei soci in entità
cooperative e strumenti simili.
Introdotto da reg. 1073/2005
IFRIC 4 : Determinare se un accordo
contiene un leasing.
31
Introdotto da reg. 1910/2005
IFRIC 5 : Diritti derivanti da interessenze
in fondi per smantellamenti, ripristini e
bonifiche ambientali.
Introdotto da reg. 1910/2005
IFRIC 6 : Passività derivanti dalla
partecipazione ad un mercato specifico –
Rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche.
Introdotto da reg. 108/2006
IFRIC 7 : Applicazione del metodo di
rideterminazione ai sensi dello IAS 29 –
Informazioni contabili in economie
iperinflazionate.
Introdotto da reg. 708/2006
IFRIC 8 : Ambito di applicazione
dell’IFRS 2.
Introdotto da reg. 1329/2006
IFRIC 9 : Rivalutazione dei derivati
incorporati.
Introdotto da reg. 1329/2006
IFRIC 10 : Bilanci intermedi e riduzione
durevole di valore.
Introdotto da reg. 610/2007
IFRIC 11 : Operazioni con azioni proprie
e del gruppo.Introdotto con reg. 611/2007
32
1.3 La “First Time Application"
Per i legislatori degli Stati membri il passaggio agli IAS/IFRS ha posto,
innanzitutto, una serie di problematiche relative all’iscrivibilità e alla valutazione
di alcune poste di bilancio, derivanti proprio dalle differenze tra le metodologie
previste dai principi contabili nazionali e quelle previste dagli IAS/IFRS.
Nell’intento di fronteggiare tale fase di transizione la Commissione ha
adottato il regolamento 707/2004, con il quale il SIC 8 viene sostituito dall’ IFRS
1.
Il documento – di concerto con lo IAS 1 e il Framework39- illustra le
tecniche contabili da utilizzare nel momento della prima adozione degli IAS/IFRS
da parte delle imprese che fino al 2005 hanno redatto conti annuali in base ai
principi contabili nazionali: si tratta della cosiddetta FTA (First Time
Application).
Nello specifico lo IAS 1 è volto a definire dei criteri che consentano la
comparabilità del bilancio IAS/IFRS, tanto con i bilanci precedenti della stessa
impresa, quanto con i bilanci di altre imprese; inoltre l’obiettivo è anche quello di
presentare “bilanci redatti a scopi generali”40, ovvero che soddisfino le esigenze
informative di tutti gli utilizzatori41. A tal fine il principio indica i documenti che
compongono il bilancio – tra i quali assume particolare rilievo il prospetto
riepilogativo dei movimenti del patrimonio – e attribuisce maggiore importanza al
39 Si tratta del “Framework for the preparation and presentation of financial statement”, un documento approvato nel 1989 dallo IASC e contenente le linee guida per la corretta applicazione dei principi contabili internazionali da parte degli operatori. 40 Vedi IAS 1 par. 2 41 In realtà tra tutti gli stakeholder quelli maggiormente tutelati dal sistema IAS/IFRS sono gli investitori, sia attuali che potenziali. Vedasi p. 43 e ss.
33
principio di “true and fair view”, il cui raggiungimento è presunto per i bilanci
conformi agli IAS/IFRS42.
Lo stesso scopo è ribadito sostanzialmente anche nel Framework, laddove
(paragrafo 12) si afferma che lo scopo è quello di offrire “informazioni in merito
alla situazione patrimoniale-finanziaria di un’impresa, utili ad un’ampia serie di
utilizzatori nel processo di decisione economica”. In particolare, i principali temi
affrontati dal documento sono le cosiddette caratteristiche qualitative
(comprensibilità, significatività, attendibilità e comparabilità43) e i concetti di
patrimonio netto e conservazione dello stesso.
Passando ad analizzare lo IFRS 1, esso impone alle società che passano
all’adozione dei principi contabili internazionali di “predisporre uno stato
patrimoniale di apertura in conformità agli IAS/IFRS alla data di passaggio agli
stessi”.
Ciò vuol dire che nell’esercizio di prima adozione degli IAS/IFRS il
bilancio deve esser redatto come se fosse stato sempre redatto in conformità agli
stessi, quindi rilevando retroattivamente le rettifiche derivanti dal passaggio ai
principi contabili internazionali. In particolare il documento prescrive che lo stato
patrimoniale di apertura sia redatto osservando le seguenti prescrizioni:
1) indicazione di tutte le attività e passività la cui iscrizione è richiesta
dagli IAS/IFRS e storno delle voci non riconosciute dai principi come attività o
passività;
42 D’ABRUZZO e PUCCI, Introduzione ai principi contabili internazionali, in Boll. Trib. 2004, 969. 43 Per un’analisi approfondita di tali caratteristiche qualitative e un loro raffronto con i principi nazionali vedasi secondo capitolo, par. 2.2.
34
2) riclassificazione delle poste di bilancio secondo i principi
internazionali;
3) valutazione di tutte le attività e passività secondo gli IAS/IFRS.
Le differenze positive o negative conseguenti all’applicazione delle
suddette regole devono imputarsi a patrimonio netto.44
Da ultimo l’IFRS 1 stabilisce due tipologie di esenzioni:
a) l’esenzione facoltativa dall’applicazione di alcune disposizioni
contenute negli IAS/IFRS. Essa riguarda situazioni in cui i costi sostenuti per
conformarsi alla regola internazionale potrebbero superare i benefici apportati agli
utilizzatori;
b) l’esenzione obbligatoria dall’applicazione retroattiva di alcuni
IAS/IFRS. Essa invece è volta a evitare valutazioni soggettive e retroattive di
operazioni che nell’esercizio precedente erano ancora in corso, ma il cui esito ora
è noto45.
1.4 L’ approccio italiano: la Legge Comunitaria 2003 e il
D. Lgs. 38/2005.
Il legislatore italiano già nel 1998 ha tentato il primo approccio agli
standard internazionali. Infatti, l’art 117 del decreto Draghi (D. Lgs 58/98)
44 M. NESSI, Bilancio IAS: principi di redazione e conseguenze per le imprese,in Il fisco 23/2004; G. D’ABRUZZO e E. PUCCI, Introduzione ai principi contabili internazionali, in Boll. Trib. 2004, 974 45P. PISONI, F. BAVA e D. BUSSO, Regolamento (CE) n. 707/2004 del 6 aprile 2004: adozione dell’IFRS 1 per il passaggio agli IAS nella redazione del bilancio, in Impresa c.i. 2004, 590.
35
prevede la possibilità, per società quotate in mercati italiani o comunitari, di
redigere il proprio bilancio consolidato sulla base di principi contabili
internazionalmente riconosciuti e compatibili con le direttive contabili; a tal fine
detta norma delega al Guardasigilli, di concerto con il Ministro dell’economia e su
proposta della Consob, l’emanazione di un regolamento volto ad individuare i
principi suddetti.
Tuttavia il regolamento non è mai stato adottato e, d’altra parte,
l’emanazione dei regolamenti CE 1606/2002 e 1725/2003 ha fatto perdere
rilevanza alla questione, dal momento che l’individuazione dei suddetti principi e
del loro ambito applicativo è stata svolta a livello comunitario. Sicché l’attenzione
del legislatore si è spostata sul recepimento delle opzioni previste dall’art. 5 della
fonte comunitaria. La disposizione, come già detto, attribuisce agli Stati membri
la facoltà di consentire o imporre l’adozione degli IAS/IFRS anche ai conti
d’esercizio delle quotate e ai bilanci, sia d’esercizio che consolidati, di ogni altro
tipo societario.
In particolare, il Parlamento ha approvato la Legge 306/2003, detta anche
Legge Comunitaria, il cui art. 25 delega il Governo ad “adottare uno o più decreti
legislativi per l’esercizio delle facoltà di cui all’ art. 5 del regolamento
1606/2002”. La delega prevede anche l’eventuale modifica della normativa
fiscale in materia di reddito d’impresa al fine di armonizzarla con le innovazioni
derivanti dall’applicazione degli IAS/IFRS ed il coordinamento delle disposizioni
vigenti in materia di bilancio con quelle derivanti dall’adozione dei principi
contabili internazionali. Non è stato invece previsto l’esercizio della facoltà di cui
36
all’art. 9 del regolamento comunitario che consente di posticipare l’applicazione
degli IAS/IFRS per alcune tipologie di società .46
La delega, seppur in ritardo, è stata esercitata con l’emanazione del decreto
legislativo 38/2005. Quanto all’ambito temporale e soggettivo di applicazione, il
provvedimento normativo stabilisce quanto segue:
1) le società quotate, quelle con strumenti finanziari diffusi presso il
pubblico, le banche e gli intermediari finanziari47 devono applicare i principi
contabili internazionali a partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31 Dicembre
2005 per quanto riguarda i conti consolidati; invece per quanto riguarda il bilancio
d’esercizio l’obbligo scatta dall’esercizio successivo;
2) le imprese assicurative sono soggette allo stesso regime di cui
sopra, ma per le non quotate e le quotate che redigono il conto consolidato
utilizzando gli IAS/IFRS vi è la facoltà – e non l’obbligo – di adottare le regole
internazionali nei conti individuali;
3) le società incluse nel bilancio consolidato redatto dalle società
precedenti, diverse da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata,
hanno la facoltà di applicare gli IAS/IFRS per il bilancio consolidato e per il
bilancio individuale a partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31 Dicembre
2005;
4) le società capogruppo non quotate, possono redigere il conto
consolidato secondo gli IAS/IFRS e, qualora decidano in tal senso, è loro
46 P. PISONI e D. BUSSO, Società quotate: come cambia il bilancio con l’utilizzo degli IAS: alcuni punti significativi, in Impresa c.i. 2004, 225; P. MORETTI, L’applicazione dei principi IAS nell’ ordinamento italiano, in Corr. Trib. 2004, 2357. 47 Per intermediari finanziari si intendono: banche, società finanziarie holding dei gruppi bancari, società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare, le società finanziarie iscritte nell’albo, gli istituti di moneta elettronica.
37
concessa la facoltà di applicare i principi internazionali anche al bilancio
individuale;
5) le rimanenti società, fatta eccezione per quelle che possono
redigere il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.), hanno la facoltà di
adottare gli IAS/IFRS a partire dall’esercizio individuato con decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro della Giustizia.
Il decreto prevede inoltre che qualora le società – tra quelle che ne hanno
la facoltà – decidano di adottare gli IAS/IFRS, possono revocare la scelta solo in
casi eccezionali: in tal caso occorre indicare i motivi nella nota integrativa e
comunque il bilancio d’esercizio in cui si esprime la revoca deve esser redatto
secondo gli IAS/IFRS.48
La volontà del legislatore appare dunque chiara: si vuol avviare un
processo che conduca ad una adozione generalizzata dei principi internazionali,
con la sola esclusione dei bilanci in forma abbreviata. È una scelta netta, che vuol
mostrare la piena apertura del nostro ordinamento alla tendenza comunitaria: la
già citata armonizzazione delle regole contabili degli Stati membri. Ma le
considerazioni da cui muove il legislatore sono anche altre: data la notevole
difformità delle norme italiane rispetto a quelle internazionali, limitare
l’applicazione degli IAS/IFRS ai soli conti consolidati delle società quotate
provocherebbe diversi problemi derivanti dalla necessità di gestire un doppio
regime di bilancio e dai connessi ingenti oneri amministrativi. Da qui l’esigenza
di utilizzare un corpo di regole omogeneo, proprio per evitare tali inconvenienti.
48 P. MORETTI, Coordinamento tra principi IAS e disciplina civilistica, in Corr. Trib. 2005, 998.
38
In dottrina, ad autori che condividono tale ratio legis49, se ne
contrappongono altri che invece hanno criticato la scelta del legislatore. Ad
esempio, c’è chi sostiene che l’esigenza di mantenere due distinti gruppi di regole
permane, partendo dall’assunto che mentre il sistema IAS si rivolge ai bilanci
consolidati (in quanto basato essenzialmente sulle esigenze informative delle
imprese che operano sul mercato internazionale dei capitali), al contrario il
bilancio individuale di una società del gruppo (quindi, a maggior ragione, il
bilancio di una non quotata) non ha alcuna rilevanza per gli investitori finanziari,
ma è rivolto alla diversa finalità (sopratutto nei sistemi contabili come quello
italiano) di determinare l’utile distribuibile.50
Altri autori, come il Fradeani51, si sono mostrati ancor meno fiduciosi
ritenendo che un’applicazione così diffusa e improvvisa degli IAS/IFRS
difficilmente avrebbe attecchito presso coloro che devono farne uso nella pratica
(redattori e utilizzatori del bilancio): ciò perché la nostra cultura contabile oltre a
essere profondamente diversa dagli IAS/IFRS è anche fortemente radicata e poco
propensa a subire contaminazioni esterne. Tale orientamento ha trovato ulteriore
49 Ad esempio il Nessi evidenzia l’ipotesi delle società di un gruppo che continuino ad applicare i principi nazionali per i bilanci individuali. Ove la capogruppo fosse soggetta all’adozione degli IAS/IFRS nel bilancio consolidato, sorgerebbe la necessità di redigere costosi prospetti di raccordo tra i bilanci di esercizio e il conto consolidato. M. NESSI, Nuovo bilancio: il passaggio agli IAS, in I Corsi di pratica professionale 2005, 7. Altri autori invece evidenziano come la presenza di un doppio regime comporterebbe un ‘armonizzazione a “differenti velocità”, ossia in cui il processo di riavvicinamento dei sistemi contabili sia rapido e totale per certi tipi di bilanci, lento e parziale per altri. S. ADAMO, Prospettive e limiti del processo di armonizzazione contabile internazionale, in Rivista dei dottori commercialisti 1998, 802; DE MARTINI, Globalizzaizone dei mercati ed aspetti evolutivi dell’informazione economico-finanziaria delle imprese, Cedam, Padova, 1999, 183; G. VERNA, Le nuove frontiere dell’ informazione contabile in Europa, in Rivista dei dottori commercialisti 2002, 432. 50 F. DEZZANI, 1 gennaio 2005:il bilancio consolidato sarà redatto secondo principi IAS, in Impresa c.i. 2002, 1518; R. SACCHI, Principi contabili internazionali e finalità dell’ informazione finanziaria, in Corriere Giuridico 2007, 599. 51 A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano, 2005, 42.
39
spunto nel ritardo con il quale il Governo ha adottato il decreto e, vieppiù, nella
circostanza che non è stata fornita alcuna informazione sul contenuto del
provvedimento, che, pertanto, avrebbe rappresentato per gli operatori un’incognita
da affrontare senza i necessari “consiglio per l’uso”.
Volendo assumere una posizione in merito, ritengo condivisibile la tesi che
ritiene di dover mantenere un doppio regime, in quanto più che il problema
dell’effetto sorpresa, vi è l’esigenza di non trascurare interessi – quali quelli dei
creditori sociali – che in sistemi come il nostro sono più rilevanti della tutela degli
investitori. In merito a ciò basta considerare due dati: anzitutto che il nostro
sistema borsistico è ancora in fase di sviluppo e soffre la poca propensione dei
risparmiatori a investirvi; in secondo luogo che il sistema produttivo si regge
principalmente sull’attività di piccole-medio imprese che si finanziano con
capitale di debito per lo più di provenienza bancaria, e che dunque non hanno
alcun rapporto col mercato dei capitali. Da ciò non può che conseguire una scarsa
attenzione verso la tutela di interessi connessi al mercato regolamentato, in favore
della maggiore importanza rivestita dalla cautela delle garanzie patrimoniali e in
generale delle ragioni dei creditori sociali.
D’altra parte quanto ai costi connessi al mantenimento di un doppio
bilancio, questi in ogni caso dovranno essere sostenuti per la redazione dello stato
patrimoniale di apertura, nonché per la determinazione delle plusvalenze da fair
value52 di cui ai successivi artt. 6 e 7 del decreto (cfr. pag. 24 e ss.).
52 Infatti la determinazione dei plusvalori è fatta confrontando le due valutazioni al fair value e al costo storico, sicché è necessario comunque effettuare entrambe le valutazioni.
40
1.5 Disposizioni di “coordinamento” tra il sistema
nazionale e gli IAS/IFRS.
Il D. Lgs. 38/2005 si occupa anche del “coordinamento delle disposizioni
vigenti in materia di bilancio con quelle derivanti dall’adozione degli IAS/IFRS”,
al fine di risolvere alcune problematiche di diritto contabile interno.
L’art. 5 introduce una clausola di salvaguardia, secondo la quale nei casi
(eccezionali) in cui una disposizione prevista dai principi internazionali risulta
incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta della situazione
patrimoniale, finanziaria e del risultato economico dell’impresa, la stessa non
deve esser applicata. In questa circostanza, gli eventuali utili derivanti devono
iscriversi in una riserva non distribuibile, fatta eccezione per l’ammontare di
valore recuperato. Tale disposizione ribadisce la centralità del criterio di true and
fair view, imponendo ai redattori del bilancio lo stesso limite che il regolamento
CE 1606/2002 ha fissato per l’endorsement dei principi dello IASB; trattandosi
del momento applicativo vero e proprio, ha poi previsto un trattamento contabile
“prudente” degli utili derivanti dalla deroga, vietandone la distribuzione.
L’art. 6 invece si occupa della disciplina civilistica delle plusvalenze
derivanti dall’ applicazione del fair value. La norma tutela l’integrità del capitale
sociale, evitando che rivalutazioni derivanti da fair value vengano considerate
come veri e propri utili e come tali vengano distribuite o utilizzate per aumentare
il capitale sociale.
Al primo comma, lettera a), è fatto divieto di distribuire utili
corrispondenti a
41
plusvalenze imputate in conto economico per effetto dell’ applicazione del
fair value o del metodo del patrimonio netto53 54, imponendone l’iscrizione in una
riserva indisponibile. Il divieto subisce un’eccezione: i plusvalori relativi a
strumenti finanziari di negoziazione, nonché quelli connessi ad operazioni di
cambio e di copertura,55 anche se non realizzati, possono iscriversi in conto
economico e distribuirsi come utili dell’esercizio56. Tale trattamento si giustifica
col fatto che queste plusvalenze, anche se derivanti da valutazioni, possono
comunque considerarsi come se fossero realizzate; infatti, soprattutto i plusvalori
da operazioni di valuta possono in qualsiasi momento venir realizzati sul sempre
attivo mercato dei cambi.57
Quanto alla lettera b) del primo comma, essa vieta la distribuzione delle
riserve di patrimonio netto costituite in contropartita diretta delle valutazioni al
fair value di attività e strumenti finanziari58: si tratta delle plusvalenze da fair
value non iscritte in conto economico, ma confluite in una riserva di patrimonio
netto.
Per entrambe le situazioni il regime della riserva è sostanzialmente il
seguente: le plusvalenze vengono calcolate al netto del relativo onere fiscale e
53 Il divieto di distribuire plusvalori da patrimonio netto era già presente nel nostro sistema all’art. 2426, n. 4 c.c.: la sua espressa previsione nel decreto tuttavia è volta puntualizzare che il divieto vale anche per i bilanci IAS/IFRS. 54 Si tratta, in sostanza, delle valutazioni imposte da IAS 40 e IAS 28. 55 Per strumenti finanziari impiegati in operazioni di copertura si intendono quelli volta a coprire rischi derivanti da variazioni del fair value. Ciò in quanto inseriti nella lettera a), relativa al trattamento degli utili da fair value. 56 Questa disposizione diverge da quella di cui all’art. 2426, comma 1, n. 8-bis c.c. , in quanto questa prescrive che gli eventuali utili su cambi devono essere accantonati in una specifica riserva non distribuibile. Dunque il trattamento degli utili relativi all’ operatività dei cambi è diverso a seconda che si sia soggetti ai principi internazionali o a quelli italiani. 57 Alcuni in dottrina criticano la scelta optata per gli strumenti di negoziazione, i quali non sono supportati da un mercato così “attivo” da garantire immediato e sicuro realizzo. G. COLOMBO, Il regime civilistico degli utili e delle riserve da adozione degli IAS/IFRS, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 1338. 58 Si tratta delle riserve costituite e movimentate sulla base delle valutazioni di cui allo IAS 16 e IAS 38.
42
vengono iscritte nella riserva indisponibile; laddove gli utili di esercizio risultano
inferiori all’ammontare delle plusvalenze da fair value, una quota delle riserve
disponibili (laddove ve ne siano) pari alla differenza dei due ammontari deve
essere riclassificata all’interno della suddetta riserva indisponibile.
Il legislatore avrebbe potuto semplicemente stabilire che era fatto divieto
di distribuire dividendi laddove non vi siano riserve disponibili sufficienti a
coprire gli utili non distribuibili (come art. 2426 n. 5 relativo all’ iscrizione di
oneri pluriennali non ancora ammortizzati); invece ha voluto prevedere
l’iscrizione di una specifica riserva per consentire l’esatta individuazione della
parte di utili non distribuibili derivanti dal conto economico e la sua
modificazione nel corso degli esercizi successivi.
A questo proposito, secondo il disposto del 3° comma dell’articolo, la
riserva può nei successivi esercizi o divenire nuovamente disponibile per effetto
dell’effettivo realizzo del plusvalore (ad esempio mediante una cessione), o subire
una riduzione pari all’importo delle plusvalenze divenute insussistenti per effetto
della svalutazione.
Il quarto comma specifica poi che in relazione alla suddetta riserva, oltre
alla distribuzione ai soci, sono precluse anche le seguenti operazioni:
- imputazione ad aumento del capitale sociale;
- distribuzione a possessori di azioni correlate (art. 2350,
3°comma c.c.);
- utilizzo come parametro per l’acquisto di azioni proprie (art.
2357, 1° comma c.c.) o di azioni o quote della controllante (art. 2359bis, 1°
comma c.c.); per la concessione di prestiti o garanzie ai dipendenti (art. 2358, 3°
43
comma c.c.); per la partecipazione agli utili di promotori, soci fondatori,
amministratori (art. 2432 c.c.).59
Il quinto comma infine espressamente stabilisce che “la riserva
indisponibile può essere utilizzata per la copertura delle perdite di esercizio solo
dopo aver utilizzato le riserve di utili disponibili e la riserva legale”. L’utilità di
tale previsione non è unanimemente condivisa60 in quanto pregiudicherebbe tutto
l’impianto costruito a protezione del capitale sociale. Infatti, nonostante la riserva
venga posta all’ultimo posto tra quelle cui attingere, e nonostante sia disposto
l’obbligo di reintegrarla con gli utili degli esercizi successivi, la previsione fa in
sostanza venir meno la tutela dei creditori sociali proprio nel momento più
pericoloso, ossia quando la società è in crisi.61
Passando ad analizzare l’ art. 7, questo si occupa della disciplina relativa
alla “First Time Application”. La norma disciplina i diversi regimi di disponibilità
cui sono assoggettati i plusvalori che, in seguito alle operazioni richieste
dall’IFRS 1, emergeranno dal patrimonio netto. Invece, quanto agli effetti della
FTA sul conto economico, questi restano disciplinati dalle disposizioni di cui
all’art. 6.
In sintesi, oltre a riprodurre il disposto di cui all’art. 6, comma 1, lett. b) e
la relativa eccezione, l’articolo distingue tre gruppi:
59 G. COLOMBO, Il regime civilistico degli utili e delle riserve da adozione degli IAS/IFRS, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 1337; F. DEZZANI, Art.6 del D. Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38: distribuzione di utili e riserve nel bilancio di esercizio redatto con i principi IAS/IFRS, in Impresa c.i. 2005, 1314; F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il” reddito prodotto” e il” reddito potenziale”, in Impresa c.i., 2007, 1329; M. NESSI, Nuovo bilancio: il passaggio agli IAS, in I Corsi di pratica professionale 2005, 8. 60 R. SACCHI, Principi contabili internazionali e finalità dell’ informazione finanziaria, in Corriere Giuridico 2007, 599. 61 Poniamo il caso che la riserva da fair value, utilizzata per coprire la perdita, dovesse venir meno per un mutamento del valore di mercato del bene: in tal caso la perdita risulterebbe coperta con un valore che è venuto meno, cioè con niente.
44
- plusvalori non distribuibili, da iscrivere in apposita riserva
indisponibile (art. 7, commi 2 e 7);
- plusvalori distribuibili con regole identiche a quelle fissate
dalla legge Visentini sui saldi attivi di rivalutazione monetaria (art. 7, comma 6)62;
- plusvalori liberamente distribuibili (art. 7, commi 3, 4, 5).
Dall’esame della norma può evidenziarsi come il legislatore abbia voluto
disciplinare con attenzione un aspetto molto delicato del passaggio al sistema
IAS/IFRS, evidenziando l’enorme attenzione che ancora viene prestata dal nostro
ordinamento alla tutela del capitale sociale. Dunque, almeno sotto il profilo delle
intenzioni – meno forse sotto quello del risultato - può senz’altro dirsi che il
legislatore si sia preoccupato delle tradizionali esigenze avvertite dal nostro
ordinamento.63
Le disposizioni descritte in questo paragrafo hanno di fatto dato origine ad
un quadro piuttosto complesso della disciplina degli dividendi. Per fare un
esempio, basti pensare al fatto che tale sistema consente la formazione di utili
distribuibili fuori dal conto economico, collocati direttamente nello stato
patrimoniale: viceversa, nel nostro sistema si è tradizionalmente abituati a
rintracciare la quota di utili distribuibili d’esercizio solo nel conto economico, non
anche all’interno dello stato patrimoniale. È pertanto evidente come una simile
situazione possa pregiudicare la chiarezza del bilancio e come dunque sia
necessario per le società predisporre il cosiddetto prospetto di riconciliazione di
62 Ai sensi di tale disciplina (legge 72/1983), la riserva può esser distribuita solo con l’osservanza dell’ art. 2445, commi 2 e 3; inoltre, se la riserva è utilizzata per coprire delle perdite, non possono distribuirsi utili fin quando essa non sarà reintegrata o ridotta con decisione assembleare. 63 A. QUAGLI, Le “riserve ias” nel D. Lgs. N. 38/2005, in Rivista dei Dottori Commercialisti 2006, 754; G. COLOMBO, Il regime civilistico degli utili e delle riserve da adozione degli IAS/IFRS, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 1341.
45
cui allo IAS 1. Infatti tale documento, come vedremo, partendo dal risultato di
conto economico, determina l’ammontare di utili distribuibili, spiegando l’origine
di ogni voce computata.64
2 Le direttive contabili
2.1 La funzione delle direttive dopo l’introduzione degli
IAS/IFRS
Come precedentemente evidenziato, il regolamento 1606/2002 ha imposto
l’applicazione del sistema IAS/IFRS solo per alcune tipologie di società, le
quotate, e solo per la redazione dei conti consolidati; l’art. 5 ha altresì previsto la
facoltà di estendere l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione, rimettendone
la facoltà ai singoli ordinamenti. Dunque, le direttive contabili continuano a
trovare ancora applicazione e la loro funzione armonizzatrice non si è per nulla
esaurita.
In particolare la Quarta direttiva societaria continua ad applicarsi ai conti
individuali delle società di capitali non investite dall’applicazione IAS/IFRS,
64 A. QUAGLI, Le “riserve ias” nel D. Lgs. N. 38/2005, in Rivista dei Dottori Commercialisti 2006, 764.
46
nonché ai conti individuali delle società di persone in forma commerciale (che
corrispondono alle società in accomandita semplice e società in nome collettivo
del nostro ordinamento) in cui tutti i soci illimitatamente responsabili siano
società di capitali o altre società di persone (art. 1, par. 1, commi 1 e 2 della
Quarta dir. soc.).
La Settima direttiva societaria si applica ai bilanci consolidati di imprese
organizzate secondo una delle forme societarie soggette alla Quarta dir. soc. che
detengano il controllo di una o più imprese ugualmente organizzate secondo uno
dei suddetti tipi societari.65
Il quadro contabile comunitario risulta così costituito da due corpi di
regole, dal diverso ambito applicativo, ma le cui ragguardevoli differenze di
disciplina sono tutt’altro che tollerabili: si è in pratica venuto a creare quel già
citato problema del doppio sistema contabile che si riflette anche sui sistemi
nazionali.
Data la situazione, il legislatore comunitario ha avvertito l’esigenza di
modificare la disciplina delle direttive contabili, in modo da renderla
maggiormente conforme a quella dettata dagli IAS/IFRS. In sostanza, possiamo
evidenziare come si sia passati dal vecchio obiettivo di riavvicinare le normative
contabili nazionali – nell’ottica tipicamente continentale della prioritaria tutela
dell’integrità patrimoniale della società 66 – a quello di conformare i sistemi
65 M. CASSOTTANA- A. NUZZO, Lezioni di diritto commerciale comunitario, Torino, 2006, 108; A. LOLLI, Il regolamento di adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, in Le nuove leggi civili commentate 2003, 785. 66 Tale finalità viene esplicitata nel secondo considerando della Quarta dir. soc., il cui testo viene riportato di seguito: “considerando che per le società per azioni e per quelle a responsabilità limitata si impone in questi campi un coordinamento simultaneo, dato che l'attività di tali società si estende spesso oltre i limiti del territorio nazionale e che esse offrono come tutela dei terzi soltanto il patrimonio sociale; che peraltro la necessità e l'urgenza di tale coordinamento sono state riconosciute e ribadite dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 68/151/CEE”. Peraltro
47
contabili nazionali, facendoli convergere verso il modello IAS/IFRS e la connessa
finalità, squisitamente anglosassone, di tutela dell’informazione societaria degli
stakeholder.
La modifica delle direttive contabili è stata sviluppata principalmente
attraverso l’emanazione della direttiva 65/2001 e della direttiva 51/2003,
entrambe fondate su due assunti fondamentali: in primo luogo quello secondo cui
la globalizzazione dei mercati ha coinvolto anche le piccole e medie imprese,
sicché anche per queste è sorta l’esigenza di fornire informazioni utili e
comparabili che consentano un confronto con i competitors stranieri e quindi una
maggiore competitività sul mercato. In secondo luogo, si è dato rilievo alla
necessità di creare una piattaforma di regole contabili comune a tutte le forme di
intrapresa economica, al fine di evitare il verificarsi di situazioni di disparità tra
imprese di dimensioni diverse.
2.2 La direttiva 65/2001 e suo recepimento in Italia.
La direttiva in questione ha introdotto il fair value sugli strumenti
finanziari. In particolare essa ha inciso sulla Quarta dir. soc., prevedendo la
possibilità per gli Stati membri di “autorizzare o imporre per tutte le società, o per
al terzo considerando la direttiva mostra anche un’apparente apertura verso la tutela del mercato finanziario, infatti afferma che “è inoltre necessario che nella Comunità si stabiliscano condizioni giuridiche equivalenti minime quanto all'estensione delle informazioni finanziarie che devono essere fornite al pubblico da parte di società concorrenti”. Tuttavia, nella sostanza tale scopo riveste un’importanza del tutto secondaria all’interno delle direttive contabili, almeno fino alla recente introduzione delle modifiche volte al riavvicinamento con i principi IAS/IFRS (cfr. par. 2.2 e 2.3).
48
talune categorie, la valutazione al fair value degli strumenti finanziari iscritti in
bilancio, compresi gli strumenti finanziari derivati”.
La nozione di strumenti finanziari e derivati, non viene fornita dalla
direttiva 65/2001, ma si può ricavare dai principi contabili internazionali, in
particolare dagli IAS 32 e IAS 39 67. Piuttosto, la direttiva in esame si occupa di
specificare quali strumenti finanziari sono esclusi dall’applicazione del fair value:
si tratta delle attività e passività finanziarie indicate al comma 4 dell’art. 42-bis
della Quarta dir. soc. .
67 Secondo la definizione fornita nel regolamento 2237/2004, nell’ambito della disciplina dello IAS 32, uno strumento finanziario è qualsiasi contratto che dia origine ad una attività finanziaria per una entità e a una passività finanziaria o ad uno strumento rappresentativo di capitale (qualsiasi contratto che rappresenti una quota ideale di partecipazione residua nell’attività dell’entità dopo aver estinto tutte le sue passività) per un’altra entità. Una attività finanziaria è qualsiasi attività che sia: (a) disponibilità liquide; (b) uno strumento rappresentativo di capitale di un’altra entità; (c) un diritto contrattuale a ricevere disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria da un’altra entità o a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra entità alle condizioni che sono potenzialmente favorevoli all’entità; (d) un contratto che sarà o potrà essere estinto tramite strumenti rappresentativi di capitale dell’entità. Una passività finanziaria è qualsiasi passività che sia: (a) un’obbligazione contrattuale a consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria a un’altra entità o a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra entità alle condizioni che sono potenzialmente sfavorevoli all’entità; (b) un contratto che sarà o potrà essere estinto tramite strumenti rappresentativi di capitale dell’entità. Il principio contabile suddivide le attività finanziarie in quattro categorie: • investimenti detenuti fino a scadenza (held to maturity); • finanziamenti e crediti “originati” dall’impresa non a scopo di trading (ossia quelli che non sono creati con l’intenzione di essere immessi sul mercato finanziario nel breve termine); • attività finanziarie al fair value rilevato a conto economico (held for trading); • attività finanziarie “disponibili per la vendita”. Invece il regolamento 2086/2004, recante l’endorsement dello IAS 39, fornisce la nozione di strumento finanziario derivato, definendolo come quello strumento finanziario o contratto che presenta le seguenti caratteristiche: a) il suo valore cambia in relazione al cambiamento di un tasso di interesse, prezzo di uno strumento finanziario, prezzo di una merce, tasso di cambio in valuta estera, indice di prezzi o di tassi, merito di credito o indici di credito o altra variabile prestabilita; b) non richiede un investimento netto iniziale o richiede un investimento netto iniziale che sia minore di quanto sarebbe richiesto per altri tipi di contratto da cui ci si aspetterebbe una risposta simile a cambiamenti di fattori di mercato; c) è regolato ad una data futura.
49
Per quanto riguarda la nozione di fair value, nella sostanza tale criterio
prevede che lo strumento finanziario venga inizialmente iscritto al costo sostenuto
per il suo acquisto, ma che in seguito il valore suddetto venga aggiornato in
dipendenza delle variazioni del valore di mercato e che i rispettivi utili o perdite
siano iscritti in bilancio ove si tratti di strumenti finanziari posseduti per essere
negoziati o di attività finanziarie disponibili per la vendita68.
Preme sottolineare come la direttiva 65/2001 abbia introdotto, con la
previsione del fair value, un riferimento valutativo del tutto nuovo in ambito
comunitario, dal forte carattere innovativo. A tal proposito basta ricordare come il
sistema tradizionalmente adottato dalle direttive contabili prevedeva invece
l’utilizzo del costo storico (ossia di acquisto o di produzione), che solo in casi
eccezionali poteva esser sostituito da altri valori.69
68 Il criterio di fair value, o “valore equo” secondo la sua letterale traduzione, viene definito dal regolamento 2086/2004 come “il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili”. La definizione pone l’accento sugli elementi di consapevolezza e disponibilità dei contraenti, intendendo con ciò sottolineare i caratteri di volontarietà e spontaneità dell’operazione conclusa, la cui violazione esclude la possibilità di qualificare il prezzo pattuito come “valore equo”. La direttiva 65/2001 è a riguardo più specifica, in quanto all’articolo 42-ter fornisce i seguenti criteri per la determinazione del valore equo: a) valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un mercato affidabile; qualora il valore di mercato non sia facilmente individuabile per uno strumento, ma possa essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può essere derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo; o b) valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato affidabile; questi modelli e tecniche di valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato. Gli strumenti finanziari che non possono essere valutati in maniera affidabile mediante uno dei metodi descritti, devono valutarsi secondo gli altri criteri di valutazione previsti dalla direttiva agli articoli da 32 a 42. 69 In particolare, era consentito di derogare al costo storico in tre ipotesi:
- adozione del costo di sostituzione, ossia di un sistema valutativo basato su valori correnti (entry values);
- utilizzo dei valori per l’ inflazione; - applicazione delle rivalutazioni per le immobilizzazioni materiali e finanziarie.
È importante sottolineare come le direttive contabili lasciassero liberi i legislatori nazionali di adottare o meno le suddette possibilità di deroga: infatti, ad esempio in legislatore italiano al momento del recepimento non ha accolto né il costo di sostituzione, né il sistema di correttivi per inflazione, bensì ha recepito la possibilità di applicare le rivalutazioni delle immobilizzazioni limitandola ai soli casi previsti da apposite leggi di rivalutazione monetaria per quanto riguarda la
50
A tal riguardo, nel momento in cui si è dovuta recepire la direttiva e quindi
scegliere se introdurre o meno l’adozione del fair value per le valutazione degli
strumenti finanziari, si è aperto un dibattito a livello nazionale: in particolare parte
della dottrina70 ha evidenziato come il recepimento della direttiva da un lato
sarebbe stato inutile per le piccole imprese, dall’altro lato avrebbe creato problemi
di coordinamento con tutto l’impianto contabile preesistente. Il prevalere di tale
ordine di considerazioni ha portato all’emanazione del D. Lgs. 394/2003, che ha
introdotto il criterio del fair value solo a livello di informazione integrativa, senza
prevedere né l’obbligo né la facoltà di utilizzare il fair value per la valutazione
delle poste di bilancio.
In particolare, il decreto ha introdotto il nuovo art. 2427-bis c.c. e il nuovo
art. 2428 c.c., comma 2, n. 6-bis, i quali prevedono una serie di obblighi
informativi a livello di nota integrativa e di relazione sulla gestione.
Quanto alla nota integrativa, devono fornirsi informazioni circa l’entità e
la natura di ogni categoria di strumenti finanziari derivati insieme al relativo fair
value; mentre per quanto riguarda le immobilizzazioni finanziarie, ove siano
iscritte ad un valore superiore al fair value, devono indicarsi entrambi i valori e la
motivazione per cui non si è considerato il minor valore (art. 2427-bis c.c.,
comma 1).
Quanto alla relazione sulla gestione, è invece richiesto di indicare gli
obiettivi e le politiche future della società in ordine alla gestione del rischio
rivalutazione monetaria, mentre nei soli casi eccezionali ex art. 2423 c.c. in relazione alla rivalutazione economica. 70 M. CARATOZZOLO, L’introduzione del Fair Value nella IV e VII direttiva comunitaria: una prima valutazione, in Le Società 2002, 1340; S. ADAMO, L’ informazione di bilancio delle società non quotate e la modernizzazione delle direttive contabili, in Rivista dei dottori commercialisti 2004, 833.
51
finanziario e il livello di esposizione relativamente al rischio di prezzo, di credito,
di liquidità e di variazione dei flussi finanziari (art. 2428, comma 2 , n.6-bis ).
Il decreto, così come la direttiva, non si occupa di definire né la nozione di
strumento finanziario e derivati, né quella di fair value, facendo a tal riguardo
espresso richiamo ai principi contabili internazionali. Piuttosto, il legislatore
italiano si è occupato dell’indicazione dei criteri per la determinazione del fair
value ai suddetti fini informativi, prevedendo quanto segue:
a) in linea generale la valutazione va fatta con riferimento al
valore di mercato dello strumento finanziario;
b) laddove non vi sia un mercato affidabile di riferimento,
deve utilizzarsi il valore di mercato derivato, ossia si prende a riferimento il
valore di mercato di uno dei componenti dello strumento o di uno strumento
collegato;
c) se neanche il valore derivato è ragionevolmente
individuabile, allora occorre calcolare il valore risultante da modelli e tecniche di
valutazione generalmente accettati;
d) ove anche tale criterio non porti ad una valutazione
plausibile, deve farsi uso del costo storico ( art. 2427-bis, commi 3 e 4).
Per quanto riguarda la definizione di strumenti finanziari derivati, il
comma 2 dell’ art. 2427-bis c.c. specifica che vengono considerati tali anche gli
strumenti collegati a merci che conferiscono ad entrambi i contraenti il diritto di
procedere al pagamento per contanti o mediante altri strumenti finanziari, eccetto
il caso in cui il contratto sia destinato sin dalla sua conclusione al soddisfacimento
di esigenze di acquisto, vendita o utilizzo della merce previste dalla società, e la
52
cui esecuzione avvenga mediante consegna della merce. In pratica la norma esenta
i contratti stipulati non a fini speculativi dagli obblighi informativi descritti sopra.
In definitiva, può dirsi che la scelta del legislatore italiano è stata piuttosto
prudente e tradizionalista, in quanto nella sostanza ha escluso l’introduzione del
fair value nella valutazione dei bilanci e il connesso impatto che essa avrebbe
avuto sull’impianto di regole e principi che informano i bilanci delle medie e
piccole imprese.71
2.3 La direttiva 51/2003 e suo recepimento in Italia.
La direttiva costituisce la più incisiva modifica apportata alle direttive
contabili in prospettiva IAS/IFRS. Infatti a differenza della direttiva 65/2001 –
che si era focalizzata solo sul criterio di fair value – questo provvedimento
introduce modifiche di carattere generale, che coinvolgono sia la struttura del
bilancio che i criteri di valutazione.
Nello specifico la direttiva si compone di una parte obbligatoria, di
carattere precettivo nei confronti dei legislatori nazionali, e di una parte opzionale,
il cui recepimento è lasciato alla libera scelta degli Stati membri.
Le disposizioni la cui attuazione deve considerarsi obbligatoria sono
riconducibili a tre gruppi di regole:
71 S. ADAMO, L’ informazione di bilancio delle società non quotate e la modernizzazione delle direttive contabili, in Rivista dei dottori commercialisti 2004, 831; A. BONICELLI e R. PARISOTTO, Introduzione dei principi contabili internazionali IAS, in Impresa c.i. 2003, 1783; P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale e il bilancio redatto con gli IAS: prevalenza della sostanza sulla forma e principio di prudenza in presenza del fair value, in Impresa c.i. 2004, 1890.
53
a) Con riferimento alla relazione sulla gestione dei conti
annuali e consolidati72, la direttiva è volta a specificare che l’informativa
contenuta nel documento deve avere ad oggetto un fedele rendiconto
dell’andamento e dei risultati dell’attività della società, mediante la specificazione
anche dei “principali rischi e incertezze” e avvalendosi, laddove necessario per
una maggiore comprensione del quadro fornito, di “indicatori sia finanziari che
non finanziari”, comprese le “informazioni sull’ambiente e il personale”. In
sostanza la direttiva specifica la portata del carattere di analiticità che già l’art.
2428 c.c. attribuiva e ancora attribuisce al documento in questione, introducendo
elementi di analisi strumentali al documento (ovvero la specificazione dei rischi e
incertezze, e l’uso di indicatori finanziari e non) e il criterio per il loro utilizzo
(quello di necessarietà in relazione alla finalità del quadro fedele e analitico della
situazione finanziaria ed economica).
b) Un’altra regola riguarda l’espressa previsione della
relazione di revisione, da redigersi secondo il seguente schema standardizzato:
- un paragrafo introduttivo che individua il bilancio sottoposto a
revisione legale e specifica il quadro delle regole di redazione adottate dalla
società;
- una panoramica sull’ attività di revisione svolta e l’
indicazione dei principi di revisione applicati;
- il giudizio sul bilancio, nel quale deve indicarsi se vi è stata
violazione delle regole contabili e del principio di rappresentazione veritiera e
corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato dell’ esercizio. 72 Si tratta di un documento redatto dagli amministratori contestualmente al progetto di bilancio, con il quale riferiscono all’ assemblea sui risultati dell’ esercizio e dell’ attività svolta e presentano osservazioni e proposte relativamente al bilancio e alla sua approvazione.
54
Nello specifico la direttiva precisa quattro tipi di giudizio, ossia giudizio
senza rilievi, giudizio con rilievi, giudizio negativo o, se il revisore si trova
nell’impossibilità di esprimere un giudizio, una dichiarazione di rifiuto di
emettere un giudizio.
c) In merito alle regole di consolidamento la direttiva in
esame abroga l’art. 14 della Settima dir. soc., che consentiva l’esclusione
dall’obbligo del consolidamento delle imprese controllate svolgenti attività
talmente diverse che la loro inclusione avrebbe contrastato con la clausola
generale di rappresentazione veritiera e corretta della situazione del gruppo. Ci si
è in tal modo conformati ai principi internazionali, in particolare allo IAS 27 che
in situazioni del genere include l’impresa nell’area di consolidamento,
richiedendo però che vengano fornite informazioni aggiuntive in merito ai
differenti settori di attività delle imprese del gruppo.
Quanto alle disposizioni di carattere facoltativo, viene attribuita agli Stati
membri la facoltà di autorizzare o prescrivere le seguenti innovazioni contabili:
a) L’inclusione di prospetti aggiuntivi rispetto allo stato
patrimoniale, conto economico e nota integrativa. Tali ulteriori documenti sono il
prospetto delle variazioni degli elementi patrimoniali del netto e il rendiconto
finanziario . Al riguardo può dirsi che quanto al primo prospetto già l’art. 2427,
lettera 7- bis c.c. (introdotto dal D. Lgs. 6/2003) prevede la redazione di appositi
prospetti in cui indicare origine, possibile utilizzazione o avvenuto utilizzo di tutte
le poste di patrimonio netto. In merito al secondo, il codice civile non prevede
alcun simile adempimento informativo, che però viene disciplinato dal principio
contabile nazionali OIC 12, il quale statuisce che il mancato utilizzo del suddetto
55
prospetto da parte delle imprese di maggiori dimensioni costituisca violazione del
principio di true and fair view.73
b) L’adozione di un nuovo schema di Stato patrimoniale, in
cui le voci sono classificate secondo il binomio corrente - non corrente. In tal
modo la direttiva introduce lo stesso criterio di classificazione previsto dagli
IAS/IFRS (che lo prevedono in alternativa al criterio di liquidità), che si affianca
ai sistemi a “sezioni contrapposte” (ossia quello adottato dal nostro sistema) e a
“forma scalare” previsti dalla Quarta direttiva. Quanto al sistema di
classificazione delle voci di bilancio, il nostro codice civile prevede il cosiddetto
metodo misto, in cui le voci dell’attivo sono classificate in base alla loro
“destinazione economica”, mentre per quanto concerne le passività il criterio
utilizzato è quello di “provenienza” 74.
c) L’adozione dello statement of performance o rendiconto
delle prestazioni, in luogo dello schema di conto economico previsto dalla Quarta
direttiva. La differenza fondamentale tra i due documenti contabili risiede nel
fatto che lo statement of performance – peraltro previsto anche dagli IAS/IFRS –
contabilizza anche ricavi e costi non realizzati o subiti, anche se non ne tiene
conto ai fini del calcolo del risultato economico dell’esercizio; al contrario nei
sistemi continentali il principio di prudenza impone l’iscrizione delle suddette
componenti in una riserva di patrimonio netto e il loro storno al conto economico
solo nel momento in cui sono realizzati75.
73 Per la trattazione più approfondita di tali prospetti di bilancio si rinvia al secondo capitolo, par. 3.3 e 3.4. 74 I due criteri di destinazione economica e di provenienza sono analizzati, in comparazione con i diversi criteri previsti dagli IAS/IFRS, nel secondo capitolo, par. 3.1.1. 75 Si rinvia al secondo capitolo, par. 3.2.2 per l’analisi comparata degli schemi di conto economico previsti dagli IAS/IFRS e quelli disciplinati dal nostro codice civile.
56
d) L’introduzione del principio della prevalenza della
sostanza sulla forma, impone che nella valutazione di un’operazione deve darsi
maggior peso alla sostanza economica dell’affare piuttosto che alla sua forma
giuridica76. A tal proposito il D. Lgs. 6/2003 ha introdotto analogo principio
modificando l’ art. 2423-bis c.c. ma, come vedremo, ben diverso è il peso che tale
principio ha nel nostro ordinamento e in quello comunitario.
e) Applicazione del fair value anche nella valutazione di
attività diverse dagli strumenti finanziari e di imputazione della differenza di
valore tra un esercizio e l’altro direttamente in conto economico. In riferimento a
tale previsione le differenze con i sistemi contabili di tipo continentale sono
davvero evidenti: basta pensare al fatto che, come detto prima, nel nostro
ordinamento il fair value non viene ancora utilizzato se non per fornire un’
informazione integrativa sugli strumenti finanziari.
f) Eliminazione della previsione che consente di rivalutare le
immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie solo in presenza di appositi
provvedimenti normativi nazionali che disciplinano le modalità di rivalutazione.
In tal modo le rivalutazioni di elementi patrimoniali verrebbero liberate dalle
stringenti limitazioni legislative, tipiche dei sistemi contabili dal carattere
marcatamente “prudenziale”77.78
76 Vedasi p. 51 per una trattazione più approfondita del principio. 77 Quanto ai limiti imposti nel sistema italiano vedi nota n. 58 78 P. MORETTI, L’ applicazione dei principi IAS nell’ ordinamento italiano, in Corr. Trib. 2004, 2359; C. SOTTORIVA, Verso l’ adozione dei principi contabili internazionali: modificate le direttive contabili sui conti annuali e consolidati, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2003, 1153; S. FORTUNATO, La modernizzazione delle direttive contabili e i principi contabili internazionali (IAS/IFRS),in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 1070.
57
La direttiva appena descritta doveva esser recepita entro il 31 Dicembre
2004; tuttavia il legislatore ha adempiuto all’obbligo solo in seguito alla
condanna da parte della Corte di Giustizia europea (8 marzo 2007), attraverso
l’emanazione del D. Lgs 32/2007.
Il decreto, le cui disposizioni si applicheranno a partire dai bilanci 2008, si
occupa di recepire solo la parte obbligatoria della direttiva tralasciando invece
l’introduzione delle previsioni facoltative, le quali sicuramente sono
maggiormente innovative e di difficile inserimento.
In particolare, quanto alla relazione di revisione il decreto ha modificato
gli articoli 2409-ter c.c., 41 del D. Lgs. 127/1991 e 156 del D. Lgs. 58/1998,
riproducendo nella sostanza quanto detto nella direttiva. Stessa sorte è toccata alla
disciplina della relazione sulla gestione, il cui contenuto è stato ampliato in
conformità a quanto già detto sopra (articoli 2428 c.c.; 40 del D. Lgs 127/1991; 3
del D. Lgs. 87/1992; 94 e 100 del D. Lgs. 209/2005). Quanto all’abrogazione
dell’art. 14 della Settima dir. soc., il decreto ha operato la soppressione della
corrispondente norma nazionale, ossia il 1° comma dell’ art. 28, D. Lgs
127/1991.79
In ordine alle prospettive future, ad oggi l’unica testimonianza del
tentativo di recepire anche le disposizioni facoltative della direttiva, è
rappresentata dal progetto O.I.C.80 elaborato nell’ottobre 2006. Il documento
79 F. MAZZINI, L’ armonizzazione con i principi IAS operativa a partire dai bilanci 2008, in Guida al Diritto 2007, 25; C. SOTTORIVA, L’attuazione della direttiva 2003/51/CEE con il D. Lgs. n. 32/2007, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2007, 657; G. VERNA, Novità in tema di bilanci e delle redazioni che lo corredano, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2007, 267. 80 L'OIC (Organismo Italiano di Contabilità) è una fondazione nata nel 2001per soddisfare l'esigenza di costituire uno standard setter nazionale dotato di ampia rappresentatività, portatore delle istanze nazionali in materia contabile. L'attività dell’organismo si esplica nello svolgimento di tali compiti :
58
propone una copiosa serie di modifiche al codice civile e al T.U.F., relativamente
alle seguenti regole:
a) Struttura e contenuto dei documenti di bilancio. Le maggiori
novità sono rappresentate dall’estensione generalizzata dell’obbligo di redigere un
autonomo “prospetto delle voci del patrimonio netto” e un “rendiconto
finanziario”. Inoltre viene stravolta la struttura dello stato patrimoniale con la
riduzione delle voci e con la sostituzione del criterio della liquidità crescente con
quello di liquidità in relazione al ciclo produttivo81. Lo schema di stato
patrimoniale mantiene invece stessa struttura e classificazione, ma il suo
contenuto viene semplificato con l’eliminazione di alcune voci (ad esempio quelle
di “valore e costi della produzione”).
La semplificazione dei due tradizionali documenti contabili, porta
all’arricchimento e al maggior dettaglio di informazioni nella nota integrativa.
b) Principi di redazione. Sotto tale profilo si assiste ad un
importante mutamento della gerarchia, infatti il principio di prevalenza della
sostanza sulla forma viene anteposto a quello di prudenza e dunque soggiace solo
al criterio del going concern (prospettiva della continuazione dell’attività). Inoltre
il principio secondo cui dal bilancio devono risultare solo gli utili realizzati viene
temperato dalla nuova esigenza di dar conto di possibili utili derivanti da
valutazioni al fair value.
- emanare i principi contabili per la redazione dei bilanci ai quali non si applicano i principi contabili internazionali; - dare il proprio contributo durante la fase di applicazione in Italia dei IAS/IFRS, operando in sinergia con l'EFRAG, lo IASB e gli altri standard setter europei; - collaborare con il legislatore nell'emanazione della normativa in materia contabile; - promuovere la cultura contabile. 81 Secondo tale criterio le attività e le passività si dividono in “correnti” e “non correnti” a seconda che il loro realizzo sia previsto o meno entro il normale ciclo operativo dell’ impresa.
59
c) Criteri di valutazione. La scelta è quella di mantenere come
criterio generale quello del costo storico, consentendo però di derogarvi con
riferimento alle immobilizzazioni, alle partecipazioni in controllate e collegate e
altre voci, che dunque possono esser valutate al fair value. Il fair value è invece
imposto per la valutazione degli strumenti finanziari detenuti per negoziazione e
per quelli disponibili per la vendita.82
Come si percepisce dalla breve analisi svolta, il progetto, laddove recepito,
porterebbe ad un radicale stravolgimento del sistema contabile nazionale: proprio
per tale motivo gli addetti ai lavori sono piuttosto cauti e stanno analizzando i
possibili impatti di una simile riforma, in modo da stabilire se sia o meno il caso
di introdurla nel contesto contabile vigente.
2.4 La direttiva 38/2003
Per ragioni di completezza occorre brevemente soffermarsi su un terzo
provvedimento comunitario, che è volto non a modificare le direttive contabili per
conformarle ai principi contabili internazionali, bensì ad agire indirettamente
sull’ambito applicativo degli IAS/IFRS: infatti amplia il numero delle imprese che
82 S. FORTUNATO, La modernizzazione delle direttive contabili e i principi contabili internazionali (IAS/IFRS),in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 1070;
60
beneficiano della possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata, mediante
l’innalzamento dei limiti massimi preesistenti.83
L’incidenza sull’ambito applicativo IAS/IFRS deriva dunque dal fatto che
alle società che hanno la facoltà di redigere il bilancio in forma abbreviata è
preclusa la possibilità di adottare i principi contabili internazionali84. Sicché il
provvedimento ha indirettamente attuato anche un leggero innalzamento del limite
al di sotto del quale è vietata l’adozione delle regole contabili internazionali.85
83 In particolare in seguito al recepimento della direttiva i limiti ad oggi vigenti all’ art. 2435-bis c.c. sono:
a) quanto al totale dell’ attivo di stato patrimoniale si è passati da euro 3.125.000 a euro 3.650.000
b) quanto ai ricavi delle vendite e delle prestazioni il vecchio limite di euro 6.250.000 è stato innalzato a euro 7.300.000
c) il parametro del numero di dipendenti è invece rimasto di 50. 84 Vedi p. 17. 85 C. SOTTORIVA, Verso l’ adozione dei principi contabili internazionali: modificate le direttive comunitarie sui conti annuali e consolidati, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2003, 1153.
61
II° CAPITOLO
Raffronto tra i principi contabili
internazionali e il sistema contabile italiano
1 I soggetti tutelati
Prima di passare all’analisi delle regole contabili e degli schemi di bilancio
appare opportuno un accenno alle diverse esigenze e quindi alle opposte finalità
cui sono rivolti i due sistemi, quello italiano e quello comunitario, ciò in virtù
della diversa impostazione di base che rende le due discipline così divergenti e
incompatibili.
Quanto agli IAS/IFRS, già il Framework approvato nel 1989 esplicita che
lo scopo del bilancio è quello di “fornire informazioni sulla situazione
patrimoniale, sul risultato economico e sulle variazioni della struttura finanziaria
dell’impresa, utili ad un’ampia gamma di utilizzatori per prendere decisioni in
campo economico”.
La finalità dei principi internazionali è dunque quella di fornire a tutti i
possibili destinatari uno strumento per assumere decisioni consapevoli, ossia sulla
base di una chiara, completa e confrontabile rappresentazione del quadro
economico-finanziario dell’impresa. Il riferimento è generale, senza alcuna
62
preferenza per un tipo di informazione o per una categoria di stakeholder: difatti
lo stesso Framework elenca una serie sostanzialmente omnicomprensiva di
soggetti destinatari del bilancio, comprendente sia investitori che dipendenti, sia
fornitori che clienti, nonché governi e loro istituzioni.
Tuttavia lo stesso documento specifica una sorta di scala gerarchica tra gli
utilizzatori, all’interno della quale vengono collocati al primo posto gli investitori,
ossia coloro che forniscono il capitale di rischio all’impresa, perché la loro
decisione di continuare o meno a investire in quell’intrapresa economica è
considerata meritevole di maggiore tutela rispetto alle altre. Questa tendenza è
tipica dei paesi in cui vi è cospicua presenza di società di capitali ad azionariato
diffuso (public company) che redigono i propri bilanci rivolgendosi
prevalentemente agli investitori, sia attuali che potenziali, fornendo loro
informazioni circa il possibile rendimento dei loro investimenti nel breve periodo.
In Italia invece, l’art. 2423 individua la finalità del bilancio nella
“ rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria,
nonché del risultato economico”, laddove per veritiera e corretta non si intende
un’informazione utile a fini decisionali, quanto piuttosto un’esposizione prudente
del patrimonio e del risultato economico dell’esercizio per tutelare i creditori della
società. La suddetta finalità, tipica dei sistemi continentali, trova il suo
fondamento nel diverso contesto economico-imprenditoriale, caratterizzato dal
prevalere del modello societario a ristretta base azionaria, ossia in cui un
“nocciolo duro” di azionisti predomina indiscusso, detenendo la maggioranza del
capitale sociale. In tale sistema il ricorso al mercato borsistico è poco sviluppato,
63
perché potrebbe pregiudicare la stabilità dell’assetto proprietario; sicché si
preferisce ricorrere a prestiti e quindi all’indebitamento.
Da ciò nasce l’esigenza di preservare la garanzia patrimoniale per i
creditori e fornire loro un quadro prudenziale della situazione patrimoniale ed
economica.86
Questo diverso approccio comporta delle opposte scelte di fondo
nell’ambito della disciplina contabile: infatti mentre gli investitori sono interessati
a informazioni che siano capaci di evidenziare la produttività effettiva
dell’azienda e quindi anche il suo potenziale, i creditori preferiscono invece un
rendiconto prudenziale, ossia basato su proventi effettivamente realizzati e su
valutazioni indifferenti ai valori di mercato.
Affrontata tale premessa, nei paragrafi successivi saranno analizzate le
principali differenze tra i due modelli contabili in relazione ai seguenti argomenti:
• i principi generali di redazione;
• il contenuto e criteri di valutazione dei documenti contabili;
• il confronto tra criterio di fair value e quello del costo storico.
86R.H. PARKER, Comparative International Accounting, VII ed., 2002; P. MORETTI, Finalità e destinatari di un bilancio IAS, in Corriere Tributario 2004, 2593; F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il” reddito prodotto” ed il” reddito potenziale”,in Impresa c.i. 2007, 1329; S. AZZALI, L’ obbiettivo dei bilanci, in S. AZZALI, Il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali.Problemi applicativi.Soluzioni operative. Potenzialità informative, Milano, 2002, 46.
64
2 I principi generali di redazione
Per principi generali si intendono i postulati di base, che ispirano tutta la
disciplina contabile e che in caso di divergenza prevalgono sempre sulle regole
particolari e sugli altri principi.
Per quanto riguarda il sistema IAS/IFRS il quadro dei principi generali è
strutturato su tre livelli (cfr. Tabella n. 2), che vedono al vertice la clausola
generale di utilità delle informazioni per gli utenti, al secondo posto gli assunti
fondamentali (“basic assumption”) di competenza economica e continuità
aziendale, al gradino più basso le cosiddette caratteristiche qualitative
(“qualitative characteristcs”), a loro volta di primo e secondo livello.
Tabella n. 2
1° livello:
Clausola generale
Utilità delle informazioni a fini contabili
2° livello:
Assunti
fondamentali
Competenza
economica
Continuità aziendale
3° livello:
Caratteristiche
qualitative
Comprensibilità Significatività
↓
Rilevanza
Attendibilità
↓
Rappresentazione
fedele
Neutralità
Comparabilità
65
Prudenza
Completezza
Prevalenza
sostanza su forma
Il modello italiano invece prevede due livelli di principi, ossia la clausola
generale di cui art. 2423 c.c. e i principi generali di redazione dell’art. 2423-bis
c.c. (cfr. Tabella n. 3). Inoltre un’apposita “Commissione per la statuizione dei
principi contabili”87, ha redatto il principio contabile nazionale n. 11, (modificato
nel 2005 dall’O.I.C. in relazione alla riforma di diritto societario di cui al D.lgs.
6/2003) nel quale è elencato un novero di principi generali di redazione che
pressappoco coincide con quello previsto dal codice civile (cfr. Tabella n. 4).
Tabella n. 3
1° livello: Clausola
generale (art. 2423
c.c.)
- Chiarezza - Rappresentazione veritiera e corretta
della situazione patrimoniale, finanziaria e
del risultato economico
87 La Commissione per i Principi Contabili, costituita dai Consigli nazionali dei ragionieri e dei dottori commercialisti, si è insediata il 28 luglio 2004 con l'intento di perseguire principalmente due obiettivi: adottare iniziative di impulso e proposizione durante la fase di statuizione dei Principi Contabili (demandata all'OIC); promuovere e approfondire le diverse tematiche connesse all'interpretazione e alla diffusione dei Principi Contabili.
66
2° livello: Principi
generali di redazione
(art. 2423-bis c.c.)
- Prudenza
- Continuità aziendale
- Considerazione della funzione economica
dell’ elemento valutato
- Indicazione dei soli utili realizzati
-Competenza economica
- Considerazione dei rischi e delle perdite di
competenza anche se conosciute dopo la
chiusura dell’ esercizio
- Valutazione separata degli elementi eterogenei
- Applicazione dei stessi criteri anche negli esercizi
successivi
Tabella n. 4
Principio contabile nazionale n. 11:
Periodicità della misurazione del patrimonio e del risultato economico
Prevalenza sostanza su forma
Comprensibilità
Neutralità Prudenza
Comparabilità Omogeneità
Competenza
Significatività e rilevanza
Costo come criterio base
Continuità di applicazione delle regole di valutazione
Verificabilità delle informazioni Funzione informativa e completezza
della nota integrativa
Utilità per i destinatari e completezza dell’informazione
67
Delle clausole generali si è già detto, dunque spostiamo l’attenzione prima
sugli assunti fondamentali e poi sulle caratteristiche qualitative, evidenziando
volta per volta le divergenze rispetto ai principi generali italiani.
2.1 Gli assunti fondamentali
Il Framework del 1989 ha fissato due premesse essenziali nell’ambito del
sistema contabile elaborato dallo IASB:
o competenza economica
o continuità aziendale.
Dal momento che anche il codice civile prevede tali principi, appare
opportuno verificare se i contenuti coincidono.
Quanto alla competenza il Framework specifica che secondo tale principio
deve tenersi conto non solo dei ricavi e dei costi effettivamente percepiti o versati,
ma più in generale di tutti i proventi e gli oneri di competenza dell’ esercizio,
purché l’incremento o decremento di benefici economici derivante possa esser
valutato attendibilmente (paragrafi 92 e 94 del Framework).
Il codice civile prescrive espressamente che deve tenersi conto di proventi
e oneri di competenza dell’esercizio, indipendente dalla data dell’incasso o del
pagamento, ma la portata di tale enunciazione è più restrittiva che nel Framework.
Infatti, un altro principio generale specifica che non possono indicarsi utili che
non siano stati realizzati alla data di chiusura dell’esercizio, dunque per
l’iscrizione in conto economico di un ricavo si richiede che questo sia stato
68
effettivamente percepito mediante un’attività di scambio o comunque di realizzo
finale (tendenzialmente, tale momento coincide con la spedizione dei beni o
l’esecuzione della prestazione). Diverso è invece il trattamento dei costi che
parimenti al Framework vengono iscritti in conto economico anche se “presunti”,
ossia sorti nell’esercizio di riferimento ma non ancora pagati.
Questa limitata concezione del principio di competenza crea
un’asimmetria di trattamento nell’ambito del sistema nazionale tra costi e ricavi,
dando vita a risultati di conto economico piuttosto statici. Nel contesto IAS/IFRS,
invece si tiene conto non solo dei costi presunti, ma anche degli utili sperati, ossia
quelli derivanti da operazioni che si concluderanno negli esercizi successivi (ad
esempio plusvalenze da valutazioni al fair value), fornendo in tal modo un quadro
più dinamico della situazione economica dell’impresa.
Quanto alla continuità aziendale, essa è intesa come criterio che impone di
effettuare le valutazioni escludendo ipotesi di cessione o liquidazione
dell’azienda, tenendo in considerazione le possibili evoluzioni della gestione ed i
programmi operativi che vedono coinvolti gli elementi da valutare. Il Framework
specifica che per discontinuità si intende non solo l’interruzione e la liquidazione,
ma anche la significativa riduzione della propria attività, ampliando in tal modo il
novero dei casi in cui può derogarsi alla prospettiva di continuazione dell’attività
e agli altri principi ordinari. La dottrina italiana si è chiesta se anche nel nostro
sistema possa ritenersi tale la valenza del concetto continuità ed alcuni autori
hanno sottolineato come qualora vi sia un radicale cambiamento delle prospettive
ipotizzate non abbia senso mantenere la stessa metodologia valutativa iniziale88 e
88 Il Superti Furga ad esempio pone il caso in cui cessino gran parte delle attività dell’ azienda ma questa rimanga in essere: criticamente si chiede che utilità abbia in tale circostanza calcolare il
69
quindi di come l’accezione data dal Framework sia per certi versi compatibile
anche con l’impianto contabile nazionale.89
2.2 Le caratteristiche qualitative
Le caratteristiche qualitative costituiscono le modalità applicative della
clausola generale di utilità delle informazioni, sicché nella pratica il loro rispetto
dovrebbe garantire la redazione di un’informazione contabile utile per le decisioni
degli stakeholder. Il Framework prevede quattro caratteristiche di primo livello
due delle quali, a loro volta, specificano ulteriori caratteristiche dette di secondo
livello (cfr. Tabella 2).
1) Compresibilità
A mente di tale caratteristica, il bilancio deve esser redatto in modo da
risultare prontamente comprensibile agli utilizzatori, laddove con il termine
utilizzatori si fa riferimento a soggetti aventi una cultura contabile medio-alta.
Dunque il contenuto del principio è nel senso di richiedere non un bilancio
elementare o eccessivamente esplicativo di ogni voce, ma un rendiconto che sia
facilmente intelligibile per lettori esperti. Il codice civile prevede come principio
reddito dell’ esercizio. F. SUPERTI FURGA, Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, Milano, 1997, 16. 89 S. AZZALI, I principi generali dei bilanci, in S. AZZALI, Il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali.Problemi applicativi.Soluzioni operative. Potenzialità informative, Milano, 2002, 57; M. PINI, I principi del nuovo bilancio d’ esercizio.le logiche di redazione secondo il d. lgs. 127/91 in attuazione della IV direttiva CEE, Milano, 1993, 131 ; E. SANTESSO e U. SOSTERO, Principi contabili per il bilancio d’ esercizio. Norme civilistiche e tributarie. Principi contabili nazionali e internazionali. Analisi, problemi e soluzioni, Milano, 2001, 25.
70
speculare quello di chiarezza, inserito nell’articolo 2423 c.c. insieme a quello di
rappresentazione veritiera e corretta90.
Il contenuto dei due principi di chiarezza e comprensibilità è pressappoco
coincidente91, ma l’effettiva incidenza pratica è diversa in quanto diverso è il
contesto in cui sono collocati. Mentre in un bilancio redatto secondo le
prescrizioni del codice civile un simile criterio è volto a verificare una corretta
applicazione delle regole stringenti imposte, nel caso del bilancio IAS/IFRS (in
cui invece non vi sono schemi rigidi e obbligatori e le regole valutative lasciano
largo spazio alla discrezionalità dei redattori) il criterio di comprensibilità
costituisce un’importante clausola di salvaguardia che consente di frenare
eventuali abusi da parte degli amministratori.92
2) Significatività
Sempre in relazione alle esigenze informative degli utilizzatori, la seconda
caratteristica qualitativa indicata dallo IASB è la significatività. Il principio
impone la doverosa indicazione di tutti i dati e le informazioni connotate dalla
capacità di influenzare una decisione economica, ossia di tutte quelle valutazioni
che aiutano a comprendere meglio gli eventi che incidono sull’andamento
economico dell’impresa.
90 Il principio contabile nazionale n. 11 indica invece testualmente il criterio di comprensibilità. Ma la valenza è la stessa del principio di chiarezza di cui al c.c.. 91 In fatti anche nel nostro sistema si è da tempo consolidata la tendenza a misurare la chiarezza di un bilancio svincolando gli amministratori da eccessive pretese, e ciò sulla base della considerazione che il bilancio è destinato a lettori in possesso di una cultura ragionieristica di medio livello, e di medio-alto nel caso di bilancio di una società quotata. B. QUATRARO e S. D’AMORA, Il bilancio d’esercizio e consolidato delle imprese ordinarie, bancarie, finanziarie, sportive ed assicurative. Problematiche civili, penali e tributarie, Milano, 1998, 21. 92In particolare tale principio sta alla base della necessità di indicare nei prospetti aggiuntivi, soprattutto la nota integrativa, tutte quelle informazioni che sono omesse o comunque trascurate nella compilazione degli schemi di stato patrimoniale e conto economico e la cui completa ignoranza potrebbe pregiudicare un informazione comprensibile, e quindi utile, per gli stakeholder.
71
Tale criterio porta con se anche una caratteristica qualitativa di secondo
livello, ossia la rilevanza, la quale specifica il concetto di significatività ponendosi
come limite sia qualitativo (natura dell’informazione) che quantitativo (margine
entro cui un dato può omettersi o considerarsi erroneamente), entro il quale
un’informazione può ritenersi significativa.
Nel nostro ordinamento il codice civile non include il criterio
significatività tra i principi di cui all’art. 2423-bis ma lo utilizza solo come
parametro di riferimento per l’indicazione di alcune informazioni in nota
integrativa ( art. 2427 n. 6-bis e 10, c.c.). Inoltre, sebbene il principio contabile n.
11 faccia esplicito riferimento a entrambi i concetti di significatività e rilevanza, la
prassi contabile tende a darvi poco rilievo. Questa indifferenza da parte del nostro
ordinamento deriva dal fatto che un sistema contabile rigido e dai connotati
prevalentemente formalistici lascia ben poco spazio a valutazioni e operazioni
orientate alla sostanza e quindi anche all’utilizzo di criteri flessibili e plasmabili,
quale il principio di significatività.93
3) Attendibilità
Si tratta del principio probabilmente più complesso e rilevante nell’ambito
del sistema IAS/IFRS, pertanto lo IASB si è premurato di redigerlo in modo più
approfondito, mediante la previsione delle seguenti sottocaratteristiche:
1) Presentazione fedele. Il principio impone l’utilizzo di un
modus operandi scevro da valutazioni incoerenti rispetto ai fatti aziendali:
evidente la sua affinità col principio di rappresentazione veritiera e corretta
previsto dall’art. 2423 c.c. . 93 G. SAVIOLI, Il bilancio di esercizio secondo i principi contabili nazionali e internazionali, Milano, 2004, 84; A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano, 2005, 73.
72
D'altronde sebbene il sistema IAS/IFRS e quello nazionale siano orientati verso
finalità diverse, comunque il punto di partenza non può che essere lo stesso, ossia
quello di originare dagli eventi che hanno riguardato l’impresa e rappresentarli in
modo idoneo e conforme alla realtà materiale.
2) Neutralità. Nell’ambito del Framework il principio è diretto
a vietare un uso “speculativo” del bilancio da parte degli amministratori, ossia un
utilizzo dell’informazione contabile al fine di indurre il pubblico dei investitori
verso determinate decisioni economiche.
La finalità anti-abuso, perseguita nel contesto IAS/IFRS, non è invece propria
anche del modello contabile nazionale: il codice civile neanche prevede il
principio di neutralità mentre il principio n. 11 lo indica in funzione di
imparzialità e indipendenza delle regole contabili verso tutti i destinatari del
bilancio. In realtà si è già evidenziato come l’impianto contabile nazionale sia
fortemente orientato verso la tutela dei creditori, dunque come il principio sia una
mera previsione di circostanza, privo di effettiva precettività.94
3) Prudenza. Nell’ambito dei principi contabili internazionali
tale criterio viene relegato in una situazione marginale. Infatti oltre ad esser
collocato tra le caratteristiche qualitative di secondo livello, sotto il profilo
contenutistico esso si risolve nella semplice richiesta di cautela durante
l’elaborazione di valutazioni problematiche, al fine di evitare il
sovrapprezzamento dei ricavi o la sottostima delle perdite. Dunque gli IAS/IFRS
definiscono la prudenza come un mera regola generale di condotta, senza
indicarne alcuna implicazione pratica nella redazione del bilancio. 94 FONDAZIONE LUCA PACIOLI, Quadro sistematico per la preparazione e presentazione del bilancio. Finalità, destinatari, principi di redazione ed elementi di struttura di un bilancio IAS, Roma, 2003, 4.
73
Situazione opposta si presenta nel nostro sistema: la prudenza, posta al
vertice dei principi di redazione di cui all’ art. 2423 c.c., costituisce uno dei
principi cardine della disciplina contabile e, di fatto, influenza l’intero sistema
delle regole di redazione. Tale atteggiamento prudenziale si esplicita anzitutto
nella restrittiva concezione del principio di competenza economica che, come
detto prima, impone l’iscrizione di perdite anche solo “probabili” ma non
consente la contabilizzazione degli utili solo “sperati”. Inoltre, l’impostazione
prudenziale si riflette anche nelle disposizioni di cui all’ art. 2426 c.c., ossia nelle
singole regole di valutazione: a riguardo si può menzionare la disciplina prevista
per le “attività circolanti” – ossia le rimanenze, i titoli e le partecipazioni che non
costituiscono immobilizzazioni – in relazione alle quali il fair value entra nel
procedimento di valutazione solo se minore del costo storico; o ancora alla
disposizione sulle “immobilizzazioni” che ne impone la contabilizzazione solo al
costo storico, sistematicamente ammortizzato e ulteriormente diminuito nel caso
di durevole riduzione di valore.
Il diverso atteggiamento da parte dei due sistemi in riferimento al concetto
di prudenza è in stretta relazione con le rispettive caratteristiche essenziali dei due
tipi di rendiconto: un bilancio prudente come quello italiano è statico,
conservatore, quindi non è in grado di fornire un quadro chiaro – oltre che della
situazione attuale – anche degli effettivi sviluppi prossimi della situazione
economica dell’impresa; però assolve il compito di rassicurare o mettere in
allarme i creditori circa la situazione attuale di solvibilità dell’impresa.
Contrariamente, un rendiconto redatto secondo i principi IAS/IFRS è più
innovatore e dinamico e, dal punto di vista informativo, potenzialmente più
74
idoneo a rappresentare la reale ed effettiva situazione economica-finanziaria
dell’impresa, soprattutto per quanto concerne la sua ipotizzabile evoluzione.95
a) Completezza. Il principio in questione allude ad un
rendiconto esaustivo e compiuto, ossia contenente informazioni esaurienti: il
requisito potrebbe apparire antitetico rispetto alla natura sintetica e riassuntiva del
bilancio e, proprio per tale motivo, non è da intendere in senso assoluto bensì da
contemperare con i due parametri del costo e della rilevanza. Il primo per evitare
spese eccessive e sproporzionate rispetto al beneficio informativo apportato; il
secondo per evitare che la completezza sfoci in un inutile e caotico accumulo di
informazioni superflue.
Il codice civile non prevede una simile caratteristica qualitativa, mentre il
principio contabile n. 11 la cita espressamente, sebbene raccomandi di non
eccedere nella sua attuazione pratica. Diversamente, dalla prassi contabile spesso
emerge una superflua estensione e complessità soprattutto della nota integrativa
che va al di quanto richiesto a fini informativi e anzi spesso complica la
comprensione dei documenti contabili stessi.96
b) Prevalenza della sostanza sulla forma. Si tratta di uno dei
principi maggiormente caratterizzanti il sistema IAS/IFRS soprattutto se
raffrontato con il modello contabile nazionale.
Il Framework osserva che l’informazione, per essere attendibile, deve
rappresentare fedelmente i fatti che riguardano l’impresa e a tal fine è necessario
che “le operazioni e gli altri eventi siano rilevati e rappresentati in conformità
95 P. MORETTI, Finalità e destinatari di un bilancio IAS, in Corr. Trib. 2004, 2598; F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il reddito “prodotto” ed il reddito “potenziale”, in Impresa c.i. 2007, 1329; S. MARASCA, Le valutazioni nel bilancio d’esercizio, Torino, 1998, 101. 96 A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano,2005, 80.
75
alla loro sostanza e realtà economica e non solamente secondo la loro forma
legale” 97. Dunque, nell’ambito dei principi contabili internazionali si prevede che
nei casi in cui non vi sia perfetta concordanza tra l’aspetto sostanziale e quello
giuridico-formale di un’operazione aziendale, il criterio prevalente e, quindi,
preponderante per la contabilizzazione in bilancio è rappresentato dalla sostanza
economica. Quanto alla nozione di “sostanza economica”, gli IAS/IFRS fanno
riferimento a quella funzionale a fornire l’informazione utile agli investitori:
quindi viene intesa come l’effettivo risultato perseguito dall’operazione laddove
influente rispetto all’interesse degli investitori al buon esito del loro
investimento98.
Il principio in esame rappresenta una delle prove più evidenti
dell’influenza anglosassone nei principi internazionali: tale considerazione è
avvalorata dal fatto che il criterio in esame, oltre a rappresentare uno dei principi
generali preminenti, costituisce la ratio sottostante la gran parte delle regole di
contabilizzazione IAS/IFRS. A riprova di ciò basta considerare la disposizione
secondo cui l’acquisto di azioni proprie va contabilizzato mediante riduzione del
patrimonio netto, in quanto assimilabile ad una sostanziale riduzione del capitale
sociale; nonché la disciplina delle prestazioni di servizi in corso d’esecuzione la
97 Il Framework a titolo di esempio indica il caso in cui l’impresa ceda un‘attività a terzi in modo che dagli atti appaia che la proprietà del bene sia trasferita alla controparte, ma in base ad accordi sottostanti l’impresa di fatto continui a godere dei benefici connessi. Secondo lo IASB, in un simile contesto, la rilevazione contabile di una vendita non rappresenterebbe fedelmente l’operazione avvenuta, perché non guarderebbe alla sostanza dell’ affare posto in essere, focalizzandosi esclusivamente sull’aspetto giuridico-formale. 98 Tra le riflessioni riguardo il concetto di sostanza economica, vi è quella secondo cui da un punto di vista civilistico la sostanza economica non rientra neppure nella nozione di negozio collegato, in quanto questo è esclusivamente legato alla volontà comune delle parti, mentre dal punto di vista degli IAS/IFRS entra in gioco soprattutto l’interesse degli utilizzatori ad un’ informazione fedele. A riguardo vedasi A. VACCA, Gli IAS/IFRS e il principio di prevalenza della sostanza sulla forma: effetti sul bilancio e sul principio di derivazione nella determinazione del reddito d’impresa, in Rivista dei Dottori Commercialisti 2006, 769.
76
cui rilevazione in bilancio va effettuata in proporzione ai corrispettivi pattuiti
anche laddove il diritto al corrispettivo non è ancora maturato (come nel caso
delle obbligazioni di risultato, tipiche dei rapporti di consulenza).
Il criterio di prevalenza della sostanza sulla forma è stato recentemente
introdotto anche nel nostro ordinamento, in seguito al D. Lgs. 6/2003, attuativo
della direttiva 51/2003: l’art. 2423-bis n.1 stabilisce infatti che nella redazione del
bilancio deve tenersi conto della funzione economica dell’elemento attivo e
passivo considerato. L’O.I.C. ha successivamente precisato che l’enunciato
equivale a quello di prevalenza della sostanza sulla forma ed ha chiarito che per
sostanza economica si intende l’essenza economica dell’evento, ossia la vera
natura dello stesso. Tuttavia l’effettivo rilievo del criterio all’interno del sistema
contabile nazionale è notevolmente ridotto rispetto all’ambito IAS/IFRS: infatti
esso sul piano applicativo opera solo se non in contrasto con altre norme, dunque
in via residuale. Ciò deriva dal fatto che il principio in questione è stato inserito in
un contesto normativo ispirato a tutt’altre concezioni, quali quelle di formalità,
schematicità e rigidità del sistema: non a caso alcuni parlano di “prevalenza della
forma giuridica sulla sostanza economica”.99
Un esempio pratico in merito alla differente portata del principio in esame
nei due sistemi contabili è certamente rappresentato dal trattamento contabile
delle operazioni di leasing finanziario. Anzitutto occorre premettere che un
contratto di leasing viene classificato come operativo se trasferisce all’utilizzatore
i rischi e i benefici connessi al bene. Nella pratica si è di fronte ad un operazione
di questo tipo quando le parti hanno previsto il trasferimento automatico della
99 Vedasi F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il” reddito prodotto” e il” reddito potenziale”, in Impresa c.i. 2007, 1329.
77
proprietà del bene al locatario al termine del contratto stesso, ovvero se il valore
attuale dei pagamenti minimi dovuti è almeno pari al fair value del bene locato,
ossia se la durata del contratto è vicina alla vita economica attesa del bene, o
ancora se i beni dati in locazione sono talmente particolari che il loro utilizzo non
può essere trasferito senza rilevanti modifiche.
Secondo lo IAS 17 una simile operazione viene contabilizzata mediante
l’iscrizione del valore ammortizzato del bene nell'attivo dello stato patrimoniale
dell’utilizzatore, mentre nel passivo deve indicarsi l’ammontare del debito residuo
suddiviso in quota a breve (entro i 12 mesi) e quota a lungo termine (oltre i 12
mesi); nel conto economico devono invece indicarsi la quota di ammortamento e
gli oneri finanziari. Specularmente, il concedente iscrive in bilancio un credito per
la parte relativa all’ammontare dei canoni non maturati, registrando per
competenza i canoni maturati e gli oneri accessori. In sostanza la disposizione
assimila i beni in leasing a quelli di proprietà, e ciò in quanto dal punto di vista
finanziario – quindi di chi ha interresse a ricevere informazioni sulla redditività e
sui flussi finanziari dell’impresa – rileva solo se i rischi e i benefici del bene
passano in capo all’utilizzatore, mentre è indifferente se a ciò corrisponde o meno
una formale titolarità del bene.
Diversamente, la norma italiana prevede che il bene oggetto del leasing
finanziario resti contabilizzato nello stato patrimoniale dell’impresa concedente,
nel cui conto economico figureranno la quota di ammortamento e gli oneri
finanziari del leasing. Invece nel bilancio dell’utilizzatore i canoni maturati
verranno indicati tra i “costi per godimento di beni di terzi” (art. 2425 c.c., voce
B8), mentre l’ammontare dei canoni futuri confluirà nei “conti d’ordine” (art.
78
2424, comma 3, c.c.). Di conseguenza l’utilizzatore contabilizza i canoni pagati in
conto economico, ma il bene potrà esser iscritto nell’attivo stato patrimoniale solo
al momento del riscatto e al costo del riscatto.
Riscontrata l’evidente difformità informativa originata dai due metodi, il
legislatore nazionale – nell’ambito del D. Lgs 6/2003 – ha introdotto l’art. 2427 n.
22, nel quale specifica quali siano le informazioni che l’utilizzatore di beni in
locazione finanziaria deve fornire nella nota integrativa. In particolare, la
disposizione prevede che la nota integrativa deve indicare le operazioni di
locazione finanziaria che attuano il trasferimento all’utilizzatore della parte
prevalente dei rischi e dei benefici inerenti al bene dedotto in contratto, e
specificare in un apposito prospetto:
o il valore attuale dei canoni non scaduti;
o l’onere finanziario effettivo attribuibile a essi e riferibile
all’esercizio;
o l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di
locazione sarebbero stati iscritti alla data di chiusura dell’esercizio qualora fossero
stati considerati immobilizzazioni.
Il altre parole, il legislatore ha previsto in nota integrativa gli stessi
conteggi extracontabili che si dovrebbero effettuare inserendo il bene in leasing
nell’attivo del bilancio. In tal modo va a ridursi il gap informativo rispetto al
bilancio IAS/IFRS ma non la differenza sul piano concettuale.100
100 G. ALBERTINAZZI, Sostanza e forma nel bilancio d’ esercizio. Dal principio di prevalenza della sostanza sulla forma alla proposizione di un particolare modello di definizione dell’ oggetto di rappresentazione del bilancio, Milano, 2002, 178; F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il “reddito prodotto” e il “reddito potenziale”, in Impresa c.i. 2007, 1329; F. GIULIANI, Il leasing nel bilancio di esercizio, alla luce dello IAS 17, in Contratto e Impresa 2005, 401; C. NOCERA e R. PATIMO, Riforma diritto societario e principi contabili: quadro di sintesi, in Il fisco 6/2004.
79
Per completezza deve rilevarsi che un ulteriore recepimento in nota
integrativa del principio di prevalenza della sostanza sulla forma è avvenuto per i
contratti di vendita con obbligo di retrocessione (art. 2427, n. 8-bis, c.c.).
4) Comparabilità
Dal momento che la finalità di un bilancio IAS/IFRS è essenzialmente
quella di fornire agli investitori uno strumento per valutare la situazione
economico-finanziaria della società a fini decisionali, al fine di assicurare un tale
livello di conoscenza è opportuno garantire la comparabilità dei dati forniti dalla
società con quelli degli esercizi precedenti e con i dati presentati da altre aziende.
Tale caratteristica dunque viene intesa in un duplice senso:
- temporale, legata alla confrontabilità fra esercizi successivi. Essa è
resa possibile dall’ulteriore criterio della costante applicazione dei criteri di
valutazione, derogabile solo in casi eccezionali e motivati.
- spaziale, ossia la possibilità di mettere a paragone rendiconti di
diverse imprese. Dal momento che il sistema IAS/IFRS si basa su regole a
carattere generale e su schemi di bilancio flessibili, per evitare che ciò ostacoli il
confronto con i rendiconti delle altre imprese o ne alteri i presupposti di
riferimento, lo IAS 1 ha precisato a tal riguardo l’importanza di una chiara e
corretta informazione sugli schemi di bilancio e sui criteri di valutazione utilizzati.
Nell’ambito nazionale, quanto alla comparabilità temporale, il n. 6 dell’art.
2423-bis c.c. prevede una disposizione analoga a quella utilizzata dai principi
internazionali. Diversamente, in merito alla confrontabilità spaziale non vi è
alcuna disposizione né nel codice né tra i principi O.I.C.: ciò si giustifica col fatto
che, a differenza che il sistema IAS/IFRS, il modello contabile italiano si
80
compone di criteri di valutazione e di schemi di bilancio che lasciano poco spazio
alla discrezionalità di chi redige il rendiconto.101
In conclusione di tale analisi può rilevarsi come la differente finalità
perseguita sia talmente influente in entrambi i sistemi da incidere già a livello di
principi e criteri generali. In particolare, le differenze maggiormente rilevanti
possono rintracciarsi nella diversa concezione del principio di competenza
economica – derivante a sua volta dal diverso peso attribuito al criterio di
prudenza – e nel diverso rilievo dato ai concetti di sostanza economica e forma
giuridica. Tali profonde differenze si riflettono, come vedremo in seguito, anche
sulle singole regole di contabilizzazione e sulla predisposizione degli schemi di
bilancio. Infatti, da un lato i principi contabili internazionali danno vita a un
corpus di regole flessibili e a carattere generale, che lasciano maggiore
discrezionalità al fine di consentire una contabilizzazione svincolata da formalismi
e capace di rappresentare la situazione economico-finanziaria potenziale
dell’azienda; diversamente, il sistema nazionale è fortemente ancorato
all’esigenza di tutela del capitale sociale, pertanto si compone di schemi rigidi e
obbligatori nonché di criteri dalla limitata variabilità, finalizzati a fornire un
quadro economico-patrimoniale dell’impresa prudentemente legato alla realtà
giuridico formale.102
101 M. L. FERDINANDA, L’applicazione degli IFRS e la performance d’impresa, in Rivista dei dottori commercialisti 2004, 489; A. FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria IAS/IFRS E XBRL, Milano, 2005, 80. 102 F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il” reddito prodotto” e il” reddito potenziale”, in Impresa c.i. 2007, 1329; P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale e il bilancio redatto con gli IAS: prevalenza della sostanza sulla forma e principio di prudenza in presenza del fair value, in Impresa c.i. 2004, 1890.
81
3. Gli schemi di bilancio
La struttura e il contenuto dei singoli documenti contabili rappresentano un
parametro di notevole interesse per approfondire le differenze tra i due sistemi in
esame.
Per quanto concerne il modello facente capo ai principi contabili
internazionali, questo risulta composto dai seguenti prospetti: stato patrimoniale,
conto economico, prospetto relativo alle variazioni delle poste del patrimonio
netto, rendiconto finanziario, note esplicative, relazione degli amministratori e
bilancio sociale o ambientale (entrambi facoltativi e non disciplinati dagli
IAS/IFRS).
Il sistema suesposto, quantomeno prima facie, non differisce molto da
quello italiano: questo infatti oltre allo stato patrimoniale e al conto economico,
impone la redazione della nota integrativa (al cui interno si colloca un apposito
prospetto sulle variazioni delle voci del netto) nonché la presentazione della
relazione degli amministratori. Sono invece facoltativi il rendiconto finanziario e
il bilancio sociale e ambientale anche se, proprio il primo, è diffusamente
utilizzato presso le imprese di maggiori dimensioni.
Tuttavia la somiglianza è solo apparente, in quanto la struttura e il
contenuto dei documenti previsti dagli IAS/IFRS è notevolmente difforme rispetto
a quanto previsto nel nostro ordinamento. In particolare, all’approccio tipicamente
82
anglosassone basato sull’essenzialità e flessibilità degli schemi di bilancio103 si
contrappone l’atteggiamento rigido e analitico del legislatore continentale.
3.1 Lo stato patrimoniale
Il prospetto in esame ha la funzione di rappresentare la situazione del
patrimonio alla data di chiusura dell’esercizio. A tal fine esso si suddivide in tre
parti ideali: attività, passività e patrimonio netto.
Inoltre lo stato patrimoniale fornisce anche un quadro della situazione
finanziaria della società, mediante la classificazione dei debiti e dei crediti di cui
essa è titolare.
Quanto al suo contenuto, lo IAS 1 prevede uno schema minimo
obbligatorio per tutte le imprese104 che, in sostanza, costituisce lo scheletro
essenziale del prospetto: infatti ne viene richiesta l’integrazione con voci
103 Può evidenziarsi come una scelta simile sia derivata, oltre che dalla forte influenza anglosassone, anche dal fatto che la disciplina si rivolge ad ordinamenti contabili profondamente diversi e ad ogni tipologia di attività d’impresa (anche bancaria, finanziaria e assicurativa). 104 Il contenuto minimo dello stato patrimoniale è costituito dalle seguenti voci: a) immobili, impianti e macchinari; b) investimenti immobiliari; c) attività immateriali; d) attività finanziarie (categoria residuale); e) partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto; f) attività biologiche; g) rimanenze; h) crediti commerciali e altri crediti; i) disponibilità liquide e mezzi equivalenti; j) debiti commerciali e altri debiti; k) accantonamenti; l) passività finanziarie (categoria residuale); m) passività e attività per imposte correnti; n) passività e attività per imposte differite; o) quote di pertinenza di terzi, presentate nel patrimonio netto; p) capitale emesso e riserve attribuibili ai possessori di capitale della controllante.
83
aggiuntive e risultati intermedi laddove ciò sia “rilevante per la comprensione
della situazione patrimoniale-finanziaria di un’entità” (IAS 1, paragrafo 69) o
qualora lo richieda un principio contabile internazionale (IAS 1, paragrafo 75)105.
Inoltre il paragrafo 68 precisa che: ulteriori voci devono essere aggiunte se la loro
dimensione e natura ne rende opportuna un’autonoma collocazione; l’ordine e la
descrizione delle voci possono essere modificati in relazione alla natura e alle
dimensioni dell’impresa.
Radicalmente diverso è il prospetto di stato patrimoniale predisposto
dall’art. 2424 c.c., il quale si articola in uno schema complesso e analitico di voci,
assolutamente rigido e obbligatorio. A titolo esemplificativo, possono illustrarsi le
seguenti differenze relative alla rappresentazione in bilancio di singole poste:
- L’art. 2424, comma 3, c.c. prevede che in calce allo stato
patrimoniale vengano inseriti i conti d’ordine, con l’indicazione delle garanzie
prestate, sia direttamente che indirettamente, nonché dei rischi e degli impegni
assunti dall’impresa e dei beni di terzi presso l’impresa. Contrariamente lo IAS 1
non prevede apposite voci dello stato patrimoniale corrispondenti ai conti d’ordine
e, invece, richiede l’indicazione delle suddette informazioni nelle note di bilancio.
- L’art. 2424 distingue due voci in relazione agli utili: quella degli utili
d’esercizio e quella degli utili portati a nuovo. Invece i principi contabili
internazionali inglobano entrambe le voci in quella degli utili accumulati.
- Lo IAS 1 prevede specificamente la voce partecipazioni
contabilizzate con il metodo del patrimonio netto mentre nel codice civile tali
partecipazioni vengono classificate tra le immobilizzazioni o l’attivo circolante (in 105 A tal proposito può farsi l’esempio dello IAS 16, il quale suddivide la voce immobili,impianti e macchinari in terreni, fabbricati, macchinari, navi, aerei, autoveicoli, mobili, attrezzature e macchine d’ufficio.
84
base alla loro destinazione). Peraltro la contabilizzazione col metodo del
patrimonio netto è ammessa dal codice solo per quelle rientranti tra le
immobilizzazioni.
- In relazione al patrimonio netto va osservato che, contrariamente a
quanto previsto dall’art. 2424 c.c., il sistema IAS/IFRS ne prevede un’autonoma
collocazione al di fuori della classe delle passività.106
Prima di passare al confronto delle diverse strutture di stato patrimoniale
previste dai due sistemi, occorre soffermarsi sui concetti di attività e passività. Il
Framework li definisce nel seguente modo:
• attività: “risorse controllate dall’impresa, risultato di operazioni
svolte in passato, dalle quali sono attesi benefici futuri economici per l’impresa”.
Dalla definizione emergono due elementi principiali: a) il fatto che sono ritenute
attività anche gli elementi che apportano un “potenziale” afflusso di risorse seppur
“indiretto” all’impresa, purché derivante da operazioni o fatti anteriori rispetto alla
data di chiusura dell’esercizio; b) la mancanza del requisito di tangibilità, posto
che è sufficiente che l’impresa abbia il controllo sostanziale della risorsa e che se
ne sia assunta i relativi rischi e benefici.
• passività: “obbligazioni attuali dell’impresa nascenti da operazioni
svolte in passato il cui regolamento porterà alla fuoriuscita dall’impresa di risorse
economiche che costituiscono benefici economici”. La nozione è speculare a
quella di attività ed è tale anche la sua portata: il concetto di obbligazione è infatti
106 M. NESSI, Bilancio IAS: principi di redazione e conseguenze per le imprese, in Il fisco 23/2004; G. D’ABRUZZO e E. PUCCI, Introduzione ai principi contabili internazionali, analisi del metodo e dei criteri di formazione del bilancio di esercizio nella prospettiva degli IAS, in Boll. Trib. 2004, 966.
85
anch’esso inteso in senso sostanziale, comprendendo qualsiasi dovere
giuridicamente rilevante che deriva da operazioni o eventi passati.
• patrimonio netto: esso è un elemento derivato, in quanto consiste
nella differenza tra tutte le attività e tutte le passività, suddivisa in utili, riserve e
capitale sociale.
Rispetto alle nozioni fornite dall’ordinamento nazionale, la differenza
fondamentale risiede nell’assenza del requisito della formale titolarità della
risorsa, la quale si riflette nella già discussa diversa qualificazione di operazioni
quali il leasing finanziario, ma anche degli strumenti finanziari e dei preliminari
con trasferimento anticipato del possesso.107
3.1.1 La struttura dello stato patrimoniale.
Per quanto concerne le modalità di esposizione delle voci di stato
patrimoniale, lo IAS 1 prevede due diversi criteri, applicabili sia per le attività che
per le passività: a) il metodo del ciclo operativo; b) il criterio di liquidabilità.
Viene inoltre stabilito che di regola deve applicarsi il primo, salvo che l’utilizzo
del criterio di liquidità assicuri, nel caso specifico, un’informazione
maggiormente attendibile e significativa.
a) Il criterio del ciclo operativo
107 P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale ed il bilancio con gli IAS: lo stato patrimoniale, in Impresa c.i. 2004, 572; G. SAVIOLI, Il bilancio di esercizio secondo i principi contabili nazionali e internazionali, Milano, 2004, 113.
86
Tale forma di classificazione si basa sulla distinzione tra valori correnti e
non correnti in relazione al ciclo operativo dell’impresa, laddove per quest’ultimo
lo IAS 1, paragrafo 59, intende il “tempo intercorrente tra l’acquisizione dei
materiali che entrano nel processo produttivo e la loro realizzazione in denaro o in
altro strumento prontamente convertibile in denaro”108. Sicché tale parametro
consente di distinguere gli elementi attivi e passivi tra quelle relative all’attività
ordinaria svolta dall’impresa e quelle invece connesse ad operazioni a medio-
lungo tempo.
In particolare un’attività viene considerata corrente quando rientra in una
delle seguenti categorie:
− attività possedute per la vendita ed il consumo che si
prevede vengano realizzate nel normale svolgimento del ciclo operativo.
Rientrano in tale insieme le rimanenze e i crediti commerciali venduti, realizzati o
comunque utilizzati nell’ambito del normale ciclo operativo, e ciò anche qualora
l’effettivo percepimento del beneficio economico da essi derivante viene
realizzato oltre l’esercizio amministrativo di riferimento109.
− attività possedute principalmente per essere negoziate o
che comunque si suppone vengano realizzate entro dodici mesi dal termine
dell’esercizio di riferimento. In tale categoria rientrano gli strumenti finanziari e
tutte le attività finanziarie destinate alla negoziazione, nonché gran parte dei ratei
attivi. A differenza della categoria precedente, per tali tipologie di attività si
108 Dal momento che l’identificazione di un simile parametro può non risultare sempre agevole, lo IAS 1 specifica che laddove si rilevino dette difficoltà, si assume che il normale ciclo operativo sia di dodici mesi. 109 Dunque rientrano tra le attività correnti anche i crediti commerciali con scadenza superiore ai dodici mesi dalla data del bilancio, nonché quella parte di rimanenze che verrà effettivamente monetizzata dopo l’esercizio amministrativo successivo.
87
richiede che l’impresa preveda un loro effettivo realizzo entro l’esercizio
successivo, altrimenti le si deve classificare come non correnti.
− attività consistenti in denaro o altro mezzo equivalente
liberamente utilizzabili: si tratta del denaro di cassa, dei conti correnti bancari, dei
depositi a vista e delle attività finanziarie ad essi equivalenti (ossia investimenti
finanziari a brevissimo termine).
La categoria delle attività non correnti è definita come residuale, infatti
sono qualificate come tali tutte le attività non classificabili tra quelle correnti. Per
esclusione possono pertanto classificarsi come non correnti le seguenti attività:
� le attività materiali corrispondenti alla voce immobili,
impianti e macchinari;
� le attività immateriali quali l’avviamento, il know how e gli
altri intangibles110 a vita indefinita;
� le altre attività operative e finanziarie realizzabili oltre
l’esercizio successivo, come ad esempio crediti relativi ad operazioni non
riconducibili nel normale ciclo operativo e le partecipazioni detenute non a fini di
negoziazione.
Passando ad analizzare le passività, il loro trattamento è analogo a quello
previsto per le attività, infatti sono classificate come correnti le passività
riconducibili entro una delle seguenti categorie:
110 La nozione di intangibles cui si fa riferimento è quella di “capitale immateriale”, la quale indica l'insieme delle risorse materialmente intangibili a disposizione di una azienda rilevanti per la sua capacità competitiva ed il suo valore. A titolo esemplificativo, sono qualificati come intangibles: l’avviamento, i marchi, i brevetti, le licenze, la quota di mercato, la lista dei clienti, la rete di vendita, le banche dati, il software, le testate giornalistiche, i domini di internet, il portafoglio ordini.
88
− passività che si prevede vengano estinte nel normale
svolgimento del ciclo operativo: si tratta dei debiti commerciali e in genere di tutti
i costi operativi, quali ad esempio le spese per il personale.111
− passività che devono essere estinte entro dodici mesi dalla
chiusura dell’esercizio amministrativo di riferimento: vi rientrano ad esempio
tutte le forme di finanziamento a breve termine concesse da banche e altri
operatori finanziari, nonché ogni forma debito la cui scadenza è prevista entro la
chiusura dell’esercizio successivo.
Analogamente alla attività, anche le passività non correnti vengono
definite come l’insieme delle passività non classificabili come correnti.112
In definitiva, il sistema del ciclo operativo prevede che tutte le attività e le
passività legate al ciclo operativo sono considerate correnti a prescindere dal
momento in cui sono effettivamente realizzate o estinte; le altre componenti attive
sono considerate correnti solo se si suppone un loro realizzo entro dodici mesi;
invece per le altre passività si guarda al momento in cui la loro estinzione è
dovuta, indipendentemente dal momento in cui si prevede verranno pagate.113
111 Specularmene alle attività anche per le passività incluse in tale categoria non rileva la data di scadenza, ossia è ininfluente che la loro estinzione avvenga oltre i dodici mesi dalla chiusura della data del bilancio. 112 Inoltre lo IAS 1 detta una disciplina specifica con riferimento ai finanziamenti che generano interessi passivi, la cui contabilizzazione deve avvenire classificando tra le correnti le quote di finanziamento che devono esser restituite entro l’esercizio successivo, tra le non correnti le quote da estinguere oltre i dodici mesi. Tuttavia è prevista una deroga a tale criterio, secondo cui le suddette passività vanno classificate come non correnti, anche se estinguibili entro dodici mesi, ogni qual volta il termine di scadenza originario sia stato superiore ai dodici mesi e l’obbligazione sia stata rinegoziata per un’analoga scadenza. 113 P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale ed il bilancio redatto con gli IAS: lo stato patrimoniale, in Impresa c.i 2004, 572; P. MORETTI, Stato patrimoniale e conto economico secondo i principi IAS, in Corr. Trib. 2004, 2901; P. PISONI e M. CAMPRA, I prospetti di bilancio secondo gli IAS: stato patrimoniale e conto economico, in Impresa c.i. 2004, 432; P. PISONI e M. CAMPRA, Società quotate: come cambia il bilancio con l’utilizzo degli IAS:alcuni spunti significativi, in Impresa c.i. 2004, 225.
89
b) Il criterio di liquidità
Tale forma di classificazione distingue tutti gli elementi, sia attivi che
passivi, di stato patrimoniale in relazione alla loro attitudine a trasformarsi in
denaro o altro strumento prontamente convertibile in denaro entro dodici mesi
dalla data di chiusura dell’esercizio del bilancio.
Lo IAS 1 prevede una scarna disciplina in merito114 e tralascia anche
l’indicazione dell’ordine di liquidità da seguirsi. A tal proposito viene lasciata alla
discrezionalità dei redattori la scelta tra i seguenti criteri:
- liquidità crescente: in cui prima vengono iscritte le attività e le
passività scadenti oltre i dodici mesi e dopo quelle realizzabili o esigibili entro
l’esercizio successivo.
- liquidità decrescente: che inverte l’ordine suddetto, dunque antepone
gli elementi liquidabili entro l’esercizio successivo a quelli che invece lo saranno
oltre quella data. 115
Per quanto riguarda la disciplina del codice civile, l’art. 2424 configura la
complessa struttura del prospetto patrimoniale mediante l’individuazione di tali
grandi raggruppamenti: Attivo di stato patrimoniale, in cui si distinguono le due
macro-categorie immobilizzazioni e attivo circolante; Passivo di stato
patrimoniale, le cui due voci principali sono patrimonio netto e debiti.
114 In particolare lo IAS 1 detta le seguenti regole:
- le attività finanziarie includono i crediti commerciali e gli altri crediti; - le passività finanziarie includono i debiti commerciali e gli altri debiti; - le attività e passività non monetarie (ad esempio fondi e rimanenze) includono tutti gli
elementi patrimoniali diversi dai precedenti. - gli importi iscritti nelle suddette categorie di voci di stato patrimoniale devono esser
classificate in base alla loro liquidabilità entro o oltre l’esercizio successivo. 115 M. NESSI, Bilancio IAS: principi di redazione e conseguenze per le imprese, in Il fisco 23/2004; P. PISONI e M. CAMPRA, I prospetti di bilancio secondo gli IAS: stato patrimoniale e conto economico, in Impresa c.i. 2004, 432; P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale ed il bilancio redatto con gli IAS: lo stato patrimoniale, in Impresa c.i 2004, 572.
90
La classificazione delle poste patrimoniali avviene con l’utilizzo di due
criteri differenti (cosiddetto “metodo misto”): le voci dell’attivo sono distinte in
base alla loro destinazione economica, ossia gli elementi destinati ad esser
utilizzati durevolmente sono iscritti tra le immobilizzazioni, mentre gli altri
confluiscono nell’attivo circolante. Il concetto non è dissimile da quello di ciclo
operativo, infatti in entrambi i casi si fa riferimento alla destinazione
dell’elemento attivo e non alla sua scadenza: dunque potrebbe ritenersi che le
categorie immobilizzazioni e attivo circolante all’incirca coincidano
rispettivamente con quelle di attività non corrente e attività corrente. Tuttavia, tra
le voci individuate in relazione al ciclo operativo non figurano le categorie di
“crediti verso i soci per versamenti ancora dovuti” e “ratei e risconti attivi”
sicché queste sono ricompresse, alcune tra le attività correnti, altre tra le non
correnti.
Contrariamente, le due categorie suddette ricevono collocazione autonoma
nell’ambito dello schema di stato patrimoniale predisposto dall’art. 2424 c.c. .
Sicché le classificazioni proposte dai due sistemi contabili non possono ritenersi
coincidenti.
Laddove invece il criterio adottato sia quello di liquidità, le differenze col
sistema italiano aumentano, in quanto in tal caso vengono ad esser utilizzati due
criteri completamente differenti.
Per quanto concerne le passività il parametro utilizzato dal codice civile è
quello della provenienza, ossia della natura delle fonti di finanziamento. In
particolare il nostro codice attua la fondamentale separazione tra mezzi propri e
mezzi di terzi, nell’ambito dei quali effettua una suddivisione in base
91
all’esigibilità entro o oltre l’esercizio successivo ed in base ai soggetti verso i
quali il debito è sorto. In tal caso, la differenza rispetto sia al criterio del ciclo
operativo che a quello di liquidità è notevole: l’unica somiglianza può rinvenirsi
nel fatto che il codice richiede la classificazione degli importi di cui alla voce
“debiti”, mediante l’utilizzo del parametro dell’esigibilità entro o oltre l’esercizio
successivo.
Invece nell’ambito dei principi contabili nazionali, il principio n. 12
stabilisce l’utilizzo di un metodo corrispondente a quello di liquidità, infatti viene
previsto che sia gli elementi attivi che passivi vengano classificati in base alla loro
realizzabilità o estinguibilità nel corso dei dodici mesi successivi alla chiusura
dell’esercizio di riferimento: non vi sono invece aperture nei confronti del criterio
del ciclo operativo il cui concetto, alternativo a quello di esercizio amministrativo
successivo, è di difficile recepimento in sistemi, come quello italiano, il cui
approccio giuridico-formale richiede parametri di riferimento certi e
predeterminati.116
Riassumendo, mentre gli IAS/IFRS disegnano una prospetto patrimoniale
essenziale e flessibile, adatto a rappresentare la situazione finanziaria della società
e che consenta un agevole confronto delle poste attive e passive, il sistema
codicistico predispone una struttura rigida e analitica, costruita con criteri
giuridico-formali e volta ad evitare le difficoltà, nonché i possibili abusi, derivanti
116 G. F. CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2004, 280; P. MORETTI, Stato patrimoniale e conto economico secondo i principi IAS, in Corr. Trib. 2004, 2901; P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale ed il bilancio redatto con gli IAS: lo stato patrimoniale, in Impresa c.i 2004, 572; P. PISONI e D. BUSSO, Società quotate: come cambia il bilancio con l’ utilizzo degli IAS: alcuni punti significativi, in Impresa c.i. 2004, 225.
92
dall’applicazione di criteri economici-sostanziali come quello del ciclo operativo
dell’azienda.117
3.2 Il conto economico
Lo IAS 1, specularmente a quanto previsto per lo stato patrimoniale,
presuppone un contenuto minimo obbligatorio anche per il conto economico,
caratterizzato anch’esso da essenzialità e, per certi versi, addirittura da
incompletezza.118
Tale lacunosità (resa ancor più rilevante dall’assenza persino della voce sui
costi operativi) viene compensata dalla previsione di una serie di clausole generali
con le quali è disciplinata l’integrazione dello schema obbligatorio di partenza.
In particolare, il paragrafo 75, nei casi di seguito elencati, prescrive
l’inclusione di voci addizionali, intestazioni e risultati parziali:
- quando richiesto da un principio contabile internazionale
117 Tale considerazione è stata espressa dalla Commissione per la statuizione dei principi contabili, la quale sottolinea le difficoltà derivanti dalla concreta definizione di un intervallo temporale, quale quello del ciclo operativo, che non solo muta da impresa a impresa e, all’interno della stessa azienda, da attività ad attività, ma che è soggetta a cambiamenti nel corso degli anni a seconda del mutamento dei piani strategici. Vedasi COMMISSIONE PER LA STATUIZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI, Documento n. 12. Composizione e schemi del bilancio di esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi, Milano, 1994, 16. 118 Di seguito viene riportato il contenuto minimo del conto economico previsto dallo IAS 1, paragrafo 8: a) ricavi; b) oneri finanziari; c) quota dell’utile o della perdita derivante dalla valutazione secondo il metodo del patrimonio
netto delle partecipazioni in società collegate e joint venture; d) utile o perdita prima delle imposte rilevato in occasione della cessione di attività o estinzione
di passività attribuibili ad attività operative cessate; e) imposte sul reddito; f) utile netto o perdita netta dell’esercizio.
93
- quando reputato necessario per rappresentare fedelmente la situazione
patrimoniale-finanziaria dell’impresa.
Vieppiù, ogni qual volta “la significatività, la natura e la destinazione dei
componenti di ricavi e costi” lo richieda, è necessario includere voci addizionali o
modificare le definizioni o l’ordine delle voci previste al fine di consentire una
migliore comprensione del risultato d’esercizio e delle prospettive economiche
future.
Sono evidenti le differenze rispetto al prospetto di conto economico
previsto dal codice civile, il quale pure adopera la forma scalare di presentazione,
ma predispone uno schema estremamente rigido e obbligatorio che concede poco
spazio alla discrezionalità degli amministratori. 119 120
In corrispondenza al modo di procedere utilizzato nell’analisi dello stato
patrimoniale, prima di prestare attenzione alla struttura del prospetto, vengono di
seguito analizzate le nozioni di ricavi e costi.
• ricavi: il Framework li definisce come “gli incrementi di
beneficio economico di competenza dell’esercizio amministrativo”, che si
manifestano sotto forma di nuove attività o di aumento di valore di quelle
preesistenti o di diminuzione delle passività, e che si concretizzano in “incrementi
di patrimonio netto, diversi da quelli connessi alle contribuzioni da parte di
coloro che partecipano al capitale”.
119In relazione alla rigidità del contenuto di conto economico previsto dall’art.2425 c.c. vedasi nota pag.65, n.90. 120 M. NESSI, Bilancio IAS: principi di redazione e conseguenze per le imprese, in Il fisco 23/2004; G. F. CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2004, 282.
94
• costi: vengono definiti come “decrementi nei benefici
economici di competenza dell’esercizio amministrativo” , che si sostanziano in
uscite finanziarie o riduzioni di valore di attività o aumento delle passività, e che
determinano “decrementi di patrimonio netto, diversi da quelli connessi alle
distribuzioni a coloro che partecipano al capitale”.
La differenza rispetto al modello contabile nazionale è molto evidente:
basta considerare che i principi contabili internazionali qualificano come ricavi
(costi) le plusvalenze (minusvalenze), anche non concretamente realizzate, ma
semplicemente rilevate a seguito dell’applicazione di criteri valutativi orientati
verso valori correnti; nel nostro sistema, invece, il principio di prudenza impone
una cautela, forse eccessiva, per la contabilizzazione delle componenti positive di
reddito121. In linea generale può evincersi come in ambito IAS/IFRS, il risultato
economico dipenda non solo dagli effetti positivi o negativi delle operazioni
aziendali svolte ma anche dalle intrinseche e latenti modificazioni di valore subite
dai beni posseduti e dai rapporti ancora in essere e ciò, proprio al fine di
preservare la specifica attitudine del bilancio a fornire informazioni utili agli
investitori.122
121 Vedasi p. 49 sulla diversa portata del principio di competenza economica all’interno dei due sistemi contabili. 122 A. PAOLINI, L’oggetto della rilevazione periodica. Il reddito di esercizio ed il capitale di funzionamento, in L. MARCHI, Introduzione alla contabilità d’impresa. Obiettivi, oggetto e strumenti di rilevazione, Torino, 2003, 67; L. MARCHI, Evoluzione dei principi contabili e dei criteri di valutazione. Dal costo al fair value, in Revisione contabile 2004; N. DI CAGNO, Informazione contabile e bilancio d’esercizio. Modello contabile e bilancio d’esercizio, Bari, 2004, 371.
95
3.2.1 La struttura del conto economico.
Lo IAS 1 si occupa della disciplina relativa alla classificazione dei costi,
prevedendo due possibili tipologie di analisi: una basata sul criterio della natura
dei costo, l’altra sulla loro destinazione. Tale classificazione può esser svolta sia
nel prospetto di conto economico che nelle note al bilancio, ma secondo i principi
internazionali è preferibile esporla direttamente nel conto economico. Quanto alla
scelta del criterio l’impresa è lasciata assolutamente libera di scegliere quello che
meglio rappresenti gli elementi che hanno dato origine al risultato economico
dell’esercizio, tenendo però in considerazione la forma di organizzazione
aziendale e la tipologie di beni e/o servizi offerti.
a) classificazione dei costi per natura.
Secondo tale criterio i costi vengono raggruppati in funzione alla tipologia
di fattore produttivo cui fanno riferimento e non secondo la finalità cui sono
indirizzati nell’ambito del sistema produttivo dell’impresa. Questa forma di
classificazione è piuttosto semplice e, quindi, maggiormente indicata per le
imprese di dimensioni minori; inoltre presenta il vantaggio di consentire una
agevole previsione dei flussi finanziari futuri.
Nella Tabella n.5 viene riportato un modello esemplificativo di conto
economico, basato sull’analisi dei costi per natura, fornito dallo IAS 1:
96
Tabella n. 5
Ricavi X
Altri proventi X
Variazioni nelle rimanenze di prodotti finiti e lavori in
corso
X
Materie prime e di consumo X
Costi del personale X
Svalutazioni e ammortamenti X
Altri costi X
Costi totali
(X)
Utile
X
Merita un approfondimento la voce relativa alle “variazioni di rimanenze
di prodotti finiti e prodotti in corso di lavorazione”, che è destinata a segnalare se
l’impresa ha incrementato il livello delle rimanenze (per un aumento della
produzione o per una riduzione delle vendite) o se viceversa si è verificato
un’eccedenza delle vendite rispetto alla produzione.
b) classificazione dei costi per destinazione.
Detto anche metodo del “costo del venduto”, consiste nella classificazione
dei costi secondo la loro funzione nell’ambito dell’attività aziendale. In particolare
vengono individuate le seguenti tre tipologie di costo, integrabili e modificabili in
97
funzione delle caratteristiche specifiche dell’azienda: costi del venduto, costi di
distribuzione e costi di amministrazione (vedi schema esemplificativo fornito da
IAS 1, riportato nella Tabella n. 6).
Tale modello classificatorio è considerato preferibile in termini di
significatività dell’informazione fornita, però al contempo presenta il difetto di
poter dar origine a valutazioni arbitrarie, derivanti dal notevole grado di
discrezionalità lasciato ai redattori del bilancio.
Inoltre, dal momento che una simile classificazione non fornisce alcuna
informazione circa le prevedibili “evoluzioni finanziarie” dell’impresa, laddove
venga adoperato il criterio di destinazione è imposta l’ulteriore indicazione di
informazioni sulla natura dei costi, comprese le svalutazioni, gli ammortamenti e i
costi del personale.
Tabella n. 6
Ricavi X
Costo del venduto (X)
Utile lordo
X
Altri proventi X
Costi di distribuzione (X)
Spese di amministrazione (X)
Altri costi (X)
Utile
98
X
Da ultimo va evidenziato che il paragrafo 85 impone all’impresa di
indicare in conto economico, o in alternativa nelle note al bilancio, l’importo
dell’utile per azione, ossia la frazione di utili spettante ad ogni azione ordinaria123.
È evidente, anche in tale norma, la già più volte ripetuta finalità di tutela
informativa degli investitori, tipica dei principi contabili internazionali.124
Passando alla disamina della struttura di conto contabile prevista dal
codice civile, in sintesi la si può sintetizzare nello schema riportato sotto (Tabella
n. 7):
Tabella n. 7
A) Valore della produzione X
B) Costi della produzione (X)
C) Proventi e oneri finanziari X
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie X
E) Proventi e oneri finanziari X
Risultato prima delle imposte
123 Inoltre viene prescritta anche l’indicazione del cosiddetto “utile per azione diluito”, il cui importo viene calcolato dividendo l’utile d’esercizio oltre che per le azioni ordinarie anche per gli strumenti finanziari che possono trasformarsi in azioni ordinarie. 124 M. NESSI, Bilancio IAS: principi di redazione e conseguenze per le imprese, in Il fisco 23/2004; P. PISONI e M. CAMPRA, I prospetti di bilancio secondo gli IAS: stato patrimoniale e conto economico, in Impresa c .i. 2004, 432; P. PISONI e M. CAMPRA, Società quotate: come cambia il bilancio con l’utilizzo degli IAS:alcuni spunti significativi, in Impresa c .i. 2004, 225.
99
X
Imposte sul reddito dell’esercizio (X)
Utile o perdita dell’esercizio
X
Anzitutto deve sottolinearsi come tale schema attualmente vigente sia
frutto della riforma attuata nel 1991 (D. Lgs. 127/91), la quale ha sostituito
l’originaria impostazione “unitaria”, ossia in cui era esclusa l’indicazione di
risultati parziali, con la previsione del sopra descritto prospetto, a forma scalare
che consente invece l’indicazione dei risultati parziali.
In ciò può senz’altro evidenziarsi un sostanziale avvicinamento del
modello nazionale ai principi internazionali.
Tuttavia, come si evince dal prospetto sopra riportato (Tabella n. 7) la
classificazione delle componenti reddituali può avvenire solo in base alla loro
natura, mentre il criterio della destinazione non è preso in considerazione neanche
dai principi emanati dall’O.I.C. . Inoltre la disciplina nazionale non prevede alcun
obbligo relativo all’indicazione dei dividendi per azione che, come già visto,
viene invece espressamente imposta dallo IAS 1.125
Altra rilevante differenza di struttura può infine rinvenirsi in relazione alla
differenziazione degli elementi ordinari e straordinari di reddito. Infatti, a seguito
della revisione apportata allo IAS 1 nel 2003, non è più consentita la distinzione,
sia in conto economico che nelle note al bilancio, tra componenti ordinarie e
125 E. D’ORIANO, Commento all’art. 7 del D. Lgs. 127/91, in Le nuove Leggi Civili Commentate 1996, 268; P. MORETTI, Stato patrimoniale e conto economico secondo i principi IAS, in Corr. Trib. 2004, 2901; G. D’ABRUZZO e E. PUCCI, Introduzione ai principi contabili internazionali, in Boll. Trib. 13/2004, p. 969.
100
straordinarie di reddito: ciò in quanto si ritiene che ogni forma di operazione posta
in essere dall’impresa debba ritenersi inerente alla sua attività aziendale e quindi
ricompresa in un unitaria computazione dell’utile d’esercizio.
Contrariamente il codice civile espressamente prevede una voce di conto
economico denominata “proventi ed oneri straordinari”, in cui sono iscritti tutti i
costi e i ricavi caratterizzati dall’essere estranei alla gestione ordinaria
dell’impresa, nonché quelli che costituiscono l’effetto di variazioni dei criteri di
valutazione. Dunque in conformità a quanto disposto dal principio nazionale n.
12, per ricavo (o costo) straordinario si fa riferimento ad un elemento non
connotato da eccezionalità o anormalità, bensì caratterizzato dall’essere
conseguenza di operazioni non ordinarie126.
È dunque ben evidente il diverso approccio adottato dai due sistemi: nel
nostro ordinamento si presta grande attenzione alla distinzione tra la redditività
derivante dall’attività tipica dell’azienda e il profitto scaturente da attività
solitamente non poste in essere e che quindi possono rappresentare un unicum
nell’ambito dell’intera esperienza aziendale dell’impresa. Diversamente in ambito
IAS/IFRS non si ritiene più necessario distinguere componenti reddituali che
differiscono in termini di frequenza e dunque di potenziale e prevedibile
ripetizione negli esercizi futuri.127
126 Si registra in dottrina una disputa in merito all’effettiva portata del carattere di straordinarietà. In particolare vi è chi, come Zappa, si basa sul concetto di non abitualità; altri, come Amodeo, che si focalizza sul carattere di estraneità alla gestione; altri ancora, come il De Dominicis che invece individuano il discrimine fondamentale la periodicità. A tal proposito vedasi AVI, Straordinarietà vs estraneità all’attività dei componenti di reddito: il passato, il presente e il futuro, Roma , 2006, 9. 127 G. D’ABRUZZO e E. PUCCI, Introduzione ai principi contabili internazionali, in Boll. Trib. 2004, 969; P. PISONI e M. CAMPRA, Società quotate: come cambia il bilancio con l’utilizzo degli IAS: alcuni spunti significativi, in Impresa c .i. 2004, 225.
101
3.3 Il rendiconto finanziario
Tale documento è volto a rappresentare i flussi finanziari che hanno avuto
luogo o che si manifesteranno in un arco di tempo di tempo prestabilito, mediante
la predisposizione di informazioni sulle variazioni dell’attivo netto della società,
della sua solvibilità e liquidità, nonché della sua capacità di influire sul volume e
sulla tempistica dei flussi finanziari.
Lo IAS 1 sancisce l’obbligatorietà del cosiddetto “Cash flow statement”, il
cui contenuto e criteri di redazione sono disciplinati dallo IAS 7.
Nello specifico, il rendiconto finanziario disciplinato dai principi contabili
internazionali contiene la presentazione dei flussi finanziari avvenuti
nell’esercizio mediante la classificazione in attività operative, di investimento e
finanziarie128. Per flussi finanziari si fa riferimento alle variazioni di liquidità,
quindi alle entrate e alle uscite di disponibilità liquide e ai mezzi equivalenti129.
Per quanto riguarda la forma del rendiconto finanziario, lo IAS 7 prevede
due diverse tipologie di redazione:
a) il metodo diretto, il quale prevede una rappresentazione
dei flussi finanziari attraverso l’indicazione delle principali categorie di incassi e
128 L’attività operativa è una categorie residuale, che comprende tutte le principali attività generatrici di ricavi dell’impresa e le altre attività di gestione che non sono di investimento o finanziarie. L’attività di investimento comprende tutti gli investimenti finanziari non rientranti nelle disponibilità liquide equivalenti, nonché la compravendita di attività immobilizzate. L’attività finanziaria costituisce l’insieme di operazioni che incidono sulla dimensione e composizione del patrimonio netto e dei finanziamenti ottenuti dall’impresa ( ad esempio incassi derivanti dall’emissione di azioni, obbligazioni, cambiali o titoli a reddito fisso). 129 Per disponibilità liquide si fa riferimento a cassa e depositi a vista, mentre per mezzi equivalenti si intendono gli investimenti finanziari a breve termine e ad alta liquidità che sono prontamente convertibili in valori di cassa e che sono soggetti ad un irrilevante rischio di variazione del loro valore. Non è dunque considerato flusso finanziario il capitale circolante, le cui variazioni non costituiscono dunque oggetto di valutazione nell’ambito del rendiconto finanziario.
102
di pagamenti lordi. Tale sistema è ritenuto preferibile in quanto, a differenza
dell’altro, fornisce informazioni utili anche per la stima dei flussi finanziari futuri;
b) il metodo indiretto, nel quale invece il reddito
d’esercizio è rettificato dalle operazioni di natura non monetaria, da qualsiasi
differimento o accantonamento di precedenti o futuri incassi o pagamenti
operativi, e da elementi di ricavi o costi connessi con i flussi finanziari derivanti
dall’attività di investimento o finanziaria.
La disciplina civilistica non prevede alcun prospetto obbligatorio, né criteri
particolari, per la rappresentazione della situazione finanziaria della società
limitandosi a prescrivere la sola indicazione, in nota integrativa, delle
movimentazioni delle immobilizzazioni (art. 2427 n. 2) e delle variazioni nella
consistenza delle voci dell’attivo e del passivo (art. 2417 n. 4).
Dunque a differenza che per la situazione patrimoniale e per il risultato
economico, per la situazione finanziaria non è previsto in ambito nazionale alcun
prospetto ad hoc: si è infatti ritenuto che la specifica indicazione di alcune voci di
stato patrimoniale (ad es. la suddivisione di crediti e debiti in relazione
all’esigibilità), aggiunta alle suddette informazioni da includere in nota integrativa
siano sufficienti per disegnare il quadro finanziario della società. 130
Invece, nell’ambito dei principi contabili nazionali, l’OIC 12 prevede
espressamente l’inserimento del prospetto di rendiconto finanziario in nota
integrativa con la finalità fornire quegli elementi di natura finanziaria che non
130 Tuttavia, in dottrina vi è chi ritiene che anche nel nostro ordinamento sussista l’obbligo di redigere il rendiconto finanziario e, ciò, sulla base dell’interpretazione estensiva dell’art. 2423 c.c., comma 3, il quale prevede che “se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo”. A tal riguardo cfr. DALLA SEGA, Il rendiconto finanziario, in A. PALMA, Il bilancio di esercizio, Milano, 2003, 516.
103
sono ottenibili dalla mera analisi comparata dei prospetti di stato patrimoniale e di
conto economico. In particolare l’OIC 12 predispone tre tipologie di rendiconto
finanziario volte a mostrare la natura dei flussi finanziari e il loro rapporto coi
flussi economici:
a) prospetto redatto in termini di variazioni di capitale circolante
netto131;
b) prospetto che espone le variazioni nella situazione
patrimoniale e finanziaria in termini di liquidità;
c) prospetto che espone flussi di disponibilità liquide. Tale
modello, pur partendo dalle variazioni della situazione patrimoniale e finanziaria,
si distingue dal precedente per la maggiore attenzione prestata ai flussi derivanti
da tali variazioni.
Inoltre in tutte e tre le tipologie di rendiconto i flussi di liquidità sono
determinati attraverso il metodo indiretto, ossia mediante la rettifica dell’utile
netto d’esercizio da parte di quelle operazioni i cui effetti rientrano tra i flussi
connessi ad attività di investimento o finanziamento.
In conclusione può dirsi che in forza della disposizione di cui all’OIC 12,
la disciplina contabile nazionale non è poi tanto difforme dagli standard
comunitari, infatti il su citato “rendiconto finanziario che espone flussi di
disponibilità liquide” – seppur previsto nella sola modalità del metodo indiretto –
si avvicina molto allo schema di cash flow statement previsto dallo IAS 7.132
131 Dunque, a differenza dei principi contabili internazionali, l’OIC 12 prevede la possibilità di analizzare in rendiconto finanziario anche il capitale circolante netto, ossia le attività nette a breve o correnti. 132 G. SAVIOLI, Il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali ed internazionali, Milano, 2004, 156; F. DEZZANI, G. FERRERO, P. PISONI e S. PUDDO, Le analisi di bilancio. Indici e flussi, Milano, 2003; P. ANDREI, Il rendiconto finanziario, in S.
104
3.4 Il prospetto delle variazioni delle poste del netto.
Il seguente prospetto informativo assume un diverso rilievo nell’ambito
dei due sistemi contabili essenzialmente con riguardo alla sua obbligatorietà: in
particolare, mentre negli IAS/IFRS costituisce un documento autonomo e
separato, cui viene attribuita notevole rilevanza, contrariamente nel nostro codice
viene solo previsto tra le informazioni da inserire all’interno della nota integrativa
seppur, come richiede il principio contabile nazionale n.12, nella forma di
prospetto.
La motivazione di un tale scostamento tra le due discipline deriva dal fatto
che, a differenza delle regole contabili nazionali, i principi internazionali
prevedono continue e rilevanti rettifiche al patrimonio netto133 sicché si è reso
necessario predisporre un documento ad hoc, volto a rendere maggiormente
comprensibile la dinamica patrimoniale-finanziaria e l’andamento economico
dell’azienda.
In particolare lo IAS 7 specifica che la finalità del prospetto in esame
consiste nel consentire agli stakeholder un apprezzamento della capacità
dell’impresa a “produrre disponibilità liquide o equivalenti e la tempistica e il
grado di certezza della loro generazione” e quindi una valutazione più
approfondita della “dimensione e tempistica dei flussi finanziari”.
AZZALI, Il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali. Problemi applicativi. Soluzioni operative. Potenzialità informative, Milano, 2002, 154; R. M. VISCONTI, Il rendiconto finanziario secondo lo IAS 7, in Impresa c. i. 2007, 1358; R. M. VISCONTI, Le diverse tipologie di rendiconto finanziario previste dal principio contabile OIC 12, in Impresa c. i. 2007, 1625. 133 A tal proposito basta citare le variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value, o ancora agli effetti derivanti dal mutamento dei principi contabili.
105
Quanto al contenuto del documento in esame, lo IAS 1 prescrive
l’indicazione delle seguenti informazioni:
- L’utile o la perdita netta del periodo;
- Ogni posta di costo o ricavo imputata a patrimonio netto e il loro
ammontare totale;
- L’effetto complessivo dei cambiamenti di principi contabili e la
correzione di errori determinanti;
- Le operazioni sul capitale con gli azionisti e le distribuzioni di
capitale agli azionisti.
- Il saldo degli utili o perdite accumulati all’inizio dell’esercizio ed alla
data di riferimento del bilancio ed i movimenti dell’esercizio.
- La riconciliazione tra il valore contabile di ciascuna classe di azioni,
della riserva “sovrapprezzo azioni” e di ciascuna riserva all’inizio ed al termine
dell’esercizio, specificando e distinguendo ogni movimento.
Nell’ambito della disciplina nazionale, il codice civile richiede che
vengano fornite, in nota integrativa, le seguenti informazioni relative al
patrimonio netto:
- le variazioni nella consistenza delle voci di patrimonio netto (art.
2427 n. 4). Tale prescrizione viene puntualizzata dal principio contabile nazionale
n. 12, il quale prescrive l’indicazione delle seguenti informazioni: i valori delle
singole voci all’inizio dell’esercizio; il dettaglio dei movimenti (incrementi,
decrementi e trasferimenti); i singoli valori alla fine dell’esercizio.
- la composizione della voce altre riserve (art. 2427 n. 7);
106
- il valore nominale e il numero di ciascuna categoria di azioni della
società, il valore nominale e il numero delle nuove azioni della società sottoscritte
durante l’esercizio (art. 2427 n.17).134
Dal punto di vista contenutistico le differenze non sono così marcatamente
evidenti, sicché la differente portata informativa dei due prospetti è
essenzialmente dovuta alla loro diversa collocazione all’interno del conto
d’esercizio.135
3.5 Le note a bilancio.
L’ultimo componente del bilancio, tanto per i principi internazionali
quanto per il sistema contabile nazionale, è rappresentato dalle note esplicative,
ossia da una serie di informazioni aggiuntive volte a specificare le logiche
valutative e le regole di redazione utilizzate nonché ad offrire ulteriori
informazioni sull’impresa rendicontata.
Per quanto riguarda il modello IAS/IFRS lo IAS 1 si limita a fornire
indicazioni relativamente alla struttura delle note in esame e alcuni contenuti,
quali:
134 Inoltre, il Principio contabile nazionale richiede le seguenti ulteriori informazioni:
- classificazione delle riserve secondo la rispettiva distribuibilità; - composizione della voce riserve di rivalutazione, volta a evidenziare le riserve
formatesi in seguito a ciascuna rivalutazione monetaria e non operate; - composizione della voce riserve statutarie laddove lo statuto preveda la costituzione di
diverse tipologie di tali riserve. 135 P. P. BIANCONE, Il prospetto delle variazioni di patrimonio netto, in Impresa c .i. 2003, 589; P. PISONI, M. CAMPRA e D. BUSSO, I prospetti aggiuntivi di bilancio secondo gli IAS: rendiconto finanziario e prospetto delle variazioni di patrimonio netto, in Impresa c.i. 2004, 949; G. SAVIOLI, Il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali ed internazionali, Milano, 2004, 132.
107
- informazioni sull’azienda, ossia l’indicazione della denominazione,
dell’indirizzo, della forma giuridica, della natura e del luogo di svolgimento
dell’attività, dell’appartenenza ad un gruppo e i dati della holding;
- dichiarazione di conformità dei prospetti di bilancio ai principi
contabili internazionali: tale dichiarazione è ammessa solo nel caso in cui vi sia
stata l’osservanza di tutti i principi IAS/IFRS e delle rispettive interpretazioni
fornite dalla SIC;136
- indicazione dei criteri di valutazione utilizzati: in particolare deve
fornirsi una chiara specificazione del criterio base adoperato, nonché delle scelte e
delle stime adottate per le voci più significative. Tali informazioni rivestono
un’importanza fondamentale nell’ambito dell’intero rendiconto, in quanto
finalizzate a rendere note le ragioni delle decisioni prese nella scelta delle regole
da applicare: informazione molto importante nell’ambito di un modello di bilancio
che lascia ampia discrezionalità ai redattori;
- specificazione dei prospetti quantitativi: si tratta di approfondimenti e
informazioni di supporto, relative alle singole voci dei ogni prospetto di bilancio.
Altre numerose informazioni sono inoltre richieste dai singoli standard. In
particolare:
136 Tuttavia fanno eccezione i casi in cui il mancato rispetto di uno standard o di una sua interpretazione sia giustificato da circostanze estremamente rare in cui una tale applicazione determinerebbe una distorsione così grave da porsi in conflitto con le finalità del bilancio. In un caso simile la ragione di una simile deroga e l’analisi delle probabili eventuali conseguenze deve essere fornita nelle note al bilancio (IAS 1, paragrafi 17 e 18 ).
108
a) Lo IAS 14 impone la cosiddetta “informativa di settore”, ossia
un’analisi dei valori effettuata per attività e/o zona geografica137;
b) Lo IAS 24 richiede l’indicazione dei “rapporti con le parti
correlate”, ossia l’evidenziazione delle operazioni e conseguenti valori in bilancio
con soggetti controllati, collegati, controllanti e consociati138;
c) Lo IAS 32 prevede l’esplicazione delle finalità e delle strategie di
gestione del rischio relativo agli strumenti finanziari posseduti.139
Per quanto concerne le differenze rispetto al contenuto della nota
integrativa previsto dall’art. 2427 c.c., queste possono riassumersi nella seguente
elencazione:
a) quanto alle informazioni di carattere generale, oltre alla
dichiarazione di conformità ai principi contabili internazionali – ovviamente non
prevista dal codice civile – gli IAS/IFRS richiedono anche l’indicazione di dati
relativi alla descrizione della natura dell’attività dell’impresa e delle sue principali
operazioni, nonché della denominazione della società controllante e della
capogruppo, mentre tali informazioni non sono menzionate nell’elenco di cui
all’art. 2427 c.c.;
137 Tale informativa consente di svolgere un’importante analisi di secondo livello, in cui partendo dai dati generali del bilancio, se ne effettua una più approfondita “scansione”, che evidenzia quali settori operativi sono maggiormente produttivi e in che misura. L’utilità di una simile informativa è evidenziata dallo stesso IAS 14, il quale espressamente indica quale sua finalità quella di “comprendere meglio i risultati passati dell’impresa, determinare meglio i rischi e la redditività dell’impresa ed effettuare giudizi più aggiornati sull’impresa nel suo insieme”. 138 L’informazione è volta a consentire in sede di analisi del bilancio da parte degli utilizzatori, di verificare e valutare se le suddette operazioni siano state effettuate seguendo la logica di mercato o quella del gruppo di cui la società fa parte e tutte le conseguenze economiche e patrimoniali da ciò derivanti. 139 In realtà, per ragioni di completezza deve evidenziarsi come nelle note a bilancio sia anche richiesta l’indicazione di ulteriori dati più specifici e settoriali di quelli citati, quali ad esempio le informazioni sulla posizione finanziaria (IAS 7), quelle sulle modalità di determinazione dell’utile per azione (IAS 33), quelle relative alle attività destinate a cessare ( IAS 35), o quelle concernenti la contabilizzazione dei contributi pubblici e l’informativa sull’assistenza pubblica (IAS 20).
109
b) in merito alle informazioni aggiuntive relative ai prospetti di stato
patrimoniale e di conto economico, i principi contabili internazionali richiedono,
in aggiunta rispetto al contenuto previsto dal codice civile, informazioni
concernenti la natura e lo scopo di ciascuna riserva di patrimonio netto, l’importo
dei dividendi dichiarati in stato patrimoniale e quelli approvati o proposti per
l’esercizio di riferimento del bilancio in conto economico, la riconciliazione tra il
numero di azioni in circolazione all’inizio e alla fine dell’esercizio, l’analisi dei
costi per natura e per destinazione;
c) per quanto concerne l’informativa di settore, il codice civile ne ha
previsto l’inserimento nella relazione sulla gestione140, mentre in nota integrativa
deve solo indicarsi “se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle
prestazioni secondo categorie di attività e secondo aree geografiche”;
d) relativamente all’informativa sulle operazioni con controparti
correlate, in nota integrativa il codice civile richiede la sola indicazione degli
“impegni, non risultanti dallo stato patrimoniale, relativi a tali soggetti”. Tuttavia,
una previsione corrispondente al dettato di cui allo IAS 24, la ritroviamo
all’interno dell’art. 2428 c.c.141, dunque con riferimento alle informazioni da
fornire nella relazione sulla gestione. Inoltre, il codice prevede l’indicazione
140 Infatti l’art. 2428 c.c. prevede che nella relazione sulla gestione gli amministratori riportino “un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento e del risultato della gestione nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi ed agli investimenti”. 141 In realtà il dettato dell’art. 2428 prevede che dalla reazione sulla gestione devono risultare “i rapporti con le imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime” nonché “il numero e il valore nominale delle azioni o quote delle società controllanti possedute o acquistate o alienate nel periodo”; la CONSOB, riconosciuta la genericità di tali norme, ha emanato la comunicazione DAC/98015375, con la quale ha sancito che ai fini applicativi “un utile punto di riferimento può esser rappresentato dallo IAS 24”, effettuando così un rinvio esplicito alla disciplina IAS/IFRS in sede di interpretazione della norma nazionale.
110
sporadica di una serie di informazioni da inserire nei prospetti di stato
patrimoniale e conto economico142;
e) in ordine alle informazioni sui fatti intervenuti dopo la data del
bilancio, i principi contabili internazionali richiedono l’indicazione di tutte le
informazioni disponibili fino al momento di autorizzazione alla pubblicazione,
ossia fino alla data di approvazione del bilancio da parte dell’organo
amministrativo. In ambito nazionale, l’art. 2427 c.c. non prescrive alcuna
informativa aggiuntiva in merito ai fatti successivi la data del bilancio, mentre
l’art. 2428 prevede genericamente che dalla relazione sulla gestione risultino “i
fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio”. A tale carenza di
normativa in sede civilistica suppliscono i principi contabili nazionali, i quali
prescrivono, nel dettaglio, anche le informazioni da fornire relativamente ai fatti
intervenuti dopo la data di autorizzazione alla pubblicazione. 143
142 La frammentaria normativa in tema di operazioni con parti correlate contenuta nelle discipline sui prospetti di stato patrimoniale e conto economico, consiste nella richiesta di informazioni relative a:
- partecipazioni, crediti e debiti verso controllate, collegate e controllanti (art. 2424 c.c. nella voce “Attivo circolante”);
- garanzie prestate, direttamente o indirettamente, a favore di controllate, collegate e controllanti (art. 2424 c.c., terzo comma);
- proventi e oneri finanziari derivanti da rapporti con controllate, collegate e controllanti (art. 2435 c.c. nella voce “Proventi e oneri finanziari”).
143 In particolare il principio contabile nazionale n. 29 stabilisce che i fatti successivi alla data di bilancio che, pur non richiedendo variazioni nei valori dello stesso, influenzano la situazione esistente alla chiusura dell’esercizio e sono di importanza tale che la loro mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità dei destinatari dell’informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere decisioni appropriate, devono essere illustrati nella nota integrativa. L’indicazione dovrebbe riguardare la natura e la descrizione del fatto intervenuto, nonché, per quelli di maggiore significatività e rilevanza, la stima dell’effetto sulla situazione patrimoniale/finanziaria dell’impresa. A titolo esemplificativo, fatti rientranti sotto tale disposizione possono ritenersi certamente le operazioni quali fusioni, scissioni, conferimenti, piani di ristrutturazione, aumento di capitale, richiesta di ammissione alla quotazione, ma anche l’assunzione di rilevanti impegni contrattuali o l’avvio di significativi contenziosi, successivi alla chiusura dell’esercizio.
111
Le note al bilancio disciplinate dai principi contabili internazionali si
presentano dunque come maggiormente analitiche, e ciò in conseguenza del fatto
che i prospetti di stato patrimoniale e conto economico non sono così dettagliati
come quelli disciplinati dal codice civile, e che dunque è stato necessario
prevedere una loro integrazione all’interno delle note esplicative. Altra rilevante
differenza rispetto alla nota integrativa disciplinata dal codice civile, può rilevarsi
nella circostanza che nelle note esplicative IAS/IFRS sono contenute ulteriori
informazioni rispetto a quelle di commento ai prospetti quantitativi di bilancio – il
riferimento è all’informativa di settore o alle informazioni sui rapporti con le parti
correlate – che nel sistema nazionale vengono invece collocate nell’ambito della
relazione sulla gestione.144
4 Il fair value e il criterio del costo storico
Il sistema contabile nazionale adotta, come criterio base per la valutazione
dei cespiti di bilancio, quello del costo storico, ossia del costo di acquisto o di
produzione del bene contabilizzato. A tale criterio generale si aggiungono poi
alcune regole peculiari con riferimento a determinate voci patrimoniali, in
particolare:
144 P. L. MARCHINI e P. ZALERA, Le informazioni supplementari, in S. AZZALI, Il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali. Problemi applicativi. Soluzioni operative. Potenzialità informative, Milano, 2002, 205; P. PISONI, M. CAMPRA e M. CANE, Società quotate: le note al bilancio secondo gli IAS, in Impresa c. i. 2004, 763; P. PISONI, D. BUSSO e M. CANE, Le differenze tra il bilancio attuale e il bilancio redatto con gli IAS: le note al bilancio, in Impresa c. i. 2004, 1525; V. ARTINA, La nota integrativa: novità e contenuto, in I Corsi di pratica professionale 2005, 38.
112
- le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese
collegate o controllate, possono essere valutate col metodo del patrimonio
netto145. In tal caso è però previsto che eventuali plusvalenze derivanti da tale
valutazione debbano iscriversi in un’apposita riserva non distribuibile;
- i crediti devono esser sempre valutati secondo il valore di prudente
realizzo: ciò significa che qualora i redattori ritengano il credito di dubbia o
difficile realizzazione, non possono iscriverne in bilancio l’intero valore
nominale, ma solo la parte che presumono di poter agevolmente recuperare;
- le voci dell’attivo circolante diverse dai crediti, che di regola sono
valutate al costo storico, devono iscriversi al valore di realizzo desumibile
dall’andamento del mercato, se tale valore risulta minore del costo storico.
Il sistema si ispira chiaramente al principio di prudenza ed ha come finalità
quella di evitare che i redattori del bilancio, dunque gli amministratori, effettuino
sopravalutazioni nella contabilizzazione dei cespiti patrimoniali con la
conseguente indicazione di utili non certi o, in certi casi, persino fittizi.146
Tuttavia, in tal modo si effettuano valutazioni che non tengono conto dei
vari fattori, sia interni che esterni all’impresa, che incidono sul valore reale e
attuale del cespite, e si contabilizzano ammontari che spesso sono assai lontani
dall’effettivo valore del bene. L’ordinamento ha affrontato tale problematica solo
limitatamente alle distorsioni originate da fattori monetari, quali l’inflazione: il
correttivo previsto dal legislatore consiste nell’emanazione di leggi di 145 Il metodo del patrimonio netto consiste nel valutare la quota di partecipazione posseduta prendendo come riferimento il patrimonio netto della società partecipata risultante dall’ultimo bilancio d’esercizio. Tale criterio dunque consente di aggiornare il valore della partecipazione di esercizio in esercizio, e in diretta dipendenza del valore reale e attuale del patrimonio della società partecipata. 146 G. F. CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2004, 284; ASSOCIAZIONE PREITE, Il diritto delle società, a cura di G. OLIVIERI, G. PRESTI e F. VELLA, Bologna, 2006, 221.
113
rivalutazione monetaria, con le quali periodicamente è consentito di adeguare i
costi storici ai valori di mercato. Nulla è invece previsto per aggiornare in bilancio
eventuali variazioni di valore derivanti da fattori quali la tecnologia o l’andamento
del mercato di riferimento.147
Gli IAS/IFRS hanno invece introdotto un diverso criterio di valutazione
dei cespiti, per alcuni casi in via obbligatoria (come nel caso degli strumenti
finanziari e derivati), per altri in via facoltativa (ad esempio nella valutazione
delle immobilizzazioni materiali e immateriali): si tratta del criterio del fair value.
Tale criterio, tradotto in italiano con il termine “valore equo” o “corretto”,
corrisponde al valore di mercato, ossia al prezzo che si recupererebbe da
un’ipotetica cessione del cespite alla data di chiusura dell’esercizio.
In particolare, le principali regole di valutazione del sistema IAS/IFRS
basate sul fair value sono le seguenti:
- in merito alle immobilizzazioni materiali lo IAS 16 prevede
l’ammortamento sistematico, con l’eventuale svalutazione in caso di perdita
durevole di valore, e la periodica rivalutazione al fair value148;149
- per quanto riguarda gli oneri pluriennali, per i soli costi di sviluppo
aventi utilità pluriennale comprovata150, lo IAS 38 prevede la possibilità di
147 F. DEZZANI, I principi IAS/IFRS: il “reddito prodotto” e il “reddito potenziale”, in Impresa c. i. 2007, 1329; P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale e il bilancio redatto con gli IAS: prevalenza della sostanza sulla forma e principio di prudenza in presenza del fair value, in Impresa c .i. 2004, 1890. 148 L’art. 2426 c.c. invece prevede la loro valutazione al costo di acquisto o di produzione e, se il loro utilizzo è limitato nel tempo il loro valore deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio. Inoltre l’articolo prevede che il cespite venga iscritto ad un minor valore se al termine dell’esercizio esso risulta “durevolmente di valore inferiore”, ma tale valore svalutato non può esser mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata. 149 P. PISONI e D. BUSSO, Le differenze tra il bilancio attuale e il bilancio redatto con gli IAS: prevalenza della sostanza sulla forma e principio della prudenza in presenza del “fair value”, in Impresa c. i. 2003, 1890; P. MORETTI, Rilevazione iniziale e rideterminazione dei cespiti secondo il principio IAS 16., in Corriere tributario, 2005, 2431; M. BEGHIN, Immobilizzazioni materiali, IAS 16 e determinazione del reddito d'impresa. , in Corriere tributario 2007, 3571.
114
contabilizzarli secondo il “valore recuperabile dalle attività immateriali
generate”;151
- in relazione alla valutazione degli strumenti finanziari e derivati la
complessa disciplina di contabilizzazione è contenuta negli IAS 32 e 39. Tali
principi, dopo aver fornito le definizioni di strumento finanziario e strumento
derivato e aver circoscritto l’ambito di applicazione della disciplina mediante la
previsione di una serie di attività finanziarie cui non si applica lo IAS 39152,
stabiliscono che la rilevazione iniziale di tali cespiti debba avvenire al fair value,
corrispondente al corrispettivo dato in cambio. Dunque la prima rilevazione deve
150 A riguardo lo IAS 38 prescrive una serie di condizioni necessarie, la cui mancanza preclude la possibilità di iscrivere all’attivo di stato patrimoniale i costi di sviluppo. In particolare l’impresa deve dimostrare:
- l’intenzione dell’impresa di completare l’attività immateriale per l’uso o la vendita; - la possibilità tecnica di completare l’attività immateriale in modo che essa sia
disponibile per l’uso o la vendita; - la capacità di usare o vendere l’attività immateriale; - le modalità mediante le quali l’attività immateriale genererà probabili benefici
economici futuri; - la disponibilità di risorse tecniche, finanziarie e di altro tipo adeguate per
completare lo sviluppo e per l’utilizzo o la vendita dell’attività immateriale; - la capacità di valutare attendibilmente il costo attribuibile all’attività immateriale
durante il suo sviluppo. Tutti i restanti oneri pluriennali , quali i costi di ricerca, i costi di impianto e di ampliamento, i costi di formazione e di pubblicità, nonché i costi di sviluppo che non rispettano i suddetti requisiti, devono invece iscritti in conto economico, senza alcuna possibilità di capitalizzarli. Rispetto alla disciplina prevista nel codice civile, invece si rileva come per la capitalizzazione dei costi di sviluppo sia semplicemente richiesta l’autorizzazione del collegio sindacale, il quale deve verificare che tali costi siano attinenti a un progetto specifico, misurabile, realizzabile e il cui ammontare sia recuperabile tramite le attività ricavabili dal progetto stesso. Inoltre mentre lo IAS 38 stabilisce che al ricorrere delle condizioni richieste sorge l’obbligo di capitalizzare il costo, secondo la normativa nazionale, anche in presenza di tutte le condizioni per l’iscrizione, è comunque lasciato alla discrezionalità dell’impresa la scelta se iscrivere il costo all’attivo di stato patrimoniale o tra i costi di conto economico. 151 G. FRATTINI, La nuova frontiera del bilancio di esercizio: nuove regole, nuove opportunità e qualche critica, in Rivista dei dottori commercialisti 2007, 7; P. PISONI, F. BAVA e D. BUSSO, Bilancio 2005 e passaggio a IAS/IFRS: il trattamento contabile dei costi di ricerca e dei costi di sviluppo e le relative implicazioni fiscali, in Il fisco 16/2006; A. AMADUZZI, IAS 38 intangibile assets: le principali novità introdotte nel marzo 2004, una preliminare valutazione delle nuove regole, in Rivista dei dottori commercialisti 2004, 995; P. SANTOSUOSSO, Nuovi principi internazionali ed interni per gli "oneri pluriennali", in Rivista dei dottori commercialisti 2003, 1057. 152 Cfr. nota n. 56, p. 34.
115
effettuarsi al costo, che si specifica deve esser comprensivo delle spese di
transazione.
La novità rispetto alla disciplina nazionale riguarda invece i criteri di
valutazione utilizzabili nelle contabilizzazioni successive: infatti il paragrafo 46
dello IAS 39 stabilisce i seguenti criteri:
� per gli strumenti rilevati al fair value a conto
economico (cosiddetti held for trading): fair value;
� per gli investimenti posseduti fino a scadenza:
(cosiddetti held to maturity): costo ammortizzato;
� per finanziamenti e crediti originati non a scopo di
trading: costo ammortizzato;
� per le attività finanziarie disponibili per la vendita
(cosiddetti available for sale): fair value.
Per fair value si intende il “corrispettivo al quale un’attività potrebbe esser
scambiata o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una
transazione equa”.
Invece per costo ammortizzato è considerato il valore cui è stata effettuata
la prima contabilizzazione rettificato ad opera delle seguenti rilevazioni
successive: rimborsi di capitale, ammortamento complessivo calcolato come
differenza tra valore iniziale e quello alla scadenza, svalutazione derivante da
riduzione durevole di valore, insolvenza.
116
È infine stabilito che nel caso di perdita durevole di valore, ossia se il
valore contabile dell’attività è maggiore del suo valore di realizzo stimato, deve
operarsi una riduzione corrispondente del suo valore contabile153.154
- per quanto riguarda il TFR, lo IAS 19 prevede che l’impresa in ogni
bilancio determini, con “l’utilizzo di tecniche attuariali e in modo affidabile”
l’ammontare dei benefici maturati dai dipendenti in relazione sia all’esercizio
corrente che a quelli precedenti: non viene dunque richiesta, almeno dalla lettera
del principio, alcuna stima relativa ai benefici futuri. Tuttavia in una
comunicazione emanata dall’IFRIC si legge che il TFR è assimilato a un beneficio
successivo al rapporto di lavoro classificabile all’interno dei cosiddetti “piani a
benefici definiti”, pertanto nella stima deve tenersi conto anche delle variabili sia
demografiche (mortalità e rotazione dei dipendenti) che finanziarie (i futuri
incrementi retributivi) e della loro influenza sull’ammontare delle quote di TFR
che matureranno negli esercizi successivi155.156
153 Nell’ambito del nostro ordinamento l’applicazione del fair value sugli strumenti finanziari è stata oggetto di ampie dispute in sede di recepimento della direttiva 65/2001: come già analizzato in precedenza (cfr. I cap., par. 2.2.) la scelta del legislatore è stata quella di introdurre il fair value solo a livello di informazione integrativa. Infatti mentre nulla è stato previsto in ordine alla valutazione delle voci di stato patrimoniale relative alle attività finanziarie, all’art. 2427-bis c.c. è stato prescritto l’obbligo di fornire, in nota integrativa, informazioni circa l’entità e la natura di ogni tipologie di strumenti finanziari, nonché il loro fair value. Inoltre per le immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al fair value, devono indicarsi entrambi i valori e le motivazioni della loro contabilizzazione al valore superiore. 154 C. SOTTORIVA, L'attuazione della direttiva 2003/51/CE con il D.Lgs. n. 32/2007, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2007, 657; G. SCAZZERI e R. MANNA, Gli strumenti finanziari nei principi contabili internazionali: impatto sui bilanci e problematiche di valutazione, in Il fisco 12/2006; M. GIACONIA, Il principio IAS 39 espone le nuove regole di valutazione degli strumenti finanziari, in Corriere tributario 2005, 427; P. PISONI, P. P. BIANCONE, D. BUSSO e M. CISI, Bilancio consolidato dei gruppi quotati, Milano, 2005, 140; C. NOCERA e R. PATIMO, Riforma diritto societario e principi contabili: quadro di sintesi, in Il fisco 45/2004. 155 L’attuale disciplina nazionale invece prevede che il TFR venga valutato sulla base degli anni di servizio e di una percentuale fissa dei salari corrisposti. Dunque l’ammontare di TFR da iscrivere in bilancio corrisponde al debito maturato in relazione al periodo di lavoro prestato, rivalutato secondo il criterio previsto dall’art. 2120 c.c. (1,5 % oltre al 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi registrato).
117
- in relazione agli investimenti immobiliari – i quali corrispondono alla
voce “Terreni e fabbricati” del prospetto di Stato patrimoniale disciplinato
dall’art. 2424 c.c. – lo IAS 40 prevede che la valutazione iniziale venga effettuata
utilizzando il criterio del costo, ma nelle contabilizzazioni successive viene
concessa all’impresa la facoltà di scegliere se continuare ad applicare il criterio
del costo o se effettuare una valutazione al fair value. Inoltre, laddove l’impresa
opti per la valutazione al costo, è prescritta l’indicazione nelle note a bilancio del
valore corrispondente al fair value157.158
Dalla disamina di tali regole di valutazione, si evince come l’utilizzo del
fair value comporti una rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria
ed economica dell’impresa più veritiera e attendibile, in quanto maggiormente
rappresentativa dei flussi economici e finanziari che coinvolgono l’impresa. In
sostanza, il fair value presenta un maggior livello di significatività (relevance)
Tuttavia si segnala che recentemente l’OIC ha ritenuto corretta una valutazione basata su metodi di calcolo attuariali, che tengano cioè conto dei futuri sviluppi del rapporto di lavoro. La comunicazione emanata dall’Organismo italiano di contabilità ha in sostanza riprodotto quanto ero stato detto dall’IFRIC in riferimento all’applicazione dello IAS 19, e sovvertito il tradizionale meccanismo di valutazione previsto in sede codicistica. 156 F. DEZZANI e L. MEZZANI, OIC - Organismo Italiano di Contabilità: Principio IAS 19. TFR: trattamento contabile secondo lo IAS 19, in Il fisco 37/2007; R. VALACCA, I benefici ai dipendenti secondo IAS 19 e IFRS 2, in Corriere tributario 2007, 3589; M. PROCOPIO, Fondo per rischi ed oneri e Tfr, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 949; M. PROCOPIO, Gli IAS e il loro impatto in materia civilistica e tributaria, in Corriere Tributario 2006, 1158;F. DEZZANI, O.I.C. - Organismo italiano di contabilità. IAS e principi contabili nazionali: le principali differenze, in Impresa c. i. 2004, 9. 157 La disciplina desumibile dal combinato disposto di cui all’art. 2426 c.c. e al principio contabile nazionale n. 16, stabilisce che la valutazione dei cespiti rientranti nella voce “Terreni e fabbricati” deve avvenire – come per tutte le forme di immobilizzazioni immateriali – al costo storico, ammortizzato sistematicamente se il bene ha un’utilità limitata nel tempo e rettificato a minor valore, se alla chiusura dell’esercizio il valore del bene risulta durevolmente inferiore. Tale minor valore derivante da svalutazione non può esser mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata. 158 P. MORETTI, Gli investimenti immobiliari secondo lo IAS 40, in Corriere tributario 2006,1006; P P. BIANCONE e M. CISI, Gli investimenti immobiliari secondo gli IAS/IFRS, in Impresa c. i. 2006, 210; R. M. VISCONTI, Valutazione degli immobili e IAS 40, in Impresa c. i. 2005, 580; P. PISONI e M. CAMPRA, Società quotate: come cambia il bilancio con l’utilizzo degli IAS: alcuni punti significativi, in Impresa c. i. 2004, 225.
118
rispetto al costo storico, in quanto non fornisce meri dati staticamente riproduttivi
di eventi e rapporti già consumati, bensì consente all’investitore di ottenere
un’informazione dinamica e rivolta al futuro, ossia contenente anche un’insieme
di valutazioni e previsioni sulle prospettive reddituali e finanziarie dell’impresa.
Tuttavia, dall’altro lato tale sistema si affida largamente alla libera
discrezionalità degli amministratori, sicché non tutela gli stakeholder dal rischio
di sopravvalutazioni indebite e conseguente iscrizione in bilancio di plusvalenze
dubbie o persino inesistenti. In particolare, una valutazione che si basa sul valore
di mercato, quindi sul potenziale corrispettivo che si ricaverebbe dalla cessione
del cespite, conduce all’indicazione di un valore solitamente superiore a quello del
costo d’acquisto o di produzione159, e che sopratutto è maggiormente volatile e
incerto, in quanto si tratta di plusvalenze non ancora realizzate e legate alle
oscillazioni del mercato.
Dunque se può certamente concludersi che il fair value è più significativo
del costo storico in relazione alle decisioni d’investimento, d’altra parte, sotto il
profilo dell’attendibilità (reliability), il costo storico fornisce sicuramente
maggiori garanzie di quante ne dia il fair value.160
159 Sono rari i casi in cui l’applicazione di un principio IAS/IFRS dà luogo a valutazioni dell’attivo inferiori rispetto a quelle derivanti dalla disciplina codicistica nazionale. Tra le regole analizzate in questo paragrafo, l’unico caso è rappresentato dallo IAS 38, il quale consente la capitalizzazione dei soli costi di sviluppo rispondenti a determinati requisiti, mentre la disciplina codicistica ammette, seppur a determinate condizioni, anche la capitalizzazione dei costi di impianto, di ricerca, di ampliamento, di pubblicità costi pluriennali in misura decisamente inferiore rispetto al codice civile. 160 A tal proposito può segnalarsi come alcune banche, successivamente all’introduzione degli IAS/IFRS, hanno cercato di rivalutare notevolmente le loro partecipazioni nella Banca d’Italia, contabilizzandole al fair value, pur non trattandosi di strumenti finanziari né del tipo “held for trading”, né rientranti tra gli “available for trading” (e quindi da valutare al costo storico). L’Autorità di Vigilanza, a seguito di tale violazione, ha sancito l’illegittimità di tali rivalutazioni, disponendone lo storno. A tal proposito vedasi L. DE ANGELIS, Gli IAS e l’unfair value, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale 2006, 5. La fattispecie rappresenta un esempio delle molteplici e allettanti occasioni, offerte dal passaggio al fair value, per far emergere plusvalenze latenti o crearne di nuove, semplicemente mediante
119
Volendo tracciare la ratio sottostante tali differenti approcci da parte dei
sistemi comunitario e italiano, questa può rinvenirsi ancora una volta nel diverso
ambito di tutela scelto: infatti il fair value è, come detto, orientato all’obbiettivo di
fornire una chiara e soddisfacente informazione a fini decisionali, dunque tutela
essenzialmente gli investitori; contrariamente, il criterio del costo storico, quale
diretta derivazione del principio di prudenza, è specificamente rivolto alla tutela
dei creditori e dell’integrità del capitale sociale.
Tornando al fattore reliability, dato come tale difformità di disciplina porti,
sul piano applicativo, all’individuazione di plusvalori dall’ammontare spesso
sensibilmente diverso, in sede di recepimento dei principi contabili internazionali,
si è posto nel nostro ordinamento il rilevante problema di tutelare i creditori
sociali e garantire una maggiore attendibilità delle informazioni contabili. Nello
specifico, la preoccupazione principale era quella di evitare che l’applicazione del
fair value potesse dar vita alla distribuzione o comunque all’utilizzo di utili non
realizzati e per lo più incerti.
Il D. Lgs. 38/2005, già analizzato in precedenza161, ha risolto questo
problema con la previsione di riserve formate dai plusvalori derivanti
dall’applicazione del fair value, che in linea generale sono indisponibili. Tale
indisponibilità si sostanzia nel divieto di distribuire le suddette plusvalenze fino al
momento del loro effettivo realizzo e nell’impossibilità di utilizzarle per
l’aumento del capitale sociale o per altre operazioni aventi l’effetto equivalente.162
l’artificiosa applicazione di norme – quelle basate sul fair value appunto – che si prestano a libere e discrezionali valutazioni in sede applicativa. 161 Cfr. I cap. , par. 1.5. 162 G. FRATTINI, La nuova frontiera del bilancio d’esercizio: nuove regole, nuove opportunità e qualche critica, in Rivista dei dottori commercialisti 2007, 6; R. SACCHI, Principi contabili internazionali e finalità dell’informazione finanziaria, in Corriere giuridico 2007, 597.
120
III° CAPITOLO
Gli US GAAP e le principali differenze
rispetto ai principi contabili internazionali.
1 Aspetti generali: l’evoluzione del sistema contabile
nordamericano e le fonti dei principi contabili US GAAP.
Com’è noto gli Stati Uniti d’America dispongono di un sistema giuridico
definito di common law, caratterizzato da poche leggi scritte nelle quali sono
contenuti taluni principi fondamentali, integrati da una serie di innumerevoli
sentenze delle Corti di giustizia; proprio dalle decisioni delle Corti si ricavano
applicazioni pratiche del principio generale che possono essere in seguito
utilizzate nella risoluzione di casi similari futuri.
Si tratta dunque di un sistema poco teorico che si caratterizza, rispetto ai
sistemi di civil law, per il maggior rilevo attribuito alla figura del giurista pratico,
ossia del giudice.
Tale caratteristica si rileva anche nell’ambito della materia contabile, in
cui vi è assoluta mancanza di disposizioni normative che disciplinino
121
l’informativa economico-finanziaria dell’impresa, sia a livello federale che delle
singole legislazioni statali.163
Tuttavia, nel corso del XX secolo lo sviluppo economico e l’evoluzione
del sistema produttivo ha portato ad una attenta riflessione da parte delle autorità
governative nordamericane in merito all’introduzione di una regolamentazione
contabile.
In particolare, gli Stati Uniti d’America presentano un’economia di
mercato caratterizzata dai seguenti fattori:
- la gestione delle risorse economiche e finanziarie è per lo più lasciata
alla libera competizione tra imprese private, mentre un ruolo marginale viene
rivestito dalle aziende pubbliche;
- il tipo societario prevalentemente utilizzato è quello della cosiddetta
Public Company, in cui il capitale sia di rischio che di debito viene
prevalentemente diffuso e distribuito tra una pluralità di piccoli investitori, con la
conseguente separazione tra proprietà e gestione dell’impresa;
- il ruolo socio-economico delle imprese è sviluppato dando la priorità
alla libera concorrenza e agli interessi particolari dei soggetti investitori, a scapito
degli interessi pubblici e generali.
In un modello di questo tipo la concorrenza premia le imprese che riescono
ad essere più efficaci sul mercato dei capitali e più efficienti nello sfruttamento
delle risorse finanziarie raccolte presso quest’ultimo. Ciò porta con se la necessità
163 Infatti il Congresso degli Stati Uniti d’America, massima autorità legislativa americana, è intervenuto solo in due occasioni in materia contabile, ossia: l’emanazione della normativa sulle modalità di contabilizzazione del credito d’imposta per i nuovi investimenti; l’introduzione, nel 1977, di una disciplina in materia di revisione contabile in risposta ai drammatici fallimenti di imprese soggette a revisione di quegli anni. Cfr P. E. CASSANDRO, Sui principi contabili generalmente accettati secondo la normativa nordamericana, in Rivista dei dottori commercialisti 1982, 1163.
122
di tutelare coloro che forniscono risorse e alimentano il mercato finanziario, ossia
gli investitori, mediante la predisposizione di adeguate informative di bilancio,
utili nella valutazione circa gli investimenti finanziari da effettuare. 164
Le autorità governative, sulla base delle suesposte valutazioni e in
reazione al crollo della Borsa di New York, hanno istituito un sistema di controllo
sulle società quotate affidato alla Securities and Exchange Commission (SEC)165,
alla quale è stato attribuito anche il compito di redigere un insieme di norme da
osservarsi nella formazione dei bilanci annuali. Scopo di tale attività normativa
doveva esser quello di far sì che i bilanci divenissero un fedele strumento
informativo delle condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie delle società
medesime, in modo da consentire a coloro che avevano rapporti con una società,
in particolare i risparmiatori, di poter assumere decisioni economiche con piena
consapevolezza.
Tuttavia, la SEC rifiutò l’ipotesi di emanare essa stessa un corpus di regole
vincolanti ma, piuttosto, decise di demandare tale compito ai cosiddetti Certified
Public Accountants (C.P.A.), associazioni di professionisti in materia di
contabilità e revisione, i quali dovevano esser coadiuvati da un organismo tecnico
che desse piena affidabilità sull’adeguatezza e razionalità dei principi. Il problema
164 C. W. NOBES, International Accounting General Issues and Classification Cheltenham, Brookfield, 1996, 32; R. R. KRAAKMAN e H. HANSMANN, Il governo delle società di capitali, in Diritto societario comparato a cura di L. ENRIQUES, Bologna, 2006, 45. 165 La SEC, agenzia indipendente del Governo Federale, ha come scopo principale la regolamentazione del mercato finanziario ed esercita la propria giurisdizione su tutte le società che emettono titoli collocati sul mercato regolamentato nordamericano. Le principali funzioni ad essa attribuite in materia contabile possono sintetizzarsi nelle seguenti:
- controllo sull’operato del FASB, sulle emissioni e sulle negoziazioni di titoli; - regolamentazione specifica avente ad oggetto particolari problematiche contabili, svolta
con l’emanazione dei cosiddetti regolamenti S-X recanti disposizioni sui requisiti dei bilanci d’esercizio destinati alla pubblicazione;
- regolamentazione specifica relativamente ad alcune procedure contabili (con l’emanazione dei Financial Reporting Release) o a particolari tipologie di operazioni (mediante la pubblicazione degli Staff Accounting Bullettin).
123
dell’obbligatorietà dei principi veniva invece risolto nel paradigma della “generale
accettazione” – da cui il nome di General Accepted Accounting Principles – che
non presupponeva l’individuazione di uno o più organismi specificamente idonei
e legittimati a formulare i principi da applicare, bensì guardava all’autorevolezza
rivestita da quel principio all’interno dell’ambiente contabile, indipendentemente
dall’organismo tecnico che lo aveva elaborato. Nella sostanza, il “marchio”
general accepted veniva – e tutt’ora viene – attribuito mediante l’approvazione da
parte della SEC, la quale si riservava anche la facoltà di apportare modifiche ai
principi approvati.
Le suddette associazioni contabili diedero vita all’AICPA (American
Institute of Certified Public Accountants) che, originariamente, si avvalse della
collaborazione del CAP (Committee on Accounting Procedure) e, dal 1959,
dall’APB (Accounting Principles Board).166 Tuttavia, il susseguirsi di organismi
privati impegnati nella statuizione di principi contabili, ebbe come conseguenza
inevitabile il proliferare delle regole di contabilizzazione e di gruppi lobbistici
che, all’interno degli organismi redigenti, perseguivano obiettivi diversi dal
raggiungimento di un livello di informazione contabile attendibile.
Per tali ragioni, negli anni ’70 l’AICPA nominò un gruppo di lavoro,
denominato Commissione Wheat, al quale assegnò il compito di analizzare le
carenze del sistema al fine di individuare un nuovo ente responsabile della
redazione dei principi contabili e risolvere l’annosa questione della natura privata
o pubblica da attribuirgli. In quegli anni, invero, erano sorte forti motivazioni per
166 B. CAMPEDELLI, Ragioneria internazionale, Torino, 1994, 291; M. VENUTI, Il bilancio d’esercizio fino agli IFRS – finalità, principi e deroghe, Milano, 2006, 354; E. VIGANO, Sintesi dell’esperienza in materia di principi contabili nei paesi di lingua inglese, in Rivista dei dottori commercialisti, 1975, 309.
124
l’affidamento di tale funzione ad un organismo pubblico: tra tutte la
considerazione che, dovendo i principi contabili godere dell’approvazione della
SEC, sarebbe stato più opportuno affidare ad essa stessa direttamente la funzione
di redigerli, al fine di prevenire possibili contrasti con un ente privato. Tuttavia a
ciò si opponeva la circostanza che per render vincolanti i principi statuiti dalla
SEC, i suoi poteri avrebbero dovuto essere sensibilmente accresciuti; inoltre non
poteva non considerarsi la tradizionale estraneità degli organismi governativi alla
materia.
In seno alla Commissione prevalsero le ragioni di coloro che
propendevano per la costituzione di un organismo di natura privata, ma con
l’intento comune di superare i limiti riscontrati nel sistema allora vigente.
Pertanto, nella relazione trasmessa all’AICPA furono stabilite le seguenti regole,
relative al funzionamento e all’organizzazione dell’ente:
- i membri del nuovo ente dovevano prestare servizio a tempo pieno e
ricevere un’adeguata remunerazione, così da evitare l’insorgere di conflitti di
interesse derivanti dalla prosecuzione delle attività professionali;
- il numero dei membri doveva esser ridotto, al fine di contenere i costi
entro limiti ragionevoli ed evitare il ricorso a finanziamenti governativi che
avrebbero potuto compromettere l’autonomia e l’indipendenza dell’ente.
Il Consiglio dell’AICPA recepì le considerazioni elaborate in seno alla
Commissione Wheat e, in piena aderenza alle proposte pervenute, creò un nuovo
organismo: il Financial Accounting Standards Board (FASB)167. 168
167 L’organismo opera congiuntamente ad altri due organismi:il FAF (Financial Accounting Foundation), il quale assicura l’indipendenza del FASB, mediando con le organizzazioni professionali, accademiche e imprenditoriali che ne sostengono l’attività; il FASAC (Financial Accounting Standards Advisory Council), che costituisce organismo di supporto tecnico al FASB,
125
Ancora oggi la SEC non interviene nella fase di formulazione dei principi
contabili ma si occupa esclusivamente della loro approvazione e modifica; il
sistema piuttosto trae linfa dall’attività espletata dal FASB e da altri organismi di
natura privata, caratterizzati dall’essere enti dalle comprovate competenze
tecniche, ma privi dell’autorevolezza che riveste un organo inserito nell’apparato
istituzionale.
Tuttavia un importante lavoro di razionalizzazione e sistematizzazione è
stato svolto in tal senso dall’Auditing Standard Board (ASB), l’organismo
preposto all’emanazione delle regole di revisione da adottare nell’attività di
certificazione dei bilanci negli Stati Uniti. Infatti – dal momento che un principio
fondamentale della disciplina in materia di revisione contabile è quello secondo
cui nella certificazione deve attestarsi che il bilancio è stato rappresentato con
l’adozione dei principi contabili generalmente accettati169 – l’ASB si è occupato
dell’identificazione della seguente gerarchia dei principi US GAAP:
a) i principi emanati dal FASB e le direttive promananti
dall’AICPA. In particolare si tratta degli Statement of Financial Accounting
Standards and Interpretations, delle Accounting Principles Board Opinions e
degli AICPA Accounting Research Bullettins;
b) i FASB Technical Bullettins e, se pubblicati dal FASB, gli
AICPA Industry Audit and Accounting Guides e gli AICPA Statements of
Position. Si tratta di documenti volti a render noti gli orientamenti del FASB e con ruolo meramente consultivo e di ricerca. Cfr. B. CAMPEDELLI, Ragioneria internazionale, Torino, 1994, 291. 168 C. W. NOBES, Interpreting US financial statements, London, 1988, 12; A. R. BELKAOUI, International and multinational accounting, London, 1994, 225; T. ONESTI, Fattori comportamentali e comportamenti contabili. Analisi comparata dei sistemi contabili di alcuni Paesi industrializzati, Torino, 1995, 87. 169 In particolare viene prescritto che in ogni relazione di certificazione al bilancio debba includersi la frase “present fairly in conformity with generally accepted accounting principles”.
126
dell’AICPA in merito problematiche di bilancio che non trovano soluzione
pacifica nella prassi contabile;
c) i FASB Emerging Issues Task Force e gli AICPA
Accounting Standards Executive Committee Practice Bullettin. Si tratta documenti
volti a interpretare e definire i principi contabili o a descrivere la prassi contabile
generalmente accettata in merito, o a render note osservazioni di cui alla lett. b)
pronunciate da organismi diversi dal FASB e dall’AICPA;
d) AICPA Accounting Interpretation and Implementation
Guides pubblicati dal FASB, e in generale tutte le pronunce e i pareri largamente
riconosciuti e prevalenti nella prassi contabile del settore aziendale e industriale di
riferimento.
A tale gerarchia si aggiungono poi i documenti emanati dalla SEC170, i
quali contengono regole precipuamente rivolte ai bilanci delle società quotate nel
mercato nordamericano.171
2. Il processo di convergenza degli IAS/IFRS con gli US
GAAP.
L’evoluzione del sistema economico mondiale generata dall’avvento del
fenomeno della “globalizzazione”, ha spinto le varie istituzioni nazionali dei Paesi
170 Si tratta dei Regulation S-X, dei SEC Staff Accounting Bullettin e dei SEC Financial Reporting Release. 171 P.P. BIANCONE, Il bilancio consolidato secondo gli US GAAP, in Bilancio consolidato dei gruppi quotatia cura di P. PISONI, P.P. BIANCONE, D. BUSSO e M. CISI, Milano, 2005, 362; G. SANNINO, Il percorso di formazione dei principi contabili nordamericani, Padova, 1999, 7.
127
più sviluppati ad avviare negoziazioni e programmi finalizzati alla convergenza e
al coordinamento delle rispettive legislazioni.
In particolare, l’espansione e l’integrazione dei mercati172 ha portato le
imprese – in particolare quelle di maggiori dimensioni – ad operare a livello
internazionale e quindi a confrontarsi con i competitors esteri: ciò ha fatto sorgere
l’esigenza di consentire alle aziende di operare a condizioni paritarie, proprio per
evitare che la soggezione alla legislazione dello Stato di appartenenza173 sia
foriera di discriminazioni o comunque di condizioni svantaggiose rispetto ai
concorrenti soggetti ad altre legislazioni.
Tale esigenza è stata particolarmente avvertita nell’ambito del settore
contabile, laddove gli interessi in gioco sono molteplici: non solo la parità di
trattamento delle imprese, ma anche e soprattutto la tutela degli stakeholder, in
particolare degli investitori e/o creditori della società.
Come già visto, il problema riscontrato è stato quello di uniformare
legislazioni nazionali che, in ambito europeo, si occupavano della tutela di
interessi diversi e in parte antitetici, segnatamente quella dei creditori sociali e
quindi dell’integrità del capitale sociale o quella degli investitori, ossia di coloro
172 Ai fini suddetti per mercati si intendono non solo le borse valori (ossia i “mercati regolamentati”, quelli cioè in cui si negoziano strumenti finanziari), ma più in generale tutti i settori industriali in cui la produzione e commercializzazione del prodotto o la prestazione del servizio non è sottoposta al regime di monopolio, e quindi è al contrario aperta alla libera concorrenza. 173 I criteri utilizzati per la determinazione della legislazione da applicare sono: in alcuni Paesi “il luogo in cui si trova la sede amministrativa della società”, in altri “il luogo di costituzione della società”. La mancanza di un criterio unico per tutti gli Stati, ha comportato alcuni problemi relativamente alla pratica, diffusa, di costituire la società in Paesi che applicano il criterio del luogo di costituzione e che presentano una legislazione fortemente conveniente rispetto a quella dello Stato in cui viene posta la sede amministrativa e in cui si opera effettivamente. Tale pratica viene da molti Stati definita come elusiva della propria legislazione nazionale, e di conseguenza essi elaborano misure restrittive che escludono il riconoscimento secondo la legge nazionale di società, costituitesi in Stati esteri e per tale ragione soggette alla legislazione di tali Stati, ma aventi sede e operanti esclusivamente in altro territorio. Cfr. M. CASOTTANA e A. NUZZO, Lezioni di diritto commerciale comunitario, Torino, 2002, 18.
128
che apportano capitale di rischio o di debito mediante il canale borsistico. La
scelta comunitaria è stata quella di apprestare un corpus di principi comune a tutti
gli Stati membri, che è fortemente orientato alla tutela del mercato borsistico e
finanziario in generale, piuttosto che a preservare le ragioni dei creditori sociali.
Passando al processo di convergenza tra il neonato sistema contabile
comunitario e il modello statunitense, questo è stato avviato nel 2002, tramite un
accordo tra il FASB e lo IASB ed è stato seguito da reciproci interventi di
modifica dei rispettivi principi contabili effettuati sulla base di progetti di
convergenza conclusi dai suddetti organismi174.
Nel 2005 il CESR (Committee of European Securities Regulators)175 ha
specificato che l’obiettivo cui tende tale processo di convergenza è quello di
raggiungere l’equivalenza dei sistemi IAS/IFRS e US GAAP. Il CESR ha poi
specificato che il concetto di equivalenza non coincide con quello di identità,
174 A titolo esemplificativo possono indicarsi i seguenti interventi modificativi:
- in ambito comunitario lo IASB ha emesso l’IFRS 5 relativo ad “Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate”, in cui è stato modificata la disciplina di classificazione e valutazione delle attività immobilizzate e dei gruppi di beni destinati alla vendita, nonché quella delle attività cessate. Tuttavia permangono a tal riguardo delle divergenze, riguardanti i requisiti relativi alla perdita di valore delle attività (infatti nel sistema UE si continua ad applicare lo IAS 36);
- in ambito USA il FASB ha apprestato alcune bozze di documenti per la modifica di alcuni principi contabili in armonia con gli IAS/IFRS. In particolare si registra una proposta di modifica del FAS 141, relativo alla valutazione delle aggregazioni aziendali, che dovrebbe portare all’emanazione di un principio strettamente aderente all’IFRS 3. Altra bozza riguarda la predisposizione di nuove definizioni di fair value, con identificazione delle metodologie da utilizzare per la sua valutazione, che dovrebbero incidere sulle regole attualmente contenute nel SEC Accounting Series Relies 118.
175 Esso rappresenta un organismo indipendente, istituito dalla Commisione dell’Unione Europea il 6 giugno 2001 e composto da esperti e professionisti operanti nel campo dei mercati borsistici europei. La Commissione gli ha attribuito le seguenti funzioni:
- promuovere la cooperazione tra le Autorità dei mercati regolamentati nazionali, vigilando sul rispetto, da parte delle suddette Autorità, del Multilateral Memorandum of Understanding;
- assistere la Commisione Europea durante l’emanazione delle direttive in materia di vigilanza sui mercati regolamentati;
- vigilare sulla corretta applicazione della normativa comunitaria sulla vigilanza dei mercati regolamentati da parte degli Stati Membri.
129
bensì si riferisce alla circostanza che “gli investitori siano in grado di prendere una
decisione economica analoga indipendentemente dal fatto che il bilancio sia stato
redatto con gli IAS/IFRS o con gli US GAAP”176. Nella sostanza l’obiettivo
perseguito dagli ordinamenti comunitario e statunitense è quello di consentire alle
società non americane che redigono il bilancio utilizzando gli IAS/IFRS, di
quotarsi nel mercato americano senza dover presentare l’apposito prospetto di
raccordo177.
Nell’aprile 2007, nel quadro del vertice annuale UE – USA, il Presidente
degli USA, il Presidente del Consiglio Europeo e il Presidente della Commissione
hanno firmato un accordo con il quale entrambe le parti si sono impegnate a
“promuovere le condizioni per il riconoscimento dei GAAP statunitensi e degli
IAS/IFRS senza riconciliazioni in entrambe le giurisdizioni entro il 2009 o
possibilmente prima”178.
Da ultimo si segnala una delibera SEC del 20 giugno 2007179, in cui
l’organismo ha reso nota la proposta di riconoscere i due sistemi IAS/IFRS e US
GAAP come “equivalenti”, e quindi di consentire alle società estere di depositare
i bilanci redatti in base agli IAS/IFRS senza alcun obbligo di riconciliazione. La
Commissione europea ha accolto con favore l’annuncio della SEC e, attualmente,
176 Cfr F. DEZZANI, “IAS/IFRS” equivalenti a “gaap statunitensi”, in Impresa c.i. 2007, 1483. 177 Si tratta del cosiddetto F-20, un documento in cui vengono fornite informazioni aggiuntive relative al reddito, ai flussi di cassa e al patrimonio netto, con una dettagliata spiegazione delle differenze tra le regole UE e gli US GAAP. Il Securitiy Excange Act del 1934 prescrive la presentazione di tale prospetto entro sei mesi dalla chiusura dell’anno fiscale di riferimento, come condizone per la registrazione del bilancio di una società estera presso la SEC. La funzione del prospetto F-20 è quella di consentire un corretto raffronto tra bilanci redatti secondo regole contabili diverse, così da rendere possibile ai risparmiatori un agevole confronto tra i rendiconti delle imprese nordamericane e quelli dei competitors esteri. 178 L’impegno è contenuto nel Framework For Advancing Transatlantic Economic Integration between the European Union and the United States of America – Allegato 2 Lighthouse Priority Projects. 179 Al proposta della SEC è stata annunciata a seguito del comunicato stampa 2007 – 72 del 24 aprile 2007.
130
sono ancora in corso i lavori di coordinamento e avvicinamento in attuazione del
Memorandum d’intesa approvato dallo IASB e dal FASB agli inizi del 2006, e
che dovrebbero concludersi entro la fine del 2008.180
Nei paragrafi seguenti, dopo un’analisi delle finalità caratterizzanti il
sistema contabile nordamericano, verranno prese in esame le differenze principali
che tutt’ora permangono tra i due sistemi contabili e che, per la maggior parte,
dovrebbero risolversi con l’attuazione del programma di convergenza stipulato tra
FASB e IASB.
3 Finalità e destinatari del bilancio secondo i GAAP
statunitensi
I principi contabili elaborati dallo IASB, come si è già detto, interpretano il
bilancio in chiave prospettica ed evolutiva e perseguono la finalità di fornire un
quadro non statico della situazione patrimoniale ed economico aziendale, ma
piuttosto descrivono il risultato dell’esercizio – e il conseguente stato patrimoniale
e finanziario dell’impresa – come indicazione delle performance e delle possibili
evoluzioni aziendali future.181
Sotto questo profilo, se dal raffronto con il sistema contabile italiano si
evince una difformità tale da dar vita a due discipline profondamente contrastanti,
contrariamente per i principi contabili statunitensi si registra una uniformità di 180 F. DEZZANI, “IAS/IFRS” equivalenti a “gaap statunitensi”, in Impresa c.i. 2007, 1477. 181 In particolare lo SFAC 1 stabilisce che “i documenti del bilancio devono fornire informazioni utili agli investitori attuali e futuri, ai creditori, e a tutti gli altri che li utilizzano per effettuare investimenti razionali e per prendere decisioni riguardanti il credito”.
131
intenti. Infatti, anche gli US GAAP attribuiscono al bilancio – quello
consolidato182 - grande dinamismo e capacità di rappresentazione dei risultati
orientata al futuro, al fine di fornire agli investitori informazioni che diano la
possibilità di stimare la capacità di generare utili futuri e di interpretare i rischi
connessi all’investimento effettuato o che si è in procinto di eseguire. Di
conseguenza viene sensibilmente avvertita anche l’esigenza di rendere detti
risultati comparabili con quelli resi noti dai competitors, al fine di consentire il
confronto tra le previsioni stimate sul rendimento di altre imprese concorrenti.
Dunque anche per gli US GAAP i principali destinatari del bilancio sono
considerati gli investitori183 e la finalità prioritaria è quella di garantire l’utilità
dell’informativa contabile per l’assunzione di decisioni consapevoli in campo
economico-finanziario.184
A riguardo, si sottolinea come negli Stati Uniti tale finalità sia
storicamente e tradizionalmente insita nel sistema e al suo soddisfacimento sia da
sempre stata preordinata la redazione del bilancio consolidato in quanto, a
differenza del conto individuale d’esercizio, esso rappresenta in modo più
adeguato la reale situazione economico-finanziaria di quell’entità economica,
rilevante ai fini del mercato, che non è la singola società, bensì quell’insieme di
imprese soggette ad unitaria direzione e controllo da parte di una holding, cioè di
182 Il FAS 94 infatti stabilisce che quando un’impresa ha una o più partecipate di controllo (subsidiaries), il prospetto contabile più appropriato per fornire un’informativa utile a fini decisionali è il bilancio consolidato, in quanto fornisce un quadro della situazione patrimoniale, economica e finanziaria di un’entità che, giuridicamente si compone di più soggetti relativamente autonomi, ma che sul piano economico-sostanziale rappresenta un soggetto unico che agisce in modo coordinato e sotto un unitaria direzione e i cui risultati vanno dunque analizzati nell’insieme. 183 Per la nozione di investitori cfr .Cap. II, par. I. 184 R.H. PARKER, Comparative International Accounting, VII ed., 2002; S. AZZALI, L’ obbiettivo dei bilanci, in S. AZZALI, Il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali.Problemi applicativi.Soluzioni operative. Potenzialità informative, Milano, 2002, 46.
132
quella struttura economico-imprenditoriale che agisce in modo coordinato e
coeso.
4 I postulati di bilancio
La base concettuale sui cui poggia tutto il sistema contabile nordamericano
è costituita da un insieme di caratteristiche qualitative, ossia di postulati di
bilancio185, che somigliano molto a quelle apprestate in ambito comunitario.
In particolare, anche il quadro concettuale degli US GAAP – similmente a
quanto previsto dal Framework IAS/IFRS – richiede che le informazioni di
bilancio siano conformi ai principi di comprensibilità, rilevanza, affidabilità e
confrontabilità186.
Tuttavia, sebbene l’impostazione di base sia coincidente, possono
evidenziarsi i seguenti elementi di differenziazione:
- innanzitutto, con riferimento alla possibilità per gli amministratori di
disattendere l’applicazione di un principio contabile in casi eccezionali. Infatti, da
un lato gli IAS/IFRS consentono di derogare a singole regole contabili nel caso in
cui si verrebbe altrimenti a pregiudicare l’obiettivo principale del bilancio, ossia
quello della rappresentazione veritiera e corretta; dall’altro lato, in assenza di
alcuna disposizione in merito emanata da parte del FASB, la SEC mostra notevole
185 Per postulati di bilancio – o caratteristiche qualitative – si fa riferimento al quadro concettuale di riferimento, ossia che fornisce il punto di partenza per la statuizione delle regole contabili, nonché il criterio di riferimento per valutazioni e iscrizioni in bilancio nel caso in cui non esistano principi contabili specifici. 186 Per l’analisi approfondita sul significato e sulla portata applicativa di tali principi cfr. Cap II, par. 2.2.
133
diffidenza nei confronti di tale pratica, e ciò sulla base della presunzione di una
coerenza del sistema contabile tale che non sia possibile, neanche in sede
applicativa, ravvisare incongruenze tra norme di dettaglio e il corpus di regole cui
appartiene. In verità l’Autorità di vigilanza statunitense persegue il fine di
prevenire che clausole derogatorie simili a quella prevista dagli IAS/IFRS diano
spazio ad operazioni contabili mosse da altre finalità;
- altro aspetto di notevole rilievo riguarda la cosiddetta FTA, ossia la
First Time Application, in riferimento alla quale gli US GAAP non forniscono
una specifica disciplina, ma semplicemente prescrivono una generale obbligatoria
applicazione retroattiva di tutti i principi contabili, senza esenzioni, e rimandano
allo specifico trattamento previsto da ogni singolo principio contabile in tema di
prima applicazione187. Invece per quanto riguarda gli IAS/IFRS, vengono
specificate già nell’IFRS 1 una serie di esenzioni, molte facoltative altre
obbligatorie, riferite principalmente alle immobilizzazioni materiali, alle
aggregazioni aziendali e al TFR;188
- ultima rilevante difformità riguarda la diversa portata del principio di
comparabilità delle informazioni. I principi contabili internazionali dispongono il
confronto di tutte le voci di bilancio con i dati del rendiconto dell’esercizio
precedente; la SEC invece prescrive l’indicazione e il confronto delle voci di stato
patrimoniale degli ultimi due anni, mentre per gli altri prospetti di bilancio si
richiede persino la presentazione del raffronto dei documenti contabili relativi agli
ultimi tre anni. Tale differenza evidenzia come gli US GAAP prestino maggiore
187 Inoltre sono previste delle regole specifiche per quanto concerne le società derivanti da scissioni e per al predisposizione dei primi bilanci pubblici. 188 PRICE WATERHOUSE COOPERS, Similiarities and Differences – A comparison of IFRS and US GAAP, 2007, p. 13, in www. pwc.com/ifrs.
134
attenzione alla coerenza temporale delle informazioni economico-finanziarie,
quindi una maggiore utilità dal punto di vista della possibilità per gli utilizzatori di
tracciare il quadro evolutivo della situazione patrimoniale e finanziaria della
società.189
5 Gli schemi di bilancio
I prospetti di bilancio previsti dal modello statunitense coincidono con
quelli disciplinati dai principi contabili internazionali fatta eccezione per il
prospetto delle variazioni del netto che, in base agli IAS/IFRS, deve esser
costituito da un apposito documento separato dagli altri prospetti di bilancio,
mentre secondo gli US GAAP le variazioni dei conti di patrimonio netto possono
esser anche esposte nelle note al bilancio.
5.1 Lo stato patrimoniale
La disciplina del documento di stato patrimoniale è contenuta nella
Regulation S-X emanata dalla SEC che – in linea con i principi IAS/IFRS – non
prescrive una struttura specifica e analitica, bensì si limita a disporre uno schema
di contenuto minimo di informazioni, classificate in attività contrapposte a
189 ERNST & YOUNG, U.S. GAAP v. IFRS: The basics, 2007, p. 3, in www2.eycom.ch/publications.
135
passività e patrimonio netto. Inoltre è prevista una clausola generale che prevede
l’obbligo di aggiungere nuove voci, introdurre sottoclassificazioni e in genere
apportare ogni specificazione che consenta la “sufficiente identificazione dei
componenti significativi”.
Per quanto concerne le nozioni di attività e passività queste vengono
entrambe fornite dallo SFAC 6 (par. 3 e 4) e, nella sostanza, esse coincidono con
le definizioni contenute nel Framework redatto dallo IASB.190 Dunque si tratta si
concetti che, esulando dal requisito della titolarità formale e dell’attualità della
risorsa economica si basano, invero, esclusivamente sulla consequenziale
derivazione da operazioni o fatti anteriori rispetto alla data di chiusura
dell’esercizio e suscettibili di produrre un beneficio o sacrificio economico.
La rappresentazione delle voci può avvenire sia in forma scalare che a
sezioni contrapposte, e secondo ulteriori due particolari schemi base, ossia:
- “ il balanced format” o formato di presentazione bilanciato, in cui il
patrimonio netto è inserito nella sezione delle passività (se formato a sezioni
contrapposte) o comunque viene calcolato – insieme con le passività – in
contrapposizione agli elementi dell’attivo patrimoniale;
190 Infatti le attività sono definite come “probabili benefici economici ottenuti o controllati da un’impresa come risultato di passate transazioni o eventi”, e specularmente per le passività si intendono “i probabili futuri sacrifici di benefici economici derivanti da obbligazioni presenti di trasferire attività o fornire in futuro servizi ad altre imprese come risultato di transazioni o eventi passati”. Peculiare è invece la macroclassificazione operata con riferimento alle passività, tra le quali si distinguono tali tipologie:
- passività da transazione, ossia derivanti da operazioni effettuate dietro pagamento di un corrispettivo, dunque dalle quali l’impresa ha ottenuto dei benefici economici;
- passività da trasferimenti unilaterali, ovvero originate da atti di liberalità o delibere di distribuzione di utili;
- passività involontarie, che si riferiscono a imposte, multe, tasse o altri oneri economici imposti da Stato o autorità giudiziaria;
- passività da variazioni di indici, ossia derivanti dalle fluttuazioni dei tassi di interessi o da inflazione.
136
- “l’equity format” che invece mette in contrapposizione elementi
attivi e passivi evidenziando la loro differenza, ossia il patrimonio netto.
Per quanto concerne la struttura del prospetto, gli US GAAP classificano
le voci di stato patrimoniale utilizzando il metodo della liquidità decrescente in
relazione al ciclo operativo, che si basa sulla distinzione degli elementi sia attivi
che passivi in correnti e non correnti. Tale differenziazione si fonda
sull’attitudine o meno del valore a trasformarsi in denaro, esser consumato o
trasferito – liquidato se trattasi di passività – nel corso del ciclo operativo
aziendale.191 Tale metodo corrisponde nella sostanza al criterio del ciclo operativo
previsto in ambito IAS/IFRS, eccetto per le passività, laddove gli US GAAP
guardano alla capacità e all’intenzione dell’impresa di liquidare il debito entro il
ciclo operativo, mentre gli IAS/IFRS considerano esclusivamente il momento
della scadenza del debito, indipendentemente dal momento in cui se ne prevede il
pagamento.
Altra rilevante differenza tra i principi contabili internazionali e gli US
GAAP risiede nella possibilità, concessa dai principi nordamericani, di
compensare elementi attivi e passivi di stato patrimoniale al ricorrere di tali
circostanze:
- le parti siano titolari di rispettive posizioni di creditore-debitore dagli
ammontari determinabili;
- esista l’intenzione di compensare da parte di entrambe;
- l’operazione di compensazione sia consentita dalla legge.
191 È poi stabilito che se la durata del ciclo operativo di riferimento è inferiore a quella dell’esercizio amministrativo, si utilizza il parametro dei 12 mesi.
137
Contrariamente, gli IAS/IFRS consentono la compensazione nei soli casi
espressamente previsti da un principio contabile192. 193
5.2 Il conto economico
Lo schema di conto economico previsto dai principi nordamericani,
almeno per quanto concerne il contenuto minimo obbligatorio, è di tipo flessibile
e caratterizzato dall’estrema sinteticità.
Tutta la disciplina si incentra fortemente sul principio di coerenza
nell’utilizzo di voci e terminologie da un esercizio all’altro. In particolare, qualora
si renda necessario introdurre nuove voci o apportare qualsivoglia modifica
rispetto allo schema utilizzato nella redazione del bilancio dell’esercizio
precedente, questo deve essere aggiornato in modo da consentire l’assoluta
comparabilità dei due documenti contabili.
Quanto alla struttura del prospetto, gli US GAAP prevedono due differenti
modalità di classificazione delle voci:
- formato “single step” , in cui si effettua una generale distinzione tra
ricavi e costi che, a loro volta, sono classificati in base al criterio funzionale.
Pertanto, all’interno della categoria dei ricavi vengono ulteriormente distinti i
192 Ad esempio in merito alle attività e passività finanziarie è consentita la compensazione nei soli casi in cui la legge attribuisce espressamente il diritto alla compensazione e l’impresa preveda di regolare la transazione su base netta. 193 P.P. BIANCONE, Il bilancio consolidato secondo gli US GAAP, in Bilancio consolidato dei gruppi quotati a cura di P. PISONI, P.P. BIANCONE, D. BUSSO e M. CISI, Milano, 2005, 369; PRICE WATERHOUSE COOPERS, Similiarities and Differences – A comparison of IFRS and US GAAP, 2007, p. 18, in www. pwc.com/ifrs.
138
ricavi operativi, gli interessi attivi e i dividendi; mentre all’interno della divisione
costi vengono individuati i costi operativi, i costi amministrativi e di gestione e gli
interessi passivi.194
Il risultato economico dell’esercizio – al lordo delle imposte – viene
ottenuto dalla differenza delle sommatorie dei valori contenuti all’interno delle
due macrocategorie, ossia dalla differenza tra il totale dei ricavi e dei costi;
- formato “multiple step”, in cui invece i ricavi e i costi operativi sono
separati dai ricavi e costi non operativi, al fine di fornire maggiori informazioni
sull’attività principale della impresa. In particolare si effettuano parziali deduzioni
di costi dai ricavi aventi medesima funzione, in modo da evidenziare risultati
parziali aventi particolare significatività.195
In relazione alla struttura prevista dagli IAS/IFRS, di notevole rilievo è la
differenza relativa al trattamento della voce “partite straordinarie”, la quale non è
ammessa dai principi contabili comunitari, mentre gli US GAAP prescrivono
l’inserimento in tale voce dei risultati relativi a transazioni infrequenti o di natura
inusuale. In particolare si contabilizzano all’interno della voce “partite
straordinarie” quelle operazioni che si presume non si ripeteranno in futuro, in
194 Per ricavi e costi operativi si intendono tutti quei valori positivi e negativi attribuibili all’attività principale dell’impresa. In particolare per quanto riguarda i costi si considerano non solo gli oneri sostenuti per acquistare o produrre i beni venduti o i servizi offerti, ma anche le spese di vendita (es. stipendi venditori, pubblicità, costi di trasporto, scorte di magazzino) e i costi amministrativi connessi (licenze, autorizzazioni). 195 Alcuni esempi dei più diffusi componenti intermedi del risultato totale dell’esercizio sono i seguenti:
- differenza tra le vendite al netto di sconti, rimborsi e abbuoni e il costo dei beni venduti: essa dà luogo all’utile lordo;
- differenza tra utile lordo e costi operativi: il risultato è l’utile operativo. Da tali risultati intermedi, per ottenere il risultato economico d’esercizio ante-imposte, basta sommare tutte le altre voci di ricavo e sottrarre tutti i costi non ancora computati.
139
quanto rispetto al tipo di attività esercitata dall’impresa possiedono un elevato
grado di anormalità.196
In ordine ai criteri di classificazione dei costi, il criterio funzionale
adoperato dalle società nordamericane corrisponde al metodo di classificazione
per destinazione previsto dai principi contabili internazionali i quali, come già
visto197, lo pongono come alternativa alla classificazione per natura.
Per quanto concerne l’indicazione degli utili per azione, questa costituisce
un informazione di notevole importanza per accertare il valore corrente di
un’azione dell’impresa e quindi per verificare l’attitudine della stessa a pagare i
dividendi o per valutare l’opportunità di acquistare o cedere la propria quota di
partecipazione al capitale sociale. Pertanto, lo SFAS 128 richiede la presentazione
dei cosiddetti “basic earning per share” e “diluited earning per share” 198
direttamente nel prospetto di conto economico.
In ciò il sistema americano è ancora più rigido di quello comunitario che
invece ne consente l’indicazione, in alternativa, anche nelle note al bilancio.199
196 Infatti è prescritto che l’inusualità dell’operazione vada valutata in relazione alle seguenti caratteristiche:
- linee di attività e politiche operative dell’impresa; - settori in cui opera l’impresa; - localizzazione geografica delle sue operazioni.
Inoltre alcuni principi contabili hanno specificamente previsto una serie di poste che, indipendentemente dal confronto coi suddetti criteri, sono sempre classificate nella voce “partite straordinarie”: Si tratta ad esempio degli utili o perdite su cambi, delle svalutazioni di crediti, delle plusvalenze o minusvalenze derivanti da vendite di rami d’azienda o degli effetti negativi di scioperi. 197 Cfr. Cap. II, par. 3.2.1. 198 Il basic earning per share consiste nell’indicazione dell’importo di utile spettante ad ogni azione emessa e quotata, dunque coincide con l’utile per azione previsto dai principi dello IASB. Il diluited earnig per share invece si identifica nell’utile per azione diluito di cui allo IAS , infatti viene calcolato sommando alle azioni sul mercato anche quelle potenziali, ossia le stock-options, i warrant, le obbligazioni convertibili e ogni altro titolo convertibile in azione. 199 P.P. BIANCONE, Il bilancio consolidato secondo gli US GAAP, in Bilancio consolidato dei gruppi quotati a cura di P. PISONI, P.P. BIANCONE, D. BUSSO e M. CISI, Milano, 2005, 380; PRICE WATERHOUSE COOPERS, Similiarities and Differences – A comparison of IFRS and US GAAP, 2007, p. 23, in www. pwc.com/ifrs.
140
5.2.1 La contabilizzazione dei ricavi e dei costi
Il Concept Statement200 definisce i ricavi come “flussi di cassa in entrata
effettivamente previsti, o loro equivalenti, che si sono verificati o si
verificheranno come risultato delle principali attività in corso dell’impresa”. Tale
nozione presenta notevoli affinità con quella fornita dal Framework IAS/IFRS.
In particolare, entrambi i sistemi non consentono la contabilizzazione di
proventi che non siano ancora stati realizzati ed effettivamente percepiti,
prestando attenzione al momento in cui la transazione è ultimata. A tal proposito il
criterio utilizzato sia in ambito comunitario che statunitense è quello del momento
in cui si attua il trasferimento dei rischi tra i contraenti.
Tuttavia, altrettanto evidenti sono le differenze riscontrabili che, nel
complesso, denotano una maggiore attenzione da parte dei principi contabili
statunitensi verso requisiti formali e oggettivi; viene in tal modo scongiurato il
rischio di stime contabili che, sfruttando l’ampia discrezionalità riservata, si
basino su valutazioni scorrette e sleali.
Nello specifico, mentre gli IAS/IFRS richiedono solo che gli ammontari da
iscrivere siano “ragionevolmente determinabili”, gli US GAAP invece
stabiliscono che il prezzo di vendita del bene o per la prestazione del servizio deve
essere “fisso o determinabile”. Per quanto concerne il momento in cui si verifica il
trasferimento in capo all’acquirente dei rischi e dei benefici legati al diritto sul
bene oggetto della transazione, gli US GAAP prescrivono l’allegazione di prove
200 Tale documento contiene le principali definizioni e concetti del sistema contabile americano. Esso corrisponde al Framework IAS/IFRS, ma la sua rilevanza è notevolmente inferiore rispetto a quella dell’analogo documento comunitario, infatti ricopre un ruolo del tutto marginale all’interno del sistema contabile nordamericano.
141
sull’esistenza di un contratto di trasferimento e l’avvenuta consegna del bene.
Analogamente, per la prestazione di servizi, gli US GAAP non ritengono
sufficiente il passaggio dei rischi all’utente del servizio, ma richiedono che la
prestazione sia già avvenuta; contrariamente gli IAS/IFRS non forniscono alcun
criterio specifico, limitandosi a prescrivere che la contabilizzazione vada fatta con
riferimento allo stato di completamento dell’attività prestata alla data del
bilancio201. In sintesi, può dirsi che nel sistema nordamericano l’impianto di
contabilizzazione dei ricavi ruota intorno alla logica per cui il riconoscimento di
un ricavo avviene sulla base di uno scambio; ne consegue che non è possibile
iscrivere un ricavo prima che lo scambio sia stato effettivamente eseguito e
quindi, prima che sia stato ultimato.202
Per quanto concerne i costi, il Concept Statement ne fornisce una nozione
assolutamente analoga a quella dei ricavi. Infatti gli elementi passivi di conto
economico vengono definiti come “elementi rappresentanti flussi di cassa in
uscita, effettivi o previsti, o loro equivalenti, che hanno avuto luogo o risulteranno
dalle principali attività in corso dell’impresa”.
201 In particolare, per quanto concerne il trattamento contabile dei “lavori in corso di esecuzione”, è prevista tale differente disciplina:
- gli IAS/IFRS prevedono la contabilizzazione in base al metodo della percentuale di completamento, in base al quale si moltiplica la percentuale di completamento stimata per il ricavo totale previsto della commessa. Tuttavia, laddove il ricavo non può essere ragionevolmente qualificato in base al metodo del profitto nullo, il quale permette di iscrivere ricavi solo nella misura in cui si preveda il recupero dei costi sostenuti;
- gli US GAAP preferiscono anch’essi il metodo della percentuale di completamento, ma quando l’ammontare di ricavo non è quantificabile con sufficiente certezza, prescrivono l’utilizzo del metodo della commessa completata, il quale consente l’iscrizione dei ricavi solo al momento in cui l’esecuzione del contratto è stata ultimata.
202ERNST & YOUNG, U.S. GAAP v. IFRS: The basics, 2007, p. 33, in www2.eycom.ch/publications; J. WUSTEMANN e S. KIERZEK, Revenue Recognition under IFRS Revisited – Comceptual Models, Current Proposals and Pratical Consequences, in Accounting in Europe 2005, 69.
142
I profili di affinità e diversità sono gli stessi già evidenziati con riferimento
ai ricavi: in entrambi i sistemi per l’iscrizione di un costo non si richiede
l’avvenuto pagamento – quindi l’estinzione del debito – bensì è sufficiente che
questo sia maturato. Tuttavia, l’applicazione pratica del criterio di competenza è
sottoposta nel sistema americano al vaglio di specifici criteri di natura oggettiva,
individuati volta per volta dai singoli principi contabili, il che non fa che rendere
l’accertamento delle voci passive maggiormente formalistico rispetto ai principi
dello IASB.203
5.3 Il prospetto di “Comprehensive income”
Il comprehensive income o reddito complessivo è una misura di
performance dell’impresa, secondo cui il reddito è misurato dalla variazione, in
un periodo considerato, del capitale netto dell'impresa con l'esclusione dei
movimenti che derivano da transazioni tra la società e i suoi proprietari (apporti di
capitale, distribuzioni di utile, rimborsi). Il comprehensive income è composto da
due fattori:
- net income o risultato netto, costituito dal reddito derivante dal conto
economico e quindi dalle operazioni dell’esercizio;
- other comprehensive income o altri redditi complessivi, rappresentato
dalle variazioni di capitale netto, diverse da quelle derivanti da transazioni con la
proprietà dell'impresa, che non siano già incluse nel conto economico. Alcuni
203 PRICE WATERHOUSE COOPERS, Similiarities and Differences – A comparison of IFRS and US GAAP, 2007, p. 34, in www. pwc.com/ifrs.
143
esempi rilevanti di tali variazioni sono le oscillazioni nel fair value di alcune
categorie di strumenti finanziari che vengono iscritte in un'apposita riserva di
capitale netto e non transitano nel conto economico se non al momento della loro
realizzazione.204 Dal punto di vista concettuale, tali oscillazioni di valore rientrano
nel concetto di comprehensive income, che misura la performance complessiva
dell'impresa, anche se non in quella comunemente accettata di reddito (net
income).205
Mentre il net income trova collocazione nel prospetto di conto economico
– essendone il risultato definitivo – per quanto riguarda la categoria other
comprehensive income la prassi statunitense ne prevede l’inserimento in un
apposito prospetto separato, che viene inserito in una sezione del conto economico
oppure all'interno del prospetto delle variazioni del capitale netto.
Nell’ambito del sistema comunitario, prima del 2003 non era stata in alcun
modo presa in considerazione la possibilità di introdurre un simile documento
contabile, sebbene fosse avvertita l’esigenza di colmare il divario tra la
definizione di reddito contenuta nel Framework e le specifiche disposizioni di
alcuni principi contabili che richiedono, invece, di non fare apparire nel conto
economico alcune variazioni di capitale netto che avrebbero in realtà natura di
costi e ricavi.
La direttiva 51/2003 ha, per la prima volta, affrontato il problema
mediante l’introduzione dello Statement of performance o "rendiconto delle
204 Secondo questa visione, infatti, i plusvalori o i minusvalori non realizzati emergenti dagli investimenti finanziari detenuti dall'impresa contribuiscono a determinare la performance aziendale, che è conseguenza diretta di una scelta manageriale, ossia, in questo caso, la decisione di mantenere in portafoglio determinati strumenti finanziari. 205 Altri valori inclusi tra gli Other comprehensive income sono: gli utili e le perdite su cambi su investimenti esteri, i profitti non realizzati su titoli trasferiti dalle immobilizzazioni all’attivo corrente, gli utili non realizzati derivanti da valutazioni di attività disponibili per la vendita.
144
prestazioni". Tale documento, che può esser redatto in sostituzione o in aggiunta
al conto economico, contabilizza anche ricavi e costi non realizzati o subiti dei
quali, cioè, non si tiene conto ai fini del calcolo del risultato economico
dell’esercizio.
Tale esigenza di illustrare in misura migliore e più completa la financial
performance dell'impresa è stata avvertita anche dallo IASB che ha revisionato lo
IAS 1 prevedendo la possibilità di contabilizzare il total comprehensive income206
o mediante la predisposizione di un prospetto apposito, o attraverso l’introduzione
di ulteriori voci all’interno del conto economico distinte da quelle ordinarie e
inserite in aggiunta al risultato d’esercizio .
Dovrebbero in tal modo superarsi le difformità fin’ora registrate nel
confronto tra bilanci redatti secondo i due modelli contabili, che evidenziavano
una maggiore significatività e dinamicità (relevance) del modello nordamericano
senza con ciò pregiudicare esigenze di attendibilità e affidabilità (reliability). 207
Infine, si sottolinea la grande attenzione prestata dal sistema
nordamericano per la circostanza che i valori iscritti come Other comprehensive
income nel periodo successivo potrebbero rilevare direttamente come net income.
Ad esempio, un utile non realizzato su un’attività finanziaria disponibile per la
vendita viene di regola incluso tra gli “altri redditi complessivi” anche se la
fluttuazione di mercato che lo ha generato si verifica nell’esercizio di riferimento. 206 Il testo revisionato dello IAS 1 è stato pubblicato il 7 settembre e la data di applicazione effettiva è fissata per i bilanci redatti a partire dal 1° Gennaio 2009 (tuttavia è concesso adottare lo Statemene of performance anche a partire dagli esercizi precedenti alla data suindicata). 207; KPMG, IFRS Briefing Sheet, 2007, p. 2, in www. kpmg.com; M. ALLEGRINI e E. NINCI, Conto economico: lo IAS 1 nelle indicazioni dell'OIC, in Amministrazione & Finanza 11/2007; D. J. CHAMBERS, T. J. LINSMEIER, C. SHAKESPEARE e T. SOUGIANNIS, An Evaluation of Sfas No. 130 Comprehensive Income Disclosures, 2006, p. 3, in www.ssrn.com; POZZA, La misurazione della performance d'impresa, Milano, 2000, 83
145
Tuttavia, se l’attività finanziaria viene venduta, gli utili realizzati sono di
conseguenza inclusi nel net income. Dal momento che una simile evenienza
darebbe luogo all’iscrizione di un doppio utile contabile, i principi nordamericani
prevedono le cosiddette rettifiche di riclassificazione, le quali impongono di
effettuare lo storno del valore da una categoria all’altra.208
5.4 Il rendiconto finanziario
Il Cash flow Statement – o rendiconto finanziario – è un documento
fondamentale in ambito US GAAP in quanto consente di fornire informazioni
riguardanti i movimenti e la disponibilità di cassa in un certo periodo, nonché di
fornire un quadro delle attività di investimento e di finanziamento effettuate e
ultimate durante l’esercizio di riferimento. Dunque, come già visto in
precedenza209, la sua finalità è quella di aiutare gli investitori a valutare la capacità
dell’impresa di generare nel futuro liquidità e di rispettare le obbligazioni
contratte e comprendere gli aspetti monetari e non delle operazioni di
finanziamento effettuate dall’impresa.
Analogamente alla disciplina IAS/IFRS, anche gli US GAAP includono
all’interno del Cash flow statement solo le entrate e le uscite monetarie e tutti gli
208 P.P. BIANCONE, Il bilancio consolidato secondo gli US GAAP, in Bilancio consolidato dei gruppi quotati a cura di P. PISONI, P.P. BIANCONE, D. BUSSO e M. CISI, Milano, 2005, 399. 209 Cfr. Cap.II, par. 3.3.
146
investimenti liquidi a breve termine210. Pertanto se da un’attività di finanziamento
o investimento sono generati risultati in parte monetari e in parte no, solo la parte
monetaria viene inclusa nel rendiconto finanziario, mentre la parte non monetaria
viene inserita in un prospetto separato o nelle note del documento stesso211.
Tuttavia, sebbene la regola generale sia la stessa per entrambi i sistemi contabili,
gli US GAAP stabiliscono una serie di esclusioni tra i valori qualificabili come
disponibilità liquide; in particolare non sono considerati tali gli scoperti bancari,
anche se immediatamente esigibili.
Anche per quanto concerne la struttura del prospetto si evidenzia una
sostanziale equivalenza dei due sistemi, infatti sia gli US GAAP che gli IAS/IFRS
classificano i vari flussi di cassa in base all’attività che li ha originati, dunque in
finanziari, operativi e di investimento.
Per quanto riguarda le modalità di redazione, anche in ambito statunitense
sono indicati due metodi alternativi, ossia :
- il metodo diretto, in cui la liquidità ricevuta o pagata è presentata
partendo dal reddito determinato con il principio di competenza e derivando da
questo le variazioni di liquidità;
210 Lo SFAC 5 qualifica un investimento di breve durata – ai fini dell’inserimento tra le voci di Cash flow Statement – quando soddisfa i seguenti requisiti: immediata convertibilità in denaro liquido e esigibilità entro tre mesi dalla data di inizio dell’investimento. 211 Ad esempio, nel caso di aumento di capitale effettuato in parte con versamento di conferimenti e in parte attraverso conversione del prestito obbligazionario, solo l’ammontare di capitale imputabile ai nuovi conferimenti può esser riportata nel rendiconto finanziario, in quanto per la parte sottoscritta dagli ex-obbligazionisti il versamento del capitale era già avvenuto al momento dell’acquisto dell’obbligazione e con la conversione in azione se ne è solo attuato il trasferimento nella voce “capitale sociale”.
147
- il metodo indiretto, che invece individua come prima posta il
risultato di conto economico e ad esso sottrae o aggiunge ricavi e costi che non
hanno effetto sulla liquidità.212
Come accade in ambito comunitario, vi è espressa preferenza da parte del
FASB per l’utilizzo del metodo diretto che consente di chiarire meglio le relazioni
tra il risultato netto e il flusso di cassa generato; tuttavia, nella prassi, le imprese
preferiscono adottare il metodo indiretto, di più agevole applicazione, nonostante
esso sconti l’inconveniente di non rendere agevole la comprensione dell’origine e
della destinazione della liquidità evidenziata, e quindi non soddisfi pienamente le
esigenze poste alla base del prospetto di cash flow.213
5.5 Il prospetto delle variazioni di patrimonio netto
Il documento in esame, come visto in precedenza, assolve l’importante
funzione di comprendere, nell’ambito di sistemi in cui le regole di valutazione
comportano considerevoli rettifiche al patrimonio netto, l’origine e l’ammontare
di ogni valore imputato a patrimonio netto. Inoltre, soprattutto in ambito
statunitense, tale prospetto serve anche ad evidenziare le variazioni intervenute in
212 Cfr. Cap. II, par. 3.3. 213 A. IANNUCCI, IAS 7: presentazione del rendiconto finanziario, in Guida alla contabilità e bilancio de Il Sole 24 Ore 6/2007; M. MIRONIUC, Informational Valences of the Cash Flow Statement - Methodological and Interpretative Approaches,2007, 2, in www.ssrn.com; C.A. MELLO e E. SOUZA Taking the Mystery out of the Cash Flow Statement: A Simplified Implementation of the Indirect Method, 2003, 5, in www.ssrn.com; G. V. KRISHNAN e J. A. LARGAY, On the Usefulness of the Direct Method Cash Flow Statement, 1997, 2, in www.ssrn.com.
148
ciascuna categoria di azioni mediante la specificazione di tutti i movimenti delle
riserve di patrimonio netto, in particolare della riserva “sovrapprezzo azioni”.
L’unica sostanziale differenza individuabile tra due sistemi risiede nel
fatto che gli IAS/IFRS impongono la presentazione delle informazioni sulle
variazioni di patrimonio netto in un apposito prospetto separato, mentre la SEC
consente la possibilità di presentare tali informazioni anche nelle note al
bilancio.214
Per il resto, ossia per quanto concerne il contenuto delle informazioni da
riportare nel prospetto, nonché per la struttura delle voci, vale quanto detto in
precedenza con riferimento al sistema contabile comunitario (cfr. Cap. II, par.
3.4).
6 Cambiamento dei principi contabili, correzione di
errori e cambiamenti delle stime contabili
Alcune importanti differenze tra il sistema nordamericano e quello
europeo sono riscontrabili con riferimento alla disciplina dettata per tre ipotesi
non frequenti, ma dagli effetti rilevanti all’interno del rendiconto dell’impresa. Si
tratta del cambiamento dei principi contabili, della correzione di errori e del
cambiamento delle stime contabili.
214 P.P. BIANCONE, Il bilancio consolidato secondo gli US GAAP, in Bilancio consolidato dei gruppi quotatia cura di P. PISONI, P.P. BIANCONE, D. BUSSO e M. CISI, Milano, 2005, 412.
149
Per quanto concerne il cambiamento dei principi contabili, ossia per il
caso in cui l’impresa passi all’adozione di un diverso corpus di regole di bilancio,
i principi contabili redatti dallo IASB prevedono che ciò può avvenire solo se
richiesto dall'organismo preposto alla statuizione dei principi contabili o se
previsto dallo statuto, oppure laddove tale cambiamento comporti una più
appropriata interpretazione della situazione aziendale215. Nel primo caso,
trattandosi di cambiamenti dovuti all'entrata in vigore di un nuovo IAS/IFRS o
dovuti alla revisione di un “vecchio” IAS/IFRS, la disciplina transitoria da
adottare è stabilita direttamente dal principio in oggetto. Invece, il trattamento
contabile degli “altri cambiamenti”, ossia quelli dovuti a una decisione del
management o alla necessità di dover cambiare principio per rappresentare più
attendibilmente la situazione d'azienda, è disciplinato dallo IAS 8 il quale
prescrive un’applicazione dei nuovi principi in ottica retroattiva, ossia mediante
rettifica di tutti i dati comparativi contenuti negli esercizi precedenti con
conseguente rettifica della voce “Utili portati a nuovo” del bilancio di apertura
riportato nell’informativa comparativa.216
Contrariamente, in ambito US GAAP il metodo utilizzato per
contabilizzare gli effetti economici derivanti dal cambiamento di principi contabili
215 Ipotesi classica in cui ha luogo tale cambiamento di principi contabili si ha ad esempio nel caso in cui un’impresa deliberi il trasferimento della sede da Stato terzo a Stato membro che applica il criterio di sede per la determinazione della legislazione applicabile. In tal caso infatti l’impresa verrebbe assoggettata alla legislazione applicata nello Stato di nuova sede e quindi in materia di bilancio ai principi IAS. 216 In precedenza ove l’impresa non reputasse possibile il “trattamento retroattivo”, il principio contabile consentiva di svolgere una contabilizzazione di tipo “prospettico”, ossia di prevedere che l'effetto economico connesso all'applicazione dei nuovi principi venisse imputato integralmente all'esercizio in cui si dava inizio all’applicazione dei nuovi principi. In tal caso, l'impresa doveva predisporre un bilancio pro-forma seguendo le disposizioni del trattamento contabile di riferimento.
150
è quello di tipo prospettico.217 Nello specifico, il FAS 154 richiede la
contabilizzazione e l’indicazione dell’ammontare totale derivante dal mutamento
di regole contabili nel conto economico dell’esercizio in cui esso si verifica e
quindi dell’esercizio di prima applicazione dei nuovi principi.218
Per quanto riguarda la disciplina relativa alla correzione di errori, la
difformità invece si realizza sul piano della nozione di errore, in quanto gli US
GAAP non forniscono una specifica definizione, mentre gli IAS/IFRS
sottolineano il carattere eccezionale della fattispecie richiedendo, tra gli altri, il
requisito di significatività219. In particolare lo IAS 8 esige che l’errore di calcolo,
l’imprecisa applicazione di un principio o l’inesatta interpretazione dei fatti siano
talmente significativi da poter rendere inattendibili i bilanci interessati dall'errore.
Non vi sono invece divergenze in ordine al trattamento contabile riservato
alla correzione dell’errore. Infatti, in entrambi gli ordinamenti contabili la
correzione viene svolta mediante rettifica dei dati comparativi, dunque secondo il
metodo retroattivo.
Da ultimo, passando all’analisi dei cambiamenti delle stime contabili,
occorre anzitutto definire il significato del termine stime contabili. Il riferimento è
agli elementi di bilancio – quali ad esempio crediti di realizzo e fair value delle
attività o passività finanziarie – che non possono essere misurati con precisione e
217 Tuttavia, in alcuni casi specifici sono richieste rettifiche retroattive: nei contratti di costruzione, nel cambiamento del metodo di valutazione del magazzino o nell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali . 218 Dunque la modifica adottata dallo IASB ha acuito in tale campo le differenze tra due sistemi contabili, dal momento che ha escluso il metodo prospettico quale tipologia di contabilizzazione sussidiaria rispetto al trattamento di tipo retroattivo, ora divenuto esclusivo in ambito IAS/IFRS. 219 Non rileva invece la volontarietà o meno dell’errore, sicché è data possibilità di rettificare anche inesattezze dolosamente poste in essere e non solo quelle derivanti da disattenzioni o dimenticanze colpevoli.
151
che pertanto vengono valutati sulla base delle più recenti informazioni disponibili.
Una stima può avere bisogno di essere rettificata se avvengono mutamenti nelle
circostanze sulle quali la stima si era basata o in seguito a nuove informazioni; in
tal caso sorge il problema di come contabilizzare in bilancio gli effetti economici
derivanti dal cambiamento della stima. Rispetto al cambiamento di principi
contabili e alla correzione di errori si tratta di un cambiamento influente solo
sull’esercizio in cui si è attuato, o al limite sugli esercizi futuri220, ma non sugli
esercizi precedenti. Conseguentemente, la sua contabilizzazione avviene mediante
rilevazione nel conto economico nel momento in cui, verificatosi il cambiamento,
si effettua la rettifica del valore di riferimento nel patrimonio netto, ma senza
alcuna rettifica retroattiva221. Dunque sotto il profilo del trattamento contabile, la
natura dell’operazione conduce verso un’identità di disciplina da parte dei due
modelli contabili.
Le divergenze sono invece individuate con riferimento alla diversa
qualificazione attribuita ad alcune operazioni specifiche. In particolare il
cambiamento del metodo di ammortamento delle immobilizzazioni materiali e la
variazione della vita utile stimata dei beni materiali assoggettati ad ammortamento
sono considerati, da parte degli US GAAP, come un cambiamento di principi
220 A riguardo lo IAS 8 fornisce i seguenti due esempi di cambiamenti di stima, che differiscono per la capacità o meno di influire anche sugli esercizi successivi:
a) la modifica nella stima dell’importo della perdita su crediti influisce solo sul risultato economico dell’esercizio corrente, pertanto l’effetto del cambiamento è rilevato come provento od onere nell’esercizio in cui si verifica.
b) un cambiamento nella vita utile stimata o nelle modalità previste di utilizzo dei benefici economici riferibili a un’attività ammortizzabile invece influisce sulla quota di ammortamento dell’esercizio corrente e di ciascun esercizio futuro della vita utile residua dell’attività medesima. Pertanto in tal caso le rilevazioni contabili degli effetti del cambiamento avranno luogo per tutto il periodo di ammortamento.
221 Laddove si riscontrassero influenze del cambiamento di stima anche negli esercizi successivi, si dovrà procedere allo stesso trattamento contabile descritto, ma ovviamente avendo ad oggetto l’ammontare imputabile all’esercizio di riferimento.
152
contabili, mentre lo IAS 8 li qualifica come cambiamento delle stime contabili.
Ciò ovviamente incide non poco nella rappresentazione contabile del fenomeno
dal momento che gli IAS/IFRS non prescrivono, in una simile evenienza, la
rettifica dei dati comparativi, mentre in un bilancio nordamericano nella stessa
circostanza dovrà presentarsi un pro-forma che mostri gli effetti del cambiamento
anche rispetto agli esercizi precedenti.
Vieppiù, gli IAS/IFRS esprimono una generale preferenza verso
l’applicazione della disciplina del cambiamento di stime contabili. Infatti lo IAS 8
stabilisce che “qualora sia difficile distinguere un cambiamento di principio
contabile da un cambiamento nella stima contabile, la fattispecie è trattata come
un cambiamento nella stima contabile”.222
7 Il trattamento contabile delle Aggregazioni aziendali
La contabilizzazione delle operazioni di “Business combination”
rappresenta un esempio di come lo IASB e il FASB si stiano adoperando per
eliminare le differenze che residuano tra il sistema nordamericano e quello
comunitario.
222 PRICE WATERHOUSE COOPERS, Similiarities and Differences – A comparison of IFRS and US GAAP, 2007, p. 19, in www. pwc.com/ifrs; L. L. REES, J. S. LINCK e T. J. LOPEZ, The Valuation Consequences of Voluntary Accounting Changes, in Review of Quantitative Finance and Accounting, 4/2007; J. WEBER e A. BEATTY, The Importance of Accounting Discretion in Mandatory Accounting Changes: An Examination of the Adoption of SFAS 142, 2005, 6, in www.ssrn.com; A. BEATTY, Do Accounting Changes Affect the Economic Behaviour of Financial Firms?, 2006, 2, in www.ssrn.com.
153
In particolare, nel gennaio del 2008 è stato pubblicato un progetto
congiunto elaborato dai due suddetti organismi e teso, da un lato, a fornire un
resoconto delle modifiche apportate ai rispettivi principi contabili in materia di
“Aggregazioni aziendali”, dall’altro, ad evidenziare le differenze che ancora
residuano e che dovranno esser rimosse a seguito dei prossimi lavori.
Anzitutto, occorre evidenziare come la nozione – comune ai due sistemi –
di aggregazione aziendale sia piuttosto estesa: essa implica ogni forma di unione
di entità separate in un’unica entità economica, laddove il carattere di unità viene
parametrato alla circostanza che il nuovo soggetto economico rediga un bilancio
unico.
Si distinguono tre forme di Business combination:
- acquisizioni, la tipologia più comune e che si verifica quando
un’impresa ottiene il controllo dell’altra. Essa dunque comporta l’acquisto, da
parte di un’entità, del capitale di un’altra entità, o del suo attivo netto, o ancora
l’assunzione delle passività di un’altra entità;
- fusioni pure o pooling, che si verificano quando gli azionisti
delle entità che si aggregano si ripartiscono equamente il controllo. In tal caso non
vi è un’entità che assume il controllo dell’altra, bensì una paritaria partecipazione
al soggetto economico cui esse hanno dato vita;
- riorganizzazione di gruppo, ossia operazioni di acquisizione o
fusione pura effettuate da entità che operano sotto controllo comune.
A tal proposito si sottolinea come lo IASB abbia esteso la nozione di
aggregazione anche alle operazioni in cui entità distinte si aggregano per costituire
un unico soggetto che redige un unico bilancio, ma che non ha alcuna
154
partecipazione al capitale delle due entità preesistenti223, nonché ad operazioni
effettuate da entità mutualistiche. L’inclusione di tali ulteriori ipotesi estende il
novero delle operazioni di aggregazione sottoposte a medesima disciplina,
eliminando inoltre una delle differenze esistenti con il sistema nordamericano.
Passando al confronto del metodo di contabilizzazione utilizzato dai due
sistemi, in passato l’IFRS 3 disponeva che tutte le aggregazioni di imprese
dovevano esser contabilizzate con il metodo dell’acquisto (purchase method) e
mediante rideterminazione di tutti gli elementi al fair value. Le attività
immateriali acquisite dovevano essere rilevate separatamente se erano separabili
od originavano da diritti contrattuali o legali e il loro fair value poteva essere
valutato attendibilmente. Se una delle condizioni non era soddisfatta, il valore
della risorsa immateriale andava compreso nell'avviamento. Questo andava
iscritto come costo dell’acquisizione al netto di attività, passività e passività
potenziali identificabili e negli esercizi successivi doveva esser soggetto ad
ammortamento. Dunque secondo il purchase method il goodwill – o avviamento –
iscrivibile in bilancio è solo quello pagato, pari alla differenza tra il prezzo di
acquisizione e l’ammontare risultante dalla sommatoria dei fair value degli assets
pro quota dell’azienda acquisita.
Non era invece possibile – e non lo è tuttora – fare uso del metodo
dell'aggregazione dei valori contabili – o pooling method224 – per il quale i beni
acquisiti mediante aggregazione devono invece essere contabilizzati al loro
precedente valore di libro. 223L’esempio è quello di aggregazioni in cui entità distinte costituiscono una società di capitali con duplice quotazione e quindi mantenendo un’autonoma e distinta partecipazione al proprio capitale. 224 È il metodo attualmente utilizzato in Italia.
155
Quanto al costo di acquisto, oltre a comprendere la somma complessiva
dei fair value, ovviamente alla data dello scambio, delle attività cedute, delle
passività sostenute o assunte e degli strumenti rappresentativi di capitale emessi
dall’acquirente – e quindi l’ammontare di denaro o strumenti ad esso equivalenti
versati come contropartita del controllo acquisito – includeva qualunque costo
direttamente attribuibile all’aggregazione aziendale, bastando a tal fine la mera
correlazione all’operazione di business combination. In tal modo accadeva che
anche valori che non attenevano alle risorse e ai mezzi produttivi acquisiti
venivano ricomprese all’interno dell’avviamento, con suo conseguente infondato
ingrandimento.
Infine, in caso di acquisizione per fasi veniva stabilito che per stabilire la
parte di avviamento acquisita in ogni fase, si dovevano determinare i fair value di
ogni attività e passività oggetto di acquisizione in ogni stadio dell’operazione.
Tale vecchio regime contabile è stato oggetto di modifiche da parte dello
IASB in attuazione del programma di avvicinamento tra le discipline contabili
comunitaria e nordamericana.
In particolare, l’attuale testo dello IFRS 3 presenta alcune importanti
novità in ordine alla contabilizzazione delle operazioni di aggregazione aziendale
che hanno tratto spunto, per gran parte, dalla disciplina di cui agli SFAS 141 e
142.
Anzitutto, quanto alla determinazione dell’avviamento, pur continuandosi
ad applicare il purchase method, il goodwill viene calcolato come differenza fra il
fair value complessivo della società acquisita e quello dei suoi elementi attivi e
156
passivi di stato patrimoniale e non più come la differenza tra il costo di acquisto e
il fair value degli assets. Il tal modo sono state soddisfatte due precise finalità:
- dare origine ad una stessa contabilizzazione della business
combination all'attivo di bilancio consolidato qualunque sia la percentuale di
controllo;
- considerare ogni successiva variazione in aumento o in diminuzione
della partecipazione di controllo come acquisto o vendita di azioni proprie.
Mentre il primo aspetto riguarda solo le future business combination, il
secondo interessa anche le future variazioni di partecipazioni di controllo già
contabilizzate sulla base di altri principi (o del vecchio IFRS 3) con inevitabili
effetti retroattivi. È bene evidenziare che in tal modo si iscrive un valore che
rispecchia realmente quella che è l’aspettativa di benefici economici futuri riposta
negli assets acquisiti e, quindi, quella che è la funzione autentica dell’avviamento.
Vieppiù, l’avviamento non è più soggetto ad ammortamento, infatti l’IFRS
3 stabilisce che annualmente deve effettuarsi una rideterminazione del suo valore
con eventuale rettifica dell’iscrizione in bilancio in caso di riduzione225. Non sono
invece ammessi ripristini di valore. Tale modifica apportata al regime contabile
dell’avviamento si allinea con la previsione di cui allo SFAS 142.226
225 Si tratta del cosiddetto “test di impairment”, ossia il procedimento con cui l'impresa valuta la perdita di valore di determinate attività, quali le immobilizzazioni materiali ed immateriali e le partecipazioni di controllo detenute in portafoglio. Il test serve a verificare, su base annuale, se il valore recuperabile di tali attività (considerato come il maggiore fra il fair value al netto dei costi di vendita e il valore d'uso) sia inferiore al valore contabile. La riduzione del valore contabile determina in tal caso una perdita, che deve esser rilevata in bilancio e che di regola non preclude comunque la possibilità di ripristinare (almeno parzialmente) il maggior valore qualora vengano meno le ragioni che ne avevano determinato la riduzione. Tuttavia con riferimento all’avviamento ciò non è consentito, in quanto non possono effettuarsi ripristini di valore a seguito di mere valutazioni contabili. 226 Per quanto concerne la disciplina del trattamento contabile dell’avviamento prevista dal codice civile, l’art. 2426, lett. 6 stabilisce che «l’avviamento può essere iscritto nella attivo con il consenso del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. È tuttavia consentito
157
Per ragioni di completezza, si sottolinea come invece nell’ambito della
contabilizzazione dell’avviamento negativo – ossia nel caso in cui il valore
risultante dal patrimonio netto risulti superiore al valore complessivo dell’entità
acquisita – non si registrano difformità tra i due sistemi contabili e ciò, in quanto
sia gli US GAAP che gli IAS/IFRS ne stabiliscono l’imputazione a conto
economico.227
ammortizzare sistematicamente l’avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa.” Coerentemente l’art. 2427, lett. 3-bis, del codice civile prescrive che nella nota integrativa vengano indicati anche “la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni materiali e immateriali, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati economici, alla prevedibile durata utile e, per quanto rilevante, al loro valore di mercato, segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici dell’esercizio”. Da tale combinato disposto anzitutto si evince che non è possibile iscrivere alcun valore tra le attività del bilancio se non si soddisfano le seguenti condizioni:
- vi deve esser stata una specifica erogazione di denaro o comunque un pagamento di corrispettivo (un acquisizione a titolo gratuito non è inscrivibile in bilancio);
- in corrispondenza del pagamento deve esservi un’entità certa che, come tale, figura nell’attivo dello stato patrimoniale ed è autonoma rispetto alle altre poste;
- il valore non può essere superiore alla somma effettivamente erogata per l’acquisto. Inoltre esso è ammortizzabile entro un orizzonte temporale fissato in cinque anni (salvo durata superiore). 227 In ambito nazionale, invece l’avviamento negativo si verifica quando il risultato reddituale è inferiore al risultato patrimoniale (come dato medio degli ultimi tre esercizi). Quantitativamente, corrisponde alla diminuzione di valore del patrimonio di un’azienda che è in perdita, un valore che è inferiore al suo capitale economico. È l’indice di un complesso funzionante che, in termini di efficienza, ha un valore inferiore ai valori che lo compongono. Le perdite, in tali casi, hanno un peso così rilevante sul valore del capitale economico da fare scendere il valore fortemente al di sotto del limite minimo della valutazione di un complesso aziendale in funzionamento. Trattandosi di valore negativo non viene iscritto nel bilancio di chi acquista l’azienda, nè nel bilancio di chi la cede, indipendentemente dalle condizioni giuridiche, eccezionali o normali. Solo nel caso in cui la crisi aziendale sia un fenomeno non duraturo, o, comunque, con alte probabilità che la situazione si modifichi positivamente nell’arco di 3-4 anni raggiungendo buoni livelli di economicità, senza che sia stata pregiudicata la struttura patrimoniale e finanziaria, è possibile verificare la possibilità di quantificare un avviamento positivo. Nella prassi comunque si è molto prudenti in merito. Tuttavia, qualora tale avviamento negativo, come accade solitamente, sia dovuto al fatto che vi sono fondate previsioni di perdite future che l’acquirente dovrà sopportare successivamente all’acquisizione, l’ammontare relativo dovrà iscriversi in un “ fondo rischi ed oneri futuri” del passivo dello stato patrimoniale del bilancio dell’acquirente. In tal caso l’acquirente effettua una previsione di quelli che sono gli impegni futuri che dovrà sopportare in relazione all’entità acquisita e accantona nel suddetto fondo i le risorse necessarie per farvi fronte quando sarà necessario. A tal proposito cfr.Risoluzione n.184/2 dell’Agenzia delle entrate del 25 Luglio 2007, in www.agenziaentrate.it.
158
Altra novità apportata alla disciplina comunitaria delle aggregazioni
aziendali riguarda il trattamento contabile dei costi correlati all’acquisizione:
questi non devono più essere inclusi nell’avviamento ma contabilizzati
separatamente rispetto all’aggregazione aziendale e quindi iscritti tra i costi di
conto economico.
Inoltre, nell’ambito delle acquisizioni per fasi è stato eliminato il requisito
che prevedeva la determinazione del fair value di ogni attività e passività a ogni
fase di un’acquisizione al fine di rilevare la parte di avviamento ricevuta. Invece si
richiede di determinare l’avviamento come differenza, alla data di acquisizione,
tra il valore di qualsiasi investimento nell’attività aziendale detenuta prima
dell’acquisizione, il corrispettivo trasferito e le attività nette acquisite.
Nonostante le maggiori differenze preesistenti tra i due sistemi contabili
siano state eliminate a seguito delle modifiche dello IFRS 3 suesposte, tuttavia
permangono alcune differenze, che sottolineano la maggiore propensione degli
US GAAP per l’utilizzo di criteri formali e oggettivamente riscontrabili.
In particolare, per quanto concerne la data di acquisizione, ossia il
momento preso a riferimento per la contabilizzazione dell’operazione di
aggregazione, mentre gli IAS/IFRS prendono come riferimento la data in
corrispondenza della quale l’acquirente ottiene il controllo dell’altra entità o del
suo ramo d’azienda acquisito, gli US GAAP mantengono un criterio
maggiormente formale consistente nella data in corrispondenza della quale si
ricevono le attività o si emettono le azioni e, quindi, nel momento in cui
l’operazione viene formalmente conclusa.
159
Altra residua differenza emerge con riferimento alla modalità pratica di
svolgimento dell’impairment test, ossia del procedimento di rivalutazione annuale
dell’avviamento. Gli IAS/IFRS racchiudono il processo in un'unica fase, in cui si
confronta il valore recuperabile dell’elemento considerato con il suo valore
contabile e si contabilizza l’eventuale svalutazione pari alla differenza positiva tra
il valore contabile e quello recuperabile.
Viceversa, gli US GAAP distinguono le due seguenti fasi:
- confronto tra fair value e valore contabile dell’elemento sottoposto al
test, dal quale si rileva se l’avviamento ha subito o meno una perdita;
- una volta rilevato che vi è stata una perdita di valore dell’avviamento,
il calcolo del suo ammontare si effettua sottraendo il suo fair value “implicito” al
suo valore contabile. Il fair value implicito è a sua volta determinato allocando il
fair value delle varie attività e passività dell’elemento sottoposto a test nello
stesso modo in cui l’avviamento è calcolato in un’aggregazione aziendale.
Altra differenza inerente ai costi di acquisizione riguarda il caso in cui il
corrispettivo prevede uno scambio di azioni. Infatti lo IFRS 3 stabilisce che in tal
caso le azioni emesse come corrispettivo dello scambio sono iscritte al loro fair
value alla data dello scambio corrispondente, come visto prima, al momento in cui
l’acquirente ottiene il controllo sulle attività operative dell’entità acquisita.
Contrariamente, gli US GAAP stabiliscono che le azioni emesse come
corrispettivo sono contabilizzate al prezzo di mercato rilevato per un ragionevole
periodo di tempo – valutato in termini di giorni – compreso tra la data in cui si è
160
raggiunto l’accordo sul prezzo e quella in cui l’operazione viene resa nota al
mercato228.
Infine, un’ultima residuale differenza tra i due sistemi contabili può
rintracciarsi nel trattamento contabile riservato a parti di corrispettivo il cui
pagamento è soggetto a condizione. Al riguardo gli US GAAP generalmente
escludono tale quota di corrispettivo dal prezzo di acquisto iscritto in bilancio e
posticipano la sua contabilizzazione al momento in cui la condizione si è
verificata, se l’ammontare è determinabile. Di conseguenza, l’iscrizione della
quota di corrispettivo tra i costi di acquisto e la corrispondente rettifica del valore
dell’avviamento possono effettuarsi solo al verificarsi dell’evento futuro.
Diversamente, in ambito IAS/IFRS viene richiesto di effettuare la stima
dell’ammontare di corrispettivo soggetto a condizione e, qualora questo risulti
determinabile in modo attendibile e si ritenga probabile il verificarsi dell’evento
dedotto come condizione, tale ammontare deve essere contabilizzato tra i costi di
acquisto iscritti alla data di acquisizione. 229
228 Inoltre, lo SFAS 141 specifica che la data in corrispondenza della quale si effettua la valutazione delle azioni negoziabili non deve essere influenzata dalla necessità di ottenere l’approvazione da parte degli azionisti o degli organi di controllo. La norma vuole evitare che sia preso come riferimento un valore non rispondente a quello normalmente apprezzabile, nei limiti cioè delle ordinarie fluttuazioni di mercato. In particolare, lo scopo è quello di scongiurare l’ipotesi che il valore venga influenzato dai notevoli effetti – solitamente di rialzo – sulla quotazione, prodotti dalla pubblicazione di una notizia quale quella di un’acquisizione. 229 R. BAUER, Gli IAS/IFRS in bilancio, Ipsoa ,2007, 301; D. ANANTHARAMAN, The evolution of SFAS 141 and 142: A Comment Letter Analysis, 2007, 2, in www.ssrn.com; D. J. CHAMBERS, Has Goodwill Accounting under SFAS 141 Improved Financial Reporting, 2007, 6, in www.ssrn.com; D. A. BENS, W. HELTZER e B. SEGAL, The Information Content of Goodwill Impairments and the Adoption of SFAS 142, 2007, 3, in www.ssrn.com; N. M. MINTCHIK, The effect of SFAS NO. 141 on the transparency of Business Combination Reporting: Evidence from the Initial Year if Implementation, 2006, 11, in www.ssrn.com; W. SCHULTZE, The Information Content of Goodwill-impairments under SFAS 142: Implication for External Analysis and Internal Control, in Schmalembach Business Review 2005, 277.
161
Conclusioni
L’inarrestabile processo di globalizzazione che ha investito l’economia
mondiale ha imposto una rapida convergenza dei contenuti e delle modalità di
esposizione e valutazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria
delle imprese. Tale esigenza, sorta in un primo momento a livello comunitario,
negli anni si è estesa a livello internazionale, in relazione all’esigenza di ridurre le
divergenze esistenti con la disciplina nordamericana.
Nell’analisi svolta si sono affrontate anzitutto le problematiche relative ai
rapporti tra la disciplina contabile italiana e quella comunitaria, per poi passare al
raffronto tra gli IAS/IFRS e gli US GAAP: in entrambi i casi al fine di riassumere
le divergenze in atto e le prospettive di risoluzione futura.
Partendo dalla prima analisi, si è sottolineato come gli standard comunitari
siano orientati verso la tutela di interessi diversi rispetto a quelli protetti dal
corpus di regole contabili nazionali; si è anche detto che ciò si rifrange in una
disciplina per gran parte difforme, anche sul piano dei principi generali.
In particolare, gli IAS/IFRS perseguono una finalità di disclosure, volta a
soddisfare l’esigenza di fornire un quadro informativo che consenta l’assunzione
di decisioni consapevoli da parte dei risparmiatori: ciò porta all’inevitabile
prevalenza della sostanza dei fatti aziendali sulla loro forma giuridica e del fair
value sul costo storico. Contrariamente, il sistema italiano persegue la diversa
finalità di tutela patrimoniale di creditori e soci, dunque quella di preservare
l’integrità del capitale sociale: tutela, questa, che richiede all’opposto l’utilizzo di
criteri prudenziali e il rigoroso rispetto delle forme giuridiche.
162
Ciò premesso, non può non rivolgersi l’attenzione verso la scelta operata
dal Legislatore italiano in sede di adozione dei principi contabili internazionali,
laddove è stato deciso di estendere l’obbligo della loro adozione anche ai bilanci
di esercizio delle società quotate.
Premesso che in Italia la redazione del bilancio di esercizio costituisce il
punto di partenza per la determinazione dell’utile distribuibile e del reddito
imponibile a fini fiscali e che con riferimento alle società non quotate il legislatore
ha previsto la mera facoltà – peraltro poco esercitata nella prassi – e non l’obbligo
di applicare gli IAS/IFRS anche ai conti individuali, la scelta ha comportato due
ordini di problemi.
Anzitutto quello della compatibilità delle regole contabili comunitarie con
le esigenze di prudenza e formalità imposte dal fine cui è destinato il bilancio
individuale in Italia, cioè appunto la determinazione del reddito imponibile e
dell’utile distribuibile. In particolare, è emersa la inconciliabilità del principio di
prudenza con l’applicazione del fair value, che consente l’iscrizione anche di utili
non realizzati e quindi, almeno in linea di principio, la possibilità di utilizzare
proventi non effettivamente conseguiti.
In secondo luogo, non può non considerarsi la conseguente disparità di
trattamento che si è venuta a creare tra società quotate e non quotate le quali, a
parità di rendimento economico e situazione patrimoniale-finanziaria, si trovano a
presentare un diverso risultato di bilancio e quindi ammontari diversi di utili
distribuibili e reddito imponibile, per il solo fatto di aver misurato i propri risultati
con due differenti linguaggi contabili.
163
Per la verità, sia a livello nazionale che a livello comunitario si è tentato di
ovviare ad entrambe le problematiche, ma i risultati non possono ritenersi
soddisfacenti.
Infatti, il Legislatore comunitario ha avvertito l’esigenza di modificare la
disciplina delle direttive contabili – che ancora restano applicabili alle imprese che
non adottano gli IAS/IFRS – in modo da renderla maggiormente conforme ai
principi contabili internazionali e ha tentato il riavvicinamento delle due discipline
mediante l’emanazione delle direttive 65/2001 e 51/2003. Tuttavia, come visto, il
risultato non può ritenersi appagante soprattutto a causa della tecnica legislativa
adottata, che ha rimesso alla libera scelta degli stati membri l’attuazione a livello
nazionale delle modifiche di maggior rilievo.
A livello nazionale, in sede di recepimento degli IAS/IFRS è stata effettuata la
cosiddetta “sterilizzazione del fair value”, mediante la previsione del divieto di
utilizzo delle plusvalenze derivanti da fair value e della loro iscrizione in una
riserva indisponibile (art. 6 d.lgs. 38/2005).
Al riguardo, a parere di chi scrive, la misura, oltre a non esser sufficiente, presenta
anche dei profili di illegittimità per violazione della normativa comunitaria.
In primo luogo non può ritenersi misura adeguata per la risoluzione delle
differenze di disciplina tra IAS/IFRS e principi contabili nazionali, perché
riguarda solamente una delle numerose difformità esistenti tra le due discipline.
Inoltre, come sottolinea parte della dottrina230, la norma presenta anche profili di
incoerenza in quanto espressamente stabilisce che, sebbene la riserva sia
assolutamente indisponibile, tuttavia essa può essere utilizzata in extrema ratio
230 Cfr. R. SACCHI, Principi contabili internazionali e finalità dell’ informazione finanziaria, in Corriere Giuridico 2007, 599.
164
per la copertura delle perdite di esercizio. Tale previsione, a parere della sopra
citata dottrina, pregiudica tutto l’impianto costruito a protezione del capitale
sociale, facendo in sostanza venir meno la tutela dei creditori sociali proprio nel
momento più rischioso, ossia quando la società è in crisi.
Come già detto, oltre a non esser soddisfacente sotto il profilo del risultato, la
norma presenta anche dei profili di illegittimità. Infatti, come già ampiamente
analizzato, i principi contabili internazionali sono stati oggetto di endorsement
mediante l’emanazione di regolamenti comunitari che, come tali, presentano la
caratteristica di essere obbligatori e direttamente applicabili in tutti i loro
elementi, sicché non richiedono alcun atto di recezione o di attuazione da parte
degli Stati membri. In particolare si sottolinea come la Corte di Giustizia Europea
abbia da sempre sancito l’illegittimità di ogni intervento di attuazione da parte
degli Stati membri che abbia come conseguenza quella di “ostacolare l’efficacia
diretta dei regolamenti comunitari e di comprometterne la simultanea ed uniforme
applicazione nell’intera Comunità”231. È pertanto evidente il dubbio di legittimità
che solleva la norma di cui all’art. 6 d.lgs. 38/2005, la quale di certo limita
l’effettiva portata applicativa del criterio di fair value all’interno del sistema
nazionale 232.
231 Sentenza CGE n.39/72 del 7 febbraio 1973, Commissione c. Italia. Vedi anche Sentenza CGE n. 34/73 del 10 ottobre 1973, Variola e Sentenza CGE n. 50/76 del 22 febbraio 1977, Amsterdam Bull. 232 Stessa argomentazione non può utilizzarsi invece con riferimento alla clausola di salvaguardia prevista dall’art. 5 del medesimo decreto. Infatti tale norma non fa che ripetere una delle condizioni stabilite dal regolamento CEE 1606/2002, ossia quella che attribuisce la facoltà di disapplicare una disposizione prevista dai principi internazionali che risulti incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico dell’impresa. Piuttosto essa rientrerebbe tra quelle “riproduzioni” di un regolamento che - secondo Sentenza CGE 190/91 – è da ritenersi legittima in quanto finalizzata a “fornire un’informazione volta facilitare l’applicazione della norma comunitaria senza alterarla o metterne in pericolo la sua uniforme applicazione”.
165
In sintesi può evidenziarsi come si renda necessario un intervento drastico,
di carattere generale, che potrebbe orientarsi verso una delle seguenti prospettive:
- abrogazione di tutte le norme contabili nazionali vigenti e quindi
applicazione degli IAS/IFRS ai bilanci di tutte le imprese. Tuttavia tale soluzione
presupporrebbe l’abbandono della finalità di preservare l’integrità del capitale
sociale e dunque il passaggio ad una forma di tutela degli stakeholder basata su
strumenti di disclosure, ossia sull’unico espediente della chiarezza e trasparenza
delle informazioni aziendali. Ciò comporterebbe un’autentica rivoluzione
all’interno del sistema nazionale, mettendo in crisi uno dei postulati di base del
diritto commerciale italiano, ossia quello della tutela dell’integrità del capitale
sociale come garanzia principale degli stakeholder dell’impresa;
- imporre alle società che adottano gli IAS/IFRS la redazione di due
bilanci di esercizio. Un rendiconto verrebbe stilato applicando i principi contabili
internazionali e dunque sarebbe destinato esclusivamente a fini informativi per le
decisioni di investimento dei risparmiatori; un secondo bilancio, invece, verrebbe
redatto avvalendosi delle regole contabili nazionali e dunque sarebbe utilizzato
per la determinazione dell’utile distribuibile e del reddito imponibile. Tale scelta
invece sconta l’imposizione di eccessivi oneri, in quanto comporterebbe la
necessità di tenere una doppia contabilità e i conseguenti aumenti dei costi di
gestione e dispendio di risorse;
- limitare l’applicazione degli IAS/IFRS solo ai bilanci consolidati
delle società quotate. Tale possibilità pare la più opportuna, in quanto coerente
con la ratio sottesa agli stessi principi contabili internazionali, ossia quella di
fornire informazioni utili ai risparmiatori per l’adozione di decisioni di
166
investimento consapevoli, laddove per decisioni di investimento si fa
implicitamente riferimento alle operazioni di acquisto e negoziazione di strumenti
finanziari compiute nei mercati regolamentati.
Passando alla seconda analisi svolta, ovvero al raffronto tra gli IAS/IFRS e
gli US GAAP, si è sottolineato come la scelta di adottare in ambito comunitario i
principi elaborati dallo IASB sia stata influenzata anche dall’esigenza di adeguare
le regole contabili degli Stati membri al sistema contabile statunitense, al fine di
pervenire ad un livello maggiore di comparabilità tra i bilanci delle imprese
europee e quelli dei competitors nordamericani. Si è anche detto che la manovra si
inserisce nell’ambito del processo che dovrebbe condurre al raggiungimento di un
rapporto di equivalenza tra IAS/IFRS e US GAAP, che consentirebbe alle società
non statunitensi di quotarsi nel mercato nordamericano senza dover presentare
l’apposito prospetto di raccordo.
Con riferimento a tale processo di convergenza possono svolgersi due
riflessioni: anzitutto occorre soffermarsi sulla reale possibilità di pervenire al
risultato suddetto, ossia di giungere ad un livello di assoluta conformità dei due
sistemi; in secondo luogo, analizzare il prezzo che l’ordinamento comunitario
dovrà pagare per raggiungere tale risultato.
Quanto al primo punto si è già detto che la Securities and Exchange
Commission, con delibera del 20 giugno 2007, ha reso nota la proposta di
riconoscere gli IAS/IFRS equivalenti agli US GAAP e quindi di consentire alle
società estere di depositare i bilanci redatti in base agli IAS/IFRS senza alcun
obbligo di riconciliazione. Si è anche detto che la Commisione europea ha accolto
167
con favore l’annuncio e che, attualmente, sono in corso i lavori di coordinamento
e avvicinamento in attuazione del Memorandum d’intesa approvato da IASB e
FASB agli inizi del 2006 e dei quali è stata prevista la conclusione entro la fine
del 2008. Pare pertanto non azzardato ritenere che il processo di convergenza
andrà probabilmente in porto nel medio-breve periodo.
Quanto al secondo aspetto, esso va analizzato nel più ampio contesto della
convergenza delle legislazioni nazionali in favore delle esigenze dettate dal
fenomeno globalizzazione, il quale ha imposto il riavvicinamento di ordinamenti
che per secoli si sono sviluppati sotto l’influenza di culture e tradizioni giuridiche
antitetiche.
In particolare l’evoluzione globale conduce verso una necessaria
confrontabilità dei risultati e delle comunicazioni fornite dalle imprese concorrenti
sul mercato, dunque richiede l’applicazione da parte delle imprese stesse di un
linguaggio comune, quindi dello stesso sistema di regole contabili. Dal momento
che le regole maggiormente conformi alle esigenze informative del mercato sono i
principi anglosassoni e che tra i mercati regolamentati quello di riferimento è – o
forse era – quello statunitense, la scelta non può che cadere sugli US GAAP, o
sugli “equivalenti” IAS/IFRS.
Ciò premesso, si è già detto che le divergenze tra il principi contabili
nordamericani e quelli comunitari non sono – né numericamente né
qualitativamente – rilevanti, in quanto entrambi i sistemi si basano sugli stessi
postulati di base e traggono origine dalle medesime esigenze di tutela.
168
Pertanto il processo di convergenza non presenta le stesse difficoltà
rilevate invece sul piano nazionale in sede di adozione degli IAS/IFRS e dunque
non presenta, dal punto di vista della tecnica contabile, profili problematici.
Il problema piuttosto potrebbe sorgere sul piano politico, ma
dall’andamento dei lavori e dai rapporti estremamente collaborativi in corso pare
invece possa auspicarsi la realizzazione di un’effettiva convergenza già entro la
fine dell’anno in corso.
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