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SCUOLA PRIMARIA DI MIGNAGOLA CLASSI TERZE anno scol. 2012/13 Grazie nonni Grazie nonni Grazie nonni Grazie nonni Cari nonni voi ci avete aperto una finestra sul passato. Quanti ricordi e quante cose da voi abbiamo imparato. I vostri giochi erano semplici e belli e anche voi eravate un po’ monelli. Delle vostre case ci avete raccontato e di quanto voi avete lavorato. Con filastrocche e tiritere vi divertivate nei campi correvate. Il vostro futuro siamo noi: non ci saremmo se non ci foste stati voi! Terza A Cari nonni, grazie! Ci avete aiutato a conoscere la vita del passato. Abbiamo scoperto da voi i giochi di un mondo per noi lontano. La vostra storia ci avete raccontato. Ci avete fatto capire che a quel tempo la vita era dura, ma si poteva stare liberi nella natura. Che scoperta i giochi, quando i soldi erano pochi; però quanta fantasia ed eravate sempre in compagnia. Una volta la vita non era facile. Dovevate faticare, e noi che abbiamo tutto ci stiamo sempre a lamentare! Terza B Gli alunni delle terze hanno raccolto molto materiale e imparato molte cose dai nonni. Li hanno intervistati, si sono fatti raccontare come era la vita più di cinquanta anni fa, hanno imparato conte e filastrocche oggi dimenticate. Hanno capito che i bambini di una volta vivevano in un mondo povero, ma sapevano divertirsi anche loro, in compagnia dei loro coetanei. Molte cose sono cambiate da allora. Abbiamo una vita più comoda, ma ci sono problemi che prima non esistevano, come l’inquinamento e il problema rifiuti. Le maestre V. Casellato T. De Piccoli, A. Dall’Agnol

II giochi di una volta

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Percorso didattico interdisciplinare di raccolta, riflessione, rielaborazione scritta digitale e iconica di racconti orali sui giochi al tempo dei nonni cl. 3 (I.C. Carbonera TV- Scuola primaria "Tagliapietra"- Mignagola di Carbonera) (a.s. 2012-13) ins. V. Casellato, T. De Piccoli, A. Dall'Agnol www.retegeostorie.it

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SCUOLA PRIMARIA DI MIGNAGOLA

CLASSI TERZE anno scol. 2012/13

Grazie nonniGrazie nonniGrazie nonniGrazie nonni Cari nonni voi ci avete aperto una finestra sul passato. Quanti ricordi e quante cose da voi abbiamo imparato. I vostri giochi erano semplici e belli e anche voi eravate un po’ monelli. Delle vostre case ci avete raccontato e di quanto voi avete lavorato. Con filastrocche e tiritere vi divertivate nei campi correvate. Il vostro futuro siamo noi: non ci saremmo se non ci foste stati voi!

Terza A

Cari nonni, grazie! Ci avete aiutato a conoscere la vita del passato. Abbiamo scoperto da voi i giochi di un mondo per noi lontano. La vostra storia ci avete raccontato. Ci avete fatto capire che a quel tempo la vita era dura, ma si poteva stare liberi nella natura. Che scoperta i giochi, quando i soldi erano pochi; però quanta fantasia ed eravate sempre in compagnia. Una volta la vita non era facile. Dovevate faticare, e noi che abbiamo tutto ci stiamo sempre a lamentare!

Terza B

Gli alunni delle terze

hanno raccolto molto

materiale e imparato molte

cose dai nonni. Li hanno

intervistati, si sono fatti

raccontare come era la vita

più di cinquanta anni fa,

hanno imparato conte e

f i l a s t r o c c h e o g g i

dimenticate. Hanno capito

che i bambini di una volta

vivevano in un mondo

povero, ma sapevano

divertirsi anche loro, in

compagnia dei loro

coetanei. Molte cose sono

cambiate da allora.

Abbiamo una vita più

comoda, ma ci sono

problemi che prima non

e s i s t e v a n o , c o m e

l’inquinamento e il

problema rifiuti.

Le maestre

V. Casellato T. De Piccoli,

A. Dall’Agnol

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I miei nonni mi hanno detto che da piccoli giocavano col pito, a pantocco, saltavano la corda, fatta da loro con del rampicante. In inverno giocavano a tombola in stalla con i semi di mais. Mia nonna aveva una bambola di pezza fatta dalla sua mamma e aveva anche una palla di pezza che si divertiva a lanciare sul muro. La calza della Befana era un calzino e dentro trovavano un mandarino, un pezzetto di pinza, una caramella, carbone dolce e anche uno, due tutoli. D’inverno andavano sui fossi per scivolare con le galosce, che erano degli scarponi di legno e cuoio. Alcune volte facevano dei buchi nel ghiaccio e poi aspettavano di prendere i pesci con le mani. Giocavano nei cortili, nei campi, nei fienili, in stalla e anche per strada perché esistevano poche macchine e solo qualche bicicletta. I dolci confezionati non esistevano. Si mangiava la pinza all’Epifania; a Pasqua la focaccia e le uova sode colorate con le ortiche. La nonna andava a scuola a piedi e per scaldarsi le mani la bisnonna le scaldava dei sassolini nel fuoco e glieli metteva in tasca. Per la notte, scaldava delle pietre e le metteva nel letto per scaldarsi.

SARA

Tiritere Bonino bon ano capo de ano bone feste bone minestre boni tempi boni formenti deme a bona man a mi se voè ciamarve contenti!

Pan e vin a vecia soto el camin a pinsa soto a toea evviva a vecia poea! Pin pin soto el me

camin soto el me palasso scampa via se no te masso!

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Io ho intervistato mia nonna Luisa (70 anni ), mio nonno Savino (74 anni), la nonna Vilma (nonna dei miei cugini) e Suor Teresa (la mia catechista). Da tutti questi intervistati, ho raccolto molte informazioni interessanti: come si giocava, dove si giocava, chi portava i giochi, come si costruivano, molte tiritere, filastrocche… Una volta i giovani si divertivano con quello che avevano perché c’ era poco o niente. Riuscivano a costruire dei semplici giocattoli usando materiale da riciclo: legno, ferro, carta, cartone, coperchi, spago, stoffa, lana… e molta, moltissima fantasia! Oppure i giochi venivano fatti in casa dai genitori, dai nonni, dai parenti o dai vicini. I giochi potevano essere delle semplici palline di terracotta o delle biglie di vetro oppure delle bambole di pezza. Inoltre anche coi sassi, i noccioli di frutta, tappi di bottiglia, pezzi di legno, rami, palloni fatti con carta di giornale e pezzi di elastico ricavato dalle camere d’aria delle biciclette, si potevano inventare altri giochi. Nonna Vilma, ad esempio, mi ha raccontato che lei giocava con una bambola di “tutolo” (botoeo), cioè la pannocchia sgranata. Le braccia e le gambe erano fatte con dei bastoncini di legno infilzati nella pannocchia, mentre la testa era fatta con un gomitolo di lana (gemo de lana) e poi si metteva un vestitino di cotone o di lana. Il nonno Savino, invece, con lo stelo della pianta della pannocchia, riusciva a costruire una specie di cavallo.

Ambarabacicicocò

tre civette sul comò

che facevano l’amore

con la figlia del dottore.

Il dottore si ammalò

ambarabacicicocò

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I luoghi dove i giovani giocavano erano i cortili, i campi o le stalle dove, nelle sere d’inverno, insieme alle famiglie, venivano raccontate storielle, proverbi, indovinelli, barzellette, … e tutti riscaldati dal fiato delle mucche e dei buoi. All’aperto si giocava a nascondino (scondicuco, a bona), al pito (scian), a corarse drio, ai cuerceti (i tappi delle bottiglie), ai busoeoti (barattoli), el campanon (el salan, el pantocco), el salto dea corda, mussa; si giocava a carte, ad arrampicarsi sugli alberi,…. Non c’erano le moderne palestre o le piscine: la palestra una volta era l’ambiente rurale e i fiumi il posto dove si imparava a nuotare. Tutti e quattro gli intervistati hanno detto e confermato che una volta era più facile divertirsi perché le persone si aiutavano l’un con l’altro e vi era una forte collaborazione.

TOMMASO

Bigoi bagoi, pangratà, tote a mussa e va al marcà el marcà xe finio tote a mussa e torna indrio.

Din don campanon quatro vece sul balcon una che fila una che taia una che fa capei de paia una che fa cortei d’arsento par taiar a testa al vento.

Manina bea, fata penea onde situ ndaa da me nona gatea cosa gatu magnà poenta e late gate gate gate.

Piero col cul de vero, col cul de paja Piero canaia.

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Persona intervistata:

nonna Rosetta

La nonna mi ha detto che quando era p icco la giocavano tra fratelli e cugini a Campana ,sassetti , Momola, el pito, salti sul fienile, salto della corda, con palloni di stoffa o bambole fatte dalle mamme e nonne. Alla sera d’inverno giocavano nelle stalle, con giochi di squadra come “le cuccuce”; a chi prendeva toccava estrarre un biglietto dove c’ erano scritti dei pegni che facevano ridere. Per i più piccoli c’era uno zio della nonna che con un coltellino costruiva dei giochi con le canne delle pannocchie: cavallini, ruote,

pupazzetti. I più grandi giocavano a carte e le donne cucivano. Si r a c c o n t a v a n o f i a b e a n c h e paurose:Biancaneve, i folletti, Petin e Petee, … tutte raccontate in dialetto. Non c’erano merendine. Di sabato, q u a n d o f a c e v a n o i l p a n e , approfittavano del forno caldo per

cucinare anche frutta o biscotti. La pubblicità non esisteva, c’era solo il passaparola.

Davide Brugnotto

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Il nonno di Alessandro ci ha raccontato come si divertiva una volta. Lui giocava con i suoi amici e cugini a nascondino, staffetta, mommola, fazzoletto , pitto , calcio, corsa dei sacchi, pignate, moscacieca, la corsa delle carriole, il gioco della tombola e il gioco della trottola. I giochi di una volta il nonno di Alessandro se li faceva costruire da suo papà con la legna ed erano dei piccoli trattori con gli aratri, le seminatrici e dei rimorchi. Il nonno usava il fosso e i canali per fare il bagno d’estate e scivolare d’inverno quando erano ghiacciati. Lui giocava nei campi, nei cortili e nelle strade. La sua merenda era il panino con la marmellata o con lo zucchero, frutta di stagione, latte e torte fatte in casa.

La pubblicità in quel tempo non esisteva.

Alessandro Perissinotto e Mohamed

Filastrocca che recitavano ai bambini: Receta bea, so sorea, oceto beo so fradeo, bocheta del frate, campanel che bate. (e pizzicavano il naso del bambino)

Proverbio Se el fumo va a matina, tol su el saco e va a farina. (detto osservando da che parte andava il fumo del panevin, la sera del 5 gennaio)

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Chiedendo a persone anziane, abbiamo scoperto che i bambini giocavano quasi sempre all’aperto e facevano dei giochi che facciamo ancora noi adesso, come nascondino. Giocavano a moscacieca. Giocavano con nocciole al posto delle biglie di vetro. Le facevano rotolare lungo un percorso per farle andare in buca. Un tempo non avevano la tivù in casa, ma un a volta alla settimana andavano al cinematografo dove si poteva vedere un film in bianco e nero o spettacoli di varietà. Non esistevano palestre e piscine. Durante la bella stagione si giocava all’aperto. In inverno si stava in casa a sgranare pannocchie o a contare i fagioli. Ripetevano filastrocche. La mia nonna me ne ripete ancora una:

Giulia e Mario Iannucci

Sega, sega Mastro Ciccio, na panella e un saciccio, o saciccio ciò mangiamm a patanella cià stipamm pe Natale per quand venen e zampognare. Un’altra filastrocca Ce stev nu vecchierell ngopp a nu puitiello, stev a coser o sacctiell gett a metter nu punt, è furnut o cunt.

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Quando ho chiesto ai miei nonni con cosa giocavano mi hanno raccontato tante cose che non immaginavo. D’inverno aspettavano che i fossi o i canali vicino a casa si ghiacciavano per poter andare a scivolare, alla sera buttavano ancora acqua sopra , per rendere la lastra di ghiaccio si rompesse e loro cadevano dentro l’acqua si rompesse e loro cadevano dentro l’acqua bagnandosi, per non essere sgridati dalla mamma, si spogliavano e mettevano i vestiti ad asciugare al sole. I bambini stavano sempre fuori casa. Erano in tanti fratelli o comunque si giocava con tutti i bambini che abitavano vicino a casa. Giocavano con delle biglie fatte di terracotta che facevano rotolare sulla terra del giardino fuori casa. Costruivano fucili con dei bastoni di legno. Le bambole della nonna erano fatte di stracci o con le foglie delle pannocchie (scartossi). Facevano delle bamboline che poi vestivano con delle pezzette di stoffa. Di giocattoli non ne avevano molti; ogni tanto una macchinina che avevano paura di rompere e la usavano con molta cura. In quei tempi ci si divertiva con molto poco ed erano tutti molto amici e complici.

Pietro

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Ai tempi di mia nonna, quando era freddo si giocava a tombola, a carte o si ascoltavano delle storie o filastrocche narrate dalle persone più anziane, al posto dei giocattoli si facevano dei lavoretti con bastoncini, oppure con le foglie delle pannocchie. Quando mia nonna aveva nove anni sua mamma la portava in stalla e le insegnava a lavorare a ferri, si facevano maglioni,sciarpe e cappelli. Al posto delle palestre, in casa si andava su e giù per una scala a pioli(scausi). Le merendine erano un pezzetto di pane puro, polenta o frutti selvatici che vivono dietro ai fossi,nelle siepi delle campagne. E s i s t e v a s o l o q u a l c h e giornale,dove si potevano leggere le notizie importanti,il giornale si trovava solo al bar del paese.

Samuele

Gioco con la corda Una tiene una parte della corda e la mia nonna l’altra parte l’ amica che era sola la misero al centro e la nonna dice stai qui quando noi muoviamo la corda tu salti. Ma la nonna raccontava anche tanti giochi come la tombola a scappa prendi a nascondino. Con i giochi giocavano insieme al mio nonno con una

palina rotta. La mia nonna aiutava per le pulizie ed da mangiare non avevano poco ala fine ho capito come erano poveri i miei nonni.

Jora

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I miei nonni non comperavano giocattoli, ma giocavano con giochi costruiti da loro o con materiali naturali. Giocavano con delle pietre messe in riga e poi con un’ altra pietra si cercava di gettarle a terra. Questo gioco si chiamava gioco “dei morti”. Gli altri giochi erano: nascondino, pitto, scappa e prendi, campana, moscacieca, rubarsi il fazzoletto; un altro gioco era con cinque sassolini e, gettandone in aria uno, si cercava di raccogliere da terra un altro sassolino. E poi palla a vela, “mussavegna” (cavallina), con i “botoi” delle pannocchie si costruivano: case, torri,castelli. Non si comperavano giocattoli e qualche volta veniva regalata qualche bambola

Lorenzo

La mia nonna Livia mi ha raccontato che una volta, giocava a nascondino, a schiaffetta e a tria, e poi giocava al gioco dei noccioli di pesca che consisteva nel prendere cinque noccioli per terra con una sola mano. E un altro gioco che faceva da bambina, era il gioco dei bastoncini. Poi le nonne mi hanno raccontato che da bambine i giocattoli non si compravano, ma esempio le bambole, venivano fatte in casa con materiale di recupero come come stoffa e bottoni. E poi mi hanno raccontato che i dolci non si compravano mai; le mamme facevano in casa focacce e pinza. Nel giorno della Befana i bambini trovavano, nelle calzette di lana, bagigi, carrube, mele e piccoli dolcetti.

Niccolò Botter

Modi dire di una volta: te voressi a mussa e anca i trenta schei. El merlo xe nato bianco e a son de star sul camin el xe deventà nero. Una tiritera che si usava cantare era: è arrivato l’ambasciatore, a cavallo di un cammello, non importa se a xe bionda o bruna, ma al chiar de luna la voglio sposar.

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Ho intervistato i miei nonni : nonno Angelo (84anni) nonna Anna (82 anni) nonna Valeria (74 anni). Il nonno Angelo ha detto: ”Giocavo con le biglie, con un pallone fatto di carta bagnata e i copertoni delle biciclette. Non c’era la palestra e la piscina, non si faceva lo sport, i bambini erano sempre in compagnia.”La mia nonna Valeria ha detto :“ in estate giocavo in cortile con le mie sorelle e mi arrampicavo sugli alberi, si giocava alle belle statuine; si andava dalle suore a ricamare “ La mia nonna Anna ha detto: -Giocavamo: a bandiera, quattro cantoni, pantocco, mosca cieca, saltare la corda, scappa e prendi, nascondino, a far teatro, alle belle statuine; mentre giocavo con la palla cantavo questa canzoncina: A muoversi, senza muoversi, Senza ridere, con un piede, con una mano, batti mano, zigo zago violino, bacino, tocco terra, la ritocco, cuore, angelo in Paradiso. Oppure: mesogiorno, pane al forno, se el pan xe coto, damene un toco, se el xe cruo asseo là mesogiorno xe sonà!

Susanna

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Oggi vi voglio parlare di mia nonna Clara che ha 71 anni. Una volta la nonna essendo la più grande di quattro figli non aveva tanto tempo libero per giocare Viveva con i nonni paterni e con i genitori, quindi essendo la più grande doveva aiutare nelle faccende di casa. Non c’era la televisione, l’ unico passatempo era ascoltare la radio alla sera,mentre si imparava a cucire ,ricamare e la maglia. Giocavano a saltare la corda; la nonna ci riusciva con due corde. Giocavano a palla, anche con tre palle gettate sul muro e che riprendevano mentre ripetevano una tiritera. La loro palestra era il cortile di casa. Il presepio veniva fatto con statuine di gesso fatte dai bambini. Quando arrivava la Befana appendevano la calza sul camino. Al mattino trovavano un po’ di frutta, caramelle, qualche dolcetto e un po’ di carbone, ma quello vero della stufa.

Maria

Padre Giorgio da piccolo giocava nel cortile di casa a bandiera, a biglie. Non comprava giochi ma li costruiva, ad esempio la palla era fatta di stracci legati da una corda. Si leggevano le fiabe come Cenerentola, Cappuccetto Rosso o i tre porcellini. Si correva nei campi e si faceva il bagno in fossi e canali

Jyale e Le eng

Come tiritera si ricorda: Trentatre trentini andavano a Trento tutti insieme trotterellando. Un proverbio di una volta: voia de far saltame dosso e fame far manco che posso.

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Io ho intervistato mia nonna Moma (70 anni). Lei e i suoi amici di mattina andavano a scuola a piedi anche se la scuola era molto distante. Quando mia nonna andava a scuola la maestra vedeva i bambini come se fossero i suoi bambini. Gli voleva bene. Dopo scuola andavano a casa a lavorare, aiutavano la mamma a portare l’acqua dal fosso però il fosso era molto lontano dalle case. Dopo giocavano a pallone: il pallone era di stracci vecchi e sporchi, giocavano a nascondino. Parlavano con la mamma perché non avevano niente da fare. La nonna raccontava le fiabe. Non esistevano i giocattoli si facevano bambole di stracci. Le palestre e le piscine non esistevano. Giocavano tutti riuniti in un parco dietro le case. La pubblicità non esisteva perché anche la tivù non esisteva. Klei

Proverbi e filastrocche del Veneto Alba rossa, o vento o giossa. Co ‘l gran se incurva, el contadin se drissa. Sssssssssssssss! Silenzio perfetto che el diavolo xe in letto che ciucia el confetto. El confetto xe duro, lo butta su par el muro. El muro xe rotto, cade nel fosso. Il fosso xe fondo, trova un pescetto che sta nel buchetto. Il buchetto è qua. Ti faccio cucù e non si parla più.

Alessandro Barbieri

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Intervista a Marisa di 61 anni 50 anni fa i bambini giocavano in strada al “pito”, cioè un bastone con due punte che veniva colpito da un altro bastone; vinceva chi lo lanciava più lontano. Si giocava con il cerchio della bici e un bastone il quale serviva per fare girare il cerchio su se stesso. Sul marciapiede si disegnavano con un gesso delle righe dove su ognuna di esse si poggiava un sasso piatto, poi tenendo alzata una gamba all’ indietro saltellando si colpiva la pietra portandola fino alla fine del percorso. Quando non c’erano la televisione e il computer i bambini andavano in stalla con i nonni e gli zii per scaldarsi. Qui i nonni raccontavano vecchie storie e insegnavano a costruire pupazzi con l’involucro delle pannocchie e bambole di pezza.

Alessio

Tiritere Ho fame magna curame el curame xe duro magna el muro el muro le stort magna el mort. C’ era una volta Piero se volta casca na zoca Piero se copa. Pimpinella pinpinà ciapa a mussa e va al mercà el mercà le sa finio, ciappa a mussa e torna indrio.

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Intervista a Anna di 60 anni I giocattoli erano pochi, li portava la befana con una calza contenente arance, mandarini, noci e carbone (quello vero). Ai compleanni non si avevano regali. I miei giocattoli erano: la bambola di pezza (una sola), le pentoline , la trottola , la palla , la corda e verso gli 8 anni ebbi in regalo il telaio per imparare a ricamare. Giocavamo molto per strada; i giochi erano di gruppo e occorrevano semplici materiali. Quelli più frequenti erano: moscacieca ,1-2-3 stella, regina-reginella, acqua e fuoco, salto con la corda, il gioco dell’anello, mamma gattona, fornaio è cotto il pane. In molti di questi giochi si ripetevano delle filastrocche. Il gioco che facevo di più era il castello dove occorreva solo un pezzo di gesso e un sasso. Le sere d’estate andavo a caccia di lucciole. Alcuni giocattoli li facevamo noi, come ad esempio “a pup d’pezz” (bambola ricavata da un fazzoletto), il telefono costruito legando, alle due estremità di una corda, le scatole vuote del lucido per scarpe. Le merendine confezionate non esistevano, così per merenda la mamma mi preparava fette di pane bagnato con su lo zucchero. Nelle occasioni importanti si faceva il pandispagna, qualche biscotto fatto in casa e una volta alla settimana mi preparava le caramelle allo zucchero. La pubblicità era poca e la si vedeva in televisione (naturalmente erano pochi ad averla) durante il “Carosello”che veniva trasmesso la sera dopo che si andava a letto.

ALESSANDRO GABELLONE

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La pigrizia (si diceva quando si dormiva troppo durante il giorno) La pigrizia andò al mercato ed un cavolo comprò. Mezzogiorno era suonato quando a casa ritornò. Prese l’acqua, accese il fuoco, si sedette e riposò. E intanto, a poco a poco, anche il sole tramontò.

Filastrocca in dialetto (tenendo il bimbo sulle gambe e dondolandolo) Serra serra Mastro Andrè tutt le puerc alla stater e nu’ c’è c msurà a Mari’ amma chiamà Filastrocca

Cavallino a rò a rò con la biada che ti do con i ferri che ti metto per andare a San Francesco cavallino corri e va verso la felicità. Gioco “Mamma Gattona”

I “gatti” posti in cerchio in ordine crescente. La mamma gattona dice: “Dalla torre dei mille gatti il primo (o il secondo o il terzo) gatto fuggì” Risponde: “Il …..…. Gatto non fu” E mamma gattona: “Chi fu?” Lo stesso gatto dovrà accusare un altro gatto e così via, finchè coloro che sbagliano dovranno pagare il pegno. Vincerà colui che sarà stato più abile nel dare subito la risposta.

Le dita della mano

Per trastullare il bimbo gli si prendeva la manina e, toccandogli le dita una per volta si dice, iniziando dal pollice: il pollice dice andiamo a caccia, l’indice dice come faremo, il medio dice lo prenderemo, l’anulare dice lo cucineremo, il mignolo dice datelo a me che sono il più piccino.

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I giochi di una volta Una volta si giocava soprattutto a:Nascondino,Moscacieca, Girotondo, Fazzoletto, salto della corda, pantocco, pito, momola, el balon, sercio, con le bambole, con macchinine artigianali, a bocin spanea: esisteva già la raccolta di figurine. Modi di dire, proverbi L’ Epifania tutte le feste porta via. San Tissian dal freddo ghe casca i denti al can. A San Valentin la spagna ga el butin. A Marso ogni mato va descalso. Marso ventoso frutteto maestoso. Majo tutto vento, più paja che frumento. Per San Francesco, parte el caldo e torna el fresco. Anca i siori ga i so dolori. Ridi ridi che a mama ga fatto gli gnocchi. Parchè el baste, bisogna che el vanse. Tacai a un ciodo, ma vivi. Rati e frati i xe i ultimi a morir de fame. Putei e colombi smerda a casa. Chi troppo se inchina, mostra el cueo.

Alessandro Bellan

Giochi con materiale di recupero El pito e la fionda fatti con i bastoni, bambole e palline di pezza, pistole e cavallini fatti con canne di pannocchie; fischietti in legno di sambuco. Non c’erano soldi per comprare giocattoli perciò si facevano tutti in casa, fatti a mano.

Isabella

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Intervisto la nonna Mia nonna mi racconta che una volta si giocava in mezzo alla strada che non era asfaltata , con delle palline che tiravano con le dita. Un altro gioco era il “ pito” cioè un bastone con cui si tira il più lontano possibile un altro pezzo di legno . Giocava anche a “scondi cuco”, con la corda, con la bambola oppure a travestirsi con vestiti e scarpe degli adulti. La nonna mi racconta che una volta non c ‘ erano le merendine o i dolcetti con sorpresa e lei mangiava solo fichi o pere e qualche cioccolatino che però lei donava sempre ad un bambino nero orfano che viveva nella colonia di Vascon. La pubblicità non c’era ma alla nonna sembra che all’età di undici anni iniziò “Carosello “. Ricordo che il nonno mi raccontava sempre questa filastrocca : Pia Pia sona To mare te bastona To pare te vol bèn Pia Pia sona bén.

Maria Sole

Intervisto la nonna

Nonna Maria ha 76 anni e quand’era bambina si divertiva così:gli adulti giocavano a carte, mentre i più piccoli giocavano a tombola,con le bambole,con la corda e con la palla che si lanciava sul muro e si cantava una filastrocca che diceva così: vado al mercato compero 3 mele me ne cade una a raccolgo, la pulisco, faccio i conti, mi metto il cappello, gira gira molinello. Non si comperavano giochi; quei p o c h i c h e a v e v a m o venivano portati dalla befana.

Anita

Arlechin batocio orbo un ocio sordo na recia fiol de na tecia. Ninin ninin è nato il mio munin, saltavalo ballavalo menava il suo codin. Te conto na storia longa longa….. Che alla fine del deo… ghe se a ongia. Conte: Unera, danera, tenera, quaia, quaieta, martel, sucheta, senarese, nove e na diese. Didin, coradin, stanga onga, cura ossi, massa peoci.

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I giochi di 50 60 anni fa Quando i nonni erano bambini non esistevano tutte le cose del giorno d’oggi, i giochi di allora erano molto semplici e poco costosi, le bambole erano di pezza costruite dalla nonna con ritagli di stoffa ricavati da vecchi vestiti. Si giocava imitando la mamma che accudiva il loro piccino. I maschietti recuperavano coperchietti delle bibite dalla vicina osteria per poi incollare all’interno le foto dei calciatori e dei campioni di ciclismo, oppure costruivano palline di creta messe a cuocere nel forno della stufa a legna, per poi giocare su una pista costruita sulla terra del cortile. Molte cose venivano riciclate e comperate per poche lire dal “strasaro” il quale passava con il suo carretto per caricare qualche giocattolo, ferro vecchio, stracci ed ossa dei buoi per fare pettini e bottoni. Le mamme raccontavano le fiabe di Pollicino, Pinocchio e Cappuccetto rosso. Una volta non c’era la palestra, nè la piscina; si giocava, all’asilo, il girotondo per i più piccini, il salto della corda oppure i quattro cantoni per i più grandicelli. Qualche anno più tardi uscì la televisione in bianco e nero. C’era solo nelle osterie dove alcune famiglie si trovavano alla sera per lo spettacolo “Lascia o raddoppia”. La pubblicità del momento era il Carosello. Non c’erano merendine e dolcetti con sorpresa, ma panini con formaggio o salame.

Nicola Zaniol

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LE CONTE Ambarabacciciccocò tre civette sul comò che facevano l’ amore con la figlia del dottore il dottore s’ammalò Ambarabacciciccocò. Chi sta sotto non lo so ma al più presto lo saprò a bi bo punto rosso fuori sotto. Passa Paperino con la pipa in bocca guai chi la tocca. L’hai toccata proprio te. A star fuori tocca proprio a te.

Andrea Sordi

Tiritere Din don cavallo Bigio del vecio molinaro che ga comprà na fava e i osei a ga magnada. Mamma e papà compreme un sciopetin che voio andar in guera a copar quell’uccellin che tuta a note el canta e non me assa mai dormir. Non c’erano merendine. Come premio si acquistava una liquirizia che si infilava dentro mezzo limone.

Nicolò Lipari

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I bambini una volta giocavano molto tra loro e con gli animali. Portavano le oche al pascolo, trovavano erbetta fresca per i conigli, davano da mangiare alle galline. Avevano sempre un cane che li seguiva dappertutto. I giocattoli venivano fabbricati in casa con legno, canne di bambù che si trovavano lungo i fossi, con paglia o con i tutoli delle pannocchie. Le bambole era fatte con ritagli di stoffa. Spesso per merenda mangiavano la frutta, colta direttamente sugli alberi. Costruivano con un bastone e un barattolo legato con lo spago, un attrezzo per arrivare a prendere i frutti più alti. La stalla era un luogo di ritrovo alla sera perché era un posto caldo e grande. Le persone più anziane raccontavano storie ai bambini. Le mamme o le zie cantavano ninne nanne, recitavano filastrocche e scioglilingua che i bambini imparavano a memoria.

DAVIDE PIOVESAN

Lune l’è nda da marti par saver da mercol se zioba ‘l vea senti da venare che sabo l vea dita che domenega l’è festa.

Arlechin batocio orbo un ocio sordo na recia fiol de na tecia.

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La nonna mi racconta che una volta non c’erano soldi per comperare i giocattoli, però ci si divertiva lo stesso. Ad esempio per fare una palla si prendevano degli stracci vecchi, si annodavano tra loro fino a fare una palla abbastanza rotonda e così si giocava. Si facevano anche castelli con i tutoli delle pannocchie (i botoi). I miei nonni non sono mai andati in una palestra o in piscina. Giocavano nei cortili o in cucina. La pubblicità non c’era e non c’era nemmeno la televisione. Mangiavano solo dolci fatti in casa. Le uniche cose che comperavano erano mandarini, bagigi (arachidi), stracaganasse (castagne secche), caroboe (carrube) che i bambini trovavano nelle calze della Befana.

FRANCESCA

Per divertirsi ripetevano filastrocche come Petin e Petee che ndava a nosee (andavano a raccogliere noccioline nel bosco) Bigoi bagoi pangrattà… Pin pin sotto el me camin Soto el me palasso scampa via senò te masso A caval donato non si guarda in bocca. Bronza querta brusa traverse

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Una volta si divertivano a giocare a tombola, a carte, a scacchi e a campana. Non avevano soldi per comprare giocattoli. I bambini ripetevano filastrocche come: Manina bea fata penea ndata daa nona magna poenta e late gate gate gate Tu tu Cavalo biso la mamma va a Treviso… Anna

In Kosovo una volta giocavano con la palla, le biglie e i bottoni. Le mamme e i papà raccontavano storie ai bambini e a loro interessavano. Giocavano in giardino. Quando vedevano le mucche, le portavano a mangiare l’erba e poi giocavano con gli amici.

Diana

La nonna mi ha raccontato la storia di Petin e Petee che andavano a raccogliere noccioline. È una specie di scioglilingua che i bambini ripetevano. Alessia

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Petìn e Petèe i ‘ndava a nosèe. Petìn ghe ne cata un sachetin, e Petèe tre nosèe. Petìn ghe dise a Petèe: “Petèe, ‘ndémo casa! Mi co ‘l sachetìn e ti co ‘e tre nosèe.” “Mi no, eh!” Ghe dise a Petìn, Petèe.

“Eóra ciàmo el can! Can! mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!” “Mi no, eh, che no mòrsego Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!”

“Eóra ciàmo el baston! Baston! Bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe, che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!” “Mi no, eh, che no bastono el can, che no ‘l mòrsega Petèe, che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!”

“Eóra ciàmo el fògo! Fògo! Brusa el baston, che no ‘l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!” “Mi no, eh, che no bruso el baston che no ‘l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe, che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!

“Eóra ciàmo l’aqua! Aqua! Stùa el fògo, che no ‘l brusa el baston, che no ‘l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!” “Mi no, eh, che no stùo el fògo, che no ‘l brùsa el baston, che no ‘l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!”

“Eóra ciàmo el bò! Bò! Bevi l’aqua, che no ‘a stùa el fògo, che no ‘l brùsa el baston, che no’l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!” “Mi no, eh, che no bevo l’aqua, che no ‘a stùa el fògo, che no ‘l brusa el baston, che no ‘l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!”

“Eóra ciàmo el becher! Becher ! Copa el bò, che no ‘l beve l’aqua, che no ‘a stùa el fògo, che no ‘l brusa el baston, che no ‘l bastona el can, che no ‘l mòrsega Petèe che no ‘l vòl vegnér casa co ‘e so tre nosèe!” “Mi sì che copo el bò!”

E cussì el bò dise: bevo l’aqua, e l’aqua: mi stùo el fògo, el fogo: mi bruso el bastòn, el baston: bastono el can, el can: mi morsego Petee! E Petèe scanpa casa co ‘e so tre nosèe.

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A SCUOLA I NONNI RACCONTANO La casa di una voltaLa casa di una voltaLa casa di una voltaLa casa di una volta

Sono venuti a scuola tre nonni: la nonna di Susanna, la

nonna di Alessandro Bellan e il nonno di Alessandro Barbieri che ci hanno raccontato la vita di una volta. Il signor Giuseppe viveva in una casa singola, costruita da suo papà che faceva l’elettricista in cartiera Burgo. Era una casa a due piani; c’era il bagno e anche un piccolo salottino. La signora Mariarosa abitava in una casa colonica; era figlia di un contadino e lavorava i campi. In casa con lei vivevano 30 persone. Era una casa molto grande, su tre piani. Al piano terra c’erano la cucina e la stalla. Al secondo piano c’erano le stanze da letto e il corridoio e al terzo piano il granaio. All’esterno aveva tre archi con il portico. Il gabinetto era fuori casa. La signora Valeria viveva in una casa adiacente a un palazzo. Era figlia di un fattore, cioè una persona che controllava il lavoro dei contadini per il padrone. La sua casa aveva due piani. Sopra c’era la camera e sotto la cucina. Era senza bagno e senza soggiorno. Il gabinetto era all’esterno. Nella case di sessanta anni fa, in genere non c’era ancora l’energia elettrica per illuminare, quindi si usavano le candele o le lampade a petrolio: si metteva dentro a una lampada e bagnava uno stoppino che si incendiava. La lampada si metteva in camera a fare un po’ di luce e quando non serviva più si portava via e restavano al buio. Si usavano sempre, quindi non si buttavano via. Le case erano grandi, ma raramente c’era il bagno all’interno. Per i propri bisogni, in camera c’era un vaso dove si poteva fare la pipì. Al mattino si svuotava e si lavava alla fontana. Le camere da letto nelle case coloniche erano numerose, perché ci vivevano molte persone. I letti, se non stavano dentro le stanze, si mettevano nel corridoio. I bambini dormivano anche in due o tre in un solo letto. Il granaio serviva per mettere il grano raccolto e i bachi da seta, che erano importanti da allevare perché facevano guadagnare soldi. Al posto del soggiorno c’era il tinello e di solito era di piccole dimensioni e serviva per ricevere gli ospiti.

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Non esistevano elettrodomestici. L’acqua non c’era nelle case. Andavano a prenderla al pozzo o alla fontana perché non c’erano i rubinetti. Per lavarsi prendevano una grande bacinella di latta o di legno. Si lavavano nella stalla o in cucina. Scaldavano un po’ d’acqua in una pentola sul fuoco. Per fare il bucato usavano una tavola di legno (lampor) che si appoggiavano sulla riva del fiume o del fosso. La signora Mariarosa ci ha detto che per lavare bene i panni si procedeva così: si prendeva un mastello e si mettevano i panni dentro. Si copriva con un telo e sopra si metteva la cenere e acqua calda. Questo procedimento serviva a disinfettare e sbiancare il bucato. Poi si andava nel fosso a sciacquare i panni. L’acqua dei fossi era pulita. Non c’era inquinamento. Il riscaldamento non c’era nelle case, come adesso. La cucina era riscaldata da una stufa a legna che si chiamava cucina economica. Le altre stanze non erano riscaldate. Per riscaldare il letto si usava: lo scaldino (“monega”) o una pietra che veniva coperta da una pezza o lenzuolo oppure una bottiglia in metallo, piena d’acqua calda. Al tempo dei nonni i rifiuti erano pochi e non si sprecavano: i rifiuti organici li buttavano nella concimaia; li usavano per fare il concime che buttavano nel campo e renderlo più ricco di sostanze buone. La plastica non esisteva e quindi i rifiuti di questo tipo non c’erano; la carta invece si usava per accendere il fuoco insieme alla legna fina e dopo si usava la legna grossa per far durare di più il fuoco. Per gli stracci e le ossa passavano gli straccivendoli a raccoglierli ogni tanto per le case. Le ossa si bollivano e si faceva il sapone. I resti dei cibi si davano da mangiare ai maiali. Alla sera si andava nella stalla dove c’erano gli animali che riscaldavano con il loro fiato, così si poteva stare un po’ in compagnia e si ricevevano anche i vicini. Si diceva che si faceva “filò”. Una volta non c’erano automobili, solo alcune e quindi si andava a piedi, a cavallo, in carrozza o in bicicletta. Per trasportare carichi pesanti si usavano i carri.