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78 IL MAUSOLEO 114 A destra della grotta, rialzato, sorge il Mausoleo, caro ad ogni Piccola Suora, perché dal 24 ottobre 1923 al 4 maggio 1984 conservò le spoglie del Padre Fondatore e dal 12 novembre 1987 fino al 10 gennaio 2003 115 custodì il venerabile corpo di Madre Maria Domenica Mantovani. Qualche giorno dopo il funerale del Fondatore, celebrato il 27 gennaio 1922, già partiva l’istanza per accogliere la salma all’interno dell’Istituto e porla “in una cappella che sorgerà, completamente isolata da altre costruzioni nell’orto dell’ Istituto, tra la chiesa parrocchiale e la chiesa privata delle suore, distante dalla strada e non accessibile al pubblico116 . Il 10 marzo dello stesso anno, Madre Maria informava che le pratiche per il trasporto della salma del Fondatore proseguivano “benissimo” e che “ la commissione competente ha fatto un sopralluogo per esaminare il disegno ed è rimasta contenta. I lavori si incominceranno fra giorni, speriamo quindi di poter riavere presto il venerato Padre nella dolce casa nostra117 . Il luogo venne opportunamente scelto dalla Madre subito dopo la morte del Fondatore, ella affidò il progetto al sacerdote don Giuseppe Trecca che si diede immediatamente da fare nella realizzazione di tale progetto. Tra il 1922 e il 1923 il Mausoleo fu edificato; “al sommo d’una gradinata, sorge il tempietto che in lontananza deve dare aspetto di tomba, grave, nella semplicità greco egiziana, cristianizzata dalla croce che ne impronta la fronte e dalla Santa Famiglia nei vetri della trifora, che ne abbraccia la croce. 114 Da “RITORNANella traslazione del Padre 24 ottobre 1923 Istituto Piccole Suore della Sacra Famiglia Castelletto sul Garda. 115 ASFC, Titolo M -Busta 17, 21, Esumazione e trasferimento delle spoglie mortali della Serva di Dio, Madre Maria Domenica Mantovani; 10 gennaio 2003 trasporto della salma nella camera del Padre. 116 ASFC, Tit. N - Busta 1/36, decreto di autorizzazione per la traslazione della salma, 31 maggio 1922. 117 Lettera Circolare n. 6 del 10 marzo 1922.

IL MMAAUUSSOOLLEEOO · come raggi dalla rosa centrale, dove sfolgora di giorno, iridata dai vetri, la luce solare e di notte la luce della lampada, che riflette il cielo stellato

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IILL MMAAUUSSOOLLEEOO111144

A destra della grotta, rialzato, sorge il Mausoleo, caro ad

ogni Piccola Suora, perché dal 24 ottobre 1923 al 4 maggio

1984 conservò le spoglie del Padre Fondatore e dal 12

novembre 1987 fino al 10 gennaio 2003115 custodì il

venerabile corpo di Madre Maria Domenica Mantovani.

Qualche giorno dopo il funerale del Fondatore, celebrato il

27 gennaio 1922, già partiva l’istanza per accogliere la salma

all’interno dell’Istituto e porla “in una cappella che sorgerà,

completamente isolata da altre costruzioni nell’orto dell’

Istituto, tra la chiesa parrocchiale e la chiesa privata delle

suore, distante dalla strada e non accessibile al pubblico”116.

Il 10 marzo dello stesso anno, Madre Maria informava che le

pratiche per il trasporto della salma del Fondatore

proseguivano “benissimo” e che “ la commissione competente

ha fatto un sopralluogo per esaminare il disegno ed è rimasta

contenta. I lavori si incominceranno fra giorni, speriamo

quindi di poter riavere presto il venerato Padre nella dolce

casa nostra”117.

Il luogo venne opportunamente scelto dalla Madre subito

dopo la morte del Fondatore, ella affidò il progetto al

sacerdote don Giuseppe Trecca

che si diede immediatamente da

fare nella realizzazione di tale

progetto. Tra il 1922 e il 1923 il

Mausoleo fu edificato; “al

sommo d’una gradinata, sorge il

tempietto che in lontananza

deve dare aspetto di tomba,

grave, nella semplicità greco –

egiziana, cristianizzata dalla

croce che ne impronta la fronte e dalla Santa Famiglia nei vetri della

trifora, che ne abbraccia la croce”.

114

Da “RITORNA” Nella traslazione del Padre 24 ottobre 1923 – Istituto Piccole Suore della Sacra Famiglia – Castelletto sul

Garda.

115 ASFC, Titolo M -Busta 17, 21, Esumazione e trasferimento delle spoglie mortali della Serva di Dio, Madre Maria Domenica

Mantovani; 10 gennaio 2003 trasporto della salma nella camera del Padre.

116 ASFC, Tit. N - Busta 1/36, decreto di autorizzazione per la traslazione della salma, 31 maggio 1922.

117 Lettera Circolare n. 6 del 10 marzo 1922.

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Il 24 ottobre 1923, dopo aver rimirato le

sembianze di mons. Nascimbeni attraverso il

vetro della bara, la salma fu portata in

solenne processione dal cimitero alla chiesa

parrocchiale e, dopo l’ufficiatura funebre e

il discorso di don Chiot118, fu portata davanti

alla grotta

di Lourdes

e in seguito

calata nell’arca, chiusa da una lastra di marmo di Carrara, modellata

da Enrico Bragantini119 e scolpita da Luigi Carrara120 raffigurante la

sua immagine, in abiti pontificali col rosario fra le mani.

La fedeltà del ritratto, la tenue luce, il silenzio dell’ambiente, impressiona. Un finestrino decorato

da un monogramma in ferro arieggia la tomba, comunicando con la camera d'aria che la circonda per

preservarla dall’umidità.

Scavata nel monte, rispecchia la semplicità del Nascimbeni.

Originariamente vi si scendeva per una scala posta in mezzo a due

mura. Oltrepassando un cancelletto di ferro battuto, si entrava

nell’atrio che immetteva nella cella dipinta in graffito a croci e

monogrammi dell’Istituto.

Nel mezzo, poco distante dall’altare, sorge l’arca, tutta d’un blocco,

decorata da festoni di frutta, da teste di leoni e damascata. Anche

qui nessuna lode, ma solo: AL PADRE e sui lati del coperchio: mons.

Giuseppe Nascimbeni, parroco di Castelletto, protonotario

apostolico, fondatore dell’Istituto S. Famiglia.

118

Don Giuseppe Chiot, (Trento 1879 – Verona 1960) ordinato sacerdote in Verona fu cooperatore a San Massimo e

Sant’Anastasia, poi cappellano degli emigrati in Germania. Nel 1944 fu nominato arciprete di San Luca in Verona,

contemporaneamente fu cappellano delle carceri giudiziarie. Era cameriere segreto di Sua Santità (tratto da “Bollettino

Ecclesiastico” della diocesi di Verona - 1960).

119 Enrico Bragantini, scultore, progettò e modellò il sarcofago raffigurante Mons. Giuseppe Nascimbeni.

120 Luigi Carrara, scolpì il sarcofago raffigurante Mons. Giuseppe Nascimbeni.

Architrave di pietra, sopra

il cancelletto, riportante

la parola: “padre”.

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Ai lati due lapidi cronologiche:

Per accedere al tempietto vi è

una gradinata che nel suo

restringersi prospettico

arriva a due giardinetti, sui

quali si trovano vasi di piante

e fiori che decorano assieme

alla cancellata l’accesso al

luogo sacro. All’esterno si

nota la riproduzione a due

colori: il bianco del marmo di

Carrara e il cinereo del

Cornabò di Torbole che danno

un tocco di varietà al tempietto di forma ottagonale, (forma tanto cara alla

tradizione cristiana e che ricorda l’ottavo giorno, giorno della Risurrezione di

Cristo che preannuncia la nostra sorte futura). All’interno si trovano, incisi nel

pavimento, in piastrelle tonde, i nomi delle suore decedute prima della morte del

Fondatore come esortazione alle sorelle

viventi. A cornice di questo, tre

lastre di marmo; due sono

evangeliche raccomandazioni che il

fondatore dette alle suore:

“simplices ut columbae” (semplici

come le colombe), “prudentes ut

serpentes” (prudenti come i

serpenti); mentre la terza lastra

riporta la scritta “Defunctus

adhuc loquitur” (il defunto parla

ancora).

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Nel mezzo, sulla ringhiera viene rappresentato il suo stemma: il

timone, simbolo che da Torri il Nascimbeni venne a Castelletto.

L’interno dell’edicola è dedicato al transito di San Giuseppe, modello della morte del giusto, al quale

invitano le parole del cancello “ITE AD IOSEPH”, tra i gigli, le rose, le spine, simbolo della Santa

Famiglia.

Il Mausoleo è sorretto da quattro massicce colonne che sostengono la copertura nella quale si

incastonano, tra i festoni d’alloro, i nomi delle case filiali posti all’esterno e all’interno della

costruzione, a simboleggiare la vicinanza delle comunità sparse in tutta Italia, attorno alla tomba

del Padre. In ambedue i lati cinque vetrate, frastagliate da colonnine nere, strette come feritoie,

danno luce all’interno e ripetono con i simboli le più frequenti e ultime sue parole:

A cui mirava

sempre.

Posto in fronte a

Casa Madre

sotto l’orologio.

Tradotto sull’ingresso della

loggia nel 25° con le parole:

“Beate voi che abitate questa

casa se Iddio solo sia il tutto

per voi”.

Charitas… già

motto al suo

Istituto.

Suo unico anelito.

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Ai lati interni, sui pannelli, le varie occupazioni delle suore nella preghiera, negli asili, negli

orfanatrofi, negli ospedali, nei ricoveri e nei collegi.

La pietà dei suffragi che avvicina i morti

con il cielo, deve rappresentare l’anello

di congiunzione tra il defunto e la gloria

di Dio; similmente il lutto, che entrando

nella cella, si stringe nel giallo-nero dei

marmi, ascendendo si colora nel violaceo

dei panni, si irradia nell’oro e

nell’azzurro dei cassettoni che partono

come raggi dalla rosa centrale, dove

sfolgora di giorno, iridata dai vetri, la

luce solare e di notte la luce della

lampada, che riflette il cielo stellato.

Perché tutto

faceva a loro

cenno.

Perché desiderava

veramente con

l’apostolo Paolo

d’essere liberato dalla

prigione terrestre.

Da lui gridato

poco prima di

morire.

Ultimo salmo

da lui recitato

sul letto di

morte.

Appagato dal

Signore alle 2.30

di notte nel 21

gennaio 1922.

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Sopra il tetto sorge un ricco lucernario, raffigurante una tomba, la terza tomba: sottoterra per la

salma, nel tempio per l’anima e in alto tra gli ulivi ed il cielo per lo spirito.

Dalla croce si vede pendere, su

ogni lato del lucernario, un

festone che accoglie in dischi

colorati le tre virtù cardinali:

fede, speranza, carità; tre facce

che brillano insieme e se una

non ha la luce anche le altre non

brillano. Nel quarto disco brilla la

virtù della pietà.

Evangelisti

Simbolo del Vangelo praticato

semplicemente ed efficacemente

dal Fondatore.

Croce

È sopra di tutto, talmente

candida nell’azzurro che

brilla fino all’altra sponda

del lago.

Bugia

alla base del lucernario,

è mascherata da zelo e

inutile prudenza, su di

essa trionfa il Vangelo.

Festone di frumento che

accoglie in un disco verde la

parola d’oro SPES per ricordare

“mortuus fructum affert”

(Chi muore porta frutto).

Festone di spine che accoglie

in un disco bianco la parola

d’oro FIDES per ricordare

“intelligant spinae rhamnum”

(le spine sappiano che non

possono far senza il ramo.

Oppure: le spine comprendano

il ramo = stiano attaccate al

ramo).

Festone di fiori che accoglie in

un disco celeste la parola d’oro

PIETAS per ricordare “flores

mei fructus honoris” (i miei

fiori frutti dell’onore).

Festone di frutta che accoglie in un disco

rosso-arancio la parola CARITAS per ricordare

la parola d’oro “fructus vester maneant”

(il vostro frutto rimanga).