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IL CONTENZIOSO NEI PROCEDIMENTI DEGLI SPORTELLI UNICI PARTE I - Inquadramento normativo

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IL CONTENZIOSO NEI PROCEDIMENTI

DEGLI SPORTELLI UNICI

PARTE I - Inquadramento normativo

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Lo Sportello Unico per l’Immigrazione

è previsto dal D. Lgs. n. 286/98

Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione

e norme sulla condizione dello straniero

Inquadramento normativo

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Art. 30 del DPR n.394/99 (Regolamento recante norme di attuazione del Testo Unico): lo Sportello è diretto da un dirigente della carriera prefettizia (o da un dirigente della Direzione Territoriale del Lavoro (DTL)) ed è composto da almeno un rappresentante della Prefettura, da almeno uno della DTL e da almeno uno appartenente ai ruoli della Polizia di Stato.

Composizione dello Sportello Unico per l’Immigrazione

Inquadramento normativo

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Procedimenti rientranti nella competenza dello Sportello Unico

Procedimenti ordinari ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per motivi di lavoro, in casi particolari, per volontariato, per ricerca scientifica, per ricongiungimento familiare. (artt. 22 e seguenti, art. 27, art. 27 bis e ter, artt. 29 e ss. del d. lgs. 286/98) Procedimenti eccezionali procedura di emersione dal lavoro irregolare con cittadini extracomunitari (normative recenti: L. n. 102/2009 e D.Lgs. n.109/2012)

Inquadramento normativo

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Elementi che caratterizzano i procedimenti dello Sportello Unico

• sono ad iniziativa di parte, ossia avviati a seguito di domanda del datore di lavoro (nei procedimenti di nulla osta al lavoro e di emersione) o del familiare straniero (nei procedimenti di nulla osta per ricongiungimento familiare)

• Comportano l’esercizio da parte dell’Amministrazione di un’attività di carattere vincolato (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 27-12-2012, n. 2015). L’istruttoria effettuata dallo Sportello Unico è legata all’accertamento di determinati presupposti fattuali indicati dalle singole disposizioni normative di riferimento.

Inquadramento normativo

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Iter procedimentale

Il provvedimento finale di competenza dello Sportello Unico viene emesso dal dirigente della Prefettura (o in talune province dal dirigente della DTL) ed è il risultato di un’attività istruttoria complessa, conseguente all’acquisizione, nel caso del nulla osta al lavoro, dei pareri favorevoli del rappresentante della DTL (art. 30 bis, comma 8 DPR 394/98) e di quello della Questura (art. 31, comma 1-2 del DPR 394/98), ovvero nel caso di ricongiungimento familiare del parere espresso dal rappresentante della Questura.

Quando il parere della DTL o della Questura sono negativi, il dirigente dello Sportello Unico, previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda (ai sensi dell’ art. 10 bis L.241/90), procederà al rigetto della istanza.

Inquadramento normativo

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Contenuto dei pareri della DTL e della Questura

I suddetti pareri riguardano, per quanto attiene alla competenza della DTL, l’accertamento della capacità economica del datore di lavoro (art. 30 bis, comma 8 del D.Lgs. 286/98) e, per quanto riguarda la Questura, la verifica dei motivi ostativi all’ingresso ed al soggiorno nel territorio nazionale a carico del lavoratore straniero (art. 31 comma 1 del DPR 394/99 - art. 29, comma 7 del D. Lgs. 286/98), o a carico del datore di lavoro richiedente (art. 22 comma 5 bis d.lgs. 286/98- art. 31, comma 2 del DPR 394/99).

Inquadramento normativo

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Natura giuridica dei pareri

Obbligatori, ma non vincolanti, non autonomamente impugnabili, come chiarito dalla giurisprudenza (TAR Umbria Perugia, sent. n.250/2009: «…il parere reso dalla dpl …non può, in assenza di una espressa qualificazione della normativa, considerarsi parere giuridicamente vincolante - ed in quanto tale essere immediatamente produttivo di effetti ed autonomamente impugnabile o come presupposto di altro provvedimento di rigetto finale - non essendo precluso all’amministrazione di P.S. di adottare un provvedimento difforme da quello indicato, purché motivando puntualmente detta difformità»). Il loro contenuto può essere contestato nell’ambito della censura del provvedimento finale che fa capo allo Sportello Unico nel suo complesso.

Inquadramento normativo

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Avverso i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico sono previsti i seguenti rimedi

• rimedi giurisdizionali: ricorso al giudice amministrativo (G.A.) e ricorso al giudice ordinario (G.O.) nel solo caso di diniego di nulla osta al ricongiungimento familiare;

• rimedi amministrativi: ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso al Giudice Amministrativo

È disciplinato dal D.Lgs. 104/2010 (codice del processo amministrativo). Termine di proposizione dell’azione di annullamento: 60 giorni dalla notifica del provvedimento che si ritiene lesivo o dalla piena conoscenza dell’atto (art. 41 comma 2 c.p.a.). Motivi di impugnazione dell’atto impugnato: vizi di legittimità dei provvedimenti amministrativi (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere (art. 29 c.p.a.)).

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Rimedio amministrativo di carattere generale (artt. 8 e ss. del D.P.R. n.1199/1971), esperibile per fare valere i vizi di legittimità nei confronti di provvedimenti amministrativi definitivi, per i quali sarebbe proponibile il ricorso innanzi al G.A. (art.7, comma 8 c.p.a.). Esclusa la praticabilità del rimedio in caso di contenzioso devoluto al G.O. (Cons. St., sez. I, 18 gennaio 2011, n. 4427; Cons. St. Ad. Gen., 03.08.2011, n. 7; Cons. St. Ad. Gen. 2.02.2011, n. 4520)

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

vige la regola dell’alternatività rispetto al ricorso innanzi al G.A. (electa una via non datur recursus ad alteram): - il ricorso straordinario è inammissibile quando l’atto è già stato impugnato con

ricorso giurisdizionale innanzi al Tar (artt. 8 e 10 del DPR 1199/1971); - i controinteressati al ricorso possono chiedere entro 60 giorni dalla notifica del

ricorso straordinario, mediante opposizione (notificata al ricorrente ed all’Autorità che ha emanato l’atto impugnato), la trasposizione del riscorso in sede giurisdizionale (art. 10 DPR 1199/1971).

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Termine proposizione ricorso: 120 giorni dalla data di notifica o comunicazione dell’atto o dalla sua piena conoscenza. Il ricorso va notificato nello stesso termine ad almeno uno dei controinteressati e va presentato, con la prova dell’avvenuta notifica, presso il Ministero competente o presso l’Organo che ha emanato l’atto impugnato.

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

L’istruttoria deve essere svolta entro ulteriori 120 giorni dal Ministero competente, che sovraintende alla materia alla quale è da ricondurre l’atto impugnato. Una volta istruito il ricorso, il Ministero lo trasmette al Consiglio di Stato per il relativo parere vincolante (art. 14 DPR 1199/1971, come modificato dall’art. 69 della l. 69 del 2009). In relazione ai ricorsi avverso i provvedimenti emessi dallo Sportello Unico è competente per l’istruttoria il Ministero dell’Interno (Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Direzione Centrale per le Politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo, Servizio II: Ufficio studi e contenzioso).

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Nell’ambito del relativo procedimento, è proponibile l’eccezione di illegittimità costituzionale (art. 13 DPR 1199/1971, come modificato dall’art. 69 della l. 69/2009) ed il Consiglio di Stato può sollevare anche questioni di pregiudiziale comunitaria (Corte di Giustizia Europea, sez. V, 16 ottobre 1997).

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Il legislatore (L. 15 luglio 2011, n.111, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria – G.U. n.164 del 16.7.2011 – che ha convertito il D.L. n. 98/2011) ha introdotto, ai fini della presentazione del ricorso, il pagamento del contributo unificato nella misura fissa di 600 euro (oggi 650 euro). L’importo è aumentato della metà se il difensore non indica il proprio indirizzo di PEC o il recapito fax, o qualora la parte ricorrente ometta di indicare il codice fiscale.

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

In base alla Circolare ministeriale n. 9/2013 emessa dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, sono gli Uffici periferici (per atti emessi dallo Sportello Unico, le Prefetture che emanano il provvedimento finale) a dover effettuare «la costante verifica dell’avvenuto, integrale, pagamento del contributo dovuto, nella misura di legge, e, in caso negativo, assegnare perentoriamente al ricorrente il termine di un mese per il pagamento, secondo il procedimento di cui agli artt. 247, 248, 249 del DPR n 115 del 2002. Decorso inutilmente il termine, gli atti relativi dovranno essere trasmessi al locale Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, competente per la fase della riscossione.»

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Il mancato pagamento del contributo non preclude, comunque, l’esperibilità del rimedio proposto e la rinuncia al gravame non esime dal pagamento (Cons. St., Sez. I, parere n. 4281/2011 del 09.11.2011).

Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico

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Legittimazione a ricorrere

Legittimato all’impugnazione del provvedimento di rigetto è, in termini generali, colui che, a seguito dell’emanazione di tale atto, ritiene di essere stato leso in una situazione giuridica protetta (art. 24 Cost.). Tale legittimazione presuppone, quindi, la sussistenza di una situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto.

Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico

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Soggetti legittimati a ricorrere

contro i provvedimenti

emessi dallo Sportello Unico

• il datore di lavoro che fa domanda di nulla osta al lavoro subordinato o di emersione dal lavoro irregolare («La posizione del datore di lavoro, titolare del diritto di presentare la domanda di emersione del lavoro irregolare concernente un cittadino extracomunitario, è direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume violata dal provvedimento negativo e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto»; T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 06.04.2011, n. 166)

• il richiedente il ricongiungimento familiare

Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico

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Con riferimento ai procedimenti di rilascio di nulla osta al lavoro: • alcune pronunce hanno ritenuto che il lavoratore straniero ricorrente sia titolare di un

interesse qualificato e differenziato da potere far valere in giudizio, autonomamente rispetto alla posizione del datore di lavoro (cfr. TAR Veneto, Venezia, sez. III, sent. n. 328/2009).

• altra parte della giurisprudenza ha contestato tale orientamento («L’unico interesse legittimo che emerge … è quello del datore di lavoro a cui soltanto è attribuita …la possibilità di influire sul corretto esercizio del potere dell’amministrazione procedente», cfr. TAR Lombardia, Milano, sent. n.4058/2009).

Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico

Legittimazione processuale del lavoratore extracomunitario

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Legittimazione processuale del lavoratore extracomunitario

Con riferimento ai provvedimenti emessi nell’ambito dei procedimenti di emersione dal lavoro irregolare: la giurisprudenza maggioritaria si è attestata nel senso di riconoscere la legittimazione a ricorrere, oltre che del datore di lavoro, anche del lavoratore straniero (cfr. Tar Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 17; Consiglio di Stato sent. nn. 5016 e 4325 del 2011)

Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico

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IL CONTENZIOSO NEI PROCEDIMENTI

DEGLI SPORTELLI UNICI PARTE II - Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti

di rigetto dello Sportello Unico

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Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto

Ambito di riferimento

Ricorsi relativi ai provvedimenti di rigetto emessi nell’ambito del procedimento di rilascio del nulla osta al lavoro ed in quello di emersione dal lavoro irregolare.

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Motivi di rigetto a fondamento

dei provvedimenti impugnati

con riferimento alla procedura di emersione (L. n.102/09)

• condanne penali ostative; • rapporto di lavoro falso o non conforme ai criteri

contenutistici (prestazioni lavorative di assistenza al bisogno domestico (colf) o a persona non autosufficiente (badante) ) o temporali previsti dalla norma;

• pratiche in sovrannumero rispetto al tetto massimo previsto dalla normativa;

• reddito insufficiente; • segnalazioni di inammissibilità in Area Schengen

a carico del lavoratore; • mancata presentazione delle parti convocate

presso lo Sportello Unico; • mancanza di titolarità del permesso di soggiorno

CE per soggiornanti di lungo periodo in capo al datore di lavoro.

Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto

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Motivi di rigetto a fondamento dei provvedimenti emessi nell’ambito della procedura di rilascio di nulla osta al lavoro

• incapacità reddituale del datore di lavoro; • motivi ostativi riscontrati dalla Questura in relazione alla posizione del

datore di lavoro o del lavoratore.

Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto

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Violazione di legge, con particolare riguardo a:

• art. 7 L. 241/90 inerente la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo;

• art. 10 bis L.241/90 inerente il preavviso di rigetto;

• art. 3 L.241/90 inerente l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo.

Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto

Vizi di legittimità del provvedimento di rigetto contestati nei ricorsi

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Giurisprudenza tradizionale: non è necessaria la comunicazione dell’avvio nei procedimenti ad istanza di parte. Infatti, il fine della suddetta comunicazione è quello di rendere edotti determinati soggetti dell’esistenza di un procedimento amministrativo affinché possano prendervi parte ed incidere, con memorie e documenti, sull’esito finale.

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

Art. 7 L. 241/90 comunicazione di avvio del procedimento

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I ricorrenti fanno riferimento alla previsione di cui all’art. 8 della l. 241/90, in quanto, tale articolo (riformulato dalla L. 15/2005), nel richiamare gli elementi (tra cui l’oggetto, il responsabile del procedimento, l’ufficio presso cui prendere visione degli atti) che devono essere indicati nella comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, indica anche la data di presentazione dell’istanza e lo fa riferendosi ai procedimenti ad iniziativa di parte

Tale contestazione va, però, ritenuta infondata

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

Nei ricorsi avverso i provvedimenti dello Sportello Unico, il datore di lavoro o il lavoratore straniero spesso contestano

la mancata comunicazione di avvio del procedimento

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Il richiamo operato dall’art. 8 della L. 241/90 andrebbe, infatti, riferito solo al caso in cui nei procedimenti ad istanza di parte vi siano soggetti qualificabili come controinteressati

procedimentali ed a loro, pertanto, andrebbe riferita la necessità di comunicazione dell’avvio del procedimento e l’indicazione, tra gli altri elementi, della data di presentazione della istanza.

Secondo la giurisprudenza, la suddetta interpretazione è condivisibile «… se si considera che il soggetto che dà avvio al procedimento già conosce la data di presentazione dell'istanza, non nota invece ai soggetti, diversi dai diretti destinatari del provvedimento, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento stesso. La norma, in definitiva, tutela non già le istanze partecipative dello stesso soggetto che ha dato avvio all'iter procedimentale, ma quelle dei controinteressati procedimentali» (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 febbraio 2007, n. 620; Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 3 ottobre 2007, n. 1458; Tar Sicilia, Catania, sez. I, 20 marzo 2007, n. 475; da ultimo Cons. Stato I, parere 2878/2011 del 7 marzo 2012).

L’art. 7 L. 241/90 afferma che qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l‘Amministrazione

è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

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“ …l’autonoma comunicazione realizzerebbe un’evidente duplicazione di attività, con aggravio dell’Amministrazione, non compensato da particolare utilità per i soggetti destinatari del provvedimento, poiché già informati dei fatti” (cfr. Cons. St., sez. VI, dec. n.1844 del 22 aprile 2008; Consiglio di Stato, VI, 31 ottobre 2011, n. 5815)

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

La recente giurisprudenza maggioritaria conferma tale orientamento:

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”..La comunicazione di avvio del procedimento non è dovuta nel caso di specie, trattandosi di un procedimento avviato su impulso di parte, attraverso la presentazione della domanda di rilascio del nulla osta per l'assunzione dello straniero“ (T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 28-03-2012, n. 935; cfr. anche TAR Lombardia Milano Sez. III, Sent., 12-11-2009, n. 5028; TAR Campania Napoli, sez. VI, 14/01/2008, n. 176)

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

La recente giurisprudenza maggioritaria conferma tale orientamento:

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Per i procedimenti che interessano

gli Sportelli Unici (emersione,

nulla osta,…), quindi, non occorre una

comunicazione di avvio del procedimento

alle parti interessate:

• si tratta di procedimenti avviati su iniziativa di parte;

• Sono, inoltre, provvedimenti emessi nell’esercizio di un’attività vincolata. Secondo la giurisprudenza, la comunicazione di avvio andrebbe esclusa, infatti, in caso di attività di carattere essenzialmente vincolato, in quanto, pur se effettuata, non modificherebbe l’esito dell’iter procedurale indicato dal legislatore; il quadro conoscitivo dell’Amministrazione non potrebbe essere arricchito dal contributo del soggetto partecipante (cfr. TAR Lombardia Brescia, Sez. I, sent., 27.12.2012, n. 2015 e TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sent., 20.06.2012, n. 1104)

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

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La comunicazione dell’avvio

del procedimento è necessaria quando

lo Sportello Unico emette un atto

in via di autotutela, annullando il beneficio inizialmente concesso

• la comunicazione di avvio del procedimento è necessaria – salvi i casi di comprovate esigenze di celerità – quando l’Amministrazione intende emanare un atto di secondo grado di annullamento, di revoca o di decadenza;

• infatti, l’art. 7 consente all’interessato di formulare osservazioni e di proporre documenti, per rappresentare all’Amministrazione l’insussistenza dell’elemento di fatto e dunque per evitare l’emanazione di un atto affetto da eccesso di potere per erroneità dei presupposti.

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

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“ogni volta che l'Amministrazione intenda emanare un atto di secondo grado (annullamento, revoca, decadenza) incidente su posizioni giuridiche soggettive originate dal precedente atto, oggetto della nuova determinazione amministrativa di rimozione, è necessario l'avviso dell'avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 L. n. 241/1990, ove non sussistono ragioni di urgenza da esplicitare adeguatamente nella motivazione del provvedimento di autotutela" (TAR Basilicata Potenza Sez. I, sent. 05.03.2009, n. 61; cfr. anche C.d.S., sez. V, sent. n. 2823 del 22.5.2001, C.d.S., sez IV, 14.02.06 n. 564; C.d.S., sez IV, 23.12.2005 n.7382; TAR Lazio, sez. II, 10.09.2008 n. 8227; C.d.S., sez IV, 16.12.2008 n. 6234)”

Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90

Giurisprudenza consolidata

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Art. 10 bis L. 241/90 Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza

Il preavviso di rigetto è un atto endo-procedimentale, destinato solo a coloro che hanno fatto la domanda (non anche ai controinteressati). Tale istituto è riservato ai soli procedimenti iniziati ad istanza di parte. Esso deve indicare le ragioni in base alle quali l’istanza presentata non può essere accolta. L’omissione del preavviso di rigetto rileva sulla legittimità del provvedimento di diniego, in quanto ha impedito al ricorrente di rappresentare alcune circostanze che avrebbero eventualmente potuto sovvertire l’esito del procedimento stesso (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez.II. ord.sosp. n. 1267 del 18 marzo 2009).

Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90

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Il provvedimento definitivo deve riguardare la stessa ragione di diniego indicata nel preavviso di rigetto.

Se, infatti, l’Amministrazione ritiene di dovere rigettare per diverso motivo da quello indicato nel suddetto preavviso, dovrà fare

una nuova comunicazione ex 10 bis.

(crf. TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 20 luglio 2010, n. 425; TAR Campania, Salerno, sez. II, 27 aprile 2011 , n. 763)

In caso contrario, il provvedimento è sanzionabile con l’annullabilità, salvi i casi di cui all’art. 21 octies, comma 2

(cfr. T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 02-04-2013, n. 295).

Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90

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A seguito del preavviso di rigetto, l’interessato può presentare osservazioni e memorie, entro il termine di 10 giorni.

L’Amministrazione deve tenerne conto nella motivazione del provvedimento finale, chiarendo le ragioni in base alle quali dette

osservazioni devono essere disattese (Tar Toscana, Firenze, Sez. II, 30 giugno 2009 n. 1168).

In caso contrario, l’atto deve intendersi annullabile per violazione degli artt. 3 e 10 bis della L. 241/90, fatta salva l’operatività dell’art. 21 octies L.241/90.

Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90

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Il termine dei 10 giorni previsto dalla legge per la presentazione di memorie e documenti, deve considerarsi non perentorio.

L’Amministrazione ha, quindi, l’onere di valutare gli elementi difensivi pervenuti in ritardo, ma anteriormente all’adozione

del provvedimento definitivo

“E’ ragionevole ed opportuno.. che il diritto del privato di attivarsi nel proprio interesse sia circoscritto entro un preciso limite di tempo; altrimenti l’azione amministrativa resterebbe paralizzata a danno dell’intera collettività. Però, se la risposta del privato, pur essendo tardiva, perviene in un momento nel quale ancora la pratica non è stata definita, l’ufficio è comunque tenuto a prenderla in considerazione e non se ne può esimere con l’argomento che essa è tardiva” (TAR Umbria, Perugia, sent. n. 41/2009)

Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90

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Il termine procedimentale ricomincia a decorrere ex novo dal momento in cui il privato presenta le proprie osservazioni ovvero dalla scadenza del termine di 10 giorni per presentarle (quindi dalla notifica) (cfr. Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2548; Tar Toscana, Sez. III, 2 maggio 2012 n.856; Tar Sardegna, Sez. II, 7 marzo 2012 n. 248).

Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90

Il preavviso di rigetto interrompe il decorso del termine procedimentale

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Art. 3 L .241/90 motivazione del provvedimento

”Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell‘Amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria” (comma 1).

Motivazione del provvedimento - Art. 3 L. 241/90

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Nei procedimenti di competenza dello Sportello Unico, la motivazione del provvedimento amministrativo è il risultato della valutazione resa dalla DTL o dalla Questura sugli aspetti di relativa competenza. Il parere, infatti, entra a far parte del corpo del provvedimento di rigetto a firma del dirigente dello Sportello Unico.

Motivazione del provvedimento - Art. 3 L. 241/90

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Criteri di riferimento nella valutazione

della capacità economica da parte della DTL nel procedimento

di rilascio del nulla osta al lavoro

• Art. 30 bis, comma 8 del DPR n. 394/99; • Circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali n.

1/2005, che indica i criteri in base ai quali deve ritenersi sussistente la capacità economica del richiedente il nulla osta per attività di lavoro domestico (“…la capacità economica è da ritenere sussistente ogniqualvolta il richiedente possegga un reddito annuo, al netto dell’imposta, di importo almeno doppio rispetto all’ammontare della retribuzione annuale dovuta al lavoratore da assumere, aumentata dei connessi contributi. Il minimo reddituale così stabilito sarà pertanto l’unico termine di riferimento da utilizzare in luogo delle soglie di reddito (…). Rimane confermato che il reddito minimo richiesto come necessario potrà risultare anche dal cumulo dei redditi dei parenti di primo grado non conviventi o, in mancanza, di altri soggetti tenuti legalmente all’assistenza sulla base di un’autocertificazione dei medesimi”);

• Circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali n. 55/2000, “La capacità economica dell’imprenditore va valutata caso per caso, comunque, dalla DTL in relazione sia al numero dei lavoratori da assumere sia all’esigenza dell’impresa, anche a mezzo di motivata relazione a cura del datore di lavoro richiedente…”

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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• Art. 1 ter, comma 4 L.102/09 (Emersione 2009);

• Art. 3 del Decreto Interministeriale del 29.08.2012 (Emersione 2012)

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

Criteri di riferimento nella valutazione della capacità economica nel procedimento di emersione

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La giurisprudenza afferma che è inidoneo il supporto motivazionale dell’atto emesso dallo Sportello Unico quando:

non viene fatto un chiaro riferimento al presupposto fattuale da verificare (ossia il reddito del datore di lavoro richiedente), alla capacità reddituale

minima necessaria ed alle disposizioni normative di riferimento.

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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Con particolare riguardo, ad esempio, al nulla osta al lavoro alcune pronunce hanno ritenuto che

”il provvedimento di rigetto del nulla osta al lavoro (…) è inficiato dal difetto di motivazione quando il suo contenuto è supportato dal riferimento ad una non meglio precisata insufficienza del reddito (…); a fronte di un reddito documentato l’Amministrazione deve esplicitare quale reddito avrebbe considerato sufficiente e quali parametri ha utilizzato per la valutazione della insufficienza (…) in assenza di indicazioni in tal senso nel provvedimento impugnato, il ricorso in esame è fondato e deve essere pertanto accolto, con conseguente annullamento di tale provvedimento, facendosi espressamente salvi gli ulteriori legittimi e motivati provvedimenti dell‘Amministrazione” (TAR Catania, sez IV, sent. breve, n.1185 del 2009; TAR Sicilia Catania Sez. IV, sent., 18-01-2012, n. 145)

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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“… è …inidonea la motivazione del provvedimento di diniego del n o, limitato al disposto “visto il parere negativo della DPL per incapacità economica ….il generico riferimento a tale unico motivo ostativo all’accoglimento dell’istanza non consente, infatti, di ricostruire l’iter logico – giuridico seguito dalla p.a., in quanto non viene indicata alcuna specifica circostanza di fatto, quale l’importo del reddito definito come “inadeguato” rispetto alla possibilità di assunzione, né la ragione giuridica posta a fondamento del provvedimento di diniego…”; Né…il provvedimento di diniego può ritenersi motivato per relationem al parere della DPL, atteso che il richiamo ad un atto diverso può costituire adeguata e valida motivazione solo a condizione che questo sia espressamente indicato e reso disponibile..in quanto l’atto impugnato non contiene alcuno specifico riferimento che consente di potere individuare l’atto presupposto né riporta, almeno in stralcio, le parti significative né tanto meno detto atto è ad esso allegato” (Tar Lazio n. 02519/2009; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 08-11-2012, n. 4482)

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

E ancora, in riferimento al procedimento relativo al nulla osta al lavoro

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La necessità di dare conto degli elementi (fattuali e normativi) indicati nelle pronunce della giurisprudenza deve riguardare non solo la motivazione della capacità reddituale nel caso di richiesta di nulla osta al lavoro domestico/subordinato, ma anche quella relativa al provvedimento di rigetto emesso nell’ambito del procedimento di emersione (in quest’ultimo caso, la sufficienza o meno del reddito andrà riferita ai parametri reddituali minimi indicati dalla normativa eccezionale).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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Valutazione della capacità

economica del datore di lavoro

titolare di una impresa

che ha fatto domanda

di nulla osta al lavoro

per assumere un lavoratore

straniero per l’attività

ad essa inerente

• “ …occorre guardare non soltanto alle risorse presenti del datore di lavoro, ma anche alle prospettive future di crescita nel settore, legate anche all’apporto che il lavoratore straniero potrà fornire all’impresa. Peraltro, in tale valutazione, rileva non solo il mero risultato netto della gestione economica, ma devono essere presi in considerazione anche altri fattori, come il volume d’affari, le commesse ottenute, la complessiva solidità economica del datore di lavoro ed altri elementi idonei a comprovare l’idoneità dello stesso a sostenere gli oneri della futura assunzione” (TAR Sicilia, Catania, sez. IV, n. 1182 del 2009);

• “Non è idonea la motivazione del diniego quando si limita ad affermare che la documentazione fatta pervenire dal richiedente non si è dimostrata idonea a superare il motivo ostativo in presenza di una memoria in cui il datore di lavoro ha illustrato le esigenze dell’impresa e la congruità della richiesta rispetto alla capacità economica della medesima, riferendo in ordine all’espansione della ditta, sia sul punto del fatturato, sia su quello del numero dei lavoratori dipendenti (…) Pertanto, in presenza di siffatte produzioni documentali, l’Amministrazione deve esaminarle e motivarle sulla loro specifica rilevanza “ (TAR Sicilia, Palermo, sent. breve, n. 865/2009).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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In altra pronuncia è stato precisato che l’Amministrazione deve approfondire la posizione del richiedente, dando conto

in motivazione delle peculiarità del caso e valutando anche il reddito in prospettiva, qualora si tratti di impresa appena avviata

«…Lo Sportello Unico …appare aver giustificato il diniego di nulla osta solo con l'asserita insufficienza del reddito del richiedente, senza tener conto delle caratteristiche della ditta datrice di lavoro, appena avviata, e del conto economico provvisorio presentato dal ricorrente, ….Tali elementi positivi, ….. avrebbero dovuto spingere l'Amministrazione ad approfondire la posizione del richiedente e a motivare specificamente il provvedimento adottato con riferimento alle peculiarità del caso (impresa appena avviata con reddito, in prospettiva, astrattamente sufficiente a sostenere l'assunzione di un lavoratore extracomunitario)» (T.A.R. Piemonte, Torino Sez. II, Sent., 01-08-2012, n. 964)

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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L’Amministrazione deve tenere conto degli elementi sopravvenuti,

ossia di tutte quelle circostanze intervenute nel corso dell’istruttoria

procedimentale, originariamente non

presenti, idonee a condurre ad un favorevole esito

del procedimento

Il fondamento della necessità di valutare tali elementi viene rinvenuto nella disposizione dell’art. 5 comma 5 del D. Lgs. n. 286/98 per cui: “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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La giurisprudenza in materia di nulla osta al lavoro non considera legittima

la cristallizzazione della situazione reddituale al momento della

presentazione della domanda, ritenendo che debbano valutarsi i nuovi cespiti che siano provati dal richiedente e che siano pervenuti

successivamente alla presentazione della domanda, ma prima

dell’adozione dell’atto conclusivo

“..occorre tenere nella giusta considerazione la pretesa sostanziale posta alla base dell’impugnazione e quindi dare rilievo alle sopravvenienze che possano determinare l’accoglimento della pretesa del ricorrente.” (in tal senso, Tar Emilia Romagna, Bologna, n. 163 del 2009; Cons. Stato, sez. VI, 14 febbraio 2006 n 3412; Tar Emilia Romagna, Bologna, sent. breve n. 859/2009).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

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• la capacità reddituale da prendere in considerazione è quella indicata nella normativa di settore (il reddito da valutare è quello imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi al momento della presentazione della domanda); crf. T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 20-01-2012, n. 81; Cons. Stato Sez. III, Sent., 20-09-2012, n. 5028; T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 01-06-2012, n. 630.

• non può farsi applicazione dell’art. 5 comma 5 del D.Lgs. 286/98; la disciplina sull’emersione è una legge di carattere eccezionale e derogatoria rispetto al sistema del “flusso regolamentato” previsto dal testo unico sull’immigrazione, ed in quanto tale va considerata di stretta interpretazione (cfr. Cons. Stato Sez. III, Sent., 29-01-2013, n. 553; Cons. Stato Sez. III, Sent., 07-01-2013, n. 17).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica

Giurisprudenza in materia di emersione dal lavoro irregolare

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1) Ipotesi in cui venga accertata

la presenza di condanne penali

Non è idoneo il supporto motivazionale del provvedimento di rigetto che fa un generico richiamo alla presenza di "condanne ostative al rilascio del n. o. emersione", ovvero consistente nella dicitura "elementi ostativi al rilascio n. o". Tali espressioni vengono ritenute non conformi a quanto previsto dall’art. 3 della L. 241/90 in quanto non consentono, da un lato all'interessato di conoscere i motivi sostanziali del diniego e, dall'altro, al giudice di svolgere il sindacato di legittimità sul provvedimento impugnato (cfr. TAR Lazio Latina Sez. I, Sent., 25-07-2012, n. 598; TAR Lazio Latina Sez. I, Sent., 06-12-2012, n. 942).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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In presenza di un elemento assolutamente ostativo alla regolarizzazione, quale la condanna penale a carico

del lavoratore straniero, occorre indicare

“…il riferimento alla condanna medesima e al quadro normativo di pertinenza “ (TAR Liguria, Sez. II, 11 Aprile 2012, N. 522; TAR Umbria, Sez. I, 1° Febbraio 2011, N.38)

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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Non è stato ritenuto idoneo il rigetto della domanda di emersione motivato con la sola dicitura “Notizia riservata d'ufficio", in quanto, anche in tale caso, il supporto motivazionale non riesce a fornire al destinatario dell’atto gli elementi necessari in base ai quali difendersi ovvero affermare la legittimità della propria pretesa (cfr. T.A.R. Sicilia, Sez. IV, Sent., 18-02-2013, n. 495)

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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Con riferimento alla procedura di emersione ex L. 102/09

Secondo la giurisprudenza, non è corretta la motivazione del provvedimento di rigetto, fondata sull’accertamento di condanne penali a carico del datore di lavoro, in quanto queste non rientrano tra le ipotesi ostative previste dalla relativa disciplina di cui all’art. 1 ter, comma 13 D.Lgs. 286/98. Non è possibile fare una estensione analogica delle norme in tema di rilascio del nulla osta al lavoro disposte nel T.U. sull’immigrazione, che, invece, prevedono tale tipo di accertamento. La procedura di emersione si pone quale normativa di carattere speciale e, pertanto, va intesa in termini di stretta interpretazione (cfr. TAR Emilia, Bologna, sez. I, 06.08.2011, n. 7402, T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 11-09-2012, n. 1854).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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Diversamente, la nuova procedura di emersione dal lavoro irregolare, attualmente in corso, ha previsto espressamente, ai sensi dell’art. 5 comma 3 del D.Lgs. n. 109/2012, la necessità di procedere all’accertamento, della sussistenza o meno di determinate ipotesi ostative a carico non solo del lavoratore, secondo quanto disposto dall’art. 5 comma 13 del D. Lgs. n.109/12, ma anche a carico del datore di lavoro con riguardo a talune fattispecie di reato espressamente indicate. La motivazione (e prima di essa la verifica istruttoria) a fondamento dell’atto di rigetto dovrà, comunque, anche in questo caso, essere strettamente inerente alle ipotesi tassative contemplate dalla specifica legge di settore.

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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L’atto di rigetto non può, in ogni caso, essere fondato sulla sussistenza di una mera denuncia (cfr. TAR Veneto n. 3726/2007;

C. Cost. sent. n.78/2005; TAR Friuli Venezia Giulia n.780/2005).

“In materia di immigrazione è illegittimo il provvedimento di diniego della regolarizzazione dello straniero a motivo di una mera denuncia per reati astrattamente ostativi, quando non vi sia prova che a tale denuncia sia seguito un procedimento penale concluso con sentenza di condanna, sia pur non definitiva, nonché in mancanza di un'esplicita e motivata valutazione in ordine alla pericolosità sociale dell'istante.” (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, 21 aprile 2011, n. 780).

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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Il legislatore ha previsto, espressamente, al comma 5 bis dell’art. 22 del D.Lgs.286/98, introdotto dall’art. 1, comma 1 del D.Lgs. n.109/2012, il preventivo accertamento di eventuali sentenze di condanna, anche non definitive, in capo al datore di lavoro, ai fini del rilascio del nulla osta al lavoro.

La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro

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2) I provvedimenti di rigetto fondati

sulla segnalazione del cittadino straniero

per inammissibilità nell’Area Schengen

È ostativa all’emersione, ma rileva anche ai fini del rilascio del nulla osta al lavoro subordinato, la segnalazione per inammissibilità ai sensi della Convenzione di attuazione dell’Accordo Schengen (CAAS). Tale Convenzione, stipulata il 19 giugno 1990 e resa esecutiva in Italia con L. n.388 del 1993, finalizzata alla creazione di uno spazio comune, attraverso la soppressione graduale dei controlli alle frontiere interne, è stato poi incorporata nel quadro normativo dell’Unione Europea. Elemento centrale di questa normativa è il sistema della segnalazione che ciascun Paese può effettuare per i cittadini extracomunitari attinti da una misura espulsiva o da altri provvedimenti considerati rilevanti per la sicurezza comune. Lo scambio di informazioni avviene attraverso un sistema di comunicazione tra gli Stati membri, denominato SIS (Sistema informativo Schengen).

I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero per inammissibilità nell’Area Schengen.

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Una parte di giurisprudenza ritiene che, al fine di garantire elementi necessari al soggetto interessato per il compiuto esercizio

del diritto di difesa, l’Amministrazione procedente

“deve rendere noti sia la provenienza della segnalazione sia il concreto evento che l’abbia determinata, in modo che l’interessato possa contestare la riferibilità a sé della segnalazione…”. “L’acclarata violazione dei pur ridotti oneri motivazionali gravanti sull’Amministrazione procedente vizia, dunque, il provvedimento…” (TAR Toscana, sent. n.124/2012).

I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero per inammissibilità nell’Area Schengen.

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La giurisprudenza maggioritaria ritiene che non occorre motivare in merito all’evento concreto che ha determinato la segnalazione

“Non sussiste (…)l’obbligo per l’Amministrazione di verificare i presupposti e la natura dell’iscrizione, quando vi è certezza dell’identità del soggetto. Il riferimento normativo riportato nel provvedimento deve essere considerato una ragione sufficiente a supportare il diniego.. mentre la necessità di indicare i motivi che hanno originato il parere negativo delle autorità di sicurezza deve essere esclusa, attesa l’impossibilità, in generale, di accedere ai dati presenti nel suddetto sistema. Il ricorrente, peraltro, non ha dimostrato l’esistenza di errori e/o omonimie, atti a comprovare l’insussistenza del presupposto di fatto posto a fondamento del provvedimento impugnato, il cui contenuto, sostanzialmente vincolato, giustifica l’omessa comunicazione del preavviso ex art. 10 bis l.241/90” (TAR Lazio, Roma, sez. I quater n. 9118/08; Cons. St., sez. VI, sent. n. 4894/2009).

I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero per inammissibilità nell’Area Schengen.

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Il Consiglio di Stato (Cons. St., sez. I, parere 7462/2012 del 17.10.2012) in sede di parere reso nell’ambito dei ricorsi

straordinari al Presidente della Repubblica ha affermato:

“Secondo la decisione del Cons. St., sez. VI, 19-06-2009, n. 4103, che il collegio condivide, in sede di definizione dell’istanza di emersione di lavoro irregolare, la segnalazione fatta pervenire ai sensi dell’Accordo di Schengen da parte del Paese inseritore, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, vincola l’amministrazione all’adozione di un provvedimento di reiezione della istanza di regolarizzazione in forza di specifica disposizione di legge; si tratta di un atto vincolato che presuppone soltanto una verifica della esistenza della segnalazione, della riferibilità della stessa allo straniero della cui regolarizzazione si tratti e della sua attuale (al momento della adozione del provvedimento) validità ed efficacia “.( crf. Cons. Stato Sez. III, Sent., 25-09-2012, n. 5092)

I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero per inammissibilità nell’Area Schengen.

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Pronunce della giurisprudenza

in ordine ai provvedimenti di rigetto fondati su un rapporto di lavoro fittizio

tra datore di lavoro e lavoratore (Emersione

lavoro irregolare - L. n.102/09)

“Il legislatore ha richiesto, tra i requisiti necessari per la legalizzazione di rapporti di lavoro irregolari, quello della sussistenza di un rapporto già effettivamente esistente e stabile al momento della sanatoria; tale normativa può pertanto trovare corretta applicazione soltanto nei casi in cui l'attività lavorativa in parola, risulti idonea ad offrire un sufficiente affidamento per l'esistenza di un serio impegno lavorativo e l'effettiva prosecuzione e la possibile successiva stabilizzazione del rapporto, apparendo invece estranea alle finalità delle norme in questione quella di assecondare iniziative concernenti situazioni le quali, per la scarsa durata del rapporto e per la conseguente precarietà che le caratterizza, possono rappresentare la dissimulazione di un rapporto fittizio o sorto unicamente per la finalità della legalizzazione” (C.S. Sez. VI 22.2.2010 n. 1007). “La dichiarazione dell'intervenuta prestazione di attività lavorativa effettuata dal datore di lavoro … non costituisce piena prova dell'effettivo svolgimento dell'attività svolta e della sua pertinenza alla tipologia di lavoro sanabile, essendo questi elementi soggetti alle verifiche da parte dell'autorità competente” (TAR Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 07-02-2013, n. 1373)

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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La domanda di emersione presentata dal datore di lavoro reca dati autocertificati, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445 del 2000, onde è legittima l’attività dell'Amministrazione espletata in conformità all’art. 71, co. 1, del D.P.R. n. 445 del 2000, laddove prescrive che

“le Amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47” (in tal senso, cfr. TAR Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 16-04-2013, n. 1101)

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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In termini generali, può dirsi che “per appurare la insussistenza del presupposto della prestazione lavorativa (…) la pubblica autorità potrebbe basarsi anche soltanto su una serie di elementi concorrenti e convergenti che.. siano stati accettabilmente verificati e costituiscano il risultato attendibile ed adeguatamente motivato di una congrua attività istruttoria” (cfr. TAR Veneto, Venezia, sent. 16/2008). ….“non vi è necessità che la falsità o inattendibilità della dichiarazione di emersione del datore di lavoro venga accertata con sentenza. Tale conclusione può essere il frutto di una valutazione in via amministrativa, purché adeguatamente motivata e supportata da riscontri oggettivi” (TAR Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 10-12-2012, n. 1912, TAR Lombardia, Brescia, sentenza n. 1023/12).

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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Da quanto detto, emerge che l’Amministrazione “…è onerata non solo a svolgere adeguati accertamenti al riguardo, ma anche di dare adeguata contezza nella parte motiva del provvedimento delle ragioni che sorreggono una siffatta decisione nel rispetto di quanto previsto al riguardo dall‘art. 3 della Legge n. 241 del 1990 e s.m.i. ("la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria") e non possa, quindi, fondare il diniego su mere supposizioni, prive di adeguati elementi di riscontro (TAR Piemonte Torino Sez. II, Sent., 20-05-2011, n. 527). “Se è vero che la procedura di emersione deve essere astretta a rigoroso accertamento volto a evitare l'utilizzo fraudolento della sanatoria, è anche vero che l‘Amministrazione deve con altrettanto rigore escludere la sussistenza del rapporto di lavoro utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione ed esplicitando compiutamente le verifiche effettuate…” (TAR Veneto, Venezia Sez. III, Sent., 09-04-2013, n. 527)

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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Deve, pertanto, non ritenersi corretta, alla stregua di quanto già sopra precisato, che:

“l'unica motivazione del provvedimento impugnato si appunti sulla circostanza che il rapporto di lavoro possa essere fittizio, (…) si tratta in tutta evidenza di considerazione che non può ritenersi, di per sé sola, sufficiente a giustificare un provvedimento così gravemente pregiudizievole sia per il cittadino straniero che per il suo datore di lavoro. L'Autorità di polizia avrebbe dovuto aggiungere (e produrre in giudizio) elementi istruttori, ovvero fatti presuntivi ragionevoli, dai quali si potesse desumere in modo obiettivo l'effettiva sussistenza di tale circostanza che, solo in tal caso, avrebbe assunto valenza dirimente. In mancanza di ciò, il ricorso deve ritenersi fondato, sotto i dedotti profili di difetto di istruttoria e di motivazione, e va pertanto accolto, col conseguente annullamento del provvedimento impugnato, salvi gli eventuali, ulteriori, provvedimenti di competenza dell'Autorità amministrativa.”( TAR Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 27-03-2013, n. 875)

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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Anche con riferimento all’accertata fittizietà del rapporto di lavoro, dalle pronunce giurisprudenziali è dato desumere che sia corretta la preventiva contestazione delle circostanze poste a fondamento del diniego mediante comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10 bis della L. 241/90 (cfr. TAR Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 26-07-2012, n. 1659).

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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Se a seguito del preavviso di rigetto il destinatario della relativa comunicazione produce memorie o documenti, “in cui si rappresentano gli elementi per i quali il rapporto di lavoro deve ritenersi effettivo”, tali circostanze devono essere adeguatamente ponderate dall'Amministrazione intimata e vanno esplicitate le ragioni per le quali si sia ritenuto di disattendere le argomentazioni, di cui alla memoria, prodotta ai sensi dell‘Art. 10 bis della L. n. 241 del 1990, volte a rappresentare l'effettività del rapporto di lavoro (TAR Marche Ancona Sez. I, Sent., 21-03-2013, n. 223).

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.

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L’art. 1 ter, comma 13 lett. c) della l. 102/09 prevede il diniego delle domande di emersione, per le quali è stata accertata,

a carico del lavoratore, la sussistenza di ipotesi di reato rientranti nell’art. 381 c.p.p.

La Corte Costituzionale con la pronuncia n.172/2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 ter, comma 13, lettera c) della L.102/09 (emersione 2009) per violazione dell’art. 3 della Costituzione “nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell’istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati per i quali l’art. 381 c.p.p. permette l’arresto facoltativo in flagranza, senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato”.

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .

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Recente giurisprudenza, prendendo atto della suddetta pronuncia, ha decretato l’annullamento degli atti di rigetto fondati su tale motivo di diniego, ritenendo “…il provvedimento impugnato (…) carente nella motivazione, essendo stato adottato in via automatica tenendo conto della sola condanna penale e senza svolgere alcuna valutazione sulla pericolosità sociale del cittadino straniero” ed invitando l’Amministrazione ad una nuova riconsiderazione dei presupposti ostativi rientranti nella previsione dell’art. 381 c.p.p.alla luce di una valutazione della suddetta pericolosità. (cfr. TAR Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 03-09-2012, n. 7505; TAR Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 05-12-2012, n. 10164, TAR Campania Napoli Sez. VI, Sent., 07-03-2013, n. 1328).

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .

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questione interpretativa

se in ragione della pronuncia in argomento l’Amministrazione sia tenuta o meno a rivalutare d’ufficio o su istanza di parte, in via di autotutela, i provvedimenti di rigetto fondati su condanne rientranti nell’art. 381 cpp, effettuando una valutazione in merito alla pericolosità sociale non compiuta in precedenza.

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .

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Lo Sportello Unico è opportuno che provveda, in via d’ufficio, ad una rivalutazione, nei termini indicati dalla Corte Costituzionale, di quelle fattispecie non ancora definite, ossia: • quelle in cui non sia stato ancora notificato

il decreto di rigetto della domanda di emersione ai richiedenti (datore di lavoro e lavoratore);

• quelle in cui sia pendente il ricorso giurisdizionale o straordinario;

• quelle per le quali non sia decorso ancora il termine utile per la proposizione del ricorso, ossia debba ancora spirare il termine ultimo di 120 giorni dalla notifica.

Quanto sopra risulta conforme a quella consolidata giurisprudenza per la quale, a fronte di pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale, deve ritenersi inficiata, fin dall’origine, la validità e l’efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, “salvo il limite delle situazioni giuridiche consolidate per effetto di eventi che l’ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l’atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza” (Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997 n. 7057);

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .

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Rispetto all’esercizio dell’autotutela, secondo consolidata giurisprudenza

“…non vi è alcun obbligo di procedere all’annullamento d’ufficio del provvedimento. Il potere di autotutela è infatti previsto nel nostro ordinamento non a tutela dell’interesse del privato, ma unicamente a presidio del pubblico interesse e l’Amministrazione qualora riscontri l’illegittimità del proprio atto, può procedere all’annullamento del medesimo solo quando vi siano motivi di interesse pubblico in tal senso. L’atto di autotutela è discrezionale e non doveroso anche a fronte di pronuncia di illegittimità costituzionale (…) o di illegittimità comunitaria dell’atto ( v. pure Cons. Stato, sez. VI, n 918 del 1998; Cons st., sez VI n 1414 del 2008; Cons stato, sez. VI, n. 1023 del 2006, Corte di giustizia 13.1.2004, C-453/00, Kune; Corte di giustizia, 12.2.2008, C-2/06, Kempter).

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .

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La richiesta di riesame presentata all’Amministrazione non legittima, in caso di mancato riscontro, l’esperibilità dell’azione avverso il silenzio

”non sussiste alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall’esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto (oggi dall’art. 117 c. p. a.). Il potere di autotutela si esercita discrezionalmente d’ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere” (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5199; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5199; Cons. St., sez. I, parere n. 7337/2012, adunanza del 06.03.2013).

La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .

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IL CONTENZIOSO NEI PROCEDIMENTI

DEGLI SPORTELLI UNICI PARTE III - Archiviazione della domanda

di emersione per mancata

presentazione delle parti

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Art. 1 ter, comma 7, L. 102/09 e art. 5, comma 9, D. Lgs. 109/12

(Emersione lavoro irregolare)

La Prefettura, acquisiti i pareri favorevoli della Questura e della DPL, convoca le parti (datore di lavoro e lavoratore) per la produzione della documentazione richiesta e, ove questa risulti conforme alle indicazioni legislative, le parti potranno sottoscrivere il contratto di soggiorno ed al lavoratore sarà consegnato il kit da spedire ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro. “La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l’archiviazione del procedimento”.

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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• se l’archiviazione consegue alla mancata presentazione di tutte e due le parti, senza giustificato motivo, ovvero se siano legittimi i provvedimenti di archiviazione emessi dallo Sportello a seguito della mancata presentazione del solo datore di lavoro;

• se il lavoratore abbia diritto alla definizione favorevole dell’istanza di emersione pur a fronte del disinteresse del datore di lavoro, e possa, quindi, ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Nei ricorsi avverso i provvedimenti di archiviazione per mancata presentazione, la giurisprudenza

è stata chiamata a valutare:

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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Sulla legittimità o meno dei provvedimenti di archiviazione emessi dagli Sportelli Unici in ipotesi di mancata presentazione, senza giustificato motivo, del solo

datore di lavoro alla convocazione in Prefettura.

Diversi orientamenti in giurisprudenza

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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Primo orientamento

Riconosce una posizione giuridica autonoma al lavoratore straniero, suscettibile di tutela ed idonea a consentirgli il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione pur se il datore di lavoro istante non ha più inteso portare a compimento l’iter procedurale dell’emersione e non si sia presentato alla convocazione in Prefettura

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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TAR Lombardia, Milano n.528 del 13.10.2010

"Quando tutti gli elementi richiesti dalla L. n. 102 del 2009 sono presenti, la sanatoria non può essere lasciata alla discrezione del datore di lavoro che potrebbe non aver più interesse a perfezionare il contratto di soggiorno poiché tra la data di presentazione della domanda e quella di convocazione in Prefettura potrebbe essere successo qualcosa che rende inutile o comunque non più proficuo il rapporto di lavoro; in un caso del genere la procedura di regolarizzazione deve andare in porto dovendosi intendere l'archiviazione come un provvedimento che attesta il difetto di interesse di entrambe le parti; diversamente, si darà atto del perfezionarsi della procedura di regolarizzazione e del tempo di durata del contratto di lavoro ed al lavoratore extracomunitario verrà concesso un permesso per attesa occupazione ex art. 22,comma 11, T.U. Imm”.

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In linea con questa impostazione, si annoverano le seguenti pronunce: T.A.R. Lombardia, Brescia, Sezione I, Sentenza 29.02.2012, n. 329

“… l'art. 1-ter del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (introdotto con la legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102) si caratterizza per la peculiarità di prevedere in una prima fase, quella dell'autodenuncia, l'iniziativa del solo datore di lavoro (il quale presenta l'istanza di cui al 3 comma), mentre nella fase terminale, effettuata positivamente la verifica riguardo alla sussistenza dei requisiti, con l'invito delle parti presentarsi allo SUI per la sottoscrizione del contratto di soggiorno (cfr. c. 7) prende in considerazione entrambe le parti (quindi anche il lavoratore), tanto è vero che il settimo comma espressamente prevede che "La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento". Da ciò discende che la sola mancata presentazione del datore di lavoro alla convocazione non può costituire ex sé valida ragione per disporre l'archiviazione della procedura. Invero, laddove il datore di lavoro (senza disconoscere la paternità della dichiarazione) ometta senza motivo di presentarsi alla convocazione per la sottoscrizione, lo SUI deve provvedere a informare dell'accaduto il lavoratore per accertare che cosa è realmente accaduto e verificare se anche il solo lavoratore sia in grado di fornire gli elementi di prova richiesti e così ottenere la regolarizzazione…” Conclusivamente, l'atto di archiviazione qui impugnato deve essere annullato, fermo restando il potere dell'Amministrazione, all'esito del giudizio, di riesaminare la posizione dei richiedenti ed emettere un ulteriore diverso provvedimento (alla luce degli elementi di cui in possesso: in specie la mancanza del requisito del reddito in capo al datore di lavoro)

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VI, Sentenza 09.01.2013, n. 196

“Ed, infatti, ritiene il Collegio che alla fattispecie in esame debba farsi applicazione dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui è illegittimo il provvedimento con cui lo Sportello Unico per l'Immigrazione della Prefettura rigetta l'istanza di emersione dal lavoro irregolare ex art. 1 ter, L. n. 102 del 2009, motivato con la mancata presentazione delle parti, atteso che, in tali casi, " anche qualora il datore di lavoro non intenda più impiegare il lavoratore, questi può essere regolarizzato per il periodo di impiego e ha titolo per chiedere un permesso di soggiorno per attesa occupazione" (così T.A.R Puglia Lecce, sez. II, 22 ottobre 2012, n. 1700, T.A.R. Veneto, sez. III, 25 gennaio 2012, n. 72 e T.A.R. Liguria, sez. II, 15 febbraio 2012, n. 284); Il provvedimento, per tale ragione con assorbimento delle altre censure proposte, va dunque annullato, salva l'adozione di quelli ulteriori.”

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T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione II, Sent. 22.10.2012, n. 1700 ( cfr. anche T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione II, Sent. 27.02.2013, n. 427)

“…Nel merito, le principali censure formulate dal ricorrente sono fondate, atteso che (come, peraltro, già segnalato dalla Sezione nella fase cautelare del processo), nel caso in esame, il mancato perfezionamento della procedura di regolarizzazione con la prevista stipula del contratto di soggiorno è dovuto a motivi dipendenti unicamente dal datore di lavoro e che la mancata presentazione delle parti all'appuntamento fissato è dipesa dalla non conoscenza della convocazione, in quanto pervenuta ad un indirizzo sconosciuto (rectius: "destinatario trasferito e irreperibile"), sicché l'Autorità di Polizia avrebbe dovuto valutare l'effettiva non conoscenza della convocazione (da parte del lavoratore) quale giustificato motivo atto ad evitare l'adozione dell'impugnato provvedimento di archiviazione, tanto più se si consideri (vedi parere favorevole espresso il 12 Giugno 2010 dalla Questura) l'insussistenza di ulteriori situazioni preclusive all'ingresso dell'extracomunitario ricorrente nel territorio nazionale. Infatti, l'art. 1-ter, comma settimo, della L. 3 agosto 2009, n. 102….sebbene faccia discendere dalla mancata presentazione delle parti l'archiviazione della pratica, demanda comunque all'Amministrazione, a convocazione avvenuta, di valutare la sussistenza o meno di un giustificato motivo alla mancata presentazione non solo del datore di lavoro, ma anche del lavoratore, posto che ad entrambi va rivolta la convocazione”

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In tale senso, anche le pronunce del T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, Sent. 14.02.2013, n. 215 ; T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, Sent. 14.02.2013, n. 218

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Secondo orientamento

Il TAR Lombardia, Milano (Sentenza n. 817 del 28 marzo 2011), rivede il proprio originario orientamento del 2010 e se ne discosta, ritenendo che “il procedimento di emersione di cui all'art. 1-ter sopra citato è rimesso all'iniziativa esclusiva del datore di lavoro, per cui l'inerzia di quest'ultimo nel corso del procedimento, per tacere della sua eventuale esplicita volontà di non dare più corso al procedimento stesso, implica necessariamente l'impossibilità per l'Amministrazione di concludere la procedura mediante l'adozione del provvedimento finale di emersione del cittadino straniero. Quanto sopra visto anche il carattere eccezionale della procedura di emersione, sicchè le norme che la contemplano non possono trovare applicazione oltre ai casi ed ai tempi in esse considerati". (cfr. anche Cons. Stato, Sez. III, Sent., 08-10-2012, n. 5215)

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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Nell’ambito di questo secondo orientamento si inseriscono anche recenti sentenze del TAR Lazio: • T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, Sentenza 4 gennaio 2012, n. 99; • T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, Sentenza 18 dicembre 2012; Nei pareri resi nell’ambito dei ricorsi straordinari, il Consiglio di Stato afferma che: “…il procedimento di emersione ex art. 1 ter della legge n. 102/2009 è rimesso all’esclusiva iniziativa del datore di lavoro, sicché, ove il predetto datore dimostri il suo disinteresse per il buon esito di tale procedimento – non potendo egli essere obbligato a stipulare un contratto di lavoro – la PA viene a trovarsi nell’impossibilità di concluderlo con un provvedimento finale favorevole all’emersione del lavoratore straniero. Ciò in quanto il comma 2 del citato art. 1 ter condiziona l’avvio del procedimento di emersione all’impulso del solo datore di lavoro, con l’esclusione di ogni potere in tal senso in capo allo straniero lavoratore irregolare. Questo è il motivo per il quale lo Sportello unico intrattiene rapporti, sia per la richiesta di integrazioni documentali, sia per ogni altro tipo di comunicazione solo con il datore di lavoro, tant’è che la sua rinuncia all’istanza di emersione comporta l’archiviazione della pratica (Cons. St., sez.I, parere n.5995/2012, adunanza del 17.10.2012; Cons. St., sez I, parere n. 7884/2012, adunanza del 06.03.2013)”.

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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Una ricostruzione dettagliata sulla ratio della normativa dell’emersione e sul relativo iter procedimentale è stata, poi, posta a fondamento

di questo secondo orientamento nella pronuncia del TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. n. 1373/2013, di cui si riportano i tratti salienti:

“La questione sottoposta all'esame del Collegio concerne la legittimità del provvedimento di archiviazione della pratica di emersione presentata ai sensi all'art. 1 ter del D.L. n. 78 del 2009 convertito dalla L. n. 102 del 2009 per mancata comparizione del solo datore di lavoro, nonché la possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno (per lavoro subordinato, per attesa occupazione) a favore del lavoratore interessato anche in caso di mancata positiva conclusione della procedura di emersione.

……in tale prospettiva va rilevato che la disciplina dell'istituto dell'emersione del lavoro irregolare (segue….)

Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti

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… introduce una deroga al predetto sistema della pianificazione dei flussi in entrata al fine di rendere immuni i cittadini italiani che abbiano occupato dei lavoratori stranieri in violazione delle leggi sull'immigrazione dalle conseguenze penali ed amministrative di tali trasgressioni in considerazione della particolare rilevanza sociale dei bisogni - assistenza a persone non autosufficienti e collaborazione domestica - che tale attività ha permesso di soddisfare…

…Tanto premesso in merito alla finalità ed alla natura giuridica dell'istituto, si passa ad esaminare la disciplina del relativo procedimento per comprendere se sia possibile configurare una posizione del lavoratore …

….Orbene, al riguardo va in primo luogo rilevato che la legge configura il rilascio del suddetto titolo abilitativo come la risultante della positiva conclusione di due procedimenti, quello propriamente di emersione - che si svolge presso lo Sportello Unico dell'Immigrazione (SUI) - e quello volto al rilascio del permesso di soggiorno, attributo alla competenza della Questura.

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La sussistenza del rapporto di lavoro irregolare costituisce il presupposto di fatto del procedimento…La sola presentazione della dichiarazione da parte del datore di lavoro attestante l'esistenza della circostanza di fatto sopra indicata - e cioè che l'interessato abbia effettivamente prestato attività lavorativa nel settore in questione per il periodo di tempo prescritto - non costituisce di per sé sola titolo valido per la conclusione della procedura di emersione e per il rilascio del permesso di soggiorno… La dichiarazione di volontà del datore di lavoro, contenuta nell'istanza di emersione del datore di lavoro, va innanzitutto confermata dall'interessato in sede di convocazione presso lo Sportello Unico, in modo da consentire all'ufficio di verificare l'effettiva identità del dichiarante (costituisce fatto notorio la presentazione di numerose pratiche di emersione presentate all'insaputa degli interessati grazie a "furto di identità").

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La disciplina della procedura di emersione non ha un'impostazione "oggettiva", cioè non dà rilievo al mero dato materiale dello svolgimento dell'attività lavorativa di fatto, ma, al contrario, si fonda su un'impostazione "soggettiva", …. …..È evidente che la "sanatoria" andrà a beneficiare indirettamente e di riflesso anche il lavoratore straniero - il quale altrimenti resterebbe responsabile per la trasgressione della normativa in materia di immigrazione e non potrebbe continuare a permanere nel Paese - ma la situazione soggettiva di quest'ultimo è configurata dal legislatore come posizione derivata rispetto a quella azionata dal datore di lavoro, non essendo la dichiarazione di volontà del lavoratore da questi prevista come sufficiente ed autonoma né per l'avvio né per la conclusione della procedura di emersione….

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Dal punto di vista amministrativo, l'istanza di emersione, quale mera manifestazione della volontà del datore di lavoro di far emergere e quindi regolarizzare il rapporto di lavoro con il domestico ovvero badante, determina solo l'avvio del procedimento di emersione, ma non modifica, nelle more della sua conclusione… la situazione soggettiva del datore di lavoro e del lavoratore interessati, … l'unico effetto giuridico della sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi sopra ricordati.

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In pendenza della procedura di emersione, come si è detto, la mera presentazione dell'istanza di emersione non vale di per sé ad eliminare la situazione di antigiuridicità di cui si chiede la sanatoria, non attribuisce al lavoratore in attesa di essere "regolarizzato" la titolarità del procedimento e la legittimazione a concluderlo autonomamente. Tantomeno comporta l'attribuzione al lavoratore interessato di un vero e proprio "diritto" ad ottenere il permesso di soggiorno. La posizione del lavoratore, in pendenza della procedura di emersione, si configura, piuttosto, una posizione di mera aspettativa al rilascio di un favorevole provvedimento che consentirà di sanare la propria posizione e quindi acquisire la legittimazione a richiedere il permesso di soggiorno. Si tratta di una posizione di aspettativa giuridicamente tutelata anche nei confronti di tardivi ripensamenti del datore di lavoro …. L'arbitrario ripensamento del datore di lavoro infatti non è solo fonte di responsabilità penale……ma anche responsabilità civile (oltre che morale) del datore di lavoro (oltre che di eventuali altri crimini nel caso in cui sia stata presentata domanda di sanatoria di lavoro falso in cambio di denaro).

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In conclusione, la presentazione di entrambe le parti dinanzi al competente SUI costituisce elemento essenziale per la definizione del procedimento, ed è finalizzata a verificare l'effettiva identità degli interessati, a far assolvere ai medesimi i relativi oneri di documentazione, non surrogabili da altri, a rappresentare con la solennità formale le conseguenze della falsità delle dichiarazioni rese. La stipulazione del contratto di soggiorno, sempre presso il SUI, costituisce un elemento fondamentale del procedimento di emersione, configurandosi come atto negoziale con cui viene concluso "a posteriori" il rapporto di lavoro domestico o di badante irregolare che è stato fatto emergere al fine di conseguire l'effetto giuridico di sanatoria previsto dalla legge.

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….In conclusione la mancata presentazione del datore di lavoro preclude la conclusione del procedimento di emersione, risultando a tal fine inconferente invocare lo strumento coercitivo di cui all'art. 2932 c.c., tanto più che non si tratta di un rapporto bilaterale in cui una parte si è impegnata nei confronti di un'altra a concludere nel futuro un contratto che poi si rifiuti di sottoscrivere, ma si tratta dell'ipotesi ben diversa di un soggetto che decida di avvalersi del beneficio dell'immunità penale - e quindi operante nel campo della libera disponibilità dei propri diritti ma nel diverso campo delle responsabili penali - autodenunciandosi e sottoscrivendo un contratto che non comporta l'instaurazione di un nuovo rapporto giuridico tra le parti, ma soltanto la sanatoria del pregresso….

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Si passa ora ad esaminare la questione della possibilità di rilascio del permesso per attesa occupazione nel caso di archiviazione della procedura di emersione. L'art. 1 ter del D.L. n. 78 del 2009 convertito dalla L. n. 102 del 2009 configura il rilascio configura il rilascio del suddetto titolo abilitativo come la risultante della positiva conclusione di due procedimenti, quello propriamente di emersione - che si svolge presso lo Sportello Unico dell'Immigrazione - e quello volto al rilascio del permesso di soggiorno, attributo alla competenza della Questura. La positiva conclusione della procedura di emersione costituisce il presupposto per l'avvio del procedimento volto al rilascio del permesso di soggiorno.… …..Dato che il rapporto tra i due procedimenti in parola si configura in termini di presupposizione/conseguenzialità, ne consegue che, mancando la positiva conclusione del procedimento di emersione, non può essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro - o in attesa di occupazione nel caso di motivata cessazione del rapporto - quand'anche debba ritenersi provata l'esistenza del rapporto di lavoro nel periodo di legge, dal momento che è ineludibile condizione della regolarizzazione la stipula del contratto di soggiorno, sia pure, come detto sopra, per il periodo pregresso in cui il rapporto ha avuto luogo.….

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