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“[Oggi] il vero ruolo dell’allergologia ...è quello, molto più impegnativo, di ricercare le possibili cause delle allergie, comprese le fonti industriali e ambientali; di capire i meccanismi delle infiammazioni, non solo allergiche…; di studiare le complesse relazioni fra allergia, sistema immunitario e sistema psichico; e infine di elaborare approcci diversificati alle terapie antiallergiche.” Alain L. De Weck, “Does Allergology Still Have a Future?” ACI News, 1992 (editoriale) IL TEST DRIA LA SUA RILEVANZA CLINICA E LE SUE PROSPETTIVE NEL QUADRO DI UN’ALLERGOLOGIA CHE CAMBIA DRIATEC

IL TEST DRIA - driatec.it · macroscopico esiste sicuramente una sommatoria di fattori, legata ai profondi cambiamenti subìti in questi ultimi decenni dall’industria alimentare

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“[Oggi] il vero ruolo dell’allergologia

...è quello, molto più impegnativo, di ricercare

le possibili cause delle allergie, comprese

le fonti industriali e ambientali; di capire i meccanismi

delle infiammazioni, non solo allergiche…;

di studiare le complesse relazioni fra allergia,

sistema immunitario e sistema psichico; e infine di elaborare

approcci diversificati alle terapie antiallergiche.”

Alain L. De Weck, “Does Allergology Still Have a Future?”ACI News, 1992 (editoriale)

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DRIATEC

INDICE

1) PERCHE’ CAMBIA L’ALLERGOLOGIA - pag. 1

- Che cos’è un’allergia- L’altro 30%: le intolleranze- I test di individuazione- Il test DRIA

2) IL TESTER DINAMOMETRICO DRIATON - pag. 6

- Gli elementi del tester- Come si svolge il test

3) COME FUNZIONA IL TEST DRIA - pag. 8

- Il test DRIA: i pro e i contro

4) CONOSCERE LE INTOLLERANZE ALIMENTARI - pag. 10

- Che cos’è un’intolleranza alimentare- Il sistema immunitario intestinale (GALT)- Le condizioni che possono scatenare un’intolleranza- Le possibili concause

5) LA DIAGNOSI DI INTOLLERANZA ALIMENTARE - pag. 12

- I sintomi particolarmente sospetti- L’ispezione clinica- Gli indicatori bioumorali- L’anamnesi alimentare

6) LE MANIFESTAZIONI PATOLOGICHE DELLE INTOLLERANZE - pag. 14

- Le patologie legate ai vari livelli di incidenza dell’intolleranza- Le intolleranze alimentari nelle persone sane.

7) LA TERAPIA DELLE INTOLLERANZE ALIMENTARI - pag. 16

- Le terapie dietetiche- I prodotti ad azione generale

8) LA TERAPIA IPOSENSIBILIZZANTE - pag. 18

• CONCLUSIONI• BIBLIOGRAFIA• INDIRIZZI UTILI

Il contenuto di questa comunicazione è riservato ai medici.

1) PERCHE’ CAMBIAL’ALLERGOLOGIA

Oggi il 10% della popolazione mondialesoffre di allergie; nel mondoindustrializzato la proporzione sale al30-40%. E’ un dato molto più elevatorispetto agli ultimi decenni (2), e presen-ta alcune interessanti anomalie. Moltedelle patologie allergiche attuali nonrispondono alla definizione classica diallergia (3); reagiscono in modo confuso(o non reagiscono affatto) ai testtradizionali; e si manifestano in modobizzarro, con sintomi capricciosi,ben diversi dal disciplinato modellocontatto allergenico-rispostaimmediata-sintomo acuto.

Resta la domanda di base: il 30% dellapopolazione (solo in Italia significaquasi 20 milioni di persone) ha biso-gno d’aiuto, e l’allergologia classicapuò fare poco per darglielo. I sintomi,spesso non sovrapponibili a quelli pura-mente allergici, vengono attribuiti adaltre cause; se il problema è ricondottoa un’allergia, i test non rivelano mecca-nismi IgE mediati e la diagnosi più fre-quente è “Lei non ha nulla”, accompa-gnata non di rado dal consiglio di rivol-gersi a uno psicologo o a un neurologo.

Ma cosa sono, dunque, queste patolo-gie che uno studioso come Kaplan (4)ha definito “allergie non-allergiche”?E perché la situazione è esplosa fino aquesto punto sul piano quantitativo?

Il primo dato interessante è che sulpiano statistico è cresciuta poco, o pernulla, l’incidenza (0,5-1% della popola-zione) delle allergie alimentari tradizio-nali, IgE mediate. Al tempo stesso sonocresciute incontrollabilmente le patolo-gie allergiche o pseudo-allergiche legate

all’alimentazione. Perché, e perché pro-prio adesso? Mentre l’insorgenza di unasensibilità alimentare anomala in un par-ticolare soggetto è legata a eventi speci-fici (e li vedremo in seguito), a livellomacroscopico esiste sicuramente unasommatoria di fattori, legata ai profondicambiamenti subìti in questi ultimidecenni dall’industria alimentare e sani-taria.

• L’allattamento artificiale precoce,diffuso a livello di massa a partiredal secondo dopoguerra, ha alteratole reazioni immunitarie di base ingran parte della popolazione cheoggi è adulta (5). Non è un casoche l’ipersensibilità alimentare piùdiffusa in Occidente (*) sia quella allatte.

• A livello epidemiologico è dimostratoun rapporto inverso fra malattieinfettive e sindromi allergiche, comese il sistema immunitario avessebisogno di “farsi le ossa” per funzio-nare a dovere. La crescita dellepatologie allergiche può quindilegarsi alla pratica delle vaccinazio-ni di massa, che porta un vantaggioda una parte creando un rischio, inparallelo, da un’altra.

• Le moderne tecniche di alleva-mento del bestiame utilizzanospesso condizioni ambientali innatu-rali, mangimi non tradizionali (comeil celebre mangime della “muccapazza”, a base di carcasse di pecoramacinate) e un uso liberale disostanze chimiche legali o illegali,fra cui ormoni e antibiotici, per pre-venire le malattie (ovviamente fre-quenti in condizioni del genere) eper facilitare un rapido ingrassamen-to del bestiame.

• La coltivazione dei vegetali è sem-pre più costretta a subire le regoledel mercato internazionale: coltiva-

(*) In Oriente le ipersensibilità più comuni sono quelle al riso e alla soia.

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zione di poche varietà “ottimali”,quindi riduzione della ricca varietà dispecie esistente in natura; fertilizza-zione mirata, cioè impoverita dinumerosi elementi nutrizionaliimportanti; trattanti e insetticidi indosi massicce, fino ai 45, 60, 70 pro-dotti su una singola mela; e adessol’introduzione, più o meno visibilee/o strisciante, degli OrganismiGeneticamente Modificati, che alte-rano ulteriormente le caratteristichedegli alimenti in commercio.

• La globalizzazione produttivae la grande distribuzione operanoun’ulteriore selezione e impoveri-mento dei nutrienti immessi sul mer-cato. Le grandi catene di fast food sivantano di servire esattamente lostesso hambuger a Mosca, aBarcellona, a Gorgozola o a NewYork. Lo stesso è vero per i grandiproduttori di pasta, margarina, con-serve. L’obiettivo è la standardizza-zione sempre più completa dei com-ponenti e dei sapori. In pratica man-giamo sempre più spesso unnumero sempre più ristretto di ali-menti, che è la condizione più favo-revole all’insorgere di ipersensibilità.

• Infine c’è l’inquinamento ambienta-le, che aumenta marcatamente lasensibilità generale dell’organismoe moltiplica i fattori che determinanola produzione dei radicali liberi, contri-buendo a creare una base “infiamma-ta” a carico del sistema immunitario.

Tutti questi elementi hanno un legamepreciso – in alcuni casi dimostrato scien-tificamente, in altri altamente verosimile– con l’insorgenza delle sindromi allergi-che. E’ comunque incontrovertibile lacoincidenza temporale, fra la diffusionedei fattori che abbiamo indicato e la cre-scita esponenziale del problema clinico.E questo ci riporta alla domanda iniziale:di che cosa si tratta, esattamente?

CHE COS’È UN’ALLERGIA

Secondo alcuni studiosi è limitativo con-siderare l’allergia come una patologia.Il potenziale di risposta allergica è insitonell’organismo e ha un importante ruolodi difesa dal non-self visto come nemi-co. Esiste però un problema di regola-zione, come col gas delle nostre case.Se tubi e valvole sono sotto controllo lacucina a gas rende un servizio prezioso;se il controllo è carente, o manca, puòsaltare la casa. L’allergia (e le altre sin-dromi allergiche) sono appunto situazio-ni di risposta fuori controllo.

L’allergia è la situazione in cui l’organi-smo, a contatto con una sostanza giàsperimentata e vissuta come nemica,reagisce scatenando anticorpi specifici,vale a dire le Immunoglobuline E (IgE).La reazione – che può riguardare farma-ci, alimenti o allergeni respiratori - hacaratteristiche ben evidenti.• E’ immediata: compare cioè nel giro di

qualche minuto, al massimo di qual-che ora, dal contatto con l’allergene.

• E’ legata, come dicevamo, alla pre-

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senza di IgE, e quindi viene indivi-duata dai test che la segnalano(Prist, RAST, Prick, ELISA, CAP,FAST, Phadezym);

• I suoi sintomi sono in genere acutied evidenti: congiuntivite, prurito,lacrimazione, starnuti, rinorrea,asma, diarrea, colite, eczema, pruri-to, dermatite cosiddetta atopica, eri-tema perioculare o periorale, ortica-ria. Occorre inoltre considerare ilrischio delle reazioni anafilattiche,fortunatamente rare ma potenzial-mente letali.

Questo è il profilo classico dell’allergiaalimentare, che riguarda una fascia dipopolazione assai limitata, all’incirca lo0,5%. Rimane un altro 30-40%, che pre-senta patologie affini ma sfugge a questaclassificazione, e quindi a una possibilitàdi trattamento allergologico “ufficiale”, siadal punto di vista teorico che da quelloclinico.

L’ALTRO 30%: LE INTOLLERANZE

In questo caso non si tratta di “allergie”ma di intolleranze - o meglio, comedicono gli studiosi internazionali, dihypersensitivity, o ipersensibilità, soprat-tutto alimentari. Questo termine nelmondo anglosassone indica sia le aller-gie che le intolleranze, e viene usato inquesto senso dalla comunità scientificainternazionale. Molti allergologi italiani,

invece, restano legati alla rigida defini-zione dell’allergia e hanno pochi para-metri per definire, capire, e soprattuttocurare le intolleranze.

Tra le allergie (IgE mediate) e le intolle-ranze alimentari (comunque dipendentidal sistema immunitario) esistono diffe-renze evidenti. Le allergie sono in gene-re di rapida insorgenza, mentre le intol-leranze appaiono dopo ore, o giorni dalcontatto con l’alimento; spesso, anzi, isintomi compaiono solo dopo più giornidi contatto continuativo.

L’introduzione di un alimento per cui esi-sta intolleranza è una specie di avvele-namento graduale e lento, anche sel’organismo è in grado di riconoscere ilnemico in modo quasi istantaneo. Inpratica il riconoscimento è immediato,poi per qualche giorno l’organismo tiened’occhio l’alieno cercando di limitarne idanni; infine la situazione deflagraquando l’introduzione dell’alimentosupera le possibilità di controllo.

L’intolleranza, o ipersensibilità, agiscedunque per accumulo, in conseguenzadi uno stimolo immunologico di entitàlimitata ma ripetuto nel tempo. Non èvisibile un rapporto causa-effetto inequi-vocabile e ravvicinato nel tempo, ed èmeno facile riconoscere il rapporto fra ilsintomo e la sostanza scatenante.

Anche i sintomi sono di tipo diverso; ingenere meno acuti, più vaghi e più diffu-si rispetto alle allergie. Nella tabella apag. 4 indichiamo i principali: alcunidocumentati da solide ricerche scientifi-

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che, altri segnalati – ma non ancoradimostrati - da numerosi ricercatori.

Esistono poi, e sono frequentissimi, iquadri clinici in cui un’allergia si sovrap-pone a uno stato di intolleranza alimen-tare; oppure le situazioni in cui una com-promissione immunitaria determina unostato infiammatorio cronico, creandocosì il terreno più favorevole all’insorge-re di malattie anche molto gravi (vedi alcapitolo 6, “Le manifestazioni patologi-che delle intolleranze”).

Per tutti questi motivi, non è automaticoformulare con certezza una diagnosi diintolleranza alimentare. E soprattutto

non è facilerispondere alladomanda chia-ve: quali sono lesostanzeresponsabili? (*)

I TEST DIINDIVIDUA-ZIONE

Per identificareun’ipersensibi-lità non IgEmediata esisteun solo metodosicuramenteefficace escientificamen-te ineccepibile,la dieta dieliminazione-scatenamento.La proceduraconsiste nelseguire per15-20 giorni (ecomunque finoalla completascomparsa deisintomi) una

dieta di base che varia a seconda degliautori, ma che prevede un numero limi-tato di alimenti scarsamente allergenici.(**) Dopo il periodo di astinenza vienereintrodotto nella dieta un alimento pervolta (o un gruppo di elementi affini) e siosserva l’eventuale ricomparsa dei sin-tomi. Se non ci sono problemi si proce-de con gli altri alimenti, con una scan-sione temporale controllata, fino all’indi-viduazione delle sostanze responsabili.E’ una procedura incruenta e chiarissi-ma nella sua logica, ma molto macchi-nosa da mettere in pratica, e tale darichiedere al paziente una lunga altera-zione della vita personale e sociale.Inoltre la somministrazione dell’allerge-

(*) Per le allergie in senso stretto esistono esami di laboratorio che sono in grado di dare delle risposte. Ad esempio ilRAST e il Prick test, che individuano o confermano efficacemente le allergie respiratorie (e in minor misura quelle ali-mentari), sono in genere negative per le ipersensibilità alimentari non Ige mediate.(**) Non esiste, naturalmente, nessuna certezza iniziale che il paziente non sia ipersensibile a una o più delle sostanze

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ne dopo una lunga astinenza può provo-care reazioni esacerbate, fino al rischiodi vita se la reazione è, ad esempio, unospasmo respiratorio.

Il test considerato più affidabile in que-sto ambito è il DBPCFC (Double BlindPlacebo Controlled Food Challenge ),o challenge in doppio cieco. Il test, cheviene considerato dagli allergologi inter-nazionali il gold standard in fatto di iper-sensibilità, va praticato a digiuno, dopouna-due settimane di sospensione daglialimenti sospetti. Il soggetto riceve unacapsula che contiene la sostanza arischio, liofilizzata, in una dose inferiorea quella presumibilmente sintomatica.La dose viene raddoppiata a intervalliprefissati, fino a raggiungere gli 8-10 gdi sostanza. La stessa cosa avviene concapsule contenenti placebo (con tutti idubbi che il termine suscita in questocontesto); l’ordine di somministrazione èindicato da un terzo soggetto, pergarantire il doppio cieco. Nella letteratu-ra (Sampson, 1989 [6]) è ribadito che sei sintomi sono soggettivi il DBPCFC varipetuto più volte, e in caso di negativitàva confermato da un’alimentazioneaperta effettuata sotto osservazione.

Ora, il problema di fondo è che l’intolle-ranza risponde a una logica diversa daquella delle allergie: non è una reazioneimmediata, ma una reazione di accumu-lo. Lo dimostrano le parole di Bindslev-Jensen (7) secondo cui la percentualedi positività al DBPCFC è del 2%; ma sela prova viene ripetuta nei giorni succes-sivi, al terzo giorno la percentuale saleal 37%, cioè all’incidenza reale mediadel fenomeno di intolleranza nella popo-lazione (*).

A parte le diete di eliminazione-scatena-mento e le loro varianti, i test che ven-gono utilizzati per identificare le intolle-ranze alimentari si possono raggrupparein varie categorie:

- test di confronto sangue-allergene(test linfocitario di Kondo, test cito-tossico, Alitest) che possono darebuoni risultati coi liquidi, ma provo-cano numerosi falsi positivi coi soli-di, per quanto finemente macinati;

- test elettrodiagnostici (Vega, Sarm,Voll, Mora e altri) che a prescinderedal loro richiamo alla bioelettricità,plausibile ma indimostrato, segnala-no anch’essi numerosi falsi positivi,non solo in termini di alimenti maanche - ciò che è particolarmenterischioso - di farmaci;

- test di risposta globale (test musco-lare chinesiologico, test di Coca,riflesso del polso di Nogier), più omeno documentati sul piano scienti-fico, ma intrinsecamente soggettivi.

IL TEST DRIA

Una proposta particolarmente attenta einteressante in questo campo viene daltest DRIA, che unisce una risposta orga-nica soggettiva, ma controllata, a unalettura obiettiva, ripetibile e confrontabile.

Il test DRIA utilizza un particolare riflessopresente nel nostro organismo e docu-mentato scientificamente (Metzger, 1989[9]), anche se ancora non chiarito che inpresenza di reattività o ipersensibilità ali-mentare determina una caduta di forzamuscolare quando la sostanza respon-sabile - alimento o allergene respiratorio- viene posta a contatto della mucosasublinguale.

Si tratta, in pratica, di una specie di“prova di scatenamento” in cuisi valuta cosa avviene nel muscolo nelmomento in cui l’organismo entra incontatto con la sostanza sospetta. E’una prova più mirata e più dolce rispettoad altri tipi di analisi, e presenta nume-rosi vantaggi, dalla rapidità dell’indagineall’alta affidabilità dei risultati (vedi piùavanti).

inserite nella dieta di base.(*) Lo stesso Sampson (8) ha recentemente confermato (giugno 1999) l’aumento della positività di risposta se il testviene ripetuto per 3 giorni consecutivi.

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2) IL TESTERDINAMOMETRICODRIATON

Per effettuare il test DRIA è necessariaun’apparecchiatura speciale, il testerdinamometrico Driaton, studiato perfar sì che la prova si svolga in condizionicontrollate.

Il Driaton è composto di un sedile ascocca rigida (h. cm 140, l. cm 48,profondità massima cm 80) con schie-nale regolabile, la cui profondità variaagendo sulla manopola. In questo modoè possibile adattare il sedile a clienti diogni statura e corporatura, bambinicompresi.

Alla base del Driaton c’è una cinghia dicuoio, completa di cavigliera, collegata

a una cella di carico che misura la forzadi trazione esercitata. La rilevazione èinviata a un computer, che elabora larisposta, la evidenzia come tracciato e,all’eventuale comando del medico, lastampa.

Grazie a una unità di interfaccia, il medi-co può collegarsi al Driaton col propriocomputer e la propria stampante.

COME SI SVOLGE IL TEST

Il soggetto prende posto sul sedile rigi-do, con lo schienale adattato alla pro-pria corporatura e una caviglia fissataalla cinghia di cuoio. A questo punto sichiede al paziente di eseguire col qua-dricipite femorale (il muscolo dellacoscia) uno sforzo pari al 50% circadello sforzo massimo possibile.

Mentre il paziente mantiene la contra-

Il tester dinamometrico Driaton è distribuito dalla Driatec srl (vedi indirizzi in quarta di copertina).

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zione, gli viene posta sotto la linguaun’opportuna soluzione di sostanza. Adistanza di qualche minuto vengonosuccessivamente testati i principali ali-menti della nostra normale alimentazio-ne, dal latte alla farina, dall’uovo ai gras-si idrogenati; un test di base contienecirca trenta alimenti diversi, compresi icoloranti e i conservanti più frequenti. E’possibile, se necessario, inserire nel testsostanze particolari che l’anamnesiabbia segnalato come sospette.

Se durante l’esecuzione dello sforzo(effettuato in cieco) il computer registrauna caduta di forza a 3-5 secondi dallasomministrazione dell’alimento, sisospetta la presenza di un’ipersensibilitàalimentare non IgE mediata nei confrontidell’alimento in questione. Ovviamente,prima di poter considerare conclusa laprova, occorre verificare che la caduta(che dev’essere superiore al 10% dellosforzo medio eseguibile) si ripeta conuguali caratteristiche ad ogni prova conla stessa sostanza, e si confronta laprova con una sostanza placebo.

Un rigido protocollo è fissato per elimi-nare o minimizzare tutti fattori chepotrebbero interferire con una correttaesecuzione del test. Ricordiamo che iltest DRIA, nato da una ricerca italianaall’inizio degli anni ’80, ha alle sue spal-le oltre dieci anni di ampia esperienzaclinica, e viene correntemente utilizzatoda medici di tutta Italia.

IL DRIATON E’ COMPOSTO DA:

• Sedile di posizionamento regolabile • Unità di interfaccia fornita di alimentato-

re, da collegare a un computer con que-ste caratteristiche minime: processorePentium da 75 MHz, 16 Mb RAM, HDDcon almeno 50 Mb liberi, sistema opera-tivo Windows 95 o 98.

• Cella di carico collegata alla cavigliera• Il CD-ROM che contiene il software per

l’utilizzo del test DRIA.

Nel prezzo di acquisto è compresoil corso di istruzione(*) per l’uso deltester e la lettura dei tracciati.

(*) I corsi di istruzione si svolgono presso la sede della SMA - Servizi Medici Associati, a Milano. Per qualsiasi informazione è possibilerivolgersi direttamente alla SMA.

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3) COME FUNZIONAIL TEST DRIA

Il riflesso chinesiologico – la caduta diforza muscolare – a cui fa riferimento iltest DRIA non è stato finora spiegato afondo nei suoi meccanismi, anche se idati scientifici che accreditano questametodica sono sempre più numerosi econvincenti. La domanda fondamentaleè ovvia: come è possibile che unasostanza a contatto con la mucosa oraledetermini in pochi secondi una caduta diforza nel muscolo della coscia?

Partiamo da ciò che sicuramente nonavviene.

■ Certamente non c’è un’azione tos-sica diretta dell’alimento sul musco-lo; infatti la velocità di circolo, cioè iltempo che una sostanza assorbitanel sangue impiega per raggiungereun organo (ad esempio il fegato) è dicirca 15 secondi, molto più lenta delriflesso del test DRIA (3-4 secondi)

■ Certamente non c’è un’azione chi-mica presente solo a livello delmuscolo . Infatti, se nel test DRIA siprovoca la contrazione muscolare inmodo autonomo, per mezzo di unostimolo elettrico che determini unacontrattura massimale, senza l’inter-vento della volontà e quindi delsistema nervoso centrale, il riflessonon è documentabile con le stessemodalità.

■ Certamente non è l’effetto di unareazione coscientemente condi-zionata dalla percezione dell’ali-mento, cioè un intervento più omeno consapevole del paziente checrede di non tollerare quel particola-re alimento: il paziente non sa mai

quale alimento gli viene sommini-strato, e le soluzioni utilizzate nonsono riconoscibili dal gusto.

Questo, invece, avviene sicuramente.

■ Il riflesso è mediato dal sistemaimmunologico . Infatti i farmaci cheagiscono a questo livello, come icortisonici, gli antistaminici, gli inibi-tori della fosfodiesterasi o gli stabiliz-zatori di membrana riducono l’am-piezza e l’intensità del riflesso fino, avolte, ad annullarlo del tutto.

■ Il riflesso è legato alla sensibilizza-zione recente dell’organismo , cioèesiste solo se quel particolare ali-mento continua a venire a contattocon l’organismo sensibile. In altreparole, se il paziente evita completa-mente un alimento, al test DRIA l’ali-mento non provocherà variazioni diforza, e questo spiega perché il testDRIA di controllo, effettuato già adue mesi di distanza, risulti di solitonegativo.

A livello di elevata probabilità, possiamoregistrare quanto segue:

■ Gli studi del premio Nobel giappone-se Tonegawa hanno dimostrato chele nostre mucose, in particolarequelle orali, sono praticamente tap-pezzate da cellule immunocompe-tenti, cioè capaci di interagire con ilsistema immunologico. In pratica lanostra bocca, e poi tutto l’intestino,sono attrezzati per riconoscere tuttociò che toccano.

■ Ader e Cohen (10) hanno dimostratoche le cellule del sistema immunolo-gico non si limitano a interagire con ilsistema nervoso, ma in qualchemodo ne fanno parte a pieno titolo esono in grado di rispondere a uno sti-molo specifico con velocità sorpren-

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denti, nell’ordine dei millisecondi.■ Metzger, uno studioso americano,

ha dimostrato (9) che in soggettiallergici al polline d’ambrosia (unapianta tipica americana) un’esposi-zione ai pollini determinava la ridu-zione di forza di un muscolo dellaspalla per la durata di oltre 21 ore.

A questo punto abbiamo gli elementi perfare ipotesi razionali e scientificamentevalide sul meccanismo d’azione del testDRIA.

■ La mucosa della bocca possiede glistrumenti (le cellule immunocompe-tenti) necessari per riconoscere l’ali-mento non tollerato, cioè per deter-minare una risposta immunologica;anzi, la zona orofaringea è in asso-luto la zona più ricca di cellule diriconoscimento.

■ Le cellule attivate dall’alimento sonoin grado di interagire con il sistemanervoso, e la velocità di queste rea-zioni giustifica ampiamente la velo-cità del riflesso del test DRIA.

■ La reazione tra organismo sensibilee alimento non tollerato determinavariazioni di forza muscolare, e glistudi compiuti sugli sportivi (11) con-fermano ampiamente questi dati.

In sintesi, il test DRIA è un mini-test diprovocazione: tende cioè a determinareuna reazione dell’organismo in presen-za di uno stimolo (l’alimento) non tollera-to. Tale reazione, almeno fino a che nonsaranno chiariti fino in fondo i meccani-smi di elicitazione del riflesso, è da con-siderare un segno altamente preditti-vo di ipersensibilità alimentare.

L’evidenza di questo segno permette diipotizzare con un altissimo grado diprecisione la presenza di un’ipersensi-bilità alimentare mediata dal sistemaimmunitario, ma non dalle IgE. Il con-

fronto con le diete di eliminazione e sca-tenamento è stato condotto con uno stu-dio scientifico effettuato pressol’Università di Milano (12), e ha dimo-strato una correlazione statisticamentevalida (96%) fra i due metodi d’indagine.

IL TEST DRIA: I PRO E I CONTRO

I vantaggi del test DRIA sono rilevantinella pratica clinica:

- Il test è completamente incruento,senza graffi né procedure traumati-che.

- E’ veloce: consente di testare circatrenta sostanze in un’ora.

- Ha un’attendibilità elevata.- E’ oggettivo e ripetibile.- Non interferisce con altre cure o trat-

tamenti in corso.- Ha un costo contenuto in confronto

ad altri test allergologici.- Infine, ma molto importante, il test

DRIA non è un test effettuato in pro-vetta: è l’organismo tutto intero cherisponde allo stimolo, con un “qui eora” che comprende tutta la suasituazione fisica, alimentare, farma-cologica, energetica.

Gli svantaggi sono legati al fatto che ènecessaria la collaborazione delpaziente, perché lo sforzo è volontarioe va mantenuto costante per i secondinecessari; questo esclude i bambinimolto piccoli. Inoltre la facilitàdi interpretazione dei tracciati è soloapparente, e richiede una notevoleesperienza e un costanteaggiornamento.

La formazione necessaria viene garanti-ta dai corsi di preparazione e aggiorna-mento e, in genere, dal contatto costan-te fra i centri che eseguono il test.

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4) CONOSCERELE INTOLLERANZEALIMENTARI

L’intolleranza alimentare è definita comeun fenomeno spiacevole, riproducibile,derivante da una reazione a un ciboparticolare o a un suo ingrediente, chenon sia né IgE mediata né psicologica.Questa reazione deve verificarsi anchequando la persona che ne soffre nonpuò identificare il tipo di cibo introdottonell’organismo. L’elemento più importan-te, però, è che la diagnosi di intolleranzaalimentare (a un certo alimento) è possi-bile solo se i sintomi spariscono con unadieta di eliminazione, e se un ricaricodel cibo porta alla ricomparsa del sinto-mo o ad altri cambiamenti organicidocumentabili.

IL SISTEMA IMMUNITARIOINTESTINALE (GALT)

Il tessuto linfatico associato all’intestino(o GALT, Gut Associated LymphoidTissue) è uno dei settori immunitari piùimportanti dell’organismo, in particolareper la sua estensione. Infatti la superfi-cie intestinale è di circa 300 mq, moltopiù ampia dei 60 mq dei polmoni e dei 2mq della pelle.

Mentre per anni si è pensato che l’inte-stino svolgesse semplici funzioni diassorbimento, si comincia a capireattualmente l’ampiezza e l’importanzadelle sue funzioni di filtro: è l’intestinoche distingue fra self e non-self, frabuono e cattivo, fra particelle sufficiente-mente digerite da entrare in circolosenza problemi e macromolecole, anco-ra individuabili come “altro”.

A prescindere dalla complessità deimeccanismi immunologici intestinali,

oggi sempre più compresi e studiati, è il“setaccio intestinale”, nella sua finezzae integrità, a compiere un’adeguataselezione fra ciò che l’organismo puòassorbire e far proprio senza danno eciò che è ancora troppo grosso, troppoaltro, non-self.

L’integrità del setaccio intestinale èfondamentale per un rapporto sanocol cibo. Se infatti la maglie del setacciosi allargano o si rompono (e vedremoperché) entrano in circolo le particelle“altre”, non sufficientemente scomposte,a cui l’organismo reagisce come a unnemico, producendo anticorpi che entre-ranno in funzione ai contatti successivi.

In generale, quindi, si può dire che leintolleranze alimentari nascono in segui-to a situazioni in cui si determina unallargamento della griglia di difesa del-l’intestino. Dopo particolari malattie (coli-ti importanti, enterocoliti del bambino,diarree prolungate, diarree acute di unacerta importanza, interventi chirurgici einfezioni virali) o trattamenti antibiotici ocortisonici, il setaccio ha dei buchi moltopiù larghi, consentendo il passaggiodelle particelle che provocano la sensi-bilizzazione, e quindi l’esordio dellaintolleranza alimentare.

Può quindi accadere che un’allergia aipollini cominci a manifestarsi dopo unintervento chirurgico, oppure che uneczema peggiori dopo un trattamentoantibiotico. In questo caso è indispensa-bile pensare subito alla possibile insor-genza di una intolleranza alimentare,per poter trattare adeguatamente il pro-blema, che in genere si riequilibra rapi-damente dopo un intervento tempestivo.Invece nella maggior parte dei casi leintolleranze alimentari vengono indivi-duate dopo mesi (e a volte anni) di per-sistenza, e in questo caso i tempi di rie-quilibrio sono purtroppo maggiori.

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LE CONDIZIONI CHE POSSONOSCATENARE UN’INTOLLERANZA

• Condizioni genetiche . E’ normaleche il figlio di due persone ipersensi-bili sia a sua volta allergico o intolle-rante. Se c’è in famiglia un fratelloallergico la percentuale è del 30%;se un genitore, del 40%; se entrambii genitori, il 60%. Comunque, nelcaso delle intolleranze alimentaripuò essere “ereditaria”, oltre allatendenza, anche l’abitudinealimentare.

• Enteriti, diarree e gastroenteritiinfantili . Sono spesso il momentocruciale di una sensibilizzazione:l’uso di un latte non idoneo (o la pre-senza di grosse molecole non digeri-te nel latte della madre) determinaun’infiammazione intestinale chenon ha sempre risvolti immediati mapuò provocare intolleranze a mesi eanni di distanza.

• Terapie cortisoniche prolungate . Ilcortisone e i farmaci analoghi svol-gono appunto un’azione di immuno-soppressione, riducendo le capacitàdifensive del sistema immunitario equindi favorendo il passaggio dicorpi scatenanti. La terapia cortiso-nica va quindi seguita dal medicocon particolare attenzione, soprattut-to nel momento in cui viene interrot-ta, e quindi cessa la copertura antin-fiammatoria del farmaco.

• Terapie antibiotiche prolungate .La terapia antibiotica altera ovvia-mente la flora batterica intestinale,determinando nuovi rapporti di forza(spesso negativi) fra batteri “buoni” e“cattivi”. Se si sviluppa un’infiamma-zione locale può insorgere un’intolle-ranza.

• Candida, vermi, parassiti intesti-nali . La candida e altri tipi di funghi,che vivono nell’intestino in simbiosi

coi batteri, proliferano dopo i tratta-menti antibiotici, e in presenza dizucchero. I parassiti hanno unadoppia azione: oltre a provocareinfiammazione della parete intestina-le, inducono il sistema immunitario amoltiplicare tutti gli anticorpi. In prati-ca le reazioni scatenate dal contattodiventano molto più intense.

• Infezioni virali (alcuni tipi) . Alcunivirus (di solito enterovirus) provoca-no direttamente una infiammazioneintestinale, con allargamento delsetaccio. Ad esempio nei bambinipuò verificarsi un’infezione da rotavi-rus: lieve virosi influenzale, doloretti,un po’ di febbre, e mentre i sintomivisibili spariscono in 2-3 giorni, l’a-zione sulla mucosa intestinale persi-ste anche per quindici giorni, e cosìla permeabilità intestinale, conrischio di sensibilizzazione. Come ciinsegnano gli animali, durante unfenomeno infettivo la cosa più sag-gia è attenersi a una dieta minimaed estremamente leggera, evitando icibi con elevato potere allergenico,come il latte.

• Interventi chirurgici . Sono sempreuna pesante sollecitazione per ilsistema immunitario, ed è per que-sto che gli interventi di rilievo sonosempre seguiti da una fase didepressione immunitaria.

• Gravi stress emotivi . L’azioneimmunodepressiva degli stress emo-tivi è dimostrata da tempo, in nume-rosi studi scientifici ed epidemiologi-ci. Nella pratica clinica è molto fre-quente trovare un problema psicolo-gico importante nei mesi precedentialla comparsa di disturbi fisici che sirivelano poi collegati a un’intolleran-za alimentare.

• Disturbi digestivi (in particolarepancreatici) . L’intolleranza tendespesso (anche se non sempre) a

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svilupparsi nei confronti di una pro-teina alimentare, quindi si può capireperché un pancreas in difficoltàpossa favorire un’allergia o un’intol-leranza. E’ compito del pancreas,infatti, scomporre le complessemolecole proteiche dei cibi; la pre-senza di grosse molecole può contri-buire alla nascita di una reazioneavversa.

• Uso prolungato di farmaci antin-fiammatori . E’ abbastanza noto chequesti farmaci possono irritare lostomaco; è meno noto il fatto chepossono irritare l’intestino, e quindiscatenare un’irritazione locale dellamucosa.

• Intolleranza alimentare noncurata . Se una persona intollerantea un alimento continua a mangiarne,il suo intestino continuerà ad essereirritato e infiammato.L’infiammazione aumenta la per-meabilità dell’intestino e facilita ilpassaggio di altre sostanze avverse.Nel corso dei mesi, se l’intolleranzaprincipale non viene curata, possonodeterminarsi altre intolleranze desti-nate a peggiorare il quadro clinico.

LE POSSIBILI CONCAUSE

I fenomeni di intolleranza possono esse-re riconducibili (oltre che a meccanismiimmunologici non ancora esattamentedefiniti, ma comunque non IgE) anchead altre cause:

- carenza enzimatica, come unacarenza di lattasi;

- effetti farmacologici, come quellilegati al consumo di caffè;

- effetti irritativi sulla mucosa gastricao intestinale;

- effetto indiretto derivante dalla fer-mentazione di residui alimentari indi-geriti presenti nel colon.

5) LA DIAGNOSIDI INTOLLERANZAALIMENTARE

Possiamo dire, paradossalmente, che ladiagnosi di intolleranza alimentare nonriguarda solo le intolleranze alimentari.L’individuazione e il trattamento di un’in-tolleranza possono essere di grandeaiuto anche nelle forme consideratepuramente allergiche (asma, rinite, der-matite atopica), e nella reattività infiam-matoria. Anche di fronte a sintomiinfiammatori o irritativi va considerata lapossibilità di una concausa legata aun’ipersensibilità alimentare. Comeabbiamo visto, infatti, è sensato tenerein considerazione la possibile modula-zione immunitaria dell’infiammazione.

L’ESAME CLINICO

Mentre la reazione sintomatica indivi-duale dipende strettamente dal livello disoglia del paziente, e dalle capacità diadattamento del suo sistema immunita-rio, esistono segni aspecifici che pos-sono orientare verso un’ipersensibilità.

Il primo e più immediato riscontro è unsemplice esame visivo della pelle. Seuna dermatite atopica o un eczemarichiamano subito una ipersensibilità ali-mentare, esistono caratteristiche cuta-nee riscontrate più frequentemente nel-l’intolleranza:

- la ruvidità (roughness) della pelle,di solito diffusa al corpo e non alviso;

- la marezzatura cutanea (livedoreticularis) , che esprime un’irritazio-ne cronica subliminale del microcir-colo, è presente in molte patologie

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infiammatorie o autoimmuni, e spes-so le precede di molti anni. Le sedidi elezione sono le ginocchia, lecosce, i piedi e le superfici volaridelle braccia.

- Altri segni cutanei, assolutamenteevidenti, sono l’istaminosi cutaneae il dermografismo. L’esecuzionedi un palper-rouler (che si praticafacendo passare cute e sottocutedel paziente fra pollice e indice)determina nel soggetto ipersensibileun rossore evidente, fugace o dure-vole, che ha una buona corrispon-denza col livello di infiammazionedell’organismo.

SINTOMI PARTICOLARI SOSPETTI

- Fenomeni infiammatori abattericidevono sempre far riflettere sullacomponente immunoflogistica delfenomeno. Una serie di cistiti recidi-vanti con uroculture negative devesicuramente indurre a una diagnosti-ca differenziale, in cui l’ipersensibi-lità alimentare abbia uno spazioimportante.

- La febbricola persistente è unrichiamo preciso alla possibilità diun’ipersensibilità alimentare.L’attivazione leucocitaria determinauna produzione di Interleuchina 1,con sintomatologia infiammatoriaaccompagnata da febbre e da aste-nia o da ipersonnia; in una ipersen-sibilità cronica questi fenomeni pos-sono essere persistenti e imitare gliaffetti di altre patologie importanti.

- Un altro sintomo altamente indicati-vo è la comparsa ravvicinata disintomi allergici in soggetti ritenutiprecedentemente non allergopatici.Se un soggetto presenta improvvisa-

mente rinite da polline, e dopo qual-che mese un breve episodio ortica-rioide, e dopo un mese una dermati-te eczematosa sulle mani, sarà benestudiare subito le eventuali ipersen-sibilità, per evitare che la probabi-le immunoflogosi sottostante“scoppi” con ulteriori manifesta-zioni allergiche.

- Infine, è altamente indicativa di un’i-persensibilità la presenza di intensisintomi allergici con IgE specifi-che ridotte. Si tratta di una dellesituazioni in cui uno stimolo lieve(IgE mediato) si somma a un intensostato immunoflogistico preesistente,superando così la soglia della tolle-ranza individuale.

GLI INDICATORI BIOUMORALI

Tra gli indicatori aspecifici di tipobioumorale segnaliamo sicuramente lasalita dei globuli bianchi verso i valorimassimi.

- Globuli bianchi elevati e neutrofi-lia relativa (ad esempio 8500 GBcon 79-85% di neutrofili) sono consi-derati, se persistenti, il segnale diun’irritazione cronica a livello intesti-nale, e possono dunque segnalareun’azione irritativa alimentare.

- Anche un’eosinofilia deve far pen-sare – oltre che alle patologie classi-camente connesse – a una possibileintolleranza. Ricordiamo che neglianni ’70 i valori considerati normalierano dell’1-2%; oggi, dato l’aumen-to statistico delle ipersensibilità,molti laboratori considerano normalivalori fino al 10%. Da parte nostra,visto che la normalità non è un fattostatistico, riteniamo che un valorepersistente del 4% sia già un buon

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segno di ipersensibilità nel soggetto.

- Altri segni, non patologici ma spessopresenti insieme ai fenomeni di iper-sensibilità, sono bassi livelli dicomplemento C4 (e talvolta C3) equindi, specularmente, innalzamen-ti modici o intensi delle gamma-globuline. Il C4 non va sotto ai limitidi norma ma spesso li sfiora (20-17),mentre le gammaglobuline salgonoin corrispondenza. Valori di gamma-globuline stabilmente attestati intor-no al 21-22 sono un possibile indicedi un fenomeno infiammatoriocronico con una componenteimmunitaria.

I COMPORTAMENTI ALIMENTARI

Infine, è fondamentale che il medicocomprenda a fondo e nei dettagli lo stiledi alimentazione del paziente, la suastoria alimentare, le sue spontaneeavversioni, i cibi che ama di più.E’ un’anamnesi che va fatta con atten-zione e delicatezza (colazione, strutturadei pasti, bibite, fuoripasto..) e che puòdare indicazioni preziose sui settori ali-mentari di ipersensibilità.

E’ sulla base di tutte queste indicazioniche il medico può valutare l’opportunitàdi un test DRIA, e scegliere la batteria dialimenti (o di altri reattivi, come allergenirespiratori, additivi, o altro) da inserirenel test.

6) LE MANIFESTAZIONIPATOLOGICHEDELLE INTOLLERANZE ALIMENTARI

Tra le patologie connesse all’ipersensi-bilità alimentare ci sono ovviamente lemalattie allergiche “tipiche” come asma,rinite o raffreddore, rinite vasomoto-ria, congiuntivite, dermatite atopica,eczema da contatto.

Vanno poi considerate le malattie chedipendono dal logoramento del sistemaimmunitario provocato dall’ipersensibi-lità, vale a dire le malattie che dipendo-no dall’esaurimento del sistema difensi-vo, costantemente impegnato sul fronteintestinale e quindi carente sugli altrifronti: si tratta di infezioni ricorrenti,acne, vaginiti croniche, micosi,malattie respiratorie ricorrenti, cistitirecidivanti.

Altri tipi di malattia derivano invece dalpersistente stato infiammatorio legatoalle reazioni immunitarie, vale a dire allaimmunoflogosi a distanza. Le reazionilocali sul sistema digestivo possonodeterminare colite, coliche del lattan-te, maldigestione, malassorbimentodi minerali ed altri nutrienti, gastriti,duodeniti, e contribuire a forme come ilmorbo di Crohn e la rettocolite ulce-rosa.

Invece le reazioni generali, con infiam-mazione diffusa anche ad organi distantidall’intestino, possono provocare fibro-mialgia, dolori muscolari, artrite, der-matosi seborroica, psoriasi, epatopa-tie croniche, malattie neurologichedemielinizzanti, cefalea o emicrania,acne, poliposi nasale e disturbi delritmo cardiaco (soprattutto tachicar-dia ed extrasistolia).

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E’ ormai sicuro, inoltre, che l’interferen-za sul sistema immunitario possa contri-buire alla nascita di molte malattieautoimmuni o reumatologiche: artritereumatoide, crioglobulinemia, morbodi Crohn, colite ulcerativa, LES e inalcuni casi diabete e sindrome diCushing.

Le sostanze infiammatorie prodottedalle reazioni di ipersensibilità possonopoi determinare disturbi apparentemen-te bizzarri, ma in realtà profondamenteconnessi con l’esistenza di una ipersen-sibilità: parliamo di molti disturbi infan-tili del comportamento, dalla enuresialla ipersonnia, ma anche di manife-stazioni epilettiche con aura e stan-chezza cronica.

LE INTOLLERANZE ALIMENTARINELLA PERSONA SANA

Non bisogna pensare alle intolleranzealimentari solo nell’ambito della patolo-gia. Anche nel soggetto sano, identifica-re e raggiungere un migliore equilibrioimmunitario può consentire un nettoaumento dell’efficienza, diminuire i pos-sibili fenomeni infettivi e rafforzare lecapacità difensive dell’organismo.

I soggetti che possono trarre vantaggioda questo approccio sono in particolare:

- I bambini- Le persone in sovrappeso- Gli sportivi amatoriali e professio-

nisti

Nel soggetto in sovrappeso l’identifica-zione di un’intolleranza, e la dieta speci-fica conseguente, consente in genere ilcalo della massa adiposa e l’aumentodella massa magra muscolare.

Nel bambino ipersensibile, l’eliminazio-ne di un impegno immunitario intestinale

consente l’espressione piena delle dife-se a livello generale e soprattutto orofa-ringeo, dove in genere tendono a ripro-dursi fenomeni infettivi ripetuti.

In particolare nello sportivo, che cercaun miglioramento della propria resa fisi-ca e muscolare, è essenziale una cono-scenza alimentare che comprendaanche l’identificazione delle proprieintolleranze alimentari.

Soprattutto in reazione all’attualeraffinatezza delle diete sportive mirate(da allenamento, da resistenza,da sforzo intenso di breve durata,da gara) è fondamentale sapere se esi-stono intolleranze specifiche per gli ali-menti teoricamente più adatti, ma forsenegativi per un atleta in particolare.

Basta pensare alla dieta “da gara” degliatleti di resistenza, con sovraccarico dicarboidrati (ad esempio tre, quattro piattidi pastasciutta). E’ una misura logica,ma controproducente se l’atleta è intol-lerante al frumento. Il test DRIA ha unalunga storia di collaborazione con glisportivi, amatoriali e famosi.Per informazioni è possibile rivolgersialla SMA - Servizi Medici Associati,Milano.

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7) LA TERAPIADELLE INTOLLERANZEALIMENTARI

Lo scopo fondamentale della terapia diuna ipersensibilità alimentare non è sol-tanto quello di far cessare i sintomi, maanche – soprattutto – di aiutare l’orga-nismo a recuperare la tolleranzaimmunitaria nei confronti degli ali-menti . Per raggiungere questo obiettivonelle condizioni scientifiche e culturali dioggi è necessario “scendere in campo”nella pratica clinica reale, per aiutare ipazienti a trovare soluzioni efficaci.L’allergologo, il pediatra, lo pneumologo,l’igienista, tutti i medici che si occupanodei problemi connessi o collegabili all’i-persensibilità devono approfondire que-ste condizioni, e saperle trattare. Senzadimenticare che i dati scientifici piùrecenti ci invitano a considerare l’eventopatologico non come semplice reazioneantigene-anticorpo, ma come espressio-ne di un network neuroendocrino e neu-roimmunologico.

LA TERAPIA DIETETICA

Occorre tener sempre presente chementre l’ipersensibilità IgE mediata puòprovocare effetti di risposta immediati,nell’ipersensibilità non mediata da IgE,ma sempre immunologica, la comparsadei sintomi è correlata a una sorta diaccumulo.

Nell’ipersensibilità IgE mediata è spessonecessario ricorrere alla dieta di elimina-zione totale, che risulta comunque diffi-coltosa e poco seguita dal paziente.Nell’intolleranza è consigliabile seguirela strada delle diete di rotazione, checonsentono di utilizzare ugualmente l’a-limento incriminato, purché si lasci all’or-ganismo il tempo necessario (tre giorni)

per ripulirsi dal carico antigenico patito.

La base logica di questa terapia è neilavori di Martelletti (1989 [13-14]) e diBindslev-Jensen. Il primo segnala uncompleto reset del sistema immunitariodopo 72 ore dal challenge; Bindslev-Jensen (7) ha evidenziato che il challen-ge in doppio cieco (che, lo ricordiamo,è il gold standard dell’allergologia) puòessere negativo il primo e secondo gior-no, ma se viene praticato per il terzogiorno consecutivo raggiunge alti livellidi positività (37%). Evidentemente,usando per tre giorni consecutivi un ali-mento verso cui esista ipersensibilità sisaturano le capacità di compensazione,e si sviluppa la sintomatologia.

La terapia dietetica con la dieta di rota-zione ha un livello di compliance moltopiù elevata, e contribuisce a rafforzarenel soggetto la fiducia nelle propriecapacità di controllo, un dato non irrile-vante anche ai fini di un riequilibrioimmunitario.

Inoltre, vari studiosi concordano sul fattoche è più utile ed efficace cercare il recu-pero della tolleranza immunitaria sommi-nistrando il cibo responsabile in modocontrollato, rispetto all’eliminazione com-pleta. Strobel (15) ha evidenziato che èl’utilizzazione prolungata del cibo a deter-minare tolleranza, mentre l’assunzioneoccasionale, come la prima assunzione,determina in realtà solo un “priming”immunologico. E’ importante inserire quiuna citazione da due studi recentissimi(Speciani AF et al., fine 1999 [16-17]):

“E’ indispensabile la rotazionee non la eliminazione, che può provo-care danni generali fisici e psichici escatenare fenomeni di sensibilità iperacuta, oltre a facilitare la sensibi-lizzazione a cibi precedentementetollerati”.

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Una dieta di rotazione si effettua inmodo molto più semplice (e quindi prati-cabile) di quelle generalmente utilizzatefino ad ora. E’ necessario praticare la“rotazione” dell’alimento incriminato: ungiorno di libera assunzione, tre giorni (opiù) di astensione, dopo di che l’alimen-to può essere assunto nuovamente.Per ragioni di praticità numerosi pazientipreferiscono astenersene dal lunedì alvenerdì e poi consumarli liberamente inun giorno del fine settimana, in cui sonopiù frequenti gli incontri sociali e le occa-sioni non programmate.

E’ quindi assolutamente sconsigliabile (*),salvo specifica indicazione del medicocurante, astenersi del tutto dal ciboavverso per lunghissimi periodi. E’ utile,infatti, che l’organismo riprenda gradual-mente la sua abitudine all’alimento, perconsentirne il successivo reinserimentonel corso dei mesi necessari per la gua-rigione (**).

LA DIETA IPOISTAMINICA

Di fronte a una sintomatologia legata aun’immunoflogosi, nei casi in cui non siapossibile procedere subito a un’analisidegli alimenti responsabili, viene a volteprescritta una dieta ipoistaminica, cioèche elimina il più possibile l’apporto diistamina, il “carburante” dell’infiamma-zione.

Citiamo solo alcuni dei cibi esclusi: daiformaggi stagionati alle banane, daipomodori agli insaccati, dal salmoneaffumicato ai crostacei, ai cibi in scatola,al vino, al cioccolato, ai prodotti lievitati.

Questa dieta ha effettivamente dei buonivantaggi immediati, e dà buoni risultatianche in caso di patologia infiammatorianon legata a un’ipersensibilità.

Il suo rischio è psicologico: il paziente,

che seguendo questa dieta si sentemeglio, tende a evitare una serie di ali-menti che vive come nocivi, anche se inrealtà non sono tali. Infatti, se le causedell’infiammazione sono risolte e la tera-pia di rotazione è seguita correttamente,gli alimenti ad alto contenuto di istaminanon danno luogo (salvo eccessi partico-lari) a fenomeni reattivi. Lo scopo diquesta dieta è prestare un “pronto soc-corso”, aspecifico e d’urgenza , nondi innescare comportamenti alimentari alunga scadenza che possono diventareproblematici, soprattutto se le sostanzeda evitare sono numerose.

IL DIGIUNO

Molti test (ufficiali e non ufficiali) usatiper la diagnosi delle ipersensibilitàsegnalano un gran numero di falsi posi-tivi, costringendo il paziente a eliminarenumerosi “allergeni” dalla propria ali-mentazione. La conseguenza è il digiu-no, totale o parziale, che nell’immediatoha comunque sempre effetti positivi,perché alleggerisce il carico infiammato-rio e permette all’organismo di ritornareallo stato di equilibrio. Tuttavia il digiunonon è proponibile a tutti, o tollerabile dachiunque, e non è quindi considerabilecome soluzione a lungo termine.

PRODOTTI AD AZIONE GENERALE

Nel trattamento delle allergie ci sono,oltre ai farmaci veri e propri, alcune inte-grazioni minerali, vitaminiche e fitotera-piche che svolgono un’azione di notevo-le riequilibrio del sistema immunitario, eche vengono utilizzate frequentementenell’impostazione della terapia.

- Derivati corticosteroidei. Possonoessere insostituibili in fase acuta;trovano una possibile indicazionenella “pulizia” definitiva di una situa-zione eczematosa. Ad esempio, in

(*) Larramendi et al.(1990 [18]) hanno documentato che la completa eliminazione di un alimento, effettuata per due mesi in soggetti gio-vani e sani, ha provocato alla reintroduzione reazioni anafilattiche in oltre metà dei soggetti.(**) Lo scopo del medico è recuperare o aggiustare la tolleranza, che porterà poi gradualmente a un’alimentazione quasi normale.

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forme estese e impegnative di der-matite atopica, accade di vedere unabuona regressione dei sintomi dopouna dieta di rotazione, mentre in set-tori molti ristretti persiste una situazio-ne di pelle “sporca” o irritata. In queicasi può essere utilizzato (col pazien-te correttamente a dieta) un tratta-mento breve a dosaggio medio-basso di tipo sistemico.

- Integrazioni minerali. Secondo studiautorevoli, sono soprattutto zinco erame i minerali in grado di contrasta-re la reazione allergica, impedendo orallentando lo “scoppio” dei mastocitie la liberazione dell’istamina. E’ pos-sibile assumerli come sali oxiprolinati,senza additivi né conservanti, prepa-rati dal farmacista nella formulazionepiù adatta all’esigenza specifica. Ingenere si associano, 2-3 volte la set-timana, oxiprolinati di Rame-Oro-Argento, che stimolano l’efficienzaantiallergica e antinfiammatoria del-l’organismo. E’ spesso importanteanche praticare un mineralogramma(l’analisi dei minerali contenuti neicapelli): nei soggetti allergici si trova-no spesso valori elevati o “smossi” dimetalli tossici (in particolare mercurio,piombo e alluminio) che possonoindicare gli effetti di una eventualeamalgama dentale, da inserire ovvia-mente fra i fattori concausali.

- Acidi grassi . Alcuni acidi grassi(gli alfa omega 3 e gli alfa omega 6),contenuti ad esempio nell’olio di ribesnero e nell’olio di borragine, hannoun’importante potenzialità antiallergi-ca, in particolare nelle forme cutaneee respiratorie, e la bibliografia scienti-fica sulla loro utilizzazione è discreta-mente vasta. Il ribes nero ha un’azio-ne simil-cortisonica, cioè molto similea quella antinfiammatoria del cortiso-ne, senza però i suoi effetti collaterali.

8) LA TERAPIAIPOSENSIBILIZZANTEORALE

Quando si parla di tolleranza orale siintende la somministrazione dall’esternodi specifici antigeni, che raggiungono ilsistema immunitario periferico attraver-so la via intestinale. E’ possibile sommi-nistrare antigeni ad alto dosaggio o abasso dosaggio; è ad alte dosi, adesempio, la quasi totalità delle iposensi-bilizzazioni effettuate tramite immunote-rapia specifica sugli allergeni respiratori,e gli effetti anche positivi che ne deriva-no non sono ancora del tutto chiariti nelloro meccanismo.

Invece i trattamenti effettuati con indu-zione di tolleranza a basso dosaggio,nota da più tempo anche se meno stu-diata, sono eseguiti da pochi medici esono spesso oggetto di critica, anche sesembra ormai chiarito il loro meccani-smo d’azione.

Finora l’allergologia classica ha utilizza-to scarsamente questa possibilità diintervento, che invece costituisce unmezzo sicuro di possibile modulazionedelle reazioni dell’organismo. Però esi-stono già oggi valide alternative tera-peutiche che sfruttano la particolarerisposta dell’organismo alle basse dosi.Ad esempio Scadding e Brostoff (19)hanno proposto con successo al con-gresso della New York Academy sullatolleranza orale (1995) una terapiadesensibilizzante nei confronti degliacari, con un trattamento per via perlin-guale di dosi subimmunizzanti di aller-gene.

La sperimentazione sull’uso di “vaccini”orali a bassa dose sta continuando indiversi centri universitari, e si stanno

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verificando le notevoli possibilità del trat-tamento “vaccinale” nei confronto delleintolleranze, in particolare ad additivi econservanti; anche la tecnica di immu-nizzazione secondo McEwen (EPD-Enzyme Potentiated Desensitization)prevede l’applicazione percutaneaparenterale di dosi subimmunizzanti diantigene, con una buona percentuale disuccessi.

Al congresso della New York Academyof Sciences sulla tolleranza orale (NewYork, 1995) sono stati proposti lavorisull’applicazione terapeutica della indu-zione orale di tolleranza immunologicasu patologie come l’artrite reumatoide,la sclerosi multipla, il diabete, numerosepatologie autoimmuni e la celiachia.

LA LOW-DOSE TOLERANCEE LE IPERSENSIBILITÀ ALIMENTARI

Ora, è noto che la immunoterapia spe-cifica ad alto dosaggio nei confrontidegli allergeni alimentari può essereestremamente rischiosa per i soggettiallergici. La possibilità di agire attraver-so una induzione di tolleranza “lowdose” rende la strada della iposensibiliz-zazione nettamente più agevole.

Non solo è possibile, in linea teorica,individuare la dose di desensibilizzazio-ne idonea al singolo soggetto, ma èaddirittura possibile cercare una doseparticolare che consenta di inibire lereazioni autoimmuni, allergiche, ocomunque di ipersensibilità, ancheverso antigeni diversi, presenti nellostesso soggetto. E’ stato possibile verifi-care questo tipo di meccanismo nellaiposensibilizzazione a basso dosaggiosia nei confronti di alimenti, sia nei con-fronti di allergeni respiratori. Nel primocaso si è verificato che la somministra-zione di un antigene alimentare (adesempio uovo) provocava anche la

scomparsa della reattività ad alcunealtre sostanze (in genere grasse, comelecitina di soia e oli di semi). Nel secon-do caso si è visto che soggetti affetti dapoliallergie respiratorie (ad esempio abetulla e graminacee) iniziavano un trat-tamento iposensibilizzante alla betulla, eproseguivano con lo stesso trattamentoanche durante la stagione delle grami-nacee, con ottimi risultati di controllodella sintomatologia. In questo caso l’a-zione ipotizzabile (essendo sicuramentetrascorsa la stagione delle betulle) è lapossibile inibizione accessoria di anti-geni similari (come nel caso dei grassi)o anche completamente diversi.

Com’è avvenuto nei lavori di iposensibi-lizzazione attraverso l’EDP (EnzymePotentiated Desensitization) di McEwen(20), in molti casi l’iposensibilizzazioneorale a bassi dosaggi ha consentito diagire in termini tollerogeni anche insituazioni in cui gli alimenti non tolleratierano ubiquitari, facilitando radicalmentel’attuazione di una corretta dieta di elimi-nazione o di rotazione (*).

Ci si può chiedere che cosa – a livellosociale e commerciale – abbia impeditofino ad anni recentissimi l’evoluzione elo studio dell’iposensibilizzazione abasso dosaggio. La risposta, già data inaltre sedi, è forse il fatto che la medicinamoderna ha una propensione verso ilfenomeno acuto e ben evidenziabile,avendo perso già da molto tempo lacapacità di percepire i fenomeni più fini:che pure esistono, sono talvolta sempli-cissimi, e hanno una portata molto piùampia di quanto sia lecito aspettarsi.

LA TOLLERANZAA BASSO DOSAGGIO E IL TEST DRIA

Il test DRIA consente di individuare, peri singoli alimenti, la particolare diluizioneche agisce in senso neutralizzante sui

(*) Più recentemente (1997) a Sydney è stato proposto l’uso di un iposensibilizzazione orale al nichel, che consente il controllo della der-matite allergica, anche senza alterazioni della dieta (21).

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singoli pazienti ipersensibili: in pratica,la Dose di Neutralizzazione. E’ possibi-le infatti affiancare alla terapia dieteticala somministrazione di diluizioni alimen-tari a basso dosaggio, prodotte col

nome di DRIASOL, che vengono spedi-te al medico direttamente dalle caseproduttrici, e per i pazienti sono disponi-bili in farmacia. Per ogni informazionebasta chiedere alla Driatec.

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CONCLUSIONI

Non sempre è possibile eliminare del tutto il fenomeno infiammato-rio cronico che sta alla base delle forme allergiche. I tentativi diinterferire con la sostanza responsabile (i vaccini) o coi sintomi cheproduce (cortisone, antistaminici) danno talora degli ottimi risultati,ma spesso anche dei risultati deludenti. L’obiettivo è interveniresulla persona intera, cercando di riattivare in lei la capacità di adat-tamento che è propria di ogni essere vivente.

Dobbiamo ricordarci che possiamo interferire su un fenomeno infiam-matorio cronico - oltre che agendo sulla sostanza allergizzante -almeno ad altri tre livelli:

a) alimentare, controllando la sensibilità agli alimenti e quindi ridu-cendo l’immunoflogosi totale;

b) neuropsichico, richiamandoci al rapporto fra le emozioni e lereazioni organiche, che la neuroimmunologia ha finalmente sdo-ganato dalla pura soggettività;

c) ambientale-ecologico, imparando a conoscere e controllare(poiché non è possibile eliminarle) le fonti inquinanti vicine alpaziente.

In questa logica a tutto campo, la rieducazione o la guarigionedella malattia sono possibili . Mentre la tendenza attuale dellamedicina classica è quella di comunicare ai paziente una diagnosi diallergia vissuta come “condanna a vita” e controllabile solo con l’uso(a vita) di farmaci palliativi. Alcune situazioni di questo tipo esistono;ma non è etico considerarle l’unica realtà possibile. Esistono altrestrade, e il test DRIA è uno degli strumenti che ci permettono diesplorarle.

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Per un’ampia trattazione generale, vedi:

- Speciani AF, Gianfranceschi P, Fasani G, Le ipersensibilitàalimentari: aspetti scientifici e non convenzionali – TecnicheNuove, 1995 Milano

Altri articoli significativi

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