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In questa diapositiva vengono riportate alcune informazioni circa il paziente oggetto del caso clinico. Si discuterà di un uomo di 77 anni, con malattia renale cronica in stadio CKD 5 n-d, che inizia un percorso con terapia nutrizionale per rifiuto della terapia sostitutiva dialitica.

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In particolare, viene utilizzata una terapia dietetica a bassissimo apporto proteico (0,3 g di proteine vegetali/kg di peso corporeo), con apporto calorico di 35 kcal, integrata da una miscela di aminoacidi e chetoanaloghi.

Il chetoanalogo, attraverso il processo di transmetilazione a livello epatico, si coniuga con l’urea e si trasforma in aminoacido essenziale. In questa maniera pertanto diviene possibile ridurre i livelli di urea plasmatica, sintetizzare aminoacidi essenziali non introdotti dalla dieta e ridurre il carico di fosforo e di valenze acide (correzione dell’acidosi).

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In questo caso clinico la restrizione proteica e fosforica (300-400 mg/die) con dieta vegetariana e chetoanaloghi ha fatto rientrare nel range di normalità i valori di fosforo e PTH e ha consentito di ritardare l’inizio della dialisi.

Non vengono riportati i dati fino al 2011, in quanto non si hanno variazioni rispetto ai controlli precedenti.

Il paziente sospende spontaneamente il trattamento dietetico e non si presenta ai controlli ambulatoriali fino al giugno 2012, quando riprende a eseguire controlli ematochimici e visite ambulatoriali.

A fine 2012 viene ricoverato e nel corso della degenza si allestisce FAV continua con terapia dietetica. A fine febbraio 2013 il paziente è ancora in trattamento conservativo.

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In questa diapositiva viene illustrato l’andamento nei primi 24 mesi di terapia nutrizionale dei livelli di calcio, fosforo e PTH. Come si può notare, si ha un decremento rapido dei livelli di PTH, fino a rientrare nel range di normalità; si registrano un netto calo dei livelli di fosforo e un incremento dei valori di calcio.

Va ricordato che i chetoanaloghi sono preparati sotto forma di sali di calcio, per cui hanno anche una funzione di supplementi di calcio e di chelanti del fosforo (per quanto il carico di fosforo sia ridotto con questo schema dietetico a 350-400 mg/die).

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Nel periodo in cui il paziente ha spontaneamente sospeso la terapia dietetica a basso apporto proteico si osserva un incremento dei valori di urea, creatinina e PTH.

Nel giugno 2012 ripresa della dieta vegetariana e temporaneo utilizzo di chelantidel fosforo per iperfosforemia.

Dopo 8 settimane di trattamento con chelanti e dieta vegetale, rientro della fosforemia nei limiti e riduzione del 40% dei livelli di PTH.

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Le linee guida KDIGO suggeriscono nei pazienti con CKD 3-5 n-d il mantenimento della fosforemia entro il range di normalità; per i pazienti in dialisi (CKD 5 d) si suggerisce di portare la fosforemia verso il limite superiore del range di normalità.

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Quali sono gli interventi possibili per raggiungere una fosforemia più bassa possibile? Sicuramente un ruolo è quello dato dai chelanti del fosforo, ma anche un corretto intervento nutrizionale può contribuire, in maniera significativa, al controllo della fosforemia.

Una dieta con ridotti apporti proteici riduce il carico di fosforo (600-800 mg/die) e, se il paziente è compliante, una dieta vegetariana (0,3 g di proteine/kg di peso) riesce a ridurre il carico di fosforo alimentare a meno di 400 mg/die.

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In questa elegante revisione, Kalantar-Zadeh e collaboratori esaminano in maniera dettagliata le fonti del fosforo alimentare. Come è noto, essendo il fosforo un elemento biologico essenziale, è necessario per le normali funzioni cellulari. La maggior fonte di fosforo nell’alimentazione consiste nelle proteine di origine animale, in particolare i prodotti caseari, le carni e il pesce.

Nell’ambito dei prodotti alimentari, un ruolo particolare viene giocato dalle proteine di origine vegetale. Infatti, a parità di apporto proteico (e con valori di fosforo simili), solo il 50% del fosforo contenuto nelle proteine vegetali è biodisponibile, e quindi viene assorbito. Ciò è dovuto alla mancanza nell’organismo umano dell’enzima fitasi, che riduce la biodisponibilità del fosforo.

Infine, nella review si richiama a porre una particolare attenzione ai cibi in cui vengono aggiunti additivi (fosforo completamente assorbito). Nel caso di enriched meals o bevande gassate, il fosforo aggiunto come additivo è completamente assorbito, determinando quindi un carico eccessivo di fosforo nella dieta. In pazienti uremici o dializzati con elevata fosforemia si rende necessaria un’attenta analisi dietetica, al fine di evidenziare eventuali abitudini alimentari non corrette.

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In questo lavoro di Sherman e Mehta è ben evidente come l’aggiunta di conservanti aumenti anche in maniera considerevole il contenuto di fosforo e potassio.

Nel contesto di un’alimentazione particolarmente ricca di queste sostanze (spesso gli additivi alimentari non sono riportati nelle etichette) la fosforemia può essere significativamente superiore a quella correlata a un regime dietetico in cui l’apporto di tali additivi è limitato.

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In questa diapositiva, Cupisti riporta come sui prodotti alimentari ci sia una scarsa, se non assente, informazione sull’aggiunta di additivi contenenti fosforo. Deve essere ribadito che nel paziente con malattia renale cronica l’introduzione di fosforo in eccesso accelera la CKD-MBD, determinando calcificazioni vascolari, aumento del rischio di morte cardiovascolare ecc.

In una corretta educazione alimentare, ai nostri pazienti devono essere forniti pertanto anche gli strumenti per poter “leggere” le etichette dei prodotti alimentari, ma soprattutto per scegliere alimenti senza conservanti.

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In questo lavoro viene valutato l’effetto della dieta vegetariana sui livelli di FGF23: si tratta di uno studio randomizzato, che ha arruolato 32 pazienti con GFR <50 e fosforemia normale, divisi in 2 gruppi. Il gruppo A riceveva per una settimana una dieta strettamente ipoproteica (very low protein diet, VLPD) e la settimana successiva una dieta ipoproteica (low protein diet, LPD); non erano inclusi chelanti del fosforo.

Dopo una settimana il gruppo A aveva un FGF23 ridotto del 33% rispetto all’altro gruppo.

Il minor carico di fosforo disponibile nella dieta vegetariana ha determinato il decremento dei livelli di FGF23 rispetto al periodo di dieta a basso apporto proteico.

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Alla ripresa della terapia nutrizionale è evidente come sia stato possibile ricondurre i livelli di fosforemia entro i limiti di normalità, così come il livello di PTH.

Va sottolineato come il paziente abbia un filtrato (MDFRD) di soli 6 ml/min (CKD 5) e presenti valori di fosforemia e PTH sovrapponibili a quelli di un paziente con CKD 2-3.

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In conclusione, l’utilizzo di un trattamento dietetico con apporti di proteine prevalentemente di origine vegetale consente di controllare la fosforemia (e il PTH) nei pazienti uremici.

Se necessario si può ricorrere anche all’uso temporaneo di chelanti del fosforo.

Attenzione va posta anche agli alimenti con conservanti aggiunti, che possono aumentare anche in maniera notevole il carico di fosfato.

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