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GIUGNO 2016 N°3 Incontro con Andrea Caschetto di Niccolò Ferrini Venerdì 8 Aprile, nella palestra del liceo Dini, gli alunni del quarto anno della scuola hanno avuto l’occasione di partecipare ad un incontro con Andrea Caschetto, un ragazzo di 25 anni. Andrea è stato invitato dai rappresentanti del Liceo a esporre prima gli eventi più significativi della sua vita per poi introdurre la sua “grande storia”. Si è presentato come un giovane cordiale e gioviale disposto a parlare della sua infanzia con un tono ironico. Egli è riuscito a limitare una grave malattia che gli impediva alle volte di ricordare gli eventi passati; è riuscito ad accettare questo ostacolo e a conviverci con molta positività. Proprio questa positività lo ha portato, al termine dei suoi studi, a fare qualcosa di originale, innovativo e toccante: fare il giro del mondo in 80 orfanotrofi. È così che con gioia, passione, semplicità e forte intensità emotiva Andrea ha colpito il cuore di molti ragazzi grazie alle sue storie e ai video da lui presentati, girati negli orfanotrofi più fatiscenti. Andrea non solo ci ha fatto conoscere le proprie esperienze ma ci ha fornito importanti lezioni di vita, ci ha svelato i lati più toccanti della vita, più duri e crudeli e lo ha fatto con una leggerezza colloquiale con la quale è riuscito a coinvolgere e destare grande interesse in tutti i presenti. Cinque alunni della nostra scuola hanno vinto il concorso “Cittadini europei, cittadini del mondo” 2016. Quello che segue è l’elaborato di una delle vincitrici, che ha scelto di svolgere la traccia riportata in corsivo. 1 TORNEO DI CALCETTO 2015/2016 L’Ulisse IN PRIMA PAGINA: INCONTRO CON ANDREA CASHETTO “MATTI, SIAMO TUTTI MATTI!” UBI MAIOR, MINOR CESSAT

INCONTRO CON SIAMO TUTTI TORNEO DI ANDREA … · SIAMO TUTTI MATTI!” ... che gli stati moderni europei avrebbero potuto dare inizio al proprio ... non si era mai trovata ad affrontare

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GIUGNO 2016 N°3

Incontro con Andrea Caschetto di Niccolò Ferrini Venerdì 8 Aprile, nella palestra del liceo Dini, gli alunni del quarto anno della scuola hanno avuto l’occasione di partecipare ad un incontro con Andrea Caschetto, un ragazzo di 25 anni. Andrea è stato invitato dai rappresentanti del Liceo a esporre prima  gli eventi più significativi della sua vita per poi introdurre la sua “grande storia”. Si è presentato come un giovane cordiale e gioviale disposto a parlare della sua infanzia con un tono ironico. Egli è riuscito a limitare una grave malattia che gli impediva alle volte di ricordare gli eventi passati; è riuscito ad accettare questo ostacolo e a conviverci con molta positività. Proprio questa positività lo ha portato, al termine dei suoi studi, a fare qualcosa di originale, innovativo e toccante: fare il giro del mondo in 80 orfanotrofi. È così che con gioia, passione, semplicità e forte intensità emotiva Andrea ha colpito il cuore di molti ragazzi grazie alle sue storie e ai video da lui presentati, girati negli orfanotrofi più fatiscenti. Andrea non solo ci ha fatto conoscere le proprie esperienze ma ci ha fornito importanti lezioni di vita, ci ha svelato i lati più toccanti della vita, più duri e crudeli e lo ha fatto con una leggerezza colloquiale con la quale è riuscito a coinvolgere e destare grande interesse in tutti i presenti.

Cinque alunni della nostra scuola hanno vinto il concorso “Cittadini europei, cittadini del mondo” 2016. Quello che segue è l’elaborato di una delle vincitrici, che ha scelto di svolgere la traccia riportata in corsivo.

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TORNEO DI CALCETTO 2015/2016

L’Ulisse

IN PRIMA PAGINA:

INCONTRO CON ANDREA CASHETTO

“MATTI, SIAMO TUTTI

MATTI!”

UBI MAIOR, MINOR CESSAT

GIUGNO 2016 N°3

Ubi maior, minor cessat di Clara Irene Becuzzi

Secondo il grande storico britannico Toynbee gli europei oggi di fronte all’ascesa dei grandi Stati di dimensione continentale (Usa, Cina, India, Russia, Brasile) hanno la scelta tra “unirsi o perire” come i greci delle poleis di fronte all’ascesa dell’impero romano e come gli abitanti degli stati regionali del Rinascimento di fronte al consolidamento dei primi Stati moderni europei. Rifletti su questa affermazione e sul rischio che corre la civiltà europea moderna.

La storia dell’umanità è stata scandita da un continuo nascere, fiorire e decadere di numerose civiltà. Lo storico britannico Toynbee affermò il fatto che gli stati moderni europei avrebbero potuto dare inizio al proprio processo di decadenza per un’incapacità di affrontare unitariamente gli stati emergenti, come le poleis greche e gli stati regionali del passato che cedettero alla potenza dei romani e delle monarchie nazionali. Civiltà diverse, età diverse, stessa causa di rovina. Lo stato del presente a cui l’uomo è riuscito a giungere non è dunque un punto di arrivo ma solamente di passaggio.

Prendiamo in considerazione l’Europa: essa è una delle zone più ricche del globo e pone al primo posto il liberismo economico (almeno per quanto riguarda i paesi più avanzati) e la democrazia. Nel vecchio continente sembra però emergere in modo progressivo la mancanza di un aspetto plausibilmente indispensabile: l’unione in senso proprio. Tra i vari stati membri non vi è una sufficiente collaborazione in ambito decisionale tant’è che la Primavera araba, la questione dell’Ucraina, la crisi della Grecia, l’immigrazione e le guerre in Siria sono solo alcune delle tante circostanze in cui l’Europa si è mostrata divisa.

Tuttavia sulla scena mondiale risultano essersi affermati quasi completamente alcuni stati che, dopo secoli di dittature, sono riusciti a risollevarsi in un periodo davvero breve. Si tratta delle nazioni che vengono indicate congiuntamente con l’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina). Il BRIC è contraddistinto da un forte fattore demografico e deve il proprio sviluppo economico alle grandi disponibilità di materie prime, a un basso debito pubblico e a una politica che punta all’investimento. Ovviamente questo è solo un lato della medaglia: il basso costo della manodopera e il limitato rispetto dei diritti umani causa un enorme divario all’interno della popolazione. In ogni caso, questi paesi sembrano essere sulla giusta rotta per precedere economicamente la potenza europea ed essa risulta impreparata perché, tutto sommato, non si era mai trovata ad affrontare una difficoltà di questo genere.

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Secondo Toynbee, la condizione degli stati moderni europei è riscontrabile con quella delle poleis del V-IV sec. a.C.. Prima di allora nessuna civiltà era stata al pari di quella greca in ambito culturale e politico nonostante la sua popolazione non costituisse uno stato unitario e il territorio fosse diviso in città-stato indipendenti. Anticamente il raggiungimento del bene personale era vincolato al bene della propria città-stato tant’è che Protagora, sofista di Abdera, asserì il fatto che ogni individuo, prima di essere tale, era cittadino della polis a cui apparteneva. La frammentazione territoriale greca non rappresentò un vero e proprio ostacolo finché non subentrarono dapprima i macedoni e in seguito i romani. Questi ultimi, pur sviluppatisi in tempi successivi rispetto alle poleis, erano uniti e guidati da un forte spirito espansionistico. Non ci volle molto prima che i romani annettessero le città-stato al loro vasto impero. Ciò avvenne perché le poleis, abituate a conflitti tra pari (come la Guerra del Peloponneso), non compresero in tempo che l’unica strategia realmente efficace per salvarsi sarebbe stata quella di agire in modo concorde.

Toynbee sostenne che uno sviluppo simile si ebbe anche in seguito alla nascita degli Stati regionali nella penisola italiana. Essi erano territori innovativi a livello statale e finanziario ma ognuno di questi, anche se sufficientemente grande per essere autonomo, risultava troppo piccolo per ottenere l’egemonia dell’intera penisola. A causa delle guerre di predominio tra gli Stati regionali, l’Italia divenne debole e incapace di contrastare le ormai concrete minacce esterne. Si stavano difatti affermando delle monarchie nazionali che, seppur meno all’avanguardia, erano unite dal punto di vista politico e sociale. Come i romani nei confronti delle poleis, anche le monarchie nazionali considerarono il territorio italiano come una zona strategica da acquisire. Il trattato di Noyon del 1516 decretò per primo questo fatto in modo “ufficiale”.

Un altro fattore fu storicamente decisivo: la sottovalutazione delle nuove potenze. Gli stati regionali, ad esempio, credevano che allearsi con le nuove monarchie nazionali potesse risolvere la condizione policentrica italiana. Si parla infatti di “machiavellismo”, termine nato da un’interpretazione de Il Principe (opera scritta dal rinomato filosofo dell’epoca Nicolò Machiavelli), che fa riferimento all’insieme degli atteggiamenti immorali di un determinato signore che, pur di accrescere il proprio potere, si serviva di tutti coloro che gli sarebbero potuti risultare utili. Per fare un esempio, Ludovico Sforza, reggente al ducato di Milano, ritenne opportuno allearsi con la Francia angioina affinché indebolisse il regno di Napoli ma alla fine verrà fatto esiliare proprio dagli stessi francesi che avevano invaso la città aragonese. Anche nel caso delle poleis si ebbe una sottovalutazione analoga: le città-stato invero considerarono i romani come coloro che li avrebbero semplicemente liberati dal dominio macedone.

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L’Europa è in una situazione affine; i vari membri dell’Unione sono tra loro in un rapporto conflittuale generato da forti individualismi nazionali e ogni stato ha come scopo quello di emergere rispetto agli altri. Inoltre ogni paese è interessato ad instaurare un rapporto privilegiato con gli stati che gli procurano le materie prime (come la Russia) sottovalutando il fatto che il non avere un’interconnessione delle infrastrutture (comune) in Europa per l’importazione di materie prime potrebbe portare gli stati del BRIC a rafforzarsi sempre di più.

In merito agli USA, c’è da dire che essi rappresentano la parte dominante del globo fin dalla caduta dell’URSS e per questo non possono essere presi in considerazione come gli stati del BRIC. Gli Stati Uniti, se vogliamo, hanno in parte già raggiunto alcune tappe del processo previsto da Toynbee: nella Seconda Guerra Mondiale, intervenendo per liberare l’Europa dalla dittatura, non hanno esitato a disporre sul territorio basi militari, tuttora attive. Sebbene i periodi storici comparati siano nettamente diversi, l’azione degli USA allude a un “controllo territoriale” simile a quello dei romani nei confronti delle poleis (anche per esse era stata promossa la liberazione dai precedenti domini oppressivi).

Quali sono dunque i rischi per la civiltà europea se gli stati membri dell’UE si dividessero e USA e BRIC possedessero l’intero monopolio globale? Di sicuro si riscontrerebbe una grave crisi economica poiché ogni ipotetico ex membro non sarebbe abbastanza forte da competere con gli immensi stati rivali. Ciò provocherebbe un alto tasso di disoccupazione e di inflazione e quindi un maggior rischio di deficit. I titoli di stato e il debito pubblico dei singoli paesi sarebbero facilmente comprati dalle grandi potenze determinando così una perdita di controllo degli affari finanziari interni (questo è però un fenomeno già in atto). Presumibilmente si verrebbe a creare una malsana competitività tra i vecchi membri considerato che ognuno di loro vorrebbe riuscire a distinguersi e a comparire sulla scena mondiale. Anche per quanto riguarda i diritti umani potrebbero verificarsi dei cambiamenti dal momento che per garantire un sufficiente numero di entrate gli ex membri dovrebbero diminuire i costi della manodopera e aumentare le ore di lavoro (il basso indice demografico rispetto al BRIC rappresenterebbe uno svantaggio). Inoltre si formerebbero nuove frontiere che comporterebbero lo sviluppo di un protezionismo economico nazionale anziché di scambi di tipo liberista.

Se l’Europa si unisce, può realmente cambiare le cose; ne è la prova la risposta degli stati membri alle guerre nella ex Iugoslavia. Dopo la caduta del comunismo, l’UE è stata in grado di intervenire al meglio per garantire la ripresa di questi paesi (basti pensare al vertice di Zagabria). In quel momento l’unione ha fatto la differenza.

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L’Europa ha bisogno di un’organizzazione più federale, di una realtà nuova. Una realtà non esattamente come quella degli Stati Uniti poiché, nonostante vada riconosciuto che essi devono la propria condizione di superpotenza alla forma di governo della repubblica federale, milioni di persone non vengono tutelate dal sistema sanitario perché non coperte da garanzia assicurativa e il settore privato è molto più finanziato di quello pubblico (i servizi migliori riservati solo alle persone più abbienti causano un forte divario sociale).

Tutto sommato, non sarebbe la prima volta nella storia in cui ubi maior, minor cessat. Ma come tutte le altre civiltà del passato, anche quella europea ha l’opportunità di scegliere. Scegliere di commettere lo stesso errore per l’ennesima volta o scegliere di dare una svolta alla storia dell’umanità, unendosi. Questo è il momento giusto per agire, per cambiare all’insegna di un’Europa migliore che in fondo ha tanto da offrire.

“Matti, siamo tutti matti!” di Vincenzo Lovisi

Ciao Darwin non è certo il tipo di programma televisivo che non lascia l'amaro in bocca a chi ama il buon gusto, zeppo com'è d’ignoranza, pacchianeria e tanta, tanta esuberanza. Di primo acchito, infatti, si presenta come uno show di un'estrema leggerezza, privo di contenuti significativi; un circo intento semplicemente a catturare le attenzioni del pubblico più becero. Ma è davvero tutto qui? Questo sconclusionato programma non ha altre basi su cui poggiare il suo smisurato trash se non le larghe spalle del suo conduttore Paolo Bonolis? No, naturalmente. Ciao Darwin è in realtà portatore di grandi morali e insegnamenti, così grandi e gloriosi da riuscire a sostenere tutta la sua strampalata impalcatura e da renderlo il più grande varietà per ora in onda. Pensate un attimo allo svolgimento del gioco: due fazioni, totalmente agli antipodi, si scontrano in un “laboratorio antropologico” per far sopravvivere il proprio genotipo a spese di quello avversario. Il mezzo con cui possono raggiungere tale obiettivo sono delle sfide tra le più disparate, da cui esce vincitore solo chi si conquista le grazie del pubblico presente in studio; ad eccezione dell'ultima la vera ed unica prova che sancisce il più meritevole di “sopravvivere”, ovvero un gioco a quiz dove, chi ha la peggio, finisce letteralmente con l'acqua alla gola.

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Questa formula, semplice e al contempo bislacca, riesce tutte la volte a dimostrare come le categorie in cui si suddivide il mondo siano solo nella nostra testa: tutti i concorrenti infatti affrontano gli stessi pericoli, hanno le stesse paure, manifestano le stesse lacune culturali e sfoggiano lo stesso e smodato attaccamento a valori intrisi di contraddizioni. Il programma suggerisce, in parole povere, come tutti siamo, bene o male, sulla stessa barca; un’imbarcazione dove hanno ragione, e torto, tutti quanti. Ma in questa confusione, chi ha la meglio? La meglio ce l'ha colui il quale ha più sapere, più saggezza, più cultura: e non conta il giudizio degli altri, o il tuo aspetto fisico, o il tuo ceto sociale, per vincere basta avere passione per il sapere, e un po' di fortuna. Ma le gloriose basi dello show non finiscono qui, il suo insegnamento va oltre la singola puntata, il senso stesso del programma trova la sua morale ultima proprio nel ripetersi dello spettacolo. Infatti, nonostante le varie edizioni e i continui scontri, ancora l'umanità dimostra di arrancare nel capire quanto detto in precedenza, facendoci giungere ad un'unica conclusione: siamo sull'orlo di un'apocalisse. Ogni settimana, Ciao Darwin è la cronaca tragicomica dell'intera razza umana, una specie animale che è rimasta bloccata in un circolo vizioso, la quale, dopo tante lezioni, reitera gli stessi errori, senza demordere e senza rendersi conto che, tutte le volte in cui ride dei grotteschi e caricaturali concorrenti dello show, in verità altro non fa che ridere di se stessa.

Corso letterario “C’era una svolta” Incipit di Paolo Giordano

Tutti davano per scontato che la notte successiva al sabotaggio avessi dormito molto male, o non avessi dormito affatto, che mi fossi rigirato fra le lenzuola sudate in preda a chissà quale senso di colpa. Invece no. Mi ero addormentato prima delle undici, come sempre, con un numero di Rat-Man ancora fra le mani, che al mattino trovai irrimediabilmente stropicciato dal peso della mia schiena. E il rimorso per quello che avevo fatto non mi aveva colto neppure allora, se proprio devo dirlo, giusto un po’ di dispiacere per le condizioni del fumetto. Mi chiusi a chiave nel bagno, feci una doccia che saturò la stanza di vapore profumato, poi decisi di rasarmi con molta schiuma. Mia sorella sosteneva che la mia abitudine di farmi la barba a giorni alterni fosse ridicola, dal momento che sulle guance avevo soltanto una peluria rada e per di più bionda. Regolarmente si piazzava dietro la porta e iniziava a tempestarla di pugni. Era sicura che mi ostinassi nel rito della rasatura per dispetto, soltanto per impedirle l’accesso al bagno. Ma,

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come forse ho già detto, le persone danno per scontate molte cose che poi di rivelano sbagliate, e mia sorella non è di certo un’eccezione.

Era già metà febbraio, quell’anno non c’era stata neve, neppure una volta, ma il freddo non si era allentato nemmeno per un giorno a partire da dicembre. Sul ponte che attraversavo ogni mattina per raggiungere la fermata dell’autobus tirava vento di traverso e io avevo dimenticato la sciarpa. Questo mi guastò in parte l’umore. La verità è che non pensavo affatto al pomeriggio passato. C’erano altre cose più urgenti delle quali mi sarei dovuto occupare nelle ore successive: una potenziale interrogazione di chimica da scampare e, soprattutto, un mazzo di settanta prevendite per la festa di sabato che non ero ancora riuscito a piazzare.

Credo proprio che sia stato Gianluca a farmi tornare alla mente il sabotaggio. Alla fermata mi si avvicinò con un’aria da cospiratore. Aveva le spalle contratte e della sua faccia si vedevano soltanto gli occhi: il mento era infossato nella giacca e il berretto copriva per intero la fronte. Gli invidiai la sciarpa.

«Allora, che si fa?», disse, costringendomi a sfilare uno degli auricolari. «In che senso?» «Io non ho nessuna intenzione di entrare, oggi.»

«Per chimica?» Mi lanciò un’occhiata infastidita. «Ma sei scemo?»

Fu soltanto a quel punto che certe immagini del giorno prima mi esplosero nella testa come piccoli petardi. All’incirca la stessa sensazione di quando hai appena richiuso la porta di casa e ti accorgi di avere dimenticato le luci della camera accese, la finestra spalancata, le chiavi in bella vista sulla scrivania, e sai benissimo che tutto ciò avrà delle ripercussioni serie sul resto della tua settimana.

«Quindi che cosa proponi?», dissi. Cercavo lo stesso di non apparire agitato, come se non me importasse

molto, dopotutto. Gianluca si sollevava sulle punte, sul piede destro e sul sinistro alternativamente. Mi dava sui nervi. Non era stata sua, l’idea?

«Fa troppo freddo per stare fuori tutta la mattina», disse. «Io andrei e basta. Non sei un po’ curioso di vedere?» Gianluca si sfilò il berretto e prese a grattarsi la testa come un

forsennato. Avevo da sempre delle perplessità sulla frequenza dei suoi shampoo. Ci fu un movimento generale delle persone in attesa alla fermata, tutte insieme mossero un passo in avanti. Dal fondo della strada l’autobus si stava avvicinando.

Continuazione di Vincenzo Di Lillo, fra i 23 finalisti del concorso che ha avuto più di 2000 partecipanti in Italia.

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Mi rimisi l'auricolare nell'orecchio. Indicai a Gianluca il pullman e salimmo. “Singing don't worry about a thing cause every little thing gonna be alright”. La musica riprese il possesso della mia mente e le parole di Bob ebbero la meglio sui miei pensieri. Guardai fuori dal finestrino, la pista da skate, il centro commerciale, il cinema , il campetto da basket , sempre i soliti posti con la solita gente, con le solite facce e i soliti gesti. Guardai Gianluca col suo berretto da yankee, sembrava uscito da un college americano. Aveva un'espressione strana, un po' divertita un po' impaurita. Mi tolsi le cuffie. Eravamo arrivati davanti a scuola. Appena scesi dal pullman vidi Maurizio e Antonio. Tutti mi guardavano con aria interrogativa come se aspettassero degli ordini. Li salutai uno per uno con un cenno della testa poi Antonio mi chiese col suo accento romano : “Ma che entramo davero?” “Ovvio”, risposi. “Giustì te la stai facendo sotto?”, continuai. Poi tutti e tre, compreso Gianluca, mi guardarono dubbiosamente. “Ragà se non entriamo saremo i primi sospettati, andiamo e godiamoci lo spettacolo.” Maurizio buttò la sigaretta per terra, la spense con la suola della scarpa, scosse la testa in segno di rassegnazione e si avviò verso l'entrata di scuola. Ripensai al pomeriggio precedente, mi scappò un sorriso. Poi pensai al momento dell'inaugurazione, a quando sarebbero stati tolti gli enormi teloni che coprivano le facciate della palestra e sarebbe scoppiato il caos. Ripensai a Bob e a quando diceva che fin quando il colore della pelle di un uomo sarà più importante del colore dei suoi occhi sarà sempre guerra. Pensai che aveva ragione. Suonò la campanella. Entrammo in classe e ci sedemmo ai nostri soliti posti. La voglia di seguire la lezione era minima, se non nulla, come al solito. I pensieri erano tanti e si susseguivano nella testa senza un ordine definito. Intanto Gianluca aveva preso un foglio e una matita e aveva iniziato la creazione di una nuova piccola opera d'arte. Finì la prima ora, ne rimaneva solo una all'inaugurazione. La prof. di chimica, la mitica prof. Barsetti, detta anche “la Cassazione” per le sue interrogazioni che assomigliavano molto a condanne con sentenza definitiva e prive di qualsiasi possibilità di appello, entrò subito in classe. Guardò l'elenco degli alunni sul registro e poi sentenziò: “ Magrissi, alla lavagna” . Maurizio cacciò un'imprecazione piena di sentimento ed estro poi si alzò con aria sconsolata e si diresse verso la lavagna. L'ora di lezione volò, così, tranquilla per tutti noi, tranne che per Maurizio a cui volò invece un tre sul registro. Uscimmo di classe e ci dirigemmo all'inaugurazione organizzata dalla scuola per celebrare la riverniciatura della facciata della palestra. Per l'occasione erano stati invitati sindaco, vicesindaco e assessori ovvero le figure più in vista della realtà politica locale. Arrivarono con le loro tipiche camicie verdi e con la loro tipica parlata settentrionale. Io, Antonio, Gianluca e Maurizio ci

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sedemmo in prima fila, iniziavamo a provare tutti un po' di paura ma d'altronde quello era il nostro spettacolo e per tanto quelli erano i nostri posti. Finalmente arrivò il momento tanto atteso e, dopo un breve discorso introduttivo, il preside ordinò di togliere i teli che coprivano la facciata della palestra. In un attimo tutti videro l'inaspettata opera d'arte: un atleta nero con un pugno alzato verso il cielo dominava la facciata della palestra. L'atleta indossava un guanto nero ed era il simbolo della lotta all'apartheid. Il sindaco e i suoi collaboratori guardarono l'opera furiosi. Ci guardammo tutti e quattro negli occhi, eravamo fieri di noi stessi, fieri del nostro capolavoro, sì, questa volta avevamo vinto.

Leicester.. un miracolo targato Italia di Lorenzo

Franco

“Se il Leicester City dovesse vincere il campionato quest'anno, mi presenterei nudo in trasmissione...”, così aveva esordito questa estate un giornalista inglese tifoso del Leicester in maniera alquanto ironica. Niente infatti lasciava presagire qualcosa di diverso per questa piccola squadra di bassa classifica, appartenente ad una città in cui il Rugby la fa da padrone, e dove il calcio non ha mai avuto molto seguito. Tutti si sarebbero aspettati un classico campionato con eventuale salvezza o retrocessione, e invece no… Durante le vacanze estive il club annuncia l'esonero dell'allenatore, che aveva condotto la squadra ad una salvezza insperata nella passata stagione (2014/2015); al suo posto il romano Claudio Ranieri, famoso allenatore italiano dal passato più o meno glorioso in squadre come Cagliari, Fiorentina, Juventus, Roma, Inter e alcune esperienze estere tra cui una già in Inghilterra con il Chelsea. Dal punto di vista del mercato dei calciatori, non arrivano invece particolari rinforzi, e la squadra rimane praticamente la stessa della stagione precedente, ma grazie al nuovo allenatore qualcosa cambia. Già da subito infatti le Foxes, così chiamati i giocatori poiché sullo stemma del club è raffigurata una volpe, mostrano un'ottima condizione fisica e mentale e iniziano a vincere partita dopo partita. Sono in molti a stupirsi di ciò, anche se i più maliziosi e pignoli spiegano gli ottimi risultati attraverso l'intensa preparazione atletica, i cui effetti miracolosi normalmente spariscono già con l'arrivo dell'Autunno, quando i giocatori, stanchi, cominciano a piegarsi sulle ginocchia, e il loro gioco diventa sempre più grigio e lento, così come la caduta inesorabile delle foglie dagli alberi in questa stagione. Ma questo non è il caso del Leicester; infatti con il passare del tempo, il gruppo acquisisce sempre più compattezza, il gioco si fa più interessante e, complice anche un

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fallimentare campionato da parte delle grandi squadre, i ragazzi di Ranieri si ritrovano all'inizio del 2016 in testa alla Premier League, secondo molti il campionato più duro e affascinante, con il solo Tottenham ad inseguire a poche lunghezze, mentre tutto il mondo ormai è affascinato e già grida al miracolo. Le Foxes sono già degli idoli per appassionati di calcio e non, e tutti ormai faranno il tifo per loro fino alla fine, anche se non dovessero riuscire ad arrivare primi a Maggio. Ma il miracolo continua, questo è l'anno di Ranieri e del suo Leicester e nessuno può arrestare la loro cavalcata verso il trionfo e la gloria. La squadra dispone di alcuni giocatori che hanno subito una crescita fenomenale nel corso del tempo. Il giocatore-simbolo della squadra è il bomber Jamie Vardy, idolo indiscusso della tifoseria, che fino a pochi anni fa, giocando in categorie dilettantistiche, per mantenersi lavorava in fabbrica e che ora è divenuto il mito calcistico di una generazione. Ma il merito del successo va anche a Ryad Mahrez, trequartista algerino, eletto miglior giocatore della Premier League in questa stagione; e come dimenticare il capitano Wes Morgan, il portiere Kasper Schmeichael (figlio d'arte) e tutti gli altri?! Ovviamente una grandissima porzione del merito va anche all'allenatore, che ha saputo cambiare magistralmente la mentalità dei suoi giocatori, trasformandoli in vincenti, ed è riuscito ad unire benissimo il gruppo con una semplicità infinita; tutta questa città inglese a un centinaio di Km da Londra, si è unita ai calciatori e si è trasformata nel 12° uomo in campo. Ogni domenica infatti il pubblico del King Power Stadium è sempre stato a fianco della squadra, che ha saputo ricambiare questo affetto con un regalo che nessuno si sarebbe mai immaginato: il piccolo Leicester, Cenerentola della Premier League, campione d'Inghilterra. Ebbene sì, alla fine le Foxes ce l'hanno fatta, sbancando letteralmente i bookmakers che a inizio stagione quotavano 5000:1 la loro vittoria finale. Grazie al pareggio contro il Manchester United e al pareggio del Tottenham con il Chelsea, la ex di Ranieri (guarda caso), il Leicester ha conquistato matematicamente il titolo. Il 7 Maggio al King Power si sono svolti i festeggiamenti con l'alzata della coppa, conditi da un perentorio 3-1 sull'Everton. A Leicester questo giorno non lo scorderanno mai, perché fiumi di turisti da mezza Europa hanno invaso la cittadina per festeggiare insieme agli abitanti del posto una favola divenuta realtà, un sogno pazzesco praticamente inimmaginabile...lo tramanderanno alle generazioni future, sicuramente!

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Torneo di Calcetto di Marco Vignudelli

Sono stati 3 mesi intensi, 58 partite, 28 squadre e più di 200 giocatori iscritti a questo torneo di calcetto. Non c’è mai stata una partecipazione così ampia nella storia recente del Dini. Il credo di noi quattro rappresentanti sin dall’inizio dell’anno era proporre attività quasi completamente gratuite aperte a tutti ed infatti così è stato. Grazie agli immensi sforzi fatti siamo riusciti ad organizzare addirittura tre balli in modo da avere risorse finanziarie a sufficienza per coprire tutte le attività. Il torneo vero e proprio (il costo del campo in pratica) è venuto a costare un po’ meno di 2000 euro che, per alcuni di voi, potranno sembrare un sacco di soldi ma potrete trovare conferma dai più esperti che il prezzo che siamo riusciti a strappare è stato molto buono. La finale invece è stata una cosa pianificata da molto tempo: doveva essere qualcosa di strepitoso che riuscisse a coinvolgere tutti in modo da ripagare coloro che non avevano preso parte al torneo, e infatti così è stato! Alla finale c’erano più di 300 persone sugli spalti, molti da altre scuole (anche rappresentanti d’istituto invidiosi) che sono rimasti letteralmente a bocca aperta per l’organizzazione e il costo a testa per i partecipanti al torneo (siamo una delle pochissime scuole che organizza il torneo di calcetto così seriamente senza costi per i ragazzi). A inizio torneo abbiamo chiesto un contributo di 2 euro a giocatore che sono serviti a coprire le spese superflue che non avevano a che fare col torneo vero e proprio (premiazione, medaglie e rinfresco). Per preparare la finale abbiamo lavorato tre settimane tra giri ai supermercati ore e ore al telefono con fornitori vari ecc. ma il risultato ha ripagato tutti gli sforzi. C’è infine da sottolineare la strepitosa vittoria del torneo da parte dei Döner Kàleb per 4 a 3 contro gli Scarsenal che hanno avuto l’onore di essere premiati da sua maestà Albino!

L’ultima avventura di Pablo di Alessio Dué e Federico Fiaschi Mezzolla

Anno 20**, Pergamon Museum, Berlino

Pablo trattenne il fiato mentre inseriva i codici di sicurezza rubati. Il più piccolo errore poteva essergli fatale. Un colpo impossibile, ma non per lui;

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già si compiaceva al pensiero della faccia delle guardie quando si sarebbero accorti del furto del secolo. All'improvviso scattò l'allarme, ma Pablo non si fece prendere dal panico: anche questo rientrava nei piani. Un drone lo aveva fatto scattare dall'altra parte dell'edificio, vicino all'altare di Zeus. Aveva i minuti contati per correre fino al suo obiettivo e attivare il teletrasportatore: aveva già piazzato l'altro nel suo caveau nel cratere del Vesuvio. Scivolando sul pavimento, arrivò in pochi secondi all'opera d'arte: la Porta di Ishtar, un enorme monumento babilonese, che rappresentava il sogno di molti collezionisti. Piazzò il dispositivo e lo attivò con un click. L'opera scomparve con Pablo.

L'ispettore Zwei giunse al museo appena venne informato dell'accaduto; iniziò subito le indagini: un furto del genere richiedeva la massima priorità e discrezione, i giornali non dovevano sapere niente, data la dimensione dello scandalo. Ispezionando la scena del crimine tentò di immaginare come il misterioso ladro avesse potuto rubare un'opera di quella grandezza senza farsi notare ed eludendo tutti i sistemi di sicurezza. Conosceva una sola persona che poteva mettere in atto un furto del genere, ma non era il caso di saltare a conclusioni affrettate: prima aveva bisogno di prove. Infilò una mano nella tasca per prendere il suo taccuino, ma trovò un biglietto da parte di un certo Pablo: il suo istinto non si era sbagliato.

Vesuvio, Napoli

Il genio del crimine si materializzò nel suo covo assieme alla refurtiva: la tanto agognata opera occupava un posto d'onore tra i suoi innumerevoli trofei. Lì lo attendeva Baldassare, il suo fidato maggiordomo, che subito lo accolse con un: “Bentornato, signore. Debbo dedurre che il colpo sia andato a buon fine.” “Splendidamente, amico mio: sono rimasti di stucco.” “Me ne compiaccio, signore; desidera festeggiare il suo ennesimo colpo ben riuscito?” “Stappa una di quelle bottiglie rubate lo scorso anno, sono molto soddisfatto del mio lavoro!”

Ufficio dell'ispettore Zwei, Berlino

Hans Zwei stava riflettendo sul caso quando ricevette una telefonata anonima: rispose. “Ufficio dell'ispettore Zwei. Con chi sto parlando?” “Crrr… Non le è dato saperlo. Ho un'informazione che potrebbe interessarla crrr...”

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La chiamata era disturbata. “Parli!” “Crrr… so dove avverrà il prossimo colpo del ladro Pablo” “Perché dovrei crederti?” “Il suo prossimo obiettivo è l'obelisco di crrr...” tu… tu… tu… La telefonata terminò. Qual era la maggiore sfida per Pablo? L'obelisco di Washington, ovviamente! Allertò immediatamente l'ufficio di Washington: questa volta non gli sarebbe sfuggito. Fece mobilitare FBI, CIA, Marines e NSA.

Washington DC, USA

Una figura incappucciata si stava avvicinando al Monumento a Washington, l'obelisco situato nei pressi della Casa Bianca. Pablo si stupì dell'elevata sorveglianza; sarebbe passata inosservata a chiunque, ma non al suo occhio esperto. Attivò un radiocomando: subito una nuvola di fumo avvolse la Casa Bianca e la zona circostante al monumento, distraendo la sicurezza: ora poteva attivare indisturbato il raggio rimpicciolente camuffato da fotocamera; contemporaneamente estrasse dal suo zaino il suo mini-jet pack e prese il volo con l'obelisco. Quando le guardie se ne accorsero fecero partire due caccia che immediatamente si accostarono al ladro cercando di costringerlo alla resa, ma Pablo, grazie ai suoi trucchi e con qualche ammaccatura, riuscì a fuggire.

Covo di Pablo nel Vesuvio, Napoli

L'abile ladro ritornò malconcio al suo amato rifugio. Ma lo attendeva una terribile notizia: tutti i suoi tesori erano scomparsi, Baldassare compreso! C'era solo un biglietto lasciato sul pavimento:

Alla prossima, signore. La ringrazio per tutti i suoi regali! -Baldassare

Pablo, adirato, si disse: «Il mio fidato maggiordomo mi ha tradito! Ma ora la mia vendetta sarà terribile! Questo luogo è ormai compromesso, lo devo abbandonare: con il mio stile, ovviamente!» Poco dopo, una piccola sagoma si allontanò volando dalle pendici del Vesuvio, che subito dopo esplose in un abbagliante lampo rosso ed in un fragore tremendo.

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GIUGNO 2016 N°3

Ufficio dell'ispettore Zwei, Berlino

L'ispettore ricevette la notizia attraverso la polizia di Napoli: era esploso il Vesuvio! Ma la notizia più importante era il ritrovamento di un cadavere incenerito, corrispondente ai parametri biometrici di Pablo. Era dunque finita la sua incredibile storia fatta di furti memorabili e di intricatissime fughe? Zwei decise di osservare di persona la zona dell'esplosione e di verificare se effettivamente il corpo fosse di Pablo. Era ragionevolmente sicuro del fatto che la sua morte fosse un trucco architettato per far interrompere le ricerche, ma non poteva appurarlo se non presentandosi sulla scena del presunto ultimo spettacolo del famoso ladro. Si stava preparando per partire quando ricevette una telefonata dai suoi agenti in Italia: aveva dimenticato di avere uomini sul campo! Ancora una volta il suo istinto aveva colto il segno, era davvero una montatura ordita da Pablo, probabilmente al fine di agevolare la sua fuga.

Da qualche parte in cielo, rotta verso le Hawaii

Si era portato dietro il suo intero arsenale: la sua diabolica vendetta stava per compiersi! Ma prima avrebbe dovuto ritrovare la sua vittima, il suo ex maggiordomo Baldassare. Un gioco da ragazzi, grazie ai localizzatori piazzati nella refurtiva; nessuno poteva prendersi gioco di lui! Baldassare gli aveva sempre raccontato che il suo sogno era quello di ritirarsi in un'isoletta delle Hawaii con una noce di cocco all'ombra di una palma. Se il localizzatore non sbagliava, il traditore si trovava da qualche parte sull'isola Niihau.

Dall'alto del suo elicottero lo individuò su una tranquilla spiaggia a nord, ma c'era qualcosa di sospetto: non c'era alcun luogo possibile sull'isola dove nascondere tutta la sua refurtiva, se non… nell'oceano? Si lanciò con il paracadute verso Baldassarre per coglierlo di sorpresa, ma era una trappola, e al contatto con il suolo scattò una botola che lo fece cadere per altri 200 metri sotto il livello del mare. Era una delle entrate segrete per il covo del suo maggiordomo: lo stava aspettando.

“E così, ci ritroviamo…” esordì Baldassarre. “Sarà l'ultima volta!” Con un repentino gesto della mano azionò una

cintura esplosiva. La detonazione fu devastante: quella era l'ultima risorsa di Pablo.

Fine, o quasi…

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Il capitano di Matilde Tizzani

20 Aprile. Partita allo stadio Olimpico tra Roma e Torino. Al 41' minuto del secondo tempo sul punteggio di 2-1 per i granata, Spalletti getta nella mischia il capitano giallorosso. Pochi secondi, punizione di Pjanic, sponda di Manolas e spaccata sul secondo palo di Totti. Gli sono bastati 23 secondi per segnare il gol del pareggio. E l'Olimpico in piedi, carico di gioia, euforia, adrenalina per un gol che "Er Pupone" regala alla sua squadra. Con questo gol divampa la speranza di riuscire a portarsi a casa anche questa partita. L'ennesima con il capitano in campo, che come un generale dell'Antica Roma guida i suoi compagni in battaglia. Tra loro c'è ben altro che complicità, sono una famiglia, la famiglia di ogni romano e tifoso di questa grande squadra. E lui, l'inimitabile Totti, si rallegra, saltando sotto la curva Sud, di questa grande possibilità che ha concesso ai romani. Poi l'azione ricomincia. A 6 minuti dal novantesimo minuto Perotti crossa, deviazione di Maksimovic e stavolta Calvarese concede il rigore. Lo stadio intero si blocca, i respiri cessano, gli sguardi di tutti i tifosi fermi immobili su quel pallone; è come se il tempo si fosse fermato, anche lui curioso di vedere l'esito di questa partita, destinata a rimanere nella memoria di molti. Il capitano. È lui che ha in mano tutto il potere, è lui che determina il risultato della partita. L'arbitro fischia, Totti parte e fa gol! Fa secco Padelli e porta a casa quel gol, uno dei 248 che lo rendono detentore del record. Lui, Francesco Totti, la cui carriera a 40 anni dovrebbe vedere le prime luci di un tramonto, brilla ancora; continua ad illuminare la vita di milioni di tifosi che con le lacrime agli occhi lo applaudono. Con lui hanno vissuto le più belle vittorie, le più amare sconfitte. Con lui hanno condiviso una vita intera e dopo tutto ciò continuano a rimanere sbalorditi dalla bravura di quello che un tempo era "il bimbo de oro" e che ora è il CAPITANO!  Niente da aggiungere, lui rimane uno dei migliori giocatori di tutti i tempi, non solo per gli innumerevoli tiri che ha segnato, ma per tutto quello che c'è dietro: la dedizione, la passione, lo sforzo per un amore comune. La sua gioia l'ha lasciata trasparire in un piccolo e dolce " Ti amo" alla sua Ilary. La grandezza di un uomo si vede da come tiene alle cose e alle persone.

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GIUGNO 2016 N°3

Sponsorizzato da: British School Pisa

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Caporedattori: Giacomo Castellani, Alice Petrillo

Impaginazione: Alessio Cipolli, Giacomo Castellani

Redattori: Clara Irene Becuzzi, Francesco Fiorini, Gaia Egizzo, Matilde Tizzani, Stefano Ceccanti, Sundus Khalil, Lorenzo Franco, Laura Barsuglia, Vincenso Lovisi.

Hanno partecipato: Pietro Gizzi, Gaia Egizzo, Alessandro Celandroni, Marco Vignudelli, Margherita Mordini, Martina Mughini, Martina Carrara, Serena D’Angelo, Niccolò Ferrini, Vincenzo Di Lillo, Alessio Dué, Federico Fiaschi Mezzolla.

LA REDAZIONE