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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino" Pompei 15 maggio 2015 workshop 2 Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

INDICE DEL Scelte a misura di bambino Pompei 15 maggio ... Convegno Studi/Fascicolo... · 1. DOCUMENTO BASE DEL WORKSHOP Finalità e genesi del documento. La finalità del presente

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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INDICE DEL

FASCICOLO

Convegno Nazionale di Studi

"Scelte a misura di bambino"

Pompei 15 maggio 2015

workshop 2

Prevenire le cause degli allontanamenti

promuovendo reti di solidarietà

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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- INDICE -

1. Documento base del workshop .......................................................................................... 3

2. Affiancare le famiglie fragili (abstract intervento di don Simone Bruno) ..................... 5

3. Costruire una rete di gruppi di famiglie solidali a partire da percorsi per genitori (abstract intervento di Rosanna Santoro) ...................................................................... 6

4. Introduzione ai “Nuovi Cortili”

(relazione di Marco Giordano) ...................................................................................... 7

4. Interventi programmati, commenti sul forum online, contributi

Abstract Marco Bellavitis, Coop. L'Accoglienza, Ass. Casa Betania (Roma) ................ 18

Abstract Pasquale Addesso, Ass. Cometa (Como) ....................................................... 19

Abstract Romana Perin (Milano) ................................................................................... 20

Abstract Salvatore Carbone, Coop. La Nuova Arca (Roma) ........................................ 21

Contributo Fondazione Paideia (Torino) ........................................................................ 22

Commento sul Forum Adriana De Trovato, AFAP (Palermo) ...................................... 24

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Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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1. DOCUMENTO BASE DEL WORKSHOP

Finalità e genesi del documento. La finalità del presente documento, elaborato a partire dai

contenuti e dagli interrogativi posti durante i lavori dei laboratori online e dei Convegni di Studi del

2013 (Angri) e del 2014 (Pompei), è quella di proporre "ipotesi di lavoro" da discutere, modificare,

integrare, ... per contribuire alla graduale maturazione di linguaggi, approcci e percorsi comuni.

Tema affrontato dal workshop. Il workshop affronta il tema della promozione di percorsi e reti di

prossimità e di solidarietà familiare e del ruolo che queste possono svolgere nel supporto alle

famiglie fragili prevenendo le cause degli allontanamenti.

FRONTEGGIARE SOLITUDINE, ISOLAMENTO ED ESCLUSIONE SOCIALE (riflessioni tratte dal sito www.nuovicortili.it)

Precarizzazione dei legami. L’aspetto più amaro della condizione di solitudine che ogni giorno

tutti noi sperimentiamo, che in modo speciale sperimentano le cd. "famiglie in difficoltà", ma che

tocca anche quelle che apparentemente sembrano "funzionare", è legato al vivere con gli altri nella

consapevolezza di non essere con essi. Quante sono le coppie che vivono la solitudine pur essendo

in due? Quanto è diffusa la mancanza di dialogo con i figli? Come l’incedere di un tempo sociale

sempre più stressante indebolisce i legami familiari e le relazioni con il mondo esterno (i parenti, il

vicinato, …)? Non c’è tempo! Non c’è più tempo e le energie da destinare a rafforzare il nucleo

familiare sembrano ridursi sempre più! Carriera, attività extralavorative, fatiche esistenziali,

problemi sentimentali, ... occupano la vita degli adulti, mentre i piccoli crescono sempre più soli ed

insicuri. Anche l’adolescenza soffre di solitudine: mancano punti di riferimento saldi per poter

alimentare un’identità sicura. Cosa facciamo per metterci insieme e prenderci cura dei bisogni che

ciascuno di noi ha indistintamente, a prescindere dalla propria posizione economica e sociale?

Quali percorsi per le famiglie? Le ordinarie fasi del ciclo di vita di una famiglia da sempre si

caratterizzano per il sopraggiungere di crisi evolutive del sistema familiare che interpellano compiti

educativi diversi, funzionali alla crescita e al cambiamento delle fasi di vita dei membri della

famiglia. Nella famiglie accade però che facciano capolino anche eventi critici "paranormativi",

come la perdita del lavoro, la disgregazione delle relazioni familiari, … Quali possono essere in

questi casi le misure di sostegno attuabili? Quali le misure preventive? Quali quelle "riparative" e

protettive? Ormai è ben noto a tutti coloro che vivono il sociale che, laddove la famiglia esperisce

condizioni di grave difficoltà, solitudine, povertà culturale, povertà economica, povertà relazionale,

se non si attivano meccanismi riparativi, la trasmissione intergenerazionale delle carenze diventa

inevitabile! La madre di tutte le difficoltà è la crescente solitudine, o meglio l'isolamento, che le

famiglie e le persone "regalano a se stesse".

Le relazioni calde alla base della buona crescita. Occorre lavorare per alimentare la resilienza,

ossia porre le condizioni per promuovere la capacità delle persone e delle famiglie di attivare

"strategie di fronteggiamento e di riorganizzazione positiva" della propria vita, dinanzi alle

difficoltà, ridando nuovo slancio alla propria esistenza. Un tempo le relazioni di buon vicinato

creavano premesse importanti affinché vi fosse intorno a ciascuna famiglia una rete di relazioni

allargate significative, non sempre necessariamente caratterizzate dal vincolo di sangue (una sorta

di "parentela sociale"). Così, una mamma in difficoltà, un papà con dei problemi, un bambino

lasciato solo a giocare per tante ore nel cortile e i cui genitori rincasavano tardi, trovava più

frequentemente una "zia" pronta a vederlo, incontrarlo nei suoi bisogni, rispondere alle sue primarie

esigenze, soprattutto quelle affettive, … Insomma, c’erano spazi meno strutturati e istruiti, ma

grembi caldi e accoglienti pronti a svolgere la loro funzione di contenimento e di promozione di

beni semplici, ma preziosi e per lo più interiori! Cosa si può fare affinché il quotidiano non diventi

una fabbrica di solitudine che si rigenera nel passaggio da una generazione all'altra?

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Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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Attivare processi relazionali. Negli ultimi settanta anni numerosi studi hanno confermato che …

ogni persona, anche la più disagiata o problematica, ha insito in sé il potenziale interumano: è cioè

capace di mettersi in relazione offrendo benefici e traendone contemporaneamente nella

reciprocità dello scambio, grazie alla dimensione di prossimità. Questa certezza ci conferma la

possibilità di un grande potenziale riparativo e trasformazionale, rivalutante e riedificante per tutti

quei bambini di oggi (adulti di domani) e per tutti quei genitori adulti (bambini "carenziati" di ieri)

che hanno costruito un’identità personale e familiare fondata sulle carenze, sulle incapacità

interiorizzate, sulla disistima personale e sulle mancanze sperimentate! Da ciò ne deriva che non

possiamo esimerci dalla necessità di promuovere processi di alfabetizzazione relazionale! Chiunque

entri in relazione con un altro, può essere potenziale attivatore di processi virtuosi di alimentazione

della comprensione di sé, ha la possibilità di maturare fiducia e autoconsapevolezza e di ingenerare

nuova fiducia nell’altro, nuove e più evolute e consapevoli possibilità di identificazione e di

costruzione dell’idea di sé. L’interazione con l’altro infatti attiva e promuove una reciproca

trasformazione innescando l’arricchimento reciproco e, cosa non da poco, la possibilità di rinascere

a se stessi!

Oltre l’asimmetria tra benefattore e beneficiario. Va da sé che, poste queste premesse, occorre

sempre di più che propendiamo per l’alimentazione di un approccio relazionale aperto e

comunitario, superando la dicotomia famiglia-risorsa/famiglia-bisogno, perché ciascuno di noi e

ciascuna nostra famiglia è portatore/portatrice di bisogni differenti. Così approcciandoci tra famiglie

evitiamo la strutturazione di potenziali dinamiche di confinamento o emarginazione. Abbiamo la

possibilità di orientarci ad un’apertura verso la promozione, con risvolti profondamente preventivi,

di forme del pensare comunitario e del relazionarsi, nuove, le quali, pur nel rispetto della singola

appartenenza familiare, possono puntare a coniugare ampiamente generatività e comunitarietà,

sostenendo percorsi di reciprocità nella cura e nella costruzione di vicinanza tra famiglie e persone

del quartiere.

Il workshop intende riflettere su alcune delle più significative e innovative esperienze del panorama

nazionale attive negli ambiti sopra descritti:

Cooperativa Itaca di Conversano (BA): costruire una rete di gruppi di famiglie solidali a

partire da percorsi per genitori

Progetto Famiglia: la sperimentazione dei "nuovi cortili"[www.nuovicortili.it] ed i micro-

network locali di presa in carico condivisa

Simone Bruno: carrellata sulle esperienze innovative nel campo del sostegno alle famiglie

fragili tramite l'attivazione di reti di solidarietà familiare: "Una famiglia per una famiglia"

(Fondazione Paiedia), "Family Group Conference" (Cooperativa La casa davanti al Sole),

progetto P.I.P.P.I. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Università di Padova),

"Multifamily Approach".

In particolare nel workshop si punterà ad approfondire i seguenti elementi:

o è individuabile un "contenuto specifico" della solidarietà familiare? Cosa intendiamo per

solidarietà familiare? Cosa deve fare una famiglia solidale?

o quali possono essere le modalità per "abbassare la soglia di accesso" alla solidarietà onde

favorirne l'ampia diffusione presso nuove famiglie/persone? Quali modalità per far

progressivamente crescere la disponibilità solidale delle famiglie/persone? E quali modalità

per custodirla nel tempo?

o quali le modalità per favorire l'aggregazione in gruppo (group building) delle famiglie

solidali?

o quali le modalità per includere le cd. "famiglie in difficoltà", superando la dicotomia tra

benefattore e beneficato?

o quali le modalità di interazione tra reti di famiglie sodali e servizi sociali territoriali?

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2. AFFIANCARE LE FAMIGLIE FRAGILI

(Abstract intervento don Simone Bruno, Gruppo S.Paolo)

La letteratura scientifica nazionale e internazionale testimonia l’ampia diffusione dell’istituto

dell’affido familiare, sia nella sua versione tradizionale sia nelle pratiche più evolute. Nel corso del

tempo, l’affidamento ha attraversato fasi alterne, ma, a oggi, resta uno strumento prezioso per la

tutela dell’infanzia. Anche se non l’unico. Infatti, il percorso della tutela dei diritti del minore sta

entrando in una nuova fase. Secondo diversi studi, l’obiettivo della protezione del minore tende a

essere associato in modo sempre più esteso a quello della tutela e promozione dei suoi legami.

Per lungo tempo, i Servizi sociali hanno mostrato nei confronti della famiglia di origine del

bambino un atteggiamento colpevolizzante, ritenendola inadeguata perché “causa” dei traumi subiti

dal figlio. Oggi, invece, sta pian piano disegnandosi una prospettiva secondo cui la collaborazione

con la famiglia naturale del piccolo va vista come un importante obiettivo da raggiungere per

un benessere relazionale che comprende il minore e le sue reti affettive. In sostanza, ci si è resi

conto che se la “voce” delle famiglie in condizioni di fragilità venisse intercettata e accolta dagli

operatori (e non solo), essa potrebbe diventare un valido strumento. La riflessione scientifica e

clinico-sociale sta esplorando nuove soluzioni per garantire una più efficace tutela dei bambini e dei

ragazzi che vivono situazioni di rischio, per ridimensionare l’allontanamento da casa e per aiutare

i genitori a superare le difficoltà coniugali e/o educative e relazionali nei confronti dei figli.

Non va trascurato, inoltre, un elemento fondamentale: le famiglie che domandano aiuto ai Servizi,

spesso esprimono una multiproblematicità (non sempre patologica) che necessita di essere valutata

secondo un’ottica relazionale. In questo senso, quindi, diviene cruciale il lavoro con le famiglie

fragili, sia nell’ambito della prevenzione, allo scopo di evitare l’acuirsi dei problemi e degli effetti

dannosi per lo sviluppo e il benessere dei piccoli, sia per ciò che riguarda l’affiancamento e il

sostegno, al fine di migliorare o affinare le competenze genitoriali (e/o coniugali).

Poste queste premesse, l’intervento che viene presentato al Convegno ha lo scopo di introdurre gli

operatori sociali all’interno delle pratiche che allargano il raggio d’azione a tutta la famiglia in

difficoltà e che si avvalgono, oltre al contributo di operatori qualificati, anche di un sostegno non

professionale, rappresentato da altre famiglie che scelgono di mettersi in gioco per aiutare chi vive

momenti di difficoltà (relazionale, coniugale, educativa, economica, etc.). Tali pratiche non si

focalizzano soltanto sul bambino, ma chiamano in causa tutti i membri del nucleo familiare

cercando di valorizzarne risorse, abilità e competenze. E, allo stesso tempo, pongono in evidenza il

contributo significativo delle famiglie risorsa o solidali che, a motivo della loro disponibilità ad

accogliere, affiancano i nuclei familiari fragili per sostenerli nel processo di elaborazione del

disagio, di riconoscimento dei loro limiti e delle loro potenzialità, e di recupero del legame.

In ciascuno degli interventi (Multifamily Approach, Family Group Conference, Pippi, Una

famiglia per una famiglia), si porrà in risalto la preziosità della relazione come luogo di incontro e

di cura e l’importanza dell’aiuto fornito in modo discreto e flessibile. La cornice teorica di

riferimento aiuterà a riflettere su un passaggio di fondo: dall’affidamento all’affiancamento.

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3. COSTRUIRE UNA RETE DI GRUPPI DI FAMIGLIE SOLIDALI

A PARTIRE DA PERCORSI PER GENITORI

(abstract intervento di Rosanna Santoro - Coop. ITACA)

La legislazione nazionale stabilisce il principio che “il minore ha diritto di essere educato

nell'ambito della propria famiglia” (art. 1 L.184/83). Da questo principio deriva che tutte le altre

esperienze educative primarie devono avere carattere eccezionale e residuale a cui ricorrere extrema

ratio.

Diventa, pertanto, fondamentale agire sul versante della prevenzione affinché il diritto del minore

ad essere educato nell’ambito della propria famiglia diventi davvero possibile.

È necessario che la rete sia composta da differenti attori: operatori professionali, famiglie, singoli,

utenti (N.B. le differenti tipologie di attori potrebbero essere meglio dettagliate nella relazione).

È fondamentale avere sempre presente che ciascun attore agisce per soddisfare un proprio bisogno.

Sebbene i bisogni si declinino per tipologie ed intensità differenti, essi sono tutti riconducibili alla

condizione di vulnerabilità in cui ogni attore si trova.

Dunque, sebbene ruoli, aspettative e potenzialità siano diversi, vi è una simmetria di base, il

bisogno, che rappresenta la motivazione di ciascuno. (N.B. le differenti tipologie di bisogno

“tipico” degli attori potrebbero essere meglio dettagliate nella relazione)

È sulla base del riconoscimento del proprio bisogno che diventa possibile costruire legami di senso

tra tutti gli attori.

Come fare? È necessario progettare e realizzare “luoghi” in cui evidenziare tale base comune e

costruire nuovo senso.

Itaca ha sperimentato la realizzazione di alcuni progetti caratterizzati dalla “messa in gioco” di tutti

(a partire dagli operatori professionali) e dalla ridotta strutturazione delle “forme” di tali progetti

perché “anziché parlare delle cose, è meglio farle accadere”.

Parliamo di attività residenziali, parliamo di un progetto denominato “Film/families maker”,

parliamo delle due edizioni del “Convivio”.

Le attività residenziali sono consistite in cinque giorni di full immersion nel periodo estivo in cui

le attività erano un pretesto per lo stare insieme e condividere la quotidianità.

“Film/families maker” è stato un progetto realizzato con il “fondo Mimmo Bianco”, un fondo

alimentato esclusivamente da contributi di privati che si avvaleva della competenza tecnica della

società OZ Film. È stato un progetto in cui sono state messe assieme attorno allo strumento della

“produzione cinematografica”, famiglie seguite dal servizio ADE, famiglie solidali incontrate e in-

formate, gli operatori (educatori, consulenti), gli operatori stessi della società OZ Film. Tutti

assieme destinatari del progetto. Il prodotto del progetto è visibile in rete alle seguenti URL:

https://www.youtube.com/watch?v=OG6zNazB2y8

https://www.youtube.com/watch?v=WxAxnRCLOqE

Il Convivio (anziché Convegno) sottolinea, già nel termine, l’aspetto dello stare insieme e della sua

“leggerezza”. Sono due edizioni che si sono svolti di domenica in luoghi che favoriscono la

“convivialità” ai quali hanno partecipato un centinaio di persone tra adulti e minori. In essi

confluiscono attori di un territorio più ampio. Nei mesi che ne precedono la realizzazione si

svolgono delle attività preparatorie sulla base di tracce di riflessione.

L’obiettivo comune di tutte le esperienze, è quello di creare nuovi sistemi relazionali attraverso una

occasione che metta tutti assieme a fare esperienza attorno ad uno scopo che diventa a sua volta il

punto di partenza per un altro percorso.

Fondamentale resta il ruolo delle Istituzioni che devono essere disponibili ad un approccio di

progettazione concertata e flessibile in grado di adattare i percorsi alle reali esigenze degli attori.

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4. INTRODUZIONE AI "NUOVI CORTILI"

relazione di Marco Giordano (Progetto Famiglia Onlus)

INDICAZIONI GENERALI

Obiettivo. Sviluppare una rete di micro-gruppi locali di famiglie solidali (e in futuro di associazioni

locali - frutto maturo del percorso) capaci:

di svolgere attività di mutuo-aiuto e di sostegno reciproco;

di attivarsi nel sostegno/inclusione/accoglienza di bambini, ragazzi, famiglie in difficoltà,

operando in sinergia con i servizi (con vari livelli di collaborazione-propositività a seconda dei

casi) e stando in rete con altre realtà analoghe.

Percorso di sintonizzazione. La programmazione generale del percorso richiede la condivisione tra

gli operatori di alcuni elementi: dove vorremmo andare (interazione sul piano dei significati, delle

intenzioni e delle motivazioni); cosa vogliamo/possiamo fare insieme (obiettivi, azioni, tempi,

risorse, ...); quale metodo di raccordo utilizzare, ...; come formalizzare il rapporto, ... La

chiarificazione di tutti questi elementi richiede che si inizi da un percorso di sintonizzazione

preliminare.

Bricolage. Il lavoro di promozione "Nuovi Cortili" si pone, sotto vari aspetti, come percorso

innovativo e sperimentale, specie per la varietà dei contesti geografici e istituzionali nei quali trova

applicazione. La complessità con la quale ci si confronta è tale da rendere inapplicabile il classico

approccio lineare (e la connessa razionalità logico-analitica) che persegue obiettivi di efficacia ed

efficienza conducendo gli interventi mediante i classici tre passaggi della progettazione,

dell'implementazione e della valutazione (cioè il cd. lavoro di quality control del processo e del

risultato). Appare più opportuno ricorrere ad un approccio "a bricolage", cioè ad un procedere per

prove ed aggiustamenti, come quel marinaio che, non avendo una adeguata carta di navigazione

completa e dettagliata, si trova costretto a navigare a vista, confrontandosi costantemente con chi è

di vedetta. Ci si basa dunque su una razionalità pratica più che tecnico-scientifica, con un piano di

lavoro che non potrà essere pre-determinato in maniera univoca e pienamente definita, bensì

individuato "solo" in forma ipotetica.

Quasi una "RicercAzione". Il tipo di percorso che si va ad intraprendere consiste quasi in una

ricerca-azione. La comprensione della situazione, dei problemi, delle risorse, delle possibili

soluzioni, ... cresce di pari passo con l'agire, in un processo di apprendimento di cui ogni operatore

è diretto artefice. In quest'ottica il "governo" del percorso implica non tanto un trasferimento di

conoscenze e di competenze dall'alto, quanto un interscambio professionale e culturale continuo.

Vanno considerate attentamente le dinamiche relazionali e le forze sociali che aiutano o

impediscono l'azione collettiva, in quanto si tratta di trasformare da un lato un sistema sociale

complesso e, dall'altro, una prassi consolidata. Bisogna inoltre mettere in conto un aggiustamento

periodico dei piani di intervento, mai dati una volta per tutte.

Linee di azione. La diffusione di Nuovi Cortili può avvenire con modalità assai variegate, a

seconda delle opportunità e dei limiti dei contesti nei quali si opera e dei punti di forza e di

debolezza dell'intervento che si riesce a realizzare. Ogni percorso si sviluppa quindi in modo unico

ed irripetibile. Tuttavia, sulla base delle esperienze fin'ora realizzate possiamo individuare due

macro aree di lavoro, suddivisibili complessivamente in cinque linee di azione.

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Macro-area: AMPLIAMENTO DELLE FAMIGLIE SOLIDALI

Azione A: coinvolgere nella solidarietà familiare i gruppi già esistenti ed attivi nel campo

dell'educazione all'infanzia, o dell'animazione sociale o dell'assistenza alle famiglie (target

privilegiati: associazioni di volontariato, oratori e gruppi parrocchiali, gruppi sportivi,

gruppi informali);

Azione B: favorire l'emersione di nuove disponibilità di famiglie solidali (target

privilegiato: scuole elementari e medie inferiori);

Azione C: valorizzare le disponibilità delle famiglie già sensibili all'affidamento familiare

(target privilegiato: famiglie iscritte nell'anagrafe degli affidatarie).

Macro-area: CONSOLIDAMENTO DEL SISTEMA DI REGIA E SUPPORTO DELLA

SOLIDARIETÀ FAMILIARE

Azione D: consolidare micro-reti locali tra operatori "pro-sociali" del territorio (operatori

sociali, scolastici, sanitari, sportivi, parrocchiali, ...);

Azione E: mappare, coinvolgere e sostenere le famiglie solidali "Natural Aggregator"

Azione A: COINVOLGERE NELLA SOLIDARIETÀ FAMILIARE GRUPPI GIÀ

ESISTENTI ED ATTIVI

Percorsi di impegno relazionale dei gruppi "solidali" già esistenti. Uno dei punti da cui partire

per promuovere la nascita di forme di "parentela sociale" e lo sviluppo di "nuovi cortili" è il

potenziamento dell'impegno relazionale di quei gruppi di quartiere - già esistenti ed operanti - che

esprimono il loro servizio in forme varie di solidarietà verso bambini e ragazzi: attività educative,

attività sportive, attività assistenziali, ... La proposta è di proporre l'impegno di alcuni dei loro

volontari in cammini di "parentela sociale" a favore di bambini e ragazzi in difficoltà (iniziando

preferibilmente da quelli già seguiti dal gruppo): portare il bambino a fare merenda a casa propria,

accompagnarlo in palestra, interloquire con la sua famiglia per la soluzione di piccole incombenze

educative, ... queste ed altre possono essere le forme iniziali di un'attivazione solidale

individualizzata che tenta di integrare le attività "collettive" realizzate dal gruppo con l'offerta di

una relazione personale più intensa. È così che, con un impegno anche solo di un paio d'ore a

settimana ma costante nel tempo, si crea tra l'adulto ed il bambino un legame che permette a

quest'ultimo di rinforzare la propria base affettiva, di ristrutturare il proprio "stile" di attaccamento,

di maturare una migliore fiducia in se stesso, negli altri e nel mondo. Si tratta di forme di

accompagnamento che spesso, sopratutto se i gruppi sono solidi e i volontari sensibili, sorgono

spontaneamente. Scopo del progetto è sostenere/rinforzare coloro che già vivono questa importante

forma di solidarietà relazionale e, parimenti, stimolare altri volontari ad aprirsi a medesimi percorsi,

a vantaggio di ulteriori bambini e ragazzi.

Quali gruppi? Le "tipologie" di gruppi che è opportuno coinvolgere sono:

- Associazioni e gruppi di quartiere, impegnati in attività di "doposcuola", di sostegno e animazione

all'infanzia in difficoltà, di assistenza materiale a famiglie con situazioni di disagio;

- Oratori parrocchiali, gruppi ecclesiali locali attivi in campo educativo: scout, azione cattolica

ragazzi, ... (prioritariamente quelle realtà che accolgono già talune situazioni di ragazzi in

difficoltà);

- Associazioni sportive di quartiere, limitatamente a quelle che coinvolgono attivamente i genitori

dei ragazzi e che accolgono già talune situazioni di minori in difficoltà.

Modalità di svolgimento del percorso con i gruppi.

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Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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Step 1: proposta al responsabile. L'assistente sociale territoriale propone il percorso ad uno o più

gruppi già noti (e già stimati) illustrando ai singoli responsabili gli obiettivi e le modalità di

attuazione dei Nuovi Cortili.

Con i gruppi già molto attivi sul piano della solidarietà verso bambini e ragazzi sarà importante

sottolineare che non si tratta di mettere in conto attività aggiuntive, bensì di

approfondire/valorizzare quanto già fanno, intensificando la dimensione dell'accompagnamento

"individuale" dei bambini che già hanno in carico.

Con i gruppi "di nuova attivazione solidale" potrà invece essere messo in evidenza quanto questo

impegno possa arricchire di valori relazionali e di positività il loro percorso (sportivo, educativo,

assistenziale, ...) a beneficio dei bambini/ragazzi che andranno a seguire e con una crescita della

maturità/consapevolezza del gruppo stesso.

Step 2: presentazione al gruppo. In accordo con i responsabili, l'assistente sociale (in collaborazione

con il SAT d'Ambito e con Progetto Famiglia) incontra i membri del gruppo e illustra loro gli

obiettivi e le modalità di attuazione, facendo emergere le esperienze positive già in atto e

proponendo (a tutti i volontari del gruppo o solo a coloro che dovessero essere disponibili a questa

specifica forma di impegno) di svolgere un percorso ad hoc, articolato in un ciclo di incontri di

introduzione alla solidarietà familiare.

Step 3: ciclo di incontri di introduzione alla solidarietà familiare. Si tratta di un ciclo di 4-6

incontri, con una frequenza possibilmente settimanale/quindicinale, da realizzare in giorni e fasce

orarie che meglio permettono la partecipazione degli interessati. La sede, preferibilmente, sarà

quella del gruppo. Qualora questa manchi, può comunque essere utile puntare a svolgere gli incontri

in una sala del quartiere (parrocchiale, istituzionale, ...). Il ciclo di incontri è realizzato in sinergia

tra assistente sociale, SAT d'Ambito e Progetto Famiglia. A titolo di esempio, una ipotetica scaletta

di 5 incontri potrebbe essere la seguente (da calibrare/modificare in base alle specificità del

gruppo):

1° Incontro: "Bisogni, risorse e vissuti di piccoli e grandi"

2° Incontro: "Famiglie solidali: nuove e fertili modalità per la promozione di bambini, ragazzi e

famiglie. Introduzione all’educazione emotiva preventiva"

3° Incontro: "La molteplicità delle abilità della famiglia"

4° Incontro: "Il ruolo delle famiglie solidali: quali forme di sostegno? Quale mission?"

5° Incontro "Io, tu, noi, ... auto-analisi delle disponibilità personali, familiari e di gruppo"

Si prevede un incontro finale che illustri l'assetto dei servizi territoriali, informi sui vari soggetti in

gioco ed i diversi ruoli da essi svolti, richiami brevemente le principali norme di riferimento e i

principi che da esse scaturiscono. L'incontro può svolgersi a fine ciclo utilizzando, se possibile, la

sede dei servizi sociali.

Step 4. Attivazione dei percorsi di solidarietà familiare. Completato il ciclo di incontri sarà

possibile procedere con l'inizio (o il prosieguo) dei percorsi di affiancamento relazionale di

bambini e ragazzi. Sarà sempre importante custodire in tali percorsi la centralità della responsabilità

istituzionale (assistente sociale e SAT), assicurare il costante coinvolgimento dei responsabili del

gruppo, procedere tramite adeguate "progettazioni individualizzate" e relativi "abbinamenti

volontari/minorenni" (i quali richiedono la previa "conoscenza" dei volontari da parte del Servizio),

svolgere attività di monitoraggio e sostegno al percorso.

B. FAVORIRE L'EMERSIONE DI NUOVE DISPONIBILITÀ DI FAMIGLIE SOLIDALI

(percorsi con i genitori degli alunni di scuola elementare e media)

Condividere la sfida educativa. Uno dei punti da cui partire per promuovere la nascita di forme di

"parentela sociale" e lo sviluppo di "nuovi cortili" è la condivisione della sfida educativa cui i

genitori e le famiglie sono chiamati. Si tratta di un bisogno diffuso di muto-aiuto e vicinanza,

fortemente avvertito da molti genitori, che spesso resta solo parzialmente soddisfatto.

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Sensibilizzazione dei genitori rappresentanti di classe. I genitori che svolgono (o hanno svolto) il

ruolo di rappresentanti di classe si trovano al centro di uno "spazio speciale" che può favorire la

condivisione della sfida educativa. Non di rado, infatti, tra i genitori della stessa classe nascono

spontaneamente forme di mutuo-aiuto e solidarietà, assai preziose, incentrate per lo più sulla

risposta comune ai bisogni organizzativi e relazionali connessi alla cura dei figli. Altre volte invece

questi meccanismi di reciproco aiuto non si sviluppano o, più frequentemente, coinvolgono solo

alcuni genitori. Quali sono gli ingredienti che favoriscono la nascita di queste forme di vicinanza

solidale? Perché in alcune classi si sviluppano ed in altre no? Perché, nella stessa classe, alcuni

genitori ne beneficiano ed altri no? Come accompagnarne la diffusione? Come estendere queste

opportunità anche alle cd. famiglie in difficoltà? L'esperienza dimostra che, con opportuni interventi

di accompagnamento, le reti di solidarietà tra genitori possono essere sostenute sia nel loro nascere

che nel consolidarsi, fino a divenire "patrimonio" stabile per i bambini, i ragazzi e le famiglie di

quella classe e di tutto il quartiere. Per questo motivo proponiamo ai rappresentanti di classe

interessati di partecipare a due incontri di confronto e raccordo:

1° incontro:

- Figli sereni: base affettiva, resilienza e importanza di punti di riferimento adulti e affidabili.

- Alleanze tra genitori: come promuoverle?

2° incontro:

- «Come siamo messi?» Analisi condivisa dei bisogni e delle risorse delle classi dei rappresentanti

presenti all'incontro.

- Il primo passo: "mini-cicli di confronto" sugli stili educativi. - ... e poi: Crescere in "coesione

interna" e "apertura solidale"

Nota: Date, orari e luogo di svolgimento degli incontri saranno programmati di concerto con le

persone interessate, al fine di favorire la maggiore partecipazione possibile.

Percorso con i genitori di una classe. La proposta è quella di partire dalla scuola primaria o dalla

scuola secondaria di primo grado. Una volta individuati i genitori rappresentanti di classe si

lavorerà affinché essi si impegnino a collaborare con i servizi nel promuovere il percorso dei

minicicli. Nello specifico saranno i genitori rappresentanti di classe ad invitare e motivare i genitori

della propria classe a partecipare a questo ciclo di appuntamenti; essi si occuperanno anche di

curare la parte organizzativa degli incontri ( ad esempio il coffee break, che pian piano ha

l’ambizione di divenire co-organizzato e co-partecipato).

I contenuti specifici di ciascun miniciclo andranno progettati di volta in volta a seconda delle

caratteristiche specifiche delle famiglie coinvolte, dell'età dei figli, della tipologia di contesto locale

(di seguito si descrivono degli esempi generali di percorsi ed una metodologia già sperimentata da

Progetto Famiglia negli anni passati); si tratterà comunque di contenuti che non ambiranno ad

essere esaustivi della tematica educativa, ma che si porranno l’obiettivo di lanciare sollecitazioni,

stimoli, indicazioni iniziali in grado di animare il confronto tra i partecipanti di modo che, più che ai

contenuti (che comunque saranno competentemente trattati), ci sarà una particolare attenzione alla

promozione di relazioni.

L'idea portante di questa strategia è che una siffatta attività di formazione riesca a fare "emergere" i

rappresentanti di classe pro-sociali (è prevedibile che i rappresentanti di classe privi di tale

predisposizione non si rendano disponibili o non riescano a coinvolgere gli altri genitori). Inoltre

questa modalità permetterà agli operatori:

di "vedere i rappresentanti all'opera", esplorandone le attitudini naturali e motivazionali;

di leggere le dinamiche relazionali e aggregative già in atto (in vista della loro futura

valorizzazione);

di avviare - seppur in modo embrionale - una relazione di confidenza con i rappresentanti

(relazione che permetterà di coinvolgerli in ulteriori step successivi).

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Inoltre il mini-ciclo, oltre al metaobiettivo di individuare i Natural Aggregator, ha un proprio

assetto di obiettivi formativi specifici: esso avvia uno spazio di confronto e vicinanza tra le famiglie

che vi partecipano, le quali hanno così l’occasione di "incontrarsi più intimamente", e permette di:

fornire ai genitori strumenti di comunicazione atti a facilitare le relazioni tra generi e tra

generazioni;

aumentare la competenza e la sensibilità pedagogica dei genitori, attraverso lo studio

guidato, sia dei comportamenti infantili ed adolescenziali, sia delle risposte educative degli

adulti;

dotare i genitori di conoscenze specifiche, capacità e strumenti operativi in materia

educativa, con particolare riguardo ai temi dell’educazione all’affettività, alla

responsabilità, al senso critico, alla solidarietà, alla fede, …;

fornire ai genitori informazioni e competenze nel campo della prevenzione del disagio

minorile;

formare ed informare i genitori al fine di stimolare l’apertura solidale della famiglia,

favorendo esperienze di solidarietà che coinvolgano tutti i componenti del nucleo

familiare;

incontrare famiglie sui bisogni e promuoverne l’incontro tra loro sui bisogni, con la finalità

di ridurre sempre più la distanza tra famiglia risorsa/famiglia bisogno;

pensare/programmare e verificare: utilizzare questi primi cinque incontri, in larga misura

introduttivi, per rilevare i bisogni di ogni singolo gruppo di genitori, così da poter

progettare un eventuale prosieguo sulla base del fabbisogno formativo rilevato.

Si punta dunque a costruire un contesto in cui i partecipanti possano:

sperimentare un incontro profondo;

trovare i benefici della vicinanza;

promuovere le risorse di apertura all’altro (specie se in difficoltà) stimolando il desiderio di

reti di famiglie "solide e solidali".

Il mutuo-aiuto potrà così nascere spontaneamente, evoluzione naturale di un percorso di vicinanza.

Gite mensili tra famiglie e/o momenti di convivialità contribuiranno ulteriormente a consolidare la

dimensione di comunità verso la quale ci si vuole orientare.

Alle persone così individuate/aggregate saranno proposti successivamente, a cura dell’équipe del

Polo, percorsi di formazione di base sulla solidarietà familiare, con possibilità di up-grade

sull’affido familiare.

Metodologia. Durata. Ciascun mini-ciclo prevede la realizzazione di 4-5 incontri della durata di due ore ciascuno,

con frequenza settimanale/quindicinale.

Dinamica degli incontri. Gli incontri si svolgeranno secondo una modalità fortemente improntata

all'interazione. Gli incontri dedicheranno solo una parte del tempo (non maggioritaria) alla

trattazione di contenuti teorici, talvolta introduttivi a mo’ di stimolo, talaltra di conclusione. Lo

spazio principale sarà dedicato al racconto delle esperienze, alla riflessione-confronto sulle

difficoltà dell'uno e dell'altro genitore, con l’utilizzo di attivazioni esperienziali e laboratoriali per

stimolare la dimensione dell’essere famiglie insieme.

Gradualità. In questa fase sarebbe prematuro proporre ai rappresentanti di "diventare animatori di

gruppi di famiglie solidali": occorre usare grande attenzione nel rispettare i tempi di maturazione

della disponibilità (e di approfondimento del rapporto tra rappresentanti e operatori). Sarà dunque

importante limitare la richiesta iniziale alla mera organizzazione del mini-ciclo sugli stili educativi;

il resto verrà in seguito, man mano, e solo con coloro che avranno realizzato con buon profitto il

mini-ciclo.

Sede degli incontri. Per favorire il massimo della "informalità-normalità-familiarità" degli incontri,

ed orientarsi già in direzione aggregativa, è preferibile che gli incontri di formazione si svolgano

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presso l'abitazione del rappresentante di classe. In taluni casi può, invece, per un principio di

gradualità dell'approccio, essere opportuno realizzare presso la Scuola il primo incontro di

formazione (purché si tratti comunque di un incontro dedicato ad una singola classe).

Evitare cicli inter-classe o d'istituto. Non di rado capiterà di trovarsi di fronte alla proposta (da

parte di insegnanti, dirigenti, rappresentanti di classe) di organizzare l'attività formativa non per

singole classi ma per l'intero istituto o per alcune classi insieme. Si tratta di un'opzione da evitare

poiché, pur permettendo una buona trattazione dei contenuti pedagogici, comprometterebbe

drasticamente la possibilità del lavoro di "talent scouting" che si intende fare. Occorre avere sempre

ben presente che l'attività formativa sugli stili educativi, anche se buona in sé, non è fine a se stessa

bensì rappresenta il primo passo di un percorso che punta ad un lavoro di aggregazione/animazione

comunitaria e solidale delle famiglie.

Numero di partecipanti. Una buona gestione del mini-ciclo è compatibile con la presenza di un

gruppo di massimo 10-15 persone. La scelta di tenere un mini-ciclo per ciascuna classe disponibile

(evitando l'accorpamento di più classi) potrà talvolta incidere sul numero dei partecipanti che

potrebbero essere anche ben pochi. Ordinariamente l'assenza quasi totale di partecipanti sarà

indicativa della ridotta o assente capacità "aggregante" del rappresentante. In tali casi sarà

opportuno non procedere con la realizzazione del mini-ciclo. Talvolta la ridotta partecipazione potrà

essere dovuta a motivi particolari come ad esempio il periodo non consono (sarà opportuno

rimandare il mini-ciclo ad un periodo migliore). In alcuni casi il basso numero di partecipanti può

essere causato dalle particolari difficoltà del contesto sociale della classe (ad esempio per scuole che

sorgono in quartieri molto problematici ...). In tali casi anche con pochi genitori sarà ugualmente

opportuno realizzare il mini-ciclo.

AZIONE C. VALORIZZARE LE DISPONIBILITÀ DELLE FAMIGLIE GIÀ SENSIBILI

ALL'AFFIDAMENTO FAMILIARE (percorsi con le famiglie iscritte nell'anagrafe degli

affidatarie).

Il mutuo-aiuto tra famiglie già disponibili e formate all'affidamento familiare (o, addirittura, già

impegnate in percorsi di affido) è una delle forme dalle quali partire nel promuovere lo sviluppo di

reti e gruppi di solidarietà familiare.

Centrale in questo percorso è:

- puntare all'aggregazione tra le famiglie affidatarie che risiedono nel medesimo comune (o nel

medesimo quartiere, per i comuni più grandi);

- lavorare all'aggregazione tra le famiglie investendo sul ruolo delle famiglie "Natural

Aggregator"(vedi "Azione E").

La modalità consiste innanzitutto nel proporre alle famiglie già inserite in anagrafe di partecipare ad

un ciclo di incontri laboratoriali finalizzati a mettere a fuoco l'importanza del mutuo-aiuto informale

e pratico e a far emergere i primi germogli di possibili "gruppi geografici".

Individuate e formate "parallelamente" le famiglie Natural Aggregator si valuterà, in base alle

caratteristiche del gruppo, quali percorsi di empowerment attivare, sia inerenti la coesione interna

che l'attivazione solidaristica esterna. Questo potrà significare, ad esempio, attivare minicicli

formativi sui temi della genitorialità, oppure sviluppare progetti di animazione di bambini, per i loro

genitori, di entrambi insieme, ….

L’obiettivo è quello di avviare la creazione di spazi informali di incontro, confronto e condivisione

intorno alle difficoltà quotidiane inerenti la gestione della relazione genitori-figli nelle varie fasi del

ciclo di vita. Questi spazi consentiranno lo svilupparsi di un clima di fiducia e di prossimità, oltre

che di conoscenza tra le famiglie. Il mutuo-aiuto può così nascere spontaneamente come evoluzione

naturale di un percorso di vicinanza che ne ha fatte maturare le premesse. Gite mensili tra famiglie

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e/o momenti di convivialità contribuiranno ulteriormente a consolidare la "dimensione comunitaria"

verso la quale ci si vuole orientare.

AZIONE D) CONSOLIDARE MICRO-RETI LOCALI TRA OPERATORI "PRO-

SOCIALI" DEL TERRITORIO

Individuazione e "sintonizzazione" degli operatori pro-sociali. Il primo ingrediente da mettere

in conto per individuare e arruolare famiglie solidali e, in generale, per lavorare con successo alla

nascita e sviluppo di gruppi di solidarietà comunitaria, è il profilo "pro-sociale" dell'operatore (e

del servizio) che se ne fa promotore.

Nessuna tecnica è di per sé sufficiente ad assicurare il coinvolgimento effettivo e duraturo di

persone/famiglie nella costruzione di un gruppo di famiglie solidali. L'apertura di una famiglia alla

solidarietà familiare, la maturazione di una profonda e costante determinazione ad aprire le porte di

casa ai bisogni di bambini e ragazzi, alle loro storie, alle loro famiglie, l'adesione attiva e diligente

ad un progetto socio-educativo, ... sono tutti elementi di un cammino di crescita, multifattoriale e

mai del tutto compiuto, nel quale gioca un ruolo determinante l'intesa fiduciaria con il sistema dei

servizi competenti in materia ed in particolare con gli operatori sociali che più direttamente

propongono e curano, nel territorio, i percorsi dell'affido e della solidarietà familiare.

In particolare l'operatore deve saper sapientemente miscelare e sviluppare tre dimensioni:

Familiarità. Le persone che sono più vicine per cultura, ambiente e posizione sociale sono in

genere considerate meritevoli di maggiore fiducia. Quanto, come promotori dell’affido e della

solidarietà familiare, ci si rende vicini alle persone/famiglie che si incontrano? Un elemento che

certamente incide positivamente è la stabile presenza dei medesimi operatori sul medesimo

territorio. Assai deleterie in tal senso sono le situazioni di precarietà contrattuale che causano un

frequente turn over degli operatori e determinano una marcata discontinuità degli interventi.

Visibilità. È il presupposto della reciprocità. Fa compiere il passaggio dall’ignoto, fonte di ansia e

di paure, al noto. Essere visibili significa aprirsi alla condivisione, cioè alla conoscenza profonda,

non superficiale; conoscenza, appunto, e non semplice informazione sull’altro. Visibilità, applicata

all’operatore sociale significa piena trasparenza delle attività, delle funzioni, delle procedure, degli

obiettivi, … Significa rendere accessibile e non minaccioso l’avvicinarsi all’affido, mostrandolo

come un percorso, un processo di avvicinamento. Significa anche che occorre una forte coerenza

tra le rappresentazioni proposte in fase di promozione e reperimento e le successive fasi

dell’affido, affinché ciò che si propone durante la promozione non debba mai suscitare aspettative

eccessive o distorte, sempre a grave rischio di disattesa. Significa anche avere la "forza" di non

proporre a famiglie di nuova attivazione percorsi di accoglienza assai complessi e/o dagli esiti

incerti.

Verità della relazione. Questa è la parte più impegnativa perché significa investire sulla creazione

di una relazione … significa che l'operatore deve crederci (nell'affido, nell'importanza del

coinvolgimento delle famiglie solidali, nel "valore" della solidarietà comunitaria, ...). Deve

trattarsi di un incontro vero, tra persone autentiche, effettivamente dedite al servizio a bambini e

famiglie in difficoltà. Una famiglia si mette in gioco solo se "vede e sente" che l'operatore la

"vede" e la "sente", cioè se percepisce che é veramente interessato all’altro, se sperimenta l'offerta

di un rapporto simmetrico, reciproco, rispettoso. Quante volte gli operatori sviluppano con le

famiglie (affidatarie, solidali, ... ma anche d'origine) una relazione realmente tra pari (pur nella

differenza e chiarezza dei ruoli)? In questa direzione occorre che gli operatori si muovano con

sollecitudine, imparando anche a ricorrere a strumenti informali, poiché lunga è la strada e grandi

le resistenze, a partire dalle culture professionali e burocratiche.

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Attivazione/consolidamento di micro-reti locali. Un ingrediente importante nel percorso di

promozione comunitaria è il "gioco di squadra" tra gli operatori. La promozione è attuabile con

successo solo da una altrettanto solidale (e solida) rete di operatori. Solidarietà che deve

caratterizzare sia i rapporti interni al servizio sociale che i rapporti con gli altri "operatori" che, a

vario titolo, presidiano il territorio: medici di famiglia, insegnanti, parroci e catechisti, allenatori,

responsabili di associazioni, ... Pur nella consapevolezza delle tante resistenze al lavoro di rete

(personali, professionali, organizzative, istituzionali, economiche, ...) è indispensabile partire da

questo aspetto, lavorando ad una sorta di "arruolamento reciproco" tra tutti coloro (operatori e

servizi) che hanno disponibilità e capacità a mettersi in gioco. Declinata in chiave locale questa

esigenza chiede di lavorare all'intessitura di micro-reti territoriali, composte dagli operatori "pro-

sociali" che operano sul medesimo territorio.

Micro-reti che sono tanto importanti nella fase di promozione della solidarietà familiare quanto in

quella di presa in carico dei singoli casi concreti (permettendo l'attivazione di "équipe integrate di

caso" deputate alla progettazione, al monitoraggio e al sostegno sinergico degli interventi di

solidarietà familiare e di affidamento man mano avviati).

Approfondimento della "piattaforma comunicativo-relazionale". La rete non è un fiore di

campo; è un fiore di serra. Per farlo crescere bisogna coccolarlo. Lo sviluppo di un intenso lavoro

di rete richiede un lavoro preliminare di costruzione di un'adeguata "piattaforma comunicativo-

relazionale" tra gli operatori coinvolti. Questo avviene approfondendo la capacità di:

Capirsi: attivando spazi adeguati di confronto che favoriscano l'acquisizione di linguaggi

comuni, coniugando l’approfondimento degli aspetti tecnico-metodologici con la costruzione di

momenti di riflessività e di condivisione del senso dell’agire. Occorre camminare verso una

sempre più forte "fusione di orizzonti" (Gadamer). Non si tratta di una rinuncia alle proprie

posizioni, bensì di una ricerca e costruzione di significati condivisi, che si svolge nel tempo e che

implica tolleranza e rispetto delle differenze. Gli interlocutori della conversazione procedono in

maniera interattiva e collaborativa verso una comprensione dei problemi e delle posizioni altrui,

cercando di condividere una prospettiva di significati comune sulla base di quanto emerge via

via da questo rapporto. Si tratta di incrociare i giudizi, di moltiplicare i punti di vista e le

prospettive, i "registri di veridicità" (Chevallard). Bisogna arrivare a costituire un "polo

intersoggettivo" (Pellerey).

Comprendersi: lavorando all'approfondimento delle relazioni interpersonali tra gli operatori. La

comunicazione tra le persone non è costituita solo da uno scambio di intenzioni e di contenuti

verbali, essa è sopratutto creazione di relazioni reciproche, dalle quali le intenzioni e i contenuti

ricevono il loro significato pratico. L’antidoto necessario alla frammentazione degli interventi e

degli operatori è dunque la scommessa sulla costruzione di "intese interpersonali" di qualità. La

chiave di volta dell’intero discorso è dunque relazionale. Andando più a fondo possiamo

addirittura dire che tali percorsi sono innanzitutto di natura emotiva ed affettiva. Si collabora

bene se ci si “vuole bene” e se ci si “sente voluti bene”.

AZIONE E) MAPPARE, COINVOLGERE E SOSTENERE LE FAMIGLIE SOLIDALI

"NATURAL AGGREGATOR"

I "Natural Aggregator". L'esperienza empirica, supportata da numerosi studi psicologici e

sociologici sulle reti familiari, mette in evidenza che un gruppo di famiglie nasce e, sopratutto,

cresce e dura nel tempo se al proprio interno vi sono alcuni membri che, per indole propria,

stimolano lo spirito aggregativo e collaborativo tra le persone. Spirito che vivono e che trasmettono

agli altri favorendo lo sviluppo del reticolo di relazioni interpersonali e interfamiliari che da vita al

gruppo. Tali persone, che definiamo "Natural Aggregator", hanno "per natura" (o meglio per storia

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personale, carattere, status, ...) una spiccata competenza pro-sociale. Sono persone che, nella vita

quotidiana, in modo assolutamente informale e spontaneo, intessono e favoriscono relazioni "calde"

con i vicini di casa, i colleghi, i genitori dei compagni di scuola dei propri figli, ... Spesso

frequentano, a vario titolo e con varia intensità, le realtà sociali del quartiere (parrocchia,

associazioni locali, ...). Altre volte le si trova impegnate negli organi di rappresentanza scolastica. In

altri casi non sono coinvolte in contesti formali particolari, pur vivendo e diffondendo relazioni di

vicinanza. Tutte "abitano" i quartieri e i territori intessendo micro-circuiti amicali e di buon

vicinato, favorendo mutualità, realizzando piccole esperienze di solidarietà interpersonale, ...

Primo passo: "individuare" e "arruolare" i Natural Aggregator. Date le premesse di cui sopra,

un percorso che volesse favorire la nascita di gruppi di famiglie solidali farà bene a porre

l'attenzione innanzitutto sull'individuazione e sul coinvolgimento delle persone/famiglie animatrici-

intessitrici di relazioni. Si tratta di un vero e proprio lavoro da "talent scout", rispetto al quale è

opportuno precisare il profilo attitudinale e di competenze di base delle persone "Natural

Aggregator" e le modalità operative attraverso le quali si svolge l'attività di scouting.

Profilo dei "Natural Aggregator". Come già anticipato sopra, i Natural Aggregator sono persone

con una marcata indole pro-sociale, disponibili ad impegnarsi (o, spesso, già impegnati in modo

informale) come intessitori/animatori di relazioni tra famiglie. Possiedono caratteristiche personali e

relazionali tali da favorire una comunicazione efficace e da stimolare spirito aggregativo e

collaborativo tra le persone. Più in dettaglio, il profilo di tali persone è caratterizzato dai seguenti

indicatori (da tenere presenti durante il lavoro di individuazione): naturale capacità aggregativa;

buona attitudine all’iniziativa; semplicità nell’approccio relazionale; apertura agli altri; buona

competenza comunicativa; buona abilità empatica; buona capacità di coinvolgimento e di

attivazione di energie; buona capacità di attenzione al vissuto dell’altro; buona competenza nella

rilevazione degli altrui bisogni; buona capacità di leggere tra le righe del bisogno ed attivare

strategie di inclusione e condivisione; forte adesione alla dimensione progettuale di tipo preventivo.

È utile, in fase di individuazione, procedere ad un confronto d'équipe per valutare l'effettiva

presenza di tali caratteristiche nelle persone potenzialmente coinvolgibili. A tal fine è opportuno

prevedere un percorso di conoscenza e chiarificazione tramite, ad esempio, l'organizzazione di

alcuni "incontri motivazionali" rivolti alle persone disponibili.

Modalità operative di scouting dei "Natural Aggregator". Di modalità di intervento per

esplorare i territori alla ricerca di Natural Aggregator possono esservene varie, ognuna con i suoi

punti di forza e di debolezza. Il tipo di intervento deve inoltre modularsi a seconda delle

caratteristiche specifiche del territorio in cui si interviene. Si presentano di seguito le più diffuse

modalità d'azione.

Mappatura dei Natural Aggregator già noti. Il primo "metodo" da utilizzare è sicuramente

quello di tenere presenti le famiglie/persone già conosciute dagli operatori/servizi. Un operatore

"pro-sociale", specie se attivo da tempo in un determinato territorio, è - ordinariamente - in grado

di indicare alcuni Natural Aggregator conosciuti nel corso delle pregresse attività. Il primo passo

in tal senso può quindi essere quello di costruire, con un confronto tra operatori pro-sociali, una

mappatura dei potenziali Natural Aggregator già noti. Successivamente si procederà con

l'incontrare tali persone (con il coinvolgimento attivo dell'operatore territoriale che

maggiormente le conosce) per illustragli la proposta ed invitarle a partecipare agli "incontri

motivazionali".

Valorizzazione delle aggregazioni/attivazioni già in atto (vedi "Azione A"). Assai importante è,

inoltre, valorizzare quelle realtà nelle quali già si vivono esperienze di animazione/aggregazione.

Sovente queste esperienze si riscontrano in talune associazioni locali, parrocchie e gruppi

ecclesiali sensibili alla dimensione relazionale e comunitaria. Nell'approcciare questi contesti gli

operatori dovranno avere l'attenzione a "rispettarne l'identità e le dinamiche interne". In tali casi,

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essendovi già delle aggregazioni in atto, non bisognerà "arruolare gli aggregatori" (si

rischierebbe di dare l'impressione di voler "spostare altrove" le energie migliori presenti nel

gruppo). Essi sono "già arruolati" nella realtà associativa/parrocchiale/gruppale di cui fanno parte

e che già contribuiscono ad animare. Occorrerà piuttosto favorire l'arruolamento dell'intera

realtà, stimolandone l'attivazione solidale verso i bambini, i ragazzi e le famiglie in difficoltà del

loro territorio.

Percorsi di scouting dei Natural Aggregator nelle scuole elementari e medie inferiori (vedi

Azione B). Un contesto nel quale sovente emergono alcuni Natural Aggregator è quello dei

rappresentanti di classe delle scuole elementari e medie inferiori. Difatti una parte dei genitori

che si rendono disponibili a tale attività lo fanno proprio a partire da uno spiccato senso pro-

sociale. Sovente sono persone attive, non completamente assorbite dagli impegni lavorativi,

probabilmente già riconosciute da tanti altri genitori sia in termini relazionali che di affidabilità.

A differenza dei contesti associativi e parrocchiali, nelle scuole costoro non sono "già arruolati",

poiché l'istituzione scolastica - di solito - si rivolge loro solo nei momenti della rappresentanza

formale e in poche altre occasioni. Essi costituiscono quindi un bacino facilmente individuabile,

anche se occorre adottare modalità di intervento che facciano emergere quei rappresentanti che

sono effettivamente dotati delle caratteristiche del Natural Aggregator. É inoltre importante

tenere presente che, sovente, costoro hanno già intessuto, con alcuni dei genitori della classe che

rappresentano, un buon reticolo relazionale. Reticolo che andrà valorizzato mediante modalità

che coinvolgano positivamente tali aggregazioni (parte delle quali potrà maturare fino al punto

da divenire parte importante del futuro gruppo di famiglie solidali che si intende sviluppare).

Altre modalità di scouting. In ogni territorio e contesto possono essere attivate ulteriori

specifiche modalità di scouting. Molto dipende ad esempio dalle caratteristiche della "squadra

degli operatori" che si impegnano nella promozione di questo percorso. Non mancano in giro per

l'Italia esperienze e dinamiche variegate: organizzazione partecipata di feste di quartiere, di

passeggiate per famiglie, ... publicizzazione di cicli di formazione per "aspiranti animatori di reti

familiari", ... Azioni efficaci in alcuni contesti non lo sono in altri. L'elemento determinante, in

ultima analisi, non è il tipo di attività ma la capacità degli operatori di mettersi in relazione e di

stimolare processi di partecipazione.

Formazione e Monitoraggio dei "Natural Aggregator". È un percorso di formazione per le

famiglie e le persone che svolgono il ruolo di “animatrici di gruppi di famiglie solidali". Chi si

candida come “animatore” di processi comunitari deve egli stesso farne preventivamente

esperienza: per supportare positivamente gli slanci di solidarietà cui le famiglie animatrici sono

chiamate (il fare) è necessario essere consapevoli e saper gestire quanto si attiva in esse

nell’incontro con l’altro (l’essere): in quanto soggetti in relazione, l’essere va scoperto e messo al

servizio dell’azione affinando le competenze emotive. In particolare si distinguono:

Formazione iniziale (e chiarificazione "motivazionale") [4-6 incontri, con frequenza quindicinale

o mensile]. Una volta individuate le persone/famiglie potenziali “Natural Aggregator” va

avviato un percorso formativo, motivazionale e attitudinale. L'obiettivo è sia quello di sostenere

e chiarificare il ruolo di coloro che già svolgono un ruolo aggregante, sia di favorire la

maturazione/selezione dei futuri animatori. Il percorso "motivazionale" ha l’ambizione di

formare, ma anche esplorare le attitudini naturali delle famiglie/persone individuate.

Formazione permanente (cd. "AnimaRete") [2-3 appuntamenti annuali]. Si tratta di una

formazione a carattere complesso ovvero che terrà conto di tre dimensioni imprescindibili per la

gestione di gruppi di famiglie solidali: la dimensione della motivazione: significati e motivi

dell’accoglienza; la dimensione relazionale: la cura dell’aggregazione e dell’animazione

comunitaria; la dimensione dell’azione: come intervenire concretamente a sostegno di bambini,

ragazzi e famiglie in difficoltà.

Gli obiettivi formativi sono: promuovere l’esperire, ovvero la capacità di “far palestra”, di

autoconoscenza sui temi cari e funzionali all’animatore; formarsi con dovuti approfondimenti

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teorici sulle tematiche dell’accoglienza familiare; implementare le competenze nel progettare

laboratori permanenti di relazione d’aiuto.

Le aree di approfondimento sono:

l'Essere. È l’aspetto motivazionale dell’animatore di rete di famiglie ed attiene alle sue

caratteristiche di coerenza e di vicinanza agli altri, nonché alle sue risorse di leader carismatico;

il Saper essere. Inteso come aspetto relazionale dell’animatore che attiene alle sue competenze

comunicative ed aggregative;

il Saper fare. Inteso come aspetto operativo dell’animatore che attiene alle sue competenze

tecnico-teoriche che lo abilitano al compito specifico della promozione della solidarietà tra

famiglie.

Vanno approfondite anche le aree: delle Abilità comunicative, intese come abilità espressive di

base, verbali e non verbali; della Competenza comunicativa, intesa come la capacità di maturare la

consapevolezza negli approcci comunicativi e relazionali; della Capacità di rendere educativa la

dimensione relazionale con l’altro, intesa come la capacità di farsi promotori di spazi di relazioni

autentiche e accoglienti.

La metodologia di formazione è assolutamente interattiva, secondo gli approcci del “learning-by-

doing”.

Terminata la formazione iniziale si procede anche con un Monitoraggio periodico, consistente in un

appuntamento con ciascuno degli aggregatori (incontrando unitamente quelli impegnati

nell'animazione di un medesimo gruppo di famiglie solidali) per analizzare lo stato dell'arte e

accompagnare la definizione dei passi successivi.

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Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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4. ABSTRACT INTERVENTI PROGRAMMATI,

COMMENTI DAL FORUM ONLINE, CONTRIBUTI A DISTANZA

MARCO BELLAVITIS (COOP. L'ACCOGLIENZA, ASS. CASA BETANIA) ROMA

Contributo a partire dall’esperienza del “Progetto Famiglie e singoli in Rete” di Casa Betania e

Cooperativa l’Accoglienza onlus di Roma

La nostra esperienza: La nostra esperienza è nata intorno alla realtà della casa famiglia Casa Betania di Roma che ospita

dal 1993 donne in difficoltà con figli e minori in stato di abbandono (oggi in 2 case famiglia

distinte, oltre ad altre 3 per l’accoglienza di minori disabili). Negli anni la casa è divenuta un punto

di riferimento del territorio per la richiesta di tante piccole e grande necessità. La nostra cooperativa

ha quindi strutturato un percorso di “Famiglie e singoli in rete” che intende favorire l’attivazione

di risorse solidali per dare risposte a questi bisogni. In 10 anni di attività 150 sono le risorse solidali

che sono state coinvolte a vario titolo e che hanno permesso di rispondere a oltre 200 piccoli e

grandi richieste di aiuto solidale.

Fattori chiave: - Offrire alle famiglie e singoli solidali occasioni di formazione che esulano dal campo specifico

dell’essere risorsa solidale: ogni anno viene proposto un ciclo di incontri su grandi temi di interesse

culturale, educativo, sociale.

- Proporre impegni a misura della singola risorsa solidale.

Elementi di attenzione: - Il lavoro di promozione e sensibilizzazione è lento e faticoso e produce i suoi frutti solo dopo

alcuni anni.

- L’aggregazione ed il mantenimento del gruppo è tanto più efficace quanto si investe in risorse

(famiglie o singoli) aggregatrici e facilitatrici.

In relazione ai punti di confronto proposti dal documento base, le nostre riflessioni sulla base della

nostra esperienza sono le seguenti:

1. E’ individuabile un "contenuto specifico" della solidarietà familiare? Cosa intendiamo per

solidarietà familiare? Cosa deve fare una famiglia solidale?

Nella nostra esperienza chiamiamo famiglia solidale una famiglia che desidera mettersi in gioco per

piccoli e grandi impegni di solidarietà. La gamma dei servizi possibili che offriamo alle famiglie

solidali è molto ampia. A titolo esemplificativo: ripetizioni scolastiche, ripresa a scuola di un

bambino che rimane a casa fino a sera quando la mamma lo viene a riprendere, sostegno pratico per

la gestione dell’appartamento di un nucleo monoparentale, accompagno a fisioterapia di un

bambino disabile, disponibilità ad accogliere il sabato mattina i figli di una donna sola che deve

andare a lavoro. Etc.

2. Quali possono essere le modalità per “abbassare la soglia di accesso” alla solidarietà onde

favorirne l’ampia diffusione presso nuove famiglie/persone? Quali modalità per far

progressivamente crescere la disponibilità solidale delle famiglie/persone? E quali modalità per

custodirla nel tempo?

Per abbassare la soglia è indispensabile chiedere servizi a misura e con gradualità di impegno

crescente. Nella nostra esperienza abbiamo visto che è indispensabile partire con piccoli impegni.

La crescita della disponibilità potrà avvenire in funzione della disponibilità condividendo i bisogno

senza far sentire schiacciate le famiglie ma lasciandole libere. Per custodire la disponibilità nella

nostra esperienza abbiamo visto che è necessario prevedere degli spazi di incontro individuali e di

gruppo formali (gruppo di auto mutuo aiuto, incontri di formazione) ed informali (gite, cene).

3. Quali le modalità per favorire l'aggregazione in gruppo (group building) delle famiglie solidali?

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Abbiamo potuto sperimentare quanto siano importanti a questo fine soprattutto occasioni di

incontro informali come l’organizzazione di una cena o di una gita. Inoltre la vicinanza con i

bisogni a cui dare risposta attiva l’esigenza di fare gruppo comune per cercare di risolvere. Il

percorso di aggregazione è molto lungo e segnato da

successi ed insuccessi ciclici. Fondamentale il ruolo di risorse aggregatrici e trascinatrici

intermedie.

4. Quali le modalità per includere le cd. "famiglie in difficoltà", superando la dicotomia tra

benefattore e beneficato?

Nella nostra esperienza l’inclusione nasce dall’incontro e dalla conoscenza di punti di debolezza e

di risorse reciproche. Cerchiamo di organizzare momenti informali in cui tutte le famiglie possano

conoscersi: festa annuale di Casa Betania, gite di una giornata, grande cena di fine anno. Una volta

che viene realizzato “l’abbinamento” si cerca di lavorare individualmente attraverso

l’accompagnamento sulla necessità di camminare in parallelo. Le esperienze più belle sono quelle

in cui la famiglia solidale chiede aiuto per alcune cose alle famiglie in difficoltà.

5. Quali le modalità di interazione tra reti di famiglie sodali e servizi sociali territoriali?

Le modalità nella nostra esperienza sono le più varie. Generalmente esse sono tanto più forti quanto

“impegnativo” il servizio richiesto alla famiglia solidale che quindi presuppone l’elaborazione di un

progetto sociale da parte dei servizi.

PASQUALE ADDESSO (ASS. COMETA) COMO

a) E’ individuabile un "contenuto specifico" della solidarietà familiare?

b) Cosa intendiamo per solidarietà familiare?

Nell’esperienza di Cometa la “solidarietà familiare” nasce come risposta ad un bisogno della realtà.

Si tratta cioè di una scelta fatta da uomini e/o donne che incontrando il “bisogno” di altre famiglie

decidono di implicarsi in un gesto di totale gratuità. Nel tempo, ciò che spesso accade, è che la

disponibilità di un solo componente trascini anche il resto della famiglia che riscopre in tale gesto di

gratuità la sua natura originaria di apertura. La “gratuità” dell’accoglienza non ha una dimensione

temporale e/o spaziale predefinita ha tuttavia una caratteristica propria che è la “totalità” cioè che si

tratti di un pomeriggio o di disponibilità più impegnative (es. affido) l’elemento caratterizzante è

che più che un “gesto di solidarietà” verso l’altro è un’esperienza di accoglienza che mette in gioco

l’“io” e la sua libertà facendogli riscoprire la sua vera natura personale e familiare.

c) Cosa deve fare una famiglia solidale?

Nella gran parte dei casi, è la realtà che mette davanti una richiesta di aiuto.

A molti genitori manca materialmente il giusto tempo da dedicare ai figli; la crisi economica che

stiamo vivendo, aggiungendo preoccupazioni a preoccupazioni, rende ancor più difficile questa

situazione e i figli sono i primi a farne le spese in un momento in cui avrebbero ancor più bisogno di

presenze adulte capaci di aprire una speranza e una prospettiva al loro futuro così incerto.

Le famiglie in difficoltà chiedono un supporto nel percorso educativo e di crescita per i loro figli in

quanto non riescono a garantirgli quell’aiuto che, in tante situazioni, si dimostra essenziale per la

loro crescita. Alle problematiche strettamente legate all’ambito scolastico, si sovrappongono anche

quelle legate alle fasi di crescita, soprattutto per i ragazzi nella fase pre-adolescenziale; spesso

questi due elementi insieme aumentano le difficoltà all’interno della famiglia. Si tratta di situazioni

familiari di povertà e di sfaldamento della rete relazionale in particolare per i nuclei famigliari

stranieri; non meno incidenti sono le problematiche relazionali inter-generazionali, che vedono

grosse difficoltà nella pratica educativa genitoriale, scarsità di autorevolezza di giudizio e di

presenza, poca capacità di cogliere i bisogni non solo latenti, pratiche di abbandono affettivo-

relazionale e di relegazione nella solitudine, modalità conflittuali di inter-azione, incapacità

nell’accompagnamento allo studio, per le quali spesso è necessario avviare accanto all’intervento

educativo percorsi di sostegno individuali.

In queste situazioni, la presenza di una “famiglia solidale” consente al nucleo familiare in difficoltà

di poter investire ad esempio sulla ricerca o sul mantenimento del lavoro garantendo ai minori un

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percorso dedicato di aiuto e sostegno e contesti positivi di riferimento. Per altre famiglie,

l’accompagnamento si è concretizzato in una richiesta di appoggio nella gestione dei rapporti con la

scuola e con i soggetti del territorio, rivelandosi generatore di legami utili alla crescita dell’intero

nucleo.

d) Quali possono essere le modalità per "abbassare la soglia di accesso" alla solidarietà onde

favorirne l'ampia diffusione presso nuove famiglie/persone? Quali modalità per far

progressivamente crescere la disponibilità solidale delle famiglie/persone? E quali modalità per

custodirla nel tempo? Quali le modalità per favorire l'aggregazione in gruppo (group building)

delle famiglie solidali? Quali le modalità per includere le cd. "famiglie in difficoltà", superando la

dicotomia tra benefattore e beneficato?

La creazione di luoghi di incontro in cui sia possibile vedere e conoscere famiglie che già vivono

un’esperienza di gratuità in atto in modo positivo per se e per i propri figli. La condivisione delle

esperienze è un fattore fondamentale per comprendere che non occorre alcuna “capacità” particolare

e che il punto decisivo spesso non è una “professionalità” ma una posizione umana nuova capace di

uno sguardo sull’altro senza alcuna pretesa di cambiamento. Inoltre i legami che si creano tra le

famiglie consentono di creare opportunità di momenti insieme ed una condivisione che vinca il

pericolo di una “solitudine” della famiglia specie per quelle situazioni di bisogno particolarmente

difficili o in ipotesi di sopravvenute nuove difficoltà che potrebbero non consentire la prosecuzione

nel tempo dell’esperienza di accoglienza. La diffusione della “carità” non è pianificabile ma il

“metodo” è quello di “testimoni” cioè famiglie che trasmettano il desiderio di accogliere quale

esperienza di bene per sé. Ciò che è importante è che la famiglia “solidale” abbia una disponibilità

flessibile al bisogno dell’altro ciò accade quando si ha coscienza che rispondendo al bisogno

dell’altro in realtà si risponde ad un bisogno “comune”.

e) Quali le modalità di interazione tra reti di famiglie sodali e servizi sociali territoriali?

Una famiglia che vive l'esperienza dell'accoglienza vive spesso una profonda solitudine di fronte

alle sfide che è chiamata ad affrontare. Come sostenere questa "solitudine"? I rapporti con i servizi

sociali sono fondamentali in quanto nella gran parte dei casi si tratta di famiglie già seguite, ma per

le quali le azioni di supporto alla genitorialità non hanno avuto gli esiti sperati. In tali situazioni,

sarebbe molto importante che il lavoro fatto dalle “famiglie solidali” sia innanzitutto riconosciuto in

particolare per quelle esperienze in cui dalla passione educativa delle famiglie siano nati e/o

costituiti dalle famiglie dei soggetti giuridici (associazioni, etc.) che supportano le famiglie in

queste sfide educative. Si tratta, infatti, di associazioni in cui le famiglie “accoglienti” si

identificano idealmente in quanto non in rapporto di dualità ma di immedesimazione. Tale

riconoscimento può avvenire a diversi livelli: organizzazione di singole iniziative comuni, progetti

di intervento, collaborazioni stabili tramite convenzioni, accreditamento.

ROMANA PERIN (MILANO)

Accoglienza mamma-bambino e solidarietà familiare

La prassi diffusa dei Tribunali per i Minorenni è proporre, di fronte alla inadeguatezza genitoriale

della mamma, l’inserimento della donna col figlio in una comunità socio-assistenziale o terapeutica.

Si assiste a volte ad un uso indiscriminato di tale inserimento, che non ha quasi mai appello in caso

di fallimento, rendendo impossibile il recupero della relazione mamma-bambino con l’apertura di

un procedimento di adottabilità. Nel contesto in cui si colloca questo intervento, quello della

solidarietà familiare, ci si vuole interrogare sulle possibili interazioni tra reti di famiglie solidali e

servizi di accoglienza mamma bambino. Troppo spesso l’accoglienza mamma-bambino in comunità

viene assunta come soluzione a più problematiche: il recupero sociale, a volte sanitario, dell’adulto,

e il recupero, a volte la promozione, della capacità genitoriale. Appare però necessario effettuare a

priori una realistica valutazione delle risorse disponibili, intrinseche ed estrinseche alla madre.

Più fattori di stress intervengono contemporaneamente per la donna: se è puerpera il disturbo post

partum, l’inserimento in un nuovo contesto ambientale e relazionale, la convivenza con la

problematicità delle altre ospiti, l’ingerenza nella gestione del bambino vista a volte come conferma

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della propria inidoneità, l’assenza di privacy in un momento così delicato, l’allontanamento dal

proprio partner, fattori tutti che vanno presi in considerazione da subito valutando la capacità della

donna di reggere tale tensione. Esistono delle esperienze di affiancamento alla comunità di recupero

di famiglie accoglienti, disponibili ad aiutare, per il tempo ritenuto opportuno dagli operatori sociali

e dai magistrati, la madre nel suo percorso di recupero, sollevando la donna dalla gestione della

quotidianità del figlio in un momento in cui deve prestare attenzione alle proprie difficoltà

personali, concentrando lo sforzo sulle dinamiche del proprio recupero. Esistono esperienze di

comunità nelle quali si propone da subito l’allontanamento temporaneo del bambino dalla mamma

nel momento di crisi, per ricongiungerlo poi in un successivo momento di stabilizzazione della

donna. La speranza del ricongiungimento funziona da motore nel riscatto personale di queste donne,

senza però che il figlio sia strumentale al recupero della madre, facendo ricadere un doppio peso sul

bambino e correndo il rischio, in caso di fallimento del percorso, di fallire anche nella relazione

genitoriale. Ancora una volta il consenso gioca un ruolo fondamentale, così come avviene nel

percorso di affidamento consensuale: la madre deve essere portata alla comprensione e alla fiducia,

alla consapevolezza delle proprie difficoltà e risorse, senza il timore di perdere il figlio. L’obiettivo

è sempre il ricongiungimento familiare che passa non attraverso l’imposizione di un percorso di

recupero condiviso col figlio, ma attraverso un lavoro personale di recupero per il riavvicinamento

al figlio. In tali casi l’affidamento eterofamiliare del minore si rende necessario qualora nella

famiglia della donna non vi siano figure capaci di accoglienza immediata del bambino. La presenza

degli operatori dei servizi garantisce sostegno alla relazione genitoriale attraverso incontri periodici

mamma-bambino, interventi di aiuto e monitoraggio della madre, incoraggiando la donna a

relazionarsi progressivamente in modo autonomo con il figlio.

L’esperienza di questa interazione tra rete di famiglie solidali e comunità di accoglienza ha prodotto

i suoi frutti anche e soprattutto nei fallimenti del cammino riabilitativo della mamma, dando modo

al bambino di mantenere la sua stabilità affettiva e logistica, dando continuità ad un percorso di

crescita in un ambiente di normalità.

SALVATORE CARBONE (LA NUOVA ARCA) - ROMA

Il progetto Mam&Co.

A Roma i nuclei monogenitoriali sono 113.9091, in prevalenza a conduzione femminile. Di essi

quelli che si calcola vivano in situazione di povertà assoluta sono almeno 11.400 mentre quelli che

vivono in situazione di povertà relativa sono non meno di 23.000. L’assenza del partner nella

composizione familiare è uno specifico fattore di rischio di impoverimento ed esclusione del nucleo

e del minore. Tale fenomenologia sociale è in crescita vertiginosa, concomitantemente al ritmo di

caduta dei redditi e all’aumento della povertà che affrontiamo dal 2008.

Obiettivi del progetto

Mam&Co è un progetto di ambito cittadino attivato per sostenere il processo di inclusione dei

nuclei mamma-bambino in situazione di fragilità sociale attraverso un nuovo modello integrato di

intervento basato sulla comunità. La finalità primaria è quella di ridurre il rischio di allontanamento

del minore dal genitore attraverso un adeguato sostegno familiare e sociale.

Gli obiettivi specifici che il progetto intende conseguire sono:

a) Far crescere il capitale sociale romano (rappresentato in particolare dalle reti di solidarietà

familiare) e attivarlo per favorire l’inclusione sociale della mamma e del suo nucleo in un

contesto di relazioni orientate a una sana interdipendenza e capacità di mutuo aiuto.

b) Integrare tra loro i vari sistemi e sottosistemi cittadini che già agiscono a diverso titolo sul

processo di inclusione, e laddove queste siano carenti, aggregarle ed attivarle per aumentare

l’efficacia e la stabilizzazione a lungo termine del risultato di inclusione sociale.

c) Prendere in carico 20 nuclei mamma bambino con modalità innovative di messa a sistema e

monitoraggio, attraverso l’attivazione dei seguenti dispositivi: affiancamento di una famiglia

1 (ISTAT: Censimento generale della Popolazione, 2011)

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solidale, inserimento lavorativo della donna, inserimento abitativo del nucleo, sostegno alla

genitorialità

Azione previste

a) Attivazione di una rete solidale di famiglie articolata su più territori romani, che possa affiancare

la presa in carico della donna e del suo nucleo

b) Realizzazione di un sistema articolato in sportelli territoriali, specializzato sulla ricerca

lavorativa, la formazione e l’accompagnamento al lavoro del nostro target sociale attraverso uno

staff competente di operatori e tecnici;

c) Disegno ed avvio di una rete di housing sociale a sostegno;

Soggetti coinvolti

Il Progetto Mam&co è promosso e realizzato, in collaborazione con Il Municipio RM IX ed Il

Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune di Roma da un partenariato romano costituito

dalle seguenti realtà:

La Nuova Arca Società Cooperativa Sociale, Borgo Ragazzi Don Bosco, Associazione Oasi

Riferimenti

Segreteria di Progetto – Dott. ssa Francesca Fonte- tel: +39 3668164194

Email: [email protected]

FONDAZIONE PAIDEIA - TORINO (CONTRIBUTO)

UNA FAMIGLIA PER UNA FAMIGLIA. verso una nuova forma di affiancamento familiare

“Una famiglia per una famiglia” è un progetto sviluppato dalla Fondazione Paideia a partire dal

2003, in partnership con realtà pubbliche e private di numerosi territori italiani. Obiettivo del

progetto è sostenere famiglie che vivono un periodo di difficoltà nella gestione della propria vita

quotidiana e nelle relazioni educative con i figli.

OBIETTIVI. L’affidamento diurno tradizionale è indirizzato principalmente a instaurare un

rapporto privilegiato tra il bambino in difficoltà e la famiglia affidataria, tenendo in secondo piano

la famiglia d’origine. “Una famiglia per una famiglia” sperimenta un approccio innovativo, che

sposta la centralità dell’intervento dal bambino all’intero nucleo familiare: una famiglia solidale

sostiene e aiuta un’altra famiglia in difficoltà, coinvolgendo tutti i componenti di entrambi i nuclei.

Tutti i membri di una famiglia offrono le proprie specifiche competenze, determinate da età,

professioni, inclinazioni differenti. Il progetto sviluppa un intervento di carattere preventivo,

offrendo un sostegno temporaneo a famiglie fragili con minori: l’affiancamento tra famiglie

permette di instaurare un rapporto di parità e reciprocità che sostiene senza dividere, con uno

sguardo diverso sulla famiglia, vista come risorsa, non come problema. Il progetto è inoltre

finalizzato ad aumentare l’interazione tra famiglie, enti e servizi, sia facilitando nelle famiglie una

relazione di maggiore fiducia nei confronti delle realtà istituzionali, sia implementando la

collaborazione tra pubblico e privato.

METODO. Nel 2003 il Comune di Torino presenta alla Fondazione Paideia l’idea progettuale

“Una famiglia per una famiglia”. Paideia collabora con il Comune per trasformare l’idea in progetto

esecutivo: nel 2005 inizia la sperimentazione nel Comune di Torino, che si conclude nel 2007,

quando l’affido da famiglia a famiglia viene incluso nelle politiche sociali del territorio. Ad oggi il

progetto è attivo in diverse aree territoriali del nord Italia nelle regioni Piemonte, Emilia-Romagna,

Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta, Abruzzo, con il coinvolgimento di amministrazioni pubbliche,

terzo settore e Fondazioni private e di origine bancaria. La fase di sperimentazione ha una durata di

circa 24 mesi, durante i quali vengono attivati in genere 8 affidi della durata di 12 mesi. Obiettivo

della sperimentazione è la costruzione delle condizioni di passaggio affinché il progetto si inserisca

nelle politiche ordinarie degli enti territoriali. Il progetto viene coordinato da un’équipe tecnica che

si occupa di tutte le fasi dello sviluppo operativo, della selezione delle famiglie, del monitoraggio e

della valutazione, in partnership con realtà associative e gruppi familiari del territorio, che

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Workshop 2 - Prevenire le cause degli allontanamenti promuovendo reti di solidarietà

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coadiuvano nella ricerca di famiglie disponibili all’affiancamento e nella segnalazione di famiglie in

difficoltà. Rilevante è la figura del tutor, in genere proveniente dalle associazioni, che ha funzioni di

mediazione tra le due famiglie e di monitoraggio dell’affiancamento, in un contatto costante con i

servizi e i partner coinvolti. Concretamente, la relazione tra le due famiglie si sviluppa attraverso

incontri e rapporti telefonici frequenti (definiti, almeno in parte, nel patto educativo) con attività

quali: sostegno educativo e organizzativo nella gestione dei figli, supporto pratico e nella relazione

con enti istituzionali, organizzazione e partecipazione a momenti di festa e socializzazione, ascolto

e condivisione di problematiche genitoriali e di coppia, confronto sui modelli educativi e valoriali di

riferimento.

RISULTATI ED ESITI. “Una famiglia per una famiglia” scommette sul fatto che un

affiancamento tra famiglie caratterizzato da parità, reciprocità, supporto non professionale, possa

essere uno strumento adeguato in situazioni familiari di vulnerabilità, se individuate e

accompagnate in una fase preventiva. Questa tipologia di affiancamento risulta efficace rispetto a

problematiche familiari quali: - fragilità della rete familiare; - difficoltà ad orientarsi e utilizzare la

rete dei servizi e le opportunità del territorio; - malattia di uno dei componenti della famiglia; -

affaticamento delle figure genitoriali; - carenze educative rispetto ai minori; - difficoltà di

conciliazione dei carichi familiari. Ad oggi gli affiancamenti attivati nelle diverse esperienze

territoriali sono stati circa 300 e hanno coinvolto oltre 500 bambini. Le famiglie affiancate hanno

constatato come l’affiancamento le abbia aiutate ad accrescere la fiducia verso gli altri e verso le

proprie risorse, a sviluppare nuovi apprendimenti e strategie educative, a conciliare più facilmente i

carichi familiari e sentirsi maggiormente autonome nella gestione dei figli e della quotidianità, a

rafforzare ed ampliare le reti sociali di riferimento. Le famiglie affiancanti hanno espresso la

percezione di aver contribuito a conciliare i carichi familiari e a ridurre lo stato di stress delle

famiglie affiancate, di aver facilitato la relazione con le reti sociali e le istituzioni, aumentando il

grado di autonomia e contribuendo alla riduzione degli elementi di rischio. A seguito del progetto,

alcune famiglie hanno dato la loro disponibilità per affidamenti anche di carattere residenziale e per

altri progetti proposti dai servizi.

CRONOLOGIA.

2003-04 Inizia la sperimentazione del progetto “Una famiglia per una famiglia” nel Comune di

Torino, a seguito della ricerca “La fatica di crescere” realizzata dalla Fondazione Paideia.

2007 Termina il programma torinese e l’affido di famiglia a famiglia diventa una delle possibilità

istituzionali di affido della città di Torino. Viene pubblicato il volume “Dare una famiglia a una

famiglia: verso una nuova forma di affido” e il progetto vince il premio “Amico della Famiglia” del

Ministero delle Politiche Sociali.

2008 Inizia la sperimentazione nel Comune e Provincia di Ferrara.

2010 Si conclude la sperimentazione sul territorio ferrarese e il progetto diventa politica sociale.

“Una famiglia per una famiglia” viene selezionato tra le tre buone prassi rappresentative a livello

nazionale dall’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia e presentato alla Conferenza Nazionale della

Famiglia.

2011-12 Il progetto viene avviato nei distretti di Cantù e Mariano Comense in provincia di Como,

nel Comune di Parma e distretto di Fidenza e nel Comune di Verona; l’affiancamento familiare

viene inserito nella “Direttiva in materia di affidamento familiare, accoglienza in comunità e

sostegno alle responsabilità familiari” della Regione Emilia Romagna.

2013-14 Si conclude la sperimentazione in provincia di Como e il progetto diventa politica sociale.

Vengono avviate sperimentazioni nel Comune di Novara, nella Terra di Mezzo in provincia di

Reggio Emilia e nella Regione Valle d’Aosta, nei 76 Comuni dei Consorzi di Albese e Braidese in

provincia di Cuneo, nella città di Pescara.

2015 Il progetto diventa politica sociale nella città e provincia di Parma e nella città di Verona.

Vengono avviate nuove sperimentazioni in 140 Comuni della provincia di Torino (8 consorzi) e

nella città di Pescara. Sono attualmente in fase di valutazione e start-up altre sperimentazioni in

diverse regioni italiane del nord, centro e sud Italia. “Una famiglia per una famiglia” vince il premio

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per l’innovazione sociale “Costruiamo il welfare domani” promosso dal Consiglio Nazionale

Ordine Assistenti Sociali, Istituto per la ricerca sociale e Prospettive Sociali e Sanitarie. In

partnership con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - Centro di Ateneo Studi e

Ricerche sulla Famiglia viene organizzato il percorso di alta formazione “Promuovere-progettare

l’affiancamento familiare” e con Carocci editore verrà pubblicata la guida metodologica del

modello progettuale (autunno 2015).

CONTATTI

Giorgia Salvadori – [email protected]

Fondazione Paideia onlus – Via San Francesco d’Assisi 44, 10121 Torino

Tel: + 39 011 5520236 Fax: + 39 011 5520453 - www.fondazionepaideia.it

ADRIANA DE TROVATO, AFAP - PALERMO (contributo dal forum online)

Nell'ambito delle attività svolte dall'A.F.A.P. - Associazione Famiglie Affidatarie Palermo Onlus, di

cui faccio parte come Consigliere Direttivo, abbiamo potuto constatare che in genere, nel territorio

del comune di Palermo, la definizione di famiglie solidali corrisponde a comunità alloggio per

minori o ragazzi. Da quanto rilevato a seguito di incontri con i servizi sociali territoriali non esiste

una rete di famiglie solidali o d'appoggio (intese come famiglie che saltuariamente offrono

ospitalità a minori che vivono nelle comunità alloggio); i casi sporadici di famiglie accoglienti

nascono da azioni personali direttamente presso le comunità oppure tramite alcune parrocchie.

Probabilmente una azione di promozione dell'affido da parte dei servizi sociali delle varie

circoscrizioni della città e/o la progettazione di attività che favoriscano l'incontro, l'aggregazione e

lo scambio tra i minori potrebbero "piantare il seme" della solidarietà e dell'accoglienza.