138
INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA L’utenza al centro delle scelte

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTUREE MOBILITÀ URBANA

INF

RA

ST

RU

TT

UR

E E

MO

BIL

ITÀ

UR

BA

NA

FON

DA

ZIO

NE

FILI

PPO

CA

RA

CC

IOLO

L’utenza al centro delle scelte

Page 2: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

La FondazioneFilippo Caracciolo

La “Fondazione Filippo Caracciolo”, Centro Studi dell’ACI, nasce con lo scopo dipromuovere e incoraggiare gli studi e la ricerca scientifica sull’automobilismo, conparticolare riferimento alla mobilità, alla sicurezza ed alla tutela dell’ambiente.

La creazione di questo organismo risponde all’esigenza, sentita dall’ACI, di indi-viduare modi e forme per la mobilità di persone e merci, compatibili con la salva-guardia della salute e dell’ambiente, garantendo livelli di sicurezza adeguati a quan-to un sistema di mobilità, complesso come quello attuale, richiede.

Il fenomeno trasporto, infatti, rappresenta una voce fondamentale dell’economiae uno degli indici di sviluppo più significativi, non solo con riferimento alla sicurez-za ed alla salute dei cittadini, ma anche rispetto all’impatto ambientale e al consumoenergetico.

Fermo restando che, per elaborare adeguate strategie di intervento, è essenziale co-noscere le realtà sulle quali si vuole operare, nello specifico, le problematiche legatealla mobilità richiedono una approfondita analisi dell’impatto che su di esse può de-terminare ogni scelta economica, ambientale, sociale, culturale, produttiva e tecno-logica.

La Fondazione Caracciolo si propone di mettere a punto strumenti di indagine, of-frendo, attraverso studi approfonditi e pubblicazioni, un contributo propositivo alleIstituzioni e a tutti gli Organismi impegnati a qualsiasi titolo nel settore, con l’obiet-tivo di affermarsi come punto di riferimento, per l’impegno profuso nel garantire se-rietà, affidabilità, autonomia e indipendenza culturale.

Per il conseguimento di tali obiettivi, la Fondazione si avvale non solo del patri-monio culturale e di esperienze maturato dall’ACI, ma anche dell’apporto di profes-sionalità eminenti, di comprovata autorevolezza, provenienti dal mondo della cultu-ra, dell’economia, del diritto, della scienza, della comunicazione, della scuola.

Il PresidenteGiuseppe Spizuoco

Page 3: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA
Page 4: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTUREE MOBILITÀ URBANA:

L’UTENZA AL CENTRO DELLE SCELTE

Aprile 2002

Page 5: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Ringraziamenti

Lo Studio è stato realizzato grazie alla preziosa collaborazione di:

Prof. Ing. Claudio Podestà, Ordinario di Tecnica ed Economia dei Trasporti presso il Politecnicodi Milano (Coordinatore)

Prof. Avv. Eugenio Picozza, Ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università di Tor Verga-ta di Roma

Prof. Marco Spinedi, Direttore dell’Area trasporti e logistica di Nomisma

Prof. Gianluigi Gorla, Straordinario di Economia Applicata presso l’Università della Valle d’Aosta

Dott. Emilio Roncoroni, Studio associato Politema di Milano

Prof. Avv. Gianluca Maria Esposito, Docente della Scuola Superiore della Pubblica Amministra-zione di Roma

Coordinamento culturale ed editoriale:

Direzione Centrale Studi e Ricerche ACI con il prezioso contributo del Dott. Paolo Benevolo Ca-po redattore di Onda Verde

L’elaborazione finale del testo è stata curata dalla “Fondazione Filippo Caracciolo”

Page 6: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

5 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Sintesi dei contenuti dello studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

Capitolo IIl ritardo organizzativo e infrastrutturale italiano e il confronto europeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

1.1 Aree urbane e dotazione infrastrutturale nel settore dei trasporti in Italia:osservazioni e commenti in merito agli indicatori relativi alle principali aree metropolitane ed urbane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

1.2 Andamento di lungo periodo degli investimenti infrastrutturali pubblicisu scala nazionale ed urbana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

1.3 Confronti internazionali con i principali paesi europei sugli investimentitotali e per modalità di trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

1.4 La differenza tra somme stanziate e somme effettivamente spese: i perché di un’anomalia soprattutto italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

Capitolo IIIl quadro di riferimento istituzionale. La pianificazionenel settore dei trasporti alla luce delle recentiriforme dell’Ordinamento giuridico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

2.1 La “vicenda dei trasporti” alla luce delle recenti riforme costituzionali. Una possibile chiave di lettura delle problematiche connesse ai trasportied al traffico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

2.2 Il nuovo quadro dei rapporti tra Stato e Ordinamento regionale sulla materia dei trasporti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

2.3 I principi incidenti sulla regolamentazione dei trasporti ad opera del legislatore regionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

2.4 Mobilità urbana tra pianificazione di sistema e amministrazione dell'emergenza. Il regime degli stati di crisi nella interconnessione tra la materia della protezione civile e quelle dei trasporti, viabilità ed opere pubbliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

Indice

Page 7: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 6

2.5 Il difficile raccordo tra sussidiarietà e poteri di coordinamento e indirizzodel Governo nella adozione delle scelte: il caso dei trasporti . . . . . . . . . . 61

2.6 Livelli della pianificazione ed esigenze dei trasporti. Il ruolo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Piano Generale dei Trasporti e Piano Nazionale della Sicurezza Stradale . . . . . . . . . . . . . 642.6.1 Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture. Compiti

di programmazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 672.7 Il ruolo delle Regioni e degli Enti locali. Il metodo del concorso tra i

diversi livelli di governo nell’Ordinamento regionale . . . . . . . . . . . . . . . . 682.7.1 “Piani Urbani di Mobilità” e “Piano Urbano del Traffico”

quali forme emergenti della pianificazione locale e comunale. Il ruolo delle Province . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

2.8 Programmazione dei trasporti a mezzo di “accordi”: la necessità della “condivisione” delle scelte da parte dell’utente. Il ruolo convergente degli enti intermedi nella sintesi tra soggetti, competenze ed interessi . . . . . . . 72

2.9 Il rapporto tra politica e amministrazione di fronte alla “crisi del sistema-città”: Stato e cittadino a confronto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

Capitolo IIIPolitiche dei trasporti in ambito urbano a livello nazionale ed europeo: osservazioni e commenti in merito alla realizzazione di nuove opere infrastrutturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

3.1 Gli indirizzi di politica dei trasporti a livello europeo in ambito urbano e metropolitano: le indicazioni del Libro Bianco e di altri documenti comunitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

3.2 Riduzione del gap infrastrutturale e vincoli finanziari, strumenti di finanziamento alternativi (project financing, BOT ed altri) ecoinvolgimento dei privati: breve analisi della casistica disponibile a livello europeo e nazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

3.3 Nuovi strumenti di programmazione per la gestione della mobilità nelle aree urbane come fattori complementari alle grandi opere infrastrutturali: l’esempio del PUM e del PUT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

3.4 Gli interventi previsti nel comparto del trasporto collettivo (su gomma e su ferro) e la riforma del settore del TPL: riorganizzazione dell’offerta e nascita di nuove imprese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

INDICE

Page 8: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

7 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

3.5 Il contenimento del traffico e della circolazione privata nelle aree congestionate: analisi dei principali provvedimenti adottatia livello europeo e nazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

3.6 Costruzione del consenso e gestione del conflitto nella realizzazione delle opere infrastrutturali: difficoltà e prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

3.7 Investire in sicurezza sulle strade e nei sistemi di trasporto urbano: valutazione delle problematiche e dei benefici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

INDICE

Page 9: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA
Page 10: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

9 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

A. La politica italiana dei trasporti nell’attuale fase di governo appare caratte-rizzata da una linea d’azione piuttosto decisa: quella della sollecita realizzazionedi nuove grandi infrastrutture. Emerge difatti chiaro l’indirizzo strategico di po-tenziare le maggiori reti di collegamento nazionale, sia nel campo viario (auto-strade e raccordi) sia nel campo ferroviario (alta velocità/capacità), proponendoaltresì pratiche innovative di affidamento e di finanziamento delle opere (general-contractor, project-financing).

L'orientamento politico assunto viene spiegato in buona parte in relazione allaesigenza di superare il ritardo maturato in molti anni di scarsa attenzione alla pro-blematica, specie sulla rete stradale, oltreché di ostacoli e difficoltà, derivanti daprocedure burocratiche obsolete ed inidonee a velocizzare gli affidamenti e l’ese-cuzione delle opere.

Non si può disconoscere come tale indirizzo sia fortemente orientato versochiare priorità d'intervento, relativamente all'entità, alla configurazione ed alla lo-calizzazione della domanda di mobilità sul territorio, esistente e tendenziale, ol-treché ai fenomeni connessi, come ad esempio l’incidentalità. Si considera cioèpiù urgente, in presenza soprattutto di risorse finanziarie scarse, sistemare la prin-cipale rete stradale, quella cioè funzionale agli spostamenti di medio-lunga per-correnza, piuttosto che intervenire su tutte le componenti dei sistemi di trasportoimpegnate dalla mobilità sulle brevi percorrenze, come quelle urbane e metropo-litane, per le quali le manifestazioni evidenti e gli andamenti misurati della do-manda, in riferimento alle caratteristiche del territorio insediato, segnalano datempo situazioni in drammatico deterioramento.

B. Queste prime riflessioni vanno naturalmente soppesate anche in funzionedella evoluzione in itinere della recente legislazione sulle opere pubbliche.

Stando alle cifre che il CIPE ha approvato nel Dicembre u.s. con la Delibera re-lativa al “Primo programma delle infrastrutture strategiche”, sul totale di investi-menti previsto per il decennio 2002/2011, pari a 125.858 milioni di euro, ai siste-mi urbani è stato assegnato solo il 12,2 % del totale. Questa percentuale divienepari al 15,7 % sugli investimenti previsti per il triennio 2002/2004, equivalenti a3.803 milioni di euro, su un totale di 24.204 milioni di euro1. Considerando chegran parte di questi fondi pubblici è destinata a progettazioni e ai primi lavori ci-vili di linee metropolitane (in particolare per Napoli) ex-lege 211/92, si comprendecome risultati tangibili in favore della mobilità urbana si possano aspettare soloin un futuro abbastanza lontano, a fronte di evidenti emergenze da affrontare nel-l'immediato.

Vale la pena a questo punto accennare anche alle difficoltà procedurali che so-no attualmente associate a queste nuove impostazioni strategiche. L'evoluzione insenso più “federalista” dell'assetto istituzionale oggi raggiunto (riforma del Titolo V

Introduzione

1) Fra le infrastrutture previ-ste in ambito urbano nel de-cennio, quelle di maggior co-sto sono: la metropolitana diNapoli (3.885 mln di euro),le infrastrutture previste aRoma (2.892 mln di euro), ilnodo stradale e autostradaledi Genova (2.765 mln di eu-ro), la metropolitana di Bolo-gna (877 mln di euro), la me-tropolitana di Torino (787mln di euro), il nodo di Cata-nia e la penetrazione dellagrande viabilità nord a Trie-ste (516 mln di euro ciascu-no), la metropolitana di Bre-scia (405 mln di euro).

Page 11: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 10

della Costituzione) che attribuisce maggiori poteri decisionali alle Regioni rispettoallo Stato centrale, ha fatto sì che alcune di queste abbiano sollevato questione dilegittimità costituzionale con riferimento ai contenuti della L. 443/01, cosiddetta“Legge Obiettivo”. Ciò ha provocato una difficoltà alla quale recentemente (20 mar-zo 2002) il Ministero delle Infrastrutture ha cercato di dare soluzione in fase di ste-sura del primo schema del Decreto Delegato con cui il Governo dovrà dare attua-zione alla delega contenuta nella Legge Obiettivo, prevedendo spazi riservati allacompetenza legislativa regionale nel rispetto dei principi stabiliti nella stessa Leg-ge Delega. È chiaro altresì che in un clima di riassetto di competenze così trava-gliato non sarà facile conseguire risultati solleciti in una materia così complessa.

C'è peraltro qualche segnale di ottimismo, come quelli che vengono dall'accor-do stipulato recentemente tra lo Stato e la Regione Campania, mediante il qualele opere e gli interventi da realizzare e quindi i finanziamenti da erogare sono con-cordati tra i due soggetti istituzionali in una intesa “alla pari”.

Altra questione rilevante che si sta contestualmente sollevando è quella dellaVIA (Valutazione di Impatto Ambientale) che, nell’attuale fase di elaborazione delsuddetto Decreto Delegato, verrebbe sottratta alla competenza del Ministero del-l'Ambiente per essere assorbita tra quelle devolute al CIPE sotto forma di “accer-tamento di compatibilità ambientale”. Si tratta di sicuro di uno sforzo verso sem-plificazioni procedurali salvaguardando comunque le esigenze di territori così im-pegnativi e già così provati; ma non sarà certo facile ridurre le difficoltà, specie inambito urbano, di conflitti che, allungando i tempi, favoriscono anche la disper-sione di risorse.

Pur ritenendo della massima utilità gli indirizzi di intervento urbano già con-tenuti nel “Primo programma delle infrastrutture strategiche predisposto dal CI-PE secondo quanto previsto della Legge Obiettivo, ci si domanda se essi siano suf-ficienti e commisurati alla difficoltà della situazione, essendo ormai dimostratoche la mobilità tende a caratterizzarsi sempre più come fenomeno di addensa-mento di spostamenti su distanze brevi, generati dalla concentrazione delle atti-vità nelle città, da cui derivano effetti crescenti di congestione, degrado ambien-tale, sinistrosità ecc.

Il criterio di scelta adottato, privilegiare le grandi opere infrastrutturali, sollevadelle perplessità in quanto fa pensare che vengano considerati di minore rilevan-za interventi più incisivi atti a favorire soluzioni sia di gestione della mobilità, siadi potenziamento fisico della capacità di smaltimento dei sistemi di trasporto ur-bani, che tutti sappiamo essere particolarmente impegnative e costose (ristruttu-razioni viabilistico/urbanistiche diffuse, viabilità sotterranea, parcheggi, ferro-tranvie in sedi separate ecc.), considerato fra l'altro il peculiare contesto urbani-stico di pregio che caratterizza molte nostre città.

INTRODUZIONE

Page 12: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

11 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Da notare come il problema assuma dimensioni anche più rilevanti quando lediverse tipologie di traffico (urbano, metropolitano e di lunga percorrenza) si so-vrappongono l’una all’altra, come accade in adiacenza delle aree metropolitane onei grandi nodi della rete autostradale nazionale, quali non soltanto Roma o Mi-lano, ma anche Firenze, Bologna, Genova ecc.

Allo stato dei fatti sembra quindi opportuno che l’intervento pubblico, senzatrascurare lo sforzo inizialmente avviato, debba manifestarsi dando impulso piùaccentuato anche a questi interventi di natura diversificata e certamente com-plessi relativi all’ambito più ristretto dei trasporti urbani, pena un degrado inar-restabile e la perdita di competitività di molte nostre città, intese non solo comemete turistiche ma piuttosto come snodo decisivo della produttività nazionale(concentrazione di funzioni direzionali, terziarie ecc).

C. Compito di chi si occupa d'interventi sul funzionamento del territorio urba-no/metropolitano e specificamente dei sistemi/servizi di trasporto, è quello anzi-tutto di organizzare forma e assetto degli insediamenti, intervenendo anche e so-prattutto sulle componenti che generano domanda di mobilità.

Premessa essenziale di tale linea d'azione è la conoscenza approfondita e reali-stica dei complessi fenomeni di base che originano e caratterizzano la mobilità ur-bana, per cui l'ossatura principale di questo studio consiste in un'analisi statisticaad ampio spettro di tali fenomeni, con opportuni raffronti con la situazione deglialtri principali paesi dell'UE.

Una delle difficoltà più evidenti nello sviluppare tale analisi sorge dal fatto chele configurazioni insediative, cioè i generatori di domanda ed i sistemi viari di-sponibili (l’offerta) sono sovente caratterizzati da strutture poco compatibili conle funzioni che le città sono chiamate a svolgere oggi, ovvero come già accennato,di snodi determinanti della produttività collettiva (concentrazione di funzioni di-rezionali, terziarie ecc.). L’argomento è denso di implicazioni, su cui da tempo sidiscute, anche sotto il profilo teorico.

Nell’indagare la relazione tra infrastrutture di trasporto e territorio urbano at-traversato si sono approfondite, specie tra gli anni ’80 e ’90, le relazioni tra nuoveinfrastrutture di trasporto e dinamiche territoriali. Se ne sono confrontate le indi-cazioni con i più recenti orientamenti anche nelle pratiche di pianificazione neipaesi più avanzati, rilevando un cambio di orientamento rispetto al modo tradi-zionale di affrontare il tema-base.

Si è potuta constatare negli ultimi anni un’evoluzione nell’indirizzo delle poli-tiche più diffuse, dall’Europa all’America, e che cominciano a delinearsi ora anchein Italia, nel senso di un cambiamento che ha fatto spostare l’attenzione, “dal pa-radigma degli effetti indotti dall’infrastruttura di trasporto sull’uso del suolo, aquello inverso dell’influenza delle politiche territoriali sul sistema della mobilità e

INTRODUZIONE

Page 13: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 12

degli spostamenti, e quindi sul ruolo delle infrastrutture di trasporto”. Questo cambiamento di orizzonte ha accompagnato, nelle esperienze culturali

più innovative, il nascere e l’affermarsi - quasi ovunque - del nuovo paradigma del-la “sostenibilità”, in funzione essenzialmente di esigenze ambientali. Si instauraquindi una stretta integrazione tra politiche dei trasporti e politiche territoriali,ovvero della integrazione di funzioni e usi del suolo in grado di ridurre: la neces-sità degli spostamenti, la dipendenza dall’auto, gli standards dei parcheggi, il Tran-sport Assessment ecc. In poche parole si tiene conto della valutazione degli impat-ti delle opere e degli interventi urbanistici sul traffico e sulla mobilità.

L’armonizzazione applicativa di questi nuovi concetti anche nel nostro Paese,come si vedrà successivamente nel corso dello Studio, dovrebbe pertanto essere ri-volta alla formazione di un “progetto di sistema”, le cui basi istituzionali sono giàdisponibili (Piano Urbano Mobilità), ma che di certo richiederà tempi di attua-zione piuttosto lunghi.

D. Nel breve periodo, l’obiettivo della sostenibilità comporta di intervenire sulladomanda a parità di offerta (modificazione dei modelli di mobilità a parità di lo-calizzazioni, come ad esempio quelle tese alla riduzione e moderazione del traffi-co), con misure operative aventi effetto immediato e per lo più legate ad emergen-ze ambientali, che non richiedono né provocano una variazione dell’assetto urba-no-viabilistico, e che sul piano formale sono indicate nei Piani Urbani del Traffico.

Nel lungo periodo occorre invece intervenire sull’offerta, mutando alla base imodi di funzionamento urbano e le attività insediate, nel tentativo di incidere sul-la forma della città e della sua Regione, onde conseguire una riarticolazione fun-zionale delle localizzazioni collegata a scelte trasportistiche ed ambientali rile-vanti.

In altre parole, pur restando fuori discussione il fatto che lo squilibrio esisten-te fra domanda e offerta nelle sue molteplici e articolate manifestazioni spinge-rebbe sostanzialmente ad accelerare gli interventi sull’offerta, occorre porre in es-sere provvedimenti di più celere attuazione e di più immediato risultato.

Ciò significa perseguire politiche organiche di gestione dei sistemi di trasportodisponibili, indirizzate verso un riorientamento dei comportamenti della doman-da e, quindi, suscettibili di produrre una ripartizione modale più accentuata neimodi di trasporto collettivo che possono soddisfare la domanda con minore inva-sività del territorio e migliori esiti ambientali.

Naturalmente i risultati migliori si possono conseguire, almeno teoricamente,laddove i due livelli di programmazione risultino strettamente integrati, generan-do così un processo di pianificazione in grado di affrontare sia i problemi imme-diati della mobilità, sia le sfide di lungo periodo per la preservazione della soste-nibilità dello sviluppo.

INTRODUZIONE

Page 14: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

13 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Tale processo può essere individuato nel PUM, che si fonda su un insieme di in-novazioni organizzativo–gestionali e d’investimento da attuarsi in un definito ar-co temporale nell’ambito del quale il trasporto va considerato nella sua globalità:servizi collettivi, mobilità individuale, infrastrutture, gestione e regolamenti.

Il PUM si presenta come il nuovo strumento che mira alla realizzazione di unsistema che metta le Amministrazioni locali in condizione di gestire la mobilitànel suo complesso. Le relazioni tra i diversi soggetti dovrebbero essere meglio re-golate attraverso i contratti di servizio, che definiscono le singole competenze rac-cordandole alla qualità dei servizi.

Sotto il profilo gestionale, l’introduzione di elementi di concorrenza stimoleràla modernizzazione e la presenza sul mercato di più operatori, garantendo mag-giore efficienza, minori costi e qualità superiore. L’interesse del cittadino-utenteconverge con l’obiettivo di realizzare un sistema di mobilità sostenibile per le areeurbane e metropolitane, per le quali si richiede l’attivazione di una serie di misu-re: infrastrutturali, di ammodernamento dei mezzi del trasporto pubblico, di mag-gior efficienza gestionale, di integrazione tariffaria, di governo del traffico con tec-nologie informatiche e telematiche ecc.

Come si vedrà nel testo dello Studio, nella maggioranza dei casi, il punto di par-tenza del PUM può essere il PUT e l’uso congiunto dei due strumenti di pianifica-zione, l’uno strategico e l’altro tattico, appare una buona strada per pianificare itrasporti su scala urbana e metropolitana. Il PUM è inoltre lo strumento attraver-so il quale le realtà locali definiscono il mix di interventi più appropriati da effet-tuare e lo Stato valuta l’opportunità del proprio finanziamento mirato a consegui-re una razionale ri-localizzazione dei servizi nei bacini di utenza.

L’indagine parte quindi dall’analisi del duplice fenomeno di concentrazione esovrapposizione della domanda di mobilità, affrontandone l’evoluzione sia rispet-to agli altri paesi dell’UE, sia rivolgendo l’attenzione agli aspetti più significativi,anche di tipo istituzionale, che hanno portato a questa preoccupante condizione,per giungere infine a delineare criteri ed indirizzi dell’azione politica da svolgereper migliorarla.

INTRODUZIONE

Page 15: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA
Page 16: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

15 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

L’indagine analizza, in particolare, lo squilibrio tra domanda e offerta di mobi-lità in Italia dal punto di vista dell’utente della strada, focalizzando l’attenzione sul-le carenze infrastrutturali dei centri urbani: infatti è presso i centri urbani e so-prattutto metropolitani, dove si concentra il 50% della popolazione, che è più diffi-cile ed oneroso, per il cittadino, affrontare quotidianamente gli irrinunciabili spo-stamenti legati alle varie attività umane.

Nel Capitolo I, che assume un carattere descrittivo e introduttivo alle argomen-tazioni successive, si esamina il ritardo infrastrutturale accumulato dai centri ur-bani. Esso risulta tale -soprattutto se confrontato con le realtà europee a noi più vi-cine- da non consentire ulteriori inerzie da parte dell’operatore pubblico, pena unagenerale perdita di competitività dei nostri agglomerati urbani, intesi come centriprincipali della produttività nazionale. Basti pensare, come recentemente eviden-ziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che per quanto concerne legrandi opere, fatto 100 l’indice per l’intera UE, a fronte di un valore per l’anno 1999pari a 202 per il Belgio, 184 per l’Olanda, 175 per la Francia e 153 per il Regno Uni-to, corrisponde per l’Italia un valore pari a 99.

Le aree urbane e le loro dotazioni infrastrutturali vengono osservate e commen-tate soprattutto alla luce dei principali indicatori economici. Una parte cospicua delCapitolo si occupa anche della popolazione urbana, analizzando gli spostamenti ti-pici ed i mezzi utilizzati, ed evidenzia una generale tendenza al calo della domandadi trasporto pubblico locale, metropolitane escluse. Significativo a tale proposito èil fatto che l’Italia presenti, a livello europeo, la minore dotazione di linee metropo-litane, presenti solo in 5 città per un totale di 118 km: il divario è forte, poiché a fron-te dei 6,2 Km/100.000 ab. del Regno Unito e dei 4,6 della Francia, il nostro Paese pre-senta un valore di 2,1. La comparazione tra la dotazione infrastrutturale delle ma-croaree italiane evidenzia il primato del meridione per quanto concerne le stradestatali e provinciali; viceversa per quanto riguarda la rete autostradale il primatospetta al nord. Viene inoltre evidenziato, attraverso l’analisi delle serie storiche, l’an-damento degli investimenti infrastrutturali pubblici, sia su scala nazionale, sia ur-bana, sempre avendo cura di confrontare i dati a livello internazionale: ne risultanotre cicli temporali distinti. Il primo, compreso tra gli anni ’70-’76, caratterizzato daun costante calo della spesa, che scende ad un minimo di 2,3 mld di euro nel ’77; ilsecondo, coincidente con gli anni tra l’80 e il ’90, dove si assiste ad un rilancio dellaspesa infrastrutturale, con una media di circa 4 mld di euro l’anno; il terzo, fino ainostri giorni, dove le necessità di ridurre il deficit pubblico fanno contrarre di nuo-vo la spesa per le grandi opere pubbliche. Nel complesso si evince che le spese pertrasporti realizzate in Italia nel corso degli ultimi 25 anni sono state prevalente-mente destinate a supportare investimenti tipici delle lunghe distanze (Alta Velocità,rete autostradale ecc.) piuttosto che intervenire a favore della mobilità urbana.

Sintesi dei contenuti dello studio SINTESI

Page 17: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 16

Si analizzano poi le ragioni di un’anomalia soprattutto italiana: la grande diffe-renza che si riscontra tra le somme stanziate e quelle effettivamente spese per ladotazione infrastrutturale. L’incapacità di utilizzare nei modi e nei tempi previsti lerisorse finanziarie disponibili è particolarmente grave, ove si considerino i datiesposti dalla Corte dei Conti riguardo lo stato di attuazione della c.d. “legge To-gnoli” (relativa alla realizzazione di parcheggi): nel 2000, a 11 anni di distanza dal-la sua promulgazione, risultavano completati soltanto 185 interventi rispetto aiquasi 1000 preventivati; quasi 650 le opere neppure avviate. Le stesse considera-zioni possono essere desunte dallo stato di attuazione della legge 211/92, volta a so-stenere gli investimenti in trasporti rapidi di massa.

Nel Capitolo II, attraverso gli strumenti dell’analisi giuridica, si delinea il qua-dro di riferimento istituzionale, analizzando la pianificazione del settore dei tra-sporti alla luce delle recenti riforme dell’Ordinamento. Viene fornita una chiave dilettura alternativa per le problematiche connesse ai trasporti e alla mobilità, evi-denziando il dualismo esistente tra l’esigenza di pianificazione del sistema e la rea-le amministrazione, basata sull’emergenza.

Vengono prese in esame nel dettaglio le basi giuridiche dei diversi livelli dellapianificazione nel settore dei trasporti e il ruolo del nuovo Ministero delle Infra-strutture e dei Trasporti (Piano Generale dei Trasporti, Piano Nazionale della Sicu-rezza Stradale ecc.).

Grande enfasi è riservata al nuovo ruolo che assumono le Regioni e gli Enti lo-cali nel concorso tra i vari livelli di governo nel settore dei trasporti e della mobi-lità, con particolare attenzione ai nuovi strumenti della pianificazione locale: Pia-no Urbano di Mobilità, Piano Urbano del Traffico ecc.

Da ultimo vengono esaminati lo strumento dell’“accordo”, implicante la neces-sità che l’utente condivida le scelte, nonché il difficile rapporto tra politica e am-ministrazione di fronte alla crisi del “sistema-città”: una soluzione viene indicatanello spostamento dal centro alla periferia delle decisioni fondamentali della “cosapubblica”, garantendo che ad esse prendano parte i cittadini-utenti attraverso le as-sociazioni rappresentative.

Nel Capitolo III si delineano alcune osservazioni e commenti in merito allarealizzazione di nuove opere infrastrutturali in ambito urbano. Dopo avere in-quadrato il problema a livello europeo, attraverso le indicazioni del Libro Bian-co e degli altri documenti comunitari più rilevanti, si analizza la casistica dispo-nibile per valutare una possibile riduzione del gap infrastrutturale italiano: ven-gono esaminati i vincoli finanziari che si pongono ai progetti, gli strumenti di fi-nanziamento già utilizzati con successo all’estero (project financing, BOT ecc.) eche in Italia trovano difficoltà a decollare per la natura incerta dei programmi eprogetti da realizzare.

SINTESI

Page 18: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

17 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Sono analizzate anche le tecniche organizzative innovative per la gestione dellamobilità, complementari alle grandi opere infrastrutturali, nonché i principaliprovvedimenti di contenimento del traffico e della circolazione privata nelle areecongestionate: particolarmente significativo è il dato autostradale, dove a fronte diuna media UE di 3.909 veicoli/Km, il valore italiano ammonta a 5.268. Un’atten-zione particolare è rivolta poi all’esame della c.d. “Legge Obiettivo”, recentementeapprovata e dei Piani di Mobilità, valutandone anche le oggettive difficoltà di at-tuazione.

Infine, grande rilievo viene attribuito all’analisi della costruzione del consenso edella gestione dei conflitti nella realizzazione delle opere infrastrutturali, eviden-ziando difficoltà e problemi in chiave di lettura law and economics che, oltre adanalizzare il caso concreto di una grande opera infrastrutturale (Malpensa 2000),fornisce esempi di struttura elementare del negoziato.

Ultimo aspetto preso in considerazione, ma solo in maniera marginale, è quellodella sicurezza nel trasporto urbano, attraverso una valutazione delle principaliproblematiche ad essa inerenti.

SINTESI

Page 19: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA
Page 20: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

19 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

1.1 Aree urbane e dotazioneinfrastrutturale nel settore dei trasporti in Italia: osservazioni e commenti in merito agli indicatorirelativi alle principali areemetropolitane ed urbane

In Italia, come nella maggior partedei paesi europei, la concentrazionedella popolazione presso le aree urbaneè particolarmente elevata: il 50% dellapopolazione vive nei Comuni che ap-partengono alle medie e grandi conur-bazioni, aree che concentrano il 70%delle attività economiche e l’80% degliscambi generati dalla movimentazionemerci.

Limitando l’attenzione alle solegrandi conurbazioni emerge come ol-tre 16 milioni d’italiani (29% del totaledella popolazione) viva in tali aree. Diesse fanno parte solo 495 Comuni suglioltre 8 mila, ovvero quelli che, in basead un più corretto criterio d’analisi delterritorio, sono catalogati tra i Comuniche rientrano nella definizione di areemetropolitane. Il grado di concentra-zione della popolazione presso i Comu-ni delle aree metropolitane varia al mu-tare delle caratteristiche territoriali: lapunta massima di concentrazione si ri-trova nel Nord Ovest (34%), mentrequella minima nel Nord Est (17%).

La differente composizione della po-polazione per dimensione del centro diresidenza e la crescente estensione delterritorio a cui si può attribuire il ca-rattere d’area metropolitana, conduco-no ad inquadrare il tema della mobilità

urbana con un approccio differenziato.In altri termini, gli interventi che si

possono prospettare per governare lamobilità di un Comune metropolitanosono ben diversi da quelli ipotizzabiliper un Comune di medie dimensioni e,soprattutto, non gravitante attorno adun centro metropolitano.

In base a queste osservazioni preli-minari, si è ritenuto di porre l’attenzio-ne in particolare modo ai quesiti chesolleva la mobilità all’interno delle areemetropolitane, senza per questo nontoccare, anche se in maniera meno ap-profondita, casi che riguardano la mo-bilità urbana relativa a Comuni di piùridotta dimensione.

Andamento demograficoe aree metropolitane

Nel corso degli anni ’90 l’andamentodemografico ha fatto segnare un co-stante deflusso dai Comuni metropoli-tani a favore dei Comuni di corona.

Dalla perdita d’abitanti da parte deiComuni metropolitani deriva un ten-denziale invecchiamento della popola-zione; il fenomeno si manifesta in ma-niera assai differenziata con un massi-mo a Bologna, dove il 26% della popo-

Il ritardo organizzativo e infrastrutturaleitaliano e il confronto europeo

CAPITOLO I

Tabella 1.1DINAMICA DEMOGRAFICA DELLE AREE URBANE 1991-1997

(%) Comune metropolitano Comune coronaNord Ovest –4,2 +2,3Nord Est –2,7 +6,7Centro –3,5 +11,5Sud –6,1 +4,8

Fonte: Ministero dell’Ambiente, Rapporto 2000.

Page 21: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 20

lazione appartiene alla fascia d’età su-periore ai 64 anni ed un minimo a Pa-lermo con il 13,5%, mentre il dato na-zionale è pari al 17,7%.

Altra caratteristica dei Comuni me-tropolitani riguarda la maggiore pre-senza di famiglie di ridotte dimensioni.Circa il 30% delle famiglie residenti neiComuni metropolitani sono famiglie disingle, con un massimo a Milano(40%), mentre nei Comuni corona talifamiglie toccano solo il 17,6%, percen-tuale inferiore di quattro punti rispettoalla media nazionale (21,7%).

La ripartizione della popolazionenazionale, calcolata in base all’ampiez-za dei Comuni, mette in evidenza unacurva di concentrazione piuttosto mar-cata: il 35% circa della popolazione ri-

siede in 140 Comuni (1,7% del totaledei Comuni italiani).

Stante la polarizzazione della struttu-ra della popolazione per dimensione deiComuni, le problematiche della mobi-lità urbana risultano più marcate neicentri urbani di medio–grande dimen-sione, mentre nei Comuni medio–picco-li tendono a decrescere. In altri terminila mobilità urbana muta la propria criti-cità al variare della dimensione dei Co-muni. Il presente rapporto si è concen-trato pertanto sui centri urbani a mag-giore caratteristica metropolitana.

Il processo d’urbanizzazione ha se-guito in Italia diverse tappe: la prima,che ha coperto un lungo arco tempora-le, dal 1861 al 1971, in cui la crescitadella popolazione nelle aree urbane si èsviluppata secondo la tradizionale re-gola che mette in stretta correlazione iltasso di crescita alla dimensione del-l’insediamento. Ovvero più è grande ilComune, maggiore è la velocità di cre-scita della popolazione in esso residen-te. Per tale periodo la grande città hasaputo esercitare un rilevante fascinoin virtù d’importanti fattori localizzati-vi presenti nelle grandi aree urbane.

Tabella 1.2FAMIGLIE E FASCE D’ETÀ NELLE AREE URBANE 1998

Composizione del % persone con nucleo familiare 18 anni e più

Comune metropolitano 2,5 83,4Comune corona 2,9 80,1Italia 2,7 81,9

Fonte: Istat “La vita quotidiana nelle grandi città”edizione 2000.

Tabella 1.3DISTRIBUZIONE PER CLASSI DI POPOLAZIONE DEI COMUNI ITALIANI, 2000

Classe di popolazione N. Comuni % dei Comuni % della popolazione0–1.000 1.973 24,3 1,91.001–5.000 3.856 47,6 17,35.001–15.000 1.614 19,9 23,615.001–50.000 517 6,4 22,350.001-100.000 99 1,2 11,6Oltre 100.000 41 0,5 23,3Totale 8.100 100 100

Fonte: Istat, Annuario Statistico Italiano, 2001.

CAPITOLO I

Page 22: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

21 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Dal 1971 questa regola ha iniziato anon trovare più applicazione, non soloin Italia, ma anche nei principali paesiindustrializzati. In altri termini, soffer-mandosi ai dati comunali, si è assistitoad una lenta ma incessante perdita dipopolazione da parte dei Comuni dimaggiore dimensione. I precedentivantaggi si sono trasformati in costinon più sopportabili da parte di unaquota non limitata della popolazione.Tuttavia la limitazione ai soli dati co-munali non aiuta ad inquadrare il fe-nomeno del conurbanesimo in cui areerilevanti del territorio assumono i con-notati d’aree urbane, indipendente-mente dalla dimensione assoluta deglistessi.

I cambiamenti hanno prodotto an-che un riflesso sulle modalità di rileva-zione statistica, con l’avvio di una nuo-va coppia di denominazione dei Comu-ni: metropolitani vs. non metropolitani.

La popolazione metropolitanaLa mobilità urbana riflette i cambia-

menti che coinvolgono gli abitanti del-le grandi aree urbane. E’ possibile a ta-le proposito scomporre la popolazioneurbana in quattro tipologie, ciascunadelle quali si caratterizza per un diffe-rente rapporto con l’ambito territorialee, di conseguenza, con una domanda dimobilità altrettanto differente.

L’individuazione di questi gruppid’utenti della metropoli conferma co-me gli spostamenti si indirizzino sem-pre di più lungo direttrici di trafficocon una crescente dispersione dei pun-

ti d’origine degli spostamenti e conun’altrettanto elevata diffusione terri-toriale dei punti di destinazione.

Alla direttrice periferia–centro, cheha guidato una quota rilevante del flus-so di mobilità dei decenni passati, si af-fianca quella periferia–periferia, cherende più complessa la progettazionedi un efficace sistema di trasporto pub-blico, per la maggiore dispersione terri-toriale della matrice O/D (Origine-De-stinazione).

Inoltre, una metropoli attrae trafficoche origina da località molto distanti eche richiede una dotazione infrastrut-turale più articolata: si pensi alla mobi-lità indotta dai businessmen, per i qua-li un fattore critico è rappresentato dal-la presenza di un sistema aeroportualeben collegato con la metropoli.

Passando ad analizzare le quattro ti-pologie di popolazione, la prima, quel-la costituita dagli abitanti delle metro-poli, mette in evidenza un andamentodemografico in sensibile calo: nel corsodel decennio passato la popolazione re-sidente nelle 13 principali aree metro-politane è passata da circa 9,9 milioni a9,5 milioni d’unità.

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.4PRINCIPALI ATTIVITÀ DELLA POPOLAZIONE

NELLE METROPOLITipologia Attivitàdi popolazione Abitare Lavorare ConsumareAbitanti Si Si/No SiPendolari No Si SiCity users No No SiBusinessmen No Si SI

Fonte: G. Martinotti “Metropoli” Il Mulino 1993.

Page 23: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 22

Ciò conferma quanto precedente-mente ricordato, ovvero che le grandiaree urbane perdono attrattività in ter-mini di popolazione residente, mentreconfermano il ruolo di luoghi di forteaggregazione per le attività economiche.

Infatti i flussi di traffico generati daipendolari, la seconda categoria, nonmostrano segnali di contrazione, ma alcontrario sono in continua crescita co-me effetto speculare dell’abbandonodella metropoli da parte di una quotadella popolazione.

I Comuni periferici dell’area metro-politana, centri urbani di residenza deipendolari, fanno segnare, assieme aiComuni di medie dimensioni, le più al-te percentuali di popolazione che gene-rano flussi in uscita: 54,5% nel primocaso, 67,2% nel secondo.

Le trasformazioni funzionali dellecittà danno luogo ad una domanda dimobilità che non risponde unicamentea motivi connessi a quelli tradizionali:raggiungere il posto di lavoro e la scuo-la, ma è spinta da spostamenti di tipoerratico. L’Istat ha rilevato che nell’arcodi un trimestre il numero di italiani chehanno effettuato spostamenti extraco-

munali e con rientro in giornata, permotivi non legati al lavoro ed allo stu-dio, sono risultati circa 13 milioni, ov-vero il 24% circa della popolazione ita-liana di sei anni ed oltre.

Questa è la mobilità che riguarda icity users, ovvero coloro che si sposta-no e raggiungono un altro Comune pereffettuare acquisti, per utilizzare servi-zi culturali o per intrattenere relazioniinterpersonali.

Come per i pendolari, anche i cityusers sono meno frequenti presso gliabitanti dei centri di area metropolita-na (17,2%), per la disponibilità in que-sti territori dei servizi richiesi, mentrecresce (25,5%) presso gli abitanti deiComuni periferici di area urbana.

La domanda di mobilità giornalieravede coinvolti 31 milioni di italiani, oltrela metà della popolazione; si tratta di 11milioni di studenti e di circa 20 milionidi occupati. Coloro che dichiarano di la-vorare a casa rappresentano una quotaridotta: circa il 2,5% del totale.

La tendenza verso il telelavoro, ov-vero attività professionali a minorecontenuto di mobilità, costituisce an-cora una forma di lavoro marginale. Èevidente la stretta relazione che uniscemobilità, soprattutto urbana, con pro-getti di diffusione del telelavoro.

A questo proposito la figura del mo-bility manager, ancora in fase pionieri-stica, può contribuire ad ottimizzaregli spostamenti, soprattutto per quantoriguarda la mobilità sistematica ed ori-ginata dalla necessità di raggiungereun determinato posto di lavoro.

CAPITOLO I

Tabella 1.5PERCENTUALE DI POPOLAZIONE CHE SI MUOVE

FUORI DEL COMUNE DI RESIDENZA, 1998Comuni centro area metropolitana 12,8Comuni periferia area metropolitana 54,5Comuni con oltre 50.000 abitanti 67,2Comuni da 10.001 a 50.000 abitanti 53,5Comuni da 2.001 a 10.000 abitanti 42,4Comuni con meno di 2.000 abitanti 22,9

Fonte: Istat “Rapporto Annuale” , 1998.

Page 24: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

23 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Gran parte della mobilità avviene al-l’interno del Comune (59%) o al massi-mo tra Comuni della stessa Provincia(28% circa).

Tra le modalità di utilizzo prevale ilmezzo privato soprattutto tra gli occu-pati (67%), il trasporto collettivo è uti-lizzato in misura maggiore dagli stu-denti e per effettuare trasferimenti in-terni alle aree molto urbanizzate o di-retti verso di esse.

Mobilità urbana e tassodi motorizzazione

La mobilità urbana registra continuiincrementi. Nel corso degli ultimi15–20 anni è aumentata più del 50%, intermini di passeggeri/Km, presso learee urbane dei principali paesi UE. Leragioni dell’incremento sono molteplicie relativamente comuni, tra queste lepiù importanti risultano:

❏ il costante incremento del parcocircolante;

❏ l’aumento del numero degli spo-stamenti in presenza di viaggi con di-stanze di percorrenza stabili o decre-scenti.

Confrontando i risultati dei trendsstorici di aree metropolitane europee econ alta concentrazione di servizi ditrasporto pubblico, si evidenziano scel-te modali che pongono in essere: la sta-zionarietà del trasporto collettivo, ladifficoltà di sviluppo di altre forme dimobilità (quali la bicicletta) ed infine ilpermanere del mezzo privato quale so-luzione modale privilegiata. Questescelte determinano inevitabilmenteuna crescita del grado di congestionedella rete stradale urbana, che sollecitala richiesta di nuove infrastrutture lequali, seppure necessarie, non possonorappresentare l’unica soluzione percor-ribile per creare le condizioni favorevo-li per una mobilità sostenibile.

Le modifiche delle caratteristichedei viaggi urbani, espressi in termini dinumerosità dei viaggi e del tempo me-dio impiegato per ciascuno di essi, nonsempre permettono di riequilibrare lamobilità urbana individuale verso mo-dalità che creano minore esternalità.

Infatti la presenza di un parco circo-lante rilevante e la debole diffusione distrumenti di regolazione della doman-da di mobilità, tendono inevitabilmen-

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.6ANDAMENTO DELLA MOBILITÀ A LONDRA, MONACO DI BAVIERA, MILANO E LIONE, 1990-1998

Parametri Londra Monaco di Baviera Milano Lione% di crescita annua del parco circolante +1,0 +1,8 +1,2 +1,7% di crescita annua della distanza mediasu autovettura +3,1 +1,6 +1,0 +4,0

% di crescita annua dell’intensità di traffico sulla rete di grande viabilità urbana +2,8 +2,3 +2,6 +5,1

% di crescita annua della ripartizione modale dell’auto +0,4 0 +1,0 +0,6

Fonte: CSST.

Page 25: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 24

te a favorire l’impiego del mezzo priva-to per assolvere a quote crescenti ditraffico. Nel corso del decennio passa-to, nell’area metropolitana di Parigi, lamobilità individuale è aumentata da3,48 spostamenti a 3,72 spostamentigiornalieri. Contemporaneamente è ca-lata la quota degli spostamenti contempi superiori a 30 minuti e sono cre-sciuti quelli a corto raggio, con tempiinferiori a 15 minuti.

Complessivamente la situazione del-le aree metropolitane europee mostracaratteristiche comuni anche se con in-tensità differenti; tra le prime è da sot-tolineare la centralità del mezzo privatoper svolgere gli spostamenti all’internodell’area. Di fronte alla forte diffusionedell’autovettura, un primo elemento dicomparazione tra aree è rappresentatoper l’appunto dal tasso di motorizzazio-ne che esprime, seppure in manieranon sempre forte, il livello di congestio-ne raggiunto in un territorio.

La situazione italiana è particolar-mente critica per la presenza di un altotasso di motorizzazione: oltre 57 mezziogni 100 abitanti.

L’elevata densità del mezzo privatospinge verso una ripartizione modaleorientata all’impiego dell’autovettura.

Confrontando il tasso di motorizza-zione presso le principali aree urbaneitaliane ed europee emerge che essonon è correlato positivamente al livellodel reddito pro capite: contrariamente aquanto si possa pensare, le città italia-ne sono le più motorizzate, anche se ilreddito pro capite è inferiore.

La situazione italiana potrebbe ri-specchiare, a parità di numero e di di-stanza degli spostamenti, due situazio-ni: da un lato un servizio pubblico inef-ficiente ed inefficace in termini di co-pertura territoriale e di offerta di corse,nonché di qualità del servizio offerto,con la conseguenza che la maggioremotorizzazione sia l’effetto subìto; dal-l’altro una dispersione territoriale delleattività residenziali e produttive con losviluppo urbanistico tramite una mol-teplicità di centri urbani. La motoriz-zazione sarebbe allora correlata positi-vamente alla tipologia “rurale” e/o dicorona metropolitana dei Comuni.

Il tasso di motorizzazione nelle areemetropolitane tende a crescere passan-do dal centro metropolitano ai Comunidella cintura: a Milano il 34,8% dellefamiglie non possiede un’autovettura,nei Comuni dell’hinterland la percen-tuale scende al 19,6%.

Le principali aree urbane italianepresentano livelli di motorizzazione edi densità del parco circolante abba-stanza disomogenei, in particolare conriguardo al secondo indicatore, che po-ne a confronto il numero di autovettu-re di proprietà dei residenti con la su-perficie del territorio comunale.

Il range di oscillazione dell’indicato-re parco circolante per Kmq, segna unoscarto tra il valore massimo e quellominimo di 80 punti percentuali, men-tre per il primo indicatore, parco circo-lante per abitante, lo scarto si contraesensibilmente toccando solo 28 puntipercentuali.

CAPITOLO I

Page 26: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

25 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Calcolando la media dei due indica-tori emerge come Napoli, Milano e To-rino siano le tre città italiane nelle qua-li maggiore è il tasso di densità del par-co circolante calcolato in rapporto siaagli abitanti sia alla superficie del terri-torio comunale.

Il tasso di motorizzazione è cresciu-to nel corso della seconda metà deglianni ’90 per tutte le città analizzate adeccezione di Catania; il numero di pas-seggeri dei trasporti pubblici è in gene-rale calato ad eccezione di Milano, Ro-ma, Napoli e Catania.

Salvo Catania, in cui si registrauna correlazione negativa tra calodel tasso di motorizzazione ed au-mento dei passeggeri dei trasportipubblici, per le altre tre città l’anda-mento delle due grandezze non sem-bra muoversi secondo logiche di rie-quilibrio modale.

Dotazione infrastrutturale: confronti tra aree territoriali

La dotazione di reti stradali pressole aree metropolitane del Paese confer-ma il permanere di una significativa di-stanza tra le aree del Nord rispetto aquelle delle Regioni meridionali.

Tuttavia, rispetto ad una media na-zionale di 20 Km di strade Provincialiper ogni 10.000 abitanti, si contrap-pongono 39 Km dell’Abruzzo e 10 dellaLombardia.

Anche nell’analisi del rapporto trastrade Statali e abitanti il primato spet-ta al meridione, con 33 Km ogni 10.000abitanti della Basilicata, a fronte dei 4della Lombardia.

I Comuni capoluogo di Provinciadispongono di un servizio di trasportourbano, al contrario degli altri Comu-ni nei quali, con poche eccezioni, essoè invece quasi assente. Ciò spiega per-

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.7DENSITÀ DEL PARCO CIRCOLANTE NELLE PRINCIPALI CITTÀ ITALIANE, 2000

Auto per abitante Auto per Kmq Media dueNumero indice 100=città Numero indice 100=città numeri indici Classificacon il più alto rapporto con il più alto rapporto

Napoli 95 100 97 1Milano 99 85 92 2Torino 97 81 89 3Firenze 88 39 59 5Palermo 83 43 60 4Roma 100 25 50 7Cagliari 97 23 47 8Bologna 88 29 51 6Catania 89 20 42 10Bari 78 27 46 9Genova 72 23 41 11Valore massimo 66,6 auto ogni 5.543 auto ogni

100 abitanti riferito a Roma Kmq riferito a Napoli. Fonte: Elaborazioni su dati ACI-Istat.

Page 27: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 26

ché le spese in conto capitale per i ser-vizi di trasporto siano quasi totalmen-te concentrate presso i Comuni capo-luogo.

Le aree metropolitane italiane, sottoil profilo della dotazione infrastruttura-le, non mostrano invece forti diversità,fatta eccezione per alcune di esse, co-me Milano, Napoli, Roma, Genova eCatania, che dispongono di almenouna rete di metropolitana (per un tota-le di 118 km di rete). Va poi rilevato chele linee metropolitane in Europa sono

tipiche delle grandi aree urbane: consi-derando tutti i paesi europei, anchequelli dell’Est, solo 52 città dispongonodi una dotazione infrastrutturale di tra-sporto rapido di massa con un’esten-sione superiore ai 10 Km. L’indicatorepiù utile per confronti sulla disponibi-lità di reti metropolitane è rappresenta-to dalla densità della rete, calcolato co-me semplice rapporto tra la lunghezzadelle linee per ogni 100.000 abitanti. Ildivario tra l’Italia e gli altri paesi euro-pei è forte: solo 2,1 Km per ogni100.000 abitanti, contro 6,2 per il Re-gno Unito e 4,6 per la Francia.

Se s’intende porre in essere qualsia-si confronto tra le città italiane è tutta-via necessario introdurre anche altrevariabili, tra le quali il numero di mez-zi pubblici in dotazione, l’anzianità delparco dei veicoli pubblici e la loro velo-cità commerciale.

Milano risulta la città con il più altogrado di dotazione di mezzi pubblici,un mezzo ogni 451 abitanti; all’estremoopposto si colloca Bari, con un mezzoogni 1.615 abitanti. Degno di nota è losforzo intrapreso da Napoli per rilan-ciare il mezzo pubblico attraverso unintenso processo di rinnovo del parco

CAPITOLO I

Tabella 1.8DOTAZIONE D’AUTOSTRADE E STRADE:

CONFRONTO PROVINCIALE, 1998Provincia Indice Italia=100 PosizioneMilano 194,7 1Firenze 150,9 4Roma 125,3 16Genova 121,5 20Venezia 121,2 21Bologna 120,9 22Verona 118,9 25Torino 116,0 26Napoli 99,9 42Bari 73,4 67Catania 62,1 75Palermo 60,3 77Cagliari 41,2 93

Fonte: Istituto Tagliacarne, 2000.

Tabella 1.9RIPARTIZIONE DELL’ESTENSIONE STRADALE ITALIANA, 2000

Km strade Provinciali Km strade Statali Km strade Provinciali Km strade Stataliogni 10.000 ab. ogni 10.000 ab. ogni 1.000 veicoli circolanti ogni 1.000 veicoli circolanti

Italia settentrionale 16,3 6,2 22,3 8,4Italia centrale 20,1 8,1 26,9 10,9Italia meridionale 24,5 10,4 40,9 17,3Totale Italia 20,0 8,1 29,1 11,7

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, edizione 2001.

Page 28: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

27 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

(l’età media è di solo 6 anni). Per quan-to riguarda Roma, l’attivazione dellerecenti tre gare per nuove linee urbane,ha prodotto recentemente un abbatti-mento dell’anzianità del parco rispettoai quasi 12 anni del 2000.

Piuttosto critica, poi, la situazionerelativa ai parcheggi urbani. A fronte diun consistente e progressivo aumentodella domanda di mobilità individuale,soddisfatta dal mezzo privato, la dispo-nibilità di posti auto nelle città italiane

– parcheggi pubblici su strada e instruttura/sede propria – non registra unaltrettanto elevato tasso di crescita. Ilgap infrastrutturale, in questo caso,comporta seri problemi sia per quantoriguarda i flussi di traffico dei pendola-ri – insufficienza dei parcheggi di inter-scambio con i mezzi di trasporto col-lettivi (a cui vanno aggiunte le persi-stenti carenze dei servizi di TPL, chesaranno esaminate in dettaglio piùavanti) – sia per quanto riguarda i vei-

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.11DOTAZIONE DI MEZZI PUBBLICI IN UNDICI PRINCIPALI CITTÀ METROPOLITANE,

CONFRONTO 1993, 1997, 2000Numero abitanti per mezzi TPL Anzianità mezzi TPL Velocità commerciale

Comuni (su gomma) mezzi di superficie (km/h)1993 1997 2000 1993 1997 2000 1993 1997 2000

Cagliari 640,5 684,2 640,6 7 9 9 14,26 15,16 16Bari 1.668,0 1.655,2 1.614,8 8,1 7,8 11,5 20 15,5 16Bologna 853,1 804,5 704,8 13 12,6 11,2 15 15,03 14,6Catania 1.052,0 832,8 719,1* 13 12,8 14,6* 12,87 14,7 14,05*Firenze 821,8 750,3 812,5 14 9,8 11 15,89 15,81 15Genova 733,1 745,6 706,5 12,3 12,6 10,4 13 15 15Palermo 1.336,1 1.474,4 1.291,6 8 6 6,6 12 12,86 n.d.Milano 437,8 411,8 450,8 12,06 12,4 9,3 11,9/14,1 11,9/14,1 11,8/14,5Napoli 927,1 911,0 815,4 23,8 7,6 6 8 11,98 11,9Roma 980,6 1.088,9 1.041,8 9,8 11,4 11,7 10,85 14 15,79Torino 711,5 697,3 714,0 9,9 9 7,4 17,19 17,68 18,2

Fonte: Elaborazione OndaVerde su dati Osservatorio sulla Mobilità ACI 2001 (i dati relativi al 2000 “non disponibili” sono stati sostituiti,ove possibile con quelli del 1999 (*), al fine di consentire un’analisi delle tendenze evolutive).

Tabella 1.10SPESE IN CONTO CAPITALE DEI COMUNI PER IL TRASPORTO PUBBLICO:

CONFRONTO TERRITORIALE E PER TIPOLOGIA DI ENTE LOCALE, 1999 (in mln di lire)Viabilità Trasporto

Tutti i Comuni B/A (%) Tutti i Comuni B/A (%)Comuni (A) capoluogo (B) Comuni (A) capoluogo (B)

Nord 1.216 343 28,2 237 235 99,1Centro – Sud 1.178 306 26,0 699 658 94,2Italia 2.394 649 27,1 936 893 95,4

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, edizione 2001.

Page 29: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 28

coli dei residenti. Va inoltre evidenzia-to che nella maggior parte dei Comuniitaliani lo sviluppo della sosta a tariffa-zione su strada – le cosiddette “strisceblu” – ha portato non di rado ad inevi-tabili restringimenti delle carreggiate,soprattutto nei centri storici, con con-seguenti difficoltà di circolazione per iveicoli commerciali e privati, nonchéper gli stessi mezzi pubblici.

Un rapido confronto con importantiaree urbane europee, dimostra in mo-do alquanto evidente il ritardo infra-strutturale italiano in tema di parcheg-gi: la città di Barcellona, ad esempio, èin grado di offrire 210.000 posti auto in224 parcheggi pubblici in struttura (afronte di un parco circolante di 621.000veicoli); a Ginevra i parcheggi pubbliciin struttura sono 27, per un totale di11.900 posti auto (a fronte di 213.000autoveicoli in circolazione); la metro-

poli di Parigi infine, pur contando uncircolante di quasi 5 milioni di veicoli,mette a disposizione 218 parcheggi instruttura, per un totale di 166.700 postiauto.

Domanda di trasporto pubblico locale(TPL)

Nel corso dell’ultimo decennio i pas-seggeri del TPL in Italia sono calati dioltre 250 milioni d’unità, pari al 5% cir-ca del totale. In particolare continua aperdere domanda la modalità autoli-nee. In controtendenza rimane la me-tropolitana, che si conferma la secondamodalità con oltre 580 milioni di pas-seggeri/anno.

Il trasporto pubblico urbano sugomma, in particolare, è attualmentecaratterizzato in Italia da un parco cir-colante con elevata anzianità media:circa 12 anni contro la media europea

CAPITOLO I

Tabella 1.12DOTAZIONI DI POSTI AUTO IN UNDICI PRINCIPALI CITTÀ METROPOLITANE,

CONFRONTO 1993, 1997, 2000Posti auto su strada Auto circolanti nel Comune Posti auto in parcheggi

Comuni a pagamento per posti su strada a pagamento di interscambio con TPL1993 1997 2000 1993 1997 2000 1993 1997 2000

Cagliari 1.500 1.970 1.850 76,3 57,9 58,3 1.498 1.000 1.000Bari 2.508 791 2.067 66,8 215,7 87,1 0 0 0Bologna 1.600 12.000 27.000 126,3 18,4 8,3 5.650 7.500 8.000Catania 0 3.659 3.659* 54,7 53,4* 0 1.600 900*Firenze 3.250 3.017 13.600 62,9 73,5 16,4 0 949 1.709Genova 920 1.520 2.807 322,6 202,0 106,7 2.820 3.330 2.400Palermo 1.387 1.000 3.040 266,5 377,9 128,8 1.965 2.415 2.415Milano 8.744 8.000 10.842 88,4 106,84 77,3 11.650 14.200 13.500Napoli 4.143 6.975 23.842 157,6 92,2 25,6 1.300 2.398 3.241Roma 5.140 24.378 47.170 328,6 70,7 39,7 6.280 9.669 11.144Torino 10.218 24.579 49.349 52,1 23,5 11,9 0 0 700

Fonte: Elaborazione OndaVerde su dati Osservatorio sulla Mobilità ACI 2001 (i dati relativi al 2000 “non disponibili” sono stati sostituiti,ove possibile con quelli del 1999 (*), al fine di consentire un’analisi delle tendenze evolutive).

Page 30: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

1) Ci si riferisce alla città diCatania - dove il primo trattodella nuova metropolitana èstato inaugurato nel 2000 - aGenova, Milano, Napoli eRoma.

di soli 7 anni. Al crescere dell’anzianitàdel parco circolante peggiorano gliaspetti d’impatto ambientale prodottidalle emissioni dei combustibili impie-gati negli autobus. La qualità del servi-zio, inoltre, non è affatto immune altasso di anzianità: al crescere di que-st’ultimo, infatti, decresce la prima.

Il successo della metropolitana, co-me la tenuta delle ferrovie in conces-sione, testimoniano invece come le mo-dalità rapide di trasporto di massa sia-no tendenzialmente ben accettate daicittadini delle grandi aree urbane.

Tuttavia nel trasporto urbano la so-luzione rappresentata dalla metropoli-tana costituisce un’opportunità a di-sposizione di un numero limitato dipersone (solo in cinque città per com-plessivi 118 km)1. Il successo della me-tropolitana è certamente ascrivibile al-la maggiore velocità commerciale.Inoltre, la metropolitana si confermacome un sistema di trasporto in gradodi massimizzare i principali obiettividel TPL: contenere i costi di esercizio,intercettare quote crescenti di utenti,

contribuire a ridurre la congestione deltraffico urbano.

Per quanto concerne la rete tranvia-ria, nonostante la crescente attenzionerecentemente prestata a questa moda-lità di trasporto, grazie ad importantiinnovazioni tecnologiche introdotte nelsettore, si è assistito invece ad un pro-gressivo ridimensionamento del servi-zio. Attualmente le linee tranviarie so-no presenti in sole 4 città, Milano, Tori-no, Roma e Napoli (altri due impiantipossono essere annoverati fra quelli ditipo tranviario nelle città di Genova eTrieste), per complessivi 466 Km.L’80% della rete, peraltro, è distribuitotra Milano e Torino. Roma, che all’ini-zio degli anni ’30 disponeva di una retetranviaria articolata su 58 linee perun’estensione di 400 Km, ha oggi inesercizio appena 70 Km di rete. Nelcorso dell’ultimo decennio i passeggeridelle tranvie sono diminuiti di oltre il30% a fronte di una riduzione della re-te pari al 7%.

Le autolinee extraurbane e le ferro-vie in concessione svolgono funzioni di 29 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.13NUMERO DEI PASSEGGERI NEL SERVIZIO DI TPL IN ITALIA, 1981-2000

1981 1990 2000 Variazione 2000/1990Pax (mln) % Pax (mln) % Pax (mln) % assoluta (mln) (%)

Autolinee 5.317 83,4 3.963 79,6 3.693 78,4 –270 –6,8• extraurbane 1.206 1.037 937 –100 –9,6• urbane 4.111 2.926 2.756 –170 –5,8Tranvie 519 8,1 423 8,5 290 6,1 –133 –31,4Metropolitane 345 5,4 438 8,8 581 12,3 143 +32,6Ferrovie 192 3,0 149 3,0 153 3,2 4 +2,7Totale 6.373 100 4.973 100 4.717 100 –256 –5,1

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate.

Page 31: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 30

trasporto molto simili, visto che la per-correnza media si attesta attorno ai 20Km per entrambe; gli spostamenti ur-bani segnano percorrenze più contenu-te, 4 Km, ad eccezione della metropoli-tana, 7 Km, che sottolinea il propriocarattere ibrido.

I proventi per passeggero/Km indi-cano le politiche tariffarie in uso nelTPL; una prima osservazione riguardala relazione tra percorrenza media e li-vello dei proventi: al crescere della per-correnza diminuisce il provento perpasseggero/Km.

Le tariffe sembrano pertanto co-struite per incentivare gli spostamentia medio raggio, quelli che più verosi-milmente sono svolti con l’utilizzo delmezzo privato.

L’elasticità della domanda al prezzomuta al variare dei segmenti di doman-da: è rigida nei casi d’assenza d’alterna-tive (prevalentemente gli studenti e ladomanda di mobilità occasionale), ela-stica nei casi di forte presenza d’alterna-tive (per gli occupati e con spostamentipiù variabili nel corso della settimana).

Le ferrovie in concessione rappre-sentano la modalità meno efficiente traquelle che compongono il TPL: il costoper passeggero è superiore di 3 volte emezzo rispetto al costo delle autolineee di 8 volte rispetto alla metropolitana.Il basso utilizzo della ferrovia in con-cessione, unitamente ad un alto gap traricavi e costi, rende urgente la revisio-ne del modello di trasporto realizzatoda questa modalità. Infatti le ferroviein concessione svolgono, in alcuni casi,un’importante occasione di trasporto,favorendo la mobilità sistematica in-torno alle grandi aree urbane, negli al-tri casi collegano Comuni che generanouna bassa domanda di mobilità.

Complessivamente la riorganizza-zione del servizio di trasporto realizza-to mediante le ferrovie in concessionecostituisce uno dei più importanti capi-toli della riforma del TPL ed al con-tempo una significativa sfida in cui simanifesterà la capacità programmato-ria delle Regioni.

Dopo un lungo periodo in cui il ri-spetto delle compatibilità economiche

CAPITOLO I

Tabella 1.14CONFRONTO TRA LE DIVERSE TIPOLOGIE DI TPL CON RIFERIMENTO

AD ALCUNI INDICATORI DI EFFICIENZA, 2000Autolinee Tranvie Metropolitane Ferrovie in concessione

Costo/Km (€) 2,38 5,51 2,93 n.d.Costo/pax (€) 1,37 0,77 0,57 5,3Percorrenza media (Km) 8 * 4 7 19 Velocità commerciale (Km/h) 12-17 16-20 33-38 30-46Costo/pax Km (€) 0,17 0,19 0,08 n.d.Load factor (%) 22,0 21,5 24,7 38,0Proventi/ pax Km (€) 0,06 0,08 0,04 0,04

* Per il servizio urbano la percorrenza è di 4 Km, per quello extraurbano di 19 Km.Fonte: Elaborazioni su Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, edizione 2001.

Page 32: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

31 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

era quasi del tutto assente, si assiste daalmeno un quinquennio ad una cre-scente attenzione al controllo della di-namica dei costi operativi.

Il rapporto dei ricavi da traffico ri-spetto ai costi operativi totali è in recu-pero, seppure continuano a rimanerealti i gaps tra le diverse modalità. I mi-gliori risultati segnati dalla metropoli-tana sembrano indicare, oltre a struttu-re di costi diverse, anche un maggiorcontrollo sui passeggeri paganti, conte-nendo la piaga degli abusivi.

Il costo al Km è condizionato da va-ri fattori, tra i quali i principali sono:velocità commerciale, lunghezza dellelinee e frequenza delle corse. Ciò spie-ga perché la modalità tranviaria so-stenga costi al Km nettamente superio-ri rispetto alle altre soluzioni di tra-sporto: infatti presenta basse velocitàcommerciali, linee abbastanza lunghee alte frequenze di corse anche in “fa-sce di morbida”.

Il costo per passeggero, oltre ai fat-tori sopra ricordati, è influenzato dalload factor, ovvero il coefficiente diriempimento, il quale dipende dal mo-

dello di carico delle linee e dal numerodei mezzi disponibili.

Un basso coefficiente di riempimen-to trova ragione in inefficienze di tipoorganizzativo e tecnico per quanto at-tiene al disegno delle linee e del model-lo d’esercizio. In ogni caso l’obiettivo diincrementare il coefficiente di riempi-mento non può che essere perseguitoin maniera congiunta tra gestore delservizio ed ente appaltante, visto chequest’ultimo determina il tracciato del-le linee, la numerosità delle corse perfascia d’orario e per tipologia di gior-nata, la tariffa singola nonché quella le-gata agli abbonamenti.

1.2 Andamento di lungo periododegli investimenti infrastrutturalipubblici su scala nazionale ed urbana

L’analisi seguente prende spuntodall’esame delle tendenze di lungo pe-riodo dei dati statistici relativi agli in-vestimenti effettuati dai soggetti pub-blici e privati nel settore dei trasporti.Essi comprendono sia quelli relativi al-la costruzione di opere infrastrutturali,quali ad esempio strade ed autostrade,linee ferroviarie, porti, aeroporti ecc.,sia quelli destinati alla sostituzione deimezzi di trasporto. Allo stato attuale, leinformazioni disponibili dalle fonti uf-ficiali, quali l’ISTAT ed il Ministero del-le Infrastrutture e dei Trasporti, nonconsentono di suddividere i dati in fun-zione della destinazione d’uso delle

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.15TPL: ANDAMENTO % DEL RAPPORTO RICAVI DA TRAFFICO SU COSTI TOTALI, 1966-2000

1966 1972 1981 1990 2000Autolinee 70 52 25 23 38Tranvie 61 23 21 26 42Metropolitane 85 72 21 30 56Ferrovie in concessione 33 19 16 12 17 *

* 1996Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate.

Page 33: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 32

opere stesse, e cioè per il trasporto lo-cale e metropolitano da un lato e per icollegamenti di media e lunga percor-renza dall’altro. Nel testo, comunque,si è cercato di tenere conto per quantopossibile di tale distinzione, onde potereffettuare valutazioni, anche solo di ca-rattere qualitativo, sull’argomento.

Va inoltre osservato come la costru-zione di una base dati sulla spesa pub-blica in investimenti, soprattutto se ri-ferita a periodi temporali lunghi, nonsia sempre di facile realizzazione, datala provenienza delle informazioni dafonti spesso molto diverse e date le mo-difiche nei criteri di rilevazione che so-no state introdotte nel corso degli annidagli stessi centri di raccolta e di ela-

borazione. Relativamente al dettagliodelle fonti impiegate in questo para-grafo si rinvia alla nota metodologicaposta a fine capitolo.

L’andamento di lungo periodo della spesa per investimenti nel settore dei trasporti

Il grafico riporta l’andamento dellaspesa per investimenti nel settore deitrasporti in relazione al PIL dal 1970 al1999. Essa comprende tutte le voci dispesa del settore, compresi quindi gliinvestimenti per i mezzi di trasporto,sia da parte dei soggetti pubblici sia diquelli privati. Complessivamente, gliinvestimenti effettuati nel settore nelnostro Paese si aggirano in media in-

CAPITOLO I

1970 19711972 1973 19741975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 19841983 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 19941993 1995 1996 1997 1998 1999

1

2

3

4

5

6

7

ANDAMENTO DELLA SPESA DI TRASPORTO RISPETTO AL PIL, 1970-1999

Grafico 1.1

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate;Istat, Annuario Statistico, diverse annate.

Page 34: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

2) Fonte: EU, Transport in fi-gures, Statistical Pocketbook,2000.

33 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

torno al 5-6% del PIL, con una tenden-za che, soprattutto a partire dalla se-conda metà degli anni ’90, ha conosciu-to un rapido aumento. Se in passato,soprattutto nel corso degli anni ’60 e’70, la maggior parte di tali investimen-ti riguardava la realizzazione di grandiopere infrastrutturali, a partire daglianni successivi ha acquistato un cre-scente peso la spesa nei mezzi di tra-sporto.

L’evoluzione temporale della spesaper infrastrutture dal 1970 al 1999

Per quanto riguarda l’andamentotemporale della spesa relativa alle soleinfrastrutture di trasporto in Italia, ilperiodo esaminato può essere suddivi-so in tre cicli temporali distinti:

❏ un primo ciclo, dal 1970 al 1976,caratterizzato da un calo costante dellaspesa, che passa dagli oltre 5 miliardidi euro (pari a 10 mila miliardi di lire)del biennio 1970-71 ai 2,3 miliardi dieuro (4.500 miliardi di lire) del 1977.Tali anni coincidono con la fase termi-nale di un periodo, il cui picco è proba-bilmente situato negli anni ’60, caratte-rizzato da una spesa pubblica per in-frastrutture di trasporto molto elevatae relativamente costante negli anni, de-stinata prevalentemente alla costruzio-ne dell’ossatura di base dell’attuale reteautostradale italiana;

❏ un secondo ciclo, di rilancio dellaspesa infrastrutturale, che coincide congli anni 1980–1989. In questi anni, i li-velli di spesa si mantengono ad un li-vello costante, attestandosi intorno a

circa 4 miliardi di euro (7.500 miliardidi lire) l’anno. Tale andamento coincidecon una fase fortemente espansiva incui sia la spesa pubblica per investi-menti (in sanità, lavori pubblici ecc.)sia quella totale cresce a ritmi molto e-levati. È la fase in cui il deficit pubblicova progressivamente allargandosi, con-tribuendo ad alimentare uno stock deldebito già molto elevato dopo la secon-da crisi petrolifera ed il conseguenterialzo dell’inflazione e dei tassi d’inte-resse;

❏ un terzo ciclo, che prende le mos-se verso la fine degli anni ’80, che rap-presenta il periodo della contrazionedella spesa pubblica a seguito delle re-strizioni di bilancio. In questi anni, lanecessità di ridurre il deficit pubblicofa premio su qualsiasi altro obiettivo dimedio o lungo termine e, in presenza diuna sostanziale rigidità della spesa cor-rente, gli investimenti pubblici ne subi-scono gli effetti negativi maggiori.

Sul piano europeo, l’andamento del-la spesa per infrastrutture in Italia nonsi discosta in maniera significativa daquella registrata nei maggiori paesi eu-ropei, collocandosi intorno all’1-1,5 delPIL, rispetto all’1,1% della Germania edella Francia, all’1,2% della Spagna edallo 0,8% del Regno Unito2. Va ricor-dato, a tale proposito, come il raffrontofra i diversi paesi europei sui dati rela-tivi a questo settore, soprattutto a livel-lo aggregato, presenti non poche diffi-coltà e vada quindi effettuato con estre-ma cautela. Qualsiasi valutazione rela-tiva all’efficienza ed all’efficacia degli

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Page 35: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 34

investimenti effettuati dovrebbe, adesempio, tenere conto dei criteri dicontinuità e di coerenza che hannoispirato i programmi di investimento,delle metodologie di individuazione eselezione delle opere realizzate ecc.

Per quanto riguarda la suddivisione

temporale della spesa, complessiva-mente, nel trentennio 1970-1999 le spe-se dirette in conto capitale dello Statosono state destinate per il 45% all’infra-struttura stradale. Restringendo l’oriz-zonte temporale all’ultimo decennio siosserva un incremento percentuale de-gli investimenti nel settore marittimoed aereo (rispettivamente 36% e 22%delle spese dirette sostenute), a scapitodel settore stradale, passato a rappre-sentare il 38% degli investimenti com-plessivi.

Da una prima lettura dei dati sem-bra emergere come negli ultimi diecianni lo Stato abbia inteso destinare lerisorse verso quei comparti alternativial trasporto su strada, quali la naviga-zione marittima ed aerea.

Resta comunque il fatto che, com-plessivamente, nel trentennio in esa-me, il settore stradale ha assorbitoquasi il 60% degli investimenti pubbli-ci nei trasporti: questo deriva soprat-tutto dalle risorse che Aziende Pubbli-che ed Enti Pubblici hanno destinatoal settore in esame (che nel trentennioè risultato pari a quasi 109 mld di euroa prezzi 1995, cioè intorno ai 210 milamiliardi di lire).

Per quanto riguarda poi la spesa ef-fettuata dalle Aziende Pubbliche (prin-cipalmente Ferrovie ed ANAS) nel tren-tennio in esame essa è stata indirizzataper il 54% al settore ferroviario e per il44% a quello stradale. In particolarenegli anni ’90 gli investimenti sono sta-ti ripartiti quasi equamente fra l’infra-struttura ferroviaria e quella stradale.

CAPITOLO I

Grafico 1.2

NAVIGAZIONE INTERNA

1%

NAVIGAZIONE MARITTIMA

28%

STRADA45%

FERROVIA 7%

NAVIGAZIONE AEREA19%

COMPOSIZIONE DELLA SPESA CONSOLIDATA DELLO STATO PER INFRASTRUTTURE E MEZZI 1970-1999

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate.

FERROVIA 54%

ALTRO 1%

NAVIGAZIONE AEREA 1%

STRADA44%

COMPOSIZIONE DELLA SPESA CONSOLIDATA DELLE AZIENDE PUBBLICHE PER INFRASTRUTTURE E MEZZI 1970-1999

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate.

Grafico 1.3

Page 36: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

35 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Le Ferrovie dello Stato finanzianopertanto al 98% gli investimenti nel set-tore.

Gli Enti Pubblici infine destinanooltre il 90% degli investimenti al setto-re stradale.

Complessivamente le spese per in-frastrutture e per i mezzi di trasportosono finanziate per il 60% dagli EntiPubblici. Il rimanente 40% riguarda lespese che gli operatori privati hannosostenuto per produrre servizi di tra-sporto (trasporto conto terzi), al nettodunque di quelle sostenute in quantogestori-utilizzatori o solamente utiliz-zatori.

Se poi si analizza la spesa sia deisoggetti pubblici sia di quelli privati(ove sono comprese solamente le spesedelle aziende che operano nel settoredel trasporto conto terzi), emerge comeil trasporto su strada sia la modalitàche in termini percentuali incide mag-giormente sulla spesa in conto capitalecomplessiva (oltre il 64%).

Per quanto riguarda gli investimentinegli altri settori, i trasporti ad impian-ti fissi contribuiscono per il 22% allaspesa complessiva, mentre le spese inconto capitale della navigazione rap-presentano solo l’8% del totale e quellerelative al trasporto aereo il 5%.

Nell’insieme le spese per opere desti-nate al settore dei trasporti, realizzatein Italia nel corso negli ultimi 25 annisono state prevalentemente destinate asupportare investimenti in infrastruttu-re tipiche della lunga distanza; infattisono risultati significativi gli investi-

menti per i progetti dell’Alta Velocità,per l’ammodernamento della rete auto-stradale, almeno fino alla metà deglianni ’70, e successivamente per unacrescita d’assi di scorrimento attornoalle aree metropolitane con la creazio-ne di tangenziali.

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

ALTRO (non divisibile) 5%NAVIGAZIONE MARITTIMA

4%

STRADA90%

NAVIGAZIONE INTERNA

1%

COMPOSIZIONE DELLA SPESA CONSOLIDATA DEGLI ENTI PUBBLICI IN INFRASTRUTTURE E MEZZI 1970-1999

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate.

Grafico 1.4

TOTALE PRIVATO 40%

ENTI PUBBLICI18%

AZIENDE PUBBLICHE36%

STATO 6%

COMPOSIZIONE DELLA SPESA CONSOLIDATA DELLO STATO PER INFRASTRUTTURE E MEZZI DI TRASPORTO1970-1999

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto Nazionale Trasporti, diverse annate.

Grafico 1.5

Page 37: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 36

Alla mobilità urbana è stata nelcomplesso dedicata scarsa attenzionecirca la dotazione infrastrutturale,mentre, soprattutto a partire dagli an-ni ’80, si sono intensificati interventipubblici a copertura dei crescenti di-savanzi di gestione delle imprese delTPL.

Va a questo proposito ricordato co-me la costante crescita di tale disavan-zo abbia pesato in modo significativosulla reale capacità delle aziende mu-nicipalizzate di rinnovare il parco cir-colante degli autobus cittadini.

Assumendo la posizione debitoriadegli enti locali quale proxy della capa-cità di effettuare investimenti in operepubbliche in senso allargato, emergeche nel decennio passato si è verificatauna continua contrazione, soprattuttonel periodo tra il 1993 ed il 1997. Suc-cessivamente al 1997 gli investimentihanno fatto segnare un’inversione deltrend, con una ripresa delle opere darealizzare e/o da completare.

La Ragioneria Generale dello Statosuddivide la situazione debitoria per ti-pologia di Ente locale, ovvero tra Pro-vincia, Comune, Comunità montana.

I Comuni capoluogo sono, per il de-cennio scorso, la categoria di Ente lo-cale che ha investito di meno: nel 1991la quota dei debiti in capo ai Comunicapoluogo era il 38,6% del debito tota-le di tutte le tipologie di Ente locale; nel2000 scende al 34,4%.

La contrazione sopra segnalata sem-bra confermare le difficoltà incontratedai programmi d’investimento in infra-

strutture urbane ad uscire dalla fase diprogettazione ed entrare in quella d’e-secuzione.

Con riferimento al trasporto locale,e pertanto alle modalità d’erogazionedel servizio ed ai sostegni finanziari peril rinnovo del parco mezzi, si nota unamodifica nell’allocazione delle risorsetra le spese correnti e le spese in contocapitale a favore di queste ultime.

Per il 2001 la riduzione delle spesecorrenti sembra essere collegata al tra-sferimento alle Regioni di buona partedei contributi per la copertura dei costid’esercizio.

Gli interventi dello Stato a favoredegli investimenti nel trasporto localehanno premiato progetti che permetto-no un sensibile miglioramento dell’of-ferta, con la realizzazione di linee ditrasporto di massa in sede fissa. Oltrel’80% delle spese in conto capitale sonostate allocate in tali investimenti. Lescelte infrastrutturali tendono a pre-miare le opere di rilevante intensità(nuove linee sia metropolitane sia tran-viarie), collocando in una posizione in-feriore l’adeguamento degli assets dellealtre soluzioni modali.

Tale orientamento trova fondamen-to nella ricerca di colmare il gap in-frastrutturale che separa l’Italia dalresto dell’Europa.

Tuttavia le esperienze di successoestere mostrano che il miglioramentodella mobilità urbana è ottenuto per-seguendo strategie che fanno leva sudifferenti strumenti, tra i quali anchequelli di natura gestionale.

CAPITOLO I

Page 38: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

37 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

1.3 Confronti internazionali con i principali paesi europei sugli investimenti totali e per modalità di trasporto

Gli investimenti nel settore dellamobilità urbana coinvolgono un’ampiatipologia d’interventi, dal momentoche accanto ai tradizionali interventiinfrastrutturali, quali realizzazione dilinee metropolitane e/o tranviarie, siassociano investimenti nella rete stra-dale e interventi finalizzati a migliora-re l’erogazione complessiva del servi-zio di trasporto pubblico, facendo ri-corso all’utilizzo di diverse leve (rinno-vo del parco, ITS ecc.).

Ne consegue che la dotazione infra-strutturale di un’area urbana, perquanto riguarda il sistema di trasportopubblico, è il risultato di un insiemed’interventi non sempre facilmentequantificabili.

Non a caso le ricerche che mettonoa confronto l’attrattività di una cittàcon altre dello stesso rango sempre di

più utilizzano metodologie fondate sucriteri qualitativi piuttosto che quanti-tativi. Coscienti di queste limitazioni,si è tuttavia ritenuto che l’impiego diindicatori fisici possa, pur con le dovu-te cautele, fornire una corretta panora-mica dello stato dell’arte circa i gaps dacolmare nel settore della mobilità ur-bana.

Gli investimenti realizzati in Euro-pa nel sistema della viabilità (ferroviae strada) nel corso dell’ultimo quartodi secolo si sono indirizzati, in modocomune in quasi tutti i paesi, a favoredelle infrastrutture stradali ed a detri-mento di quelle ferroviarie: la rete diqueste ultime si è infatti ridotta nelcorso del quindicennio 1970–1996dell’8%, mentre la rete stradale, ed inparticolare quella autostradale, ha su-bito un costante incremento (del22,5%).

Va tuttavia sottolineato come, nelcaso delle ferrovie, la riduzione di al-cune migliaia di chilometri di rete nonnecessariamente corrisponda ad una

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.16ONERI A CARICO DEL BILANCIO DELLO STATO PER IL TRASPORTO LOCALE, 1996-2001*

1996 1997 1998 1999 2000 2001Spese correnti (%) 64,5 84,2 58,9 48,2 53,0 33,6Spese in c/capitale (%) 35,5 15,8 41,1 51,8 47,0 66,7Totale 100 100 100 100 100 100Totale (mln di €) 1.789 1.096 1.698 2.290 2.735 2.394Spese in c/capitale: 100 100 100 100 100 100- trasporti in gestione diretta ed in concessione (%) 46,0 88,6 45,4 41,4 44,8 39,7

- trasporto pubblico locale (%) - 3,6 0,9 16,9 15,0 14,9- trasporti rapidi di massa (%) 54,0 7,8 53,7 41,7 40,2 45,4

* previsioneFonte: Elaborazione Dipartimento del Tesoro su dati Bilancio dello Stato.

Page 39: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 38

proporzionale riduzione dei servizi of-ferti, in quanto in molti casi si è tratta-to della eliminazione di vecchie lineedismesse, spesso risalenti a due secolifa, i cosiddetti “rami secchi”, effettuatanell’ambito di una condivisibile strate-gia di razionalizzazione dei costi e ri-duzione degli sprechi.

All’interno degli investimenti sullarete stradale risulta particolarmente ri-levante lo sforzo effettuato nella realiz-zazione di un sistema autostradale ef-ficiente.

All’inizio degli anni ’70 la rete auto-stradale era sviluppata soltanto in al-cuni paesi europei, mentre per altri, etra questi è da segnalare la Spagna, es-sa rappresentava un elemento ancoramarginale della dotazione infrastruttu-rale nazionale.

Va ricordato come la crescita dellereti autostradali in Europa si sia con-centrata soprattutto nei paesi che all’i-nizio degli anni ’70 erano ancora inmaggiore ritardo, e che hanno poi re-gistrato un rapidissimo sviluppo delsettore, riuscendo a colmare il gap didotazione infrastrutturale con il restodell’Europa in tempi molto brevi.

Nel caso della Spagna, ad esempio,nel 1970 erano in funzione solo 185Km di autostrada, nel 1996 diventanooltre 7.700 Km.; nello stesso arco ditempo la rete autostradale italiana pas-sava da 3.913 Km a 6.440 Km.

Nel 1970 l’Italia era il secondo pae-se, dopo la Germania, per dotazione direte autostradale, nel 1996 scende alquarto posto, superata da Germania,Spagna e Francia.

Il forte incremento della rete auto-stradale in Spagna ha contribuito a so-stenere la spesa per investimenti in in-frastrutture: nel corso del periodo1985–1994 in Spagna gli investimentidestinati al miglioramento delle infra-strutture del settore del trasporto sonocresciuti ad un tasso medio annuodell’11,3%, contro un media UE del4,2%. Mentre per l’Italia si è registratoun tasso di crescita solo dell’1,8%, in-feriore agli altri paesi europei.

La rete ferroviaria invece è statacoinvolta soprattutto dagli investimen-ti finalizzati alla realizzazione di trattededicate all’Alta Velocità, che ha coin-volto sei paesi e, tra questi, in manierarilevante Francia e Spagna.

CAPITOLO I

Tabella 1.17RETE FERROVIARIA E RETE STRADALE IN EUROPA, 1970-1999 (Km)

1970 1996 1999 Variaz. % 1970-99Ferrovie 170.642 156.464 152.723 – 10,5Strade 2.736.675 3.354.534 n.d. + 22,5*- di cui Autostrade 16.051 47.291 51.336 + 219,8Totale 2.907.317 3.510.998 n.d. + 20,7*

* 1970-1996Fonte: EU, Eurostat, Panorama of transport, edizione 1999.

Page 40: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Infrastrutture e mobilità urbanaNel periodo considerato, gli investi-

menti in infrastrutture urbane di tra-sporto in sede fissa sono risultati in Ita-lia sistematicamente inferiori di circala metà rispetto a quelli realizzati me-diamente in Europa, ampliando il gapin termini di dotazione.

Tutti i paesi europei, tendono arafforzare questa soluzione modale conulteriori programmi di potenziamento.Tuttavia è da notare che, almeno nellecittà già dotate di linee metropolitane,un’ulteriore crescita della dotazione diinfrastrutture non determina un incre-mento della domanda. Emerge che lascelta di potenziare il servizio con l’e-stensione della rete non sempre com-porta un riequilibrio modale con il ca-lo dell’utilizzo del mezzo privato. Lamappa degli spostamenti si articola suviaggi diffusi che premiano la flessibi-lità e la versatilità dell’auto privata.

Nei prossimi anni le nuove linee me-tropolitane in corso di realizzazione ri-guarderanno differenti soluzioni: inFrancia è prevalente il VAL (metropoli-tana automatica), mentre in Italia lametropolitana pesante (HRT). I 10 Kmdi VAL in Italia riguardano le linee incorso di realizzazione a Torino.

Per quanto riguarda l’estensione del-le linee tranviarie, nelle città europee siè assistito ad un drastico calo: dalle 438nel 1930 si è passato alle sole 102 nel2000.

Nel corso dell’ultimo decennio iltram ha recuperato interesse, facendointravedere un’espansione delle linee

tranviarie in parecchie città europee.La Germania, in particolare, si è com-portata in controtendenza: la rete tran-viaria è stata abbandonata solo dallametà delle città. Inoltre, le reti tranvia-rie in Germania effettuano anche colle-gamenti extraurbani, con una rete adelevata estensione come quella di Karl-srue che raggiunge i 300 Km.

La ripresa di interesse nei confrontidelle moderne tranvie è invece collega-ta alla scelta, attuata in Francia nel1975, di reintrodurre il tram quale effi-cace proposta per la gestione della mo-bilità presso le città medie. Sono infat-ti città con popolazione compresa tra

39 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.18LA RETE METROPOLITANA IN GERMANIA,

REGNO UNITO, FRANCIA, ITALIA, 1999 E 2005Rete Germania Regno Unito Francia Italia *1999 (Km) 717 531 330 1182005 (Km) 779 563 415 155Comuni 11 4 8 5Popolazione(x 1000) 15.300 8.500 10.500 5.800

Densità rete ** 4,6 6,2 3,1 2,1* 2000** Km per 100.000 abitantiFonte: Elaborazioni su dati M&T.

Tabella 1.19TIPOLOGIE DI RETI METROPOLITANE PER LE PROSSIME LINEE IN GERMANIA, REGNO UNITO, FRANCIA, ITALIA

Nuova rete (Km) Germania Regno Unito Francia Italia HRT (a) 13 18 3 27LRT (b) 46 14 17 -VAL (c) - - 55 10Totale 59 32 75 37

a) metropolitana pesante;b) metropolitana leggera;c) metropolitana automaticaFonte: Elaborazioni su dati M&T.

Page 41: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 40

100.000 e 300.000 abitanti quelle chesono le più adatte per questa soluzionemodale. L’esperienza francese mette inevidenza la necessità di valutare le di-verse iniziative a partire dai differenticontesti urbani, evitando di preoccu-parsi unicamente delle grandi aree me-tropolitane, lasciando prive di soluzio-ni efficaci le aree di media dimensione.

I tempi di realizzazione sono risulta-ti lunghi: Nancy nel 1975 decise di pun-tare sul tram e solo nel 1985, dieci annidopo, videro la luce i primi progettid’intervento.

Il rilancio del sistema tranviario è ilfrutto d’importanti innovazioni tecno-logiche, che hanno permesso di rag-giungere progressi nella costruzionedel materiale rotabile, nella posa dei bi-nari e nelle tecnologie elettriche di tra-zione. Queste ragioni conferiscono altram moderno la caratteristica di vei-colo ottimale per il trasporto urbanoanche nelle aree centrali e storiche del-le città.

Inoltre, tra gli altri fattori di succes-so, sono da segnalare la facilità d’ac-cesso al mezzo, i bassi costi ambienta-li, la più elevata velocità commerciale

che può raggiungere (se in sede protet-ta) e i relativi minori costi rispetto allealtre soluzioni di trasporto rapido dimassa.

Anche in Italia, con la legge 211/92,o come nel caso di Messina con il ri-corso ai fondi europei per il Mezzo-giorno, sono in corso di finanziamentointerventi in circa 15 città per ampliarela rete già esistente o per reintrodurre iltram dove era stato abbandonato. E’probabile dunque che entro il prossimodecennio le città italiane dotate di unarete tranviaria saranno oltre una quin-dicina, anche se è necessario esserecauti in merito a tali previsioni, ricor-dando come la realizzazione di proget-ti di questo tipo presenti notevoli ele-menti di complessità, dovuti ad esem-pio al fatto di aprire cantieri di lavoroper periodi di tempo che in alcuni casipossono risultare di diversi anni, neicentri cittadini, creando gravi disagi al-la circolazione ed ai residenti.

L’autobus, come è stato già ricorda-to, è la soluzione modale che, almenoin Italia, continua a perdere utenza.Inoltre il rinnovo del parco mezzi pub-blici, azione necessaria per contrastareil calo della domanda, ha fatto segnarenel medio-lungo periodo, (1980–2000),un tendenziale calo delle nuove imma-tricolazioni, soprattutto a partire dallametà degli anni ’80 fino al 1996, in con-comitanza delle modifiche strutturalidei finanziamenti pubblici a favore ditali mezzi.

Il ritardato rinnovo del parco degliautobus di linea non favorisce il soste-

CAPITOLO I

Tabella 1.20DIFFUSIONE DI TRAM E DI LIGHT RAIL SYSTEM

NELLE CITTÀ DELLA UE, 1930, 1960, 1990 E 2000Italia Francia Germania Regno Unito UE 15

1930 50 79 131 104 4381960 14 8 86 4 1571990 4 5 56 3 922000 4 11 57 8 102

Fonte: Commissione Europea “Energy and Transport in figures” ,Statistical Pocketbook 2001.

Page 42: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

41 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

gno di politiche sia nazionali sia localivolte al riequilibrio modale della mobi-lità urbana. Il recupero nel rinnovo delparco rappresenta tuttavia un’iniziativapiuttosto complessa, per la presenza dioltre 15.000 veicoli in esercizio di etàsuperiore ai 15 anni. Il ritardo accumu-lato negli anni passati richiede un fortesostegno finanziario a favore del setto-re. Si tenga presente che posto 100 ilvalore delle immatricolazioni di auto-bus nel 1990, dieci anni dopo per l’Ita-lia l’indice era 101, mentre in Europaha raggiunto 125.

1.4 La differenza tra sommestanziate e somme effettivamentespese: i perché di un’anomaliasoprattutto italiana

Le aree metropolitane confermano ilvizio italiano rappresentato dall’inca-pacità di utilizzare nei modi e nei tem-pi previsti le risorse finanziarie messe aloro disposizione per la realizzazionedi importanti infrastrutture.

Le leggi più importanti destinate asostenere la realizzazione di infrastrut-ture in ambito urbano sono due:

a. la legge 122/89, che incentiva larealizzazione di parcheggi;

b. la legge 211/92, volta a sosteneregli investimenti in trasporti rapidi dimassa.

Per entrambe le leggi è previsto unintervento finanziario dello Stato percoprire una quota del valore dell’opera.

Per quanto riguarda lo stato di at-tuazione della legge 122/89, va rilevatoche al 31 dicembre 2001 – e, dunque, a11 anni di distanza dalla sua promul-gazione – risultavano completati solo185 interventi, rispetto ai 977 preventi-vati, mentre assommavano a ben 643 leopere neppure avviate.

La stessa Sezione Autonomie dellaCorte dei Conti, ritenendo opportunointervenire per la seconda volta sullaquestione con un’apposita indagine av-viata nell’anno 2000, nella propria deli-berazione n. 1/2001 ha rilevato in meri-to quanto segue: “Dall’indagine espleta-ta nel corso dell’anno è risultato che lemotivazioni del mancato avvio di moltiprogetti sono da ricercarsi in un insie-me di concause: l’approssimazione del-le programmazioni, le carenti valuta-zioni sulla congruità e fattibilità degliinterventi, l’insufficienza della copertu-

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.21LEGGE 122/89: STATO DI ATTUAZIONE AL 31.12.2000 (in mln di lire)

Totali Risorse Risorse Numero Numero Costo Spesa Nonnazionali assegnate erogate interventi posti auto interventi ammessa iniziati In corso UltimatiComuni minori (art.3) 353.513 323.399 630 137.429 1.180.582 1.059.670 334 130 166Comuni ad alta tensionedi traffico (art. 6) 506.175 418.805 347 141.363 1.078.591 1.329.503 309 19 19

Totale 859.688 742.204 977 278.792 2.259.173 2.389.173 643 149 185Fonte: Elaborazione Sezione Autonomie della Corte dei Conti su dati del Ministero del Tesoro e delle delibere regionali.

Page 43: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 42

ra finanziaria, l’incapacità nell’operarescelte idonee ai fini della localizzazionedegli impianti, le pastoie burocratichefrapposte alla richiesta di pareri ed airilievi degli Organi di controllo, l’inade-guatezza delle progettazioni, per lo piùgeneriche e vaghe, che hanno impeditoin molte ipotesi l’avvio del ProgrammaUrbano Parcheggi e vanificato la realiz-zazione degli obiettivi della legge n.122.

In particolare, risulta disatteso ilprincipio della programmazione, cheattiene alla fase più delicata e qualifi-cante del procedimento realizzativo diun’opera pubblica, quella della sceltadegli interventi, delle priorità da rispet-tare, delle risorse da ripartire; dall’ana-lisi delle fattispecie indagate si sono,invece, rilevate sfasature, incongruen-ze, diffuse approssimazioni, che stannoad indicare l’assenza di una ponderataed organica valutazione ex ante delleesigenze obiettive, che appaiono piut-tosto come un disordinato reperimentoex post di occasioni di intervento al finedi accedere agli ingenti contributi stan-ziati dalla legge in esame.

La Corte, pertanto, non può nonconstatare ancora una volta il ripetersidel fenomeno della c.d. “programma-zione capovolta”, che segue, anzichéprecedere, lo stanziamento delle risor-se e quindi si presenta estremamentevulnerabile di fronte a qualsiasi tipo diostacolo e di emergenza”.

L’intervento della Corte dei Conticontinua rilevando che “Non di minorerilievo è l’inosservanza delle regole che

sovrintendono alla fase della progetta-zione, che attengono ai contenuti delprogetto sia preliminare che esecutivo,da raccordare con il piano di fattibilitàdell’opera (legge n. 109 del 1994 e suc-cessive modificazioni) da cui conse-guono diversi limiti, che vanno dai“vincoli esterni” ai “vincoli finanziari”intesi come “limiti di spesa””.

Analizzando quindi la situazioneconcreta al 31 dicembre 2000, la Cortedei Conti evidenziava espressamentecome il blocco delle iniziative, nel 50%dei casi esaminati, fosse da collegarsi“proprio alla carenza di un giudizio exante, oltre che alla sottostima dei vin-coli di spesa, che di per sé costituisceun limite di carattere giuridico, opera-tivo e logistico-funzionale alla realizza-zione dell’opera”.

Infine, pur sottolineando gli “inco-raggianti risultati” ottenuti nel corsodell’anno 2000 dalle Amministrazioniregionali nell’esercizio dei poteri di ve-rifica, i magistrati contabili conclude-vano affermando: “Per la maggior par-te degli Enti locali, le valutazioni com-parative hanno posto in luce una di-storta gestione delle risorse pubbli-che, in quanto il coefficiente traquantità prodotta e risorse utilizzatesi presenta molto basso o nullo e gliobiettivi, pur programmati da lungotempo, risultano in molte ipotesi an-cora lontani dall’essere raggiunti”.

I ritardi e la difficoltà nell’impiegarele risorse dipendono quindi da diversifattori o “concause”, tra i quali un po-sto non secondario è occupato anche

CAPITOLO I

Page 44: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

43 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

dal complesso iter burocratico a cui so-no sottoposti i progetti, iter che tende adilatare il processo decisionale conpassaggi non sempre efficaci.

È il caso della legge 211/92. Nel cor-so degli ultimi anni, infatti, si è assisti-to ad una ripresa degli investimenti perla realizzazione di nuove linee tranvia-rie. Per i programmi di investimentoche rientrano nei trasporti rapidi dimassa, tuttavia, rimane alto il divariotra i valori delle concessioni rispetto aquelli delle erogazioni: i secondi sonoinferiori ai primi di almeno quattrovolte. Ciò è abbastanza fisiologico vistoche si tratta di opere complesse per lacui realizzazione sono programmatiparecchi anni.

Più in particolare, la legge 211/92 in-dividua due tipologie di soggetti benefi-ciari dei contributi statali, l’Ente localeda una parte, le ferrovie (compresequelle in regime di concessione o di ge-stione commissariale governativa) dal-l’altra. Accanto a questa distinzione dalpunto di vista del soggetto responsabi-le della presentazione dei progetti di in-vestimento, la legge ne pone un’ulterio-re in cui si contrappongono aree me-tropolitane ad aree urbane. Le primesono ricomprese tra quelle indicate

dalla legislazione vigente sulle aree me-tropolitane e godono di un trattamentoprioritario, visti i potenziali beneficiche si possono ottenere da interventi dinatura infrastrutturale sul contenimen-to della congestione urbana.

I progetti presentati al Ministerosuccessivamente alla piena entrata aregime della legge sono stati 98, di cui71 quelli accolti. Le proposte ammesseal finanziamento si sono ridotte a 28,secondo quanto stabilito dalle deliberedel CIPE. Questi primi risultati metto-no in evidenza le difficoltà che gli entiproponenti hanno incontrato lungo ilcomplesso iter decisionale ed autoriz-zativo. Nell’insieme le fasi sono cinque:

❏ prima fase: preliminare. L’obietti-vo consiste nell’emanazione delle diret-tive di indirizzo e dei criteri di selezio-ne. Il soggetto coinvolto è sostanzial-mente l’organo politico, in particolareil CIPE. È da notare che per la redazio-ne dei criteri e per la valutazione deiprogetti trascorsero circa quattro anni,dalla pubblicazione della legge;

❏ seconda fase: preparazione. Sitratta della fase in cui sono coinvolti inmisura massiccia gli enti locali, inquanto devono predisporre tutta la do-cumentazione relativa ai piani di inter-

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.22LEGGE 211/92: STATO DI EROGAZIONE DEL PROGRAMMA PER INVESTIMENTI A CARICODEGLI ENTI LOCALI E FINANZIATI TRAMITE CASSA DD.PP., 1999 E 2000 (in mln di euro)

Autorizzazione di spesa Concessioni a tutto il Erogazioni a tutto ilcomplessiva 1999 2000 1999 2000

Trasporti rapidi di massa 2.018,8 591,7 631,9 111,7 153,4(29,3%) (31,3%) (5,6%) (7,6%)

Fonte: Ministero del Tesoro, Relazione Generale sulla situazione economica del Paese, 2000.

Page 45: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 44

vento. In questa fase gli enti locali e isoggetti proponenti dovevano dimo-strare i vantaggi del progetto secondo icriteri predisposti dal CAV (Commis-sione di Alta Vigilanza). I criteri indivi-duati sono nove e per ciascuno è asse-gnato un punteggio da 0 a 4; tuttavia inove criteri di base sono ritenuti equi-pollenti, nonostante alcuni di essi, qua-li la valutazione dell’intervento in rela-zione alla domanda di mobilità ed aglieffetti dal punto di vista ambientale, ri-sultano obiettivi prioritari dell’insiemedegli interventi da finanziare;

❏ terza fase: istruttoria tecnica. Sitratta di esaminare i progetti e di stila-re la graduatoria degli stessi secondo icriteri sopra citati. È coinvolto il CAV;

❏ quarta fase: valutazione tecni-co–politica. È di competenza del CIPEche è chiamato ad approvare i pro-grammi di investimento e i relativi fi-nanziamenti pubblici;

❏ quinta fase: attuazione. È l’ultimopassaggio e vede coinvolti tutti i sog-getti, dagli enti proponenti agli organidi valutazione e di delibera. In questafase si erogano i contributi a secondodel rispetto degli adempimenti ammi-nistrativi e il CAV sorveglia l’esecuzionedei lavori.

Per evitare il protrarsi di situazioniin cui a fronte delle approvazioni i lavo-ri non prendono avvio, è stato stabilitoche se entro il termine di 18 mesi, a par-tire dalla pubblicazione della deliberada parte del CIPE, il soggetto beneficia-rio non dà corso ai lavori, rischia l’e-sclusione dal contributo statale.

I progetti presentati al Ministero avalere sulla 211/92 hanno mostrato unadifferente ripartizione per tipologia disoggetto beneficiario: per i programmilocalizzati nelle aree metropolitane edurbane del Nord del Paese è risultatopiù frequente la figura dell’Ente locale,quale soggetto proponente, mentre peri progetti nelle aree meridionali ha pre-valso il gestore ferroviario. È da ricor-dare che le ferrovie in concessione so-no più diffuse nelle Province meridio-nali e pertanto i soggetti gestori hannointeso ampliare e potenziare la rete conprogetti che coinvolgono anche areemetropolitane, come i piani di inter-vento per la realizzazione di ferrovieurbane previsti a Napoli, Salerno, edaltre località. La tabella di seguito ri-portata intende fornire, senza la prete-sa di risultare esaustiva, una panorami-ca delle città interessate da opere diampliamento della rete ferroviaria etranviaria.

Per effettuare l’attività di istruttoriatecnica il CAV si è dotato di una meto-dologia, già approvata dal CIPET, co-struita su nove variabili, a ciascuna del-le quali è assegnato un punteggio cheoscilla da 0 a 4. Ogni variabile pesa sul-la formazione del punteggio finale inmaniera omogenea, in altri termininon è stato introdotto un ulteriore fat-tore di ponderazione.

Le variabili, come indicate dal Mini-stero, sono:

1. coerenza dell’intervento con glistrumenti di pianificazione e urbanisti-ci presenti sul territorio;

CAPITOLO I

Page 46: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

45 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

2. valutazione dell’intervento in rela-zione alla domanda di mobilità;

3. integrazione dell’intervento pro-posto con altri sistemi o infrastruttureesistenti o previste;

4. valutazione del progetto in rela-zione alle scelte progettuali ed al livellodi innovazione tecnologia;

5. verifica di massima della con-gruità della spesa;

6. attendibilità del piano finanziarioe valutazione della qualità dei risultatidell’analisi costi–benefici;

7. presenza di altre risorse finanzia-rie;

8. qualità dell’intervento dal puntodi vista ambientale;

9. tempi di realizzazione della pro-posta.

Per 64 progetti suddivisi per ente be-neficiario è possibile confrontare i pun-teggi assegnati dal CAV.

Nel complesso i progetti non hannoespresso un’elevata qualità visto che inmedia i punteggi non superano il valo-re di 3; inoltre con riguardo agli obiet-tivi primari da soddisfare, valutazionedella domanda di mobilità e qualità de-gli interventi dal punto di vista am-bientale, i progetti risultano largamen-te poco incisivi.

Le parti in cui i piani sono meglioposizionati riguardano le integrazionicon altri sistemi di trasporto e la coe-renza con gli strumenti di pianificazio-ne già adottati dagli enti proponenti.Purtroppo le variabili più descrittivedei progetti, quelle che più delle altre

concorrono alla buona riuscita com-plessiva dell’opera, rimangono un pocoarticolate, lasciando intravedere unadebole capacità programmatoria e divalutazione dei costi-benefici ottenibilidall’investimento.

Nota metodologica: le fonti utilizzateLa costruzione di serie storiche di

lungo periodo relative alle spese per in-frastrutture di trasporto ripartite permacroaree (Nord, Centro e Sud), e a lo-ro volta suddivise per modalità (strada,ferrovia, navigazione aerea, marittimae fluviale) e per tipologia di erogatori(spesa pubblica, spesa privata) rappre-senta un’operazione non realizzabile

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Tabella 1.23CITTÀ ITALIANE COINVOLTE IN OPERE

INFRASTRUTTURALI, 2001(n. di linee interessate) Tranvie Ferrovie urbane MetropolitaneBari 2Bergamo 3Bologna 2Brescia 1Catania 2Firenze 3Genova 1 5Messina 1Milano 4 1 2Modena 1Monza 1Napoli 3 3Palermo 3 1Perugia 1Roma 10 2Salerno 1Sassari 1Torino 1Verona 2 1

Fonte: Elaborazioni su dati Progetto Città elettriche.

Page 47: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 46

con il tipo di dati attualmente disponi-bili, proprio per la mancanza di fontiomogenee e comparabili ad un così al-to livello di dettaglio.

L’omogeneità dei dati rappresenta unaspetto cruciale per il conseguimento diindicatori attendibili: da quanto riscon-trato emerge come, ad esempio, le stati-stiche presenti nel Conto Nazionale deiTrasporti non siano confrontabili (comelo stesso CNT del resto precisa) conquelle della Contabilità Nazionale; altempo stesso, il CNT considera la spesapubblica e privata in conto capitale (os-sia gli investimenti) non distinguendoperò la componente infrastrutturale daquella dei mezzi di trasporto (materialerotabile, veicoli ecc.); l’ISTAT fornisceserie storiche relative agli investimentipubblici in infrastrutture in diversi set-tori (trasporti, igiene-sanità, ediliziapubblica) senza però contemplare nél’intervento privato né il grado di effi-cienza della spesa (distinguendo frastanziamenti ed erogazioni).

I dati relativi alla spesa pubblica perinfrastrutture di trasporto sono statireperiti da “Statistiche delle opere pub-

bliche” e “Sommario di Statistiche Sto-riche” dell’ISTAT. I dati raccolti consen-tono sia di individuare l’andamentodella spesa pubblica per infrastrutturenel Nord, Centro e Sud Italia per le di-verse modalità di trasporto, sia di con-frontarne l’evoluzione rispetto ad altriindicatori macroeconomici (PIL, occu-pazione ecc.).

Le statistiche contenute in questabase dati fanno riferimento alla rileva-zione dell’ISTAT sulle opere pubbliche,dove per opera pubblica si intende“…una costruzione o un impianto fun-zionalmente destinato all’impiego co-me capitale fisso nella produzione dibeni o servizi da parte degli Enti dellaPubblica Amministrazione e delle rela-tive Aziende, dall’ENEL e dalle Ferro-vie dello Stato”. Nello specifico, i datiutilizzati si riferiscono ai “lavori ese-guiti”, che rappresentano l’importo del-le opere effettivamente realizzate nel-l’arco di tempo considerato (anno).

Va precisato come queste informa-zioni siano ottenute dall’ISTAT attra-verso una rilevazione con questionariopresso enti pubblici e territoriali, il cui

CAPITOLO I

Tabella 1.24PUNTEGGI ATTRIBUITI DAL CAV ALLE PROPOSTE DI INTERVENTO

Criteri di valutazione 1 2 3 4 5 6 7 8 9Punteggio medio per progetti proposti da enti locali - aree metropolitane (20 proposte) 3,2 2,3 2,8 2,3 1,7 2,1 2,4 2,5 1,8- aree urbane (13 proposte) 3,1 1,8 2,1 2,2 1,8 1,9 1,4 2,3 1,8Punteggio medio per progetti proposti da ferrovie in concessione o in gestione- aree metropolitane (17 proposte) 2,5 2,0 2,0 2,0 2,0 1,4 0,4 2,0 1,5- aree urbane (14 proposte) 2,3 1 1,4 1,8 1,8 1,2 0,2 1,3 1

Fonte: A. Monti, La politica pubblica per lo sviluppo delle reti di trasporto rapido nella città, Giuffrè Editore, 1996.

Page 48: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

47 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

3) Da “I trasporti e l’indu-stria”, a cura di M. Ponti, IlMulino, 1992, p. 143.

grado di collaborazione può non esserestato sempre costante nel corso deltempo: le serie storiche raccolte rap-presentano pertanto circa l’85%-90%dell’intero ammontare di spesa effetti-vamente realizzata sul territorio.

La fase di raccolta dei dati è ulte-riormente complicata dal fatto che, se-condo stime riportate dall’ANCE, inItalia vi sono oltre 14 mila soggettipubblici, statali e locali, con potere de-cisionale nel campo degli investimentiin opere pubbliche.

Va notato inoltre come “i dati rileva-ti dall’ISTAT siano di gran lunga infe-riori alle stime degli investimenti che siricavano dalla contabilità nazionale. Idati ISTAT si riferiscono infatti al prez-zo convenuto contrattualmente, manon comprendono né l’IVA né le spesedi progettazione e di direzione e col-laudo lavori, che vengono invece inclu-se nelle stime tratte dalla contabilitànazionale”3.

Le statistiche ISTAT sono state ela-borate allo scopo di individuare la ten-denza della spesa a livello di macroa-rea, secondo la seguente ripartizionedel territorio nazionale:

❏ Nord: Piemonte, Valle d’Aosta,Lombardia, Liguria, Trentino Alto Adi-ge, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emi-lia Romagna;

❏ Centro: Toscana, Umbria, Mar-che, Lazio;

❏ Sud: Abruzzo, Molise, Campania,Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia,Sardegna.

Per quanto riguarda l’articolazionesettoriale dei dati, la tipologia delle ope-re contemplate in ciascun compartomodale è la seguente:

❏ Opere stradali: autostrade, stradestatali e viabilità minore;

❏ Opere ferroviarie: binari, ponti,gallerie, stazioni e altri fabbricati;

❏ Opere marittime e di navigazione:banchine, opere foranee e calate;

❏ Opere aeroportuali: piste e fabbri-cati.

Si precisa inoltre che l’ISTAT ha da-to inizio alla rilevazione delle spese perinfrastrutture aeroportuali solo a parti-re dal 1980. La stima della serie prece-dente è stata pertanto effettuata ipotiz-zando costante il peso della componen-te “aeroporto” rispetto alla spesa totalenegli anni 1970-1979. Questa ipotesi ri-sulta di fatto attendibile in quanto neglianni ’80-’99 la voce “aeroporto” non haevidenziato particolari oscillazioni ri-spetto alla spesa totale, attestandosi in-torno all’11%.

Nel caso delle statistiche relative al-le spese per opere infrastrutturali nelsettore della navigazione, i dati diret-tamente disponibili riguardano gli an-ni dal 1976 al 1983. Negli anni prece-denti e successivi il dato relativo alsettore della navigazione è disponibilesoltanto in forma aggregata insieme aquello relativo alle opere infrastruttu-rali nel settore delle telecomunicazio-ni. I dati relativi ai periodi 1970-75 e1984-99 sono stati pertanto stimatinello stesso modo utilizzato nel casodegli aeroporti.

IL RITARDO ORGANIZZATIVO E INFRASTRUTTURALE ITALIANO E IL CONFRONTO EUROPEO

Page 49: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA
Page 50: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

49 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

2.1 La “vicenda dei trasporti” alla luce delle recenti riformecostituzionali. Una possibile chiavedi lettura delle problematicheconnesse ai trasporti ed al traffico.

Una seppur rapida ricognizione delquadro istituzionale relativo alla vicen-da dei trasporti, a partire dal Piano Ge-nerale dei Trasporti sino alla “LeggeObiettivo”, non può prescindere dall’a-nalisi dell’attuale assetto costituziona-le, di recente modificato, sia per gliaspetti del riparto delle competenze trai pubblici poteri, sia per quanto piùspecificamente riguarda la tutela deidiritti dei cittadini.

Partendo dal primo aspetto, l’analisidella situazione costituzionale richiededi essere partita tra le norme costitu-zionali europee - ormai prossime aduna loro formalizzazione per il tramitedi un progetto di Costituzione europeae, altresì, della inserzione ufficiale nel-la Carta dei diritti di Nizza - e le normecostituzionali interne. Fra queste ulti-me assume un rilievo centrale il nuovoTitolo V Cost., come esso è risultato no-vellato ad opera della Legge Costituzio-nale 18 ottobre 2001 n. 3.

La necessità di un raccordo “tra or-dinamenti” è direttamente espressadalla disposizione del comma 1, art.117, Cost., in base a cui “la potestà legi-slativa è esercitata dallo Stato e dalle Re-gioni, nel rispetto della Costituzione,nonché dei vincoli derivanti dall’Ordina-mento comunitario e dagli obblighi in-ternazionali”.

Orbene, nella nuova formulazionedell’articolo 117, comma 3, Cost., tra lematerie di legislazione concorrente, ri-spetto alle quali allo Stato rimane ilcompito di dettare i principi fonda-mentali ed alle singole Regioni di adot-tare la disciplina di dettaglio, rientra lamateria delle “grandi reti di trasporto edi navigazione, del governo del territo-rio e dei lavori pubblici”. È utile ram-mentare - attraverso una ricognizioneesemplificativa e non esaustiva del ri-parto Stato-Regioni - che oltre a questaappena indicata, formano oggetto dellac.d. “competenza concorrente” ulterio-ri materie, oggettivamente interferentie comunque rilevanti rispetto al settoredei trasporti. Esse sono:

❏ rapporti internazionali con l’U-nione Europea delle Regioni;

❏ tutela e sicurezza del lavoro;❏ tutela della salute;❏ protezione civile;❏ governo del territorio;❏ lavori pubblici;❏ porti e aeroporti civili;❏ Ordinamento della Comunicazio-

ne;❏ produzione, trasporto e distribu-

zione nazionale dell’energia;❏ armonizzazione dei bilanci pub-

blici e coordinamento della finanzapubblica e del sistema tributario;

❏ valorizzazione dei beni culturali eambientali e promozione-organizzazio-ne di attività culturali.

Ancora, tra quelle di competenzaesclusiva dello Stato, richiedono di es-sere considerate, rispetto all’oggetto

Il quadro di riferimento istituzionale.La pianificazione nel settore dei trasporti alla luce

delle recenti riforme dell’Ordinamento giuridico

CAPITOLO II

Page 51: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 50

della ricerca, le materie concernenti: ❏ rapporti dello Stato con l’Unione

Europea;❏ mercati finanziari, tutela della

concorrenza;❏ perequazione delle risorse finan-

ziarie; ❏ ordinamenti e organizzazione

amministrativa dello Stato e degli Entipubblici nazionali;

❏ ordine pubblico e sicurezza, ad e-sclusione della polizia amministrativalocale;

❏ giurisdizione norme processuali; ❏ ordinamento civile e penale; ❏ giustizia amministrativa;❏ determinazione dei livelli essen-

ziali delle prestazioni concernenti dirit-ti civili e sociali che devono essere ga-rantiti su tutto il territorio nazionale;

❏ pesi, misure e determinazione deltempo; ordinamento informativo stati-stico informatico dei dati dell’Ammini-strazione Statale, Regionale, Locale;

❏ opere dell’ingegno;❏ tutela dell’ambiente, dell’ecosiste-

ma e dei beni culturali.Da questo quadro emerge in manie-

ra evidente un dato centrale ai fini del-la nostra indagine: le materie dei tra-sporti, della circolazione e del trafficocostituiscono un autentico “crocevia”,per soggetti ed interessi, che attrae inlarga misura le varie materie ripartitetra la competenza concorrente e quellaesclusiva.

Su tale situazione viene, in ultimo,ad incidere un ulteriore fattore, effettodel recente passaggio dal “regionali-

smo” al “federalismo”: quello cioè dellacompetenza residuale delle Regioni. E’l’articolo 117, comma 4, Cost., a sanci-re che “spetta alle Regioni la potestà le-gislativa in riferimento ad ogni materianon espressamente riservata alla legisla-zione dello Stato”.

Chiarito nelle sue linee fondamenta-li il quadro nel quale ci si muove, oc-corre preliminarmente definire la nuo-va concezione statuale e politica che sitrova alla base di questa recente rifor-ma costituzionale dello Stato. Dal chediscende l’esigenza di indicare, sia puresinteticamente, i punti principali diquesta riforma applicabili (anche) allamateria delle grandi reti di trasporto,alla materia dell’urbanistica e dell’edili-zia, ricodificate con l’espressione “go-verno del territorio”, ed infine alla ma-teria dei lavori pubblici e di pubblicointeresse.

a) Una prima disposizione fonda-mentale è contenuta nell’art. 114, Cost.,che dispone testualmente: “la Repubbli-ca è costituita dai Comuni, dalle Provin-ce, dalle Città metropolitane, dalle Re-gioni e dallo Stato. I Comuni, le Provin-ce, le Città metropolitane e le Regioni so-no enti autonomi con propri statuti, po-teri e funzioni secondo i principi fissatidalla Costituzione. Roma è la capitaledella Repubblica. La legge dello Stato di-sciplina il suo ordinamento”.

Si tratta di una norma che, attraver-so un passaggio dalla Costituzione ma-teriale a quella per l’appunto formale,pone al centro dell’intero sistema delloStato il principio di sussidiarietà: essa

CAPITOLO II

Page 52: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

51 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

in tal modo eleva gli enti locali territo-riali ad elemento costitutivo della Re-pubblica, superando definitivamente laconcezione ormai risalente (art. 5 Co-st.) del decentramento e così la corri-spondente articolazione della Repub-blica (da cui era nato l’elemento diffe-renziatore tra Stato-persona e Stato-co-munità).

Il nuovo modello statuale è costitui-to da una piramide che alla sua base hail Comune mentre al vertice lo Stato,secondo un modello organizzativo e co-stituzionale la cui regola fondamentaleè quella dell’autonomia locale. In talecontesto la garanzia costituzionale pergli Enti locali, rinforzata oltretutto dal-l’abrogazione sia dell’articolo 115 per leRegioni, sia dell’articolo 128 per le Pro-vince e i Comuni, è data dalla circo-stanza per cui questi ultimi non sonoenti dotati di semplice autonomia pub-blica ma, viceversa, partecipano dellasovranità statuale secondo il modellodello Stato federale e non più dello Sta-to regionale.

b) Segue una seconda e non menorilevante disposizione, già richiamata,quella per cui “la potestà legislativa èesercitata dallo Stato e dalle Regioni nelrispetto della Costituzione, nonché deivincoli derivanti dall’Ordinamento co-munitario e degli obblighi internaziona-li”(art. 117, comma 1).

Invero, la grundnorm contenuta nel-l’articolo 117 - che ha trasposto sul pia-no costituzionale il principio della leg-ge delega n. 59/97 e del successivo de-creto attuativo n. 112/98 - trasferisce

dallo Stato alle Regioni la competenzalegislativa residuale. Parallelamente,atteso il superamento del c.d. “paralle-lismo delle funzioni”, le funzioni am-ministrative residuali si ritiene spettinoin linea di massima agli “enti sussidia-ri” (Comuni).

2.2 Il nuovo quadro dei rapporti tra Stato e Ordinamento regionalesulla materia dei trasporti.

Date queste premesse, l’impostazio-ne della problematica relativa alle fun-zioni in materia di grandi reti di tra-sporto, lavori pubblici e governo delterritorio si presenta relativamentesemplice, ma con conseguenze assai ra-dicali:

1) tutte e tre queste materie rientra-no nella competenza concorrente delleRegioni, che risultano pertanto titolarianche della stessa funzione regolamen-tare, conservandosi allo Stato la deter-minazione, con legge, dei principi fon-damentali (di materia);

2) anche ammettendo che l’espres-sione “governo del territorio” debba in-terpretarsi in senso tecnico (id est: fun-zioni di governo contrapposte a funzio-ni di gestione, secondo la distinzioneoperata dagli articoli 3, 14, 27 del de-creto legislativo 29/93, sostituito dalDPR n. 165/01; e dagli articoli 32 e 51della legge 142/90, sostituita dal DPR n.267/00) non vi è dubbio che non solo lasub-materia edilizia (da sempre ritenu-ta dalla giurisprudenza amministrativa

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 53: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 52

1) Viene in tal modo definiti-vamente superata la vecchiaformulazione secondo cui “laRegione emana per le seguen-ti materie norme legislativenei limiti dei principi fonda-mentali stabiliti dalle leggidello Stato, sempre che lenorme stesse non siano incontrasto con l’interesse na-zionale e con quello di altreRegioni”. Nel nuovo assettocostituzionale, viceversa, sideve addirittura ritenere chele Regioni siano in grado diesercitare in via immediatala rispettiva potestà concor-rente nella materie indicate e,soprattutto, in quella del go-verno del territorio, senzaneppure dover attendere ladeterminazione dei principifondamentali, che è si riser-vata alla legislazione delloStato, ma che non funge piùcome da disciplina-cornice.

come strumentale ed attuativa dellapianificazione urbanistica) ma anchequella dei “lavori pubblici e di pubblicointeresse” e dei “trasporti” ricadononella potestà legislativa e regolamenta-re delle Regioni. In proposito è l’artico-lo 117, comma 4, a prevedere che “spet-ta alle Regioni la potestà legislativa in ri-ferimento ad ogni materia non espressa-mente riservata alla legislazione delloStato” (lett. a);

3) tali materie spettano ai Comunisalvo che, in base all’art. 118, comma 1,Cost., “per assicurarne l’esercizio unita-rio, siano conferite a Province, Città me-tropolitane, Regioni e Stato, sulla basedei principi di sussidiarietà, differenzia-zione e adeguatezza”. Spetterà alle sin-gole Regioni disciplinare in via legisla-tiva le materie del governo del territo-rio, dei lavori pubblici e del trasporto e,in via residuale, la materia dell’edilizia,articolandone le corrispondenti funzio-ni tra gli Enti locali, come del resto av-veniva anche in passato secondo il cri-terio costituzionale dell’interesse“esclusivamente” locale, oggi sulla basedei nuovi criteri citati;

4) in ultimo, per gli aspetti generalidella vicenda, non può omettersi diconsiderare che la recente LeggeObiettivo n. 443/2001 nasce essa stessacon un interrogativo di fondo, poichérimane “esposta” alla potestà concor-rente della Regione che - fatti salvi iprincipi generali della materia - vanta,di fatto, una vera e propria competen-za esclusiva.

Complessivamente, ciò che non può

essere più accettato è che le Regionidebbano in futuro esercitare tali com-petenze nel rispetto dei principi fonda-mentali della legislazione statale desu-mibili dalle disposizioni contenute inleggi statali di dettaglio o, addirittura,in leggi provvedimento (com’è il casodei decreti legislativi di approvazionedi stralci del programma di cui alla leg-ge n. 443/2001, di cui al comma 4, art.1). Infatti, come hanno opportunamen-te posto in rilievo i primi commentato-ri della riforma, la Regione rimane vin-colata, in sostanza, soltanto alla Costi-tuzione e, per altro verso, all’Ordina-mento comunitario e agli obblighi in-ternazionali1.

Com’è agevole intuire, le conseguen-ze sono assai rilevanti giacché obbliga-no ad interpretare le leggi statali vigen-ti, in particolare la Legge Obiettivo (L.n.443/2001) secondo la nuova articola-zione delle funzioni e non secondo ilprecedente (e comodo) canone erme-neutico, in base al quale la determina-zione dei principi fondamentali stabili-ti dalle leggi dello Stato funzionava co-me limite interno alla competenza legi-slativa materiale delle Regioni, mentreadesso si trasforma in un mero edeventuale limite esterno.

D’altra parte, alcune Regioni han-no già impugnato proprio per questiprofili la Legge Obiettivo, instauran-do in via principale un giudizio di co-stituzionalità ai sensi del nuovo arti-colo 127 della Costituzione (secondocui “La Regione, quando ritenga cheuna legge o un atto avente valore di leg-

CAPITOLO II

Page 54: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

ge dello Stato (…) leda la sua sfera dicompetenza, può promuovere la que-stione di legittimità costituzionale di-nanzi alla Corte Costituzionale entrosessanta giorni dalla pubblicazione del-la legge o dell’atto avente valore di leg-ge”, comma 2).

2.3 I principi incidenti sullaregolamentazione dei trasporti ad opera del legislatore regionale.

Un problema che richiede immedia-tamente di essere affrontato è la porta-ta da attribuire all’espressione “legisla-zione di principio” di parte statale, ten-tando per questa via anche di identifi-care i principi generali di materia, al-meno i più importanti, desumibili dal-la legislazione statale vigente compresala Legge Obiettivo. Ciò d’altra parte siimpone in tutti i casi in cui la legisla-zione vigente statale verrà ad impattarenelle competenze formalmente concor-renti ma sostanzialmente esclusive del-le Regioni.

Fatto salvo il limite esterno dei prin-cipi di materia, è certo che le Regioninon appaiono del tutto libere nell’eser-cizio della funzione legislativa concor-rente. La riforma costituzionale infattifa salvo il principio unitario di cui al-l’articolo 5 della Costituzione, all’arti-colo 120 comma secondo, nel qualeespressamente dispone “il Governo puòsostituirsi agli organi delle Regioni, delleCittà metropolitane, delle Province e deiComuni nel caso di mancato rispetto di

norme, di trattati internazionali o dellanormativa comunitaria oppure di peri-colo grave per l’incolumità e la sicurezzapubblica, ovvero quando lo richiedo-no la tutela dell’unità giuridica o del-l’unità economica e in particolare latutela dei livelli essenziali delle pre-stazioni concernenti diritti civili e so-ciali, prescindendo dai confini terri-toriali dei governi locali. La legge de-finisce le procedure atte a garantireche poteri sostitutivi siano esercitatinel rispetto del principio di sussidia-rietà e del principio di leale collabo-razione”.

La riaffermazione del principio uni-tario comporta, pertanto, che anchenella materia del governo del territorio,del trasporto e dei lavori pubblici(ecc.), debbono essere osservati i se-guenti principi, ordinati secondo il li-vello gerarchico:

a) principi generali del diritto comu-nitario validi nelle singole materie.

Basti citare il caso della sentenzadella Corte di Giustizia del 21 luglio2001 nel caso Bicocca del Comune diMilano, che ha ritenuto che non posso-no attribuirsi direttamente opere di ur-banizzazione contemplate nella legge847/64, eludendo così l’obbligo dell’ap-palto pubblico di lavori di cui alla di-rettiva 93/37/CEE.

Si potrebbero portare altri esempi,quali l’aggravamento delle condizioniper il rilascio di concessioni edilizie(oggi denominate permessi di costruireo per altri titoli abilitativi) e la neces-sità di sottoporre a valutazione di im- 53 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 55: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 54

patto ambientale determinate categoriedi opere pubbliche ai sensi della diret-tiva 337/85 /CEE;

b) i principi generali del diritto co-stituzionale, con particolare riferimen-to ai principi di eguaglianza, di ragio-nevolezza e a quelli contenuti negli ar-ticoli dal 13 al 21 e, ancora, ai principidi imparzialità e buon andamento con-tenuti nell’articolo 97 della Costituzio-ne. Peraltro, questi principi vanno oggiinterpretati alla stregua della nuovaforma di Stato emergente dal Titolo Vdella Costituzione, che di fatto è anda-ta a porsi al di là delle stesse intenzionidei suoi più convinti sostenitori. Adesempio, se è vero (vedi punto I) chenella materia del governo del territorio,dei trasporti e dei lavori pubblici, la Re-gione possiede una competenza legisla-tiva e regolamentare “quasi esclusiva”,da cui dipende anche l’articolazionedelle funzioni amministrative nell’arti-colo 118, anche i principi generali co-stituzionali di eguaglianza e di ragione-volezza andranno interpretati ed appli-cati nel mutato contesto.

In altre parole la stessa riforma co-stituzionale ha già riconosciuto, in im-plicita applicazione dei principi di sus-sidiarietà verticale, di adeguatezza, didifferenziazione (strettamente collega-to a quello di adeguatezza) la possibi-lità di una competenza diversificatacon legge regionale, anche se la stessaviene ad incidere sul diritto di pro-prietà o quantomeno sul diritto d’ini-ziativa economica.

Sotto questo profilo è fin troppo evi-

dente che i problemi connessi alle in-frastrutture ed alla mobilità urbanasiano diversi non solo da Regione a Re-gione, ma addirittura da città a città.Non sembra possibile, pertanto, cheuna soluzione legislativa differenziata(quale ad esempio quella compiuta dal-la Legge Obiettivo e col primo pro-gramma di interventi prioritari di inte-resse nazionale da ultimo approvati dalCIPE) possa essere sospettata di inco-stituzionalità, posto che per la stessagiurisprudenza amministrativa (com-presa quella del Consiglio di Stato e, inogni caso, in base alla giurisprudenzadella Corte Costituzionale) è sufficienteuna riserva di legge non necessaria-mente statale per consentire l’imposi-zione di limiti e di vincoli sia alla pro-prietà privata edilizia, sia all’iniziativaeconomica collegata alla medesima(articolo 42 e articolo 41, comma 3, Co-stituzione). In base alla nuova interpre-tazione costituzionale per cui il princi-pio di materia funziona solo da limiteesterno e non da limite interno, tali so-luzioni saranno praticabili ben oltre l’e-lasticità insita nel Piano Generale deiTrasporti e nei Piani Regionali applica-tivi. Lo stesso vale per i Piani Urbani diMobilità, per i Piani Urbani dei Par-cheggi e per i futuri Piani di Riabilita-zione Urbana previsti dal disegno dilegge sulle infrastrutture collegato allaLegge Finanziaria 2002 ed in via di ra-pida approvazione da parte del Parla-mento;

c) principi generali dell’Ordinamen-to giuridico dello Stato: come è noto ta-

CAPITOLO II

Page 56: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

55 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

2) Si ricorda, ad esempio, co-me tra i principi fondamen-tali dell’Ordinamento giuridi-co dello Stato fascista vi fos-sero quello del superiore inte-resse nazionale e quello delcorporativismo. È evidenteche, una volta mutata la for-ma di governo e soprattuttoquella di Stato, tali principisono definitivamente cessatirisultando oggi addiritturasostituiti dagli elementi co-stitutivi dello Stato rappre-sentati da Comuni, Province,Città metropolitane, Regionie lo Stato in senso ristretto(cioè quello che una volta sisarebbe detto lo Stato perso-na).

3) Essi sono il principio del-la certezza del diritto, dellagiustizia nell’amministrazio-ne, della sicurezza giuridica,della trasparenza, dell’affida-mento, del giusto processo,del contraddittorio, dell’ob-bligo di motivazione delle de-cisioni della Pubblica Ammi-nistrazione, dell’obbligo dipubblicazione degli atti gene-rali e comunque di comuni-cazione di quelli individuali.Ed ancora il principio del-l’obbligo di trasparenza del-l’azione amministrativa, del-la necessità della riserva dilegge (o di regolamento, comesi dimostrerà appresso).

li principi hanno l’essenziale funzionedi garantire la coesione dell’Ordina-mento, senza l’osservanza dei qualil’Ordinamento giuridico rischierebbedi “particolarizzarsi” così da perdere icaratteri dell’unitarietà e della unicità.

Anche a proposito dei principi gene-rali gioca un ruolo determinante la for-ma dello Stato che interviene a conno-tarne la stessa qualità della relativa ap-plicazione2.

Sicuramente tra i principi generalinon può più comparire quella serie vol-ta a tutelare il Governo centrale e laprimazia dello Stato-persona sullo Sta-to-comunità.

Diversamente, debbono intendersiper principi generali innanzitutto quel-li enucleati dal diritto internazionale,dal diritto europeo e della Convenzionefirmata a Roma nel 1950 (Convenzionedei diritti dell’uomo). A questi si ag-giungono quelli del nostro Ordinamen-to e, segnatamente, in materia di pro-cedimento amministrativo quelli affer-mati dalla legge n. 241/90 ovvero, pergli aspetti attinenti alla tutela proces-suale ed alla giurisdizione, i principicontenuti nella legge n. 205/20003;

d) principi di materia per la quale,sia nel diritto costituzionale sia nel di-ritto amministrativo, deve intendersiquel complesso di funzioni omogeneeche riguardano una data disciplina diinteresse dell’Amministrazione, tenen-do presente che le discipline possonocollegarsi secondo criteri di presuppo-sizione o di parallelo, oppure presenta-re punti di interferenza come avviene

in molti casi proprio nell’elencazionedel nuovo articolo 117 della Costituzio-ne. È nel comma 3, n. 1, art. 1, dellalegge delega n. 382/1975 (Norme sul-l’Ordinamento regionale e sulla organiz-zazione della pubblica amministrazione)che per la prima volta emerge la neces-sità del raccordo, specie in funzionedell’esercizio dell’attività amministrati-va, tra singole materie e funzioni, pre-vedendosi che nell’emanazione dei de-creti delegati il Governo si sarebbe do-vuto attenere, fra gli altri, al principiosecondo cui l’identificazione delle ma-terie andava compiuta per settori orga-nici e non in base alle competenze deiMinisteri, degli organi periferici delloStato e delle altre istituzioni pubbliche,ma “in base a criteri oggettivi desumibi-li dal pieno significato che esse hanno edalla più stretta connessione esistentetra funzioni affini, strumentali e comple-mentari, per modo che il trasferimentodovrà risultare completo ed essere fina-lizzato ad assicurare una gestione siste-matica e programmata delle attribuzionicostituzionalmente spettanti alle Regio-ni per il territorio e il corpo sociale”.

Tuttavia, rispetto al decreto 616/77,ma anche rispetto al decreto 112/98, illegislatore dell’ultima riforma (L. Cost.n. 3/2001) non pare abbia tenuto ampioconto del concetto - ancora valido e, at-tesa l’esigenza dell’integrazione inter-disciplinare specie nella funzione dellaprogrammazione, del tutto centrale - disettore organico in base al quale le ma-terie si aggregano in un contesto piùvasto quello, dunque, delle funzioni af-

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 57: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 56

fini, strumentali e complementari.Per fare un esempio, non poche dif-

ficoltà sono sorte per il coordinamentotra le materie della tutela dell’ambientee degli ecosistemi, nonché degli stessibeni culturali - attribuita (art. 117, lett.s, Cost.) alla competenza legislativa eregolamentare esclusiva dello Stato - ela materia del governo del territorio, siadal punto di vista sostanziale e procedi-mentale sia dal punto vista processuale.

Più precisamente, sotto il primoprofilo, non pochi piani territorialisvolgono in larga parte una funzioneambientale e, dunque, sono serventi al-la soddisfazione di interessi ambienta-li: basti pensare ai piani di difesa delsuolo noti come piani di bacino; ai pia-ni delle aree protette; ai piani ecologici,quali ad esempio i piani di risanamen-to delle aree dichiarate a rischio di cri-si ambientale; ai piani tutela delle ac-que etc.

Sotto il secondo profilo è noto chesicuramente per effetto dell’articolo34 del D.Lgs n. 80/98, come novellatodall’articolo 7 della legge n. 205/2000,la stessa espressione “governo del ter-ritorio” assorbe e comprende tutti gliaspetti di tutela ambientale. Peraltro,anche la giurisprudenza amministra-tiva si sta orientando in questa dire-zione.

Quanto si è detto, in conclusione,spiega le ragioni per cui ai fini della or-dinata trattazione del tema, si imponela preventiva differenziazione tra prin-cipi di materia, principi di istituto eprincipi di categoria giuridica.

2.4 Mobilità urbana tra pianificazione di sistema e amministrazione dell’emergenza. Il regime degli stati di crisi nella inter-connessione tra la materia della protezione civile e quelle dei trasporti, viabilità ed opere pubbliche.

È per la intrinseca specialità dellematerie viabilità, trasporti come diquelle collegate protezione civile, operepubbliche ed ambiente, tutte accorpatenel settore organico “territorio, am-biente, infrastrutture”, oltre che per lanatura transeunte e mutevole delle si-tuazioni e degli interessi sottostanti,che la tematica della mobilità urbana sipresenta fortemente intrecciata conquella dell’emergenza e, in ultima ana-lisi, con quella della gestione degli statidi crisi.

Ciò posto, l’ulteriore aspetto che oc-corre adeguatamente trattare è quellodell’inserimento della logica dell’emer-genza nell’ambito della gestione deiproblemi delle infrastrutture e del traf-fico o, meglio, della intera mobilità ur-bana, con particolare riferimento aiproblemi delle grandi città, con cuidebbono incontrarsi e scontrarsi tuttele Amministrazioni partecipanti.

È opportuno ricordare che accantoa quella formale esiste ed opera la Co-stituzione materiale e, inoltre, che il ti-po di pensiero giuridico non può consi-stere unicamente nel normativismo,sebbene questo sia molto diffuso nelmodo di concepire la legge da parte

CAPITOLO II

Page 58: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

57 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

della classe politica e, pertanto, utile arisolvere e ricomporre, tanto nel proce-dimento che nel processo o nei giudiziarbitrali e di mediazione, i conflitti trale parti in gioco.

In questo quadro occorre ricercarepiù a fondo la reale direzione intrapre-sa dall’Ordinamento, in primo luogoquello italiano, cominciando dalla di-sciplina delle materie “a rischio” e,cioè, sottratte alla ordinaria azione diintervento legislativo e poi amministra-tivo.

Un recentissimo esempio è quellocostituito dalla Ordinanza 28 dicembre2001 del Ministro dell’Interno, adottatanell’esercizio delle funzioni - delegatedalla Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri con D.P.C.M. 21 settembre 2001-per il coordinamento della protezionecivile, contenente disposizioni per “im-mediati interventi necessari a fronteggia-re l’emergenza nella città di Milano, de-terminatasi nel settore del traffico e dellamobilità”.

Con questa ordinanza il Sindaco diMilano è stato nominato Commissariodelegato per l’attuazione degli interven-ti volti a fronteggiare l’emergenza crea-tasi nella città in materia di traffico e dimobilità, con l’attribuzione allo stessoanche del compito di individuare, pro-gettare e realizzare un programmastraordinario di opere e di interventi di-retto ad integrare e completare struttu-re ed impianti già esistenti od in corsodi costruzione.

Ne viene fuori una sorta di “gover-natore” urbano o locale al quale, sia

pure “per la e nella” emergenza, si sonoconferiti poteri e funzioni che travali-cano di gran lunga il ruolo naturale efisiologico del Sindaco, sia pure di unaCittà metropolitana.

A parte il caso specifico considerato,è sufficiente riferirsi alla esperienzacomplessiva dello smaltimento dei ri-fiuti urbani che, com’è noto, ha con-dotto al commissariamento della mag-gior parte delle Regioni by-passandosil’ordine naturale delle competenze di-sciplinato in origine dal DPR. n.915/82, ed in seguito dal decreto Ron-chi n. 22/97 ispirato alla logica dellaprogrammazione dei siti e delle aree.

Invero, la strategia dell’emergenza(che seppur in origine resta attrattanella materia della “protezione civile” -che rientra fra le competenze concor-renti delle Regioni e non più solo nellacompetenza statale - ed è tuttavia fre-quentemente oggetto di più specificainerenza alle altre materie considerateallorché ciò venga richiesto dalle circo-stanze di fatto) ha comportato una ri-partizione di competenze tra “ordinan-ze generali”, ampiamente derogatoriedel diritto comunitario e del diritto am-ministrativo nazionale in diverse mate-rie, quali il governo del territorio, l’am-biente, i lavori pubblici ecc., e “ordi-nanze specifiche” che in una prima fa-se erano state affidate ai Prefetti e suc-cessivamente agli organi regionali,quali Commissari delegati all’esecuzio-ne dell’intervento emergenziale.

Com’è agevole intuire una simileesperienza può essere utilizzata, pro-

Page 59: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 58

prio sulla base del precedente di Mila-no, anche per la risoluzione dei pro-blemi del traffico e della mobilità ur-bana. Occorre tuttavia verificare se es-sa si giustifichi quale situazione di de-roga eccezionale alla legalità ovvero ri-chieda di essere inquadrata nel quadrodi un complessivo mutamento dell’Or-dinamento e, pertanto, quale ne sia, al-lo stato dell’arte, la fonte di legittima-zione nel nuovo Titolo V della Costitu-zione.

Ad una prima e sommaria analisidel problema, osservato nel nuovo con-testo costituzional-amministrativo, laprima soluzione non sembrerebbe pos-sibile.

È piuttosto in virtù del principio di“precauzione”, costituente uno deinuovi principi generali del diritto co-munitario in materia ambientale, chela “strategia” dell’emergenza si presen-ta come una sorta di “fonte alternativa”azionabile, sia pure entro certi limiti,in costanza di una piena discreziona-lità legislativa ed amministrativa deipubblici poteri competenti.

Probabilmente, vista la nuova for-mulazione del Titolo V della Costituzio-ne, la complessa ed intricata vicendaemergenziale non potrà essere più og-getto della “unilaterale gestione” delloStato. Essa piuttosto dovrà costituirecampo di accordi organizzativi e pro-cedimentali tra Enti locali, Province,Regioni e Stato, per il tramite di cui sene potrà, almeno in certa misura, assi-curare la legittimazione nell’ambitodella ripartizione dei poteri pubblici se-

condo il nuovo Titolo V della Costitu-zione.

In verità, si ha l’impressione che ilc.d. “potere di governo” non soltanto è ilvero vincitore nel “permanente” conflit-to dei poteri pubblici ma, come in pas-sato venne evidenziato negli studi sul-l’attività di indirizzo della Pubblica Am-ministrazione4, che il governo viene indefinitiva a fondarsi su tutti quei centridi riferimento esponenziali rappresenta-tivi di interessi pubblici e, in particolare,negli Enti locali territoriali.

Ciò è dovuto alla crisi irreversibiledel primato della legge anche sotto for-ma di legge-provvedimento, ma anchealla crisi della programmazione classi-ca, nella sua accezione imperativa chesi basava sulla vocazione totalizzantedello Stato come già molto tempo pri-ma veniva segnalato da un eminentestudioso nell’ambito di un saggio deirapporti di legalità-legittimità (Sch-mitt).

Nei fatti, la pretesa totalizzante del-lo Stato nazionale è stata vinta sia dal-la sussidiarietà verticale che, in secon-do luogo, dalla sussidiarietà orizzonta-le la quale, ancorchè recepita nella Co-stituzione formale (art. 118, ult. com-ma), sembra tuttavia risentire ancoradella sua iniziale connotazione “assi-stenzialistica” dovuta alla scarsità deifondi pubblici a fronte dell’enorme pe-so del debito pubblico che drena lamaggior parte delle risorse tributarie: ildiffondersi delle iniziative di finanza diprogetto, per fare un esempio, ne è laprincipale testimonianza.

4) E. Picozza, L’attività di in-dirizzo della pubblica ammi-nistrazione, Padova, 1988.

CAPITOLO II

Page 60: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

59 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Il che spiega e dà ragione della diffi-coltà di affermarsi della programma-zione pubblica, soprattutto in quellematerie dove essa non è stata curataper tempo.

Ciò vale in primo luogo per l’urbani-stica, materia in cui soprattutto legrandi città, anche a causa delle pres-sioni speculative, non appaiono in gra-do di offrire l’adeguata attenzione aiproblemi delle localizzazioni urbanisti-che, prima ancora che delle grandi in-frastrutture (si pensi al caso emblema-tico della linea metropolitana di Ro-ma), ma vale altresì per le opere di ur-banizzazione primaria, tra le quali lalegge n. 847/64 faceva rientrare innan-zitutto le strade e gli spazi di sosta e diparcheggio.

A mezzo secolo di distanza, nel ter-zo millennio, è del tutto inutile rim-piangere il fallimento “istituzionale” dinon essere stati capaci di eguagliare lastoria di Amburgo, che ha ultimato ilPiano Regolatore dopo 50 anni dallasua approvazione senza varianti che netravolgessero la configurazione essen-ziale.

Occorre, invece, intervenire con glistrumenti a disposizione tentando diincidere sul presente prevedendo, entrolimiti umani, il futuro giuridico.

In questo quadro, che è ed esprimela crisi del “globale”, l’emergere dellafunzione di governo o di governance,qui intesa come “governabilità”, costi-tuisce quella base di Costituzione ma-teriale di cui abbisogna, per divenire si-stema, il “non-sistema” degli interventi

di emergenza, e in definitiva costituiscela base della nuova logica della pro-grammazione5.

In tale contesto gli obiettivi della“amministrazione dell’emergenza” van-no sottoposti ad un processo di media-zione politica che, sebbene non risultidel tutto trasparente né, di fatto, parte-cipato ed allargato nella sua base, ap-pare comunque fondato su esigenzetecniche e sociali sufficientementeconsolidate.

V’è peraltro da considerare che l’at-tuazione degli interventi, di regola, nonè compiuta per il tramite di strumentiemergenziali in senso stretto, ma risen-te di decise semplificazioni della legi-slazione vigente, quale ad esempioquelle previste dalla stessa LeggeObiettivo e dal disegno di legge sulle in-frastrutture in via di approvazione par-lamentare e collegato con la Legge Fi-nanziaria 2002.

Rimane da trattare il tema della le-gittimazione costituzionale che il nuo-vo Titolo V della Costituzione offre aquesta innovativa spinta giuridica.

Occorre riferirsi all’articolo 120,comma 2, Cost. che consente al Gover-no di sostituirsi agli organi di Regioni,Città metropolitane, Province e Comu-ni nei casi di mancato rispetto di nor-me dei Trattati internazionali, Comu-nitarie oppure nei casi di “pericolograve per la incolumità e la sicurezzapubblica”, quando lo richiede la “tute-la dell’unità giuridica o dell’unità eco-nomica” e, in particolare, la “tutela deilivelli essenziali delle prestazioni con-

5) Come è stato posto acuta-mente in rilievo da un giovanestudioso, la nuova logica dellaprogrammazione è, oggi, lapianificazione per obiettivi aregime di mercato: G.M.Espo-sito, Pianificazione e pubblicaamministrazione a regime dimercato, (in corso di stampa).

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 61: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 60

6) Sul principio della lealecooperazione fra i diversi li-velli di Governo vedi la sen-tenza della Corte Costituzio-nale del 18 ottobre 1996, n.341.

cernenti diritti civili e sociali”, prescin-dendo dai confini territoriali dei gover-ni locali.

Proprio le due ultime indicazioni ri-sultano fortemente connesse ai proble-mi di interventi infrastrutturali e, inmodo particolare, alle crisi della mobi-lità urbana.

La congestione del traffico e la con-seguenza dell’inquinamento legittima-no ex se tanto interventi di semplifica-zione per obiettivi che eventualmenteuna legislazione statale e o regionale,imposta dall’emergenza.

Occorre ancora evidenziare che l’ul-timo capoverso, comma 2, art. 120, Co-st., non solo pone una vera e propriariserva di legge “statale” in proposito;ma, altresì, l’obbligo di definire proce-dure dirette a garantire che i poteri so-stitutivi vengano esercitati nel rispettodel principio di sussidiarietà e delprincipio di leale cooperazione6. A ciòsi aggiunge l’obbligo di salvaguardarela tutela dell’unità giuridica o dell’u-nità economica, in particolare la tuteladei livelli essenziali delle prestazioniconcernenti diritti civili e sociali, cui siriconnette perfettamente la fattibilitàgiuridica degli interventi della e nellaemergenza, tenuto anche conto dellaimprobabilità di conflittualità Stato/Regioni allorché le Regioni, i Comunie le Province raggiungano, per il tra-mite di intese, ulteriori vantaggi, adesempio di ottenere fondi finanziari al-trimenti fuori della loro portata.

Certo è che, nella più generale otticadell’Ordinamento, è comunque fonte di

rammarico la circostanza che alla leggecome disciplina astratta e generale,specie quando interviene a definirestrumenti altrettanto generali di pro-grammazione (si pensi alla legge 15giugno 1984, n. 245, sul Piano Genera-le dei Trasporti), debba lasciare il passoad una governabilità di sistema in cui ilvolano è rappresentato da un provvedi-mento amministrativo generale maconcreto sia pure adottato in forma dilegge (legge-provvedimento), oppureaddirittura da ordinanze generali e par-ticolari appoggiate ad una tenue riser-va di legge oltre che a poche disposi-zioni in materia di protezione civile.

Ed invero, come gli stessi recenti av-venimenti del terrorismo internaziona-le hanno dimostrato, la tutela dei dirit-ti civili e sociali e delle forme della re-golarità legislativa ha da sempre cedu-to di fronte all’allarme sociale ed allacrisi di sicurezza dell’incolumità pub-blica.

Non occorre quindi meravigliarsi diquesta (relativamente) nuova direzionedell’Ordinamento giuridico, special-mente in materia di lavori pubblici, tra-sporti, governo del territorio, ambien-te, né può suscitare stupore la emer-gente concezione della pianificazionemirata o per obiettivo, in certa misurapiù adatta alla gestione degli “stati dicrisi”, a patto che vengano rispettate legaranzie costituzionali dell’articolo120, ult. capoverso, Cost., e ancora pri-ma le linee guida tracciate dallo stessoOrdinamento comunitario, a partiredalla materia vieppiù rilevante e cen-

CAPITOLO II

Page 62: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

61 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

trale della tutela dell’ambiente e dellavalutazione di impatto ambientale.

2.5 Il difficile raccordo tra sussidiarietà e poteri di coordinamento e indirizzo del Governo nella adozionedelle scelte: il caso dei trasporti.

Nell’ambito del quadro costituziona-le più innanzi richiamato, secondo rego-le e principi fortemente innovativi a par-tire dalla sussidiarietà, Stato, Regioni,Province, Città metropolitane e Comuniconvivono in uno spazio giuridico uni-tario e comunque ben definito nel qualeciascuno è chiamato ad esercitare, in vi-sta della soddisfazione degli interessipubblici, specifiche funzioni e poteri.

Come si è osservato, l’inserimento(anche) nella Costituzione formale del-la regola di matrice europea della sus-sidiarietà ha determinato, almeno inapparenza, un’autentica inversione del-la direzione di marcia, cosicché non siparte dall’alto ma dal basso e, peraltro,secondo una perfetta e generale inte-grazione in senso orizzontale fra tuttele forze componenti della società, siapubbliche che private.

Ciò, tuttavia, pone un problema as-sai delicato, costituito dalla difficilecoordinazione e composizione tra dueelementi opposti e, stranamente, en-trambi presenti sullo scenario ammini-strativo: sussidiarietà ed autonomia, daun lato, e forte presenza dello Stato“programmatore” dall’altro.

In definitiva, da una parte si predicail localismo dei poteri ma, dall’altra,sembra ancora esistere (e prevalere) unatteggiamento centralista e conservato-re dello Stato centrale che, di fatto, de-cide “prima e su” tutte le questioni(compresa la vicenda dei trasporti), chespetterebbero ai soggetti locali.

Questa premessa ci induce, prima dipassare all’esame più specifico dellefunzioni (statali, regionali e locali) diprogrammazione nel settore dei tra-sporti e del traffico, a rassegnare qual-che ulteriore riflessione sugli aspettisollevati, tentando di delineare megliol’assetto dei rapporti fra Stato ed Ordi-namento regionale in materia.

Si pone al centro una questione pre-giudiziale: in che misura la riformaBassanini, di conferimento delle fun-zioni alle Regioni ed agli Enti locali, hainstaurato una forma di federalismo edin che misura il federalismo “reale”corrisponde, di fatto, al federalismo“immaginato”.

Per fare ciò occorre, come si dice, ti-rar le somme e mai come in questo ca-so si ha l’opportunità di osservare ilpunto dalla prospettiva più generale ecomplessiva che è proprio quella dellapianificazione.

Il punto è: incide ed in che misuracon i suoi poteri lo Stato sui governi re-gionali e locali?

Il quesito è di estremo rilievo sol chesi consideri che dalla soluzione dellostesso dipende la stessa possibilità emodalità, diversa a seconda dei casi, diaffrontare sia nella gestione della

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 63: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 62

“emergenza”, soluzione certamente danon preferire, sia nella programmazio-ne fisiologica delle attività, il ventagliodegli interventi possibili.

Orbene, se si compie una rapidaanalisi dei poteri di indirizzo, coordi-namento e programmazione conserva-ti allo Stato, sia in generale sia nellematerie di nostro interesse, ci si accor-ge come l’attuale scenario istituzionaleconti, ancora oggi, un ruolo fortementecentrale e dirigista dello Stato nel det-tare gli indirizzi così come nell’attivitàdi pianificazione; che aumenta di qua-lità e quantità nella gestione degli statidi crisi dove l’organo locale, nella mi-gliore ipotesi, è “sub-delegato” ad ese-guire e sia pure a “programmare” inter-venti diversi.

Dunque, sia nella programmazioneordinaria sia nella gestione straordina-ria, ove pure esiste una concezione pia-nificatoria intesa come capacità di pre-vedere e ordinare azioni rispetto agliobiettivi perseguiti (il superamento del-la crisi), il sistema appare ancora “go-vernato” dall’alto, mentre, a livello lo-cale, più vicino al corpo sociale ed alterritorio, rimane al più delegata lasuccessiva fase di attuazione.

Ed allora, al di là della portata ideo-logica dei principi posti a base dellariforma federale, fra tutti la sussidia-rietà, lo Stato centrale pare ancora og-gi vivo ed operante in posizione tutt’al-tro che secondaria, ordinato secondogli schemi di una complessa ed artico-lata azione pubblica che, alla resa deiconti, finisce col soffocare massiccia-

mente la stessa immaginata o suppostaautonomia programmatoria delle Re-gioni e degli Enti locali.

Peraltro, le materie maggiormentesegnate da questo forte “squilibrio” fracentro e periferia sono esattamentequelle “strategiche” delle opere pubbli-che, infrastrutture, viabilità, trasporti,ambiente etc., in cui si concentranomaggiori poteri di programmazione incapo allo Stato, a conferma di come ri-manga sostanzialmente intatta, rispet-to al pre-riforma, l’incidenza comples-siva dell’Ordinamento centrale sugli or-dinamenti regional-locali, anche in re-gime di federalismo costituzionale.

Vero è che una qualche forma di ga-ranzia (almeno procedurale) la si è pre-vista direttamente a monte con l’art. 8della legge n. 59/97 che, nel ridiscipli-nare le funzioni di indirizzo e coordi-namento dello Stato sull’azione delleRegioni, ha subordinato l’adozione deirelativi atti, e così anche degli atti dicoordinamento tecnico e delle direttiverelative all’esercizio delle funzioni dele-gate, alla previa intesa alternativamen-te con la Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le Regioni e leProvince autonome di Trento e Bolza-no o con la singola Regione interessata.

Ma il successivo comma 2 del citatoart. 8 stabilisce che in ogni caso, se neltermine di quarantacinque giorni dallaprima consultazione l’intesa non siastata raggiunta, gli atti indicati vengo-no adottati con “deliberazione del Con-siglio dei Ministri”7 col solo limite del-la acquisizione del parere della Com-

CAPITOLO II

Page 64: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

63 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

missione parlamentare per le questioniregionali8.

Infine, come se non bastasse, è stataprevista una “procedura d’urgenza” inforza della quale il Consiglio dei Mini-stri può provvedere senza l’osservanzadei commi 1 e 2 dell’art. 8: in questo ca-so i provvedimenti adottati in via d’ur-genza vanno comunicati alla Conferen-za ovvero alla Regione entro quindicigiorni; mentre il Governo è solo tenutoa riesaminare i provvedimenti in ordi-ne ai quali siano stati espressi parerinegativi.

Complessivamente, si ha la sensa-zione di una riforma che ha spaventatose stessa (e quindi lo Stato), di tal chétra la sua progettazione e successiva at-tuazione ha fortemente risentito dell’o-riginario modo di sentire i rapporti tracentro e periferia e, per ciò stesso, ilruolo dello “Stato”.

Così, nei fatti, parallelamente alconferimento si è dato vita o forse èmeglio dire che si è conservato un ge-nerale e onnipresente potere di indiriz-zo dello Stato, propedeutico alla pro-grammazione degli ordinamenti regio-nali.

Un potere non immaginato per sin-goli o eccezionali e temporanei casi main un certo senso universale e, nei suoispazi, illimitato, anche se confermato,tuttavia, nella sua legittimità costitu-zionale dalla Corte Costituzionale conla sentenza n. 408 del 14 dicembre1998 a parer della quale l’art. 8 dellalegge 15 marzo 1997, n. 59 va inteso nelsenso di “consentire l’attività di indiriz-

zo alla stregua di norme legislative fon-danti e delimitanti sostanzialmente l’e-sercizio della funzione, indicando ogget-to degli atti e criteri per orientarne il con-tenuto”.

Eppur tuttavia è il caso di osservareche, nell’attuale Ordinamento, tra lec.d. “norme legislative fondanti e delimi-tanti” (a cui si riferisce la Corte nellasentenza n. 408) l’esercizio della fun-zione di indirizzo e coordinamentorientra, senza ombra di dubbio, in quelcomplesso di norme che formano il piùvolte richiamato Titolo V della Costitu-zione, fra cui innanzitutto il principiocostituzionale della sussidiarietà.

Se mai, in questo quadro, maggioreautonomia e capacità di indirizzo va ri-conosciuta allo Stato centrale, in gene-rale per tutte le materie nelle quali visia una competenza esclusiva e, nel ri-spetto del principio di sussidiarietà,nelle materie della competenza concor-rente ove l’indirizzo va funzionalizzatoalla unitarietà dei sistemi, centrale e re-gionale, ma non al costo di sacrificarnel’autonomia.

Tanto è vero che, esattamente rispet-to all’esigenza dell’unitarietà, intervie-ne in funzione servente il citato princi-pio di leale cooperazione, che imponeai soggetti della Pubblica Amministra-zione di “procedere di concerto alla pro-grammazione”.

Tutto quanto considerato, l’approc-cio ai temi sia della pianificazione chedella gestione emergenziale nelle mate-rie rientranti nel settore “trasporti” nonpuò non tener conto dello scenario più

7) Cfr Corte Costituzionale,sentenza n. 408 del 14 dicem-bre 1998, che ha dichiaratoillegittimo l’art. 8, comma 5,lett. c), della legge 15 marzo1997, n. 59, per avere abroga-to, ridisciplinando gli atti diindirizzo e coordinamentogovernativo sull’azione delleRegioni, l’art. 2 comma 3 lett.d) L. 23 agosto 1988 n. 400,che sottopone alla delibera-zione del Consiglio dei Mini-stri gli atti di indirizzo e dicoordinamento dell’attivitàamministrativa delle Regionie, nel rispetto delle disposi-zioni statutarie, delle Regionia statuto speciale e delle Pro-vince autonome di Trento eBolzano.

8) Questo parere deve esserereso nel termine di trentagiorni dalla richiesta.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 65: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 64

innanzi delineato, al cui interno restasostanzialmente intatta la centralitàdello Stato, sia nella elaborazione sianella definizione delle scelte “program-mate” come di quelle “necessitate”, afronte della quale il soggetto locale,seppur al vertice della graduatoria co-stituzionale, è costretto a subire la pia-nificazione delle “proprie decisioni”dall’alto.

E, d’altro canto, è esattamente l’in-tervenuta modificazione degli assetticostituzionali, dove alla gerarchia si èsostituita la “sussidiarietà” sia nelle re-lazioni fra soggetti che, di conseguen-za, nei rispettivi poteri decisori, ad esi-gere nondimeno un adeguamento neifatti e, ancora prima, nella legislazioneordinatoria dei fatti, il compiuto rece-pimento di siffatti mutamenti.

2.6 Livelli della pianificazione ed esigenze dei trasporti. Il ruolo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Piano Generale dei Trasporti e Piano Nazionale della Sicurezza Stradale.

Com’è noto a seguito della recenteriforma dell’organizzazione ammini-strativa dello Stato la materia dei tra-sporti è confluita, insieme a quella dellec.d. “infrastrutture”, nell’unico Ministe-ro delle Infrastrutture e dei Trasporti, lecui attribuzioni sono state fissate dal-l’articolo 41 e 42 del D.Lvo 300/1999.

In particolare l’art. 41 identifica lefunzioni ed i compiti di questo Dicaste-

ro in identificazione delle linee fonda-mentali dell’assetto del territorio conriferimento alle reti infrastrutturali edal “sistema delle città” e delle aree me-tropolitane, reti infrastrutturali ed ope-re di competenza statale, politiche ur-bane e dell’edilizia abitativa, opere ma-rittime e infrastrutture idrauliche ed,in ultimo, trasporti e viabilità.

Ad esso sono pertanto trasferite, conle relative risorse, le funzioni ed i com-piti in precedenza appartenenti ai Mi-nisteri dei Lavori Pubblici e dei Tra-sporti e della Navigazione, nonchéquelli del Dipartimento per le aree ur-bane istituito presso la Presidenza delConsiglio dei Ministri, nei limiti sem-pre delle attribuzioni assegnate a Re-gioni ed Enti locali, ed eccettuate lefunzioni per le medesime materie di al-tri ministeri od agenzie.

Le aree funzionali di competenzadel Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti sono tre, e più esattamente:

a) programmazione, finanziamento,realizzazione e gestione delle reti infra-strutturali di interesse nazionale, com-prese le reti elettriche, idrauliche e ac-quedottistiche, e delle altre opere pub-bliche di competenza dello Stato, adeccezione di quelle in materia di difesa;qualificazione degli esecutori di lavoripubblici; costruzioni nelle zone sismi-che; integrazione modale fra i sistemidi trasporto;

b) edilizia residenziale delle aree ur-bane;

c) navigazione e trasporto maritti-mo; vigilanza sui porti; demanio marit-

CAPITOLO II

Page 66: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

65 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

timo; sicurezza della navigazione e tra-sporto nelle acque interne; program-mazione, d’intesa con le Regioni inte-ressate, del sistema idroviario padano-veneto; aviazione civile e trasporto ae-reo;

d) trasporto terrestre, circolazionedei veicoli e sicurezza dei trasporti ter-restri.

Le funzioni programmatorie del Mi-nistero delle Infrastrutture e dei Tra-sporti vengono disciplinate dal D.P.R.26 marzo 2001, n. 177.

Soffermandosi sulla attività stataledi programmazione occorre prenderein esame lo strumento, generale e su-periore, del Piano Generale dei Tra-sporti e, in secondo luogo, il Piano Na-zionale della Sicurezza Stradale.

a) Piano Generale dei Trasporti.La disciplina relativa alla elabora-

zione del PGT è dettata dalla legge 15giugno 1984, n. 245.

La finalità del Piano è duplice ed è,da un lato, quella di assicurare un indi-rizzo unitario alla politica dei trasportie, dall’altro, quella di coordinare ed ar-monizzare l’esercizio delle competenzee l’attuazione degli interventi ammini-strativi dello Stato, delle Regioni e del-le Province autonome di Trento e diBolzano.

Per la prima volta il Governo dellaRepubblica, nel termine di un annodall’entrata in vigore della legge, appro-vava il PGT.

Le procedure di formazione del PGTsono quelle indicate dall’art. 2, ove èprevista la Costituzione con DPCM di

un comitato composto dai Ministri deiTrasporti e della Navigazione e dei La-vori Pubblici (ora assorbiti dal Mini-stro delle Infrastrutture e dei Trasporti)che lo presiede, dai Ministri del Tesoro,del Bilancio e della ProgrammazioneEconomica (ora Ministro dell’Econo-mia e Finanze), della Difesa, dell’Indu-stria, del Commercio e dell’Artigianato(ora Ministro per le Attività Produtti-ve), della Marina Mercantile, del Turi-smo e dello Spettacolo, (ora Ministroper i Beni e per le Attività Culturali) dalsoppresso Ministro per gli interventistraordinari nel Mezzogiorno, dal Mi-nistro dell’Università e della RicercaScientifica e Tecnologica (ora Ministe-ro dell’Istruzione, dell’Università e del-la Ricerca) nonché da cinque Presiden-ti delle Regioni designati dalla Confe-renza permanente dei Presidenti delleRegioni9.

In base all’art. 20 del DPR 22 marzo1974, n. 381, il Piano ed i relativi ag-giornamenti sono predisposti d’intesacon le Province autonome di Trento eBolzano per gli aspetti relativi al loroambito territoriale.

Lo schema del Piano, previo esamedel CIPE, è trasmesso al Parlamentoper l’acquisizione del parere delle com-petenti Commissioni permanenti che sipronunciano nei termini fissati dai re-golamenti parlamentari.

Il PGT è approvato dal Consiglio deiMinistri ed adottato con decreto delPresidente del Consiglio dei Ministri.

È inoltre previsto che in sede di di-scussione del bilancio di previsione e

9) Ai lavori del Comitato so-no ammessi a partecipare iSottosegretari di Stato su de-lega dei Ministri e gli Asses-sori competenti su delega deiPresidenti delle Regioni, iPresidenti delle Regioni e del-le Province autonome diTrento e di Bolzano interessa-te agli argomenti indicati nel-l’ordine del giorno.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 67: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 66

della legge finanziaria, il Ministro deiTrasporti e della Navigazione (ora Mi-nistro delle Infrastrutture e dei Tra-sporti) riferisca al Parlamento circa lostato di attuazione del PGT. Gli aggior-namenti del Piano, trasmessi al Parla-mento per l’acquisizione del parere del-le competenti commissioni permanenti- le quali si pronunciano nei termini fis-sati dai Regolamenti Parlamentari - so-no successivamente approvati dal Con-siglio dei Ministri e adottati con decre-to del Presidente del Consiglio dei Mi-nistri.

b) Piano Nazionale per la SicurezzaStradale.

L’art. 32 della l. 17 maggio 1999, n.144, recante misure in materia di inve-stimenti, disciplina il Piano Nazionaledella Sicurezza Stradale.

La finalità del Piano è quella di ri-durre il numero e gli effetti degli inci-denti stradali, tenuto conto delle risul-tanze del “Piano di sicurezza stradale1997-2001” della Commissione delleComunità europee.

Nella originaria previsione dellanorma, alla definizione del Piano Na-zionale della Sicurezza Stradale eracompetente il Ministero dei LavoriPubblici, che vi provvedeva dopo aversentito il Ministero dei Trasporti edella Navigazione. Era sempre il Mi-nistro dei Lavori Pubblici a definirecon proprio decreto, di concerto con iMinistri dell’Interno, dei Trasporti edella Navigazione, della PubblicaIstruzione e della Sanità, gli indirizzigenerali del Piano e le linee guida per

l’attuazione dello stesso, da sottopor-re al parere delle competenti Commis-sioni parlamentari, anche ai fini delladeterminazione dei costi e della lororipartizione.

Questa competenza rimane attual-mente assorbita nell’unico Ministerodelle Infrastrutture e dei Trasporti.

Una volta predisposto il piano è ap-provato dal CIPE.

L’attuazione del piano è rimessa aprogrammi annuali predisposti dal Mi-nistro dei Lavori Pubblici ed approvatidal CIPE.

La validità del piano è triennale, tan-to che si richiede espressamente chevenga aggiornato ogni tre anni o quan-do fattori particolari ne motivino la re-visione.

Al Ministero delle Infrastrutture edei Trasporti è affidato il compito diverificare annualmente lo stato di at-tuazione del piano e la coerenza degliinterventi per la sicurezza stradalecon le finalità e gli indirizzi del pianostesso.

Questo strumento pianificatorio hauna portata generale ed è costituito daun sistema articolato di indirizzi, dimisure per la promozione e l’incenti-vazione di ulteriori piani e strumentiattuativi per migliorare i livelli di sicu-rezza da parte degli enti proprietari egestori, di interventi infrastrutturali,di misure di prevenzione e controllo,di dispositivi normativi e organizzati-vi, finalizzati al miglioramento dellasicurezza secondo gli obiettivi comu-nitari.

CAPITOLO II

Page 68: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

67 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

2.6.1 Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture. Compiti di programmazione.

Nella organizzazione centrale delloStato, a latere del Ministero delle Infra-strutture e dei Trasporti, l’art. 44 del D.Lvo n. 300/99 istituisce l’Agenzia dei tra-sporti terrestri e delle infrastrutture.

A quest’ultima sono attribuite le fun-zioni relative:

a) alla definizione degli standards eprescrizioni tecniche in materia di si-curezza dei trasporti terrestri;

b) alla vigilanza ai fini della sicurez-za dei trasporti ad impianto fisso, fattosalvo quanto stabilito dall’articolo 4,comma 1, lettera b), del D. Lvo 19 no-vembre 1997, n. 422;

c) alla omologazione ed approvazio-ne dei veicoli a motore e loro rimorchi,loro componenti ed unità tecniche in-dipendenti;

d) alla vigilanza ed al controllo tec-nico in materia di revisioni generali eparziali sui veicoli a motore e i loro ri-morchi, anche se svolte tramite officineautorizzate ai sensi della lettera d) delcomma 3 dell’articolo 105 del D. Lvo 31marzo 1998 n. 112, nonché in materiadi visite e prove di veicoli in circolazio-ne per trasporti nazionali ed interna-zionali, anche con riferimento ai veico-li adibiti al trasporto di merci pericolo-se e deperibili;

e) alla certificazione attribuita all’or-ganismo notificato di cui all’articolo 20della direttiva n. 48 del Consiglio del-l’UE del 23 luglio 1996, ed in generale

alla certificazione in applicazione dellenorme di base nell’ambito dei sistemi,sottosistemi, prodotti e processi relati-vi ai sistemi di trasporto;

f) alla definizione di standards e pre-scrizioni tecniche in materia di sicurez-za stradale e norme tecniche relativealle strade e loro pertinenze ed alla se-gnaletica stradale, ai sensi del decretolegislativo 30 aprile 1992, n. 285;

g) ai collegamenti informatici e allebanche dati nazionali gestiti presso ilcentro elaborazione dati della Motoriz-zazione civile.

Una fondamentale competenza del-l’Agenzia dei trasporti terrestri e delleinfrastrutture è quella concernente ilcoordinamento della “interoperabilitàdei sistemi di trasporto”.

Ad essa sono inoltre assegnate lecompetenze progettuali e gestionali inmateria di infrastrutture di competen-za statale, ivi comprese quelle esercita-te dai Provveditorati alle Opere Pubbli-che e dagli Uffici Opere Marittime.

Seppur nasce come organo ausilia-rio e strumentale rispetto al corrispon-dente ministero, è tuttavia possibileche l’Agenzia sia articolata in struttureterritoriali di livello regionale. Si trat-ta, com’è chiaro, di una disposizione diestremo rilievo, sol che si consideri co-me una adeguata e coerente organizza-zione dell’Agenzia sul territorio po-trebbe costituire un’efficace misura dirazionalizzazione e coordinamento tragli interventi dello Stato e quelli delleAmministrazioni regionali e localicompetenti in materia.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 69: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 68

2.7 Il ruolo delle Regioni e degli Entilocali. Il metodo del concorso tra i diversi livelli di governonell’Ordinamento regionale.

La materia dei trasporti inerisce, dalpunto di vista degli ordinamenti regio-nali e locali, ai c.d. “servizi pubblici lo-cali” che hanno ad oggetto la produzio-ne di beni ed attività rivolte a realizza-re fini sociali e a promuovere lo svilup-po economico e civile delle Comunitàlocali (art. 112 t.u.e.l.).

In generale una parziale riforma deiservizi pubblici locali è stata compiutacon il provvedimento legislativo colle-gato alla Legge Finanziaria che, tutta-via, tratta poco di programmazione deiservizi pubblici.

Quest’ultima, rientra in linea dimassima nella programmazione econo-mico-finanziaria e negli atti fondamen-tali dell’Ente locale con particolare rife-rimento alle norme di principio postein materia dagli Statuti e in quelle dieventuale attuazione nei Regolamenticomunali e provinciali sulla contabilitàpubblica e sull’attività negoziale. Oc-corre quindi riferirsi alla specifica di-sciplina dei trasporti pubblici locali.

Il D.Lvo 19 novembre 1997, n. 422ha operato il conferimento alle Regionied agli Enti locali di funzioni e compitiin materia di trasporto pubblico locale,a norma dell’articolo 4, comma 4, dellal. 15 marzo 1997, n. 59.

In questo settore, quello cioè del ser-vizio pubblico di trasporto regionale elocale, restano di competenza dello

Stato esclusivamente gli accordi, leconvenzioni ed i trattati internazionalirelativi a servizi transfrontalieri per iltrasporto di persone e merci; l’adozio-ne delle linee guida e dei princìpi qua-dro per la riduzione dell’inquinamentoderivante dal sistema di trasporto pub-blico (art. 4).

Ad eccezione di questi, in base al-l’art. 5 del decreto 422 sono stati confe-riti alle Regioni e agli Enti locali tutti icompiti e le funzioni relativi al serviziopubblico di trasporto di interesse regio-nale e locale, in atto esercitati da qua-lunque organo o amministrazione delloStato, centrale o periferica, anche tra-mite enti o altri soggetti pubblici.

Peraltro, prima della modifica costi-tuzionale dell’articolo 11710, accantoalle funzioni direttamente attribuite,l’art. 6 del decreto n. 422 disponeva ladelega alle Regioni anche dei compitidi programmazione dei servizi di tra-sporto pubblico regionale e locale noncompresi nelle materie di cui all’artico-lo 117 della Costituzione.

Accanto a quelli appena indicati for-mano oggetto della delega a favore del-le Regioni anche i compiti programma-tori e amministrativi e le funzioni dicui agli artt. 8 e 9, in conformità al di-sposto dell’articolo 4, comma 4, letterab), della legge n. 59 del 1997 e dell’arti-colo 2, comma 7, della legge 23 dicem-bre 1996, n. 662, nonché i compiti e lefunzioni di cui all’art. 10.

Va prioritariamente analizzato l’arti-colo 8, relativo ai servizi ferroviari diinteresse regionale e locale non in con-

10) Secondo cui rientranonella competenza legislativaconcorrente le sole grandi re-ti di trasporto, mentre tutte lealtre funzioni legislative delsettore sono attribuite allapotestà legislativa regionalein attuazione del principiofissato dallo stesso articolo117 comma 3, secondo cui“spetta alle Regioni la potestàlegislativa in riferimento adogni materia non espressa-mente riservata alla legisla-zione dello Stato”.

CAPITOLO II

Page 70: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

69 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

cessione alla società delle Ferrovie del-lo Stato. In questo caso, la delega com-prende le funzioni ed i compiti di pro-grammazione e di amministrazioneinerenti:

a) le ferrovie in gestione commissa-riale governativa, affidate per la ristrut-turazione alla società Ferrovie delloStato S.p.a. dalla legge 23 dicembre1996, n. 662;

b) le ferrovie in concessione a sog-getti diversi dalle Ferrovie dello StatoS.p.a..

La disciplina legislativa, da un pun-to di vista cronologico, ha stabilito chetali funzioni e compiti sono conferiti:

a) entro i termini di scadenza deipiani di ristrutturazione di cui all’arti-colo 2 della citata legge n. 662 del 1996e comunque non oltre il 1° gennaio2000, per le gestioni commissariali go-vernative di cui al comma 1, lettera a);

b) a partire dal 1° gennaio 1998, ecomunque entro il 1° gennaio 2000, perle ferrovie in concessione di cui al com-ma 1, lettera b).

La norma demanda poi il subingres-so delle Regioni nella posizione delloStato ad appositi accordi di program-ma, stipulati a norma dell’art. 12 deldecreto 42211.

Con riferimento alla gestione delservizio, le Regioni, successivamenteagli accordi di programma ed all’ema-nazione dei decreti del Presidente delConsiglio dei Ministri, possono affidarela stessa sulla base di contratti di servi-zio (trascorso il periodo transitorioprevisto dall’art. 18, comma 3-bis e con

le procedure direttamente fissate daldecreto 422 all’art. 18, comma 2, lett. a)alle imprese ferroviarie in possesso deirequisiti di legge.

È tuttavia prescritto l’obbligo delleRegioni di fornire al Ministero delle In-frastrutture e Trasporti tutte le infor-mazioni relative all’esercizio delle fun-zioni ad esse delegate. Questo, in basealle informazioni acquisite da partedelle Regioni o anche direttamente, re-laziona annualmente alla ConferenzaStato-Regioni e al Presidente del Consi-glio dei Ministri sulle modalità di eser-cizio della delega e sulle eventuali criti-cità.

Per quanto attiene alle funzioni diprogrammazione regionale sugli altrisistemi di trasporto locale, occorre rife-rirsi al comma 2 dell’art. 14 del decreto422. La disposizione fornisce i criteri,da un lato, per il coordinamento fraRegione ed Enti locali e fra le rispettiveprogrammazioni e, dall’altro, discipli-na l’esercizio delle funzioni pianificato-rie della Regione in merito al Piano Re-gionale Trasporti (PRT).

Quanto al primo aspetto le Regioni,nell’esercizio dei compiti programma-tori, definiscono gli indirizzi per la pia-nificazione dei trasporti locali ed inparticolare per i piani di bacino.

Com’è evidente la Regione, in talmodo, “conforma” a priori la successi-va programmazione locale agli indiriz-zi che essa stessa provvede a dettare.Successivamente, la Regione redige ilPRT e provvede al suo aggiornamento,tenendo conto della programmazione

11) Tali accordi – che anda-vano perfezionati e adottatientro il 30 ottobre 1999 - ave-vano il compito di definire,per le ferrovie in concessionea soggetti diversi dalle Ferro-vie dello Stato, i finanzia-menti diretti al risanamentotecnico-economico di cui al-l’art. 86 del D.P.R. 616 del1977. A parte ciò, da un lato,dovevano definire anche l’en-tità delle risorse finanziarieda trasferire alle Regioni al fi-ne di garantire il livello ditutti i servizi erogati dalleaziende in regime di gestionecommissariale governativa almomento del trasferimento e,dall’altro, disporre il trasferi-mento dei beni, degli impian-ti e dell’infrastruttura a titologratuito alle Regioni, sia perle ferrovie in ex gestione com-missariale governativa, comegià previsto all’articolo 2,comma 7, della legge 23 di-cembre 1996, n. 662, sia perle ferrovie in concessione asoggetti diversi dalle Ferroviedello Stato S.p.a. Si prevede-va, in particolare, che il tra-sferimento di questi beni fos-se effettuato a favore del de-manio e del patrimonio indi-sponibile e disponibile delleRegioni con la possibilità, inrelazione alla loro naturagiuridica, di essere dismessidalle Regioni, ovvero sdema-nializzati o sottratti alla lorodestinazione, previa intesacon il Ministero dei Trasportie della Navigazione se si fos-se trattato di beni demanialio appartenenti al patrimonioindisponibile.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 71: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 70

degli Enti locali ed in particolare deipiani di bacino predisposti dalle Pro-vince e, ove esistenti, dalle Città metro-politane, in connessione con le previ-sioni di assetto territoriale e di sviluppoeconomico.

La programmazione regionale è fi-nalizzata ad assicurare una rete di tra-sporto che privilegi le integrazioni trale varie modalità favorendo in partico-lar modo quelle a minore impatto am-bientale.

Occorre infine soffermarsi breve-mente, sulla regolamentazione dei ser-vizi di trasporto pubblico locale (TPL),sui c.d. “servizi minimi”12 per i quali leRegioni, a seguito di un procedimentodi concertazione nel quale sono sentitele organizzazioni sindacali confederalie le associazioni dei consumatori, ap-provano programmi triennali dei servi-zi di TPL.

Il ruolo di questi programmi, dalcontenuto piuttosto ampio ed articola-to, è quello di individuare:

a) la rete e l’organizzazione dei ser-vizi;

b) l’integrazione modale e tariffaria;c) le risorse da destinare all’esercizio

e agli investimenti;d) le modalità di determinazione

delle tariffe;e) le modalità di attuazione e revi-

sione dei contratti di servizio pubblico;f) il sistema di monitoraggio dei ser-

vizi;g) i criteri per la riduzione della con-

gestione e dell’inquinamento ambien-tale.

2.7.1 “Piani Urbani di Mobilità” e“Piano Urbano del Traffico” quali formeemergenti della pianificazione localee comunale. Il ruolo delle Province.

Recentemente la materia di traspor-ti è stata interessata da un’importantenovità negli strumenti dei programmipubblici locali che, per effetto dell’art.22 della legge 24 novembre 2000, n.340, (c.d. “legge di semplificazione”, re-cante disposizioni per la delegificazio-ne di norme e per la semplificazione diprocedimenti amministrativi) si arric-chisce di una nuova tipologia: i PianiUrbani di Mobilità13 (PUM).

Si tratta di un modello programma-torio fondato su una concezione evolu-ta della pianificazione, diretto a soddi-sfare esigenze tipiche di una società ur-bana avanzata e complessa.

Il PUM è infatti destinato a soddi-sfare i fabbisogni di mobilità della po-polazione, assicurare l’abbattimentodei livelli di inquinamento atmosfericoed acustico, la riduzione dei consumienergetici, l’aumento dei livelli di sicu-rezza del trasporto e della circolazionestradale, la minimizzazione dell’uso in-dividuale dell’automobile privata e lamoderazione del traffico, l’incrementodella capacità di trasporto, l’aumentodella percentuale di cittadini trasporta-ti dai sistemi collettivi anche con solu-zioni di car pooling e car sharing e la ri-duzione dei fenomeni di congestionenelle aree urbane.

I piani di mobilità, secondo la leggeche li ha istituiti, costituiscono una sor-

12) I servizi minimi sonoquelli indicati dall’art. 16 deldecreto n. 422/97, il cui com-ma 1 prevede: “I servizi mini-mi, qualitativamente equantitativamente sufficientia soddisfare la domanda dimobilità dei cittadini e i cuicosti sono a carico del bilan-cio delle Regioni, sono defini-ti tenendo conto: a) dell’inte-grazione tra le reti di traspor-to; b) del pendolarismo sco-lastico e lavorativo; c) dellafruibilità dei servizi da par-te degli utenti per l’accessoai vari servizi amministrati-vi, socio-sanitari e culturali;d) delle esigenze di riduzionedella congestione e dell’inqui-namento. La determinazionedel livello dei servizi minimiè rimesso dalla disciplina le-gislativa alle Regioni (art. 16,comma 2) che d’intesa congli Enti locali definiscono -secondo le modalità stabilitedalla stessa Regione in appo-sita legge - e sulla base di cri-teri di omogeneità fra Regio-ni “quantità e standard diqualità dei servizi di traspor-to pubblico locale in mododa soddisfare le esigenze es-senziali di mobilità dei cit-tadini, in conformità al re-golamento 1191/69/CEE,modificato dal regolamento1893/91/CEE”. L’art. 16,comma 2, indica inoltre icriteri a cui la Regione deveconformarsi nella determina-zione delle suddette quantitàe degli standard di qualità: a)ricorso alle modalità e tecni-che di trasporto più idonee asoddisfare le esigenze di tra-sporto considerate, con par-ticolare attenzione a quelledelle persone con ridotta ca-pacità motoria; b) scelta, trapiù soluzioni atte a garanti-re, in condizioni analoghe,sufficienti servizi di traspor-to, di quella che comporta iminori costi per la colletti-vità, anche mediante moda-lità differenziate di trasportoo integrazione dei servizi e in-termodalità; dovrà, in parti-colare, essere consideratanella determinazione dei co-sti del trasporto su gommal’incidenza degli elementiesterni, quali la congestionedel traffico e l’inquinamento.

CAPITOLO II

Page 72: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

71 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

ta di “progetti del sistema della mobi-lità” comprendenti l’insieme organicodegli interventi sulle infrastrutture ditrasporto pubblico e stradali, sui par-cheggi di interscambio, sulle tecnolo-gie, sul parco veicoli, sul governo delladomanda di trasporto attraverso lastruttura dei mobility manager, i siste-mi di controllo e regolazione del traffi-co, l’informazione all’utenza, la logisti-ca e le tecnologie destinate alla riorga-nizzazione della distribuzione dellemerci nelle città.

Anche se questi strumenti, espressio-ne della programmazione locale, sonoattivabili dai singoli Comuni - o aggre-gazioni di Comuni limitrofi con popola-zione superiore a 100.000 abitanti - dal-le Province aggreganti i Comuni limi-trofi con popolazione complessiva su-periore a 100.000 abitanti, d’intesa coni Comuni interessati, il legislatore perfavorirne l’adozione e l’attuazione haprevisto un cofinanziamento dello Sta-to in misura non superiore al 60 percento dei costi complessivi di investi-mento degli interventi in essi contenuti.

Possono inoltre avvalersi dei PUM lestesse Regioni, nel caso delle aree me-tropolitane di tipo policentrico e diffu-so, d’intesa con i Comuni interessati.

La disciplina legislativa prevede cheuna percentuale non superiore al 5%dell’importo complessivo derivante dal-l’attuazione dei Piani è destinata a Co-muni singoli che per ragioni tecniche,geografiche o socioeconomiche, nonpossono far parte delle aggregazioni.

La definizione dell’elenco delle auto-

rizzazioni legislative di spesa, del pro-cedimento di formazione e di approva-zione dei PUM, dei requisiti minimi deirelativi contenuti, dei criteri di prioritànell’assegnazione delle somme, nonchédelle modalità di erogazione del finan-ziamento statale, del controllo dei ri-sultati e delle relative procedure è statademandata ad un apposito regolamen-to da adottare ai sensi dell’art. 17, com-ma 2, della legge 400/88, su propostadel Ministro dei Trasporti, di concertocon i Ministri delle Infrastrutture (oggiaccorpati in un unico dicastero), dell’E-conomia e dell’Ambiente, d’intesa conla Conferenza unificata, sentito il pare-re delle competenti Commissioni parla-mentari.

Un secondo strumento di fonda-mentale rilievo nella pianificazione lo-cale della viabilità è costituito dal Pia-no Urbano del Traffico (PUT), previstodal D.Lvo. 30 aprile 1992 n. 285 (nuovoCodice della Strada) articolo 36, ogget-to di “obbligo di adozione” da parte deiComuni con popolazione residente su-periore a trentamila abitanti, oltre cheda parte dei Comuni con popolazioneresidente inferiore a trentamila abitan-ti ma che tuttavia registrano, anche inalcuni periodi dell’anno, una particola-re affluenza turistica, che risultano in-teressati da elevati fenomeni di pendo-larismo o siano, comunque, impegnatiper altre particolari ragioni alla solu-zione di rilevanti problematiche deri-vanti da congestione della circolazionestradale.

Spetta alla Regione formare l’elenco

(segue nota 12)Le Province, i Comuni e leComunità montane, nel casodi esercizio associato di ser-vizi comunali del trasportolocale di cui all’articolo 11,comma 1, della legge 31 gen-naio 1994, n. 97, possonoistituire, d’intesa con la Re-gione ai fini della compatibi-lità di rete, servizi di traspor-to aggiuntivi a quelli definitidalla Regione stessa ai sensidei commi 1 e 2, sulla basedegli elementi del contrattodi servizio di cui all’articolo19, con oneri a carico dei bi-lanci degli enti stessi.

13) Per la trattazione in chia-ve economica di questo stru-mento vedi Capitolo III.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 73: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 72

dei Comuni interessati, elenco pubbli-cato a cura del Ministero dei LavoriPubblici nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica italiana. I Comuni (e gliEnti) inadempienti sono invitati, su se-gnalazione del Prefetto (ora Ufficio Ter-ritoriale del Governo), dal Ministerodei Lavori Pubblici (ora Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti) a provve-dere entro un termine assegnato, tra-scorso il quale il Ministero stesso prov-vede alla esecuzione d’ufficio del Pianoe alla sua realizzazione.

Anche le Province sono interessatealla pianificazione del traffico: è il com-ma 2 dell’art. 36 del D. Lgs n. 285/92 chesancisce a loro carico l’obbligo di prov-vedere all’adozione di PUT per la viabi-lità extraurbana d’intesa con gli altri en-ti proprietari delle strade interessate. Lalegge regionale può prevedere che allaredazione del PUT provvedano gli orga-ni della Città metropolitana.

Nel complesso, la finalità dei PUT èduplice: quella del miglioramento dellecondizioni di circolazione e della sicu-rezza stradale e quella della riduzionedegli inquinamenti acustico ed atmo-sferico ed il risparmio energetico.

L’Ordinamento ne richiede espressa-mente la coerenza (rectius: si parla diaccordo) con gli strumenti urbanisticivigenti e con i piani di trasporto, con ivalori ambientali, con la necessità di sta-bilire le priorità e i tempi di attuazionedegli interventi e, inoltre, con gli obietti-vi generali della programmazione eco-nomico-sociale e territoriale, fissati dal-la Regione (art. 36, comma 6, CdS).

Nello specifico, il legislatore affidaal PUT il compito di prevedere il ricor-so ad adeguati sistemi tecnologici, subase informatica di regolamentazionee controllo del traffico, nonché di veri-fica del rallentamento della velocità edi dissuasione della sosta “al fine anchedi consentire modifiche ai flussi dellacircolazione stradale che si rendano ne-cessarie in relazione agli obiettivi da per-seguire”.

Sotto il profilo dei tempi, il PUT vie-ne aggiornato ogni due anni; il Sindacoo il Sindaco metropolitano sono tenutia darne comunicazione al Ministerodei Lavori Pubblici (ora Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti) per l’in-serimento nel c.d. “sistema informati-vo”; quest’ultimo Ministero, di concer-to col Ministero dell’Ambiente, emanale direttive sulla cui base avviene la re-dazione dei PUT.

2.8 Programmazione dei trasporti a mezzo di “accordi”: la necessitàdella “condivisione” delle scelteda parte dell’utente. Il ruolo convergente degli entiintermedi nella sintesi tra soggetti,competenze ed interessi

La trattazione del tema non può pre-scindere da un aspetto per così dire“procedurale” nell’adozione ed appro-vazione delle scelte della pianificazionee, ove necessario, delle stesse “gestionidell’emergenza” nel settore dei traspor-ti e, più in generale, in tutti i settori di

CAPITOLO II

Page 74: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

73 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

intervento delle pubbliche amministra-zioni.

Ci si riferisce, in altri termini, allamodalità ormai ordinaria e prevalentedella attività amministrativa che, so-prattutto quando ha ad oggetto pro-grammi, è costituita dallo strumentodell’“accordo”, frequentemente allarga-to ed esteso al privato.

La pianificazione, in quanto direttaall’adozione di decisioni importanti perla stessa vita degli amministrati, si è ac-compagnata spesso a forme di parteci-pazione ed intervento da parte dei cit-tadini ed in generale a forme di pubbli-cità e garanzia. Ciò è vero in tutti i casie per tutti i settori dell’Amministrazio-ne e, dunque, della programmazione.

È il caso della pianificazione urbani-stico-edilizia, con cui il singolo devenecessariamente fare i conti ove decidadi realizzare un fabbricato, ovvero del-la pianificazione commerciale, indu-striale e produttiva, a cui occorre rife-rirsi per decidere della localizzazionedi un’attività. Ma è anche il caso nonmeno rilevante e significativo, oggettodel presente studio, della “pianificazio-ne urbana del traffico” la cui influenzasulla vita dei soggetti è tale da condi-zionarne gli stessi spostamenti.

Posto ciò, v’è da considerare che og-gi il sistema della programmazione,nella sua interezza, vive ed operaconformandosi alla regola più innanzirichiamata della leale cooperazione, siaprocedimentale sia organizzativa. Ciòatteso, la pianificazione esige di essereorganizzata in forma coordinata ed in-

tegrata all’interno degli apparati e dellestrutture pubbliche, affinché siano sal-vaguardati la unitarietà ed il buon an-damento del sistema, anzitutto sotto ilprofilo della capacità di “produrre ri-sultati”.

Parallelamente, per più ordini di ra-gioni, l’attività programmatoria è sem-pre stata oggetto - oltre che di attività epoteri amministrativi unilaterali, la cuioriginaria configurazione per effetti efunzioni si è gradualmente attenuatacon la perdita in molti casi della stessaattitudine conformativa - di poteri edattività a carattere consensuale. Ne èstato naturale effetto il restringimentoin ambiti assai più limitati che in pas-sato della “specialità” del potere pub-blico intesa come capacità di operaresecondo regole distinte e superiori.

In questo scenario non stenta a de-collare, in funzione integrativa e spessosostitutiva dell’ordinario e consuetoprocedere dell’Amministrazione Pub-blica, una vera e propria amministra-zione per accordi che si afferma comeespressione di poteri niente affatto im-perativi e piuttosto rivolti alla conclu-sione di accordi, molto spesso con sog-getti esterni al potere pubblico14. È ilcaso degli accordi a contenuto pro-grammatorio che se, in origine, appari-vano limitati alla sola Amministrazio-ne, formano attualmente oggetto diuna diffusa attività consensuale traquesta ed i privati in funzione dellapromozione dello sviluppo economico.

Riferendosi al PUT, l’art. 36 comma7, D.Lgs n. 285/92 prevede che ai fini

14) Sul tema v. pure G.M.Esposito, Amministrazioneper accordi e programmazio-ne negoziata, Napoli, 1999:ID, Nuova organizzazioneamministrativa dell’interven-to pubblico. Procedura dellaprogrammazione economica,Torino.

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 75: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 74

della sua adozione i Comuni, le Provin-ce, le Città metropolitane e le Regioniconvochino una Conferenza tra i rap-presentanti delle amministrazioni, an-che statali, interessate.

Si tratta, com’è evidente, di un mec-canismo di cooperazione fra i tre livellidell’organizzazione amministrativacentrale, regionale e locale, funziona-lizzato ad assicurare il necessario coor-dinamento in fase di programmazione.Questo meccanismo, ove ristretto allacategoria dei “soggetti pubblici”, nonpare tuttavia in grado di esprimere unacompiuta programmazione di settore,capace di racchiudere nel programma(sia esso il PUT, il PUM, il piano di ria-bilitazione urbana etc.) la sintesi degliinteressi pubblici e degli interessi pri-vati, necessaria a soddisfare le esigenzesociali ed i bisogni individuali alla basedel sistema.

Occorre, in altri termini, giacché sitratta di attività di interesse quantomai “generale”, che la pianificazionedella viabilità, del traffico ed in generedei trasporti si conformi, a partire dal-le procedure di formazione, alla regolaormai costituzionale della “sussidia-rietà orizzontale” (art. 118, ult. comma,Cost.).

In una parola, occorre che sia assi-curata la “condivisione” delle scelte daparte dell’utente, chiamato ad esprime-re preventivamente un consenso e, an-zi, a partecipare alle decisioni alla basedella successiva programmazione.Un’esigenza, questa, che richiede di es-sere pregiudizialmente soddisfatta in

vista della successiva realizzazione de-gli interessi di settore.

Di conseguenza, in uno scenario do-ve alla crisi dello Stato corrisponde ilsorgere di soggettualità intermedie,meglio in grado di garantire il soddi-sfacimento di interessi in passato ri-messi alla unilaterale disponibilitàdell’“autorità pubblica”, risulta del tut-to naturale che ad esse siano ricono-sciuti, di fatto, funzioni e ruoli di con-vergenza rispetto ai quali il “privato” èegli stesso più garantito e direttamenterappresentato nelle vicende ammini-strative.

2.9 Il rapporto tra politica eamministrazione di fronte alla “crisidel sistema-città”: Stato e cittadinoa confronto

La radicale trasformazione, nei prin-cipi, delle relazioni interne allo Stato frai soggetti che ne compongono la struttu-ra, induce oggi a guardare con metododiverso ai problemi affidati alla curadelle Pubbliche Amministrazioni.

❏ In primis, l’avvenuta costituziona-lizzazione del principio di sussidiarietànon consente più di riconoscere alloStato ruoli di protagonismo nella vitaamministrativa a discapito dei soggettilocali, soprattutto nella adozione dellescelte, in fase di programmazione, rela-tive alla gestione di qualunque interes-se pubblico che riguardi direttamente ilterritorio ed il corpo sociale.

Questo è vero tanto più nella com-

CAPITOLO II

Page 76: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

75 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

plessa vicenda dei trasporti, della viabi-lità, del traffico, a cui corrispondonointeressi per loro natura “territoriali estrettamente locali”, mai speciali, mai(solo) nazionali.

In questa materia, più che in qua-lunque altra, la base sociale di riferi-mento delle questioni (c.d. “utenza”),fortemente allargata, non consente néammette che allo Stato locale si sosti-tuisca lo Stato centrale.

L’utente, che si trova al centro del si-stema, ha diritto di “interoloquire e in-teragire” direttamente con le Autoritàlocali, secondo un rapporto che sia diprimo grado e dunque idoneo a recepi-re ed offrire immediatamente le rispo-ste attese. Ciò rinnova profondamenteil rapporto tra politica ed amministra-zione in un duplice senso.

Da un lato, se la politica è investitadirettamente nella sua base delle pro-blematiche attinenti al territorio, giac-ché in grado di offrire soluzioni ai pro-blemi, funzionerà meglio, di conse-guenza, il rapporto di responsabilità ri-spetto al cittadino.

D’altro lato, proprio in quanto è piùvicina al territorio ed ai suoi bisogni, labase amministrativa (e politica) del-l’Amministrazione Pubblica risulta inpossesso delle risorse (conoscenza del-la realtà) indispensabili alla miglior so-luzione delle esigenze dei cittadini.

❏ In secondo luogo, emerge un qua-dro nel quale non sembra più possibileaccettare l’isolato ed astratto provvede-re da parte del singolo, sia esso lo Sta-to o il Comune: occorre la “collabora-

zione inter-istituzionale”. La soluzionedelle questioni, specie quelle più ge-nerali e rilevanti, va ricercata nelconcerto e nell’intesa, in una parolanell’accordo, che poi è garanzia dipartecipazione e democrazia.

Specie in un sistema dove ciascunoindividualmente “paga” il costo di unaanomala convivenza tra centralismi elocalismi, in termini di inefficienza, di-sarmonie e conflittualità latenti del si-stema stesso, incapace di produrre ilminimo risultato, l’unica possibilità disopravvivenza è legata alla “composi-zione” dei ruoli attraverso meccanismiprocedimentali che siano in grado di“ospitare” e “riunire” tutte le parti ingioco.

A tal proposito viene in rilievo unaspetto che ha ricevuto una diretta at-tenzione da parte del legislatore: il“coordinamento fra le programmazioni”nell’ambito del super-settore dei tra-sporti, più precisamente il coordina-mento fra la programmazione delleRegioni e delle Province autonome e laprogrammazione dello Stato, definitadal CIPE. E così l’art. 14 del D. Lvo n.422 del 1997, relativo alla programma-zione dei trasporti locali, ha previstoche la Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le Regioni e leProvince autonome di Trento e di Bol-zano promuove, su proposta del Mini-stro dei Trasporti e della Navigazione(sostituito ora dal Ministero delle In-frastrutture e dei Trasporti) e sentita,per quanto di competenza, la Presiden-za del Consiglio dei Ministri - Diparti-

IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE

Page 77: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 76

mento per le aree urbane - il coordina-mento della programmazione delle Re-gioni e delle Province autonome con laprogrammazione dello Stato definitadal CIPE.

Ciò, in definitiva, conferma la spe-cialità di una materia che, per le sueforti implicazioni sociali ma anche eco-nomiche, esige di essere “organizzata”negli schemi dell’attività permanente-mente collegiale (Conferenza).

❏ In ultimo, non certo per ordine diimportanza, va evidenziato che oramaianche la materia dei trasporti, al pa-ri di quella economica, urbanistica edi molte altre, non può più fare ameno di un “apporto diretto” delprivato, sia inteso come strumento dilegittimazione delle scelte che, semprepiù frequentemente, anche come stru-mento di co-finanziamento.

La generale crisi del nostro tempo simanifesta anzitutto nella crisi stessadel “sistema-città”: il principale segnaledello stato delle cose è costituito dal di-sordine che, più o meno allo stesso mo-do, affligge i sistemi urbani e metropo-litani e, soprattutto, dalla “incapacità”di porvi rimedio.

Il ricorso ad ordinanze come quelle

più innanzi richiamate, non è altro chela prova certa che lo Stato ha perso ilcontrollo e tenterebbe di recuperarloattraverso una sorprendente deroga ge-nerale ai suoi stessi schemi di azione:un rimedio peggiore del male che oltre-tutto finisce per alimentare lo stato diincertezza e precarietà.

Occorre spostare - in coerenza conla sussidiarietà del sistema - dal centroalla periferia le “decisioni fonda-mentali” della cosa pubblica e, allostesso tempo, far sì che ad esse pren-dano parte, sia direttamente sia at-traverso soggetti medi, i cittadini egli utenti. Anzi, è proprio in una situa-zione di crisi che non si può rinunciarealla partecipazione della componentelaica del sistema politico, partecipazio-ne che quindi ha il senso di legittimareex novo il potere politico attraverso lacondivisione delle sue scelte.

E anche l’altro aspetto richiamato,dell’apporto economico del privato,non pare oggi potersi sottovalutare sesi considera che le risorse del sistemapubblico, sempre limitate, non arriva-no quasi mai in tempo e, spesso, inse-guono obiettivi diversi da quelli deside-rati ed attesi.

CAPITOLO II

Page 78: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

77 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

3.1 Gli indirizzi di politica deitrasporti a livello europeo in ambitourbano e metropolitano: le indicazioni del Libro Bianco e di altri documenti comunitari.

Tutti i provvedimenti comunitariemanati con riguardo al settore del tra-sporto si rifanno ai due principi comu-nitari essenziali: la sussidiarietà e lanon discriminazione (sanciti in tutti itrattati). La sussidiarietà assume chel’Unione intervenga solo nel caso in cuilo richieda un interesse superiore aquello del singolo paese; la non discri-minazione richiede che le politiche deisingoli paesi non possano danneggiareo favorire imprese in base alla loro na-zionalità. Si tratta senza dubbio dell’a-rea dove l’intervento è stato più incisi-vo e dove l’evoluzione è risultata piùdinamica. È da tenere presente che ilsettore dei trasporti è stato collocatotra quelli “esclusi” dagli interventi co-munitari nel Trattato di Roma e, contappe successive, è stato ricondottopienamente nelle normative pro-con-correnziali europee.

Come primo passo l’intervento piùsignificativo è stato l’abolizione degliobblighi di servizio, cioè il riconosci-mento della natura contrattuale del-l’imposizione di costi da parte dell’au-torità politica nei confronti di ciascuntipo di impresa, pubblica o privata chesia. Questo riconoscimento di ruoli di-stinti tra soggetto regolato e soggettoregolatore ha aperto la strada ai mec-canismi di competizione e di privatiz-

zazione dei servizi pubblici, eviden-ziando l’assenza di conflitto tra obietti-vi sociali e meccanismi concorrenzialiper conseguirli.

Infatti, stabilita la separatezza deiruoli tra decisore pubblico ed impresa,è evidente che è quest’ultima che devefarsi carico degli obiettivi di efficienza,che per definizione sono meglio conse-guibili in un contesto dove agisconopressioni concorrenziali.

La Commissione Europea è interve-nuta con diversi documenti in meritoai problemi che riguardano la mobilitàurbana: in particolare, si è soffermatasulle opportunità di individuare sistemidi prezzo dell’impiego di infrastruttureche potessero internalizzare le esterna-lità che i diversi sistemi modali tendo-no a produrre.

Altro tema, connesso ai costi esternidel trasporto, è rappresentato dalla si-curezza del viaggio.

Nell’aprile del 1997 la Commissioneha presentato il programma di inter-venti che dovrebbero contenere il nu-mero di incidenti, in particolare diquelli mortali che, secondo gli obiettividella Commissione, dovrebbero calare,nel corso di quindici anni, da 45.000nel 1995 a 27.000 nel 2010.

Fair payment for infrastructure usedel 1998 racchiude le riflessioni dellaCommissione sul tema della revisionedelle tariffe per l’impiego di infrastrut-ture. Il punto di partenza per la Com-missione è la sostituzione della fram-mentazione dei meccanismi di tariffa-zione tra i paesi membri per raggiun-

Politiche dei trasporti in ambito urbano a livello nazionale ed europeo: osservazioni e commenti in

merito alla realizzazione di nuove opere infrastrutturali

CAPITOLO III

Page 79: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 78

gere al contrario un approccio armo-nizzato.

L’armonizzazione trova una solidagiustificazione nella varietà dei proble-mi generati dai diversi criteri di adde-bito dei costi delle infrastrutture che, aloro volta, rispecchiano i differenti gra-di di accessibilità delle infrastrutture.

Il principio base è quello che chiusa paga. Tutti gli utenti di infrastrut-ture di trasporto dovrebbero pagareper i costi che essi stessi hanno genera-to, compresi quelli esterni.

Individuato il principio di base, ilpassaggio successivo riguarda i criteridi calcolo per la determinazione dellatariffa.

La posizione della Commissione èfavorevole al criterio del costo socialemarginale, criterio che dovrebbe favo-rire l’efficienza e la sostenibilità del si-stema di trasporto.

Questo criterio dovrà essere applica-to in maniera graduale, per offrire agliutenti ed ai gestori il tempo per prepa-rarsi. A tal proposito, la Commissionepropone un approccio graduale, suddi-viso in tre fasi in cui sono interessate,con tempi diversi, le varie soluzionimodali:

❏ la prima fase vede coinvolte le re-ti ferroviarie ed i sistemi aeroportuali,con l’introduzione di tariffe che si inte-grino con quelle del trasporto;

❏ la seconda fase è finalizzata ad a-dottare i sistemi di tariffazione che, siaper i veicoli che trasportano merci siaper il trasporto ferroviario, siano co-struiti su base chilometrica, con diffe-

renze in funzione delle caratteristichedel mezzo e dell’area territoriale attra-versata;

❏ la terza fase è stata ipotizzata co-me verifica dei risultati ottenuti dal-l’applicazione dei sistemi indicati nelledue fasi precedenti, ed eventualmenterevisione dei sistemi introdotti.

A giudizio della Commissione, il si-stema di tariffazione così disegnato do-vrebbe portare ad un uso più efficientedelle infrastrutture nonché alla possibi-lità di raccogliere, dalla tariffa stessa,risorse finanziarie che possano facilita-re nuovi investimenti.

Il principio di base “chi usa paga”dovrebbe altresì favorire il migliora-mento dell’efficienza tecnica dei singo-li modi di trasporto con positive rica-dute sui costi ambientali.

Il beneficio complessivo che la Com-missione ritiene si possa raggiungerecon il sistema di tariffe sopra esposto èstato quantificato in almeno 30-80 mi-liardi di euro all’anno. Il risparmio è daintendersi esteso a tutti i modi di tra-sporto.

Con riferimento al tema della mobi-lità urbana, la Commissione non haprodotto specifiche raccomandazionivisto che, almeno come idee guida,queste possono essere riprese nei docu-menti in cui la Commissione ha tratta-to di temi relativi al trasporto in gene-rale.

È chiaro come possano comunqueipotizzarsi, proprio in relazione ai prin-cipi di fondo a cui la Commissione si èispirata per altre categorie di trasporto,

CAPITOLO III

Page 80: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

79 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

analoghi interventi di regolazione e go-verno della mobilità relativi al traspor-to urbano. L’applicazione del principiodel pagamento dell’infrastruttura daparte di chi la usa, abbinato a quellodella compensazione a fronte di com-portamenti che generano inquinamen-to o altre forme di economie esternenegative giustifica l’uso di sistemi di ta-riffazione e di altre soluzioni di naturacoercitiva in relazione all’uso di una ri-sorsa scarsa, come accade nel caso del-lo spazio nelle aree urbane. L’introdu-zione di misure quali il road e/o il parkpricing, ed in generale forme di con-trollo e limitazione della circolazione edella sosta in aree ed in orari predefini-ti e circoscritti delle città è stata adot-tata in diverse città europee (soprattut-to nel Regno Unito, in Germania ed inaltri paesi dell’Europa settentrionale).

Le misure di regolazione e di con-trollo della domanda di mobilità nellearee urbane non possono da sole con-tribuire a risolvere i problemi del traffi-co e della circolazione là dove, comeaccade nel nostro Paese, la dotazioneinfrastrutturale, soprattutto nelle prin-cipali aree urbane, presenta gravi livel-li di inadeguatezza e di generale arre-tratezza.

Da quanto emerso dall’analisi svoltanei capitoli precedenti circa il compor-tamento seguito dalle istituzioni e dagliEnti pubblici nazionali e locali in pas-sato, la maggior parte dello sforzo diadeguamento e di ampliamento delladotazione infrastrutturale del Paese èstata indirizzata verso la realizzazione

di opere destinate ai collegamenti dimedia e lunga percorrenza di tipo stra-dale e, in misura minore, ferroviario.Per quanto riguarda il settore ferrovia-rio, lo stesso indirizzo è stato seguito inrelazione ai programmi di ammoder-namento del materiale rotabile, dovesono stati effettuati ingenti investimen-ti nei nuovi treni veloci della serieETR450 ed ETR500, mentre solo re-centemente sono ripartiti gli investi-menti nel materiale rotabile destinatoal trasporto locale e regionale.

La necessità di recuperare terrenosia sul piano infrastrutturale che suquello dei mezzi di trasporto trova unimportante ostacolo oggi nella disponi-bilità di risorse finanziarie pubbliche, ilcui utilizzo deve venire programmato,per ovvie necessità di bilancio, in basea rigorosi criteri di selezione delle ope-re. Nel caso di nuove opere infrastrut-turali, inoltre, l’intervento nelle aree ur-bane, considerate per definizione “areedense” in quanto utilizzate intensa-mente dal punto di vista spaziale, com-porta, oltre al problema degli elevaticosti di investimento e del conseguentereperimento delle risorse finanziarie,ulteriori problemi legati, da un lato, al-l’ottenimento del consenso nei con-fronti dei soggetti che possono veniredanneggiati dalla realizzazione delleopere e, dall’altro, dalle oggettive diffi-coltà (anch’esse rapportate a livelli dicosto più elevati) legate all’apertura dicantieri in superficie, in zone altamen-te urbanizzate e caratterizzate da in-tenso traffico stradale.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 81: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 80

3.2 Riduzione del gapinfrastrutturale e vincoli finanziari,strumenti di finanziamentoalternativi (project financing, B.O.T. ed altri) e coinvolgimento deiprivati: breve analisi della casisticadisponibile a livello europeo e nazionale.

Il forte divario che separa l’Italia da-gli altri paesi dell’UE in termini di do-tazione infrastrutturale, richiede, visti ivincoli di bilancio legati all’uso delle ri-sorse pubbliche, l’introduzione di solu-zioni finanziarie più articolate ed inno-vative rispetto a quelle in uso fino al re-cente passato.

Inoltre, i vincoli sull’espansione del-l’indebitamento della Pubblica Ammi-nistrazione rendono sempre meno pra-ticabili soluzioni in cui il finanziamen-to pubblico risulti totalitario o larga-mente maggioritario.

A partire da queste osservazioni, sicomprende la ragione dell’interesseverso strumenti finanziari e contrattua-li che permettano al committente pub-blico di allentare il vincolo di bilancionella realizzazione di interventi di na-tura infrastrutturale.

Per il finanziamento di infrastruttu-re urbane si possono individuare tredifferenti strumenti di project finan-cing:

❏ Built transfer (BT),❏ Built, own, transfer (BOT),❏ Built, own, operate, transfer (BOOT).

BT. È la soluzione più tradizionale, in

quanto la società concessionaria co-struisce l’opera, finanziata con mezzipropri o con indebitamento e al termi-ne la consegna al committente pubbli-co, il quale pagherà l’importo prestabi-lito e la gestirà.

Questa soluzione necessita di forticapitali iniziali per la realizzazione del-l’opera.

BOT. Rispetto alla soluzione precedente

questa prevede che la società conces-sionaria non solo costruisca l’opera so-stenendo in toto i costi finanziari, mache la gestisca per un determinato pe-riodo, durante il quale il committentepubblico può utilizzarla dietro paga-mento di un canone periodico di affit-to. Al termine del periodo della conces-sione, il manufatto viene ceduto alcommittente pubblico a titolo gratuitoo oneroso.

BOOT. La terza soluzione rappresenta un’e-

voluzione rispetto alle precedenti, inquanto il concessionario, oltre a realiz-zare l’opera senza finanziamenti pub-blici ma con risorse da esso raccolte, èresponsabile della gestione per tutto ilperiodo della concessione. Ciò implicache l’impresa possegga le capacità nonsoltanto di progettazione e realizzazio-ne dell’opera, ma anche di gestione deiservizi. Uno degli aspetti più critici diquesta soluzione è rappresentato dai

CAPITOLO III

Page 82: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

81 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

criteri di fissazione delle tariffe da ap-plicare agli utenti. Il committente pub-blico potrebbe, per motivi di caratteresociale, ritenere più opportuna la fissa-zione delle tariffe a livelli inferiori aquelli di libero mercato. In questo casosarebbe lo stesso committente a sov-venzionare il concessionario per laquota mancante.

La determinazione dell’importo del-la eventuale sovvenzione non è cosaagevole, per la presenza di diverse va-riabili che condizionano l’uso dell’in-frastruttura.

Nei Documenti di ProgrammazioneEconomico–Finanziaria più recenti, lostrumento del project financing è statoinserito con l’obiettivo di favorire larealizzazione di un selezionato numerodi opere infrastrutturali.

A questo scopo, con la legge 144 del1999 viene istituita, presso il CIPE, l’U-nità Tecnica di Finanza di Progetto(UFP), con il compito di promuovere,all’interno delle Pubbliche Amministra-zioni, l’utilizzo di tecniche di finanzia-

mento delle infrastrutture tramite il ri-corso a capitali privati.

L’Unità è composta da un organicodi 15 elementi, scelti sia all’interno del-le Pubbliche Amministrazioni sia all’e-sterno, con skills piuttosto variegati:tecnico–ingegneristico, economico–fi-nanziario e giuridico.

Con la Legge Finanziaria 2001 lecompetenze dell’Unità sono state este-se: infatti, all’articolo 57 viene dispostoche “Al fine di garantire il raggiungi-mento degli obiettivi fissati dal DPEF2001-2004 […] le amministrazioni sta-tali, in fase di pianificazione e attuazio-ne dei programmi di spesa per la rea-lizzazione di infrastrutture, acquisisco-no le valutazioni dell’Unità Tecnica Fi-nanza di Progetto”.

Nei primi tempi di avvio del projectfinancing si sono registrate poche ini-ziative che hanno raggiunto la fase delbando, a causa delle naturali difficoltàincontrare dalle Pubbliche Ammini-strazioni nell’uso dei nuovi strumenti.Il biennio 2000–2002 sarà ancora un

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.1PRINCIPALI INIZIATIVE DI PROJECT FINANCING AVVIATE AL 30 GIUGNO 2001 (in mld di lire)

Progetto Promotori Valore Privati (%)Autostrada Milano- Brescia Brebemi 1.406 (a) 100%Passante di Mestre Autostrade BS-PD 1.050 (a) 100%

e PD-VE, Veneto Sviluppo, banche locali

Tunnel di Genova • Earth Tech Engineering, • 750 – 1.000 • 50%Strabag, Macquarrie Bank• allo studio anche Spa mista • non noto • 99%con Cassa Depositi Prestiti

Passante di Ancona Geodata-Grassetto 200 Non notoParcheggi di Palermo Europrogetti e Finanza 120 Non noto

e cordata di imprese localia) escluso gli oneri finanziariFonte: Il Sole 24 Ore, 4 luglio 2001.

Page 83: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 82

periodo di rodaggio, necessario per for-mare il committente pubblico.

L’Osservatorio dell’Oice (Associazio-ne delle società di ingegneria) ha rile-vato che dal 1° gennaio 2000 al 30 apri-le 2001 sono state avviate in Italia 98procedure di project financing (75 nel2000 e 23 nei primi quattro mesi del2001). Per 84 di queste iniziative (74del 2000 e 10 del 2001) l’Oice ha potu-to stimare o rilevare il costo di investi-mento previsto, che risulta pari ad unimporto complessivo di circa 7.182 mi-liardi di lire (3.046,7 per l’anno 2000 e4.135,6 nel periodo gennaio-aprile2001). Sono solo 18, tuttavia, le garebandite su proposta del Promotore (10nel 2000 e 8 nel 2001) e appena 5 (2 nel2000 e 3 nel 2001) le procedure conclu-se con l’individuazione del concessio-nario: l’importo complessivo di questeultime (4 relative a impianti sportivi e 1ad infrastrutture idriche e fognarie) èdi 141,4 mld di lire (80 nel 2000 e 61,4nel 2001). Come sottolinea ancora l’Os-servatorio dell’Oice, il maggior numerodelle iniziative rilevate è concentratonell’Italia Centrale, per un totale di 35procedure avviate pari al 35,7% di tutte

le iniziative nazionali. Particolarmenteattivo si è dimostrato il Lazio (20 ini-ziative, di cui 17 attivate nel Comune diRoma nell’anno 2000, molte delle qualirelative ad infrastrutture per il trafficoe la mobilità).

Segue, come rappresentatività nu-merica, l’Italia Meridionale con 31 ini-ziative avviate, pari al 31,6% del totalenazionale (27 nel 2000 e 4 nel 2001). Diqueste, 20 riguardano la Campania, 9la Puglia e 2 il Molise. Per quanto ri-guarda l’Italia Settentrionale, nel Nord-Est risultano avviate 18 iniziative (9 nel2000 e 9 nei primi quattro mesi del2001), mentre nel Nord-Ovest ne sonostate rilevate solo 8 (4 nel 2000 e 4 nel2001): tra quelle avviate nel primo qua-drimestre 2001, in particolare, è statainserita l’infrastruttura di circa 2000mld di lire, relativa al tunnel sotto lacintura dei Bastioni, per la quale l’As-sessorato al traffico di Milano ha resopubblico l’interesse dell’Amministra-zione a valutare eventuali proposte dipromotori. Chiude la classifica l’ItaliaInsulare, dove l’Oice ha rilevato 6 ini-ziative, egualmente ripartite tra Siciliae Sardegna.

CAPITOLO III

Tabella 3.2COMUNE DI ROMA: PRINCIPALI AVVISI DI PROJECT FINANCING NELL’ANNO 2000 E RELATIVI IMPORTI (in mld di lire)

Progetto ImportiParcheggio Piazza Verdi 12,5Sistemazione e valorizzazione Via Tuscolana – Cinecittà 29,2Pista ciclabile Tor di Quinto 7,6Mercato e parcheggio Via A. Doria 18Sottopasso Villa Doria Pamphili 103Sottopasso del Parco dell’Appia Antica 500

Fonte: Oice.

Page 84: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

83 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Con riferimento agli specifici settoridi intervento, l’Osservatorio dell’Oiceevidenzia che le maggiori quote del va-lore complessivo sono assorbite pro-prio dalle opere per la viabilità (vediTabella 3.3): una conseguenza direttadel forte tasso di saturazione della reteviaria nazionale. Si pensi che in Italia afronte di un elevato tasso di motorizza-zione – 0,59 veicoli/abitante contro unamedia UE di 0,50 - la capacità di acco-gliere traffico da parte della rete auto-stradale e stradale è ormai al limite: ladensità autostradale, espressa dal rap-porto veicoli/Km, è di 5.268 per l’Italia,contro la media UE di 3.909 e tale den-sità subisce un forte incremento inprossimità delle aree urbane.

L’esiguità di questi progetti e, so-

prattutto, quella delle gare bandite, adispetto dell’estremo bisogno di nuoveinfrastrutture in Italia, dimostra legrandi difficoltà che ancora si frappon-gono al decollo del project financing.Come segnala l’Oice, commentando idati del proprio Osservatorio: “A frontedi un interesse dimostrato dalle impre-se alle gare (molte sono le aziende cherichiedono la documentazione per lagara), nessuna o poche vi partecipano.Tutte la Amministrazioni non sono ingrado di formulare previsioni sui tempidelle procedure ancora da esperire e, inmolti casi, i referenti dimostrano diavere idee non chiare circa l’iter proce-durale”. Senza considerare, inoltre, chele procedure attivate, in alcuni casi, sisono poi dimostrate in contrasto con

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.3AVVISI DI INIZIO PROCEDURA EX ART. 37 BIS L. 109/94 PER SETTORE NEL PERIODO 1° GENNAIO 2000 - 30 APRILE 2001 (in mld di lire)

Totale iniziative rilevate Iniziative rilevate Iniziative rilevate danell’intero periodo nell’anno 2000 gennaio ad aprile 2001

Importo Importo Importo Importo Importo ImportoNumero complessivo medio Numero complessivo medio Numero complessivo medio

Opere edili 33 (27) 1.049,2 38,9 25 825,2 33,0 8 (2) 224,0 112,0Opere per la viabilità 30 (29) 4.464,3 153,9 25 994,0 39,8 5 (4) 3.470,3 867,6Opere viarie 9 4.086,1 454,0 6 731,1 121,9 3 3.355,0 1.118,3Parcheggi 21 (20) 378,2 18,9 19 262,9 13,8 2 (1) 115,3 115,3Altre infrastrutture trasporto 5 (4) 740,0 185,0 4 740,0 185,0 1 n.d. n.d.Aeroporti 1 70,0 70,0 1 70,0 70,0 - - -Porti 1 80,0 80,0 1 80,0 80,0 - - -Interporti 1 90,0 90,0 1 90,0 90,0 - - -Metropolitane 2 (1) 500,0 250,0 1 500,0 500,0 1 n.d. n.d.Infrastrutture a rete 6 435,6 72,6 5 35,6 7,1 1 400,0 400,0Impianti sportivi 17 (11) 29,3 2,7 11 (10) 18 1,8 6 (1) 11,3 11,3Valorizzazione urbana 7 463,9 66,3 5 433,9 86,8 2 30,0 15,0Totale 98 (84) 7.182,3 85,5 75 (74) 3046,7 41,2 23 (10) 4.135,6 413,6

n.d. = Importo non rilevatoNota: fra parentesi è segnalato il minor numero delle iniziative delle quali è stato possibile accertare o stimare l’importo.Fonte: Oice.

Page 85: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 84

gli strumenti urbanistici o che le operenon erano inserite nel Piano triennale.

Confrontando i contenuti degli avvi-si pubblicati nel 2000 e di quelli relati-vi al primo quadrimestre 2001, l’Oicerileva “Un miglioramento qualitativodelle informative rese dalle PubblicheAmministrazioni sia in ordine alla na-tura dei fabbisogni che le Amministra-zioni intendono soddisfare con il ricor-so ai finanziamenti dei privati, sia inmerito ai profili procedurali delle ini-ziative. Molte Amministrazioni hanno,infatti, avvertito l’importanza di con-durre preventivi studi di fattibilità del-l’iniziativa per potere meglio indirizza-re le proposte dei privati e governare ilsuccessivo processo decisionale, indot-te a ciò anche dalla necessità di doverfornire adeguate motivazioni di esclu-sione delle proposte ritenute non ade-guate”. Nella propria analisi delle pro-blematiche emerse dalle prime espe-rienze italiane di project financing, l’Oi-ce avverte: “La facoltà che le Ammini-strazioni si riservano di apportare mi-glioramenti e integrazioni alla propo-sta del promotore, costituisce un fatto-re di incertezza per i promotori, chepotrebbero veder compromessi i pre-supposti stessi della partecipazione al-l’iniziativa con il timore, per di più, dinon recuperare le spese sostenute perla definizione della stessa proposta”.

Tra le difficoltà di decollo del projectfinancing è necessario sottolineare lasua stessa natura di finanziamentobancario “senza rivalsa”. Si tratta, in-fatti, di un finanziamento che presenta

la caratteristica di non esigere garanziereali e patrimoniali da parte dell’inve-stitore, in quanto le tutele per l’investi-tore sono rappresentate dall’esistenzastessa di un progetto esecutivo, dal va-lore aggiunto prodotto dal progetto, daiflussi di cassa previsti dalla gestionedell’iniziativa.

Queste caratteristiche fanno sì cheprogetti infrastrutturali possano acce-dere con difficoltà al project financing.All’estero grandi opere sono state fi-nanziate con fondi pubblici, si pensi alrecente ponte che collega la Danimar-ca alla Svezia, realizzato da un Consor-zio formato pariteticamente dai dueStati. È interessante sottolineare cometuttavia il Consorzio fosse stato conce-pito come una entità privata e respon-sabile della progettazione, costruzionee gestione del ponte. L’investimentocomplessivo è risultato di circa 2,5 mi-liardi di euro e il gestore intende am-mortizzare l’investimento in 27 annitramite i flussi di cassa prodotti dall’in-casso delle tariffe al netto dei costi digestione. La vita utile stimata dell’ope-ra è di un secolo.

Uno dei prossimi primi casi diproject financing italiano riguarda larealizzazione dell’autostrada Milano-Brescia. È stata bandita di recente daparte dell’Anas la gara europea per l’af-fidamento ad un soggetto privato, conil ricorso al project financing, il compi-to di costruire e gestire la nuova auto-strada. Il meccanismo di gara si basasull’articolo 37–quarter della legge109/94 e modificata dalla 415/98, che

CAPITOLO III

Page 86: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

85 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

prevede un progetto espresso dal pro-motore, in questo caso rappresentatoda Brebemi Spa, ed i concorrenti, am-messi alla gara, dovranno sfidare ilprogetto Brebemi con proposte miglio-rative. Anas porrà in confronto concor-renziale le due migliori proposte conquella di Brebemi.

È interessante notare che tra i crite-ri di selezione si hanno i tempi di rea-lizzazione dell’opera e le tariffe che iconcorrenti prevedono di applicare. Atale proposito il progetto Brebemi fissauna tariffa di 0,06998 euro per Km peri veicoli leggeri, pari a 4,3037 euro pertutto il tragitto, contro 0,066 euro perKm attualmente in uso sulla A4.

Con la recente Legge Obiettivo e ilprovvedimento collegato alla Finanzia-ria 2002, è stato scelto di affidare adun’unica impresa - il general contractor- la progettazione, il finanziamento, l’e-secuzione delle opere e, eventualmente,anche la stessa gestione.

“La scomposizione di un’opera inpiù fasi distinte e l’assegnazione trami-te asta di ciascuna singola operazione,consente di ridurre i costi perché iprezzi negoziati separatamente, diven-tano trasparenti”1. In assenza di unastruttura dell’offerta ampia ed in pre-senza di un committente pubblico de-bole e con poche capacità professiona-li per coordinare e controllare l’operatodel general contractor, i benefici di que-sta procedura tendono a contrarsi sen-sibilmente.

In altri paesi, come negli Stati Uniti,in cui la figura del contraente generale

è in uso da diversi anni, il committentepubblico dispone di una garanzia, rap-presentata da una cauzione, detta com-pletion bond, che lo tutela nei confron-ti dei tempi e dei costi dell’opera. A ta-le riguardo, la Legge Obiettivo ha pre-visto a tutela del committente unica-mente la performance bond, che copresolo il 20% del valore dell’opera.

Più in generale è da segnalare che losviluppo della finanza di progetto ri-chiede non solo la presenza di attori ingrado di fornire tutte le competenze,comprese quelle finanziarie, ma so-prattutto la messa in cantiere di pro-getti che generano tariffe in grado di ri-pagare il costo finanziario dell’opera epermettere la partecipazione del capi-tale privato.

Orbene, le opere infrastrutturali cheragionevolmente rientrano in questacategoria riguardano la realizzazionedi nuove autostrade e di nuovi par-cheggi. Tra queste sono comprese an-che le autostrade locali, quali la pede-montana veneta e la pedemontana lom-barda, opere che hanno, come obietti-vo principale, quello di decongestiona-re l’attuale assetto stradale e, pertanto,di servire il tessuto produttivo locale,piuttosto che quello di garantire l’attra-versamento di aree da parte del trafficoa media–lunga percorrenza.

Opere come le autostrade locali siintrecciano con richieste di facile ac-cesso (creazione di parecchie rampe) etariffe contenute, come già avviene peralcuni tratti di tangenziali. In questocontesto di forte incertezza sull’impor-

1) Giavazzi, Corriere dellaSera del 18 gennaio 2002.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 87: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 86

to e sull’adeguamento delle tariffe, di-venta arduo convogliare risorse finan-ziarie private.

Inoltre, va tenuto presente che nonsono infrequenti i casi in cui la nuovaopera si innesta con arterie da realiz-zare ex novo, da parte di altri conces-sionari, il cui ritardo nella realizzazio-ne si ripercuote negativamente sull’o-pera originaria in termini di minor uti-lizzo, con un evidente danno economi-co-finanziario.

3.3 Nuovi strumentidi programmazione per la gestionedella mobilità nelle aree urbanecome fattori complementari alle grandi opere infrastrutturali:l’esempio del PUM e del PUT.

In questi ultimi anni il dibattito fragli addetti ai lavori sui temi della mobi-lità in ambito urbano si è soprattuttoconcentrato sulla individuazione e sul-l’introduzione di strumenti che permet-tano di superare gli ostacoli alla suapianificazione2.

I ritardi nella realizzazione delleopere, il crescente grado di congestionee gli insoddisfacenti livelli di sicurezzadegli spostamenti sono chiari segnaliche i precedenti strumenti di regolazio-ne e di programmazione degli interven-ti non sono risultati particolarmente ef-ficaci.

In particolare, uno dei punti criticiè rappresentato dalla presenza di sog-getti politici ed istituzionali diversi,

coinvolti a vario titolo nel processo de-cisionale, ciascuno con proprie prio-rità da tutelare e promuovere. La crea-zione di nuovi livelli istituzionali inter-medi, quali le città metropolitane,avrebbe dovuto permettere di convo-gliare le diverse istanze in un unicocentro decisionale; ciò non si è tuttaviaverificato, e nonostante la formulazio-ne di norme specifiche presenti in dueleggi emanate una all’inizio degli anni’90, la 142, l’altra quasi un decenniodopo, la 265, gli interventi richiestinon hanno trovato un rapido percorsoattuativo.

È ormai opinione comune, e lo stes-so PGT ne ha fatto suo il principio difondo, che, per rendere efficace la ge-stione della mobilità, sia necessario su-perare la logica d’intervento di tipo set-toriale, che ha sempre prevalso nellepolitiche nazionali e locali nel campodei trasporti e che ha favorito criteri difinanziamento fondati sul fatto di pro-muovere unicamente determinate tipo-logie di opere, non inserite in una pro-spettiva di sistema (di volta in volta lestrade, le gallerie, le tranvie, le metro-politane, i parcheggi ecc.).

Per rendere reale tale asserzione diprincipio si è quindi ritenuto opportu-no prevedere che i sistemi di trasportovengano analizzati e valutati tenendoconto della loro capacità di operare inquanto reti di tipo intermodale, carat-terizzate da un elevato livello di inter-connessione reciproca.

È in questo contesto che matura l’i-dea di procedere per “progetti di siste-

2) Tale tema è stato trattatoin modo esteso nello stessoPGT.

CAPITOLO III

Page 88: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

87 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

ma”, i cosiddetti “PUM” o Piani Urbanidella Mobilità, fondati su un insiemecomposito di progetti di investimentoe di innovazioni organizzativo-gestio-nali da attuarsi in un definito arco tem-porale ed in relazione ad un’altrettantodefinita area territoriale (urbana, me-tropolitana).

Secondo tale impostazione, il tra-sporto, proprio per quanto detto prima,va considerato nella sua globalità, te-nendo conto dei problemi relativi aiservizi collettivi ed alla mobilità indivi-duale, alla realizzazione di nuove infra-strutture, ai temi gestionali ed a quellidi regolazione dei mercati. Il PUM devequindi puntare alla realizzazione di unsistema che metta le AmministrazioniLocali in condizioni di gestire la mobi-lità.

In molti casi, il punto di partenzadel PUM può essere il Piano Urbanodel Traffico (PUT): l’uso congiunto deidue strumenti di pianificazione, unostrategico e l’altro tattico, dovrebbe in-fatti costituire la via migliore per piani-ficare i trasporti su scala urbana e me-tropolitana.

Attualmente, come verrà illustratopiù avanti, mentre i PUT costituisconouno strumento di programmazione giàutilizzato in diversi contesti urbani, iPUM sono ancora in fase largamentesperimentale, e soltanto alcune aree ur-bane e metropolitane ne hanno pro-mosso la piena attuazione.

Considerando l’importanza chePUM e PUT, se pienamente attuati, po-trebbero assumere nella risoluzione dei

problemi della mobilità in ambito ur-bano, si ritiene utile in questa sede ten-tare di coglierne gli aspetti più signifi-cativi e problematici.

Le principali caratteristiche del PUMIl PUM rappresenta il “progetto del

sistema di trasporto” di una determi-nata area urbana; esso comprende, ol-tre alle opere già esistenti, un insiemed’investimenti e di innovazioni orga-nizzativo-gestionali da attuarsi per fasiin un arco temporale non superiore a10 anni. Gli investimenti nel trasportocollettivo possono riferirsi ad infra-strutture, impianti, tecnologie e veico-li, mentre nel trasporto privato solo adinfrastrutture, impianti e tecnologie; leinnovazioni organizzativo-gestionalisono conseguenti agli investimentiprevisti.

Il PUM, come in precedenza eviden-ziato, si differenzia in modo netto dalPUT, con il quale comunque interagiscea diversi livelli, in quanto costituisceun piano strategico di medio-lungo ter-mine, attraverso il quale si affrontanoproblemi di mobilità la cui soluzionerichiede anche “investimenti” e quindirisorse finanziarie e tempi tecnici direalizzazione.

Il PUT invece, essendo un piano tat-tico di breve periodo, assume che le “ri-sorse infrastrutturali siano inalterate”ed opera per organizzare al meglio l’e-sistente; esso è, quindi, sostanzialmen-te un piano di gestione. Analogamente,il PUM si differenzia nettamente anchedal Piano Regionale dei Trasporti.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 89: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 88

Obiettivi, vincoli e risorse finanziarie delPUM

La tabella seguente riporta in modosintetico i principali obiettivi che ilPUM si pone ed i conseguenti vincoli,quali ad esempio la disponibilità di ri-sorse finanziarie.

Gli obiettivi principali del PUM pos-sono essere ricondotti a due elementifondamentali, il soddisfacimento e losviluppo dei fabbisogni di mobilità ed ilrisanamento ambientale. Sicurezza,qualità ed economicità dei servizi emaggiore efficienza e risanamento del-le aziende di trasporto costituisconotuttavia obiettivi altrettanto importan-ti, il cui raggiungimento spesso rappre-senta un importante presupposto per ilsuccesso del piano.

Poiché la realizzazione degli inter-venti contenuti nelle proposte del PUMgeneralmente comporta una notevolequantità di risorse sia per il finanzia-mento degli investimenti sia per la ge-stione del sistema da esso previsto, l’a-spetto finanziario tende a costituire unvincolo fondamentale da diversi puntidi vista.

Uno dei più significativi è rappre-

sentato dal possibile coinvolgimentodel capitale privato nella realizzazionedegli investimenti. Anche se auspicabi-le, come noto esso è infatti difficilmen-te attuabile. È ragionevole ipotizzareche tale coinvolgimento potrà essere li-mitato ai pochi casi di servizi altamen-te remunerativi e più facilmente sepa-rabili, in termini gestionali, dal restodel sistema, come accade ad esempionel caso dei parcheggi.

Negli altri casi, le Amministrazionilocali devono reperire le risorse finan-ziare, ad integrazione di quelle nazio-nali, necessarie a coprire i costi di in-vestimento e di gestione. Per questi ul-timi è ipotizzabile ricercare un mix ot-timale di ripartizione degli oneri tra ibeneficiari diretti dei servizi e gli altribeneficiari indiretti attraverso, adesempio, la tariffazione dell’uso dellestrade (circolazione e sosta).

Appare evidente come la maggiorecompartecipazione e corresponsabiliz-zazione dell’Ente locale dovrebbe svol-gere un’azione positiva sulla scelta eprogettazione degli interventi, con lasperanza di evitare i rischi di effettuareopere con cantieri sempre aperti.

CAPITOLO III

Tabella 3.4OBIETTIVI, VINCOLI, RISORSE FINANZIARIE DEL PUM

Obiettivi VincoliIl soddisfacimento e lo sviluppo dei fabbisogni di mobilità Il rispetto degli strumenti programmatoriIl risanamento ambientale La possibilità di realizzare degli interventi per fasi funzionaliLa sicurezza del trasporto La disponibilità di risorse finanziarieLa qualità del servizio La necessità che gli interventi proposti riguardino il territorio in esameIl miglioramento dell’efficienza economica del trasporto Il risanamento economico delle aziende di trasporto

Fonte: Piano Generale Trasporti.

Page 90: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

89 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Per quanto riguarda poi la compar-tecipazione degli Enti locali al finan-ziamento degli interventi infrastruttu-rali, essa può costituire un vincolo peri Comuni di più piccole dimensioni, iquali non sono in grado di raccogliererisorse finanziarie sufficienti per cofi-nanziare l’opera.

In generale, le principali fonti di co-pertura finanziaria possono essere cosìsintetizzate (vedi tabella 3.5).

Va ricordato come i soggetti benefi-ciari dei finanziamenti (singoli Comu-ni, aggregazione di Comuni limitrofi oProvince) sono gli agglomerati urbaniche superano la soglia di 100.000 abi-tanti. Tenendo conto di ciò, i Comunipotenzialmente coinvolti nella realizza-zione del PUM, e che superano la sogliadei 100mila abitanti, sono in totale 41,mentre per le altre due tipologie risultapiù complessa la quantificazione ex an-te, in quanto si tratta di accordi volon-tari tra soggetti istituzionali differenti.

La valutazione delle richiesteFra i diversi aspetti di carattere pro-

cedurale che caratterizzano i PUM,un’attenzione particolare va dedicata aiproblemi relativi alla valutazione delle

richieste di finanziamento pubblico.Data la deludente esperienza passata inmateria di programmazione e realizza-zione di interventi infrastrutturali ed ingenerale di politica della mobilità inambito urbano, è importante capire inche misura sia possibile introdurreprocedure innovative e possibilmenteefficaci.

Almeno sulla carta, gli elementi daprendere in considerazione per un fa-vorevole accoglimento delle domandedi finanziamento sembrerebbero suffi-cienti a garantire procedure realmenteinnovative. I principali criteri di sele-zione delle richieste di finanziamentoriguardano:

❏ la quota a carico della collettivitàlocale sia per gli investimenti che per lagestione;

❏ il massimo utilizzo dell’esistentein termini sia d’infrastrutture sia dipersonale;

❏ la rilevanza qualitativa e quantita-tiva degli obiettivi in rapporto alle ri-sorse finanziarie richieste (massimiz-zazione dell’efficacia);

❏ la rapidità nel raggiungimento de-gli obiettivi e la modularità del proces-so di investimenti;

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.5FONTI DI FINANZIAMENTO PUM

Fonti finanziamento degli investimenti Fonti finanziamento della gestioneRisorse ordinarie esterne (finanziamento statale) Risorse esterne (incentivi ministeriali)Risorse straordinarie Rientri tariffari da trasporto pubblico e dal pricing(cofinanziamento UE o da bilancio degli Enti locali) delle strade (road e park pricing )Capacità interna di autofinanziare gli investimenti Risparmi da recupero di produttività aziendaleRisorse private (limitato ai casi di project financing) Tributi locali

Fonte: Linee Guida per la Redazione di Piani Urbani della Mobilità.

Page 91: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 90

❏ la misurabilità oggettiva degli o-biettivi conseguiti per ogni modulo delprocesso;

❏ l’effettivo raggiungimento degli o-biettivi con l’eventuale parte del PUMgià finanziata.

In realtà, come emergerà anche dal-l’analisi dei prossimi paragrafi, sussisto-no non poche perplessità sull’effettivaefficacia delle procedure individuate.

Le problematiche di attuazione del PUMTrattandosi di uno strumento di pro-

grammazione in fase di ampia speri-mentazione, esso presenta ancora nu-merosi elementi di incertezza.

Un primo fattore è ad esempio rap-presentato dall’effettiva disponibilità dirisorse umane e professionali in gradonon soltanto di metterlo a punto, ma diseguirne tutte le diverse fasi di attua-zione. Considerando l’ampiezza e lacomplessità delle procedure individua-te, il problema solleva seri dubbi sullasua effettiva realizzabilità, soprattuttonelle realtà urbane minori e nel Mezzo-giorno.

Alcune delle problematiche di attua-zione più significative sono riportatenella tabella 3.6.

L’ambito territoriale di competenzadel PUM dovrebbe superare il confineamministrativo (è l’insieme dei territo-ri comunali all’interno dei quali vi èuna stretta interdipendenza tra il siste-ma residenziale e il sistema delle atti-vità produttive, commerciali e terzia-rie). Quest’aspetto risulta assai delicatoe solleva controversie soprattutto in re-

lazione alla stesura del PUM stesso daparte dei Comuni con oltre 100.000abitanti, che potrebbero redigere il Pia-no singolarmente.

Il soggetto politico responsabile delPUM dovrebbe essere il Comune prin-cipale dell’area urbana, con il coinvol-gimento attraverso lo strumento ammi-nistrativo più opportuno (accordo diprogramma, protocollo d’intesa ecc.) ditutti i Comuni che ricadono nell’ambi-to territoriale di competenza del PUM.Un’eccezione è fornita dai territori do-ve la vita “urbana” è organizzata su piùcentri urbani di peso equivalente estrettamente collegati tra loro (ad es.l’area centrale veneta, alcune zone del-l’Emilia e della Toscana). In questi casiil soggetto politico responsabile potreb-be essere individuato nella Provincia oaddirittura nella Regione.

Il PUM deve essere prima approvatodalla Regione (entro 60 giorni dalla suapresentazione) e poi presentato alloStato per la richiesta di finanziamentida parte del soggetto responsabile dellasua predisposizione.

Ma la necessità di accordi politiciampi per l’approvazione del PUM nellesedi collegiali, può tradursi in una in-gessatura del processo decisionale e inun conseguente rallentamento delle fa-si di attuazione degli interventi previ-sti.

Il PUM interagisce sia con strumen-ti di pianificazione urbanistica e terri-toriale (Piano Regolatore Generale ePiano Regolatore Urbanistico per loSviluppo Sostenibile del Territorio) sia

CAPITOLO III

Page 92: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

91 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, documenti del Piano Generale Trasporti.

PUM STRATEGIE

Calcolo indicatori ex ante

OK Regione (Parere Regione su verifica di compatibilità)

Concessione del Finanziamento

Erogazione del Finanziamento

Realizzazione I Fase o successive

Monitoraggio ex post

Obiettivi I fase raggiunti?

Obiettivi Centrali

Obiettivi Locali

Vincoli Centrali

Vincoli Locali

Page 93: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 92

con strumenti di Pianificazione tra-sportistica (Piano Regionale dei Tra-sporti, il Piano Urbano del Traffico e ilPiano Urbano dei Parcheggi) sia construmenti di pianificazione ambientaleed energetica. Va ricordato a tale pro-posito come il mancato coordinamentotra pianificazione urbanistica e pianifi-cazione trasportistica sia una delle cau-se principali della crisi della mobilitànelle aree urbanizzate.

Per cercare di superare questo pro-blema e di assicurare il massimo di ef-ficacia al PUM sono necessarie duecondizioni:

❏ che gli interventi previsti dal PUMcostituiscano variante al Piano Regola-tore Generale (PRG);

❏ che il PUM non sia visto gerarchi-camente subordinato al PRG, ma comeun livello di pianificazione paritetico estrettamente integrato con la pianifica-zione urbanistica.

Poiché il PUM è il progetto di siste-ma di trasporto di una determinataarea urbana che comprende l’insiemedi investimenti e di innovazioni orga-nizzativo-gestionali da attuarsi in mas-simo 10 anni, il PUT deve diventare unmomento qualificante del PUM da ag-

giornarsi regolarmente, con cadenzabiennale.

Altro elemento particolarmente signi-ficativo è rappresentato dal ruolo delloStato, che tende a giocare una funzionedecisiva soprattutto nella scelta delle so-luzioni proposte, quali ad esempio me-tropolitane, parcheggi, piste ciclabili ecc.;nella distribuzione dei finanziamenti3; edinfine nell’iter di approvazione dei singo-li progetti: ogni minimo dettaglio del pro-getto deve affrontare l’esame dei compe-tenti uffici del Ministero delle Infrastrut-ture e dei Trasporti (fase tecnica).

Se questa funzione dovrebbe rap-presentare, da un lato, un elemento disicurezza e di certezza per i cittadinicirca la trasparenza ed il rigore con ilquale vengono individuati e selezionatigli interventi proposti, sorge qualchedubbio in merito all’effettiva capacitàdegli organi centrali ad effettuare rigo-rose valutazioni tecnico-economichedei progetti loro sottoposti dagli Entilocali nei tempi e nei modi previsti. Ilrischio più probabile è che in molti ca-si si proceda ad una valutazione “d’uffi-cio”, di fatto ratificando quanto vieneproposto dagli Enti locali, limitandosia poche osservazioni critiche di fondo.

3) Si ricorda come sulla basedell’istruttoria effettuata dalMinistero dei Trasporti, sia ilCIPE a deliberare la riparti-zione dei finanziamenti tra iprogetti presentati (fase tec-nico-politica).

CAPITOLO III

Tabella 3.6PROBLEMATICHE DI ATTUAZIONE DEL PUM

1 L’ambito territoriale di competenza del PUM2 La scelta del soggetto politico responsabile3 L’iter di approvazione del PUM4 Il rapporto fra il PUM e gli strumenti di pianificazione trasportistica e urbanistica5 La gestione tecnica locale del PUM (Agenzia del Piano)6 Il ruolo dello Stato

Fonte: Città e Trasporto.

Page 94: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

93 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Definizione ed aspetti critici del PUTCome già accennato in preceden-

za, uno dei principali strumenti ope-rativi a cui si appoggia il PUM è rap-presentato dal PUT. Esso è costituitoda un insieme coordinato di interven-ti per il miglioramento delle condi-zioni della circolazione stradale nel-l’area urbana, dei pedoni, dei mezzipubblici e dei veicoli privati, realizza-bili nel breve periodo (2 anni) e nell’i-potesi di dotazioni di infrastrutture emezzi di trasporto sostanzialmenteinvariate. Il PUT deve essere quindiinteso come “piano di immediata rea-lizzabilità” con l’obiettivo di contene-re al massimo la criticità della circo-lazione4.

In sintesi, i principali obiettivi asse-gnati al PUT sono riportati nella tabel-la 3.7.

Le strategie generali d’intervento del PUTIl PUT deve seguire, secondo le di-

rettive ministeriali, le seguenti due ti-pologie di interventi:

1. il miglioramento dell’intero siste-ma di offerta di trasporto, compren-dente anche la rete stradale, le aree disosta ed i servizi di trasporto collettivo;

2. l’orientamento ed il controllo del-la domanda di mobilità verso modi ditrasporto che richiedano minori dispo-nibilità di spazi stradali.

Rispetto alla prima tipologia di in-tervento il PUT identifica, come princi-pale causa della congestione del traffi-co urbano, la promiscuità delle strade(tra veicoli e pedoni, tra movimenti e

soste, tra veicoli pubblici collettivi eveicoli privati individuali).

Per il controllo della domanda dimobilità, che costituisce la seconda ti-pologia di intervento del PUT, si deveadottare una scala di valori strategicatra le diverse componenti della mobi-lità urbana (circolazione dei pedoni,movimento per i veicoli del trasportocollettivo, movimenti di veicoli com-merciali, taxi, motoveicoli) e prevedere,nel caso di forti congestioni, anche al-ternative modali, ad esempio la sostitu-zione del traffico privato con quellocollettivo.

A titolo di esempio, si riporta in ta-bella 3.8 uno schema che illustra lapossibile procedura di progettazionedel PUT.

Alcune osservazioni circa le difficoltà di adozione e di attuazione del PUT

L’attuazione del PUT non è ancoradiffusa presso quei Comuni che hannol’obbligo di applicarlo. Infatti è emersoche, a fine 2000, presso gli 840 Comu-ni tenuti a tale adempimento, solo:

❏ il 25% ha adottato il PUT;❏ il 15% lo ha già redatto ma non

ancora adottato;❏ il 20% lo ha in corso di redazione;❏ il 10% ha affidato l’incarico di re-

dazione;❏ il restante 30% ha ancora in corso

la procedura di affidamento o non haassunto alcuna iniziativa.

In particolare, rispetto all’adozionedel PUT si evidenziano le seguenti dif-ficoltà:

4) Si ricorda come l’obbligodi adozione del PUT sia sta-bilito dall’art. 35 del Codicedella strada per le seguenticategorie di Comuni:• Comuni superiori a 30milaabitanti;• Comuni superiori a 30milaabitanti durante le affluenzeturistiche pedonali stagiona-li;• Comuni inferiori a 30milaabitanti ma di particolare va-lore ambientale, architettoni-co, storico e artistico, o chepresentino un intenso traffi-co di mezzi pesanti.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 95: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 94

❏ debole cultura del governo dellamobilità, diffusa a vari livelli, dal mon-do della progettazione, ai decisori po-litici e istituzionali, al sistema impren-ditoriale ed economico, all’incapacitàdei cittadini di far pesare il propriopunto di vista;

❏ carenza e inadeguatezza dellestrutture tecniche delle amministrazio-ni locali prive spesso di uffici in gradodi elaborare strategie innovative;

❏ strumento subordinato al PRG vi-gente: quest’ultimo deve contenere gliinterventi programmati e al contempodeve verificare che l’attuazione delle o-pere previste dagli strumenti urbanisti-ci, qualora generino o attraggano traffi-co, siano compatibili con gli indirizzidel PUT;

❏ scarso consenso sociale e di speci-fiche categorie sulle azioni di conteni-mento della mobilità privata.

Come più volte evidenziato, il pro-blema delle carenti competenze tecni-che delle Amministrazioni è assai rile-vante e complesso. Si tratta di pro-muovere formazione ed informazionepresso le strutture dei Comuni e an-che di definire con chiarezza ruoli ecompiti. Devono soprattutto essererafforzati gli strumenti per pianifica-re, controllare l’attuazione e verifica-

re i risultati degli interventi per la ge-stione della mobilità.

Il PUP: premessa e definizioneLa legge 122/89, meglio conosciuta

come “legge Tognoli”, mette a disposi-zione delle Amministrazioni comunalialcuni strumenti di pianificazione e ge-stione delle aree destinate alla sosta. Inparticolare, per quanto riguarda glistrumenti di natura urbanistica, la leg-ge prevede il raddoppio dei valori mini-mi in dotazione di posti auto per le co-struzioni esistenti e nuovi standards ur-banistici, nonché incentivi di natura fi-nanziaria per la costruzione di nuoviparcheggi.

La legge 122/89, inoltre, mette a di-sposizione delle Amministrazioni comu-nali nuovi strumenti di controllo dellasosta su strada, in modo da permettereuna migliore gestione dei parcheggi esi-stenti e di quelli programmati.

Infine, la 122/89 ha obbligato quin-dici grandi Comuni (Roma, Milano, To-rino, Genova, Venezia, Trieste, Bolo-gna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Ca-labria, Messina, Catania, Palermo e Ca-gliari) a presentare un Piano UrbanoParcheggi (PUP) alle cui redazioni so-no vincolati i finanziamenti previsti perla realizzazione di nuove aree di sosta.

CAPITOLO III

Tabella 3.7OBIETTIVI DEL PUT

Miglioramento della sicurezza stradale e sicurezza degli incidentiLa riduzione delle condizioni di circolazione, movimento e sostaIl risparmio energeticoIl coordinamento con gli strumenti urbanistici ed i piani dei trasporti vigentiIl rispetto dei valori ambientali

Fonte: WWF.

Page 96: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

95 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Il PUP può svolgere un importanteruolo a supporto degli obiettivi dellapianificazione della mobilità urbanasolo se strettamente integrato con iprocessi di pianificazione di trasportipubblici e privati, della città e del suohinterland.

Il problema dei parcheggi va pertan-to affrontato in un’ottica di sistema.

La disponibilità di impianti di par-cheggio specializzati, la regolazionedella sosta su strada, l’applicazione diun sistema tariffario flessibile ed un se-rio controllo dei divieti di sosta sono al-cune delle condizioni indispensabiliper la funzionalità della rete dei par-cheggi di una città.

Inoltre la pianificazione della retedei parcheggi deve essere basata su ti-pologie differenziate di impianto, ingrado di soddisfare sia le diverse fascedi utenza, sia le diverse caratteristicheinsediative delle zone servite. Deve cioècomprendere parcheggi di interscam-bio per residenti ed anche di destina-zione, localizzati ai margini delle areecentrali al servizio dei conducenti cheeffettuano soste di breve durata.

Infatti una politica di regolazionedella domanda di mobilità, attuata an-che attraverso la limitazione dell’offer-ta di sosta, è possibile solo in presenzadi un sistema di parcheggi in grado diassicurare i livelli d’offerta program-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.8LA PROGETTAZIONE DEL PUT

Strumenti di Progettazione Definizione ObiettiviPiano Generale del Traffico Piano quadro del PUT, relativo all’intero Miglioramento della mobilità pedonale, conUrbano (PGTU) centro abitato ed indicante: definizione degli itinerari pedonali e delle

la politica intermodale; Zone a Traffico Limitato;la qualificazione funzionale della viabilità; Miglioramento della mobilità dei mezzigli elementi caratterizzanti le strade locali collettivi pubblici;per pedoni e sosta; Piano di riorganizzazione dei movimenti diil Regolamento viario; veicoli motorizzati privati e classificazioneil programma generale di esecuzione. delle strade;

Riorganizzazione del Piano di sosta delle autovetture.

Piani particolareggiati Progetti di massima per l’attuazione Costruzione di Progetti per le strutturedel PGTU, relativi ad ambiti territoriali pedonali e le Zone a Traffico Limitato;più ristretti dell’intero centro abitato Organizzazione delle fermate e dei punti died omogenei interscambio pubblico e privato;

Costruzione di schemi dettagliati dicircolazione della viabilità principalee di servizio;Costruzione del Piano di riorganizzazionedella sosta.

Piani esecutivi Progetti esecutivi dei Piani Definizione completa degli interventi edparticolareggiati. in particolare:

costruzione di Piani di Settore relativi alpotenziamento e/o ristrutturazione del servizio di vigilanza urbanae campagne di informazionee di sicurezza stradale.

Page 97: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 96

mati nelle diverse zone della città.

Le difficoltà di attuazione del PUPIn Italia il PUP ha avuto un’attuazio-

ne assai parziale: infatti la realizzazio-ne di impianti di parcheggio continuaad essere ostacolata da numerose va-riabili.

A tutt’oggi è stato completato solo il20% dei parcheggi di cui era stata pre-vista la realizzazione nei PUP dei Co-muni medio-piccoli, mentre nelle gran-

di città le realizzazioni sono ferme al7%.

L’insuccesso del programma va attri-buito:

❏ alle difficoltà connesse all’inter-pretazione della legge;

❏ alla carenza di un sistema operati-vo idoneo al conseguimento degli o-biettivi;

❏ ad un approccio superficiale chetaluni amministratori hanno riservatoalla legge.

CAPITOLO III

Tabella 3.9PUM E PUT A CONFRONTO: PARTI STRUTTURALI E NODI CRITICI

Funzioni/attività PUM PUTDefinizione Progetto del sistema di trasporto Insieme coordinato di interventi per il

di una determinata area urbana. miglioramento della circolazione stradalenell’area urbana.

Arco temporale Piano strategico di medio-lungo Piano tattico di breve durata (2 anni).termine (10 anni).

Risorse finanziarie Finanziamenti collegati al conseguimento Piano di gestione. Le risorse infrastrutturalidegli obiettivi della mobilità e non rimangono inalterate.per singole tipologie di opere.

Soggetti coinvolti Singoli Comuni con popolazione Comuni superiori a 30.000 abitanti.superiore a 100.000 abitanti. Comuni superiori a 30.000 abitantiAggregazione di Comuni limitrofi durante le affluenze turistichecon complessivamente più di pedonali stagionali.100.000 abitanti. Comuni inferiori a 30.000 abitanti maProvincie aggreganti Comuni limitrofi di particolare valore ambientale, con popolazione complessiva superiore architettonico, storico e artistico, o chea 100.000 abitanti, d’intesa presentino un intenso trafficocon i Comuni interessati. di mezzi pesanti.

Procedure di approvazione La Regione competente deve dare Il PGTU, primo livello di programmazioneil parere favorevole di coerenza e globale del PUT, viene adottato dalcompatibilità del PUM con i Piani Consiglio Comunale. Tempi incerti.Regionali entro 30-60 giorni.

Nodi critici Difficoltà di attuazione: Difficoltà di adozione e attuazione:individuazione dell’ambito territoriale PUT strumento subordinato al PRG vigente;di competenza; ricerca del consenso sociale e di alcunescelta del soggetto politico responsabile; specifiche categorie sulle azioni di lunghezza dell’iter di approvazione per contenimento della mobilità privata;la necessità di raccogliere il consenso risorse scarse e disordinate;dei comuni coinvolti; inadeguatezza della gestione tecnicacollegamento con gli strumenti di per la carenza di professionalitàpianificazione trasportistica e urbanistica; presso gli Enti locali.inadeguatezza della gestione tecnica per la carenza di professionalità presso gli Enti locali.

Page 98: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

97 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

In questo quadro, molte sono statele opere pubbliche progettate e mairealizzate, a causa dell’inadeguatezzadei progetti e dell’incompatibilità con ivincoli urbanistici, archeologici, pae-saggistici ed ambientali. Di qui, il para-dosso dell’esistenza di una priorità pro-grammatica relativa alla realizzazionedi impianti di parcheggio, a cui fa ri-scontro il mancato ricorso alle risorsemesse a disposizione dallo Stato per laloro costruzione.

3.4 Gli interventi previsti nel comparto del trasporto collettivo (su gomma e su ferro) e la riformadel settore del TPL: riorganizzazionedell’offerta e nascita di nuoveimprese.

A partire dalla seconda metà deglianni ’80 ha preso avvio in Europa ilprocesso di revisione del sistema delTPL con l’affermarsi di alcune tenden-ze comuni in più paesi, quali:

❏ attivare soluzioni tese a contrasta-re il calo dei passeggeri;

❏ tenere sotto controllo i costi di ge-stione;

❏ migliorare la qualità del servizio.Gli obiettivi che i diversi paesi inten-

dono perseguire si fondano su tre im-portanti principi guida:

❏ chi richiede il servizio lo paga;❏ autonomia imprenditoriale;❏ competitività.I tre principi hanno portato a in-

quadrare la riforma del TPL secondo

modalità relativamente simili tra i di-versi paesi UE. Infatti il primo princi-pio, “chi richiede il servizio lo paga”,sta alla base del fatto di decentrare lecompetenze a livello regionale, coin-volgendo le diverse istituzioni chepossono, nei vari paesi UE, essere as-similate alle nostre Regioni. Da un ap-proccio incentrato sulla distribuzionedi risorse da parte del Governo cen-trale, si è passati ad un regime di sem-pre maggiore coinvolgimento delleistituzioni locali con l’attribuzione difunzioni e di ruoli alle Regioni ed alleProvince.

Il secondo principio ha posto l’ac-cento sulla riorganizzazione delle im-prese con la tendenziale trasformazio-ne delle stesse in società riconducibilial diritto privato e con la separazionedelle infrastrutture dalle gestioni ope-rative del servizio.

Il terzo principio ha introdotto laprocedura della “concorrenza per ilmercato” attraverso l’applicazione del-le gare per l’assegnazione dei servizi.Per quest’ultimo aspetto il Regno Unitoè sicuramente il paese europeo in cui laderegolamentazione si è maggiormentesviluppata, con la trasformazione diservizi a natura commerciale per i qua-li è prevista la semplice richiesta di au-torizzazione per le linee di TPL ad ec-cezione di Londra e dell’Irlanda delNord, dove vige il concetto di assegna-zione tramite gara.

Gli interventi di revisione dei servizidel TPL non hanno tolto il sussidio ero-gato dalla finanza pubblica. In Germa-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 99: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 98

nia i Lander hanno potuto contare, nel1996, su risorse per 7,5 milioni di euroche sono saliti, nel 2001, a 9 milioni dieuro.

La situazione nei principali paesieuropei mette in evidenza l’assenza diun modello rigidamente applicato e, alcontrario, la compresenza di assetti dimercati con diversi gradi di aperturaalla concorrenza.

Modelli di regolazione del mercatodel settore del TPL

La recente Proposta di Regolamen-to del Parlamento europeo in tema diobblighi di servizio pubblico e di ag-giudicazione di contratti di serviziopubblico nel settore del trasporto dipasseggeri, individua nella forma dimercato espressa dalla concorrenzacontrollata lo strumento più idoneoper pervenire ad un servizio pubblicodi livello elevato.

Un mercato completamente derego-lamentato raggiunge, più probabilmen-te, l’obiettivo del contenimento del co-sto del servizio ma a scapito dell’effica-cia: i servizi deregolamentati non rie-scono a esercitare una forte capacità diattrarre nuova utenza come a mantene-re la qualità del servizio.

I risultati della ricerca svolta dall’i-stituto Isotope “Improved Structure andOrganisation for urban Transport Ope-ration of Passengers in Europe” 1997,mostra come sia forte la correlazionetra struttura del mercato del TPL e li-vello di efficienza del servizio, calcola-to come costi di produzione bus/Km.

Nei mercati chiusi il costo è di 3,02 eu-ro per bus/Km, in quelli a concorrenzacontrollata scende a 2,26 euro, neimercati deregolamentati scivola a 1,44euro.

Per quanto riguarda l’efficacia delservizio, espressa dal rapporto passeg-geri/Km, i risultati offrono un quadrodiverso. Le migliori performances si re-gistrano presso i paesi che, nel corsodel periodo 1990-1997, hanno adottatola soluzione della concorrenza control-lata, all’estremo opposto si ritrovano ipaesi che hanno deregolamentato i ser-vizi.

Agenzie della mobilità: luci e ombreAlcune Amministrazioni comunali e

provinciali si stanno dotando di Agen-zie della mobilità spesso costituite dapersonale proveniente da imprese pub-bliche di trasporto. In alcune situazioniè previsto che l’Agenzia sia costituita aseguito della trasformazione dell’im-presa di trasporto mediante un’opera-zione di scorporo di un proprio ramodi attività.

Uno dei punti critici di queste Agen-zie è il ristretto ambito territoriale dicompetenza, il territorio comunale o,nei casi migliori, quello provinciale, acui si aggiunge una possibile libertà diinterpretazione del proprio ruolo dicontrollore, con la produzione di sche-mi, regole non sempre omogenee pas-sando da un Comune ad un altro. Altroelemento critico è costituito dalla pre-senza del Comune o della Provinciaquale azionista dell’Agenzia e dello

CAPITOLO III

Page 100: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

99 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

stesso soggetto da controllare. Non so-no infrequenti i casi di imprese ancoraa controllo pubblico (Comune, Provin-cia): in questi casi è evidente un latenteconflitto di interessi riscontrabile nelruolo dell’Agenzia. Controllore e con-trollato sono di proprietà dello stessoazionista.

Un terzo fattore che caratterizza lenascenti Agenzie riguarda il ruolo, adesse frequentemente assegnato, di svol-gere la funzione di mobility manage-ment, con competenza su tutto il terri-torio comunale. Infatti, come è indica-to nella presentazione dell’Agenzia Mi-lanese Mobilità e Ambiente, una delle

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.10QUADRO SINOTTICO DELL’ORGANIZZAZIONE DEL MERCATO DEI SERVIZI DI TRASPORTO PASSEGGERI NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI

Stato Trasporti regionali con autobus Trasporti urbani con autobus, tram e metro Trasporti ferroviariGermania Concorrenza controllata (per la concessione dei diritti esclusivi) nel caso dei servizi Mercato in gran parte chiuso: sono in

che richiedono sovvenzioni. aumento i casi di concorrenzaNel caso di servizi finanziariamente autonomi, concorrenza limitata per la controllata (affidamenti di contratti concessione dei diritti esclusivi. e di servizi regionali in baseCompresenza di operatori pubblici e privati. a gara pubblica).

Francia Pochissimi servizi di trasporto Ile de France: mercato chiuso Mercato chiuso con monopolio con autobus sulle lunghe con grande monopolio pubblico statale (SNCF)percorrenze. e alcuni piccoli monopoli privati.

Nel resto della Francia esisteuna concorrenza controllata(gara pubblica) in moltissimi casi,con grande diversità di figure contrattuali.

Italia Compresenza di aziende pubbliche Compresenza di aziende pubbliche Mercato in gran parte chiuso.e private in un contesto di mercati chiusi: e private in un contesto di mercati chiusi: Alcuni contratti aggiudicati insi sta passando alla concorrenza controllata si sta passando alla concorrenza controllata concorrenza controllata.(gara pubblica). (gara pubblica).

Spagna Diritti esclusivi concessi in base a gara Nei centri urbani: prevalenza dei mercati Mercato chiuso, la rete ferroviaria pubblica prevalentemente, ma non chiusi e controllati da imprese a capitale nazionale è di proprietà di un’impresaesclusivamente, a operatori privati. pubblico. pubblica (RNI).

Nelle aree extra urbane: in prevalenza Per altre linee: gara pubblica con laimprese private selezionate mediante partecipazione del settore privatoconcorrenza controllata (gara pubblica). o di imprese pubbliche/private.

Svezia Linee assegnate in concessione a operatori Dal 1989 i mercati sono, di massima, Swedish Rail esercita servizi privati, non esistono diritti esclusivi. aperti alla concorrenza (compresi i autofinanziati in base a diritti esclusivi.

trasporti della metropolitana). Swedish Rail e società privateGara pubblica per linee o reti, in genere concorrono a gare pubbliche per servizibasata sul principio che il settore pubblico che richiedono sovvenzionisi fa carico del rischio degli introiti. (“concorrenza controllata”).

Regno Unito Mercato liberalizzato Londra: concorrenza controllata per i Dal 1997 è stata introdotta la trasporti con autobus (gara pubblica per concorrenza controllata (gara pubblica).l’affidamento delle singole linee che possono richiedere o non richiedere sovvenzioni); mercato chiuso per i trasporti in metropolitana.Resto del paese: liberalizzazione dei servizi di trasporto con autobus; concorrenza controllata o mercati chiusi per la metropolitanaleggera.Irlanda del Nord: mercato chiuso.

Fonte: Commissione Europea, Proposta di regolamento, luglio 2000.

Page 101: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 100

attività che questa dovrà svolgere ri-guarda l’attività di supporto ai mobilitymanagers, offrendo la propria consu-lenza sia al Comune di Milano, che oc-cupa 18.000 dipendenti, sia coordinan-do iniziative comuni con mobility ma-nagers di imprese presenti nel territo-rio. In questi casi può sorgere un ulte-riore elemento di vischiosità tra l’Agen-zia, a controllo pubblico, e l’impresa ditrasporto sempre a controllo pubblico,in quanto le proposte dell’Agenzia po-trebbero favorire soluzioni che adotti-no modalità di trasporto concorrenzia-li a quelle in uso presso l’azienda pub-blica.

Il contrasto di natura tecnica, tutta-via, solleva questioni che hanno unaimportanza che travalica il ristrettoambito “tecnico”, sollecitando l’inter-vento dell’Amministrazione comunale,in qualità non solo di “azionista” di en-trambi i contendenti, ma soprattuttoquale organo istituzionale in grado diindividuare una soluzione non necessa-riamente di tutela di entrambe le parti.

Nel complesso, è bene che le Agen-zie sorgano all’interno di un program-

ma di intervento sulla mobilità in cuisiano ben chiari gli obiettivi, gli stru-menti di intervento, i tempi di realizza-zione. La costituzione delle Agenzie ri-sponde ad una esigenza che si sta sem-pre di più diffondendo presso gli Entilocali allorché questi passano da eroga-tori di un servizio a controllori e pro-grammatori dello stesso. I primi esperi-menti di Agenzie di mobilità mettonoin evidenza le caratteristiche di questinuovi organismi per quanto attiene agliobiettivi e alle interrelazioni tra i varisoggetti coinvolti.

Tra gli obiettivi è facile rintracciare iseguenti:

❏ governo della mobilità di area e/odi bacino;

❏ riqualificazione del servizio diTPL;

❏ riequilibrio modale.Le interrelazioni che si potranno in-

staurare tra le Agenzie e i diversi sog-getti coinvolti si possono così riassu-mere:

❏ enti locali ➝ programmazione econtrollo del servizio di TPL, in termi-ni di obiettivi generali da raggiungere;

❏ cittadini ➝ promozione e valuta-zione del servizio;

❏ gestori ➝ organizzazione e con-trollo del servizio.

Il ruolo dell’Agenzia quale mobilitymanager con la funzione di coordinarei flussi di mobilità di alcuni importanticentri generatori di traffico (imprese,Pubblica Amministrazione, ospedali,università, centri commerciali) puòconcorrere al miglioramento del servi-

CAPITOLO III

Tabella 3.11FORME DI MERCATO E GRADI DI EFFICIENZA

ED EFFICACIA IN EUROPAForme di mercato Efficienza (a) Efficacia (b)Mercato chiuso 3,02 +5Concorrenza controllata 2,26 +14Deregolamentazione 1,44 – 6a) costi di produzione per bus/Km espressi in eurob) variazione riscontrata nel periodo 1990-1997 delrapporto passeggeri/KmFonte: Commissione Europea, Proposta di Regolamento, luglio 2000.

Page 102: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

101 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

zio urbano di trasporto sia con riguar-do al modello di linee, sia rispetto aicosti del servizio. Per quanto riguardaquest’ultimo aspetto è da segnalare co-me la variazione in positivo della velo-cità commerciale dei mezzi producauna riduzione dei costi operativi perunità di traffico: confrontando alcunedelle principali imprese di trasporto ur-bano della Regione Emilia Romagna siottiene che nei casi di ridotta velocità(14,8 Km/h) sia massimo il costo perunità di traffico (3,9 euro/Km), al con-trario il costo per unità di traffico si ri-duce (2,7 euro/Km) in prossimità dielevate velocità commerciali (24Km/h). Un incremento di quasi 10Km/h produce una riduzione di circaun terzo del costo per unità di traffico.

3.5 Il contenimento del traffico e della circolazione privata nelle areecongestionate: analisi dei principaliprovvedimenti adottati a livelloeuropeo e nazionale.

La maggior parte delle città italianeha posto tra le principali priorità di in-tervento dei rispettivi governi locali, in-terventi volti a migliorare la mobilitàurbana.

I progetti presentati ed i piani ap-provati mostrano la complessità delproblema e, quando si passa all’elencodei singoli interventi, emerge la limita-tezza degli stessi.

Incomincia a farsi strada, tra le Am-ministrazioni comunali, l’importanza

di un approccio più ampio e fondatosulla logica di sistema anche se la ca-renza di strumenti gestionali non sem-pre può dar corso alla ricerca di solu-zioni operative efficaci.

In una visione realistica, pur restan-do fuori discussione il fatto che lo squi-librio oggi esistente fra domanda e of-ferta, nelle sue molteplici e articolatemanifestazioni, spingerebbe sostan-zialmente ad accelerare gli interventisulla generazione della domanda, oc-corre porre in essere provvedimenti dipiù rapida attuazione e di più imme-diato risultato. È necessario, pertanto,che tali provvedimenti siano generatida politiche di gestione dei sistemi ditrasporto disponibili indirizzate so-stanzialmente a un riorientamento deicomportamenti della domanda e quin-di in grado di produrre una ripartizio-ne modale in grado di soddisfare la do-manda con minore invasività dello spa-zio viario e di assicurare migliori esitidal punto di vista dell’impatto ambien-tale.

Ponendosi in questa ottica di analisi,si possono distinguere le politiche di in-tervento sui sistemi e sugli strumenti diregolazione del traffico su due livelli:

❏ livello “micro”, per le decisioni dinatura tecnica adottate per la soluzionedi problemi circoscritti di deflusso vei-colare e congestione con prospettive dibreve-medio periodo. In questo livellorientrano gli interventi cosiddetti diTravel Demand Management (TDM) chesi diversificano in numerose opzioni,come il controllo attivo (semaforico) di

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 103: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 102

intersezioni, di itinerari, di organizza-zione di reti zonali, gli interventi per lalimitazione della circolazione (fra cui iprovvedimenti di road pricing), la rego-lazione delle velocità locali e, più in ge-nerale, l’attuazione di numerosi e diffe-renziati provvedimenti che, attraversola regolarizzazione delle caratteristichedi deflusso sia del traffico individualeche collettivo, favoriscono la sicurezzae l’abbattimento delle emissioni nocive;

❏ livello “macro”, quando le decisio-ni vengono prese a livello strategico e-levato e producono i propri effetti sullaquantità di circolazione di una vasta a-rea, fino al livello nazionale. A questolivello si possono ascrivere i grandi in-terventi di tipo infrastrutturale sia nelcampo viario sia negli altri sistemi ditrasporto, con l’impiego di strumentiurbanistici per il controllo della gene-razione di traffico.

Ai fini del presente paragrafo l’atten-zione sarà concentrata sugli interventidi tipo “micro” riguardanti le iniziativevolte a controllare e regolamentare ladomanda di mobilità all’interno di areeurbane:

❏ l’introduzione di nuovi servizi ditrasporto;

❏ gli interventi sull’uso delle infra-strutture;

❏ i sistemi di tariffazione.

Introduzione di nuovi servizidi trasporto

Tra le principali misure di Travel De-mand Management trovano oggi sicura-mente un notevole interesse quelle rela-

tive all’introduzione di modi di trasportoinnovativi (legati al cambiamento nel-l’offerta dei servizi), in quanto hanno l’o-biettivo di attirare utenza verso modalitàdi trasporto diverse da quelle che com-pongono l’offerta attuale. Si tratta di mo-dalità che si posizionano tra il modo pri-vato e quello collettivo, valorizzando, delprimo, le caratteristiche che spesso nefavoriscono la preferenza; del secondo,le caratteristiche di migliore impiego erendimento nella viabilità urbana.

È possibile a questo punto operareuna classificazione delle suddette misu-re, adottate sia in Europa sia in altri pae-si, descrivendone le varie particolarità.

Car-poolÈ un sistema che prevede l’uso di

una stessa auto da parte di più utentiche si dirigono verso una stessa desti-nazione o destinazioni vicine. Tale mi-sura riduce il traffico aumentando ilcoefficiente medio di occupazione del-l’auto e cogliendo i vantaggi dell’uso delmodo privato.

L’esperienza ha mostrato la neces-sità di affiancare altre misure soprat-tutto di tariffazione della sosta o del-l’ingresso al centro, al fine di rendereattrattivo il car-pooling che, in genere,si dimostra essere non molto gradito acausa della concezione prettamente“privata” dell’auto.

Servizio a chiamata (dial-a-ride)Il servizio a chiamata rappresenta

una della maggiori innovazioni effet-tuate nel servizio di trasporto collettivo

CAPITOLO III

Page 104: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

103 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

negli ultimi venti anni. Esso consistenella prenotazione, da parte dell’uten-te, del viaggio da effettuare con il tra-sporto collettivo e nel successivo “ac-cordo” tra la richiesta e l’offerta propo-sta dall’azienda di trasporto in funzio-ne dei propri piani di esercizio. L’obiet-tivo di realizzare un servizio di traspor-to pubblico a chiamata si sta, seppuretra evidenti difficoltà, diffondendopresso alcune importanti aree urbaneitaliane.

I servizi a chiamata sono destinatiad integrare l’organizzazione del servi-zio pubblico di trasporto. Ad essi si ri-chiede di soddisfare esigenze di dina-micità, tempestività, efficienza avva-lendosi del supporto di tecnologie, so-prattutto telematiche ed informatiche.

Sei grandi città italiane, Firenze, Mi-lano, Roma, Bologna, Trieste e Cataniahanno già messo a punto programmi ditrasporto pubblico a chiamata, tramitelo sviluppo di diverse soluzioni tecno-logiche: installazione di videotel pressole abitazioni degli utenti, prenotazionedel viaggio direttamente presso la fer-mata, istituzione di uno speciale e de-dicato centro telefonico.

L’ampiezza e l’articolazione delle so-luzioni tecnologiche mostra come latecnologia non costituisca in nessunmodo un ostacolo, anzi è una impor-tante opportunità che, se ben inseritanel nuovo sistema d’offerta, rende ilservizio realizzabile.

Una prima osservazione riguardal’applicazione delle tecnologie telemati-che: l’abbinamento dell’informatica al-

le telecomunicazioni riesce a garantiree a regolare l’erogazione del servizio al-l’interno di un territorio spesso abba-stanza ampio.

Inoltre le applicazioni tecnologichepermettono di contattare sia diretta-mente un operatore sia lo stesso auti-sta, in maniera tale che il percorso delmezzo possa soddisfare le diverse esi-genze di mobilità. È bene precisare chele iniziative in atto si configurano pre-valentemente come servizi a chiamatae non servizi a domicilio, nel senso cheil mezzo non arriva presso la residenzadel cittadino, ma segue un percorso re-lativamente rigido, contrassegnato dafermate, anche se il tracciato di ciascu-na corsa può subire cambiamenti inogni caso non rilevanti.

Alcuni esempi:a) Personalbus FirenzeLa prima esperienza di servizio a

chiamata è stata realizzata da ATAF diFirenze con il progetto “Personalbus”.

Si tratta di un servizio di prenota-zione telefonica degli autobus, attivatodal mese di giugno del 1997 presso ilComune di Campi Bisenzio, Comunecontiguo a Firenze con servizio funzio-nante tutti i giorni feriali dalle 6,30 alle19,30.

È necessario prenotare almenomezz’ora prima chiamando un opera-tore ad un numero verde creato ad hoc,indicando una delle 200 fermate pressola quale si troverà e l’orario.

Il servizio ha riscontrato un signifi-cativo successo: i passeggeri trasporta-ti sono passati dagli iniziali (giugno

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 105: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 104

1997) 3.255 al mese, ai quasi 11.000 almese di fine 1999 (dicembre 1999).

Il servizio, seppure di contenute di-mensioni in termini di passeggeri, tut-tavia ha fatto registrare un alto gradodi soddisfazione espresso dal fatto cheoltre la metà dei passeggeri lo utilizzaalmeno 5 volte alla settimana.

L’alta frequentazione del servizio èun importante indicatore della bontàdel progetto e del grado di efficacia rea-lizzato.

Le telefonate giornaliere di prenota-zione sono ormai attestate attorno alle150 con punte di 200 nel mese di dicem-bre. Allo stato attuale viene soddisfattooltre il 95% delle richieste di trasporto.

Un altro importante risultato è rap-presentato dalla quota di passeggeriche hanno abbandonato il mezzo pri-vato: il 70% circa degli utenti di Perso-nalbus prima usava l’auto propria pereffettuare gli spostamenti ora realizzaticon il mezzo pubblico.

Il prezzo del biglietto è uguale aquello della corsa tradizionale e nonsubisce alcuna maggiorazione.

b) People Service di RomaNel 1999 è stato introdotto a Roma,

da parte di un’iniziativa privata, un si-stema di piccoli autobus a chiamata of-ferti dalla società People Service. Par-tendo dal concetto di taxi collettivo,questo nuovo servizio riguarda il tra-sporto collettivo di persone in ambitourbano destinato ad una clientela benindividuata e caratterizzato da un prez-zo superiore a quello del mezzo pubbli-co tradizionale, ma largamente inferio-

re a quello del taxi ed al costo dell’autoprivata. People Service si rivolge ten-denzialmente a persone che effettuanospostamenti su relazioni non adeguata-mente servite dal trasporto pubblicotradizionale o che, pur utilizzando l’au-to privata, sarebbero desiderose di po-terlo evitare ed infine alle persone an-ziane che hanno difficoltà e/o poca di-mestichezza all’uso del mezzo pubblicotradizionale. La novità interessante diPeople Service, rispetto ad altri servizisimili, è rappresentata dal fatto di ope-rare con una logica di rete di collega-menti al servizio di un’intera area ur-bana o di parte di essa.

c) Radiobus ATM di MilanoATM di Milano ha progettato ed av-

viato a partire dal mese di febbraio2001, un servizio di trasporto che è or-ganizzato secondo il modello dial a ri-de, che fornisce all’utenza un serviziopiù flessibile e diversificato, trovandoapplicazione soprattutto in zone carat-terizzate da bassa densità abitativa eutenza sparsa e in aree contraddistinteda una domanda di trasporto debolequali possono essere le periferie deigrandi centri urbani.

Il servizio “Radiobus” è organizzatoin modo da offrire all’utente la possibi-lità di chiamare il mezzo pubblico di-rettamente dal telefono privato inol-trando la richiesta del viaggio alla cen-trale operativa, indicando:

❏ il punto di origine del viaggio;❏ la destinazione;❏ il numero di persone che deside-

rano ricevere il servizio;

CAPITOLO III

Page 106: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

105 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

❏ l’orario di partenza del viaggio.La centrale operativa, subito dopo la

chiamata, è in grado di localizzare edidentificare il mezzo da dedicare al ser-vizio richiesto e informa l’utente circail tempo previsto di arrivo del mezzononché il punto di carico. Nel caso diconferma da parte dell’utente dell’ac-cettazione del servizio, la richiesta vie-ne trascritta nella tabella di program-mazione delle corse del mezzo identifi-cato e passata al conducente del mezzotramite comunicazione via radio.

Rispetto al servizio taxi un serviziodi autobus a chiamata offre diversivantaggi tra i quali i più importanti ri-guardano la natura collettiva del servi-zio (è possibile offrire a più utenti con-temporaneamente il servizio di tra-sporto), una maggior competitivitàcommerciale connessa all’applicazionedi tariffe più basse.

Il servizio “Radiobus” è stato proget-tato per servire una serie di ambiti pe-riferici della città, dove le contenutefrequenze del trasporto pubblico nellefasce d’orario serale limita gli sposta-menti individuali.

Noleggio auto con carta prepaga-ta card-operated-cars

È un sistema innovativo in via disperimentazione in diverse città. Esso ègeneralmente connesso all’introduzio-ne di veicoli a bassa o nulla emissioneinquinante, quali i veicoli elettrici e, ge-neralmente, di ingombro ridotto rispet-to alle normali auto. Le auto devono es-sere disponibili in zone di parcheggio

dove è possibile lasciare la propria au-to, ovvero arrivare con mezzi collettiviextraurbani e servirsi del noleggio. Talemisura deve necessariamente essere af-fiancata da altre misure restrittive perl’uso dell’auto affinché sia realmenteefficace.

Park-and-rideÈ una delle misure più diffuse. Essa

consiste nel posizionare parcheggi adelevata capacità in zone periferiche benservite dal trasporto collettivo urbanoper l’ingresso al centro. È il caso, adesempio, dei parcheggi locati vicino al-le stazioni delle metropolitane o deitreni regionali ad alta frequenza o inprossimità dei terminal bus di periferia.

L’esperienza dell’uso del park-and-ri-de ha mostrato l’efficacia di tale misurasolo all’interno di una più vasta ed arti-colata politica che comprenda sia la ta-riffazione della sosta del centro, o lasua chiusura, sia la forte integrazionedell’area di parcheggio con il modo col-lettivo.

Taxi collettivo (o veicoli ad altogrado di occupazione HOV)

Esso si configura come un taxi adun prezzo ridotto per il maggior nu-mero di persone che condividono laspesa. È possibile riservare corsie perveicoli contenenti fino a nove personea bordo, ovvero si rende loro possibilel’uso delle corsie riservate per il tra-sporto collettivo. È in fase di speri-mentazione in diversi paesi ed in alcu-ni casi è anche associato ad una auto-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 107: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 106

matizzazione della guida nelle corsieriservate.

Car sharingSi tratta dell’uso condiviso di un

parco di autovetture tra un gruppo dipersone che si sono associate a questoscopo. La stessa autovettura può esse-re utilizzata da più utenti in tempi di-versi.

La modalità operativa più diffusa ri-guarda la costituzione di una associa-zione che gestisce una flotta di autovet-ture. In generale l’autovettura è utiliz-zata su prenotazione e il socio deve re-carsi presso il parcheggio in cui è po-steggiata. La procedura di calcolo delcosto del viaggio richiede alcuni adat-tamenti con l’equipaggiamento a bordodel mezzo di una scatola nera che mo-nitora i chilometri percorsi. Infatti i co-sti sono proporzionali ai chilometri, altempo ed al tipo di mezzo utilizzato.

Il rapporto tra il numero degli asso-ciati e il parco mezzi varia tra 8 e 20,ovvero un’auto ogni 8 o 20 soci. Lemaggiori applicazioni di questa solu-zione sono finora state realizzate inSvizzera, dove si contano oltre 20.000soci e oltre 1.000 mezzi, localizzati in300 Comuni. Altro paese con una di-screta diffusione è la Germania, con25.000 soci di cui il 15% ubicato a Ber-lino. I risultati tedeschi confermano lavalidità dell’iniziativa che ha come ef-fetto un minore numero di auto in cir-colazione ed un più efficiente uso deiveicoli. A questo proposito è da sottoli-neare che ciascuna auto adibita a car

sharing percorre in media 34.000 km inun anno, contro i 14.500 del parco cir-colante tedesco.

I principali vantaggi per l’utenza de-rivano dalla riduzione dei costi fissi le-gati al possesso dell’auto. Le esperienzeinternazionali mettono in evidenza cheil vantaggio in termini economici èmaggiore presso gli utenti che non su-perano i 10.000 km all’anno.

Interventi sull’uso delle infrastruttureControllo degli accessi (ZTL e AP)In una o più zone che si vogliono di-

fendere dalla congestione e dall’inqui-namento viene impedito l’accesso al-l’auto creando un’area pedonale (AP)oppure viene consentito l’accesso (zonea traffico limitato ZTL) soltanto a sog-getti prestabiliti aventi diritto (adesempio, i residenti). Questa misurapuò anche essere in funzione del perio-do della giornata ed è strettamente le-gata all’importanza che viene data allaverifica degli accessi.

Gestione della sostaNelle principali città italiane la ge-

stione della sosta mostra comporta-menti ancora poco efficaci. La dispo-nibilità di stalli a pagamento sulle stra-de è offerta in maniera poco diffusa(solo 33 stalli per ogni 1.000 auto cir-colanti), determinando, stante gli at-tuali utilizzi del mezzo privato, unacrescente situazione di soste in zonevietate e in doppia fila.

Nelle città europee il numero di par-cheggi di corrispondenza con oltre 100

CAPITOLO III

Page 108: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

107 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

posti auto è cresciuto, nel corso degliultimi 20 anni, del 220% ed il numerodei posti auto del 400%. Le città conuna elevata dotazione, quelle tedescheed austriache, presentano un rapportoraramente inferiore a 10 posti autoogni 1.000 veicoli.

Nelle città italiane è aumentato inmisura rilevante il numero di parcheggidi corrispondenza con l’introduzione diimpianti park & ride, tra il 1991 ed il1998 la dotazione in termini di postiauto è cresciuta del 54% a Roma, del25% a Milano, dell’84% a Napoli, del50% a Firenze, del 32% a Bologna,mentre a Padova è quadruplicata. Quel-li più utilizzati risultano essere i par-cheggi collocati in prossimità degli atte-stamenti di linee metropolitane. Nell’in-sieme la realizzazione dei parcheggi dicorrispondenza non è riuscita a modifi-care in misura significativa la ridistri-buzione modale del traffico per la scar-sa efficacia dei mezzi pubblici di super-ficie, in corrispondenza dei quali è col-locata la gran parte dei parcheggi discambio. Dal confronto con altre cittàitaliane emerge che Milano ha puntatosui parcheggi di corrispondenza localiz-zati in gran parte presso alcune stazionidelle linee metropolitane, mentre ha in-vestito meno per i parcheggi all’internodel territorio urbano.

Riduzione del traffico (trafficcalming)

In alcune zone, tipicamente residen-ziali, è possibile o eliminare il trafficodi attraversamento o ridurne le emis-

sioni inquinanti mediante un opportu-no riassetto della circolazione con l’a-dozione dei sensi unici. Nel primo casosi determina un percorso tortuoso diattraversamento che rende più conve-nienti strade esterne; nel secondo casosi creano sensi unici che eliminino lacongestione. Gli interventi saranno, ov-viamente, in funzione delle caratteristi-che della rete nella zona.

Misure a favore della pedonalitàe dell’uso delle biciclette (aree ri-servate)

La risistemazione delle pavimenta-zioni, l’allargamento dei marciapiedi,la continuità dei percorsi pedonali, conl’eventuale introduzione di protezioniper l’attraversamento, inducono le per-sone a spostarsi a piedi anche su di-stanze maggiori e ad utilizzare il modocollettivo, avendo più facile accesso al-le fermate.

La definizione, invece, di corsie riser-vate ai cicli, dà la possibilità di adopera-re un mezzo molto diffuso ma poco usa-to per la sua pericolosità nel traffico au-tomobilistico. Nelle città dove è statopossibile adottare tale misura si è assi-stito ad un ampio trasferimento dall’au-to verso il ciclo per gli spostamenti ur-bani di breve e media lunghezza.

Misure a favore dell’uso del tra-sporto collettivo (corsie e aree ri-servate)

Tali misure consistono nel renderepiù attrattivo l’uso del trasporto collet-tivo attraverso la definizione, ad esem-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 109: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 108

pio, di corsie riservate, che rendono piùveloce ed affidabile il viaggio, ovvero diporte di ingresso alle zone a traffico li-mitato per i soli bus.

Anche in questo caso è necessarioun modello di scelta modale e di asse-gnazione al modo collettivo per verifi-care, oltre al cambio dello share moda-le, anche i nuovi diagrammi di carico.

Sistemi di tariffazioneLe misure di tariffazione, agendo

sul costo d’uso del trasporto privato,generano una variazione di ripartizio-ne modale a favore del collettivo o,eventualmente, di trasporti innovativi,riducendo contemporaneamente lacongestione e, di conseguenza, l’inqui-namento. Spesso le misure di tariffa-zione possono essere collocate all’in-terno delle misure complementari diTDM, adoperate principalmente perincrementare l’efficienza delle reti mo-dali o a completamento di misure prin-cipali all’interno di più o meno ampiepolitiche di gestione della mobilità.

Anche in questo caso è possibileoperare una classificazione a cui ri-condurre le diverse tipologie di politi-che di tariffazione adottate.

Tariffazione dell’uso della strada(road-use pricing)

La tariffazione dell’uso della stradaè una misura che tende a disincentiva-re l’uso dell’auto aumentandone i costidi utilizzo. All’interno di questa catego-ria rientrano una serie di misure che,seppure assimilabili a forme di pedag-

gio per il passaggio su determinatestrade, se ne differenziano per le moda-lità di attuazione, che possono variarein base alla scelta delle strade, dei siti odelle ore.

Si può, così, avere il pedaggio all’in-gresso di un’area opportunamente deli-mitata da un cordone fittizio alle cuiintersezioni con le strade di accesso al-la zona sono poste le porte, automati-che o meno, per il pagamento (cordonpricing).

La tariffazione può essere propor-zionale al tempo speso nell’area infunzione del periodo della giornata; intal caso è necessario disporre di meto-di per il rilevamento ed il riconosci-mento dei veicoli cui è permesso l’in-gresso nell’area (tariffazione a tempo).Analogamente, la tariffazione può es-sere proporzionale alla distanza per-corsa all’interno dell’area (tariffazionea distanza).

Un altro tipo di tariffazione è in fun-zione del grado di congestione: vengo-no pagate cifre diverse per l’accesso al-l’area o alla strada, in funzione del gra-do di congestione che si verifica su diessa, ovvero del periodo della giornatain cui si accede.

Infine, la tariffazione può essere soloristretta all’uso di determinate strade.

L’impatto di tali misure si traducesia in un cambio di scelta del percor-so, soprattutto se la destinazione èesterna alla zona interessata alla tarif-fazione, sia in un cambio di scelta delmodo di trasporto ovvero di scelta del-la destinazione che, in particolare per

CAPITOLO III

Page 110: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

109 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

motivi di acquisti, può essere indivi-duata in una zona dove è possibileespletare la propria attività senza do-ver pagare la tariffa.

Tariffazione della sostaRappresenta la più diffusa metodo-

logia di controllo e gestione della do-manda attualmente in uso. È general-mente adoperata anche come principa-le supporto ad altre misure.

La tendenza attuale è quella di ap-plicare una tariffa oraria alta per le zo-ne centrali al fine di incentivare l’usodel modo collettivo per l’accesso al cen-tro.

L’esperienza maturata in seguito al-l’applicazione di tale misura ha eviden-ziato che se da un lato vengono forte-mente abbattuti gli spostamenti effet-tuati sull’auto per intraprendere atti-vità “lunghe” a destinazione, dall’altrosono incentivati spostamenti per breviattività: la spesa del parcheggio, infatti,non è in assoluto alta per permanenzedi una o due ore.

Gli impatti e, quindi, i relativi mo-delli di simulazione, sono simili a quel-li descritti per la tariffazione d’uso del-la strada. In più è necessario definireun modello di scelta del parcheggio inquanto questo può essere a servizio dipiù zone, soprattutto se è periferico eservito da navette.

Tale modello ha, tra l’altro, la fun-zione di prevedere il grado di riempi-mento del parcheggio dando la possibi-lità di definire nella migliore manierala tariffazione.

Tariffazione dei sistemi di tra-sporto collettivo

Una delle caratteristiche peculiaridel TPL è rappresentata dalla tariffa-zione, il cui basso livello è la principaleleva per convogliare quote di unità ditraffico. L’attenzione si è focalizzatasulla messa in discussione del principio“chi usa paga”, secondo il quale la mo-bilità potrebbe non essere catalogatatra i merit goods. La principale conse-guenza di queste posizioni è la revisio-ne del livello delle tariffe, delle moda-lità di esenzione e la considerazionecirca la legittimità di ipotizzare la pos-sibilità di estrarre, dal prezzo del bi-glietto, anche risorse necessarie per fi-nanziare i futuri programmi di investi-mento.

Di fatto le variazioni dei livelli delletariffe avvengono con aggiustamenti aintervalli temporali piuttosto lunghi esenza troppo intaccare le combinazionipiù adatte per una utenza a maggiorecontenuto sociale (studenti, anziani).Attualmente il sistema di tariffazioneimpedisce la copertura dei costi di rea-lizzazione, richiedendo l’interventopubblico a sostegno dei nuovi investi-menti.

L’introduzione di una tariffazione alcosto sociale marginale, prospettivapresente nei documenti comunitari perla determinazione dei prezzi delle in-frastrutture, risolverebbe, almeno in li-nea teorica, la questione.

Infatti, in condizione di congestio-ne, il costo marginale sociale così cal-colato supererebbe il costo medio, se-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 111: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 110

gnalando la necessità di un aumentodella capacità d’offerta.

Alcuni casi di interventi sulla mobilità urbana

Il Consiglio Comunale di Roma haapprovato, nel mese di luglio del 1999,il nuovo Piano Generale del TrafficoUrbano (PGTU) fondato su obiettivi fi-nalizzati a introdurre nel sistema dimobilità urbana interventi di regolazio-ne in grado di favorire una ripartizionemodale più orientata al mezzo pubbli-co e al rispetto dei limiti di emissionedi benzene.

Il PGTU si muove su più fronti, tra iquali quelli di maggiore rilievo ed im-patto riguardano le limitazioni alla cir-colazione di mezzi privati. A questoproposito il Piano prevede l’introduzio-ne graduale del divieto di circolazioneall’interno dell’Anello Ferroviario aiveicoli non catalizzati. Si tratta di un’a-rea che costituisce il 4% del territoriocomunale, nella quale transita nelle oredi punta circa il 40% dei mezzi privati.L’attivazione dell’intervento è stato po-sticipato al 2002 per le forti resistenzeespresse da una parte dei soggetti inte-ressati.

Sempre sul fronte della limitazionedel traffico privato sono previsti ulte-riori interventi quali l’estensione di Zo-ne a Traffico Limitato con l’installazio-ne di varchi elettronici, l’attuazione distrade riservate al transito dei soli mez-zi pubblici per incrementare la velocitàcommerciale dei mezzi di superficie.Quest’ultima iniziativa, che avrebbe in-

teressato poche strade comunali, è sta-ta in parte accantonata e sostituita conl’introduzione della regolazione per fa-sce orarie rush-hour su un’area più am-pia.

Il PGTU si è occupato anche dellarevisione e del miglioramento del siste-ma di trasporto pubblico con l’affida-mento a privati di nuove linee di busper circa 25 milioni di Km/vettura, ingrado di ampliare l’offerta da 120 mi-lioni a circa 150 milioni di Km/vettura.Oltre all’ampliamento dell’offerta ilPiano prevede anche il miglioramentodel servizio con l’integrazione tra la re-te bus e quella ferroviaria.

L’ampliamento ed il miglioramentodel servizio di trasporto pubblico signi-fica anche l’avvio di servizi innovativimediante la promozione di iniziative dicar pooling, lo sviluppo di formule dicar sharing, l’autorizzazione ai servizidi taxibus, avviando prime linee checolleghino alcuni quartieri semiperife-rici con il centro della città.

Stante l’elevata dimensione del terri-torio comunale, il Piano ha previsto l’e-laborazione di piani particolareggiatispecifici per le Circoscrizioni, nei qualisaranno definiti interventi per aree at-trezzate secondo le tecniche denomina-te di moderazione del traffico (trafficcalming). Si tratta di realizzare marcia-piedi continui, rallentatori di velocità,percorsi obbligati.

Il controllo del traffico rappresentaun altro degli obiettivi perseguiti dalPiano con la realizzazione di investi-menti in ITS quali l’attivazione dei var-

CAPITOLO III

Page 112: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

111 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

chi elettronici, l’installazione di 50 pan-nelli VMS che trasmetteranno alla cen-trale di controllo informazioni sullaviabilità e l’integrazione semaforica di400 incroci. Alcuni di questi interventihanno subito ritardi rispetto ai tempiprogrammati.

In altre città metropolitane gli sforzisono stati indirizzati su obiettivi piùspecifici, in quanto le caratteristichedel traffico locale imponevano che ci simuovesse per gradi, affrontando dap-prima ciò che poteva produrre ricadutepositive in tempi rapidi.

A questo proposito è interessantequanto realizzato a Napoli con l’intro-duzione di un sistema di tariffazione suun’area intercomunale che ha prodot-to, dopo pochi mesi di sperimentazio-ne, risultati più che lusinghieri: i pas-seggeri trasportati sono aumentati del27%, gli abbonamenti del 65% e i rica-vi da traffico del 64%.

Londra è intervenuta in particolareper rendere più fluido il traffico sianella zona centrale sia in quella ad essacontigua, con soluzioni decisamentecontrocorrente: infatti a differenza diquanto proposto in altre città europee,Londra non ha inteso penalizzare lacircolazione del mezzo privato, attivan-do interventi di regolamentazione del-l’uso, quali ZTL, orari di accesso, ed al-tro; piuttosto ha scelto di classificarealcune arterie di accesso alle diversearee urbane, come assi di forte scorri-mento, con il forte divieto di sosta e difermata, con la creazione di zone dedi-cate alle operazioni di carico e scarico

ad orario variabile, con il ridisegno dellayout delle strade limitrofe, attraversol’introduzione di una pavimentazionedi tipo traffic calming.

Complessivamente l’esperimento,iniziato nel 1991, ha prodotto risultatiincoraggianti sia in termini di crescitadella velocità commerciale, sia perquanto riguarda il contenimento dellasosta illegale. Quest’ultimo aspetto nonè stato annullato, sono al contrario ca-late drasticamente le soste in doppia fi-la per le elevate sanzioni comminate.

Attualmente sono 300 i Km di stradedi Londra che rientrano in questa cate-goria.

Altre importanti città europee comeParigi, Bruxelles, Amsterdam hanno at-tuato soluzioni simili; in altri casi, co-me a Colonia, l’esperimento non haprodotto risultati soddisfacenti e per-tanto è stato annullato.

3.6 Costruzione del consenso e gestione del conflitto nella realizzazione delle opereinfrastrutturali: difficoltà e prospettive.

Esiste una consapevolezza ormaidiffusa che la complessità inerente allarealizzazione di un’opera d’interessecollettivo, sia essa un grande interven-to infrastrutturale a carattere naziona-le oppure un’iniziativa a livello locale,non riguardi soltanto la sua progetta-zione ed esecuzione, ovviamente nel ri-spetto delle normative tecniche e pro-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 113: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 112

cedurali, ma anche la necessità di otte-nere il consenso da parte di soggettiche, a vario titolo, vengono a trovarsinella posizione di condizionare l’inizia-tiva in ciascuna delle sue fasi, dall’idea-zione alla progettazione, dalla realizza-zione alla gestione.

Un’indagine di Confindustria5 rela-tivamente recente, condotta medianteinterviste a 146 testimoni privilegiati,ha mostrato che ben il 30% si dichiaramolto d’accordo sul fatto che l’inade-guatezza con la quale si affronta il te-ma del consenso costituisca una delleprincipali difficoltà da affrontare nellacostruzione delle opere d’interesse col-lettivo.

Tale proporzione sale ad oltre l’80%se si considerano anche coloro che sidichiarano abbastanza d’accordo, col-locando così il tema del consenso dopoi problemi derivanti dalla complessitàdelle normative (nazionale e locali) edalle mancanze di capacità progettualeed esecutiva delle AmministrazioniPubbliche; ma anche prima delle diffi-coltà derivanti dall’inadeguatezza delsistema creditizio-finanziario e di quel-le derivanti dalla complessità delle nor-mative europee.

Non solo in Italia, ma anche in al-tri paesi europei e oltreoceano, il con-senso è argomento rilevante da unaprospettiva politica a causa dei costiassociati al suo ottenimento, raggiun-to o mancato6. All’interno di societàlibere e democratiche, il tema del con-senso e il correlato tema dei conflittipongono anche problemi teorici di

fondamentale importanza relativi aldisegno delle istituzioni, fra i qualiquelli inerenti all’assegnazione e allatutela dei diritti7 e quelli inerenti alleforme di rappresentanza nei processidi decisione collettiva. Il problema deiconflitti è dunque oggetto meritevoled’attenta riflessione politica ed anchescientifica.

Nella parte che segue si focalizzeràl’attenzione su una fattispecie tipica deiconflitti che originano dal mancatoconsenso, quella che direttamentecoinvolge la dimensione locale e chevede protagonisti soggetti e gruppiidentificabili di portatori d’interessi le-gati al loro territorio, i quali si oppon-gono alla realizzazione di un progettoinfrastrutturale d’interesse più genera-le. Schematizzando, interessi collettivilocali vs. interessi generali (o interessipiù generali).

Si tralascia invece di considerarequei conflitti di carattere più squisita-mente politico, inerenti alle grandi op-zioni di politica infrastrutturale, i qua-li dovrebbero trovare risoluzione all’in-terno delle sedi di rappresentanza de-putate.

Per esempio, nel caso dell’opposizio-ne all’alta velocità ferroviaria, questosecondo tipo di conflitti origina da vi-sioni di politica dei trasporti che privi-legiano altre priorità, tipicamente iltrasporto locale, per ragioni di caratte-re distributivo (l’AV è a vantaggio deiceti sociali più abbienti mentre il TPLha una maggiore valenza sociale), di ti-po ambientalistico (l’AV ha un impatto

5) Confindustria 1997, Infra-strutture e consenso, Roma:SIPI.

6) Fra le altre cose, l’assenzadi consenso introduce ele-menti d’incertezza tali daostacolare il coinvolgimentodel capitale di rischio e l’ado-zione di tecniche di finanzadi progetto sulle quali oggiinvece è forte l’interesse.

7) Cfr. per esempio il contri-buto di chi scrive in SocietàItaliana degli Economisti deiTrasporti, 1998, Esternalità etrasporti, Atti della IV riunio-ne scientifica annuale, Trie-ste 19-21 maggio 1997, pub-blicati ne i Quaderni di Tra-sporti Europei, ISTIEE- Uni-versità degli Studi di Trieste;una versione riveduta ed in-tegrata è anche contenuta inM. Spinedi, a cura di, 1999,La gestione dei conflitti loca-li nelle opere infrastrutturali:il caso dei trasporti, Bologna:Gli Inchiostri Associati Edi-tore.

CAPITOLO III

Page 114: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

113 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

ambientale maggiore delle tradizionaliferrovie) o anche specificamente eco-nomico-trasportistico (il problema del-la mobilità locale è più urgente e gravedi quello della mobilità su lunga di-stanza).

Evidentemente, anche questo tipod’opposizione, soprattutto se sostenutao alimentata dai mezzi di comunicazio-ne, produce direttamente condiziona-menti importanti nei confronti del pro-getto, che potrebbero minarne la stessaesistenza oppure determinarne cam-biamenti profondi. Talvolta essa ali-menta anche il conflitto locale, benchéin realtà muova da argomentazioni di-verse e abbia finalità diverse.

In prima analisi, l’opposizione loca-le si caratterizza infatti non tanto peruna pregiudiziale negativa nei confron-ti delle opzioni fondamentali, quantopiuttosto per le specifiche implicazioniambientali che una determinata inizia-tiva produce all’interno di un ambitoterritoriale circoscritto. Tali implica-zioni ultimamente consistono in un de-terioramento di alcuni attributi8 deibeni immobiliari a disposizione dellecollettività locali, o di parte di esse, everosimilmente in una decurtazionedel loro valore patrimoniale (o del valo-re d’uso).

Nella letteratura internazionale, taliproblemi di conflitto locale sono spessoindividuati da acronimi curiosi, i piùnoti dei quali sono NIMBY (Not In MyBackyard) e LULU (Locally UnwantedLand Use) problems9.

Riduttivismo economico?Il punto di vista economico è chiara-

mente molto crudo, poiché arriva aconcludere che l’opposizione locale na-sce e si alimenta per motivi di naturaeminentemente redistributiva10, e nonper supposte “più nobili” cause.

In alcuni casi, esso può però risulta-re incapace a cogliere l’intera gammadelle implicazioni ambientali e dunqueinadeguato ad affrontare il caso in que-stione. In particolare, qualora la realiz-zazione di un intervento comportassela distruzione di un valore rilevante edifficilmente riproducibile o sostituibi-le, è chiaro che il giudizio dell’econo-mista dovrebbe arrestarsi per dare in-vece spazio a considerazioni di naturapolitica.

Per esempio, se la delocalizzazionedei residenti di una determinata areadeterminasse la distruzione del tessutosociale di una comunità, poco potrebbeargomentare l’analisi economica alproposito11.

Ma non è questo il caso di fronte adaltri beni che “non hanno prezzo”, co-me la vita umana o la salute, solo che siconsideri la possibilità della loro tutelamediante azioni preventive (intese insenso lato, al limite, la delocalizzazioneresidenziale).

Con l’eccezione dei casi dove sono ingioco valori rilevanti e che non hannoprezzo, e per di più non sono possibiliazioni preventive, cioè probabilmentecon l’eccezione di un numero limitatodi casi, il punto di vista economico puòcontribuire a fare luce sulla natura del

8) Intendendo con ciò nontanto le caratteristiche fisichedel bene immobiliare, quantoi servizi che esso può renderee che dipendono anche dallecaratteristiche del contestonel quale esso è collocato.

9) Wolsink M., 1994, “Entan-glement of Interests and Mo-tives: Assumption behind theNIMBY-theory on Facility Si-ting”, Urban Studies, 31, p.851-66.

10) Questo punto di vista ècriticato per esempio in Wol-sink, 1994, op. cit., laddovescrive “Proponents of this ar-gument do not distinguishbetween the interests of theopponents and their motives”(p. 853). Per l’autore, che stu-dia il caso olandese, i com-portamenti non collaborativisono l’esito di una certa im-postazione del processo deci-sionale collettivo e non inve-ce l’origine dei conflitti.

11) In un celebre passo, Hir-schman sviluppa considera-zioni analoghe rispetto allacultura delle popolazioni lo-cali di un territorio dell’Ame-rica Latina dove era in corsola costruzione di una grandeopera idraulica.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 115: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 114

problema e sulle possibili forme d’af-fronto e di soluzione del medesimo.

A ciò si contrappone però una scar-sa cultura che non riconosce alla di-mensione economica una legittimitàpari ad altri punti di vista12, quasi chesprecare le risorse e i beni frutto del la-voro dell’uomo e non migliorare, perquanto possibile, le condizioni mate-riali dell’esistenza umana - cioè il crite-rio dell’efficienza economica - non fos-se anche un problema moralmente rile-vante.

Se la risoluzione consensuale deiconflitti non può essere realizzataquando sono in gioco valori ritenuti“intoccabili” da almeno una delle par-ti, essa risulta comunque difficile daottenere quando le parti non ricono-scono linguaggi comuni o non condi-vidono comuni sistemi di legittimazio-ne con i quali inquadrare il problema,definire le regole per ricercare le solu-zioni ed eventualmente affrontare ilnegoziato.

Non necessariamente la razionalitàeconomica si rivela il modo più effica-ce per affrontare problemi di naturaeconomica. In un’intelligente quantoprovocante pubblicazione di qualcheanno fa13, il prof. Bruno Frey dell’Uni-versità di Zurigo osservava che il gradodi accettazione di una comunità localenei confronti di un progetto d’interessegenerale ma suscettibile di ripercussio-ni locali negative, può essere significa-tivamente influenzato da motivazioniintrinseche, per esempio il senso civicodi appartenenza alla collettività nazio-

nale; e soprattutto illustrava un casodove la successiva introduzione di unindennizzo economico per il possibilerischio già prima noto, faceva diminui-re anziché aumentare il numero di co-loro che si dichiaravano comunque di-sposti ad accettare l’intervento14. Un si-stema di riferimento basato su motiva-zioni estrinseche come sono i sistemidi incentivi e disincentivi economici,può essere allora effettivamente con-troproducente, laddove spiazzi motiva-zioni di ordine diverso, anziché affian-carsi ad esse in modo neutrale e quindiadditivo.

Dunque, anche se la causa dei con-flitti risiedesse in accadimenti di natu-ra economica, la soluzione dei medesi-mi potrebbe richiedere di aprirsi versoproblematiche di natura sociale diversedalle prime. Di conseguenza, è quantomai opportuno che la gestione del pro-blema del consenso non sia appannag-gio di un’unica categoria di esperti; eche si continui la lettura di questo ca-pitolo intendendo il suo contenuto co-me il contributo che l’economia puòdare all’affronto della materia.

Difesa e opportunismoIn prima istanza, la reazione che

porta alla formazione di una coalizionelocale che avversa la realizzazione diun progetto infrastrutturale, è determi-nata da obiettivi di tipo difensivo. Sitratta cioè di evitare di patire costi afronte di benefici destinati prevalente-mente alla società intera o comunquead una collettività più grande o diversa.

12) Non è molto diverso dalpunto di vista che portava gliantichi a pensare che l’otiumfosse attività più consona al-la dignità umana del nego-tium, per cui ai nobili spetta-va il primo, ai ceti meno ele-vati l’altro.

13) Frey B.S., 1997, Not Ju-st for the Money, Chelte-nahm.

14) Si trattava di un deposi-to di scorie radioattive, inuna località svizzera.

CAPITOLO III

Page 116: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

115 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

I termini interesse generale e interessecollettivo non sono in questo caso fun-gibili.

L’opposizione alla realizzazione del-l’Autostrada della Valdastico in territo-rio trentino, che collegherebbe diretta-mente la Provincia di Vicenza all’Auto-strada del Brennero all’altezza di Rove-reto evitando il nodo di Verona e ac-corciando le percorrenze dal Venetoverso il centro Europa via Brennero, èevidentemente da associarsi al fattoche i Comuni collocati lungo il suotracciato e la stessa Provincia trarreb-bero ben pochi vantaggi dalla sua pre-senza, mentre i primi dovrebbero sop-portarne i costi dell’impatto della rea-lizzazione e poi dell’esercizio.

Il criterio del miglioramento pare-tiano15 potenziale in uso all’internodelle analisi costi-benefici, appare inquesto caso del tutto fuorviante, giac-ché il conflitto per motivi difensivi haproprio la sua origine nel fatto che ilmiglioramento potenziale non si tradu-ca in un miglioramento effettivo perciascuna delle parti in gioco.

Non tutte le strategie originano peròda motivi difensivi. Nel caso di poteredi veto accordato ad una comunità lo-cale, per esempio attraverso le norma-tive sulla regolazione dell’uso dei suolie sul procedimento amministrativo, ladetentrice di tale potere cercherà ditrarre il massimo vantaggio dalla mes-sa a disposizione delle risorse che essadetiene in condizioni analoghe al mo-nopolio, se necessarie alla realizzazio-ne di un intervento infrastrutturale

d’interesse più generale. Ciò anche aprescindere da un eventuale impattolocale dell’opera. La difficoltà a chiude-re le Conferenze dei servizi indette perla realizzazione delle linee ferroviariead alta velocità, è stata infatti determi-nata, anche se non esclusivamente, dastrategie opportunistiche mirate ad ot-tenere il massimo vantaggio da partedelle amministrazioni locali che dove-vano dare il loro assenso16.

Non è spesso facile né sempre possi-bile tracciare il confine fra i due tipi distrategia. Quanto l’interramento, ottenu-to dal Comune di Castellanza (Va), dellapreesistente linea ferroviaria FNME, orautilizzata anche per il collegamentoMilano-Malpensa, sia stato determina-to da strategie difensive e quanto inve-ce sia stato determinato da motivi op-portunistici, potrebbe essere oggetto didisputa. Infatti, il problema dell’effettobarriera che divide la Città esisteva giàda prima; l’argomentazione relativa al-le previsioni d’aumento del trafficopasseggeri e merci, con il conseguenteimpatto ambientale in termini d’inqui-namento acustico e di vibrazioni, appa-riva non completamente destituita daogni fondamento, ma altre città benpiù importanti lungo la linea avrebberoallora potuto richiedere lo stesso tipod’intervento; il problema dei passaggi alivello chiusi con maggior frequenza,sarebbe potuto essere affrontato diver-samente e in modo certamente più eco-nomico, mediante dei sottopassi. Para-dossalmente, non tutte le strategie op-portunistiche sortiscono i benefici spe-

15) Un miglioramento è det-to paretiano se aumenta ilbenessere di qualcuno senzaallo stesso tempo diminuirequello degli altri.

16) Cfr. per esempio il docu-mento riportato in G. Moe-sch, Esternalità giuridico-amministrative: costi socialidi pubbliche virtù, in SocietàItaliana degli Economisti deiTrasporti, 1998, op. cit., p.277, relativo agli interventiprevisti per la mitigazione el’inserimento ambientale epaesaggistico di 400 metri dilinea AV nella frazione di Ba-ganzola (Pr).

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 117: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 116

rati da chi le intraprende e in alcuni ca-si possono rivelarsi dei veri e propriboomerang, specialmente se sono aper-te possibilità più o meno esplicite di ri-torsione; nel caso in questione, sembraormai accertato che l’interramento del-la linea comporterà l’eliminazione del-la stazione ferroviaria nel territorio delComune di Castellanza per gli ingenticosti della sua realizzazione, lievitatiproprio a causa della notevole profon-dità da raggiungersi (20 m) a seguitodell’interramento della linea che devepassare al di sotto del fiume Olona.

Le strategie opportunistiche posso-no infine portare a risultati subottima-li anche quando un determinato pro-getto è d’interesse per lo stesso gruppodi soggetti che, non accordandosi suspecifici aspetti che ne influenzano ladistribuzione dei benefici, determina-no un ritardo o addirittura ne pregiu-dicano la realizzazione. Per esempio,le difficoltà a trovare un accordo sultracciato del percorso e su altri parti-colari tecnici17 della Pedemontana fragli Enti locali lombardi interessati dalprogetto, costituisce uno degli innu-merevoli motivi che ha fatto di taleprogetto un tema di dibattito quasiperpetuo18. Tale difficoltà costituiscecomunque un classico esempio di di-lemma del negoziatore19 che sorgedalla tensione fra due diversi obiettivi.Il primo consiste nella massimizzazio-ne del prodotto congiunto della nego-ziazione, mentre il secondo consistenella massimizzazione della quota dibeneficio percepita da ciascuna parte.

Spesso, le strategie e le tattiche chemassimizzano il risultato complessivovanno a discapito dell’obiettivo dellaconquista di una maggior quota di be-neficio; per contro, negoziazioni ispi-rate a massimizzare la quota di bene-ficio individuale, possono ridurre ladimensione complessiva del prodot-to20.

Alla luce delle considerazioni fin quisvolte, il problema del conflitto si svi-luppa lungo due assi principali.

Il primo è dato dal valore della postain gioco, sia esso un guadagno attesooppure una perdita da evitare o conte-nere, da parte della coalizione locale. Ilsecondo asse è dato dal potere di con-dizionamento che l’attore locale è ingrado di mettere in campo.

Evidentemente, maggiore è il guada-gno atteso (o la perdita da contrastare),e maggiore è il potere di condiziona-mento, maggiore sarà la probabilitàche si sviluppino conflitti.

Il guadagno atteso non riguarda tan-to l’ammontare totale dell’impatto del-l’iniziativa, ma soprattutto il suo gradodi concentrazione. Benefici diffusi ecosti concentrati in poche aree stimola-no infatti reazioni difensive d’intensitàsuperiore a paragone del caso in cui es-si si distribuiscano in modo più bilan-ciato. Parimenti, costi diffusi a frontedi benefici concentrati stimolano daparte dei potenziali beneficiari azionidi ricerca della rendita.

Il potere di condizionamento dipen-de invece dall’assetto istituzionale e dalquadro sociale. Innanzitutto esso risul-

17) L’alternativa superstra-da/autostrada, il numero diuscite/caselli e loro ubicazio-ne, ecc. Si tratta di opzionitecniche suscettibili di pro-durre risultati diversi sui ter-ritori comunali interessati.Da un’inchiesta sui sindacicondotta nel 1989, l’IReR os-servava “I sindaci intervistatisono in maggioranza favore-voli all’intervento. Lo sonoperò, abbastanza spesso, conriserve (sul “come si realiz-za”, oppure sono favorevolisoltanto ad una certa alterna-tiva ecc.)”, IReR, 1992, Atte-se e valutazioni locali in me-rito a interventi infrastruttu-rali di interesse regionale, Mi-lano: IReR, p. 56.

18) Per una cronistoria, siconsulti: www.lom.cam-com.it/trasporti/trail/

19) Questa nozione è propo-sta in Lax D.A., SebeniusJ.K., 1986, The Manager asNegotiator: Bargaining forCooperation and CompetitiveGain, New York: The FreePress.

20) Mnookin R.H., Ross L.,1995, “Introduction”, in Ar-row K.J., Mnookin R.H.,Ross L., Tversky A., WilsonR.B., eds, 1995, Barriers toConflict Resolution, NewYork: W.W. Norton & Com-pany.

CAPITOLO III

Page 118: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

117 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

terà massimo qualora le norme ricono-scano ad alcuni soggetti il diritto di ve-to, com’era per esempio all’interno delprocedimento amministrativo primadella riforma dell’istituto della confe-renza dei servizi, quando vigeva il prin-cipio dell’unanimità.

L’adozione della regola di maggio-ranza ha in parte attenuato tale potere,introducendo però altri tipi di proble-mi21, non ultimi quelli di natura econo-mica poiché il criterio della maggioran-za non garantisce l’efficienza economi-ca tanto quanto dovrebbe farlo la rego-la dell’unanimità22. In ogni caso, il ri-conoscimento di un potere di voto chele regole di maggioranza accordano,costituisce comunque una fonte di ca-pacità di condizionamento rilevante, aparagone di potenziali attori che devo-no invece lottare per vedersi ricono-sciuta la legittimità a costituirsi comeparti in causa.

La capacità di condizionare l’inter-vento risulta in alcuni casi potenziatada un’errata strategia del soggetto pro-motore l’intervento stesso. Per esem-pio, nel caso dell’interporto di Segrate(MI), il tentativo di messa in eserciziodopo la sua predisposizione è statoagevolmente inibito da provvedimentilocali di limitazione del traffico pesan-te lungo gli assi stradali d’accesso al-l’infrastruttura e dal loro rigorosoenforcement. Chiaramente, ad interpor-to realizzato e per di più con segnalid’interesse da parte del soggetto gesto-re ad avviare l’esercizio dell’infrastrut-tura, gli stimoli opportunistici e il pote-

re negoziale dell’Amministrazione loca-le risultano fortemente stimolati.

Anche al di fuori delle regole dellarappresentanza formale, possono svi-lupparsi coalizioni spontanee, capacidi opporsi alla realizzazione di un pro-getto infrastrutturale; più improbabileche si formino coalizioni opposte, a fa-vore della sua realizzazione, in grado dicontrapporsi alle prime23.

Tali gruppi di pressione, che talvoltaevolvono in forme organizzate, si rive-lano più efficaci quando, insieme allepratiche dimostrative, sono in grado diinstaurare il contenzioso legale o quan-do godono del supporto del complessomediatico-politico. Spesso, il sostegnopolitico è facilmente conquistato quan-do la coalizione è sufficientemente nu-merosa da assicurare un pacchetto divoti all’esponente politico che ne inten-de perorare la causa.

First come first served24?Numerosi amministratori e abitanti

dei Comuni nelle vicinanze dell’aero-porto di Malpensa si sono fortementeopposti al progetto Malpensa 2000 invia di realizzazione, per i disagi perma-nenti che il suo esercizio avrebbe com-portato, in particolare per l’inquina-mento acustico e dell’aria prodotto daisorvoli. Sono nati anche un’Associazio-ne di Sindaci e un Comitato locale chestabilmente promuovono iniziative asostegno delle rivendicazioni locali,non limitandosi semplicemente adazioni di protesta, ma anche dedican-dosi all’approfondimento delle proble-

21) Dei quali il più noto è ilrischio della “tirannia dellamaggioranza”.

22) Questa osservazione èperò valida solo in assenza dicomportamenti strategici de-terminati da informazioneprivata.

23) Mansfield C., Van Hou-ten G., 2001, Siting NoxiousFacilities: The Efficiency ofPolitical Mechanisms for Si-ting Noxious Facilities: AreOpponens More Likely toPartecipate than Supporters,Journal of Real Estate Finan-ce and Economics, vol 22 n.2/3.

24) Wittman D., 1980, “FirstCome, First Served: An Eco-nomic Analysis of “Comingto the Nuisance”, Journal ofLegal Studies, 9, pp. 557-68.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 119: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 118

matiche derivanti dall’esposizione alrumore e degli altri rischi derivanti dal-la prossimità della stazione.

Tale conflitto fra istanze locali e in-teressi più generali, ha determinatol’introduzione di alcuni condiziona-menti all’operatività notturna dell’aero-porto, e soprattutto di procedure anti-rumore (la cosiddetta equa ripartizionedelle rotte) che limitano la scelta dellerotte in prossimità dell’aeroporto, cheimpongono particolari accorgimentitecnici nella conduzione dei velivoli infase di decollo e di atterraggio, che fis-sano l’uso alternato delle piste (secon-do alcuni con probabili effetti di ridu-zione della sicurezza).

In precedenza, i temi affrontati25

hanno invece riguardato la possibilitàdi delocalizzare i residenti più diretta-mente esposti all’impatto dell’aeropor-to; e la realizzazione d’interventi di mi-tigazione ambientale, ovvero la conces-sione di contributi per l’insonorizzazio-ne, da assegnarsi a un numero più am-pio di residenti, inclusi coloro che,avendo il diritto alla delocalizzazione,preferiscono rimanere nelle loro abita-zioni.

Sia la delocalizzazione, sia il contri-buto per l’insonorizzazione, comporta-no l’impiego di risorse pubbliche pereffettuare interventi che in precedenzasono stati qui definiti azioni preventi-ve. Da un’altra angolazione, essi po-trebbero essere assimilati ad un risarci-mento: il primo ad un risarcimento in-tegrale26, il secondo parziale, a frontedel deprezzamento degli immobili

esposti al rumore27 in precedenza uti-lizzati.

Il complesso delle rivendicazioni dinatura difensiva si basa su un presup-posto apparentemente ineccepibile, ov-vero l’inviolabilità dei diritti di pro-prietà acquisiti prima della realizzazio-ne del progetto; non a caso, dai provve-dimenti erano esclusi coloro che solorecentemente si erano stabiliti nella zo-na colpita (coloro che non erano pro-prietari residenti da almeno cinque an-ni dall’entrata in vigore della legge 17maggio 1999 n. 144), anche se costorogodono degli stessi benefici dei primiderivanti dalle limitazioni imposte altraffico aereo.

L’espressione “inviolabilità dei dirit-ti” non è rigorosa con riferimento al ca-so in questione. Se d’inviolabilità si fos-se trattato, i residenti avrebbero avutodiritto al ripristino integrale delle con-dizioni precedenti; siccome ciò non èpossibile, l’inviolabilità avrebbe richie-sto l’abbandono del progetto Malpensa.

La forma di tutela dei diritti ricono-sciuta ai residenti è dunque più debole,come si argomenterà più avanti; ma ilfatto qui in rilievo è che essi vantino deidiritti in nome del principio che essigià c’erano.

Il criterio del “chi prima arriva …”presenta indubbi vantaggi, in primoluogo relativamente alla risoluzionedella spinosa questione dell’assegnazio-ne originaria dei diritti: un esempioben noto è costituito dall’assegnazionedei suoli agricoli nel Far West, la qualeera attuata attraverso una “gran corsa”

25) Fonte: Accordo di pro-gramma quadro in materiadi trasporti Aeroporto inter-continentale di Malpensa2000 del 13/1/99.

26) Le risorse disponibili perfinanziare la delocalizzazionedi poco meno di 400 nucleifamiliari, ammontano a cir-ca 180 milioni di euro.

27) A proposito del deprezza-mento degli immobili espostial rumore, si veda per esem-pio Pearce D.W., MarkandyaA., 1989, Environmental Po-licy Benefits: Monetary Va-luations, Paris: OECD.

CAPITOLO III

Page 120: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

119 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

che premiava coloro che per primi lioccupavano. Ma soprattutto, ed è cosache qui conta, la certezza della pro-prietà del fondo è una condizione im-portante per gli investimenti sul fondostesso, poiché essi normalmente mani-festano caratteri d’irreversibilità.

Tuttavia il criterio delineato non èesente da controindicazioni, special-mente se l’idea d’inviolabilità dei diritti(di proprietà) viene radicalizzata e, difatto, trasformata in un potente ostaco-lo al cambiamento28.

Se si riflette più approfonditamente,si può notare che l’assegnazione dei di-ritti attraverso la “gran corsa” nonequivale ad un’attribuzione casuale;anzi essa segue regole di efficienza eco-nomica ben precise. Premiando chi pri-mo arriva, risultano selezionati coloroche, dimostrando capacità di indivi-duare l’obiettivo migliore (il fondo) e dicondurre in modo appropriato e vin-cente il mezzo agricolo necessario perraggiungere il fondo (il carro), segnala-no una “capacità agraria” altrimentidifficile da accertare. In questo modo isuoli migliori vanno ai contadini mi-gliori. Certamente, un’assegnazioneoriginaria diversa, si assuma erronea,potrebbe in teoria essere corretta dalmeccanismo di mercato: l’imprendito-re inefficiente fallisce, o comunque tro-va più conveniente cedere il propriofondo a chi può farlo rendere di più edunque offrire un prezzo più elevatodella rendita che egli ricava. Ma il mer-cato dei suoli è poco efficiente e tali ag-giustamenti potrebbero effettivamente

non verificarsi, oppure richiedere tem-pi molto lunghi ed imporre costi ditransazione elevati. Dunque, il mecca-nismo d’assegnazione del Far West in-tendeva produrre una distribuzioneiniziale efficiente delle risorse agricole,compatibilmente con lo stato dell’infor-mazione ottenibile.

Questo giudizio non può essere este-so all’intero mercato immobiliare e al-l’assetto dei diritti di proprietà ad essoinerenti. Costi di transazione elevati,idiosincrasie, vincoli normativi e legali,determinano un elevato livello d’ineffi-cienza dei mercati immobiliari29, taleda suggerire che una data configura-zione sia l’esito di processi che non so-lo nel breve, ma anche nel lungo perio-do, si mantengono distanti dagli assettiallocativi più desiderabili.

Queste riflessioni possono essereagevolmente riportate all’esempio diMalpensa, per trarre alcune conclusio-ni iniziali.

Innanzitutto, il criterio di tutelarechi già c’era, prima che il progetto Mal-pensa 2000 prendesse corpo, ha una ra-zionalità economica. È infatti la certez-za del diritto di proprietà che consenteal proprietario di un fondo di investirvie per esempio erigervi la propria abita-zione o la propria attività economica.

In secondo luogo, il criterio delinea-to non garantisce comunque che la col-lettività faccia il miglior uso possibiledelle risorse immobiliari a disposizio-ne. Il criterio dell’inviolabilità assolutadi un determinato assetto dei diritti diproprietà che col tempo si sono realiz-

28) Infatti, “… dalla metàdell’800, la common law in-glese ha radicalmente ripu-diato la dottrina che ricono-sce i diritti a chi primo arri-va” (Wittman D., 1980, op.cit., p. 558).

29) Cfr. Evans A.W., 1991,The Property Market - Ninetyper cent Efficient? Part II:Why it is not Efficient andwhat the Consequences are,Discussion Papers in Urban& Regional Economics n.68, University of Reading(Berks).

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 121: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 120

zati, può portare a risultati inefficientidal punto di vista allocativo in tuttiquei casi in cui il mercato non funzio-na efficientemente. Ciò equivale a rite-nere improbabile lo scambio consen-suale dei diritti di proprietà e, di conse-guenza, la possibilità di realizzare ilprogetto acquisendo il consenso sulmercato, anche qualora il progetto siaeconomicamente più vantaggioso dellasua rinuncia.

La certezza del diritto di proprietànon può dunque essere assoluta, madeve invece incontrare un limite. Talelimite - anche se non percepito - è nor-malmente posto attraverso la regola-zione dell’uso dei suoli e la program-mazione delle infrastrutture: si trattainfatti di attività che creano nuovi di-ritti o che redistribuiscono quelli esi-stenti, con evidenti ripercussioni patri-moniali.

Tale limite potrebbe essere ulterior-mente esplicitato ricorrendo a forme ditutela dei diritti di proprietà diversedalla tutela inibitoria (lo scambio deidiritti può essere solo consensuale, epertanto la sua violazione dà luogo allarestituzione), mediante forme di tuteladi tipo risarcitorio (lo scambio può es-sere unilateralmente imposto, ma ildanneggiato ha diritto ad un risarci-mento)30, come di fatto è sotteso inquella parte dei provvedimenti che pre-vedono la delocalizzazione o i sussidiper le opere di mitigazione31.

Terzo, risulta corretto non protegge-re coloro che sono arrivati dopo l’avviodel progetto Malpensa 2000. Ciò in

conseguenza del ruolo informativosvolto dalla regolazione dell’uso deisuoli (inclusa la programmazione delleinfrastrutture). In quanto attività cheproducono informazioni rilevanti perle decisioni d’investimento dei privati,esse dovrebbero presentare caratteri dicertezza e stabilità sufficienti a soste-nere tali decisioni, riducendone alcunecomponenti di rischio.

Chi ha realizzato un investimento,poniamo un’abitazione, successiva-mente all’avvio del progetto Malpensa,avrebbe dovuto conoscerne l’esistenza,valutato la propria iniziativa anche allaluce di esso, eventualmente scontando-ne l’impatto negativo sul valore del suo-lo acquisito. Costui ha dunque meno ti-tolo degli altri già presenti ad essere pa-trimonialmente tutelato (volenti non fitinjuria).

La traduzione pratica del principioappena delineato richiede di individua-re con precisione gli eventi che portanoa fissare la data discriminante i due pe-riodi. Qualora lo stato delle informa-zioni si rivelasse ambiguo32, si potreb-be comunque rimediare introducendouna formula di decalage della protezio-ne, senza contravvenire al principioenunciato.

Quarto, gli standards ambientali gio-cano in questo ragionamento un ruolospecifico. Essi costituiscono infatti laparte indisponibile dei diritti di pro-prietà: dunque non possono essere og-getto né di scambio volontario, né tan-tomeno di scambio imposto (mediantetutela risarcitoria) e il loro mancato ri-

30) La distinzione fra tutelarisarcitoria e tutela inibitoriadiscende da un caposaldodella letteratura giuridico-economica: Calabresi G., Me-lamed A.D., 1972, “PropertyRules, Liability Rules andInalienability: One View ofthe Cathedral”, Harvard LawReview, 85/6, pp. 1089-128.Per una retrospettiva, si ve-dano gli atti del simposio“Property Rules, Liability Ru-les and Inalienability: ATwenty-Five Year Retrospec-tive”, The Yale Law Journal,vol 106. Si veda anche MatteiU., 1987, Tutela inibitoria etutela risarcitoria, Milano:Giuffrè.

31) Ai fini del ragionamentoin essere, tali provvedimenticostituiscono una varianteridotta dell’esproprio per finidi pubblica utilità: anzichéespropriare interamente il be-ne, si è qui in presenza dell’e-sproprio di alcuni attributidel medesimo, cioè di alcuniservizi che esso può fornire, afronte dei quali è dovuto ilpagamento di un’indennità(la distinzione fra indennità erisarcimento è qui poco rile-vante). L’esproprio per fini dipubblica utilità costituiscefra l’altro la maggiore eviden-za a riguardo della tutela ri-sarcitoria.

32) Per una cronistoria, siconsulti www.covest.org/cro-nistoria_malpensa.htm

CAPITOLO III

Page 122: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

121 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

spetto comporta violazione della legge.Pertanto la regolazione ambientale cor-rettamente intesa s’incorpora all’inter-no della struttura dei diritti di pro-prietà, definendone alcuni attributi mi-nimi in modo permanente e generaliz-zato, e dunque modificabili solo attra-verso azioni d’eguale tenore e portata.

Suum cuique tribuereChe a ciascuno il suo, e dunque che

chi rompe paghi, appare indiscutibilenon solo al giurista33, o al senso comu-ne. Esso appare anche una buona rego-la economica: tant’è che il criterio del-l’internalizzazione delle esternalità datrasporto viene frequentemente invoca-to come uno dei cardini per una sanaed efficiente politica dei trasporti34.

Vi è da notare che l’assunzione del-l’identità “a ciascuno il suo = chi rom-pe paga” già sottende il passaggio dauna regola di tutela inibitoria a quellarisarcitoria; la prima infatti richiede-rebbe il reintegro del bene danneggia-to.

Proseguendo nell’esempio relativo aMalpensa 2000, ciò implicherebbe che ititolari del diritto ad essere risarciti sia-no coloro che sono danneggiati dallarealizzazione del nuovo scalo, mentrechi è tenuto al pagamento del risarci-mento sia il promotore del progetto.L’ammontare del risarcimento dovreb-be inoltre essere commisurato al dannostesso.

Tuttavia, le conclusioni non coinci-dono perfettamente con le premesse. Aquesto proposito occorre indagare più

approfonditamente sulla natura delleesternalità, e in particolare su quel tipod’esternalità di vicinato che qui è ingioco.

L’esempio in questione è analogo aquello classico, utilizzato da Coase, del-la ferrovia a carbone che spande favillee incendia i campi di grano lungo la li-nea. La relazione di causalità sembraevidente: è il passaggio del treno chedanneggia la produzione agricola.

Tuttavia l’esternalità sorge non per-ché la ferrovia esiste, ma perché accan-to alla ferrovia si coltiva il grano; se in-vece dell’attività agricola fosse statasvolta un’attività diversa, poniamo lapiscicoltura, il problema degli incendisarebbe stato probabilmente insussi-stente.

Dunque, il problema delle esterna-lità origina non dalla presenza di un’at-tività “cattiva”, ma dalla compresenzadi usi del suolo fra loro incompatibili.

La soppressione della ferrovia, eli-minando l’esternalità, produce un van-taggio pari al prodotto agricolo che co-sì non è distrutto da incendi da essacausati; ma allo stesso tempo determi-na un costo pari alla rinuncia dell’atti-vità di trasporto. Parimenti, il manteni-mento della ferrovia comporta un van-taggio pari al valore del servizio ferro-viario, ma determina un costo pari allariduzione del prodotto agricolo per ef-fetto degli incendi.

La simmetria fra i due casi è eviden-te e, come ha osservato Wittmann35,ciò erode l’utilità stessa del concetto dicausalità.

33) Infatti Mattei afferma:“Massima attenzione deve es-sere posta a che ogni pro-prietà si faccia carico deisuoi costi. Il diritto non puòsopportare alcuna esterna-lità” U. Mattei, 1995, La pro-prietà immobiliare, 2° ed.,Torino: Giappichelli, p. 36.

34) Si veda per esempio ilGreen Paper della Commis-sione Europea “Towards fairand efficient pricing in tran-sport. Policy options for in-ternalising the external costsof transport in the E.U.,COM(95)691.

35) Wittman D., 1984, “Lia-bility for Harm or Restitu-tion for Benefit?” Journal ofLegal Studies, 23, pp. 57-80.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 123: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 122

CAPITOLO III

36) Wittman D., 1984, ibid.

La conseguenza di tale constatazio-ne è che, in linea di principio, risultaindifferente porre a carico di chi inqui-na l’indennizzo da pagare al danneg-giato, oppure l’indennizzo che il poten-ziale danneggiato paga a chi inquina,affinché esso non inquini più.

La conclusione appare ardita, ma incampo ambientale è correntementeaperto il dibattito se tassare chi inqui-na, oppure premiare con incentivi chinon inquina; e un criterio di scelta sug-gerito è per esempio quello di privile-giare l’alternativa che comporta i mino-ri costi amministrativi36.

Nel caso in questione, l’argomentopotrebbe essere riproposto nel seguen-te modo. Dati gli standards minimi am-bientali che, essendo indisponibili, nonpossono essere oggetto di violazione,un ulteriore condizionamento posto al-l’attività aeroportuale dovrebbe esserecompensato (premio a chi non inqui-na) da parte di coloro che ne traggonoil beneficio; ma anche la rinuncia aporre tale condizionamento dovrebbeessere compensata (tassa a carico dichi inquina) a beneficio di coloro chesopportano tale esternalità.

Soluzioni efficientiSe non esistesse informazione priva-

ta, cioè se lo stato dell’informazione fos-se a tutti disponibile in eguale misura, ladecisione se imporre il condizionamen-to e pagare il premio, oppure accettarel’esternalità e indennizzare i danneggia-ti, potrebbe essere presa sulla base di unsemplice calcolo costi-benefici.

Purtroppo, l’informazione non è maicompletamente pubblica e il decisorecentrale, che magari si avvale anche disofisticate analisi costi-benefici, inrealtà non conosce i veri costi e i veribenefici di entrambe le alternative. Ilrischio di una scelta inefficiente apparedunque ineliminabile se le decisioni so-no prese a livello centrale.

Al contrario, se la decisione potesseessere presa in modo decentrato, la-sciando le parti negoziare, il risultatopotrebbe portare alla scelta più effi-ciente: questa infatti scaccia la sceltacattiva perché è in grado di produrreun beneficio finale non inferiore perciascuna delle parti.

Per esempio, si adotterà un provve-dimento di limitazione del rumore solose il beneficio che esso produce è supe-riore al costo del provvedimento stesso:l’ammontare del beneficio sarà pari alprezzo massimo (p1) che una parte èdisposta ad offrire all’altra affinché es-sa adotti la specifica misura in esame,l’ammontare del costo del provvedi-mento è pari al prezzo minimo (p2) chechi adotta la misura è disposto ad ac-cettare per implementarla effettiva-mente. La differenza p1 - p2 > 0 è il sur-plus dell’accordo, che risulterà distri-buito fra le parti.

Potrebbe anche essere che p1 sianon superiore, ma inferiore a p2. In talcaso lo scambio efficiente avverrà in di-rezione opposta, la misura non saràimplementata e la parte esposta all’e-sternalità sarà almeno interamentecompensata.

Page 124: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

123 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

37) Qui si sta implicitamen-te assumendo che non sussi-stano problemi di recepimen-to delle determinazioni neglistrumenti particolari di go-verno.

Istituzioni inefficientiL’esistenza di un surplus potenziale

non garantisce che lo scambio efficien-te sia effettuato. Infatti, la presenzad’informazione privata stimola l’oppor-tunismo che determina comportamentistrategici suscettibili di far fallire il ne-goziato e distruggere il surplus dell’ac-cordo.

Occorre pertanto disegnare delle re-gole che favoriscano un negoziato effi-ciente. Il disegno costituzionale di unnegoziato può infatti ridurre lo spazioper comportamenti strategici, favoren-do l’aumento dello stato dell’informa-zione pubblica, eliminando pretestuosioggetti di trattativa, escludendo sogget-ti che mirano ad entrare nel gioco soloper carpire le opportunità che even-tualmente si dischiudono, determinan-do il livello di rischio associato al falli-mento della trattativa ecc.

Un esempio d’istituto palesementeinefficiente è costituito dalla Conferen-za dei servizi nella versione originaria,prevista dalla legge 241/90, laddove vi-geva il principio dell’unanimità; anchela versione emendata dalla legge 127/97(c.d. “Bassanini bis”) ha mantenuto ta-le caratteristica, seppur riducendo ilpotere di condizionamento dei conve-nuti attraverso l’introduzione della re-gola di maggioranza al posto dell’una-nimità (ed assegnando in alcuni casi adun organo di governo superiore il com-pito di dirimere definitivamente la que-stione sollevata dall’opponente).

L’inefficienza di tale istituto è innan-zitutto riflessa nella mancanza di reali-

smo che porta a collocarlo nell’ambitodei procedimenti per la semplificazio-ne amministrativa: poiché le determi-nazioni assunte in tale sede sostituisco-no quelle che ciascuno dei partecipantisarebbe tenuto ad assumere all’internodei rispettivi organi, il procedimentoamministrativo dovrebbe risultaresnellito37. In realtà tutti sanno il con-trario, e non potrebbe essere diversa-mente, giacché non solo i partecipantisono portatori d’interessi (collettivi)specifici, interessi che non coincidonofra loro né tanto meno coincidono conquelli generali; ma anche perché le de-terminazioni hanno un evidente risvol-to distributivo che, agli occhi delle rap-presentanze locali, costituisce il princi-pale risultato della loro partecipazionee dei loro sforzi. Inevitabilmente, lapartecipazione non può non rivestirsidi connotati strategici in un luogo inve-ce concepito come strumento di sem-plificazione procedimentale. Il passag-gio dalla regola dell’unanimità a quelladella maggioranza è fin qui una purascorciatoia per arrivare all’approvazio-ne senza sottostare al potere di veto diciascun partecipante.

L’idea che al procedimento ammini-strativo sia intrinseco il momento di se-lezione e ricomposizione di interessicollettivi diversi, non appare recepitanel disegno costituzionale della Confe-renza dei servizi, fatto salvo poi svilup-pare a latere tavoli di concertazione cheavrebbero dovuto consentire di rag-giungere l’accordo da celebrare in sededi conferenza.

Page 125: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 124

E, di fatto, gli accordi sono faticosa-mente raggiunti al di fuori di essa.Spesso però, le concertazioni tra am-ministrazione procedente e singoleparti danno luogo ad interdipendenze eritorni su decisioni già prese38, degene-rando in una rincorsa di pretese sem-pre maggiori, che aumentano i costidell’intervento e spostano in avanti itempi dell’approvazione finale.

Le soluzioni successivamente pro-spettate, tendono invece a scindere imomenti di formazione del consenso,secondo un approccio top-down taleper cui dapprima è oggetto di approva-zione la progettazione strategica e, solosuccessivamente, quella particolare. Inparticolare, la legge 415/98 (c.d. “Mer-loni-ter”) prevede che “in sede di Con-ferenza di servizi le amministrazioni siesprimono sul progetto definitivo …”,ma ammette che “la Conferenza di ser-vizi possa anche esprimersi sul proget-to preliminare al fine di concordarequali siano le condizioni per ottenerein sede di presentazione del progettodefinitivo … gli assensi di cui alle vi-genti norme” (art. 7 c. 8). Così pure lalegge di semplificazione 1999 (L.340/00, art. 10) emenda la L. 241/90prevedendo che “nelle procedure direalizzazione di opere pubbliche e diinteresse pubblico, la Conferenza diservizi si esprime sul progetto prelimi-nare al fine di indicare quali siano lecondizioni per ottenere, sul progettodefinitivo, … gli assensi, comunque de-nominati, richiesti dalla normativa vi-gente”.

Inoltre, introduce l’obbligo dellamotivazione del dissenso e di formula-zione di specifiche indicazioni dellemodifiche progettuali ai fini dell’assen-so, nonché adotta il principio del silen-zio-assenso per la mancata partecipa-zione e indica con maggior rigidità itempi del procedimento.

Verso istituzioni più efficientiL’idea sottesa a tali orientamenti è

che, decomponendo il processo deci-sionale in momenti gerarchicamentesubordinati, e legandosi in tal modo lemani mediante l’approvazione nelle fa-si più a monte, si eviterebbe di rimette-re ogni volta in discussione l’intero pro-getto e le determinazioni aventi unmaggior grado di generalità, mano amano che si avanza nel processo deci-sionale.

Tale impostazione non è priva divantaggi, poiché dovrebbe tendere adelimitare lo spazio per comportamen-ti opportunistici, eliminandone gra-dualmente gli incentivi più potenti -quelli connessi al potere di veto e al po-tere di ridiscutere tutto - e stimolandola collaborazione sulla base sia del con-senso finora raggiunto, sia della credi-bilità della minaccia dell’irreversibilitàdel processo decisionale ormai avviatoe della conseguente sterilità di un’op-posizione puramente strumentale.

Anche le altre innovazioni si basanosul presupposto che occorra scoraggia-re i comportamenti strategici, riducen-do lo spazio per le argomentazioni piùpretestuose e per le strategie dilatorie.

38) Come per esempio è ac-caduto nel caso di Castellan-za, il cui Sindaco aveva in unprimo tempo espresso il pro-prio consenso, fatto salvo poiritornare sulle proprie deci-sioni.

CAPITOLO III

Page 126: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

125 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Una visione non antagonista, mache pone il focus su un altro aspetto, èquella che sostiene che il procedimen-to amministrativo debba esplicitamen-te riconoscere l’esistenza di un mo-mento negoziale e pertanto debbastrutturarsi, anche costituzionalmen-te, in tal senso.

Tale impostazione richiede un puntodi notevole discontinuità rispetto alpassato. Infatti il tema del consensoverrebbe qua ad assumere una fisiono-mia, diversa da quella comunementeoggi intesa, di un problema da risolve-re per consentire la prosecuzione dell’i-ter amministrativo di un determinatoprogetto.

Si tratta invece di riconoscere chenessuna parte, presa a se stante, dispo-ne di tutte quelle informazioni neces-sarie a far emergere se l’intervento siaeconomicamente meritevole; tale valu-tazione costituisce invece il primo ri-sultato del processo decisionale, il qua-le verrebbe ad assumere un’insostitui-bile funzione d’individuazione e sele-zione nell’insieme delle alternativepossibili (compresa quella del non farnulla).

Per esempio, la previsione circa lespecifiche indicazioni delle modificheprogettuali necessarie ai fini dell’assen-so che i convenuti dissenzienti devonoprodurre, assume connotati procedura-li anziché sostanziali. Diverso sarebbeammettere che il convenuto ha diritto ache le modifiche progettuali da lui pro-poste debbano essere concordate conl’Amministrazione procedente.

Ciò costituirebbe la premessa per in-trodurre esplicitamente un momentonegoziale all’interno della Conferenzadi servizi, spostando la regola dell’ac-cordo dal principio di maggioranzaverso quello dell’unanimità. Ovviamen-te, affinché non si ripetano gli erroridel passato, occorre che il negoziato siaimpostato in modo efficiente, cioè taleda scoraggiare comportamenti strategi-ci e rendere più probabile la soluzioneeconomicamente efficiente.

Esistono diverse soluzioni per impo-stare negoziati efficienti. Alla luce delleconsiderazioni svolte precedentemen-te39, un’interessante modalità è peresempio quella che mira a creare unasorta di “crisi d’identità”40 fra i parte-cipanti al negoziato. Quando infattiogni parte in causa non sa se al termi-ne della trattativa vi sarà il risarcimen-to per l’esternalità oppure il premio perla sua eliminazione, si indebolisconogli stimoli a mal rappresentare le pro-prie preferenze, i prezzi di riserva, ri-chiesti od offerti, sono più veritieri, laprobabilità di una soluzione efficienterisulta rafforzata. Ciò può essere tecni-camente realizzato mediante un mec-canismo di asta interna, nel quale ogniparte ribatte l’offerta dell’altra: alla fi-ne, il diritto risulterà allocato alla parteche più lo valuta, ma l’altra si vedràcompensata di più di quanto essa stes-sa lo valuti41. Tale meccanismo avrebbeinoltre il pregio di selezionare sia i sog-getti sia gli oggetti della trattativa, sco-raggiando quelli più pretestuosi e favo-rendo invece quelli più meritevoli d’es-

39) Ci si riferisce al principiodella parità fra le due parti(in opposizione a privilegiarechi primo arriva), al connes-so principio della tutela di ti-po risarcitorio, e all’irrilevan-za del principio causale.

40) Ayres I, Balkin J.M.,1996, “Legal Entitlements asAuctions: Property Rules,Liability Rules, and Beyond”,Yale Law Journal, 106/3, pp.703-50.

41) Una trattazione più arti-colata è contenuta in GorlaG., 1999, Assegnazione e tu-tela dei diritti in presenza diesternalità nel caso dei tra-sporti, in M. Spinedi, op. cit.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Page 127: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 126

sere presi in considerazione. Gli esem-pi che seguono nei riquadri fornisconouna rappresentazione di asta interna:nel primo caso si ha un’asta tronca conun unico round, nel secondo a roundsripetuti.

Il promotore dell’intervento è indivi-duato con P mentre la controparteesposta al rischio di esternalità con R.Si assuma che, a fronte di un valore deldanno da esternalità E noto solo a R,sia possibile un intervento preventivo ilcui costo I è noto solo a P.

L’idea accennata non è semplice-

mente una soluzione tecnica ad un pro-blema di conflitto distributivo. Al con-trario, si tratta di un cambiamento cheesige una riflessione profonda su alcu-ni punti che appaiono indiscutibili eche invece richiedono di essere adegua-tamente problematizzati, quali:

❏ l’inviolabilità assoluta dei diritti diproprietà;

❏ il privilegio riconosciuto a chi perprimo li acquisisce;

❏ la nozione causale delle esterna-lità.

Così, anche le modificazioni da in-

CAPITOLO III

Esempio 1: Struttura elementare del negoziatoP e R presentano le proprie offerte, OP e OR, che non possono essere ritrattate. Se OP > OR, P

non realizza l’intervento preventivo ed indennizza R per il danno che patisce; l’ammontare dell’in-dennizzo X sarà pari a min (OR, OP). Viceversa, se OR è maggiore di OP, P è tenuto a realizzare l’in-tervento preventivo ed R a rimborsare P; l’ammontare dell’indennizzo X sarà pari a min (OR, OP).

Strategie - Poiché P non conosce preventivamente il valore di OR, non sa se OP costituisce il limite su-

periore all’indennizzo OR che pagherà (quando OP>OR) o il risarcimento che incasserà (seOP<OR). Siccome P cercherà di contenere al minimo il risarcimento che potrebbe pagare, e nel con-tempo cercherà di alzare al massimo il risarcimento che potrebbe incassare, in situazione di com-pleta incertezza la soluzione più conveniente è quella che minimizza il rischio, ovvero che fissaOP=I;

- Analogo ragionamento effettuato da R, lo porta a fissare OR=E.Risultati- Se I > E, P non realizza l’intervento preventivo, indennizza R per il danno che patisce per un

ammontare X = E;- Se I < E, P realizza l’intervento preventivo, è risarcito da R per il danno che non patisce per un

ammontare X = I.Valutazione- Se I > E, l’intervento preventivo non è efficiente poiché costa di più dei vantaggi che procura;

esso non viene realizzato; di conseguenza P paga X=E e risparmia I-E>0, R incassa E, venendo co-sì interamente indennizzato;

- Se I < E, l’intervento preventivo è efficiente poiché costa meno dei vantaggi che procura; P rea-lizza l’intervento, riceve X=I da R e non peggiora la propria situazione, R paga I ed ottiene un be-neficio netto pari a E-I.

- Dati i valori di E e di I, la soluzione determinatasi è la preferibile sia per ciascuna parte, siacomplessivamente. Il risultato è dunque efficiente.

Page 128: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

127 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

trodursi all’interno del procedimentoamministrativo, al fine di riconoscerel’esistenza di comportamenti strategicie strutturare in modo corrispondente inecessari momenti negoziali, non sonosemplicemente una soluzione tecnicaper risolvere lo spinoso problema delconsenso, ma anche un modo diversoper procedere a selezionare ed elabo-rare interventi pubblici di rilievo. Taleprocedimento ambirebbe a condurre asoluzioni efficienti con maggiore pro-babilità di quanto le classiche regoledel consenso, unanimità o maggioran-za, lo consentano.

In questo capitolo si sono pertantopresentate alcune considerazioni in-troduttive ad un argomento che, nelladirezione proposta, risulta in gran par-te da esplorare; ma che, più in genera-le, corrisponde ad uno dei principalicompiti che la disciplina economicapossa darsi: il disegno di istituzioni ef-ficienti.

3.7 Investire in sicurezza sulle strade e nei sistemi di trasporto urbano: valutazione delle problematiche e dei benefici.

Due tendenze dominano il settoredei trasporti: la crescita costante dellamobilità delle persone e l’aumento del-la quota del trasporto su strada rispet-to agli altri modi di trasporto.

Si verifica pertanto una serie di ef-fetti negativi quali:

❏ inquinamento dell’aria;❏ inquinamento da rumore;❏ congestione delle strade urbane e

delle aree extra urbane;❏ interventi invasivi sul territorio;❏ incidentalità stradale.Quest’ultimo aspetto rappresenta pe-

raltro la prima causa di morte fra i gio-vani di età compresa fra i 15 ed i 35 an-ni e produce un costo a carico della col-lettività stimato, nel 2000, in 28,4 miliar-di di euro, pari a 55mila miliardi di lire.

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Esempio 2:Struttura elementare del negoziatoP e R presentano le proprie offerte, OP e OR. Ognuno può rilanciare sull’offerta dell’altro indefi-

nitamente. Quando una delle due parti non rilancia più, essa riceve il risarcimento offerto dallacontroparte; se la controparte è R, P è tenuto a realizzare l’intervento preventivo; se la controparteè P, null’altro è da essa dovuto.

Strategie- P rilancia ogni qualvolta il risarcimento offerto da R risulta inferiore a I- R rilancia ogni qualvolta il risarcimento offerto da P risulta inferiore a ERisultati- Se I > E, l’ultimo a rilanciare è P. Dunque P non realizza l’intervento preventivo, indennizza R

per il danno che patisce per un ammontare X = E;- Se I < E, l’ultimo a rilanciare è R. Dunque P realizza l’intervento preventivo, è risarcito da R

per il danno che non patisce per un ammontare X = I.ValutazioneValgono le identiche considerazioni svolte in precedenza.

Page 129: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 128

Tale costo risulta superiore al 2% delPIL (2,4%) ed è molto più elevato deifondi stanziati annualmente per la si-curezza stradale.

Quotidianamente in Italia muoiono18 persone ed altre 868 rimangono fe-rite in seguito agli incidenti stradali.

Nel decennio in esame vi è stata unaforte crescita nel numero degli inciden-ti (dal 1990 +31%) e dei feriti (+36,4%).

Tale tendenza può derivare da piùconcause, tra cui: l’aumento della mo-bilità in Italia (cresciuta di 2,3 volte dal1981 al 1995), l’insufficiente educazio-ne ed informazione sui temi della sicu-rezza, l’obsolescenza del sistema stra-dale ed il suo ridotto livello di sicurez-za nelle città, la scarsa sensibilità delleAmministrazioni Pubbliche verso ilproblema e le difficoltà che queste in-contrano nell’adottare azioni concreteed infine lo scarso utilizzo delle cinturedi sicurezza.

Durante lo stesso arco temporale, il

numero di morti è rimasto sostanzial-mente invariato. Tale fenomeno può es-sere attribuito alla maggiore attenzionerivolta alla sicurezza da parte delle ca-se automobilistiche ed ai progressi fat-ti in campo medico.

Le principali cause degli incidentistradali sono da ricercare nella guidadistratta o nell’andamento indeciso(17,8%) e nell’eccesso di velocità(12,2%).

L’analisi dei fattori sui quali è op-portuno intervenire per migliorare i li-velli di sicurezza stradale evidenzia lapresenza di elevati divari territoriali dirischio, riconducibili a tre componenti.

Il primo attiene ai disomogenei gra-di di intensità della mobilità registratinelle diverse aree del Paese e di diversivolumi di traffico che esistono sulle re-ti stradali.

Come si evince dal grafico 3.1 me-diamente vi sono in Italia 5 incidentiogni 1.000 veicoli circolanti. In partico-

CAPITOLO III

Tabella 3.12INCIDENTI STRADALI E PERSONE INFORTUNATE SECONDO LA CONSEGUENZA, 1990-2000

Anni Incidenti Feriti Morti Indice di mortalità* Var. % inc.1990 161.782 221.024 6.621 4,1 0,61991 170.702 240.688 7.498 4,4 5,51992 170.814 241.094 7.434 4,4 0,11993 153.393 216.100 6.645 4,3 -10,21994 170.679 239.184 6.578 3,9 11,31995 182.761 259.571 6.512 3,6 7,11996 190.068 272.115 6.193 3,3 4,01997 190.031 270.962 6.226 3,3 0,01998 204.615 293.842 6.342 3,1 7,71999 219.032 316.689 6.633 3,0 7,02000 211.941 301.559 6.410 3,0 -3,2

* morti ogni 100 incidentiFonte: Elaborazioni su dati Istat-Aci.

Page 130: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

129 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

lare si evidenziano alcune Regioni qua-li Friuli Venezia Giulia, Emilia Roma-gna e Liguria per l’elevato numero diincidenti in rapporto al parco circolan-te, anche se in valore assoluto il prima-to negativo per numero di incidentispetta alla Lombardia.

Al contrario le Regioni che si distin-guono per il minor numero di inciden-ti in rapporto ai veicoli circolanti sonola Campania, la Puglia e la Valle d’Ao-

sta. Va notato però che in Puglia, afronte del basso numero di incidenti, siregistrano molti decessi: l’indice dimortalità nel decennio risulta doppiorispetto alla media nazionale.

Si può osservare in generale che leRegioni meridionali sono caratterizza-te da livelli di sviluppo economico e dimobilità meno elevati e quindi da unminor numero di infortuni.

Il secondo fattore coinvolge le pecu-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.13DISTRIBUZIONE PER MOTIVAZIONE DEGLI INCIDENTI STRADALI E PERSONE INFORTUNATE, 2000

Incidenti % Morti % Feriti %Guida distratta o andamento indeciso 17,8 17,4 17,8Eccesso di velocità 12,2 21,6 12,8Inconvenienti di circolazione concomitanti 12,0 11,7 12,7Mancato rispetto della distanza di sicurezza 11,4 4,9 12,0Mancato rispetto del segnale di dare la precedenza 5,7 1,6 5,7Mancata precedenza al veicolo proveniente da destra 5,3 0,9 5,3Mancato rispetto del segnale di stop 2,9 6,3 3,3Contromano 2,0 3,3 1,6Attraversamento irregolare della strada 2,0 3,3 1,6Altro 25,4 30,1 23,5Totale 100,0 100,0 100,0

Fonte: Istat-Aci

0,001,002,003,004,005,006,007,00

INCI

DENT

I

Piemon

teVa

lle d'A

osta

Lomba

rdia

Trentin

o Alto

Adige

Veneto

Friuli

Venezi

a Giuli

aLig

uria

Emilia

Romag

naTos

cana

Umbri

aMarc

heLaz

ioAbru

zzoMolis

eCa

mpania

Puglia

Basili

cata

Calab

riaSic

iliaSa

rdegn

a

Italia

8,00

Grafico 3.1

Fonte: Elaborazioni su Conto nazionale dei Trasporti ed Istat

INCIDENTI OGNI 1.000 MEZZI CIRCOLANTI

Page 131: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 130

liarità della struttura territoriale e dellaconfigurazione insediativa. A livellonazionale quasi il 75% degli incidentiavviene in ambito urbano, solo il 6,5%sulle Autostrade ed il 9% sulle Stradestatali. Mediamente però il rischio diincidenti mortali è estremamente piùelevato al di fuori delle città, nelle qua-li invece cresce la frequenza dei sini-stri. Fatto 1 il valore medio del rischiodi mortalità per incidente stradale,questo assume valori intorno allo 0,50,nei diversi anni, per gli incidenti nell’a-bitato e superiore a 2 per gli eventi fuo-ri dell’abitato.

Analizzando in particolare gli inci-denti nei Comuni con oltre 250mila abi-tanti si può constatare come essi rap-presentino il 42% degli eventi avvenutisu strada urbana. Inoltre si nota chel’indice di mortalità è sistematicamenteinferiore a quello relativo alle strade ur-bane. Infatti, mentre il maggior numerodi incidenti in valore assoluto si contanelle grandi città, il maggior rischio dimortalità per incidente si riscontra neicentri abitati di dimensioni minori.

Per ridurre l’elevato numero di inci-denti, parecchie aree metropolitanehanno incrementato nel tempo l’utiliz-zo di semafori al fine di regolare e dicontrollare la circolazione soprattuttoin prossimità di incroci, luoghi ove tra-dizionalmente si registra il maggior nu-mero di sinistri.

Tale politica è stata seguita da tuttele principali città metropolitane ad ec-cezione di Bergamo, ove il numero disemafori installati si è mantenuto co-stante dal 1993 al 2000, e di Napoli, ovei semafori installati sono calati, pas-sando da 310 a 262 in 8 anni.

Come si può osservare dalla tabella3.16 un maggior utilizzo degli impiantisemaforici comporta una crescita piùcontenuta degli incidenti, grazie all’ef-fetto di regolarizzazione del traffico erallentamento dello stesso.

Il terzo ed ultimo fattore che puòmodificare il tasso di incidentalità ri-guarda diversi interventi tra i quali ipiù significativi coinvolgono il quadronormativo-regolamentare, le politichedella sicurezza delle Amministrazioni

CAPITOLO III

Tabella 3.14INCIDENTI STRADALI ED INDICE DI MORTALITÀ PER TIPOLOGIA DI STRADA, 2000

Incidenti Indice di mortalità *Tipologia di strada Valore assoluto Incidenza %Strade urbane 158.215 74,7 1,7Strade extraurbane 53.726 25,3 6,9• Autostrade 13.396 6,3 5,6• Strade statali 19.659 9,3 7,9• Strade provinciali 13.726 6,5 7,9• Strade comunali extraurbane 6.945 3,3 5,2Totale 211.941 100,0 3,0

* morti ogni 100 incidentiFonte: Istat-Aci.

Page 132: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

131 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

locali e la sistematicità delle azioni diprevenzione, controllo e repressione at-tuate dagli organismi responsabili.

Il Piano Nazionale della SicurezzaStradale (art.32 legge n.144/99) è voltoa fornire indirizzo, coordinamento esostegno all’azione locale per ridurre lanumerosità e la gravità dei sinistri.

Il Piano raccoglie le indicazioni pro-venienti dalla Commissione Europeaper la quale entro il 2010 occorre dimi-nuire del 40% le vittime della strada.

Tale Piano comporta per l’Italia unariduzione di circa 2.700 morti e di oltre160mila feriti, nonché un progressivo

contenimento degli oneri sostenuti dal-la collettività per gli incidenti stradalifino a 15.500 milioni di euro l’anno(30mila miliardi di lire).

Sulla base dei dati finora esaminatitale Piano appare alquanto ambiziosoper l’Italia, poiché rispetto all’evoluzio-ne media della sicurezza stradale inEuropa il nostro Paese ha registrato unritardo progressivamente crescente.

Nel corso del 1999 il numero di sini-stri nei quindici paesi dell’Unione Eu-ropea è aumentato dell’1,4% e quellodei feriti dell’1,5%, mentre il numerodei morti è diminuito del 2%. Il rischio

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

Tabella 3.15ANALISI DEGLI INCIDENTI STRADALI E DEL NUMERO DI MORTI PER TIPOLOGIA DI AREE ABITATIVE, 1999

Numero Incidenti Tasso di mortalitàmortali degli incidenti

Incidenti complessivi di cui: 219.032 6.633 3,0• Ambito urbano di cui: 163.472 2.779 1,7

• Aree metropolitane 53.524 466 0,9Fonte: Elaborazioni su dati Istat-Aci.

Tabella 3.16IMPIANTI SEMAFORICI INSTALLATI E CORRELAZIONE CON GLI INCIDENTI, 1993-2000

Città Impianti semaforici complessivi 1993 2000 Variazione %1993 2000 Var.% Num. Incidenti Num. Incidenti Num. Incidenti Num. Incidenti Num. Incidenti Num. Incidenti

ogni 1.000 ogni ogni 1.000 ogni ogni 1.000 ognivetture semaforo vetture semaforo vetture semaforo

Roma 1.132 1.221 7,9 9 13 5 7 -46 -45Milano 622 683 9,8 7 9 20 24 +163 +159Torino 613 630 2,8 3 2 7 7 +153 +172Genova 242 289 19,4 12 14 15 16 +31 +10Firenze 269 275 2,2 19 14 20 16 +5 12Napoli 310 262 -15,5 2 5 3 8 +42 +57Bari 167 224 34,1 4 4 9 7 +110 +69Palermo 97 123 26,8 7 26 6 19 -11 -26Catania 100 115 15,0 6 11 8 15 +47 31Bergamo 108 108 - 9 5 16 11 +71 108Cagliari 48 63 31,3 7 17 6 11 -10 -35

Fonte: Elaborazione su dati Osservatorio della Mobilità ACI 2001.

Page 133: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 132

di incidente risulta però diminuito seviene comparato alla crescita del parcocircolante degli ultimi anni.

Tenendo conto del fatto che i dati frai diversi paesi possono presentare pro-blemi di comparabilità a causa delledifferenze che ancora sussistono nelledefinizioni, classificazioni e metodolo-gie adottate, si rileva che in relazione al1998 il tasso di mortalità a seguito diincidente stradale per ogni milione diabitanti varia da un minimo di 60 perla Svezia ad un massimo di 243 per ilPortogallo.

Le azioni complessivamente intra-prese per migliorare la sicurezza stra-dale del nostro Paese appaiono caratte-rizzate da un basso livello di efficacia

complessiva (in relazione ai risultaticonseguiti). Tale condizione sembradeterminata da una carente applicazio-ne delle norme, da un’insufficiente pia-nificazione della mobilità e della sicu-rezza stradale, da interventi sul sistemainfrastrutturale e sulle strutture inse-diative che non sono stati adeguata-mente valutati in relazione ai criteri dimobilità sicura e sostenibile.

Il problema del miglioramento deilivelli di sicurezza stradale è per il 75%un problema locale e riguarda il siste-ma delle Amministrazioni locali.

Nelle maggiori aree urbane circa i2/3 delle vittime di incidenti stradali ècostituita da utenti “deboli” (pedoni eciclisti) e da conducenti di motocicli.

CAPITOLO III

Tabella 3.17INCIDENTALITÀ STRADALE NELL’UE, 1999

Incidenti Feriti MortiNum. % Num. % Num. %

Austria 36.981 6 48.451 6 1.048 12Belgio 37.295 -1 51.385 -2 866 -7Danimarca 7.724 6 9.407 8 508 13Finlandia 6.864 1 8.912 -1 413 10Francia 119.728 0 161.390 -1 7.890 -5Germania 393.138 5 519.512 6 7.759 2Grecia 24.231 -2 32.311 -3 2.131 -5Irlanda 6.335 -7 9.317 -7 417 -10Italia 219.032 7 316.689 8 6.633 5Lussemburgo 1.147 22 1.346 5 58 4Olanda 42.271 2 51.097 3 1.090 2Portogallo 43.033 -5 58.200 -5 1.761 -9Regno Unito 235.048 -2 316.887 -2 3.423 0Irlanda del Nord * 5.318 0 9.466 -1 99 -11Spagna 89.854 -3 131.647 -2 5.319 -5Svezia 15.410 6 21.415 7 546 13Unione Europea 1.283.409 1,4 1.747.441 1,5 39.961 -2,0

* i dati si riferiscono ai primi nove mesi dell’annoFonte: Eurostat.

Page 134: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

133 INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Il problema dell’incidentalità urba-na rappresenta dunque un problema dimancata o carente tutela delle compo-nenti più deboli della mobilità, di scar-sa separazione dei flussi di traffico, diricorrente interferenza tra i percorsidei pedoni e ciclisti ed i percorsi degliautoveicoli.

La linea d’azione principale per con-seguire stabili e consistenti migliora-menti in termini di sicurezza stradalenelle aree urbane è costituita dalla revi-sione e dall’aggiornamento dei PianiUrbani del Traffico, al fine di rafforzar-ne le valenze riguardanti la sicurezzastradale.

Alcune misure che potranno essereinquadrate all’interno delle strategiegenerali di governo del traffico e dellasicurezza stradale in ambito urbano so-no le seguenti:

❏ realizzazione di percorsi pedonalie ciclabili continui, separati e protetti.Sulle strade locali delle zone con eleva-ti flussi pedonali le eventuali interse-zioni con i flussi veicolari saranno rea-lizzate attraverso incroci rialzati conpriorità al traffico pedonale e ciclisti-co;

❏ realizzazione di un sistema di in-terventi che segnali al conducente ilpassaggio da un tratto di strada ex-traurbana ad un tratto di strada urbana(ora individuato unicamente da un se-gnale relativo al limite di velocità in a-rea urbana) richiamandolo alla mode-razione della velocità. In questa linea diattività rientra anche l’intensificazionedei controlli, anche a distanza;

❏ riorganizzazione e ricollocazionedelle aree di sosta, per ridurre le inter-ferenze tra flussi pedonali e veicolari.Tale tematica si estende anche alle fer-mate dei mezzi di trasporto collettivied alle aree di accesso agli edifici congrande afflusso di utenti. In particolareoccorre migliorare il livello di sicurez-za degli accessi agli edifici scolastici at-traverso la creazione di aree protettedal traffico veicolare;

❏ allargamento dei marciapiedi econnessioni agevoli e sicure tra i diver-si isolati;

❏ limitazione della velocità a 30Km/h e modificazione delle caratteri-stiche fisiche e geometriche della stra-da in aree ad elevato traffico pedonale;

❏ diffusione di tecnologie telemati-

POLITICHE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO A LIVELLO NAZIONALE ED EUROPEO

0

50

100

150

200

250

300

Austria

Belgio

Danim

arca

Finlan

diaFra

ncia

German

iaGrec

iaIrla

nda

Italia

Lussem

burgo

Paesi B

assi

Portog

alloReg

no Un

itoSp

agna

Svezia

Union

e Euro

pea

TASSO DI MORTALITÀ PER INCIDENTI STRADALI NELL’UE, 1998Grafico 3.2

Fonte: Eurostat

Page 135: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA 134

che per la gestione della mobilità (indi-viduazione tempestiva di condizioni dicongestione, gestione interattiva dei si-stemi semaforici, individuazione di iti-nerari alternativi ecc.). Verrà data parti-colare importanza alla indicazione suiservizi di trasporto pubblico (tempi diattesa, possibili connessioni ecc.) al finedi incentivare l’uso del mezzo pubblicoin alternativa al vettore individuale;

❏ rafforzamento dell’azione di con-trollo in area urbana da parte dei Corpidi Polizia.

Prima dell’attuazione su larga scaladi tali interventi il Piano Nazionale del-la Sicurezza Stradale promuove la defi-nizione di Progetti Pilota e la realizza-zione di Interventi Sperimentali per ve-rificare in concreto le principali lineedi azione sopra identificate.

CAPITOLO III

Page 136: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA
Page 137: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

Finito di stampare nel mese di aprile 2002 presso la tipografia Grafica Giorgetti Srl - via di Cervara 10 - 00155 Roma

Progetto grafico ed editing: Ricciardi & Associati Srl - via del Casale di Tor di Quinto 1 - 00191 Roma

Page 138: INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ URBANA

INFRASTRUTTUREE MOBILITÀ URBANA

INF

RA

ST

RU

TT

UR

E E

MO

BIL

ITÀ

UR

BA

NA

FON

DA

ZIO

NE

FILI

PPO

CA

RA

CC

IOLO

L’utenza al centro delle scelte