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MENSILE UNITA’ PASTORALE REGINAPACIS RONCINA SPIRITO SANTO – FEBBRAIO 2015 NON PIU’ SCHIAVI MA FRATELLI Nel 1968, Paolo VI volle dedicare il primo gennaio di ogni anno alla pace e da allora, ogni capodanno, il papa invia al mondo un messaggio su questo tema. Papa Francesco, quest'anno, ha intitolato il suo discorso “Non più schiavi ma fratelli”. Il diritto internazionale proclama nei termini più solenni il diritto di ogni uomo della terra a non cadere in schiavitù, ma di fatto molte forme di sfruttamento e di vera e propria schiavitù continuano a esistere. Il discorso del papa ne fa un elenco impressionante e ne individua le cause profonde. Vivono in condizioni da schiavi – dice il papa – tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, nel lavoro domestico, nei lavori dei campi e nelle miniere. E questo avviene anche nei Paesi in cui esistono leggi che tutelano i lavoratori. L'emigrazione illegale, poi, produce situazioni in cui i fuggiaschi “soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente”. Esiste la schiavitù sessuale di persone costrette a prostituirsi, di donne comprate e vendute per un matrimonio forzato; esiste la schiavitù di adulti e giovani, a volte anche bambini, “arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale”. La radice di questi mali è nell'incapacità o nel rifiuto di vedere e di dare valore a quanto ogni uomo ha in comune con ogni altro: “Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti”. Accanto e in conseguenza di questa causa di fondo, ci sono le numerose cause particolari, attive al giorno d'oggi. Si cade nella schiavitù a causa della povertà e dell’esclusione sociale, generate spesso dal mancato accesso all’educazione o dalla carenza di lavoro. [CONTINUA A PAGINA 19]

Insieme febbraio 2015

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MENSILE UNITA’ PASTORALE REGINAPACIS RONCINA SPIRITO SANTO – FEBBRAIO 2015

NON PIU’ SCHIAVI MA FRATELLI Nel 1968, Paolo VI volle dedicare il primo gennaio di ogni anno alla pace e da allora, ogni capodanno, il papa invia al mondo un messaggio su questo tema. Papa Francesco, quest'anno, ha intitolato il suo discorso “Non più schiavi ma fratelli”. Il diritto internazionale proclama nei termini più solenni il diritto di ogni uomo della terra a non cadere in schiavitù, ma di fatto molte forme di sfruttamento e di vera e propria schiavitù continuano a esistere. Il discorso del papa ne fa un elenco impressionante e ne individua le cause profonde. Vivono in condizioni da schiavi – dice il papa – tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, nel lavoro domestico, nei lavori dei campi e nelle miniere. E questo avviene anche nei Paesi in cui esistono leggi che tutelano i lavoratori. L'emigrazione illegale, poi, produce situazioni in cui i fuggiaschi “soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente”. Esiste la schiavitù sessuale di persone costrette a prostituirsi, di donne comprate e vendute per un matrimonio forzato; esiste la schiavitù di adulti e giovani, a volte anche bambini, “arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale”. La radice di questi mali è nell'incapacità o nel rifiuto di vedere e di dare valore a quanto ogni uomo ha in comune con ogni altro: “Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti”. Accanto e in conseguenza di questa causa di fondo, ci sono le numerose cause particolari, attive al giorno d'oggi. Si cade nella schiavitù a causa della povertà e dell’esclusione sociale, generate spesso dal mancato accesso all’educazione o dalla carenza di lavoro. [CONTINUA A PAGINA 19]

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“centro di ascolto Caritas: la storia...”

Dieci anni fa nasceva il Centro d'Ascolto Caritas "Madre Teresa", per volontà di Caritas diocesana di radicarsi nel territorio e dei sacerdoti delle 10 parrocchie della zona ovest della città. In esso operano volontari di tutte e dieci le parrocchie (suddivise in tre Unità Pastorali), in un'unità costruita non sull'appartenenza allo stesso luogo, ma sulla preghiera (immancabile sempre prima dell'inizio del nostro volontariato) e sulla S. Messa mensile (celebrata a turno nelle diverse parrocchie), che ci richiamano a non essere semplici distributori di "cose", ma testimoni di Colui che dà un senso alla vita nostra e delle persone che incontriamo. In questi anni abbiamo accolto circa 1.100 stranieri e 500 italiani, cercando di costruire con loro progetti che portassero le persone alla riconquista della dignità e dell'autonomia. Importante in

questo cammino, lo stretto rapporto coi parroci, con Caritas diocesana, i servizi sociali e le varie associazioni di volontariato presenti sul territorio. In questo ultimo periodo il nostro centro si è arricchito di altri luoghi di servizio ai poveri, oltre a quelli già esistenti da alcuni anni (a Pieve operano già dall'inizio distribuzione di alimenti e pane e guardaroba per adulti e bambini): nelle Unità pastorali Regina Pacis/Roncina/Spirito Santo e Cella/Cadè/Gaida ,alla distribuzione di alimenti si è aggiunto il guardaroba per bambini. In questi punti di distribuzione operano insieme volontari delle Unità Pastorali. In questi anni, nel cammino di fede che abbiamo cercato di fare insieme nel servizio alle persone in difficoltà, ci si è sempre più chiarito che il Centro d'Ascolto non vuole essere un luogo dove si risolvono problemi (anche se si cerca di fare il possibile), ma soprattutto un luogo dove si sperimenta l'amore di Cristo e l'accoglienza della Chiesa, attraverso una condivisione gratuita, che non pretende niente in cambio, nemmeno la gratitudine. In questo cammino, il modo migliore per festeggiare i dieci anni di apertura, ci è sembrato il proporre un corso di formazione aperto a tutti: volontari del Centro d'Ascolto e delle Caritas parrocchiali, ma anche persone semplicemente interessate, in cui tenere deste queste motivazioni ed approfondire la grazia che ci è stata data: servire Cristo nei poveri.

LE RADICI E LE VELE Il corso (presso Oratorio Regina Pacis)

3 incontri per costruire un bilancio partecipato

e condiviso del cammino compiuto (le radici)

Quale punto di partenza per la progettazione

partecipata e condivisa dei prossimi anni (le

vele)

31 gennaio 2015 - ore 16.30 Rel. Don Paolo Cugini

“VOI STESSI DATE LORO DA MANGIARE”

le fondamenta bibliche della Caritas in

parrocchia

14 febbraio 2015 - ore 16.30 Rel. Operatori Caritas diocesana

1° sottogruppo Per i volontari che operano già

da alcuni anni. “In questi 10 anni abbiamo

camminato tanto, come consideriamo il

percorso compiuto?”

2° sottogruppo Per i volontari che si apprestano a svolgere il servizio per la prima volta “Cos’è la Caritas e cos’è il Centro di Ascolto?”

28 febbraio 2015 - ore 16.30 “LE RADICI E LE VELE”

Rel. Operatori Caritas diocesana

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Lectio Divina per giovani CALENDARIO dei PROSSIMI APPUNTAMENTI

ULTIMA DOMENICA DEL MESE DALLE 20,45 ALLE 22

25 GENNAIO IL PROGETTO CRISTIANO DELLA SESSUALITA’:

Ef 5,1-20. Col 3,5-11

22 FEBBRAIO [1 di quaresima] LE DUE VIE: CARNE E SPIRITO:

Ef 2,1-10. 4,17-31

29 MARZO [domenica delle palme] LA LIBERTA’ CRISTIANA Col 1, 13-4

Campeggio dei giovani di Spirito Santo a Ramiseto

Dal 2 al 5 gennaio 2015 i giovani della parrocchia dello Spirito Santo con i loro educatori, hanno trascorso alcuni giorni di condivisione e amicizia all’Ostello Groppo del Vescovo in Ramiseto. Il tema su cui si è riflettuto e lavorato durante gli incontri in quei giorni è stato “lo stile del Vero Cristiano”; ogni giorno si è affrontata una caratteristica specifica: 1) Il cristiano ha fiducia

in Dio, 2) il cristiano ama gratuitamente, 3) il cristiano ha coraggio e infine 4) il cristiano prende e va. Per ogni tematica, gli educatori, hanno proposto ai ragazzi modalità differenti nell’affrontare il discorso, tra le quali la visione del film: “Un sogno per domani” al termine del quale non sono mancate lacrime di commozione; a seguire incontro di condivisione su quanto appreso da ogni ragazzo/a. Fra gli incontri più toccanti si sottolinea la veglia di preghiera, incentrata su testimonianze di “veri cristiani” che hanno portato a far ragionare i ragazzi su quanto coraggio ci vuole ad essere veri testimoni della Fede in Gesù Cristo. Sono stati giorni intensi, ricchi di gioia e amicizia fra tutti, dai più grandi ai più piccoli, dai veterani a chi era alla primissima esperienza. Queste esperienze permettono ai ragazzi di crescere nella loro amicizia e nella loro Fede, in semplicità e condivisione nel rispetto reciproco. Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno reso possibile e speciale questi giorni insieme.

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1°-2° superiore al Sermig...

Quest'inverno, dal 27 al 30 dicembre, i ragazzi di prima e seconda superiore di Regina Pacis hanno affrontato insieme l'esperienza del SERMIG. Il SERMIG , SERvizio MIssionario Giovani, è stato fondato da Ernesto Olivero e un gruppo di giovani nel 1964, con lo scopo di sconfiggere la fame nel mondo, le ingiustizie, e vivere la solidarietà verso i poveri, grazie soprattutto all'aiuto dei giovani, per cui da sempre ha una particolare attenzione. Si trova oggi dentro un vecchio arsenale usato in tempo di guerra per produrre armi; ora è un luogo di pace, e attualmente ha tre sedi, una a Torino, dove siamo stati noi, una in Brasile e una in Giordania. Appena arrivati ci hanno fatto visitare tutta la struttura, luogo molto grande, la chiesa dentro l'arsenale, molto spaziosa e moderna, l'ospiteria (dove si ospitano le persone più in difficoltà) e l'edificio a fianco, dove si trovano le stanze adibite per i vari laboratori (restauro, falegnameria, fotografia...) Nella stanza in cui abbiamo dormito erano presenti altri gruppi parrocchiali di giovani, che come noi dormivano per terra. Ogni giorno era diviso in momenti di riflessione e momenti di lavoro pratico, (dallo smistamento vestiti ai laboratori manuali, lavori all'Eremo e a Cumiana) e grazie ad entrambi abbiamo capito l'importanza di ciò che il SERMIG da al mondo. Molto significativa è stata la cena dei popoli a cui abbiamo partecipato domenica sera, ovvero una cena dove siamo stati divisi in tre gruppi, a seconda di quanta ricchezza possedevamo (riferita al personaggio che ci avevano assegnato): i poveri, i ricchi e le persone nella media. Abbiamo capito quanto davvero sia importante non sprecare nulla, il valore di un pasto che sembra ci sia dato con tanta facilità, ma che in realtà a molti manca. Martedì, dopo un momento di condivisione, siamo usciti dall'arsenale e abbiamo visitato Torino, in particolare il museo del cinema. Da questa esperienza ognuno ha tratto

I DIECI COMANDAMENTI Corso di formazione per giovani e adulti

I “Dieci Comandamenti” rappresentano un’esperienza

riguardante non solo i contenuti, ma anche e

soprattutto il livello della loro comprensione.

L’obiettivo è quello di rendere accessibile ai giovani il

linguaggio della sacra Scrittura, con esempi ed

argomenti che vanno incontro alla sensibilità e agli

interessi delle nuove generazioni, usando un

linguaggio didascalico, non dogmatico né intimistico-

emotivo. Si parla dei Dieci Comandamenti non in modo

moralistico, esigente o accusatorio, ma con un taglio

esperienziale, tale da far sì che la parola di Dio tocchi

concretamente la vita delle persone.

È una proposta di cammino per giovani (e non solo)

alla riscoperta della bellezza della fede. Si preferisce

chiamarla “10 parole” anziché “10 comandamenti”

perché il cammino riguarda la scoperta delle 10

istruzioni di Dio per una vita bella, saporita, autentica

e piena. “Venite e vedrete” rispose Gesù a due giovani

uomini rimasti affascinati da Lui… Vuoi conoscere il

Signore Gesù? “Vieni e vedi”, basta una volta, senza

impegno e senza spesa.

Ogni lunedì dalle ore 21.00 alle ore 22.00

presso la sede dei Frati Cappuccini a

Reggio Emilia

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insegnamenti diversi, tutti molto profondi e personali, e la voglia di tornare, per portare insieme, ed insieme ai giovani del mondo, pace e solidarietà.

I ragazzi di 1° e 2° superiore di Regina Pacis

Percorso formativo di 2° e 3°

media dell’Unità pastorale

Si è appena concluso il campeggio invernale dei

ragazzi di seconda e terza media dell’ unità

pastorale: fortemente voluto da Don Paolo, si è

rivelato un grande successo. Circondati dalle

montagne di Minozzo educatori e ragazzi hanno

partecipato numerosi e con entusiasmo, vivendo

quattro giorni di condivisione e di gioia. Il tema di

riflessione del campeggio era “I Care” , io ci

tengo, affrontato attraverso la figura di Don

Milani. Questo tema accompagnerà i ragazzi

durante l’anno fino al Medio Grest di quest’

estate. Partito a settembre, il cammino dell’unità

pastorale prevede momenti di festa e di

preghiera comuni, alternati a momenti in cui le

rispettive parrocchie operano singolarmente.

Quest’ anno i ragazzi di seconda media

affronteranno anche i temi dell’ amicizia e del

servizio mentre i ragazzi di terza media

approfondiranno i temi del servizio e dell’ affettività. Il gruppo, al momento, è formato dai ragazzi ed

educatori di Regina Pacis e Roncina. Spirito Santo la seconda media è inserita nel percorso del

catechismo e la terza media quest’anno è stata unita alla prima superiore.

I prossimi appuntamenti: - 1 febbraio Festa dell’oratorio – ore 17,30 incontro “Don Bosco” + cena insieme

- 14 Febbraio Festa di Carnevale

- 15 Marzo ritiro di quaresima

- 29 marzo GMG dei giovani organizzata della Pastorale Giovani

- 11/12 aprile uscita ad Albinea

- 6/12 luglio MedioGrest

- 26luglio/1agosto campeggio a Villa Berza di Felina

E naturalmente tutte le settimane gli incontri dei vari gruppi come da calendario comunicato dagli

educatori.

Poffy

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Notizie dal Brasile...lettera di don Luca del 21 dicembre 2014

Carissimi, Buon Natale a tutti!

Vi volevo ringraziare per la vicinanza, l’affetto e il sostegno che mi avete dimostrato in questi mesi.

Innanzitutto vi vorrei aggiornare circa la nostra vita qui in Brasile.

Vorrei specificare che esistono almeno 4 o 5

macroregioni del Brasile, caratterizzate da

mentalità, cultura e tradizioni differenti: il

Brasile è infatti un “continente” grande 2

volte l’Europa. Quando parlo di Brasile

intendo sempre la regione di Nordest ed in

particolare lo stato di Bahia, dove è situata la

diocesi di Ruy Barbosa, in cui ora ci troviamo.

Solo per avere alcuni semplici parametri, lo

stato di Bahia è grande quanto la Francia e la

diocesi di Ruy Barbosa ha un’estensione pari

a quella dell’Emilia Romagna.

Insieme a don Gabriele eravamo partiti con

l’intenzione di una condivisione totale della

vita sacerdotale e dell’attività pastorale.

Come già avevamo intuito, prima di partire,

abbiamo dovuto in parte rivedere questo progetto iniziale a causa delle dimensioni delle parrocchie di Ipirà e

Pintadas: 4000 km2 di territorio, 120 comunità e circa 72 mila abitanti. Per il momento io risiedo in Pintadas e don

Gabriele in Ipirà, dove lo raggiungo due giorni la settimana, per poter vivere insieme e condividere la vita

sacerdotale e pastorale. Questo ci serve per iniziare a conoscere almeno inizialmente alcune persone, la struttura

e le dinamiche della chiesa locale, della cultura e del tessuto sociale. Don Gabriele si trova di fronte ad una

parrocchia immensa, con 61 mila persone, 90 comunità ed un territorio di 3600 km2 – più grande della diocesi di

Reggio Emilia! - mentre la parrocchia di Pintadas è più piccola, con “solo” 11 mila abitanti, 35 comunità e 400 km2

di territorio. Le dimensioni contano – eccome se contano!!! - e ci è sembrato utile, almeno inizialmente, cercare di

ridurre le distanze e i numeri. Le nostre capacità sono limitate e forse ci risulta più semplice e facile se ognuno di

noi si concentra maggiormente su di una parrocchia, anche solamente per iniziare ad imparare alcuni nomi. Vi

assicuro che imparare i nomi è per me un’impresa! A volte devo chiedere il nome almeno 4 o 5 volte – con scene

comiche e ridicole - perché risultano difficili da comprendere. Come dice un proverbio africano, se devi iniziare a

mangiare un elefante inizia da una gamba!! Restano comunque importantissimi i due giorni di vita insieme e, per

quanto possibile, cerchiamo di condividere alcune attività pastorali nelle due parrocchie. Molto importante è

anche l’aiuto che stiamo ricevendo dagli altri missionari reggiani presenti qui in Bahia e fondamentale rimane il

legame con loro. Don Gabriele ed io ci siamo trovati subito inseriti nella vita pastorale delle due parrocchie, non

essendo più presenti i preti reggiani che abbiamo sostituito, don Marco e don Paolo. Le due parrocchie di

Pintadas e Ipirà sono ben strutturate, con un cammino consolidato ed una presenza dei missionari reggiani molto

importante in entrambe le parrocchie ed ininterrotta in Ipirà, in questi ultimi 50 anni. Don Gabriele è già in grado

di presiedere la celebrazione eucaristica in modo autonomo e di confessare, avendo precedentemente vissuto

qui un‘esperienza di tre mesi. Il diacono Genival e le suore, presenti nelle parrocchie, ci stanno aiutando molto e

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le comunità stanno accompagnando e portando il peso del nostro inserimento. Come tutte le persone che hanno

vissuto un’esperienza missionaria in Brasile ci hanno più volte ripetuto a Reggio, non dobbiamo preoccuparci,

perché le comunità sono abituate a camminare in modo autonomo e senza prete. Sicuramente sarebbe stato

meglio vivere almeno un anno con don Marco o don Paolo, che hanno lasciato un segno molto bello e hanno

un’esperienza grande. Penso sia importante questo passaggio, ma non si è potuto verificare, in parte per

costrizione – dato che don Gabriele doveva terminare il suo incarico di rettore – ed in parte per scelta volontaria,

dal momento che ho dato la mia

disponibilità alla missione a

condizione di trascorrere un

anno in terra santa. Non mi pento

della scelta fatta, anzi sono

convinto che sia stato un anno di

ottima preparazione. Per quanto

riguarda la mia vita a Pintadas,

ho fatto in questo mese parecchi

lavoretti manuali nella casa

parrocchiale, aiutato da diverse

persone della comunità. Piove

infatti dentro la casa – anche se

la pioggia è qui un evento non frequente - ho dovuto risistemare diverse cose e si convive con i più svariati tipi di

animali, tra cui i topi. Per quanto riguarda il cibo, a mezzogiorno pranzo dalle famiglie, mentre a cena mi gusto

frutta squisita e succhi prelibati in canonica: vi posso assicurare che la frutta è davvero speciale!! La cosa che più

mi manca è l’acqua ed in particolare l’acqua gasata, per il resto sto gustando il cibo locale e non ho avuto

problemi intestinali. Nonostante le dimensioni della parrocchia c’è il tempo per fare un po’ di spesa e per lavarsi

gli indumenti. E’ un vero e proprio spasso!! Una mezza mattinata alla settimana la dedico al lavaggio degli

indumenti, che avviene come facevano una volta le nostre donne. Si riempiono 3 secchi con l’acqua piovana, che

viene raccolta nelle cisterne, e poi si eseguono diversi lavaggi e risciacqui prima di stendere gli indumenti. Penso

che tutto questo non sia tempo perso, ma che sia già attività pastorale e che sia apprezzato dalla gente,

avvicinandomi maggiormente alla loro vita, anche se vivo in condizioni privilegiate rispetto a gran parte di loro.

Per il resto ho già iniziato a raggiungere le diverse comunità per l’eucaristia, accompagnato da un laico che

conosce la strada, fa l’omelia e mi aiuta a conoscere le persone. Con i ministri dell’eucaristia ho iniziato a visitare

gli ammalati, ed infine sto cercando di conoscere i quartieri più popolari, dove si concentrano maggiormente la

povertà, lo sfruttamento dei minori, l’uso di droga e la violenza. In ogni attività mi faccio aiutare ed

accompagnare da un laico. Ho già celebrato tre matrimoni, sempre assistito e accompagnato da alcuni laici.

Questo accompagnamento è fondamentale ed è una vera e propria scuola in cui mi ritrovo a fare l’alunno. Prima

di condividere con voi alcune prime rapidi impressioni, vorrei presentarvi un bel progetto che don Marco ha

avviato nella parrocchia di Ipirà. Si chiama “Dançar e Vida” e coinvolge circa 120 bambini e adolescenti. Si tratta

di due piccoli oratori che don Marco ha fatto costruire nei quartieri della città di Ipirà più popolari, poveri e con

maggior problemi di droga e violenza. Questo progetto ha strappato dalla strada tanti bambini. Esso può

sussistere grazie al ricevimento delle offerte che vengono dalla nostra diocesi, permettendo a 4 operatori

qualificati della parrocchia di lavorare in modo continuativo e stipendiati. Accanto a questo progetto ne esiste un

altro che si è concretizzato nella realizzazione di una biblioteca parrocchiale, sempre in Ipirà. Iniziato da don Piero

Medici, anche esso può continuare a vivere grazie alle offerte, provenienti da Reggio, che permettono di

stipendiare in modo stabile un bibliotecario. Data la quasi totale assenza di un qualunque negozio di libri in tutta

la diocesi e data la presenza di alfabetizzazione, anche questo progetto è molto importante ed ha la sua

rilevanza sociale ed educativa. In entrambi i casi - biblioteca ed oratorio – è sempre più importante che questi

progetti diventino realtà che riescono a stare in piedi in modo autonomo e senza aiuti esterni. Gianluca Guidetti,

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originario della parrocchia di Regina Pacis ed economo della diocesi di Ruy Barbosa, sta studiando quale veste

giuridica dare a queste realtà, perché diventi possibile chiedere finanziamenti locali. Per il momento l’aiuto

proveniente dall’Italia è ancora indispensabile! Un salario minimo mensile ammonta a circa 330 euro ed è

possibile rivolgersi al Centro

Missionario Diocesano per

devolvere le offerte, se qualcuno

pensa di sostenere questi due

progetti. Le offerte possono essere

deducibili.

Altre due realtà veramente belle

che ho incontrato nelle due

parrocchie di Ipirà e Pintadas sono

quelle della pastorale familiare e del

“Terzo dos homens”. Per quanto

riguarda la prima, la conferenza

episcopale brasiliana ha impostato

un cammino di formazione in tre

tappe, della durata di diversi anni,

che ha coinvolto diverse centinaia di

famiglie nelle nostre parrocchie. Il

cammino si chiama ECC, è stato

impiantato e accompagnato da don

Marco e don Paolo, permette una

solida formazione spirituale, riattiva

la coscienza e il protagonismo della

famiglia, piccola chiesa domestica,

ha una sua dinamica missionaria di

coinvolgimento di nuove famiglie ed

e ha come sbocco l’impegno attivo

delle famiglie nell’attività pastorale

della parrocchia. E’ una vera e

propria grazia di Dio, così come il

“Terzo dos homens”, altra bella

realtà brasiliana, impiantata in Ipirà

e Pintadas sempre da don Marco e

don Paolo. Non è altro che il rosario

degli uomini che ogni martedì sera

alle 19 si svolge nelle diverse

comunità delle parrocchie. E’

impressionante entrare a quell’ora

nella chiesa parrocchiale e vedere

centinaia di uomini che recitano il

rosario con una loro maglietta

caratteristica. Grazie ad esso, tanti

uomini si sono riavvicinati alla fede

e sono diminuite, in molti casi,

l’aggressività e la violenza maschile

Le priorità pastorali per il 2015 della Diocesi di Ruy Barbosa

La Diocesi di Ruy Barbosa, segue le orientazioni della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB) la quale stabilisce periodicamente linee programmatiche (Ambiti) per l’azione evangelizzatrice. Per questo, la Diocesi di Ruy Barbosa si è data nel corso degli anni delle priorità, a partire da linee programmatiche generali, sulle quali impostare il lavoro pastorale. L’Assemblea Diocesana di novembre 2014 ha lavorato su queste linee programmatiche determinando le Priorità Pastorali per il 2015. Da cinque che erano sono passate a sette. Il che richiederà uno sforzo veramente notevole con la partecipazione delle molteplici vocazioni (laicato, vita religiosa, sacerdozio). Le Priorità Pastorali riflettono lo stile della Diocesi e dovrebbero aiutare a vivere meglio e con più profondità gli Ambiti che costituiscono le Linee programmatiche della Chiesa Brasiliana. Interessante è la metodologia di lavoro che l’Assemblea Diocesana offre ai suoi partecipanti. Basata sui tre aspetti del VEDERE – GIUDICARE – AGIRE l’assemblea diocesana unisce i momenti celebrativi alle riflessioni pastorali. Sono tre giorni di confronti, gruppi di studio, animazione liturgica, sintesi delle proposte che scaturiscono dai dibattiti; approvazione delle proposte che si trasformano in Priorità e Azioni che la Diocesi cercherà di concretizzare nello spazio temporale di un anno. Laici, suore, diacono e preti insieme con le loro distinte vocazioni, i loro specifici “munus” messi a servizio per l’utilità comune, ma senza far pesare le differenze e i gradi gerarchici. Mi ci è voluto un certo tempo per ambientarmi nel vedere il vescovo André alzarsi da tavola e lavare il suo piatto come tutti gli altri durante i pasti. Vederlo ascoltare attentamente tutti gli interventi, di preti, suore e laici, con la stessa disponibilità e apertura. O accettare serenamente le decisioni pastorali che nascono dal consenso sulle sintesi dell’Assemblea anche quando non rispecchiano totalmente il suo punto di vista. L’aria che si respira in questi momenti diocesani è quella che ti provoca e ti invita ad essere protagonisti. A non lasciare agli altri il dire certe cose che possono essere utili per il cammino della Chiesa locale con il rischio che non vengano dette. Per ragion del vero devo anche ammettere che alcuni interventi sono proprio fuori luogo o ben poco pastorali o inerenti alle tematiche dell’assemblea, ma questo fa parte dello stile che si usa. Per concludere vorrei sottolineare ancora una volta la dimensione partecipativa che si respira nell’Assemblea Diocesana. Il desiderio di essere Chiesa come Popolo di Dio in cammino, in rispetto ai dettami del Concilio Vaticano II, alla ricerca di strumenti che possano aiutare le Comunità/Parrocchie nel loro servizio di evangelizzazione.

Gianluca Guidetti

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nei confronti della donna. Questo aspetto

è ancora significativo nella cultura

brasiliana!

Desidero ora condividere con voi alcune

prime impressioni dopo il primo mese in

missione! Innanzitutto un senso di grande

gratitudine e riconoscenza per la nostra

chiesa e la sua storia missionaria. Vi posso

assicurare che arrivando si percepisce

immediatamente quanto i nostri sacerdoti

e la nostra Chiesa abbiano veramente

aiutato questa Chiesa di Ruy Barbosa a

camminare. Grande e profondo è il segno lasciato dai missionari reggiani ed in particolare da don Riccardo e

don Paolo. Rimango spesso piacevolmente impressionato nel constatare quanto abbiano fatto fruttificare la

Parola di Dio

Una seconda impressione è quella di rivedere un senso di pessimismo e lamentela, quasi ingiustificato, che si

respira talvolta nella nostra chiesa europea ed italiana. La diocesi di Ruy Barbosa ha circa 430 mila abitanti -

quella di Reggio Emilia/Guastalla 550 mila – ha un’estensione pari a quella dell’Emilia Romagna, conta 22 preti, 1

diacono, circa 60 religiose e religiosi e 4 seminaristi. Molti laici e leader di comunità sono persone quasi

analfabete. Nonostante le tante difficoltà e problematiche si respira un’aria di gioia, di speranza e di

missionarietà. Ora la nostra diocesi di Reggio Emilia/Guastalla - appena più grande in termini numerici a quella di

Ruy Barbosa, ma ben più piccola in termini di dimensione territoriale – conta circa 280 preti, 102 diaconi, alcune

centinaia di religiosi e religiose, tantissimi laici ben formati e preparati!! Perché questo senso di pessimismo quasi

ingiustificato? La nostra Chiesa che è in Reggio Emilia/Guastalla ha una ricchezza enorme!! Non è che abbiamo

ricevuto 10 talenti e li stiamo sotterrando per paura? Di che cosa ci dobbiamo lamentare e perché? Perché

continuiamo a pensare ai preti in calo e alle case religiose che si svuotano, quando ancora esiste un numero

notevole di vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa? Perché continuiamo a dire che mancano laici preparati e

formati, quando invece sono un esercito? Perché, invece, non ci stupiamo dell’abbondanza di cui la nostra Chiesa

ancora gode e non proviamo a pensare come fare fruttificare questa ricchezza straordinaria? Non mi si dica che le

chiese cattoliche in Ruy Barbosa sono piene e in Italia vuote, perché non è assolutamente vero. Penso che le

percentuali di frequenza siano più o meno uguali! Non mi si dica che in Italia ci sono più problemi con la pastorale

giovanile, perché sono gli stessi problemi che la Chiesa in Ruy Barbosa deve affrontare, anzi in molti casi ancora

maggiori per quanto riguarda le distanze, la violenza, la droga e lo sfruttamento di minori! La Chiesa in Ruy

Barbosa è giovanissima, mentre la Chiesa in Reggio Emilia ha una tradizione, un’esperienza ed una storia

ricchissima e millenaria! Non è che il papa Francesco abbia centrato un punto nodale, richiamandoci

continuamente ad una conversione alla gioia? Ripensando alla nostra Chiesa che è in Reggio Emilia/Guastalla mi

vien da dire che basterebbe poco per fare fruttificare la grande ricchezza di cui gode, ma quanto è difficile fare

anche solo un piccolo passo! In fondo questa è la storia di ciascuno di noi. Quanti piccoli passi potremmo fare nel

nostro cammino di fede e quanta fatica per farli. Non è forse vero che ognuno di noi facilmente potrebbe

scrivere un quaderno per elencare difetti, peccati, resistenze e cose che non vanno nella propria vita, mentre

fatica anche solo a scrivere tre qualità, o capacità o doni che ha ricevuto e che potrebbe mettere a frutto per gli

altri? Perché questo atteggiamento? Una terza impressione che vorrei condividere con voi è il senso di semplicità

e di partecipazione che si respira nelle parrocchie di Ipirà e Pintadas, in particolar modo nella liturgia. La

partecipazione attiva del popolo di Dio nella liturgia è uno degli aspetti cardine del Concilio Vaticano II. Ebbene,

penso che questo aspetto sia stato ben recepito dalla Chiesa brasiliana e forse favorito dalla sua cultura e dai suoi

costumi. E’ veramente bello vedere il desiderio della gente comune di partecipare all’azione liturgica. Lo

esprime nel canto, nei gesti, nel portare l’offerta all’altare, nell’intronizzazione della parola di Dio, nel rispondere

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attivamente a una domanda che il presidente della liturgia pone all’assemblea – colpisce vedere centinaia di

persone che rispondono ad una domanda che viene loro posta durante una omelia, per esempio – nelle brevi

acclamazioni dell’assemblea durante la preghiera liturgica e nel valorizzare durante la liturgia i diversi ministeri.

Ho capito che bisogna essere estremamente semplici nel parlare ed il popolo di Dio ama ripetere ad alta voce

alcuni versetti biblici, anche per

interiorizzarli. Tutto questo avviene

con molta semplicità. I matrimoni

che ho celebrato, ad esempio, sono

molto semplici: gli sposi vengono

alla chiesa con vestiti ordinari

festivi, accompagnati da alcuni

parenti e amici, il rito dura circa una

mezzoretta senza alcun tipo di fiori

o addobbi ed infine si ritorna a casa,

talvolta con una piccola festicciola

familiare. E’ vero che non mancano

le esagerazioni in senso opposto,

con celebrazioni quasi faraoniche e

grandiose, ma questo fa parte della

vita e delle contraddizioni del

Brasile. Penso anche che un nostro

compito - ed una conversione che ci

è richiesta - sia quello di

accompagnare questa

partecipazione del popolo di Dio,

senza insistere troppo solo

sull’aspetto emotivo e cercando di

favorire alcuni momenti di silenzio

nelle celebrazioni. Non so se la

conclusione che sto per fare sia

affrettata, ma penso che questa

partecipazione e semplicità siano

state favorite non solo dalla viva

intelligenza emotiva del popolo

brasiliano, ma anche dalla scelta

preferenziale per i poveri che la Chiesa brasiliana ha fatto come sua

modalità propria di recezione del Concilio Vaticano II. Da essa è nato

anche il fermento delle comunità di base. E’ vero che anche questa scelta

sta conoscendo ora nuove modalità, sta affrontando difficoltà,

contraddizioni e problematiche nuove, ma ha comunque dato un suo

impulso che in alcune forme continua a permanere. Ora è forte in tutto il

Brasile l’impulso dei movimenti carismatici. Una delle sfide maggiori che vedo attualmente nella chiesa che è in

Ruy Barbosa è quella della pastorale giovanile. Se la società attuale nelle nostre due parrocchie per molti aspetti

assomiglia ancora alla nostra società italiana di 60 anni fa, da un altro lato conosce tutte le contraddizioni e le

difficoltà della nostra società europea. Internet, i mezzi di comunicazione e il nostro stile di vita occidentale

stanno avendo un impatto forte, quasi privo di filtri. L’analfabetismo è ancora presente e la formazione

scolastica è carente. Al di là del carisma personale di alcuni preti, o suore o laici, vedo che è difficile impostare

COME FUNZIONA LA PARROCCHIA IN AFRICA?

Mi chiamo Félicia. Sono una ragazza africana che vive a Reggio da

3 anni in uno degli appartamenti di via Zandonai che ospitano

studenti stranieri. Con questo piccolo articolo vi parlerò un po’ di

come la chiesa cattolica funziona da me.

Infatti andando alla messa a Regina Pacis ho notato differenze tra

il funzionamento della chiesa qui e in Africa. Ho notato che qui la

messa dura al massimo un’ora, invece da noi non è mai cosi. In

realtà questa durata è il minimo in Africa, però la messa è vivace,

il coro ti fa sentire veramente nella casa di Dio e tutta l’assemblea

canta. Le canzoni sono diverse ogni domenica. Inoltre,

l’organizzazione della chiesa è ben strutturata cioè ogni

settimana c’è un giorno per le confessioni (o venerdì pomeriggio

o sabato pomeriggio) cosi c’è la possibilità di potere ricevere la

comunione ogni domenica. In più almeno ogni tre mesi ci sono

dei ritiri spirituali sia per giovani che per anziani; ogni gruppo della

comunità organizza un pellegrinaggio. Tutto ciò permette di

coinvolgere la gente alle attività di una parrocchia. Durante il

mese di ottobre si fa il rosario ogni sera in tutte le parrocchie. Ciò

permette a tutti quanti di pregare in comunità. Oltre a questo

durante il quaresima si fa ogni venerdì la via crucis per ricordare

ciò che Gesù ha sopportato per salvarci.

Questi sono alcuni degli tanti modi in cui le chiese cattoliche

africane organizzano le loro attività parrocchiali.

Page 11: Insieme febbraio 2015

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cammini ordinari e stabili di pastorale giovanile. L’emigrazione per cercare lavoro, la diffusione del consumo di

droga ed alcool, l’estrema povertà, la violenza con altissimi tassi di omicidi e rapina, il degrado e lo sfruttamento

minorile sono tutti fattori che acuiscono questa difficoltà. Penso sia una sfida che richieda tempo, discernimento,

pazienza, capacità di seminare come fa il contadino nella parabola della Vangelo. Un’ultima considerazione sulla

mia vita personale. Sono arrivato all’inizio del tempo di avvento e questo mi ha fatto riflettere sul mistero del

Natale, sul mistero di Dio che è bambino, che vive la povertà di un bambino bisognoso in tutto delle cure materne

e paterne. La nostra condizione materiale – di don Gabriele e mia - non è di povertà, ma sicuramente questo

cammino intrapreso ci ha fatto entrare in un aspetto di questa povertà di Dio che è bambino e deve imparare a

vivere da uomo. Don Gabriele ed io siamo poveri di conoscenza della lingua, dei costumi e della cultura locale,

non conosciamo il tessuto sociale profondo. Tutti quegli aspetti del ministero sacerdotale, che in Italia possiamo

vivere con una certa capacità ed esperienza, vengono a mancare e li devi riapprendere da capo, come un bimbo

che inizia ad andare a scuola. Hai bisogno di essere accompagnato,

di chiedere aiuto in quasi tutto, anche negli aspetti più semplici

della vita quotidiana. L’assenza di un missionario esperto, che ci

accompagni quotidianamente, non fa che accentuare questa

dimensione. E’ una vera e propria “rinascita”, che se da un lato

presenta le sue difficoltà, dall’altro è veramente una grazia

profonda. Devo entrare nella vita degli altri in punta di piedi, ho

poco da insegnare e molto da apprendere! Penso alla vita

quotidiana di Gesù che per circa trenta anni ha vissuto a Nazaret,

imparando a vivere da uomo, ad incarnarsi sempre più nella vita

umana. Penso a tanti episodi della vita pubblica di Gesù, nei quali si

mostra bisognoso o incontra il suo prossimo chiedendo che cosa

desidera: un episodio emblematico su tutti è quello dell’incontro

con la samaritana! In questo cammino mi accorgo di non essere

solo, ma sono accompagnato con molta premura dal Signore, dalla Chiesa e dalle parrocchie che ci hanno

accolto, dagli altri missionari reggiani qui operanti, dalla nostra Chiesa di Reggio, dalle parrocchie di Rivalta e

Regina Pacis, dal Centro Missionario, da tanti sacerdoti, dalla famiglia e dai parenti e da tantissimi amici, che mi

mostrano la loro vicinanza ed il loro aiuto!! Sono per me come una mamma ed un papà che aiutano il loro figlio a

crescere!! Penso che non basti un vita per incarnarsi in questa nuova chiesa e cultura, ma comunque questo

cammino è l’occasione per entrare nello stile di Gesù, senza rinunciare alle proprie responsabilità e ai propri

compiti. E’ bello vedere la reazione dapprima quasi intimorita della gente che deve insegnare al parroco, ma ciò

diventa poi motivo di dialogo, comunione e gioia. Questa povertà di aver bisogno dell’altro, di dover chiedere

aiuto – se ben vissuta - è un ponte bellissimo per creare e vivere la comunione: penso sia il segreto della

comunione! Se il Natale non solo è redenzione e salvezza, ma anche rivelazione, penso che questa povertà ed

umiltà faccia parte del cuore di Dio e renda possibile quella comunione di vita straordinaria che alberga nel cuore

di Dio e della divina famiglia formata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Mi sento in questo destinatario di

un grande dono, ma non posso fare a meno di pensare alle tante persone che improvvisamente o per costrizione

si trovano a dover fare un cammino nel quale ripartire da capo: penso a tanti ammalati o a tanti giovani

immigrati, che per necessità sono spinti a lasciare il loro paese e si ritrovano in nuovo paese senza punti di

appoggio e riferimenti precisi, spesso in condizione di disagio e solitudine!! A loro dedichiamo la nostra preghiera

ed attenzione di Natale, perché anche a loro possa arrivare l’annuncio di un Dio che si prende cura di loro, di un

Figlio di Dio che si fa loro fratello e di uno Spirito di Dio che dà loro nutrimento e vita!

Per il momento sono accompagnato dalla pace e dalla gioia del cuore che percepisco come un dono gande di

Dio! Ancora a tutti Buon Natale e un ringraziamento profondo e sentito!!!

P.S. Sono prime riflessioni e impressioni, forse da rivedere, approfondire – sicuramente parziali dato il poco

tempo della mia permanenza – sicuramente don Riccardo e don Paolo possono essere più esaustivi e completi.

Gianluca Guidetti, missionario laico in Brasile, originario di Regina Pacis

Don Luca

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Oratorio quotidiano: doposcuola, gioco... Il 13 ottobre è iniziata l’esperienza oratoriale nei

nuovi locali di Regina Pacis.

Ogni lunedì, mercoledì e giovedì dalle 15 alle 16:30

alcuni insegnanti volontari adulti ed alcuni giovani

della parrocchia si occupano di aiutare bambini tra

gli 8 e i 12 anni a fare i compiti, e dalle 16:30 alle 18 li

assistono nel gioco (al venerdì è attivo solo

l’oratorio dalle 16 alle 18).

I giovani coordinatori e animatori aiutano nei

compiti una ventina di bambini in una sala comune,

mentre gli adulti, molti di loro ex-insegnanti, si

occupano dei bimbi con maggiori difficoltà, segnalati dalle maestre della scuola elementare. Questa

stretta collaborazione con la scuola elementare fa sì che il lavoro svolto abbia anche un riscontro per

chi si impegna nel doposcuola, rendendo così più efficace l’aiuto dato ai bambini. Fino ad ora le

presenze nelle giornate di doposcuola sono stati mediamente 35: un impegno notevole per i volontari

(una decina di insegnanti adulti e un totale di una quarantina di giovani che si turnano nei mesi) che

offrono un po’ del loro tempo a favore di bimbi con difficoltà scolastiche. Un impegno ampiamente

ripagato dalla presenza costante dei bambini che partecipano con gioia ai momenti di gioco ma anche a

quelli di studio.

I bambini sono di tante diverse etnie, sono rappresentati tre continenti e almeno una decina di paesi,

e non tutti parlano bene l’italiano, però stando insieme imparano i valori dell’accoglienza e dell’amicizia

e rendono l’oratorio un buon veicolo di integrazione.

Così la nostra casa parrocchiale si riempie di urla e risate, litigi e giochi, corse e cadute, sotto l’occhio

vigile di don Paolo e dei volontari, per essere fattivamente una testimonianza forte di accoglienza,

condivisione, reciprocità.

...e laboratori! Siamo partiti con l'idea dei laboratori come quelli del

Grest e abbiamo fatto molta strada!!!

Dopo esserci confrontati con oratori dove già i

laboratori pomeridiani funzionavano è iniziata la

ricerca di volontari che pensassero ed organizzassero

le attività e gestissero i bambini nei nuovi locali. A

metà novembre la "grande macchina" è partita

garantendo attività per tutti i pomeriggi di apertura

dell'oratorio. Il lunedì 8 bambini suonano le loro

chitarre partendo delle basi, per chi è più inesperto,

Page 13: Insieme febbraio 2015

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fino a concludere alcune melodie per i più pratici. Il mercoledì una decina di bimbi acquisiscono

conoscenza di sé con esercizi e giochi teatrali: l'obiettivo è mettere in scena un piccolo spettacolo

teatrale. A giovedì alternati alcuni aspiranti cuochi si sono cimentati nella preparazione di biscotti,

frittelle e bruschette… lo spuntino del giovedì è garantito e ottimo! A venerdì alternati una decina di

bimbi lavora di fantasia e manualità dando vita a simpatiche creazioni guidati da alcuni scout mentre

tutti i venerdì tre giovani scacchisti si sfidano a colpi di torre e regina consigliati dal loro maestro che

ogni volta spiega alcuni "trucchi". È un'esperienza ancora in divenire ma siamo già soddisfatti della

strada percorsa, delle soddisfazioni negli occhi dei bimbi e dei loro sorrisi.

Ci sono ancora posti! Vieni a provare il laboratorio che ti ispira di più!

Cuore. La strada dei ragazzi “Ragazzi di Strada” - è un progetto socio-educativo nato in collaborazione con l’oratorio Regina Pacis

di Reggio Emilia. Accogliamo ragazzi di varie nazionalità che vivono in diversi quartieri della città,

trasferendo loro quelli che secondo noi sono i valori necessari per essere integrati nella società,

attraverso il giuoco del calcio. “Fede e Sport” – Questa è l’idea che Clara Florimo, fondatrice e

responsabile del progetto , porta avanti da alcuni anni nella città di Reggio Emilia. Nativa di Catanzaro,

la Florimo ha avuto un passato, prima, come giocatrice professionista in serie A e nella nazionale

Italiana di Calcio femminile e, successivamente, come arbitro di categoria e allenatrice di calcio

maschile FIGC di varie società. Da quattro

anni a questa parte, invece, partecipa

attivamente al gruppo carismatico della

Divina Misericordia e all’oratorio Regina

Pacis che l’ha spinta fino al compimento di

questo progetto. Fede e Sport un binomio

che mira a formare i ragazzi sotto il profilo

sociale, religioso ed atletico.

Trasmettendo il concetto di vita

comunitario di “uno per tutti e tutti per

uno” con la quotidianità del bene e

dell’amore. “Aggregativo ed educativo” – questa la filosofia del neo progetto nato dall’amore per i

ragazzi. Attraverso lo sport cerchiamo tramite l’amore a trasferire quei valori utili al fine di vivere in una

società che oramai è divenuta troppo dispersiva , non solo per la persona ma anche per l’anima. A tal

fine l’educazione e il senso di appartenenza, come fosse una seconda famiglia, possono pervenire non

solo dallo sport ma anche dalla fede che li lega sotto il profilo spirituale. L’associazione ragazzi di strada

crede molto nei giovani e con la collaborazione dell’oratorio Regina Pacis di Reggio Emilia li accoglie

come una grande famiglia e li affianca spiritualmente ed umanamente parlando, aiutandoli a superare

quelli che sono i problemi quotidiani di un giovane, personali, familiari e scolastici. La pratica dello sport

del calcio diviene, invece, un modo secondario per far crescere i ragazzi divertendosi ma con delle

regole e soprattutto attraverso l’amore e la passione del crescere insieme. Perché l’unione fa la forza.

La nostra missione è quella di riuscire a far nascere questo tipo di associazioni nei vari quartieri della

città con l’aiuto delle parrocchie/oratori ed enti pubblici locali.

Clara Florimo

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La domenica della famiglia... a Regina Pacis Da ottobre è iniziata nei locali dell'oratorio della parrocchia di Regina Pacis questa nuova proposta

rivolta alle famiglie. Le famiglie dei bambini del catechismo sono state invitate dai catechisti a

trascorrere una domenica pomeriggio in

oratorio. Per i genitori è previsto un breve

incontro di preghiera o formazione mentre i

bambini giocano nei locali dell'oratorio con

un gruppo di giovani animatori,

concludendo il tutto con la cena insieme. La

protagonista di questa iniziativa è la

famiglia perché siamo consapevoli che nel

cammino di catechesi dei bambini sia

sempre più importante la partecipazione e il

coinvolgimento attivo dei genitori.

Il messaggio di Gesù è l'amore. Gesù ci dice «amatevi come io vi ho amato»

Ogni bambino vive l'esperienza d'amore nella propria famiglia. E' in famiglia che impara ad amare.

Educare alla fede non significa solo creare una certa sensibilità religiosa, conoscere i precetti del

Signore, ma costruire una mentalità di fede in cui la persona, il ragazzo passa dall'io all'altro. L'uomo

che nasce chiuso nel suo io, pensa a sé, ai suoi interessi, è egoista, quando incontra il messaggio

d'amore di Gesù dovrebbe essere spinto a diventare diverso: uomo aperto, solidale e altruista.

I ragazzi respirano quotidianamente la nostra attuale cultura contrassegnata dall'emergere, dal riuscire,

dall'arricchire, dal vincere, dall'arrivare. Come operare delle scelte alternative a questi rovinosi

messaggi se la famiglia non vive diversamente e educa diversamente il figlio? Queste giornate vogliono

essere un momento in cui poter vivere con il proprio figlio la vita della comunità, per una fede che tocca

il «cuore» e le scelte di vita

Cristina Govi

...e a Roncina Riprende anche quest'anno per tutte le famiglie e adulti all’oratorio di Roncina il corso sulla lettura biblica indicata dal Vescovo. Quest'anno il tema saranno le lettere di Paolo ai Colossesi e agli Efesini. Gli incontri saranno guidati dal diacono Giorgio De benedittis. Le date sono:

domenica 25 gennaio ore 16:30 domenica 22 febbraio ore 16:30

domenica 1 febbraio è la giornata della vita! Sarà festeggiata a Messa con la partecipazione dei bambini della scuola materna e di mamme e bambini di Casa Ester. Dopo la Messa, il pranzo in parrocchia. Per maggiori informazioni: Luca Riccò

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Progetto Barbiana...gli aggiornamenti Aggiornamenti da una Catechista di quinta elementare… Proprio ieri abbiamo fatto l'incontro mensile tutti INSIEME e con frate Antonello. Quest'anno i nostri incontri di catechismo non sono come tutti quelli degli anni scorsi. Infatti ci troviamo in oratorio di sabato e rimaniamo per quasi tutto il pomeriggio in compagnia, a lavorare al nostro progetto: cioè imparare più cose possibili su Don Milani e metterle tutte insieme in uno spettacolo da realizzare in aprile per tutta la parrocchia. Questo spettacolo sarà importante perché vorremmo servisse a trasmettere a tutta la comunità le cose che abbiamo imparato quest'anno su Don Milani e sulla sua scuola di Barbiana, grazie a frate Antonello. C'è da dire subito che noi ci divertiamo un sacco, perché stiamo tanto tempo in compagnia e ognuno fa quello che è più bravo a fare: chi disegna, chi dipinge, chi canta, chi compone la recitazione, chi balla, chi dà il suo contributo in tutti modi possibili. Tutti INSIEME, veramente tutti: frate Antonello, Don Paolo, tutti ragazzi, gli educatori che seguiranno i ragazzi dopo la cresima, e soprattutto anche tantissimi genitori insieme a noi catechiste! Sul progetto Barbiana e sullo spettacolo non voglio darvi troppi aggiornamenti. Vi basti sapere che sarà tutto una sorpresa bellissima e che lo spettacolo sarà assolutamente unico, originalissimo, imprevedibile, ma soprattutto pieno della saggezza semplice del priore di Barbiana. Per adesso vi dico che ci stiamo divertendo, imparando a lavorare INSIEME, adulti con i bambini, facendo attività che magari non avevamo mai fatto prima ma che stiamo imparando insieme. Vi aspettiamo tutti, il 18 aprile per la prima del nostro spettacolo!!!

Elena Motti

In campeggio con Don Milani Durante queste feste natalizie sono andato ad un campeggino organizzato dalla parrocchia nella località di Minozzo con i ragazzi di seconda e terza media e gli educatori dal 2 al 5 gennaio. Il tema del campeggino era l’esperienza di Don Milani come insegnante elementare a Barbiana, minuscolo centro agricolo nel mugello a pochi chilometri da Firenze. Nelle giornate trascorse assieme abbiamo visto un film dedicato a Don Milani, al termine del quale, con l’aiuto di Don Paolo, abbiamo lavorato a piccolo gruppo per estrapolare gli aspetti e i messaggi più importanti dell’esperienza di questo prete. Il film racconta la storia di questo giovane prete che, in questo piccolo paesino dell’appennino tosco-emiliano aprì una scuola per i figli dei contadini che, altrimenti, non avrebbero potuto studiare perché costretti a lavorare con i propri genitori nei campi. Fu talmente bravo che la scuola, partita con sette bambini, arrivò ad averne qualche decina. La cosa che colpisce di più è che lui insegnava ai bambini in una piccola stanzetta della sagrestia a leggere, scrivere, la matematica e l’inglese. La prima parola che gli insegnò in inglese fu “I Care” che significa “Io mi prendo cura di qualcuno” inteso come mio prossimo. Negli

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approfondimenti successivi alla visione del film abbiamo trattato questi due aspetti fondamentali: Il diritto allo studio: per noi è scontato, ma allora, come anche oggi in molte parti del mondo, è ancora una conquista difficile da raggiungere: un esempio calzante è la storia di Iqbal Masih, un bambino pakistano che intrecciava tappeti dall’età di sei anni anziché andare a scuola o giocare come devono fare i bambini della sua età. Aiutare il prossimo: a Don Milani nessuno gli aveva chiesto di aprire la scuola, ma lui vedendo le condizioni di questi bambini a cui era negata l’istruzione, si sentì in obbligo di aiutarli, mettendo a disposizione tutto se stesso e le sue conoscenze. Perché quello che sappiamo fare è giusto condividerlo con gli altri. Per concludere dico che qua a Reggio, ma anche in tante altre città italiane, esistono scuole dedicate a lui, che testimoniano l’impegno e l’amore verso noi ragazzi.

Michele Guidotti

Don Milani e la forza della parola “Solo la lingua rende uguali ed ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo domani” Questa espressione colorita sull’importanza del conoscere e dell’avere parole dentro la propria testa e soprattutto nel cuore, è di don Lorenzo Milani, (1923-167), personaggio al quale è dedicato il parte il cammino formativo dei bambini e dei giovani dell’Unità pastorale Esiliato a vivere in un non paese chiamato Barbiana all’età di 31 anni, si accorse immediatamente che i contadini del Mugello avevano una cultura diversa, ma non per questo inferiore, a quella dei cittadini della vicina Firenze…Cosa mancava ai primi che invece avevano i secondi? La parole, la capacità di esprimere il proprio vissuto, le proprie idee e le proprie convinzioni. Parlando ai suoi giovani così il Priore diceva: “Voi non sapete leggere la prima pagina del giornale, quella che conta, e vi buttate come disperati sulle pagine dello sport. E’ il padrone che vi vuole così perché chi sa leggere e scrivere le prime pagine del giornale è oggi e sarà domani dominatore del mondo.” Ma il priore – e questo è bene sottolinearlo – non era un politico, nemmeno un sociologo o un pedagogista (vesti che nel corso degli anni gli son state cucite indebitamente addosso), era un prete, un uomo di Dio, e credeva alle parole perché amava la Parola. Così scrive: “ Dal punto di vista proprio di parroco ho l’incarico di predicare il Vangelo. Predicarlo in greco non si può perché non intendono. Sicché bisogna predicarlo in Italiano. Resta da dimostrare che i miei parrocchiani intendano l’italiano. Non son capaci di una lingua che non sia quella che seva per vendere i polli al mercato di Vicchio il giovedì. Ed io non mi abbasso al livello dei miei parrocchiani. Io seguito il mio linguaggio alto, e quindi o loro vengono al mio linguaggio o non ci si parla” Presunzione? Arroganza? Incapacità di abbassarsi all’altro? Assolutamente no! Consapevolezza che le parole, e soprattutto la Parola, hanno una loro dignità, che vanno conquistate e non vendute a basso prezzo (come i polli di Vicchio!), che sono un tesoro nascosto nel campo che una volta trovato va fatto fruttare per il bene di tutti. Si racconta (e l’ho udito da testimoni oculari) che nei giorni festivi a Barbiana, dopo la celebrazione della Messa , il priore facesse la lectio divina sul brano evangelico del giorno e lo spiegasse ai contadini facendo l’esegesi dei vocaboli greci e latini ….durata dell’evento? A volte due ore …e finché non tutti avevano capito non ci si alzava dal prato o dalle sedie della canonica (a seconda della stagione) per tornarsene ai propri casolari. Che potere la Parola!!! Fr. Antonello

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Le date del corso

23 gennaio

LA FORMAZIONE DELLA MENTALITÀ MODERNA:

DALLA RIFORMA PROTESTANTE

ALL'ILLUMINISMO (II)

(La relazione tra la riforma protestante e la

formazione di quella mentalità laica che troverà

nell'illuminismo il fenomeno di sintesi)

27 febbraio

IL TRIONFO DEL MONDO BORGHESE

(Luci ed ombre del trionfo della società europea

ottocentesca)

27 marzo

ALLA TRAGEDIA DEI TOTALITARISMI AL MONDO

ATTUALE

(I totalitarismi del '900: la lettura di tali regimi

come fenomeni di "religioni politiche")

Alle origini della nostra cultura Nei locali del nuovo oratorio di Regina Pacis si sta svolgendo, dall'ottobre 2014, con scadenza mensile, un corso di storia tenuto dal professor Daniele Semprini, docente di storia e filosofia al Liceo "R. Corso" di Correggio, che ha per tema "Linee di formazione e sviluppo della mentalità contemporanea". L'oggetto del discorso è, appunto, la mentalità contemporanea dominante che, come afferma Brad Gregory, docente di Storia moderna europea all'Università di Notre Dame (Stati Uniti), è caratterizzata da "un iperpluralismo di impegni religiosi e secolari...per l'uomo i significati, la morale e i valori possono essere solo quelli che- senza limitazione alcuna- gli stessi esseri umani si danno, soggettivamente e contingentemente, ...non siamo in grado di sapere se qualcuno di questi sia qualcosa di più". Le sei lezioni del corso intendono ricostruire il percorso storico, mettendo a fuoco alcuni snodi fondamentali attraverso cui tale mentalità si è andata lentamente formando. In questo modo ciò che oggi può apparire come "naturale" e quindi ovvio può diventare problema, ad esempio il fatto che, per essere veramente tolleranti e democratici, occorra "relativizzare" qualunque verità (in primo luogo quella cristiana). Il filo del discorso svolto è legato ad alcuni criteri basilari: il primo è quello già menzionato che una mentalità relativista così diffusa ed invadente non può essere assunta acriticamente, ma compresa nella sua genesi storica; un altro criterio consiste nella convinzione che nella storia umana tutto sia frutto di scelte libere e che gli eventi non accadono necessariamente come frutto di "leggi" che determinano il cammino umano alla stregua dei fenomeni naturali (com'è risultato chiaro nella prima lezione sulle origini della Prima Guerra Mondiale); in terzo luogo, appare chiaro che la libertà è mossa da esigenze essenziali, comuni agli uomini di tutti i tempi; esigenze di felicità, di giustizia, di verità, di bellezza, di significato. La storia è come un grande megaschermo in cui si manifestano le risposte che gli uomini hanno cercato di dare a tali domande, nel bene e nel male, a livello personale e sociale. Tentare di capire come tali bisogni essenziali siano entrati in gioco e come si siano concretizzati rende il discorso storico veramente affascinante perché lo rende "contemporaneo", ma senza "attualizzazioni forzate". In particolare il corso intende mettere in rilievo come anche i cristiani abbiano avuto la loro parte di responsabilità nella formazione della mentalità attuale e non possano considerarsi "vittime" di un processo di "secolarizzazione" che li vedrebbe

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Arte, nipote di Dio sì che vostr'arte a Dio quasi è nepote. (Dante Alighieri, Divina commedia)

5 serate per imparare insieme a guardare la pittura

martedì 10 febbraio Come si guarda un dipinto

martedì 17 febbraio Dipinti che raccontano storie (sacre e profane): l'Uomo dell'Apocalisse nella cripta di Anagni; gli antenati di Gesù nella cappella Sistina; le Metamorfosi di Ovidio e altro... martedì 3 marzo Cicli reggiani: le donne di Israele in Ghiara; peccato e redenzione in San Prospero; il Veggente di Patmos in San Giovannino martedì 7 aprile Storia del paesaggio: dal cielo d'oro all'aeropittura passando per le nuvole barocche martedì 21 aprile Alla ricerca di Dio nella pittura moderna: Van Gogh, gli espressionisti e gli altri

Gli incontri si tengono all'oratorio di Regina Pacis, dalle 21 alle 22 e 30 e sono guidati da Giorgio De Benedittis. Alla fine, chiacchierando d'arte, si può mangiare e bere qualcosa. L'iscrizione costa 30 €.

estranei e, sostanzialmente, incolpevoli. Allo stesso tempo il corso tenta di non allinearsi con la posizione di chi fa iniziare la storia della "vera Chiesa" solo dal Concilio Vaticano II. L'intenzione fondamentale è quella di aiutare ad una presa di coscienza della nostra storia occidentale tale per cui, fatti i conti con meriti e tradimenti gravi e profondi, si possa guardare al presente con il senso di una nuova responsabilità che approfitta degli errori passati, sia nel campo ecclesiale che in quello laico, e s'accorge di trovarsi di fronte ad un compito di "nuova evangelizzazione" affascinante, come gli ultimi papi ci hanno testimoniato e richiamato.

Daria Lambertini

Ritiro di Avvento per gli Adulti con don Daniele Moretto Ritiro di breve durata, ma particolarmente intenso, di preghiera e di contenuto, quello proposto dall’Azione Cattolica per la zona ovest del Vicariato cittadino nel pomeriggio di domenica 14 Dicembre. Don Daniele Moretto, Direttore (e insegnante) dello Studio Teologico nel nostro Seminario, ci ha aiutato, con il suo stile puntuale ed efficace, a pregare e riflettere sulle parole evangeliche che fanno da sfondo al nostro annuale impegno associativo: “Con speranza: coraggio, sono io, non temete”. Tre suoi brevi interventi, intercalati dalla riflessione e la preghiera adorante e silenziosa in chiesa, hanno trasformato un pomeriggio domenicale prenatalizio in una forte occasione di spiritualità, un vero ritiro di Avvento. La speranza non è la virtù teologale “Cenerentola”, ma colei rende l’uomo completo, perché lo sa tenere unito, con il suo passato, il suo presente e il suo futuro. L’uomo di speranza sa guardare al proprio passato con gratitudine, sa rimanere nel presente con fiducia operosa e sa guardare al futuro nella certezza dell’amore di Dio. Nei tre diversi interventi, don Daniele ha ripercorso, con l’aiuto delle Scritture: il percorso salvifico di Dio dal popolo d’Israele (la gratitudine per le opere compiute da Dio), la presenza di Gesù di Nazareth, che vive il suo presente nella

costante fiducia in Dio. Infine S.Paolo, con le sue parole sulla speranza rivolta al futuro, quella “che non delude”, perché “nessuno potrà mai separarci dall’amore di Dio”. Nulla è mancato: la centralità della Scrittura, la riflessione teologica... E il rimando, centrale e profondo alla propria vita personale, che ha avuto la possibilità di trasformarsi immediatamente in preghiera. Un grazie speciale a don Ennio Munari, alla Parrocchia di Roncina per l’ospitalità e ai numerosi partecipanti delle parrocchie di Regina Pacis e Spirito Santo, insieme a don Riccardo: hanno dato al ritiro un respiro ampio e fraterno.

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Alimenta la schiavitù la corruzione e la complicità con i trafficanti di uomini di chi dovrebbe invece tutelare la legalità (membri delle forze dell’ordine o di istituzioni pubbliche). Altri fenomeni creatori di schiavitù sono i conflitti armati, le violenze, la criminalità, il terrorismo. Dopo l'analisi del problema, il papa si pone la domanda inevitabile: Cosa fare? Quale impegno ci è richiesto? La domanda è inevitabile, ma nello stesso tempo scoraggiante: cosa possiamo realisticamente fare di fronte a problemi così vasti, che il papa non esita a definire globali? Il messaggio del papa propone l'impegno contro la schiavitù a livelli molto differenziati. Sintetizzerei la sua proposta in tre punti. C'è un livello politico (che ha al suo interno a sua volta vari aspetti e livelli di ampiezza): se qualcuno pensa che la politica sia un'attività sporca, nel messaggio del papa può trovare motivi sufficienti per un impegno politico nobile e addirittura santo. C'è poi la “responsabilità sociale del consumatore. Infatti, ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che «acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. Il papa esorta a praticare un consumo critico: non dobbiamo chiudere gli occhi “quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone”. C'è, infine, il livello dell'incontro quotidiano e personale: “compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà.” In questo passaggio del discorso, più che in ogni altro, sentiamo lo stile caratteristico di papa Francesco.

Ma si può sempre fare un’altra battuta (articolo di Giacomo Poretti apparso su Avvenire il 17 gennaio 2015) Il padre costituente della comicità italiana, nonché padre di Peppone e don Camillo, Giovannino Guareschi, trascorse in prigione 405 giorni della sua vita perché – oltre a prendere per vere alcune lettere (false) in cui De Gasperi avrebbe invitato gli anglo-americani a bombardare Roma – fece pubblicare sulla rivista Il Candido una vignetta in cui raffigurava l’allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi, tra due file di bottiglie di Nebbiolo, il Nebbiolo del Senatore Einaudi, e la intitolò "Corazzieri". Nel lontano 1993, come trio "Aldo, Giovanni e Giacomo", subimmo l’unica censura della nostra carriera di comici: partecipavamo alla trasmissione Celito Lindo di Rai3 e nel ruolo dei vecchietti avremmo voluto commentare l’indiscrezione che Sandra Milo avrebbe concepito, come ci si esprimeva allora, un bimbo in provetta all’età di 60 anni; la battuta era questa: «Sai cosa ha detto il bambino quando ha visto per la prima volta Sandra Milo?». «No». «Ciao nonna!». Il responsabile degli autori, Sergio Staino (ovvero Bobo), disse che dovevamo togliere la battuta, altrimenti non saremmo andati in onda. Potevamo forse

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mettere a repentaglio la nostra carriera perché ad un rigido burocrate della comicità si era ristretto il concetto di ironia? Quattro anni fa, per il nostro film La banda dei Babbi Natale un’organizzazione di animalisti organizzò una vibrata protesta perché in una scena Giovanni (sempre lui !) prendeva a calci un gatto di peluche. La stessa organizzazione non vide , o non volle vedere, che qualche scena dopo l’attrice Mara Maionchi, nel ruolo di una odiosa suocera, veniva sedata a forza e buttata in un cassonetto. Nessuna organizzazione a difesa delle suocere si è fatta viva. Perché? Conta più un peluche di una suocera? La conosco la risposta dei più, ma è irriferibile, e soprattutto la mia era una domanda retorica rivolta a quelli che hanno il cervello più ottuso di un gatto di peluche. Qualche anno fa, un organismo deputato alla sorveglianza dei contenuti pubblicitari, dopo aver visionato un nostro spot, decise di impedire la messa in onda dello stesso perché nel finale un cagnolino finiva in lavatrice; lo abbiamo modificato e Giovanni (ancora lui!) si limitava ad accennare il gesto, ma il cane era salvo dalla centrifuga. È curioso sapere che due settimane più tardi, in un altro spot, un attore, uomo, anzi un omino, di nome Il Sottoscritto finiva nella stessa lavatrice, e questo con il nulla osta degli organi competenti. Aiutatemi a risolvere questo dilemma: vale più un cane di un attore? O forse l’attore è più cane del cane attore? Si offende di più il cane o l’uomo? È più importante salvaguardare dal ridicolo il cane o l’uomo? E, ancora, chi possiede di più ironia, il cane o il funzionario dell’organismo di controllo? Chi è più ipocrita: l’uomo o il miglior amico dell’uomo? Insomma, ve ne sarete accorti: a chi si occupa di comicità prima o poi capitano dei guai. Perché quando fai questo mestiere c’è il rischio molto alto che qualcuno si arrabbi e si offenda. Noi tre, nella nostra carriera quasi venticinquennale, siamo riusciti a fare arrabbiare diverse categorie nosografiche: da quelli con i disturbi dell’apprendimento e del linguaggio, i dislessici, a quelli con disturbi comportamentali quali l’isteria e l’oligofrenia, fino a quelli con disturbi degenerativi quali l’Alzheimer; siamo riusciti a fare insorgere i meridionali, i grassi, i piccoli, quelli che si curano con l’Ayurveda, quelli che se hanno la bronchite prendono i fiori di Bach, quei ladri degli juventini, e le signore che a 60 anni vogliono fare un figlio. In genere, sono i parenti, i segretari o gli avvocati delle associazioni dei disturbi di cui sopra che si arrabbiano di più. Fare il comico è molto divertente ma anche molto complicato. La libertà di satira, la libertà di comicità, la libertà di espressione non è mai gratis e non è mai libera totalmente, semplicemente perché non esiste un solo pronome, ma ne esistono almeno due: io e tu. Ma non basterebbe applicare quella definizione di M.L. King – «la mia libertà finisce dove comincia la vostra» – traslandola in questo modo: «La mia comicità finisce sulla soglia delle vostre cose più care»? Non è sempre facile capire quali sono le cose più care per un dislessico, per un malato di Alzheimer, per un cane, per un meridionale, per un omosessuale, per un nero, per uno che adora la Madonna o Maometto. Lo sa perfino Papa Camillo, pardon Francesco, che giovedì ha fatto "outing" a nome di tutte le persone di buon senso, che se tocchi la mamma, la Madonna e la tua squadra di calcio ti monta talmente la rabbia che ti arrotoli le maniche della tonaca e cominci a menare cazzotti come don Camillo con Peppone. Lo sanno persino i benpensanti e i tifosi del politicamente corretto che dove ci son le scarpe grosse spesso il cervello è fino e che farsi prendere per i fondelli non piace proprio a nessuno, nemmeno a loro. A proposito della battuta censurata su Sandra Milo, non è morto nessuno, anche perché di comicità non dove morire nessuno, se non dal gran ridere; dicevo di quella battuta: ci siamo offesi a morte e abbiamo giurato sulla barba di Staino che saremmo diventati famosi alla faccia sua, poi abbiamo cambiato soggetto e battuta. Perché c’è sempre la possibilità di fare un’altra battuta.

Responsabile: Don Paolo Cugini

Coordinamento: Don Paolo Cugini, Nicolò

Orlandini, Luca Lusetti.

Layout e grafica: Nicolò Orlandini.

Testi e Contenuti: Don Paolo Cugini, Giorgio De

Benedictis, Luca Lusetti, Poffy, i ragazzi di 1° e 2°

superiore di Regina Pacis, Don Luca, Gianluca

Guidetti, Clara Florimo, Cristina Govi, Luca

Riccò, Elena Motti, Michele Guidotti, Fr.

Antonello, Daria Lambertini, Loretta Dellascala,

Félicia Ameyo Athiley, Giulia Fioravanti, Rita

Mussini.

Bollettino Informativo dell’Unità Pastorale

Regina Pacis - Roncina - Spirito Santo

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