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MENSILE UNITA’ PASTORALE REGINAPACIS RONCINA SPIRITO SANTO – MARZO 2015 INSIEME E’ CARITA’ Stiamo vivendo questo periodo forte dell’anno liturgico che è la quaresima. Periodo di riflessione, una riflessione aiutata dal digiuno da tutto quelle cose che distolgono le nostre vite quotidiane da ciò che è veramente importante e fondamentale; quelle cose che allontanano i nostri pensieri e le nostre azioni dal Signore e dall’insegnamento che attraverso il Vangelo abbiamo ricevuto e che stentiamo ad applicare e a vivere nelle nostre giornate. Dicevo tempo di riflessione nel quale ciascuno guarda dentro di se, quindi un’azione personale. Ma questa azione personale è inserita in un cammino di conversione di tutta la chiesa che quindi nasce e si alimenta attraverso il rapporto con i nostri fratelli nella fede. E’ bello vedere che questo è proprio il tempo nel quale le nostre comunità parrocchiali, da diversi anni, camminano insieme, anche se faticosamente, per aiutarsi vicendevolmente in questa riflessione. E’ ancora più bello vedere che le nostre tre parrocchie camminano insieme anche alle altre sette parrocchie della nostra zona pastorale. Ormai da diversi anni, in quaresima, condividiamo alcuni momenti forti che sono le stazioni quaresimali ed il ritiro spirituale. Momenti che ciascuna comunità si trova di volta in volta a vivere come ospite o come ospitante creando in questo modo una relazione di amicizia e di condivisione che parte dalla consapevolezza di essere figli di uno stesso Padre indipendentemente dai doni e dalle peculiarità di ciascuna di esse. [CONTINUA A PAGINA 16]

Insieme marzo 2015

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MENSILE UNITA’ PASTORALE REGINAPACIS RONCINA SPIRITO SANTO – MARZO 2015

INSIEME E’ CARITA’ Stiamo vivendo questo periodo forte dell’anno liturgico che è la quaresima. Periodo di riflessione, una riflessione

aiutata dal digiuno da tutto quelle cose che distolgono le nostre vite quotidiane da ciò che è veramente

importante e fondamentale; quelle cose che allontanano i nostri pensieri e le nostre azioni dal Signore e

dall’insegnamento che attraverso il Vangelo abbiamo ricevuto e che stentiamo ad applicare e a vivere nelle nostre

giornate. Dicevo tempo di riflessione nel quale ciascuno guarda dentro di se, quindi un’azione personale. Ma

questa azione personale è inserita in un cammino di conversione di tutta la chiesa che quindi nasce e si alimenta

attraverso il rapporto con i nostri fratelli nella fede. E’ bello vedere che questo è proprio il tempo nel quale le

nostre comunità parrocchiali, da diversi anni, camminano insieme, anche se faticosamente, per aiutarsi

vicendevolmente in questa riflessione. E’ ancora più bello vedere che le nostre tre parrocchie camminano insieme

anche alle altre sette parrocchie della nostra zona pastorale. Ormai da diversi anni, in quaresima, condividiamo

alcuni momenti forti che sono le stazioni quaresimali ed il ritiro spirituale. Momenti che ciascuna comunità si trova

di volta in volta a vivere come ospite o come ospitante creando in questo modo una relazione di amicizia e di

condivisione che parte dalla consapevolezza di essere figli di uno stesso Padre indipendentemente dai doni e dalle

peculiarità di ciascuna di esse. [CONTINUA A PAGINA 16]

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E’ tempo di rigenerazione Come non perdere l’orientamento in tempo di Quaresima

Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? (Vangelo di Marco 8,36)

Viviamo immersi nella società dell'apparenza e rischiamo fortemente di perdere di vista le priorità della vita. Capita spesso di vedere personaggi dello spettacolo che non accettano il naturale processo di invecchiamento e che ricorrono a ripetuti interventi di chirurgia plastica nel patetico tentativo di rimanere eternamente giovani... O persone che dedicano tutta la vita ad accumulare beni materiali che prima o poi diventeranno inutilizzabili, perpetuando la parabola del ricco stolto (Luca, 12, 13-21) Investiamo molto tempo, energie, denaro nelle realtà transitorie, passeggere, e siamo portati a pensare poco ai fondamenti, alle domande di senso, alla nostra sfera spirituale. Abbiamo tutti una sfera psicofisica ed una sfera spirituale. Dobbiamo prenderci cura di entrambe per vivere in uno stato di equilibrio. E' doveroso prendersi cura del corpo, ma è saggio e indispensabile anche prendersi cura dell'anima, della nostra parte spirituale, che, se non nutrita, rischia anch'essa di atrofizzarsi. Anche perché, la nostra sfera fisica, prima o poi ci lascerà; il nostro corpo si deteriora e va incontro al progressivo disfacimento (alla faccia della chirurgia estetica!), mentre la nostra sfera spirituale, invece, è ciò che siamo, ciò che rimane e che ci accompagna per sempre. Il tempo di quaresima, tempo non di mortificazioni ma di vivificazione, serve proprio a rigenerare la nostra anima e ci ricorda di prenderci cura della nostra parte spirituale, dedicandoci meno alle cose superflue o rinviabili (digiuno) e pensando di più alle cose essenziali. Spesso, quando una proposta ci interessa poco, accampiamo la scusa di non avere tempo. In realtà, il tempo per fare le cose che ci interessano veramente, lo troviamo sempre. La quaresima ci offre l'occasione di dedicare tempo alle cose che contano, ci invita a fermarci, a riflettere, a meditare, a riorientare la nostra vita, a rigenerarci. Come sto? Cosa sto costruendo? Sono contento della mia vita? Sono tante le domande che possiamo e dobbiamo farci, per non perdere l'orientamento. Se nella nostra vita ci sono degli aspetti che non vanno, siamo chiamati a convertirci, a riorientarci. Per nutrire l'anima dobbiamo cercare cose buone e belle. Un ritiro spirituale, la meditazione quotidiana della Bibbia ed in particolare dei Vangeli, più tempo impiegato a dedicarsi alle persone che hanno più bisogno, un buon libro, un bel film, immergersi nel creato, nell'arte....Queste realtà ci riportano alla nostra origine, qui possiamo trovare il bello e il buono che sono i riflessi di Dio creatore. Qui troviamo le risposte alle domande di senso che troppo spesso teniamo sommerse sotto la montagna dell'effimero. Solo così eviteremo di cadere nella trappola descritta dalla famosa frase di John Lennon: “La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati in altri progetti” Buona Quaresima! Giovanni Dazzi

SERVE CHI AMA Stazioni quaresimali 2015

MERCOLEDI 25 FEBBRAIO ORE 21

GAIDA – Celebrazione Eucaristica

MERCOLEDI 4 MARZO ORE 21

RONCOCESI – Celebrazione Eucaristica

MERCOLEDI 11 MARZO ORE 21

SAN PIO X – Celebrazione Eucaristica nel

10° anniversario di apertura del Centro di

ascolto Caritas della zona pastorale.

MERCOLEDI 18 MARZO ORE 21

SPIRITO SANTO – Liturgia Penitenziale con

Sacramento della Riconciliazione

MERCOLEDI 25 MARZO ORE 21

REGINA PACIS – Celebrazione Eucaristica

VENERDI 3 APRILE ORE 21

Via Crucis cittadina

RITIRO QUARESIMA ADULTI

22 marzo nella cripta del seminario dalle 15 alle 18

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La Carità che umilia Pensare la carità a partire dai poveri

(Sintesi del primo incontro formativo organizzato dalla Caritas

e realizzato a Regina Pacis il 31 gennaio)

Pensare la carità a partire dai poveri, ascoltando il loro punto di vista, sforzandomi di guardare la storia dalla loro finestra. E’ questo che ho cercato di fare in quattordici anni di Brasile, vivendo in quartieri poveri, in case fatiscenti. L’ho fatto non per spirito filantropico o per non so cosa, ma per seguire l’esempio di Gesù che, come ci ricorda san Paolo, sì è abbassato facendosi servo e venendo ad abitare in mezzo a noi. Guardare il mondo dalla finestra dei poveri cercando di cogliere il più possibile la loro prospettiva: è questo che mi ha animato in quei bellissimi e pesanti anni. E allora si scopre che della nostra così detta carità, dei nostri aiuti, per lo meno così come li intendiamo noi, spesso i poveri non sanno cosa farsene, anzi, spesso e volentieri sono inutili o addirittura dannosi. Non ce lo dicono, anzi ci fanno dei sorrisi simpatici, perché sanno che gli Occidentali si alimentano di sorrisi di gratitudine. Siamo contenti quando facciamo del bene, soprattutto a persone che vivono distanti da noi. Per questo preferiamo avere un rapporto costante mensile con qualcuno che vive migliaia di chilometri lontano da noi, piuttosto che dare un po’ di attenzione (costa zero euro) a chi ci sta vicino. Gesù ci ha insegnato a farci prossimi, ad avvicinarci, a metterci nei panni di coloro che incontriamo. Gesù ci ha insegnato a vedere nel prossimo non un oggetto per un possibile soddisfacimento del nostro orgoglio cristiano, ma una persona. Senza questo sforzo empatico si rischia di riprodurre modelli colonizzatori, di traferire sui poveri le nostre parziali e arroganti visioni del mondo, di costruire fantomatici progetti sociali con soldi che non ci costano nessuna fatica e pretendere che i poveri ci dicano grazie. E poi ci arrabbiamo se questo non avviene. Entriamo nel loro mondo e pretendiamo di aiutarli come ci pare a noi, spesso e volentieri senza fare un minimo sforzo di ascolto, per lasciarci consegnare i reali problemi e pretendiamo anche di essere ringraziati. Ci offendiamo quando il nostro buonismo non è riconosciuto. Facciamo i capricci e mettiamo il muso. La mentalità di colonizzatori, anche spirituali, ci accompagna continuamente. Apprendere a vedere il mondo a partire

dall’altro esige tempo. Non basta una visita estiva di qualche settimana o di qualche mese: esige anni. Spesso però, non bastano neanche gli anni. Quanti missionari vivono in missione con uno stile di vita europeo (per non parlare del doloroso tema delle case religiose). Mettersi nei panni dell’altro esige, infatti, la disponibilità a percorrere un cammino di morte culturale e spirituale. Per accogliere l’altro con il suo mondo è necessario essere disposti all’ascolto e questo esige spazio nella nostra mente e nella nostra anima. Senza questa

disponibilità di mettersi in discussione, di farsi mettere in discussione da coloro che incontriamo diventa difficile un processo di conoscenza autentico. Questo è forse l’aspetto più problematico che può nascere solamente da una persona che si mette alla sequela del Signore. E’ un aspetto problematico perché c’è nell’uomo Occidentale, nel suo DNA culturale una sorta di arroganza culturale che lo fa sentire superiore e, questa superiorità si traduce nel bisogno di aiutare le persone di altre culture ad assimilare i valori Occidentali.

LE RADICI E LE VELE Ultimo appuntamento del corso...

28 febbraio 2015 - ore 16.30 “LE RADICI E LE VELE”

Rel. Operatori Caritas diocesana

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Questo sentimento di superiorità lo si nota non solo a livello macro, e cioè nei rapporti internazionali tra Paesi del così detto primo mondo a contatto con i Paesi poveri o in via di sviluppo, ma anche ad altri livelli. L’ho notato in me stesso tante volte. Credere che un povero possa dirci qualcosa, possa insegnarci qualcosa è forse al di là delle nostre capacità umane e spirituali. Diciamo a parole che siamo tutti uguali, ma nei fatti da come ci comportiamo, dal modo nel quale pensiamo di aiutare, ci sentiamo superiori, con un diritto indiscutibile a insegnare al mondo dei poveri come si vive. Non basta fare del bene per essere buoni: dipende come lo facciamo. C’è, infatti, un bene che umilia, una carità che invece di produrre il bene incentiva cammini di morte. Pensiamo di fare il bene, mentre in realtà facciamo il male. Ci sentiamo interiormente bene perché abbiamo fatto l’elemosina ad un povero o pagato la quota dell’adozione a distanza, e invece abbiamo contribuito a sostenere sistemi corrotti. Possono sembrare affermazioni assurde e contradditorie, ma in realtà non sono nient’altro che riflessioni sorte

da anni di esperienza sul campo. Ci siamo abituati a spacciare per carità qualcosa che carità non è, per lo meno quella ispirata dal Vangelo di Gesù. Quanta gente si nasconde dietro Cristo per fare e coltivare i propri interessi che, spesso e volentieri, sono loschi! E’ importante ogni tanto fermarsi per verificare il senso dei gesti che facciamo, anche quelli in apparenza buoni. Forse il periodo di Natale potrebbe servire anche per questa verifica. La carità che viene da Dio e che, in modo speciale, si è manifestata nella vita di Gesù Cristo, è gratuita e si avvicina all’altro come cura. Gesù quando cura qualcuno nel Vangelo lo rialza, gli permette di alzarsi e camminare con le proprie gambe e così continuare il cammino da solo. La carità di Gesù non schiaccia il povero nella sua povertà, ma gli permette di uscirne. La carità che scaturisce dallo Spirito del Signore non genera dipendenza. Quanti progetti sociali, gestiti anche da entità legati alla Chiesa, sono marcati da una dipendenza radicale dai soldi che vengono da fuori. Se i progetti sociali che sono messi in piedi dall’Occidente nei paesi poveri, non stimolano la collaborazione del potere

locale e il coinvolgimento diretto dei poveri, sono dannosi perché creano dipendenza. Divengono, infatti, un incentivo di quegli stessi meccanismi di dipendenza messi in atto dai sistemi assistenzialisti dei politici corrotti, che si servono di ciò per mantenere i poveri alle loro dipendenze. E allora ecco il paradosso: facendola carità collaboriamo nel mantenimento di sistemi corrotti (non sono né il primo né l’ultimo a sostenerlo.

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Potete leggervi a questo riguardo il libro della giornalista africana Moyo - La carità che uccide - nel quale sostiene, con una ricca documentazione che, chi ha devastato e impoverito l’Africa sono stati gli aiuti così detti umanitari!). C’è una carità, che carità non è, perché invece di liberare l’uomo e la donna li rende e li mantiene nella schiavitù. Gesù tutte le volte che entra in contatto con il povero è mosso dalla compassione, che è il contrario del sentimento di pena. Mentre, infatti, il sentimento di compassione ha come centro d’interesse l’altro nella sua situazione di povertà e s’interessa per farlo uscire da questa situazione, il sentimento di pena è centrato su se stesso. Chi è mosso da un sentimento di pena non è interessato a risolvere il problema dell’indigente, ma a soddisfare un bisogno personale, che nel caso in questione è mettere a posto la propria coscienza compiendo un gesto immediato con scarsissime conseguenze sul futuro. C’è tutto un modo di fare carità che dice chiaramente da che percorso spirituale veniamo. Sarebbe importante, allora, approfittare del tempo liturgico di quaresima che inizia fra due settimane, per verificare da dove veniamo e dove stiamo andando. Don Paolo Cugini

Il laico nel percorso missionario: riflessioni e proposte per scelte concrete

Una delle caratteristiche che impulsionano il tessuto ecclesiale della Chiesa Latinoamericana è la partecipazione attiva dei laici in tutto il percorso pastorale delle Comunità/Parrocchie. Di fatto la loro presenza si percepisce non solo nel momento di realizzare le attività pastorali, ma anche in sede di progettazione e di scelte pastorali la loro voce è sempre presente ed ascoltata. Questa spiritualità conciliare che esalta tutto il Popolo di Dio e rende, a mio parere, meno clericale il cammino delle Comunità/Parrocchie è il frutto di una storia meravigliosa che ha lasciato le sue impronte marcanti e il suo impulso attraverso le cinque Conferenze Generali dell’Episcopato Latinoamericano, soprattutto quelle di Medellìn (1968), Puebla (1979) e Aparecida (2005). Nascono da questo impulso, che per me è diventato un’esigenza, una serie di servizi missionari, per laici, attenti alle linee programmatiche della Chiesa locale che accoglie e capaci di realizzare le azioni pastorali che sono state pensate per questo scopo. Così se pensiamo alla realtà della Diocesi di Ruy Barbosa con i suoi Ambiti di SERVIZIO, DIALOGO, ANNUNCIO, COMUNIONE e LITURGIA vi troviamo delle priorità come quella della Formazione civica, ambientale e sociopolitica, dove il missionario laico può spendere le proprie capacità o, in termini un po’ più evangelici, i propri talenti. Tra queste attività e servizi ne cito alcuni che mi sembrano più necessari perchè fanno parte proprio delle azioni pensate dalla e per la Diocesi di Ruy Barbosa. La creazione e il rendere più forti e operanti i Fórum della cittadinanza; La promozione di attività continue nelle Comunità/Parrocchie che coinvolgano gli ambiti socio-economici; La ricerca di strategie per affrontare la difficile realtà del Semiarido nordestino e il rapporto tra Fede e Politica; La partecipazione della Chiesa nei Consigli Municipali di Diritto*. Sono convinto che non si tratti di interventi sociali o strettamente tecnici, legati alla sfera della cooperazione internazionale o ad attività specifiche non strettamente missionarie. I servizi che propongo sono attività che aiutano, come ho già detto prima, a costruire le azioni per soddisfare le priorità diocesane, in particolare la prima, quella nell’ambito del Servizio. Servizi dallo spirito missionario. L’immergersi nelle complicate maglie della burocrazia brasiliana; conoscere le molteplici leggi, decreti e regolamenti; imparare la localizzazione degli spazi democratici ed il loro accesso per poter aiutare le persone ad organizzarsi e difendere i propri diritti umani; costruire percorsi insieme alle comunità di base per creare meccanismi di controllo sociale e di discussione politica (non partitica); aiutare le persone a conoscere, capire e valorizzare gli strumenti per la creazione di politiche pubbliche, per imparare i percorsi che anno acesso ai fondi

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pubblici (abbonadanti e poco conosciuti) sono diventati alcuni dei miei servizi missionari di questi ultimi anni. Tutto questo perché? Perché facendo così ci mettiamo in sintonia con il Documento di Aparecida (sintesi della V Conferenza Latino-Americana svoltasi in Brasile nel 2005) che dice: “Al chiamare i discepoli, Gesù, gli da una missione: annunciare il Vangelo del Regno a tutte le nazioni. Per questo, ogni discepolo è missionario. Discepolato e missione sono due facce della stessa moneta, compito essenziale dell’Evangelizzazione, che comprende l’opzione preferenziale per i poveri, la promozione umana e la autentica liberazione cristiana (DA146). Ci mettiamo in sintonia, anche, con le Direttrici Generali dell’Azione Evangelizzatrice della Chiesa nel

Brasile 2011-2015, documento di riferimento di tutta l’azione pastorale della Chiesa Brasiliana. Ai numeri 107 e 108 ci dice: “ Si incentivi sempre di più, la participação sociale e politica dei cristiani laici e laiche nei diversi livelli e istituzioni, promuovendo la formazione permanente ed azioni concrete. Si incentivi la partecipazione, attiva e cosciente, nei Consigli di Diritto. Con la promozione e con altre iniziative si incentivi la partecipazione nelle “campagne” ed in altre attività che cerchino di rendere effettivi, con gesti concreti, la convivenza pacifica, in mezzo ad una società marcata da una violenza che banalizza la vita. Soprattutto nel mondo di oggi, con la crisi della democrazia rappresentativa, cresce

l’importanza e, quindi, la necessità di collaborazione della Chiesa nel rafforzare la società civile, ed anche nel servizio per la unità e la fraternità dei popoli, specialmente dell’America Latina e dei Caraibi, come segno effettivo di pace e riconciliazione (107). Come cittadini cristiani, dobbiamo impegnarci alla ricerca di politiche pubbliche che offrano le condizioni necessarie al benessere delle persone, famiglie e popoli. È urgente che le comunità e le altre istituzioni cattoliche collaborino e agiscano insieme ad altre istituzioni private o pubbliche, con i movimenti popolari e altri enti della società civile, nel senso di rivendicare democraticamente la costruzione e l’esecuzione di politiche pubbliche rivolte alla difesa e alla promozione della vita e del bene comune, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa. È necessaria una presenza più effettiva della Chiesa nelle regioni suburbane, soprattutto nelle favelas” (108). Per tutte queste ragioni ritengo interessante la costruzione di percorsi che permettano ai laici, in particolar modo, in partenza per le nostre missioni diocesane in Brasile, ma non solo, di prendere coscienza di questa realtà (vedere), di farsi una idea delle necessità primaire e di come aiutare le persone a farle proprie (giudicare) e di creare strategie e azioni efficaci (agire). Volendo riassumere si tratterebbe di:

- Ascoltare la gente; - Organizzare incontri, dibattiti, momenti di riflessione; - Creare momenti formativi specifici; - Studiare leggi, regole e procedimenti delle Amministrazioni Pubbliche ai tre livelli (comunale,

statale, federale); - Coinvolgere il maggior numero possibile di attori in gioco; - Accompagnare e valutare le azioni messe in atto.

* Dal 2009 al 2011 sono stato presidente del CMDCA (Consiglio Municipale dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti) del Comune di Ruy Barbosa. Dal 2011 al 2012 sono stato consigliere supplente del CECA (Consiglio dello Stato della Bahia dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti) e dal giugno del 2013 con mandato fino al giugno del 2015 ne sono consigliere titolare.

Gianluca Guidetti Missionario laico in Bahia/Brasile0

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“In questo tempo costruito insieme, di noia non ce n’è!” Sabato 31 Gennaio – Festa di S. Giovanni Bosco

Si è tenuta presso l'oratorio di Regina Pacis la festa in ricordo di Don Bosco. Per gustarci l'occasione con fantasia, ecco la nostra ricetta: fissare un orario di ritrovo, le 15 nel nostro caso, preparare gli animi col racconto dell'uomo che ha ispirato quel momento, mettere in pista due giocolieri (l'Elena e Lollo) a scatenare gli applausi, schiarirsi la voce con un bel canto, proseguire sciogliendo i muscoli del corpo, ballando su quel canto. Spargere gli animi così macerati in una distesa, lasciarli all'aria ispirati dal gioco: pallavolo, bigliardino, maracas di bicchieri e fagioli, braccialetti, colori con cui sporcarsi (e colorare). Servire caldo, sopra il fuoco dell'accoglienza, accompagnato da pane e nutella. La festa è pronta. Ho parlato di calore, allora aggiungo agli ingredienti (disponibile a volte anche fuori stagione) il tocco di classe di un sole primaverile, che interpreto come un duplice regalo del buon Dio: a noi per dar sfogo al nostro chiasso, a Lui, per sentir meglio il nostro chiasso. Dalle originali maracas costruite con i bicchieri di plastica ai classici giochi con la palla, i bambini sanno potenziare ogni proposta con la loro energia che esplodendo ti ingloba. Che strano gioco di forze. Potrei approfondire questa carrellata ma più del dettaglio ci tenevo a descrivere l'atmosfera e le intenzioni. Veniamo quindi alle intenzioni: le feste dell'oratorio, te le devi portare a casa perché, come dice il fisico Carlo Rovelli (parlando di scienza, ma in fondo parlare della scienza è un po' come parlare di Dio), "il premio è la bellezza, e occhi nuovi per vedere il mondo". Faccio un esempio: partecipo ad un torneo di bigliardino e riesco a perdere (in coppia e malgrado l’impegno profuso) contro un piccolo grande avversario: il bambino non ce lo fa pesare, la metà della mia coppia dice che mi vuole bene lo stesso. Ecco gli occhi nuovi: vedo che il mio valore per l'altro prescinde dalle mie vittorie o dalle mie sconfitte; imparo che c'è chi sa vincere senza farti sentire un perdente: com'è bello questo tempo costruito insieme.

Oltre 33.000! Il parco di San Rossore (Pisa), al fianco degli animali e insetti che lo popolano tutto l’anno, dal 7 al 10 agosto ha ospitato una nuova specie di esseri viventi: gli scout. Per 3 giorni più di 33.000 ragazzi in braghe corte e divisa azzurra (o verde) provenienti da tutta Italia e non solo (erano presenti anche alcune delegazioni dalla Francia dalla Slovenia e dall’Iran) hanno vissuto nella vera e propria Città delle Tende edificata per questa occasione. Vi chiederete, perché tutto ciò? Quest’anno dopo ben 28 anni si è svolta la terza Route Nazionale dell’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani). Cos’è una Route? Di fatto è quella sorta di “vacanza” che gli scout fanno d’estate ma che non ha niente a che vedere con una tranquilla settimana ad Honolulu dato che si torna a casa più stanchi e sporchi di prima. Solitamente questo tipo di viaggio può consistere nel camminare seguendo un percorso a tappe e dormendo in tenda/posti che ci ospitano, oppure nel dedicarsi ad un determinato servizio da prestare in qualche luogo (come può essere andare in Serbia e gestire una campo estivo per bambini o andare nei campi di lavoro con Libera). Perciò si spiega perché si torna più sporchi di prima. Non tutti gli scout però fanno la Route, ma solamente quelli del Clan, ossia - in italiano – quelli di età tra i 16 e i 21 anni. Dunque questa era la fascia d’età rappresentata a San Rossore. La Route Nazionale, però si è svolta in maniera appena diversa

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rispetto a quella che ho precedentemente descritto. Infatti, dovendo incontrarsi così tante persone di diversa provenienza, si è deciso di effettuare dei gemellaggi tra i vari Clan(gruppi) di tutta Italia che nei 5 giorni precedenti il raduno ufficiale, hanno fatto una Route di cammino insieme organizzata dal gruppo ospitante. Con il mio gruppo, Reggio 4, abbiamo ospitato il Battipaglia 3 e il Genova 51 portandoli per 5 giorni su e giù dalle nostre colline, partendo da Puianello, per poi arrivare a Quattro Castella, Grassano, Casina, Carpineti e infine Castelnovo ne’ Monti. Per la prima volta nella loro vita hanno assaggiato lo gnocco fritto (che infanzia infelice senza gnocco fritto) e per la prima volta ho assaggiato la mozzarella di Battipaglia, davvero niente male. Poi, il 6 agosto abbiamo preso un pullman diretto per San Rossore. La Città delle Tende era divisa in 5 quartieri (noi eravamo nel quartiere della Speranza) ognuno dei quali ospitava circa 7 000 persone e 10.000.000 di formiche che ti entravano in tenda. Al centro di ogni settore c’era una piazza con un palco, un infermeria e un box per il mangiare, mentre in fondo alla lunga strada che collegava tutti i quartieri c’era un enorme campo, il Campo del Futuro, nel quale ci radunavamo tutti e 33.000 di fronte a un palco per le occasioni importanti da fare invidia a Vasco Rossi. Lì sopra sono saliti l’ultima sera Alex Bellini (che ha attraversato il Pacifico in barca a remi), Simona Atzori (la ballerina priva delle braccia dalla nascita), Silvia Emme (artista che utilizza la sabbia per disegnare) e musicisti come i Bamboo, Frankie Hi-Nrg, oltre a Pif e Jovanotti che pur non riuscendo ad essere presenti hanno mandato un video. La domenica, invece, hanno solcato il suolo di quel palco Matteo Renzi, non in veste di ex-

scout, ma di Presidente del Consiglio e il Cardinal Bagnasco il quale ha presieduto la messa conclusiva ed ha seguito in diretta la chiamata di Papa Francesco che non era potuto essere presente perché impegnato nel viaggio in Corea. Tutte queste persone sono venute con una ben precisa motivazione, quella di dare testimonianza, discutere e parlare di Coraggio. Il Coraggio, infatti, è stato il tema principale dell’evento, in particolare il coraggio di dare speranza, una

direzione (OneWay è il nome dato alla Route) ad una generazione che spesso gli adulti considerano senza futuro. La piazza principale del campo si chiamava Piazza del Coraggio e lì, sotto un orribile tendone da circo viola caldissimo si radunava il ‘Parlamentino’, composto da un ‘alfiere’ (rappresentante) per ogni gruppo di gemellaggio, che ha partorito il documento più importante uscito da San Rossore: la Carta del Coraggio. Tale carta consiste in un manifesto nel quale 33000 ragazzi tra i 16 e i 21 anni dicono cos’è per loro il coraggio, dichiarano in cosa intendono impegnarsi nella società civile e nella vita privata e chiedono alle istituzioni, in particolare allo Stato, alla Chiesa, ed all’associazione AGESCI di impegnarsi nella realizzazione di determinati obiettivi per i quali ritengono importante spendersi completamente. Nello scriverla, tra i lavori di commissione e l’assemblea, abbiamo cercato di non tralasciare nulla, infatti si è parlato di Coraggio di Amare, Coraggio di essere Chiesa, Coraggio nella Politica, nella Cittadinanza attiva, nell’Informazione, nell’Educazione/Istruzione, nelle situazioni di Emarginazione, nel Lavoro, nella Legalità, nel Territorio. Di certo, la cosa che più mi ha colpito è stato il fatto di impegnarsi nel migliorare in prima persona il modo che ci circonda prima di delegare ad altri questo compito. Così questo documento è stato consegnato al Presidente del Consiglio, al Presidente della CEI ed ai Presidenti dell’AGESCI, mentre il consiglio formatosi durante questi giorni continuerà ad esistere per poter continuare a sostenere i principi portati avanti dalla Carta. Non ho mai avuto l’occasione prima d’ora di scrivere ciò che penso, insieme ad altri, direttamente alle istituzioni più importanti della società italiana ed è stato come aprire per la prima volta un canale raramente utilizzato dai giovani. Di certo le altre attività non sono state meno entusiasmanti: i momenti di discussione, i giri in risciò, la veglia l’ultima sera, i pranzi con pasta/pane/riso/cous-cous rigorosamente freddi, i bagni chimici senza sciacquone, i cori da stadio con gente sconosciuta, le docce fredde all’aperto, la sabbia dappertutto fin dentro le orecchie. Sicuramente dopo aver letto questo articolo la vostra idea riguardo agli scout non può che essere peggiorata e dunque giungo ad una conclusione. Penso di avere nella mia valigia un’esperienza in più e spero di portarla con me e non lasciarmela alle spalle. E d’altronde il bagaglio delle proprie esperienze, se portato con sé, serve per essere meglio forniti nel prossimo viaggio: “non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento” B.P.

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PRIMI DIECI ANNI... “la famiglia che vive la gioia della fede la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per la società " Papa Francesco I primi anni di matrimonio sono un momento prezioso e fondamentale per gettare le basi di una famiglia forte, unita e perseverante. Per aiutarci ad andare incontro alle esigenze delle giovani famiglie della nostra unità pastorale, si è pensato ad un cammino di formazione e conoscenza per aiutare le famiglie a vivere la comunione nella chiesa e tra di loro. Così dopo la prima esperienza degli esercizi spirituali di ottobre, nei quali diversi gruppi dell’unità pastorale si sono trovati insieme, si è pensato

di creare altri momenti più specifici mettendo al centro le relazioni tra famiglie e gettando le basi per una crescita insieme. Verranno proposti tre momenti di incontro che termineranno con la cena insieme (con quanto ognuno avrà portato). Sarà inoltre garantito il servizio baby sitter. Gli incontri si svolgeranno all’Oratorio di Regina Pacis dalle ore 17. Verrà chiesta un’offerta libera. Chiara, Elena e Veronica

Percorso Formativo per fidanzati e coppie

“C’è un tempo per” è giunto ormai a metà del suo percorso. Le aspettative per questo progetto sono state e sono tutt’ora molte e i risultati, fino ad ora sono stati positivi. Ma procediamo con ordine: il progetto esordisce col tema primario de “la Scelta”, tenuto dagli sposi Carlo e Gabriella. I relatori si sono focalizzati sulla trilogia vincente data dagli elementi di: totalità, unicità e fedeltà. Secondo Carlo e Gabriella, infatti, sono questi gli ingredienti che fanno della scelta un vero e proprio Dono. Questo è il trio che non solo fa sì che alla fine il matrimonio non sia solo un fine ma un autentico mezzo, il mezzo attraverso il quale si dimostra l’Amore di Dio che ha per noi. E dopo un inizio forse un po’ sottotono ma comunque efficace, ecco che il percorso prende una inaspettata spinta con l’intervento del dott. Francesco Zappettini. Stavolta il tema è quello del Conflitto, un tema molto delicato, poiché composto da svariati aspetti. Francesco decide di coinvolgere tutto il pubblico in un acceso dibattito, dove emerge che il conflitto può essere visto come una partita a carte, nella quale non c’è un unico vincitore ma la vittoria è condivisa fra i due. I giocatori, interpretati dai due compagni/sposi, giocano in modo costruttivo e cooperativo utilizzando alcune strategie vincenti: porre delle domande all’altro, interrompere il “flusso di pensieri”, cioè, staccarsi dal proprio punto di vista e mettersi per un momento nei panni dell’altro e rimanere sempre sull’argomento cercando di non spostare la mente su cose inutili che potrebbero dare un risvolto distruttivo al gioco/conflitto. Francesco ci ricorda, inoltre, che un conflitto costruttivo può essere affrontato solo se entrambi i “giocatori” sono praticabili, ovvero, disposti all’ascolto e ad interrompere quel famoso flusso di pensieri. Con la seconda metà del percorso, ci aspettiamo altrettanti riscontri favorevoli augurandoci che il tutto possa essere d’aiuto e consiglio al pubblico che ha partecipato, partecipa e parteciperà. Martina Vasapollo

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Solidali per la vita La Giornata per la Vita simboleggiata da una lunga catena colorata

«Però... Che casa grande ha don Mario!» — ha esclamato un bambino guardando tutto intorno la chiesa, mentre prendeva i colori dall'armadietto per l'ora di catechismo; — «Ma questa casa non è solo di don Mario, è anche la tua, di tutti noi, dell'intera comunità!» … E domenica 1o febbraio, durante la Messa, ci siamo sentiti a casa, anche per la presenza gioiosa di tanti bambini che come uno sciame hanno occupato i primi banchi, dopo aver deposto due lunghe catene colorate ai lati dell'altare. Il messaggio dei Vescovi, per questa 37a giornata — “Solidali per la vita” — si apriva con le parole di Papa Francesco che hanno fatto da filo conduttore per sensibilizzare i bambini e i ragazzi: «I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli, i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita"» Parole che sembrano fuori dal tempo perché contrastano con la mentalità moderna che vede gli anziani e i bambini come l'anello debole di una società dove sembra prevalere sempre la legge del più forte; parole belle che invece concordano con la Sacra Scrittura, costellata di tanti racconti dove i piccoli e i deboli umilmente si mettono nelle mani del Signore, e si fanno anelli vivi della storia della salvezza. Per questo, i nostri bambini hanno realizzato una catena; su ogni anello un nome: il loro, quello dei genitori, nonni, fratelli e amici. Un'immagine concreta di come la nostra storia sia formata da tanti anelli che si uniscono e si intrecciano a formare una immensa rete, a ricordarci che non possiamo rimanere slegati, che da soli non andiamo da nessuna parte. Solo accogliendo docilmente il Signore nella nostra vita, possiamo essere davvero solidali, possiamo tenere uniti questi anelli, mettendo i nostri doni a disposizione degli altri, con generosità e creatività, coltivando nella nostra piccola realtà quotidiana, relazioni belle di affetto e amicizia. Il Signore, "l'autore della vita" (At 3, 15), ci ha dato l'esempio: si è fatto uomo per venirci incontro e darci possibilità di poter vivere davvero bene... Aderiamo a Lui con umiltà e gioia, grandi cose farà per noi, proprio come ha fatto per Maria. Le catechiste di Spirito Santo

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Quaresima giovani 2015 La quaresima è un momento liturgico che la Chiesa ci offre per prepararci all’evento della Pasqua di Gesù. E’ quindi un’occasione per approfondire la Parola di Dio, il senso profondo del nostro battesimo e, di conseguenza il senso della nostra vita. Quando vogliamo ottenere qualcosa c’impegniamo a fondo, facciamo corsi, dedichiamo tempo, non ci tiriamo indietro. Ebbene, la quaresima vuole essere questo momento che ci permette di approfondire maggiormente il nostro essere cristiani e la nostra appartenenza alla Chiesa. Per questo abbiamo pensato ad alcune iniziative che ci possono aiutare nel nostro cammino spirituale quaresimale.

LODI MATTUTINE QUOTIDINE ALLE ORE 7 Nella cappella dell’Oratorio di Regina Pacis. Diventiamo amici se ci frequentiamo, lo diventiamo ancora di Più se i frequentiamo nella preghiera. Per questo, a partire da giovedì 19 febbraio ci troveremo tutti i giorni alle 7 del mattino per pregare insieme nella cappella dell’Oratorio di Regina Pacis.

INCONTRI CON IL VESCOVO: Nei venerdì di quaresima, a partire da venerdì 27 febbraio alle ore 20,45, ci troveremo in Cattedrale con tutti i giovani della Diocesi per ascoltare la voce del Vescovo Massimo che ci condurrà in un itinerario spirituale tipico della quaresima.

LECTIO DIVINA: Continuiamo anche durante il temo di quaresima il nostro appuntamento mensile per pregare insieme con la Parola di Dio. Prossime LECTIO: domenica 22 marzo.

RITIRI SPIRITUALI: momento importante del cammino di Quaresima sono i ritiri spirituali, che ci permettono di fermarci un attimo e riflettere sulla nostra vita. Per tutti i giovani delle superiori dell’Unità Pastorale ci troviamo domenica 8 marzo dalle 15 alle 17,30 nella Cripta del Seminario (portare Bibbia e quaderno). Per i giovani dell’ultimo anno delle superiori e per gli universitari proponiamo di unirci assieme al ritiro proposto dal percorso IL POZZO DI GIACOBBE che si terrà a Marola nei giorni 14 e 15 marzo.

CORSO DI FORMAZIONE BIBLICA PER GIOVANI: dal mese di gennaio è attivo in parrocchia un corso di formazione biblica per i giovani dell’Unità Pastorale. Anche per i giovani che non hanno ancora aderito, si può approfittare della Quaresima per approfondire maggiormente la Parola di Dio partecipando al corso. Prossime date: sabato 7 e 21 marzo.

CONFESSIONE: tempo di quaresima è un tempo propizio per la conversione e, quindi, per avvicinarsi al sacramento della penitenza. Sia don Riccardo che don Paolo sono disponibili tutti i giorni della settimana e, in modo speciale a l sabato e alla domenica. Si può anche entrare in contatto direttamente con loro per segnare un appuntamento.

GMG DIOCESANA: Domenica 29 marzo è la domenica delle Palme e, come di tradizione, i giovani della diocesi s’incontrano per prepararsi assieme alla Pasqua. Maggiori informazioni sulla giornata sarà offerta nelle prossime settimane.

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Dopo una serie d’incontri sull’educazione all’affettività, che ha caratterizzato il percorso formativo dei ragazzi delle superiori dell’UNITA’ PASTORALE nel mese di gennaio, mi sembra significativo condividere il testo su questo tema, che una mia carissima amica mi ha inviato. Un riflessione sul modo profetico di vivere la sessualità che i cristiani hanno e che non sempre viene valorizzata. Don Paolo

Il vero amore. Al di là delle emozioni Credo che l'amore vero nasca anche dalla sofferenza. Per questo importante avere conoscenza di noi stessi, capire il perché anche delle nostre scelte. Oggi la cultura va in una certa direzione, io ho scelto, invece, di andare controcorrente, di prendere la strada meno battuta, consapevolmente, perché nonostante tutto credo nel "vero amore" che si alimenta alla sorgente della Parola di Dio, che è una Parola viva. Oggi, una coppia prima ancora di conoscersi nella vita, si conosce nella carne, che spesso li ha confusi, nell'illusione che era amore. L'amore invece è la vita. In una relazione amorosa credo che la donna debba avere un ruolo determinante, educativo: far capire all'uomo che c’è questo aspetto importante che non va disatteso: il rischio è quello di falsare il cuore dell'uomo. E’ più semplice dare il proprio corpo che dargli la vita; per questo il fidanzamento rischia di essere, da questo punto di vista, un periodo ingannevole. Inoltre, proprio nella castità si dimostra la propria fedeltà e ci si educa al vero amore. Credo che la maggior parte delle persone, oggi, convenga nel dire che un rapporto fisico si giustifica solo se c'è un legame affettivo-sentimentale, ma si ha un concetto alquanto adulterato dell'amore. Bisognerebbe allora ragionare su come debba essere inteso questo legame affettivo. La sessualità è un dono che Dio ha fatto all'uomo e alla donna (non è una funzione) e come tutti gli altri doni anche questo ha la caratteristica di essere sacro. Pertanto il legame affettivo, che giustifica un atto sacro, non deve essere superficiale, passeggero, ma profondo, maturo, duraturo. Quali sono, dunque, le caratteristiche di un legame maturo, duraturo e profondo? Anzitutto, quando è esclusivo (io ho scelto te, escludendo tutti gli altri, quindi fedele); quando accetti l'altro non solo per quello che è, che ha, che fa, ma soprattutto per quello che sarà, avrà, farà. Questo è un punto fondamentale. L'amore vero ha questa caratteristica "qualunque cosa succeda", è a prova di futuro. Altra caratteristica (di cui sono fermamente convinta): è per sempre. Per questo un adolescente non è in grado, capace di un amore così, perché non ha la maturità sufficiente. Non è un caso, allora, se queste caratteristiche

dell'amore vero le troviamo esattamente nelle promesse matrimoniali: io accolgo te (non prendo, ma accolgo, il cambiamento è significativo, importante, ti accolgo così come sei, non come proprietà di cui disporre) e prometto (anche questo verbo è fondamentale, perché mantenere una promessa dipende dalla propria forza di volontà e impegno, dunque dipende da me, non dall'emozione che può cambiare) di esserti fedele sempre (qualsiasi cosa accada in futuro) nella gioia e nella malattia... E amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita (la promessa è per sempre: questo ci fa capire che questa promessa può essere interrotta solo dalla morte). Altra sottolineatura: amar(ti), esser(ti), ecc., viene evidenziato un "tu": al centro di questo amore c'è un "tu", e non

un "io". Oggi, purtroppo l'idea che si ha dell'amore è quello di un sentimento che va e che viene, dove al centro ci sono "io" con le mie emozioni e non più un " tu" da rispettare e amare. L'amore è identificato con il sentimento

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per cui sono note le frasi con le quali si giustificano la fine di un amore, di un matrimonio: " non provavo più niente per lui/lei, non sentivo più niente". L'amore è identificato con il sentimento, con l'emozione, la passione, destinati a finire prima o poi. L'amore, invece, nasce sì dal sentimento, ma è molto di più, deve potersi trasformare in impegno, volontà, altrimenti rimane rilegato in un amore adolescenziale; mentalità che ha preso il sopravvento nella cultura odierna. Le caratteristiche dell'amore adolescenziale (che oggi vive la maggior parte degli adulti) sono queste: "io sto con te perché mi piaci", "perché sto bene", "mi fai star bene". Ancora una volta al centro c'è l’io: sono io al centro di questo rapporto che si basa sui sentimenti, un rapporto che dura finché dura l'emozione, che per sua natura è passeggera. Un amore a tempo e condizionato (se cambiano le condizioni di partenza, cambia anche il rapporto). L'amore vero, invece, riesce a fare questo salto di qualità: passando dall'amore adolescenziale si trasforma in amore maturo, mettendo al centro l'altro (ti voglio bene, voglio cioè il tuo bene, sto con te per far star bene te e sono disposta a star male io purché stia bene tu; la mia vita la metto a disposizione per te, per il tuo bene). Un amore, dunque, che non si basa sul sentimento, sulle emozioni (queste non dipendono da me, perché non le comando) ma sulla promessa, la volontà e l'impegno (questi sì che dipendono da me e devono rimanere costanti: infatti nelle promesse matrimoniali non si dice "Prometto di sentire sempre un'emozione per te", ma di amare te. L'amore maturo si basa sulla volontà). Su queste basi si capisce perché il matrimonio per la Chiesa sia indissolubile, appunto perché non è fondato sul sentimento, su un'emozione, ma sull' impegno di una promessa.

Il Vescovo incontra i giovani Particolare attenzione e vicinanza ai giovani. E' questo che il Vescovo Massimo aveva promesso al suo ingresso in diocesi. E per il terzo anno il Vescovo Massimo accompagnerà i giovani e giovanissimi della nostra diocesi in un periodo dell'anno liturgico. Quest'anno è stata scelta la quaresima e per quattro venerdì consecutivi l'appuntamento sarà in Cattedrale. Il primo incontro è venerdì 27 febbraio alle ore 20.45 quando il Vescovo Massimo guiderà una meditazione su "La conversione dell'amore - Simon Pietro e Gesù". Anche per gli altri incontri le riflessioni di mons. Camisasca avranno come protagonisti delle figure del nuovo testamento tipiche del periodo quaresimale: il cireneo, Maria Maddalena, il centurione e i due ladroni. Filo conduttore sarà lo sguardo d'amore di Gesù verso ciascuno di loro. Ogni venerdì, dalle ore 20, il Vescovo ed altri sacerdoti sono disponibili per il sacramento della riconciliazione.

Quaresima tutti al Cineforum!

Cari lettori di Insieme, questo mese siamo ad invitarvi ad una nuova iniziativa, speriamo gradita a molti di voi: in

"Quaresima 2015" parte a grande richiesta il CAPITOL FORUM! La prima e l'ultima Domenica di Marzo, presso il

salone del Circolo PAPA FRANCESCO, andranno in scena due cineforum con film alle ore 18.00, cena a base di

gnocco fritto alle 20.00 ed a seguire grande dibattito con super-ospite.

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I temi scelti dal nostro team di esperti sono LE DIPENDENZE DAI SOCIAL NETWORK per il primo appuntamento (1

Marzo), mentre invece LA LOTTA ALLE MAFIE per la seconda domenica (29 Marzo). Un'ultima parola invece la

meritano gli ospiti che con grande disponibilità verranno ad animare il dibattito successivo alle visioni dei film

(ore 21.00).

Il primo marzo sarà l'educatore Marco

Battini a raccontarci come, dalla sua

esperienza, i social stanno cambiando i

nostri stili di vita e come dobbiamo

conseguentemente attrezzarci per non

esserne dipendenti.

Il ventinove marzo invece abbiamo chiesto

a Manuel Masini, referente provinciale di

LIBERA, di intervistare un personaggio

delle nostre istituzioni da sempre in prima

fila contro la lotta alle infiltrazioni mafiose

nel nostro territorio: Enrico Bini, l'ex

presidente della Camera di Commercio di

Reggio Emilia. Che altro dire? Speriamo

che le tematiche scelte siano di vostro

gradimento, e quindi vi aspettiamo

numerosissimi (maggiori informazioni nel

volantino a fianco)!

A presto, Gli amici del Capitol

Erasmus in Denmark... “Erasmus”, una parola che è diventata

sempre più comune tra noi giovani e non

solo. Molti dicono sia diventata una moda;

a detta di altri è un modo per trovare se

stessi; alcuni lo scelgono per imparare una lingua; altri ancora partono per divertirsi e passare esami che in Italia

sembrano impossibili. Centinaia i motivi per cui un ragazzo universitario decide di cominciare quest’avventura

chiamata Erasmus. Scrivo queste righe da Horsens, cittadina Danese situata nello Jutland centrale, e più

precisamente dal VIA University College, l’università che mi ha ospitato per 5 mesi grazie a una borsa di studio

Erasmus.

Un’università completamente diversa da quell’Italiana, sia se si parla di ambienti e organizzazione, sia se si parla

di studenti e professori. Un rapporto paritario piuttosto che gerarchico tra studente e professore; aule,

laboratori e spazi comuni aperti ventiquattro ore al giorno e tutti i giorni dell’anno senza eccezione; niente tasse

per gli studenti ma piuttosto un “mini-stipendio” per chi decide di frequentare l’università, insomma:

decisamente un altro mondo. Una delle cose che mi ha sorpreso di più al mio arrivo e durante il mio inserimento

nell’università danese è stato l’ambiente. Sia le strutture, che sono incredibilmente funzionali e attrezzate per

rispondere a tutti i bisogni dello studente, sia l’ambiente inteso come persone intorno a me: non mi sono mai

sentito un Italiano in mezzo a dei Danesi, ma piuttosto uno studente europeo in mezzo ad altri studenti europei.

Un livello d’internazionalizzazione non paragonabile a quello italiano, o comunque non a quello dell’università da

cui provengo (UNIMORE), livello che probabilmente nasce anche dall’importanza che il sistema educativo

attribuisce, fin dalle scuole elementari, all’insegnamento della lingua inglese.

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Qualunque danese è in grado di esprimersi in inglese e la maggior parte di loro anche in modo fluente. È normale

paragonare le esperienze che si vivono, e devo dire che la più grande differenza percepita, passando

dall’UNIMORE al VIA University college è stato l’approccio all’insegnamento: molto è basato sull’attività

progettuale e sul lavoro di gruppo, sul lasciare allo studente il modo di trovare le risposte ai problemi. Essendo

una realtà che unisce studenti da tutta Europa e non solo, penso che l’idea sia anche quella di formare studenti in

grado di lavorare con persone

con differenti culture, abitudini

e modi di lavorare. Forse

quest’ultima è stata una delle

cose per me più difficili ma nello

stesso tempo più stimolanti di

questi mesi. Stimolante come

continuare a vivere la fede

senza più la mia parrocchia a 5

minuti da casa, senza la messa

comprensibile e con

l’aspettativa di trovare più

studenti propensi al sabato sera

in una discoteca piuttosto che a

una domenica mattina in chiesa

per una messa in Danese.

Insomma non c’è stata la pappa

pronta e non ci sono stati

nemmeno alcuni potenti “intermediari” per arrivare a Lui. Mi sono sentito un po’ come quando l’iPhone è senza

3G (non me ne vogliano i meno esperti, ma la metafora è perfetta). Senza 3G la connessione c’è, ma manca quella

superveloce che ti permette di fare tutto in modo più semplice. E chi è stato il mio 3G per comunicare con Lui? C’è

sempre stato un Wi-Fi libero a cui mi sono potuto connettere per colmare la mancanza a volte percepita? Forse

no, non sempre. I momenti faticosi così come ci sono stati nel vivere da solo, ci sono stati anche nel vivere la fede

in questo nuovo modo. Però ci sono stati tanti momenti in cui ho trovato aiuto e serenità con una preghiera

personale più bisognosa, una lettura della Bibbia più profonda, un interesse nel cercare un’omelia su internet

(non capendo niente di quella in danese), piuttosto che un ascolto a volte stanco di un’omelia in italiano di cui

magari perdi qualche pezzo. Infine anche le relazioni quotidiane vissute cercando di portare in questa nuova vita

e a questi nuovi amici, quello in cui credo; cercando di portare Dio in quello che ho vissuto. E così ho concluso che

la connessione superveloce verso Lui non è data da quei potenti “intermediari”, ma piuttosto dalla nostra

volontà di ascoltare che rimanendo nella nostra metafora potremmo chiamare: l’impostazione della nostra

antenna. Lui è il miglior operatore di rete: il 3G lo offre sempre, sta a noi toglierci dalla “modalità aereo”

Sono stati 5 mesi indimenticabili, dove credo di essere cresciuto tanto. Un ringraziamento dovuto a famiglia,

morosa e amici che non hanno fatto mancare vicinanza e affetto anche da 1400 km di distanza. Auguro a tutti i

giovani un’esperienza come quella che mi appresto a finire.

Esperienza di crescita, di felicità, di novità. Esperienza che ti fa

conoscere tante bellissime persone tutte con l’interesse di

condividere con te la propria cultura. Esperienza che ti mette

davanti a nuove sfide che ti fanno capire ancora meglio quali

sono i punti cardine del tuo cammino. Esperienza Erasmus.

See ya in Reggio Emilia guys;) Luca

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[CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA]

Quest’anno poi le dieci parrocchie

festeggiano anche il decennale della

fondazione del centro d’ascolto Caritas

“Madre Teresa di Calcutta”, una

bellissima realtà che fin dall’inizio è segno

di unità e condivisione tra le nostre

comunità e per questo, quest’anno, le

stazioni quaresimale avranno come filo

conduttore proprio il tema della carità.

Penso che sia molto bello e che non sia

affatto un caso che le nostre comunità

abbiano trovato principalmente nella

carità l’ambito che ha permesso loro di

camminare insieme rafforzando sempre

di più questo legame e permettendo a

tante persone di comunità diverse di

incontrarsi, di conoscersi e di lavorare

insieme condividendo un cammino e

rendendosi cirenei di tanti fratelli che stanno portando su di se la stessa croce di Cristo. “E se avessi il dono della

profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le

montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.” 1Cor 13,2 Non penso che sia un caso che il momento principale

di unità delle nostre comunità sia proprio la carità, perché

la carità richiede a ciascuno, prima di tutto, di abbassarsi

(o forse di alzarsi) lasciando da parte ciò che si è e ciò che

si è fatto, per potersi sintonizzare sulle frequenze delle

persone che si presentano al centro d’ascolto per poterle

ascoltare e capire i loro disagi, le loro debolezze, le loro

necessità e le loro capacità per potergli permettere di

vivere con dignità e, per quanto possibile, risollevarsi dalla

povertà morale e materiale che le circostanze della vita

hanno fatto loro incontrare. La carità vissuta fuori e dentro

il centro d’ascolto, fuori e dentro alle case della carità

penso possa veramente essere il luogo e il modo per

poterci sempre più sintonizzare e permetterci di vivere in

maniera piena e consapevole la comunione tra le nostre

parrocchie vincendo vecchi e nuovi rancori, vecchie e

nuove presunzioni, vecchie e nuove prevenzioni che

tuttora spesso ci dividono impedendoci la comunione

piena con l’unico Signore Gesù Cristo.

Roberto Bonomo

Responsabile: Don Paolo Cugini

Coordinamento: Don Paolo Cugini, Nicolò

Orlandini, Luca Lusetti.

Layout e grafica: Nicolò Orlandini.

Testi e Contenuti: Don Paolo Cugini,

Roberto Bonomo, Luca, gli amici del

Capitol, le catechiste di Spirito Santo,

Martina Vasapollo, Chiara, Elena e

Veronica, Gianluca Guidetti, Giovanni

Dazzi e gruppo Scout Regina Pacis.

Bollettino Informativo

dell’Unità Pastorale

Regina Pacis - Roncina - Spirito Santo

CICLOSTILATO IN PROPRIO