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Università del Salento FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica INTRODUZIONE ALLA FISICA MODERNA ROSARIO ANTONIO LEO Anno Accademico 2009/2010

Introduzione alla Fisica Moderna

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Ottimi appunti di Fisica Quantistica.Very good notes about Quantistic Physics

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  • Universit del Salento

    FACOLT DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALICorso di Laurea in Fisica

    I N T R O D U Z I O N E A L L A F I S I C A M O D E R N A

    R O S A R I O A N T O N I O L E O

    Anno Accademico 2009/2010

  • I N D I C E

    nozioni elementari . richiami v0.1 Punto materiale v

    0.1.1 Esempio: pendolo semplice vi0.2 Sistemi di particelle ix

    i meccanica analitica 11 principio di dalembert ed equazioni di lagrange 2

    1.1 Vincoli 21.1.1 Definizioni 21.1.2 Classificazione dei vincoli 2

    1.2 Gradi di libert e coordinate lagrangiane 31.3 Principio di dAlembert ed equazioni di Lagrange 3

    1.3.1 Esempi nel caso statico 71.3.2 Esempio nel caso dinamico 8

    1.4 Potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione 91.4.1 Potenziali generalizzati 91.4.2 Equazioni di Lagrange in presenza di forze non derivabili

    da un potenziale 101.4.3 Trasformazioni di gauge e lagrangiana di una particella im-

    mersa in un campo elettromagnetico 122 principio variazionale di hamilton ed equazioni di lagran-

    ge 152.1 Principio di Hamilton 152.2 Applicazioni del calcolo delle variazioni 19

    2.2.1 Cammino pi breve fra due punti in un piano 192.2.2 Il problema della brachistocrona 21

    2.3 Leggi di conservazione 242.3.1 Coordinate cicliche 242.3.2 Funzione energia 26

    3 applicazioni delle equazioni di lagrange 283.1 Problema dei due corpi 28

    3.1.1 Movimento in un campo centrale 293.1.2 Il problema di Keplero 33

    3.2 Piccole oscillazioni 373.2.1 Impostazione del problema 373.2.2 Riepilogo 413.2.3 Osservazioni 413.2.4 Un particolare problema 42

    4 formalismo hamiltoniano 474.1 Equazioni di Hamilton 47

    4.1.1 Un esempio 52

    ii

  • indice

    4.2 Notazione simplettica 534.3 Coordinate cicliche e metodo di Routh 544.4 Principio variazionale di Hamilton modificato 574.5 Parentesi di Poisson 584.6 Trasformazioni canoniche 604.7 Equazioni di Hamilton-Jacobi 704.8 Variabili angolo-azione nel caso unidimensionale 72

    4.8.1 Esempio: loscillatore armonico unidimensionale 73Riferimenti bibliografici della parte i 75

    ii relativit ristretta e introduzione alla meccanica quan-tistica 76

    5 relativit speciale 775.1 Trasformazioni di Lorentz 77

    5.1.1 Premessa 775.1.2 Concetto di evento 775.1.3 Principio di inerzia 785.1.4 Postulati della Relativit Ristretta e trasformazioni di Loren-

    tz 785.2 Alcune conseguenze delle trasformazioni di Lorentz 84

    5.2.1 Legge di trasformazione delle velocit 845.2.2 Contrazione delle lunghezze 865.2.3 Dilatazione dei tempi 86

    5.3 Lo spazio di Minkowski 885.4 Quadrivelocit e quadriaccelerazione 925.5 Dinamica relativistica 935.6 Energia cinetica e momenti 955.7 Quadrimomento, tensore momento angolare 965.8 Equazioni del moto 975.9 Meccanica analitica relativistica (cenni) 98

    5.9.1 Carica in moto in un campo elettromagnetico 1015.10 *Linterferometro di Michelson e Morley 104

    6 introduzione alla meccanica quantistica 1076.1 *Il corpo nero 1076.2 Leffetto fotoelettrico 1106.3 Effetto Compton 1126.4 Onde di materia di de Broglie 113

    Riferimenti bibliografici della parte ii 116

    iii appendici 117a la trasformata di legendre 118

    a.1 Definizione 118b la successione di fibonacci 122c note sulle unit di misura 123

    iii

  • indice

    d costanti fisiche fondamentali 124Indice analitico 125

    iv

  • N O Z I O N I E L E M E N T A R I . R I C H I A M I

    0.1 punto materiale

    Lidea di punto materiale uno dei concetti di base della meccanica analitica. Ilpunto materiale caratterizzato dalla sua massa. La posizione di un punto mate-riale in un sistema di riferimento Oxyz, supposto inerziale salvo avviso contrario, determinata dal raggio vettore r = xx + yy + zz. Definiamo velocit

    v =drdt

    = xx + yy + zz,

    quantit di moto

    p = mv,

    e accelerazione

    a =dvdt

    =d2rdt2

    .

    Sappiamo che, in un sistema di riferimento inerziale, valgono i principi delladinamica. Se F la forza risultante agente sulla particella di massa m si ha che,per il secondo principio della dinamica,

    F =dpdt

    = mdvdt

    = ma, (0.1)

    con m supposta costante rispetto al tempo.Supponiamo che la particella sia libera. Allora x(t), y(t), z(t) sono tra loro

    indipendenti. Se F = F (r, v, t) = F (x, y, z; x, y, z; t) dalle (0.1) otteniamo:

    mx(t) = Fx (x, y, z; x, y, z; t) ,my(t) = Fy (x, y, z; x, y, z; t) ,mz(t) = Fz (x, y, z; x, y, z; t) .

    (0.2)

    Assegnate le condizioni iniziali r(0) = r0 e v(0) = v0, se in un intorno di (r0, v0, 0)le funzioni Fx, Fy e Fz sono buone (per esempio sono lisce, cio sono di classeC), allora il sistema di equazioni (0.2) per t > 0 ammette, almeno in un intornodi (r0, v0, 0), ununica soluzione. Viene cos soddisfatto, almeno localmente, ilprincipio deterministico newtoniano. Le equazioni (0.2) sono dette equazioni delmoto.

    Osservazione. la quantit di moto si conserva, cio p costante, se F = 0 identica-mente.

    v

  • 0.1 punto materiale

    Definiamo momento angolare della particella rispetto a O

    LO = r p = mr v. (0.3)

    Definiamo momento della forza F (o momento torcente) rispetto al punto O

    dLOdt

    = r dpdt

    = r F NO. (0.4)

    Dalla (0.4) si vede che il momento angolare si conserva, cio LO costante,se NO = 0 identicamente. Per esempio se consideriamo F forza centrale taleche il centro della forza O, allora NO = 0 e quindi LO costante. Il momentoangolare della particella rispetto a un punto O individuato rispetto a O dal vettoreposizione rO dato da

    LO = (r rO) p.

    Si vede facilmente che

    dLOdt

    = (r rO) F drOdt p = NO drOdt p ,

    dove NO il momento delle forze rispetto a O.Se F una forza conservativa allora F = U (r), dove U (r) lenergia

    potenziale.Indichiamo con T = mv2/2 lenergia cinetica della particella. Sappiamo che se F

    una forza conservativa vale il principio di conservazione dellenergia meccanica:

    T +U = costante.

    Ricordiamo che vale, anche se la forza non conservativa, il teorema dellenergiacinetica:

    L = B

    AF dr = 1

    2mv2B

    12

    mv2A = TB TA.

    0.1.1 Esempio: pendolo semplice

    Studiamo il moto del pendolo in Figura 0.1. Le forze agenti su m sono

    T + P = ma.

    La componente radiale della risultante uguale a

    T mg cos = m v2

    l,

    mentre la componente trasversa

    mg sin = maT

    vi

  • 0.1 punto materiale

    x

    y

    U = 0m

    l

    P

    T

    Figura 0.1: Il pendolo semplice.

    dove aT la componente trasversa dellaccelerazione. In generale, per un motonel piano abbiamo, in coordinate polari:

    r = rr,

    v =drdt

    = rr + rdrdt

    = rr + rn,

    a =dvdt

    =ddt(rr + rn) = rr + rn + rn + rn r2r =

    = (r r2)r + (r + 2r2)n.Nel caso particolare del pendolo semplice r = l = costante, quindi laccelerazionetrasversa data da:

    aT = ln = g sin n,da cui ricaviamo

    +gl

    sin = 0. (0.5)

    Questa una equazione differenziale non lineare e la soluzione una funzione el-littica. Lequazione diventa lineare se supponiamo che le oscillazioni siano piccolein modo da poter porre sin . In questo caso risulta:

    +gl = 0.

    La soluzione di questa equazione

    = 0 cos(t 0)dove 0 e 0 sono determinati dalle condizioni iniziali, mentre =

    g/l. Il

    pendolo oscilla con periodo

    T =2pi

    = 2pi

    lg

    .

    vii

  • 0.1 punto materiale

    Nel caso in cui le oscillazioni non siano piccole, si dimostra che il periodo delpendolo dato da

    T = 2pi

    lg

    (1+

    122

    sin2m2+

    32

    2242sin4

    m2+

    ),

    dove m lampiezza angolare delle oscillazioni.Lequazione del moto del pendolo pu essere ricavata anche nel modo seguente:

    {x = l cos y = l sin

    ={

    x(t) = l sin y(t) = l cos

    . (0.6)

    Allora v2(t) = x2(t) + y2(t) = l22. Applicando il principio di conservazionedellenergia abbiamo:

    E =12

    mv2(t) + mgl(1 cos (t)) = 12

    ml22 + mgl(1 cos (t)) == costante.

    Poich E = costante deve risultare

    dEdt

    = ml2 + mgl sin = ml2( +

    gl

    sin )= 0

    da cui

    +gl

    sin = 0,

    cio la (0.5). In generale 6= 0.Il moto del pendolo pu ancora essere dedotto in questo modo. Abbiamo

    L0 = rmv = m(l cos x + l sin y) (l sin x + l cos y) == ml2z.

    Lunico contributo al momento torcente quello della forza peso, quindi

    N0 = r P = (l cos x + l sin y) (mgx) = lmg sin z.

    Dunque, ricordando la (0.4), abbiamo:

    dL0dt

    =dL0dt

    z =dml2

    dtz = ml2z = lmg sin z

    da cui

    +gl

    sin = 0,

    cio di nuovo la (0.5).

    viii

  • 0.2 sistemi di particelle

    Esercizi

    1. Studiare il moto di una particella di massa m soggetta alla forza

    F = kr v (k, > 0)

    dove r vettore posizione della particella e v velocit, con le condizioni inizialir(0) = r0 6= 0 e v(0) = v0 r0.

    2. Studiare il moto di una particella di massa m e carica q in un campo magne-tico B uniforme e costante. Siano r(0) = r0 e v(0) = v0 6= 0.

    3. Studiare il moto di una particella di massa m e carica q in un campo elettricoE e in un campo magnetico B, uniformi e costanti e tra loro ortogonali.

    0.2 sistemi di particelle

    Supponiamo di avere un sistema di N particelle puntiformi. Sia Oxyz il sistema diriferimento (inerziale). Siano mi e ri rispettivamente la massa e il vettore posizionedelli-esima particella. Definiamo centro di massa

    rCM =Ni=1 miri

    M,

    con M = Ni=1 mi. Detta inoltre vi = dri/dt la velocit delli-esima particella, lavelocit del centro di massa sar:

    vCM =Ni=1 mivi

    M.

    Definiamo infine la quantit di moto

    pCM =N

    i=1

    mivi = MvCM.

    Osserviamo che la quantit di moto una grandezza additiva. Ogni particella delsistema interagisce con le altre particelle e con il mondo esterno. Sia Fij la forzache la j-esima particella (j 6= i) esercita sulla i-esima. Se vale la forma debole delprincipio di azione e reazione allora

    Fij + Fji = 0.

    Per la seconda legge della dinamica

    dpidt

    = Fi = F(e)i +

    N

    j=1j 6=i

    Fji ,

    ix

  • 0.2 sistemi di particelle

    dove Fi la forza totale agente sulla i-esima particella, F(e)i la forza totale esterna

    agente sulla i-esima particella e Nj=1,j 6=i Fji la forza totale interna agente sullai-esima particella. Poich Ni=1

    Nj=1,j 6=i Fji = 0 allora

    dpCMdt

    =N

    i=1

    F(e)i = F(e),

    dove F(e) la risultante delle forze esterne. Se F(e) = 0 allora pCM costante equindi il centro di massa si muove di moto rettilineo uniforme, assumendo che lamassa M sia costante. Definiamo momento angolare del sistema di N particellepuntiformi rispetto a O

    LO =N

    i=1

    ri pi.

    Si ricava banalmente che

    dLOdt

    =N

    i=1

    ri Fi = NO.

    Osserviamo che se vale la forma forte del principio di azione e reazione, cio se(ri rj

    ) Fji = 0 i, j 6= i, alloraNO =

    N

    i=1

    ri F(e)i = N(e)O .

    Se N(e)O = 0 allora LO costante.Sia ri il vettore posizione delli-esima particella rispetto al centro di massa, cio

    si ha ri = ri rCM. Allora

    LO =N

    i=1

    (rCM + ri rCM) pi = rCM pCM + LCM.

    Definiamo energia cinetica del sistema di N particelle

    T =N

    i=1

    12

    mv2i .

    Vale ancora il teorema dellenergia cinetica:

    L =N

    i=1

    21

    Fi dri = T2 T1,

    dove 1 e 2 sono rispettivamente le configurazioni iniziale e finale del sistema.Osserviamo che

    N

    i=1

    21

    Fi dri =N

    i=1

    21

    F(e)i dri +N

    i=1

    N

    j=1j 6=i

    21

    Fji dri

    x

  • 0.2 sistemi di particelle

    e inoltre

    Fji dri + Fij drj = Fji (dri drj

    )= Fji drji

    con Fji drji 6= 0 in generale.Se tutte le forze sono conservative allora

    L =N

    i=1

    (U(e)i (1) U

    (e)i (2)

    )+

    12

    N

    i,j=1j 6=i

    (Uij(1) Uij(2)

    ).

    Vale il principio di conservazione dellenergia meccanica:

    T +U = T +N

    i=1

    U(e)i +12

    N

    i,j=1i 6=j

    Uji = costante.

    Esercizi

    1. Dimostrare che

    dLCMdt

    = NCM.

    2. Dimostrare che

    LCM =N

    i=1

    (ri rCM) pi,

    con pi = mi (vi vCM).

    xi

  • Parte I

    M E C C A N I C A A N A L I T I C A

  • 1P R I N C I P I O D I D A L E M B E R T E D E Q U A Z I O N I D I L A G R A N G E

    1.1 vincoli

    1.1.1 Definizioni

    Fissato un sistema di riferimento inerziale, la posizione di una particella punti-forme , a ogni istante, individuata dal vettore r(t). La particella libera se non soggetta ad alcuna condizione che ne limiti la traiettoria; in caso contrario sidice che essa vincolata. Allo stesso modo per un sistema di N particelle, setutte le particelle che costituiscono il sistema sono libere, il sistema detto libero;altrimenti si dice che vincolato.

    La presenza di vincoli comporta lintroduzione di forze che agiscono sulle par-ticelle limitandone la mobilit. Queste forze sono dette forze vincolari o reazionivincolari. Chiameremo attive le forze che non sono dovute a vincoli.

    1.1.2 Classificazione dei vincoli

    Classifichiamo i vincoli:

    In base alla forma delle relazioni che legano le coordinate delle particelle:

    vincoli olnomi: possono essere espressi da relazioni del tipo

    f (r1, r2, . . . , rN , t) = 0. (1.1)

    Il sistema si dir, in tal caso, olonomo. Per esempio:

    * una particella che si muove nel piano xy lungo la retta y = mx + q;* il corpo rigido: le reazioni vincolari sono del tipo ri rj2 c2ij = 0

    (la distanza tra due punti generici del corpo rigido costante); vincoli anolnomi: non possono essere espressi da relazioni del tipo

    (1.1). Tali vincoli possono essere espressi da vincoli di diseguaglianzao equivalentemente da vincoli di uguaglianza in cui compaiono anchele velocit. Esempi:

    * particella vincolata a stare allinterno di una sfera di centro O eraggio a. In tal caso il vincolo si esprime con r2 a2 < 0.

    In base alla dipendenza dal tempo:

    vincoli scleronomi: non dipendono dal tempo; vincoli reonomi: dipendono dal tempo. Per esempio, se una particella

    si muove su una retta che ruota con velocit angolare , questa avrunequazione del tipo y = tan(t)x + q.

    2

  • 1.2 gradi di libert e coordinate lagrangiane

    In base al tipo di reazione vincolare

    vincoli lisci: la reazione vincolare sempre normale al vincolo. Peresempio, se il vincolo olonomo una superficie di equazione f (r, t), lareazione vincolare sar parallela al gradiente di f : = (t) f ;

    vincoli scabri: la reazione vincolare ha una componente tangenziale alvincolo (sono presenti forze di attrito).

    1.2 gradi di libert e coordinate lagrangiane

    La configurazione di un sistema libero formato da N particelle definita dagli Nvettori posizione ri(t), con i = 1, . . . , N, ed quindi individuata, in uno spaziotridimensionale, da 3N quantit scalari o coordinate indipendenti.

    Definiamo numero di gradi di libert del sistema il minimo numero di coor-dinate indipendenti in grado di individuare la configurazione. Secondo questadefinizione un sistema libero di N particelle in uno spazio tridimensionale ha 3Ngradi di libert. In un sistema vincolato le coordinate non sono tra loro indipen-denti. Se i vincoli sono olonomi e sono espressi mediante k equazioni del tipo (1.1),allora il numero di coordinate indipendenti sar n = 3N k e quindi si avrannon gradi di libert. Possiamo pertanto introdurre n coordinate indipendenti chetengano conto dei vincoli. Siano q1, q2, . . . , qn tali coordinate. Esse non hanno ingenerale le dimensioni di una lunghezza e non possono essere raggruppate performare le tre componenti di un vettore.

    Per esempio, si consideri un pendolo nel piano. Il sistema avrebbe due gradidi libert se non fosse vincolato; dato che la distanza tra la particella e lorigine fissata uguale a l si ha invece un solo grado di libert. Si pu allora individuarelo stato del sistema in ogni istante utilizzando una sola coordinata quale, peresempio, langolo .

    possibile esprimere i vettori posizione mediante le nuove coordinate tramitele trasformazioni

    ri = ri (q1, q2, . . . , qn, t) (i = 1, . . . , N).

    Le coordinate qi, con i = 1, . . . , n, sono dette coordinate lagrangiane o generalizzatedel sistema. Esse, ovviamente, non sono uniche.

    1.3 principio di dalembert ed equazioni di lagrange

    Definiamo spostamento virtuale infinitesimo di un sistema un cambiamento di confi-gurazione relativo a una variazione ri delle coordinate, compatibile con le forzee i vincoli a cui il sistema sottoposto a un dato istante t. Chiamiamo tale sposta-mento virtuale per distinguerlo da uno spostamento reale dri in cui si consideraun intervallo dt nel quale variano forze e vincoli.

    3

  • 1.3 principio di dalembert ed equazioni di lagrange

    Consideriamo un sistema di N particelle. Supponiamo che il sistema sia inequilibrio, cio che ogni particella del sistema in equilibrio. Allora

    Fi = 0 = Fi ri = 0 =

    L =N

    i=1

    Fi ri = 0, (1.2)

    con i = 1, . . . , N, dove L il lavoro virtuale infinitesimo. Le Fi sono le risultantidi tutte le forze agenti sulli-esima particella (interazione con lUniverso, con lealtre particelle, forza vincolare). Se poniamo Fi = F

    (a)i +i, dove F

    (a)i e i so-

    no rispettivamente la forza attiva totale e la forza vincolare agenti sulla i-esimaparticella, la (1.2) diventa:

    L =N

    i=1

    F(a)i ri +N

    i=1i ri = 0. (1.3)

    Assumeremo dora in avanti che il lavoro virtuale delle forze vincolari sia nul-lo, cio Ni=1i ri = 0, e che i vincoli siano olonomi bilaterali e lisci. Allorapossiamo scrivere la (1.3) come

    N

    i=1

    F(a)i ri = 0, (1.4)

    che il principio dei lavori virtuali. Osserviamo che i ri, con i = 1, . . . , N, non sonoin generale linearmente indipendenti e quindi i F(a)i non sono automaticamentenulli.

    Siano q1, q2, . . . , qn le coordinate lagrangiane del sistema scelte. Allora

    ri = ri (q1, q2, . . . , qn, t) , (1.5a)

    ri =n

    k=1

    riqk

    qk , (1.5b)

    con i = 1, . . . , N. Supponendo che il lavoro virtuale delle forze vincolari sia nullosi ha

    L =N

    i=1

    F(a)i ri =N

    i=1

    F(a)i n

    k=1

    riqk

    qk =n

    k=1

    (N

    i=1

    F(a)i riqk

    )qk =

    =n

    k=1

    Q(a)k qk,

    dove

    Q(a)k =N

    i=1

    F(a)i riqk

    (k = 1, . . . , n) (1.6)

    sono dette forze generalizzate (attive). Poich le qk sono indipendenti si ha

    L = 0 = Q(a)k = 0 (k = 1, . . . , n).

    4

  • 1.3 principio di dalembert ed equazioni di lagrange

    Si pu dimostrare che Q(a)k = 0 con k = 1, . . . , n condizione necessaria esufficiente per lequilibrio, in presenza di vincoli olonomi bilaterali lisci.

    La relazione (1.4) applicabile solo al caso statico. Se si vuole applicare ilprincipio dei lavori virtuali anche al caso di moto del sistema, bisogna partiredalle N equazioni del moto dpi/dt = Fi Fi dpi/dt = 0 per i = 1, . . . , N.Se continuiamo ad assumere che le forze vincolari non compiono lavoro virtuale,la (1.4) diventa:

    N

    i=1

    (F(a)i

    dpidt

    ) ri = 0. (Principio di dAlembert) (1.7)

    Osserviamo che le forze vincolari non compaiono esplicitamente.Indichiamo dora in poi con Fi la forza attiva totale agente sulli-esima particella,

    togliendo lapice (a). Come nel caso statico occorre ottenere unespressione checontenga solo gli spostamenti virtuali delle coordinate generalizzate (che sonoindipendenti). Partiamo, come nel caso statico, dalle trasformazioni

    ri = ri (q1, . . . , qn, t) (i = 1, . . . , N)

    ri =n

    k=1

    riqk

    qk

    vi =dridt

    =n

    k=1

    riqk

    qk +rit

    . (1.8)

    Come prima abbiamo

    N

    i=1

    Fi ri =n

    k=1

    Qkqk,

    dove Qk = Ni=1 Fi ri/qk . Osserviamo che le qk non hanno necessariamen-te le dimensioni di una lunghezza, cos come le Qk non hanno in generale ledimensioni di una forza. Consideriamo ora

    N

    i=1

    dpidt ri =

    n

    k=1

    (N

    i=1

    midvidt riqk

    )qk =

    =n

    k=1

    {N

    i=1

    [ddt

    (mivi ri

    qk

    )mivi ddt

    riqk

    ]}qk.

    (1.9)

    Osserviamo che dalla (1.8) si ricava

    viqk

    =

    qkdridt

    =riqk

    . (1.10)

    Inoltre, in analogia con la (1.8) si ha

    viqk

    =n

    j=1

    2riqk qj

    qj +2riqk t

    =n

    j=1

    qj

    (riqk

    )qj +

    t

    (riqk

    )=

    =ddt

    (riqk

    ).

    (1.11)

    5

  • 1.3 principio di dalembert ed equazioni di lagrange

    In base a queste osservazioni possiamo scrivere:

    N

    i=1

    dpidt ri =

    n

    k=1

    {N

    i=1

    [ddt

    (mivi vi

    qk

    )mivi vi

    qk

    ]}qk =

    =n

    k=1

    {ddt

    [

    qk

    N

    i=1

    (12

    miv2i

    )]

    qk

    N

    i=1

    (12

    miv2i

    )}qk =

    =n

    k=1

    [ddt

    (Tqk

    ) T

    qk

    ]qk,

    dove T = Ni=1 miv2i /2. Allora il principio di dAlembert nel nostro caso equiva-lente alla relazione

    n

    k=1

    {[ddt

    (Tqk

    ) T

    qk

    ]Qk

    }qk = 0.

    Dato che gli spostamenti virtuali infinitesimi qk, con k = 1, . . . , n, sono indipen-denti, possiamo scrivere n equazioni del moto

    ddt

    (Tqk

    ) T

    qk= Qk. (1.12)

    Se supponiamo che le forze attive siano tutte conservative e derivino da un unicopotenziale U, si ha Fi = iU (con i = (/xi , /yi , /zi)) e quindi

    Qk =N

    i=1

    Fi riqk

    = N

    i=1iU ri

    qk= U

    qk.

    Tenendo presente che U dipende solo da q e non da q (cio U/qk = 0; k =1, . . . , n), le n equazioni del moto (1.12) possono essere scritte nel modo seguente:

    ddt

    [

    qk(T U)

    ]

    qk(T U) = 0.

    Definendo

    L = T U (1.13)lagrangiana del sistema, possiamo scrivere le equazioni di Lagrange:

    ddt

    (

    qkL

    ) L

    qk= 0. (1.14)

    Osservazione. Se consideriamo F = F(q, t) funzione di classe opportuna, si pudimostrare che L(q, q, t) = L(q, q, t) + dF/dt unaltra funzione lagrangiana cheporta alle stesse equazioni del moto.1

    1 Si qui utilizzata la notazione, che ricorrer per brevit in seguito, q = (q1, q2, . . . , qn) per indicarelennupla delle coordinate generalizzate; tuttavia bisogna tenere sempre presente che tale ennuplanon , in generale, un vettore (basti pensare che, come gi osservato, le qi possono avere anchedimensioni diverse).

    6

  • 1.3 principio di dalembert ed equazioni di lagrange

    Osservazione. Le equazioni di Lagrange possono essere ancora scritte nella formausuale se U = U(q, q, t) e

    Qk = Uqk +ddt

    (Uqk

    ). (1.15)

    La funzione U detta potenziale generalizzato, o potenziale dipendente anchedalle velocit e dal tempo. La funzione lagrangiana pu ancora essere definitacome L = T U.

    1.3.1 Esempi nel caso statico

    Determiniamo le condizioni di equilibrio del pendolo semplice (si veda Figura 0.1a pagina vii). Il sistema ha un solo grado di libert e lunica forza attiva la forzapeso P, quindi

    r = l cos x + l sin x,

    L = P r = P (

    (l cos )x +

    (l sin )y

    ) =

    = mgx (l sin x + l cos y) = mgl sin Q = mgl sin = 0 = sin = 0 = = 0 oppure = pi.

    Consideriamo ora il punto materiale P di massa m in Figura 1.1 vincolato senzaattrito su una circonferenza di raggio R e centro O, posto in un piano verticale.La particella connessa al punto pi alto mediante una molla di costante elasticak e lunghezza a riposo nulla. Anche questo sistema ha un solo grado di libert.Abbiamo{

    xP = R sin yP = R cos

    ,

    rP =(xp

    x +yp

    y) = R(cos x sin y).

    La forza peso data da P = mgy. Inoltre rA = Ry, quindi rP rA = R sin x +R(1 + cos )y. Pertanto la forza elastica agente sulla particella Fel = k(rP rA) = kR[sin x + (1+ cos )y]. Dunque:

    P rP = mgR sin ,Fel rP = kR2[sin cos sin (1+ cos )] = kR2 sin .

    La forza generalizzata attiva :

    Q = mgR sin + kR2 sin = R sin (kRmg).La condizione di equilibrio si ha per Q = 0 cio:

    1. sin = 0, vale a dire = 0 oppure = pi;

    2. [0, 2pi] se mg = kR.

    7

  • 1.3 principio di dalembert ed equazioni di lagrange

    y

    x

    R

    A

    P

    O

    k

    Figura 1.1: Pendolo collegato a una molla.

    Esercizi

    1. Si consideri il sistema in figura formato da due aste di lunghezza l e massam, incernierate in A e O, in un piano verticale. Lasta AB reca al suo estremoun carrello connesso in O da una molla di costante elastica k e lunghezza ariposo nulla. Si determinino le eventuali condizioni di equilibrio.

    2. Il sistema in figura formato da una lamina quadrata di lato l e massa m,poggiata su un piano orizzontale senza attrito, e da unasta incernierata inO di lunghezza l e massa m. Lasta appoggiata in un punto nel lato ABdella lamina (senza attrito) e nel punto B applicata una molla di costanteelastica k e lunghezza a riposo nulla. Si determini il valore di k per cui lastain posizione di equilibrio formi un angolo di pi/6 con lorizzontale.

    1.3.2 Esempio nel caso dinamico

    Riprendiamo in considerazione il pendolo semplice (vedi Figura 0.1 a pagina vii).Il sistema ha un grado di libert, quindi sar sufficiente scrivere una sola equa-zione di Lagrange. Valgono sempre le (0.6), dunque lenergia cinetica datada

    T =12

    mv2 =12

    m(x2 + y2) =12

    ml22 ,

    mentre lenergia potenziale (fissando come punto a potenziale gravitazionalenullo il punto pi basso del pendolo, come mostrato in figura)

    U = mgl(1 cos ).

    Pertanto la lagrangiana del sistema

    L = T U = 12

    ml22 mgl(1 cos )

    8

  • 1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    e lequazione di Lagrange

    ml2 + mgl sin = 0

    che equivalente alla (0.5).

    1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    1.4.1 Potenziali generalizzati

    Consideriamo una particella puntiforme di massa m e carica q in un campoelettromagnetico E, B. Su di essa agisce la forza di Lorentz:

    F = q(

    E +vc B

    ). (1.16)

    Le equazioni del moto sono perci

    mdvdt

    = md2rdt2

    = q(

    E +vc B

    ).

    Siano ora = (x, y, z, t) e A = A(x, y, z, t) i potenziali scalare e vettorialerispettivamente in modo che

    E = 1cAt

    , (1.17)

    B = A. (1.18)

    Riscriviamo la forza di Lorentz mediante le precedenti:

    F = q[ 1

    cAt

    +vc ( A)

    ]=

    = q[ 1

    cAt

    +1c(A v) 1

    c(v )A

    ] (1.19)dove si tenuto conto del fatto che v = 0 e quindi v ( A) = (A v) (v )A. Osserviamo ora che dA/dt = A/t + (v )A; inoltre da-to che A non dipende da v, dv(Av)dt = dA/dt; infine v = 0 (dove v =(/xi, /yi, /zi)). Allora

    F = q[

    ( 1

    cA v

    ) 1

    cdAdt

    ]=

    = q{

    ( 1

    cA v

    )+

    ddt

    [v( 1

    cA v

    )]}=

    = U + dvUdt

    ,

    (1.20)

    dove U = q qA v/c un esempio di potenziale generalizzato, ovvero potenzialedipendente dalle derivate rispetto al tempo delle coordinate generalizzate (che

    9

  • 1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    qui corrispondono con le solite coordinate cartesiane). La funzione lagrangiana ,allora, la seguente:

    L = T U = 12

    mv2 q+ qc

    A v =

    =12

    m(x2 + y2 + z2) q(x, y, z, t)++

    qc(xAx(x, y, z, t) + yAy(x, y, z, t) + zAz(x, y, z, t)).

    Esercizi

    1. Scrivere le equazioni di Lagrange di una carica puntiforme in un campoelettromagnetico. Dimostrare che esse coincidono con le equazioni del motodi partenza.

    2. Scrivere la lagrangiana e le equazioni di Lagrange per i seguenti sistemi:

    a) pendolo piano semplice;b) pendolo piano doppio;c) pendolo piano il cui punto di sospensione libero di muoversi orizzon-

    talmente su una retta liscia .

    3. Due punti materiali, uno di massa m1 e laltro di massa m2, sono collegatida una fune (inestensibile e di massa trascurabile) che passa attraverso unforo in un tavolo perfettamente liscio, in modo che m1, per t = 0, abbia unmoto circolare uniforme sulla superficie del tavolo ed m2 rimanga sospesa.Nellipotesi che m2 possa muoversi solo in direzione verticale, si scriva lalagrangiana e si ricavino le equazioni di Lagrange. Discutere la presenza diintegrali primi del moto .

    Figura 1.2: Da sinistra: problema 2b, problema 2c, problema 3.

    1.4.2 Equazioni di Lagrange in presenza di forze non derivabili da un potenziale

    Supponiamo che su una particella puntiforme agisca anche la seguente forzaviscosa:

    Fa = (xvx + yvy + zvzk)

    10

  • 1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    dove i coefficienti x, y, z sono caratteristici del mezzo2 e , , k sono i versoridegli assi coordinati. Osserviamo che, se introduciamo la cosiddetta funzione didissipazione di Rayleigh

    F =12(xv2x + yv

    2y + zv

    2z),

    abbiamo che Fa = vF. Pi in generale se il sistema formato da N particelle,la forza viscosa totale data da:

    Fa = N

    k=1

    (xvkx + yvky + zvkzk),

    dove si intende vk = (vkx, vky, vkz) la velocit della k-esima particella. Lafunzione di dissipazione in questo caso data da:

    F =12

    N

    k=1

    (xv2kx + yv2ky + zv

    2kz).

    La forza viscosa agente sulla k-esima particella pu ovviamente essere scrittacome Fa,k = vkF. Se il sistema ha n gradi di libert e qj con j = 1, . . . , n sono lecoordinate generalizzate, le equazioni di Lagrange sono le seguenti:

    ddt

    (L

    qj

    ) L

    qj= Qj (1.21)

    dove le Qj sono le forze generalizzate associate alle forze viscose e non derivabilida un potenziale, e L la lagrangiana, scritta tenendo conto di tutte le forzeconservative. Sappiamo che:

    Qj =N

    k=1

    Fa,k rkqj = N

    k=1vkF

    rkqj

    =

    = N

    k=1vkF

    vkqj

    = Fqj

    .

    Allora in conclusione possiamo scrivere le equazioni di Lagrange (1.21) nel modoseguente:

    ddt

    (L

    qj

    ) L

    qj+

    F

    qj= 0.

    Evidentemente siamo in grado di scrivere esplicitamente le equazioni del motoconoscendo le due funzioni scalari L e F.

    2 In realt questi coefficienti dipendono oltre che dal mezzo anche dalla forma e dalle dimensioni delcorpo immerso nel fluido.

    11

  • 1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    1.4.3 Trasformazioni di gauge e lagrangiana di una particella immersa in un campoelettromagnetico

    Siano e A i potenziali scalare e vettoriale nel campo elettromagnetico. Sappiamoche la lagrangiana assume la forma: L = mv2/2 q+ qA v/c. Il sistema ha tregradi di libert. Operiamo le seguenti trasformazioni di gauge:

    = 1c(r, t)

    t;

    AA = A +(r, t).

    Il campo elettromagnetico invariante per trasformazioni di gauge. Sia ora L =mv2/2 q + qA v/c la nuova lagrangiana. Allora:

    L =mv2

    2 q+ q

    c

    t+

    qc

    A v + qc v =

    = L+qc

    t+

    qc v =

    = L+qc

    ddt

    .

    Concludendo, L ed L differiscono per la derivata totale rispetto al tempo di unafunzione scalare di r e di t. Le equazioni di Lagrange sono, di conseguenza,invarianti per trasformazioni di gauge.

    Problemi

    1. Se L = L(q, q, t) una lagrangiana per un sistema a n gradi di libert cheverifica le equazioni di Lagrange, dimostrare che L = L+ dF(q, t)/dt, conF funzione arbitraria di classe opportuna, verifica anchessa le equazioni diLagrange.

    Dimostrazione. Osserviamo che

    dF(q, t)dt

    =n

    k=1

    F(q, t)qk

    qk +F(q, t)

    t.

    Allora per j = 1, . . . , n

    L(q, q, t)qj

    =L(q, q, t)

    qj+

    F(q, t)qj

    L(q, q, t)qj

    =L(q, q, t)

    qj+

    qjdF(q, t)

    dt.

    Supponendo che

    qjdF(q, t)

    dt=

    ddt

    F(q, t)qj

    12

  • 1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    abbiamo dunque, sempre per j = 1, . . . , n, che

    ddt

    (L

    qj

    ) L

    qj= 0

    ddt

    (L

    qj

    ) d

    dtF(q, t)qj

    L

    qj+

    qjF(q, t)

    t= 0

    ddt

    (L

    qj

    ) L

    qj= 0.

    2. Siano q1, . . . , qn un insieme di coordinate generalizzate indipendenti di unsistema a n gradi di libert con lagrangiana L(q, q, t), dove q = (q1, . . . , qn)e q = (q1, . . . , qn). Si supponga di passare a un altro sistema di coordinategeneralizzate indipendenti s1, . . . , sn per mezzo di una trasformazione pun-tuale qk = qk(s, t) con k = 1, . . . , n ed s = (s1, . . . , sn). Dimostrare che laforma delle equazioni di Lagrange invariante rispetto alle trasformazionipuntuali.

    Dimostrazione. Per j, k = 1, . . . , n abbiamo

    qj =n

    i=1

    qjsi

    si +qjt

    = qjsi

    =qjsi

    Ora, L = L(q(s, t), q(s, s, t), t), dunque

    L

    sk=

    n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    +n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    L

    sk=

    n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    =n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    ddt

    (L

    sk

    )=

    n

    j=1

    (ddt

    L

    qj

    )qjsk

    +n

    j=1

    L

    qj

    (ddt

    qjsk

    )=

    =n

    j=1

    (ddt

    L

    qj

    )qjsk

    +n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    .

    In conclusione, per k = 1, . . . , n, ricordando che

    ddt

    (L

    qj

    ) L

    qj= 0

    per j = 1, . . . , n,

    ddt

    (L

    sk

    ) L

    sk=

    =n

    j=1

    (ddt

    L

    qj

    )qjsk

    +n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    +

    n

    j=1

    L

    qj

    qjsk

    =n

    j=1

    [ddt

    L

    qj L

    qj

    ]qjsk

    = 0.

    13

  • 1.4 potenziali generalizzati e funzioni di dissipazione

    3. Dimostrare che vale la seguente forma di Nielsen delle equazioni di Lagrange:

    Tqj 2 T

    qj= Qj (j = 1, . . . , n)

    dove T = T(q, q, t) lenergia cinetica, T dT/dt e Qj la j-esima forzageneralizzata.

    Dimostrazione. Partiamo dalle equazioni di Lagrange (1.12), valide anche inpresenza di forze attive generalizzate non conservative. Osserviamo che:

    dT(q, q, t)dt

    =n

    j=1

    (Tqj

    qj +Tqj

    qj

    )+

    Tt

    =

    Tqk

    =Tqk

    +n

    j=1

    [(

    qkTqj

    )qj +

    2Tqk qj

    qj

    ]+

    tTqj

    =

    =Tqk

    +n

    j=1

    [(

    qjTqk

    )qj +

    qj

    (Tqk

    )qj

    ]+

    tTqj

    =

    =Tqk

    +ddt

    (Tqk

    ).

    Allora

    Tqk 2 T

    qk= Qk

    Tqk

    +ddt

    (Tqk

    ) 2 T

    qk= Qk

    ddt

    (Tqk

    ) T

    qk= Qk.

    14

  • 2P R I N C I P I O V A R I A Z I O N A L E D I H A M I L T O N E D E Q U A Z I O N ID I L A G R A N G E

    2.1 principio di hamilton

    Prenderemo ora in considerazione solo quei sistemi di N particelle puntiformi,con vincoli olonomi lisci, per i quali tutte le forze attive sono derivabili da unsolo potenziale scalare generalizzato (questa richiesta fatta solo per semplicit esenza perdere in generalit), funzione cio delle coordinate e delle velocit delleparticelle e del tempo. Questi sistemi sono detti monogenici. In particolare, se ilpotenziale funzione esplicita solo delle coordinate di posizione delle particelleil sistema detto conservativo. Vedremo fra poco, come sia possibile ottenere leequazioni di Lagrange relative a un sistema monogenico a partire da un principiointegrale (il principio variazionale di Hamilton), il quale prende in considerazionelintero moto del sistema tra due istanti t0 e t1 e le piccole variazioni di questomoto rispetto a quello reale. Per fare questo avremo bisogno di elementi di calcolodelle variazioni, che cercheremo di esporre nel modo pi elementare possibile,utilizzando soltanto le tecniche familiari del calcolo differenziale.

    La configurazione del sistema (olonomo e monogenico), oggetto di studio, supposta descritta dai valori di n coordinate generalizzate q1, q2, . . . , qn e corri-sponde alla posizione di un punto q = (q1, . . . , qn) in uno spazio n-dimensionaleche, come sappiamo, detto spazio delle configurazioni. Al variare del tempo ilpunto q(t), che rappresenta il sistema, si muove nello spazio delle configurazionidescrivendo una curva che , ovviamente, la traiettoria del moto del sistema. Co-me abbiamo gi accennato, il principio variazionale prende in considerazione soloquelle traiettorie che costituiscono un insieme di traiettorie variate sincrone. In al-tre parole, si considerano tutti quei movimenti q = q(t) del sistema con t [t0, t1],intervallo base, tali che q(t0) = q(0) e q(t1) = q(1). Chiameremo ammissibile unmovimento q(t) che gode di questa propriet. Noi supporremo sempre, salvoavviso contrario, che le funzioni siano di classe C.

    In Figura 2.1 sono riportate, in uno spazio delle configurazioni bidimensionale,alcune traiettorie ammissibili, che partono dalla configurazione iniziale q(0) altempo t0 e arrivano alla configurazione finale q(1) al tempo t1. Sappiamo che possibile introdurre per il nostro sistema (olonomo e monogenico) la funzionelagrangiana

    L = T V, (2.1)dove T lenergia cinetica del sistema e V il potenziale generalizzato. Natural-mente si avr

    L = L (q, q, t) . (2.2)

    15

  • 2.1 principio di hamilton

    q2

    q(1)2

    q(0)2

    q(0)1 q(0)1

    q1

    Figura 2.1: Alcune traiettorie ammissibili in uno spazio delle configurazioni bidimensio-nale

    Consideriamo il funzionale azione

    S [q(t)] = t1

    t0L (q(t), q(t), t)dt, (2.3)

    dove q(t) un moto ammissibile (cio q(t0) = q(0) e q(t1) = q(1)). Osserviamoche S [q(t)] ha valori in R e non una funzione di funzione (non una funzionedel tempo), ma un integrale di linea che dipende dal moto q(t). Il valore cheS [q(t)] assume dipende ovviamente dal moto ammissibile q(t) scelto.

    Introduciamo il

    Principio (variazionale di Hamilton) - Tra i moti ammissibili del sistema compresitra gli istanti t0 e t1, il moto reale quello che rende stazionaria lazione.

    Ricordiamo cosa si intende per punto stazionario di una funzione f : R R diclasse opportuna. Si dice che x0 R un punto stazionario di f se f (x0) = 0.Un punto stazionario (o critico) di una funzione pu allora essere un estremanterelativo (di massimo o di minimo) o di flesso orizzontale oppure n estremanterelativo n flesso orizzontale. Inoltre se x0 un punto stazionario si ha

    f (x0 + e) f (x0) = f (x0)e+O(e2) = O(e2).

    In modo analogo diremo che lazione stazionaria lungo una certa traiettoriase su di essa assume, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo, lostesso valore corrispondente a traiettorie che differiscono da quella considerataper uno spostamento infinitesimo. Pi precisamente se indichiamo con q(t) unmoto ammissibile che rende stazionaria lazione e con q(t, e) = q(t) + eh(t) unatraiettoria diversa, dipendente dal parametro e R (assumiamo |e| 1) e dallafunzione vettoriale h(t) = (h1(t), . . . , hn(t)) soggetta alla condizione

    h(t0) = h(t1) = 0 (2.4)

    16

  • 2.1 principio di hamilton

    (infatti q(t, e) deve essere un moto ammissibile e pertanto q(t0, e) = q(0) e q(t1, e) =q(1)), abbiamo che

    S [q(t, e)] S [q(t)] = O(e2). (2.5)Vogliamo ora provare che una traiettoria ammissibile q(t) che rende stazionarialazione soddisfa le equazioni di Lagrange

    ddt

    (L(q, q, t)

    qk

    ) L(q, q, t)

    qk= 0 (k = 1, . . . , n). (2.6)

    Abbiamo infatti:

    S [q(t, e)] S [q(t)] == t1

    t0

    [L(

    q(t) + eh(t), q(t) + eh(t), t) L (q(t), q, t)

    ]dt =

    = t1

    t0

    n

    i=1

    (L (q(t), q(t), t)

    qihi(t) +

    L (q(t), q(t), t)qi

    hi(t))edt +O(e2).

    (2.7)

    Osserviamo cheL

    qihi(t) =

    ddt

    (L

    qihi(t)

    )(

    ddt

    L

    qi

    )hi(t); t1

    t0

    ddt

    (L

    qihi(t)

    )dt =

    [L

    qihi(t)

    ]t1t0= 0

    perch valgono le (2.4). Allora la (2.7) pu essere riscritta come

    S [q(t, e)] S [q(t)] =

    =n

    i=1

    t1t0

    (L (q(t), q(t), t)

    qi d

    dtL (q(t), q(t), t)

    qi

    )hi(t)edt +O(e2).

    (2.8)

    Se imponiamo la condizione che lazione sia stazionaria lungo q(t), valga cio la(2.5), e teniamo presente che hi(t), con i = 1, . . . , n, sono funzioni di classe C

    arbitrarie, soggette soltanto alla condizione hi(t0) = hi(t1) = 0, abbiamo t1t0

    (L (q(t), q(t), t)

    qi d

    dtL (q(t), q(t), t)

    qi

    )hi(t)dt = 0 (i = 1, . . . , n). (2.9)

    Vogliamo ora provare che queste equazioni implicano che

    L (q(t), q(t), t)qi

    ddt

    (L (q(t), q(t), t)

    qi

    )= 0 (i = 1, . . . , n),

    cio sono soddisfatte le equazioni di Lagrange. Vale il seguente

    Lemma (fondamentale del calcolo variazionale) - Se una funzione liscia f : [t0, t1]R verifica la propriet t1

    t0f (t)g(t)dt = 0 (2.10)

    per ogni funzione liscia g : [t0, t1] R, soggetta alla condizione g(t0) = g(t1) = 0,allora f (t) = 0 t [t0, t1].

    17

  • 2.1 principio di hamilton

    Dimostrazione. Ragioniamo per assurdo e supponiamo che t (t0, t1) in cuif non si annulli. Senza perdere in generalit possiamo supporre f (t) > 0.Per continuit I(t) (t0, t1), intorno di t, in cui f sempre positiva, aven-do indicato con I(t) un intorno aperto di t. Possiamo sempre prendere unafunzione liscia g, stante la sua arbitrariet, che sia positiva in I1(t) I(t) enulla altrove.1 Ne consegue che

    t1t0

    f (t)g(t)dt > 0. Questo assurdo. Alloraf (t) = 0 t (t0, t1) = f (t) = 0 t [t0, t1].

    Se chiamiamo qi(t) = ehi(t) la variazione delli-esima componente di q(t)e con S la corrispondente variazione dellazione, relativa allinfinitesimo q, larelazione (2.8) pu essere scritta nella forma:

    S =n

    i=1

    t1t0

    (L

    qi d

    dtL

    qi

    )qi(t)dt.

    Questo risultato ci dice, anche per il lemma precedente, che se lazione staziona-ria lungo q(t), cio se S = 0, allora valgono le equazioni di Lagrange. In modosintetico possiamo scrivere:

    S = 0 L(q, q, t)qi

    ddt

    (L(q, q, t)

    qi

    )= 0 (i = 1, . . . , n)

    e vale il viceversa.

    Osservazione. Abbiamo visto che le equazioni di Lagrange (o di Eulero-Lagrange)nelle ipotesi fatte (sistemi, cio, olonomi e monogenici) discendono da una leggegenerale, il principio variazionale di Hamilton. Non possiamo stabilire, a priori,se il moto reale q(t), che soddisfa le equazioni di Lagrange, ha la propriet diminimizzare lazione, anche se il principio di Hamilton spesso detto principiodella minima azione.

    Osservazione. Nel Capitolo 1 abbiamo visto che le equazioni di Lagrange sonoinvarianti per la trasformazione

    L = L+dFdt

    .

    Anche il principio variazionale di Hamilton ancora valido se alla lagrangianaaggiungiamo la derivata totale rispetto al tempo di unarbitraria funzione scalareF(q(t), t) di classe opportuna, infatti:

    S[q(t)] = t1

    t0

    (L(q(t), q(t), t) +

    dF(q(t), t)dt

    )dt =

    = S + F(q(t), t)t1t0= S + F(q(t1), t1) F(q(t0), t0),

    cio S ed S differiscono per un termine supplementare che si annulla quandovaria lazione. Dunque la condizione S = 0 coincide con la condizione S = 0 ela forma delle equazioni del moto resta immutata.

    1 Osserviamo che la funzione g scelta si annulla, ovviamente, in t0 e t1.

    18

  • 2.2 applicazioni del calcolo delle variazioni

    2.2 applicazioni del calcolo delle variazioni

    Possiamo utilizzare il principio variazionale per studiare le propriet di staziona-riet o estremali di funzionali diversi dallazione.

    Supponiamo in particolare di avere una famiglia di curve in uno spazio n-dimensionale, ognuna descritta da una funzione vettoriale liscia y(x) con x [x0, x1], tutte soggette alle condizioni y(x0) = y(0) e y(x1) = y(1), e una fun-zione scalare liscia U = U (y(x), y(x), x). Vogliamo determinare y(x) che rendestazionario il funzionale

    J[y(x)] = x1

    x0u (y(x), y(x), x)dx.

    Notiamo che possono esserci casi pi complessi, in cui per esempio U fun-zione anche di derivate di ordine superiore al primo di y(x), oppure x Rm conm 2. La trattazione del problema pu anche essere portata avanti esattamentecome nel caso dellazione: si ricerca y(x) che rende stazionario il funzionale J.Non sempre semplice stabilire poi se la funzione trovata abbia la propriet diminimizzare o di massimizzare J. Ricordiamo che condizione necessaria perchy(x) sia un minimo o un massimo locale per J che esso sia un punto staziona-rio. Si arriver ovviamente a n equazioni scalari che continueremo a chiamare diLagrange o di Eulero-Lagrange:

    ddx

    (uyk

    ) u

    yk= 0 (k = 1, . . . , n).

    2.2.1 Cammino pi breve fra due punti in un piano

    Siano dati A(x0, y0) e B(x1, y1) in un piano (vedi Figura 2.2). Supponiamo chex0 < x1. Se indichiamo2 una generica curva regolare3 con y = y(x) di estremi Ae B e con s lascissa curvilinea, abbiamo che:

    ds =(dx)2 + (dy)2 =

    1+ y2(x)dx.

    In questo caso allora

    J[y(x)] = x1

    x0

    1+ y2(x)dx.

    Ovviamente u = u(y) =

    1+ y2(x) e y(x) nel nostro caso una funzione scalare.Adoperando le equazioni di Eulero-Lagrange:

    ddx

    (uy

    ) u

    y= 0.

    2 Se x0 = x1 possiamo considerare funzioni del tipo x = x(y).3 In realt possiamo sempre supporre che y sia liscia.

    19

  • 2.2 applicazioni del calcolo delle variazioni

    y

    y1

    y0

    x0 x1 x

    A

    B

    Figura 2.2: Cammini ammessi tra due punti nel piano.

    Essendo u/y = 0 risulta

    uy

    =y

    1+ y2= c,

    dove c una costante rispetto a x. Di conseguenza y(x) = a, con a costantelegata a c da a = c/

    1 c2. Quindi y(x) = ax + b, cio la curva che minimizza

    il funzionale J il segmento di estremi A e B. Imponendo in particolare chey(x0) = y0 e y(x1) = y1 otteniamo le costanti di integrazione

    a =y1 y0x1 x0

    b =x1y0 x0y1

    x1 x0 .

    Si prova facilmente, in questo caso, che y(x), che rende stazionario J, minimizza ilfunzionale. In altre parole possiamo dire che la curva che nel piano xy congiungeA e B e ha lunghezza minima il segmento di estremi A e B.

    J[y(x) + eh(x)] J[y(x)] = e2

    2

    x1x0

    uyy(y(x))h2(x)dx +O(e3).

    Nel nostro caso uyy(y(x)) = 1/(1+ y2(x))3 > 0. Perci, per |e| 1, J[y(x) +

    eh(x)] J[y(x)], cio la funzione trovata minimizza il funzionale (se h(x) non identicamente nulla).

    Esercizi

    1. Verificare che il moto reale di una particella libera e isolata rende minimalazione.

    2. Una particella soggetta al potenziale U(x) = Fx, con F costante. La par-ticella si muove dal punto x = 0 al punto x = a nellintervallo di tempot0. Si assuma che il moto della particella si possa esprimere nella formax(t) = A+ Bt+Ct2. Trovare i valori di A, B, C che rendono minima lazione.

    20

  • 2.2 applicazioni del calcolo delle variazioni

    A

    y1

    y

    B

    x1 x U = 0

    Figura 2.3: Schema del problema della brachistocrona.

    2.2.2 Il problema della brachistocrona

    Il problema della brachistocrona pu essere espresso nel modo seguente:

    Problema (della brachistocrona) - Dati due punti A e B in un piano verticale, conA ad altezza maggiore di B, trovare tra tutti gli archi di curva che li congiungono, latraiettoria che una particella puntiforme di massa m, con velocit iniziale nulla, devepercorrere per andare da A a B in modo che il tempo di percorrenza sia il minimo possibile.

    Per risolvere il problema poniamo lorigine degli assi in A (0, 0) e orientiamolasse delle ordinate verso il basso (vedi Figura 2.3). Supponiamo B (x1, y1)con x1 > 0 e y1 > 0 (se x1 = 0, cio se B appartiene allasse delle y il problema banale: la soluzione data dal segmento AB). Le equazioni della traiettoria(passante per i punti assegnati):

    y = y(x)y(0) = 0 (x [0, x1])

    y(x1) = y1

    Consideriamo la solita ascissa curvilinea s a partire da A:

    ds =(dx)2 + (dy)2 =

    1+ y2(x)dx.

    Supponiamo i vincolo olonomi e lisci. Fissiamo in y = 0 il livello 0 dellenergiapotenziale (relativa alla forza peso). Allora:

    12

    mv2 mgy = 0 = v = 2gy,dove g laccelerazione di gravit e v la velocit in y (notare che y > 0, v > 0 sex (0, x1]).

    dt =dsv=

    1+ y2(x)

    2gy(x)dx (x (0, x1]).

    21

  • 2.2 applicazioni del calcolo delle variazioni

    Poniamo

    u(y(x), y(x)) =

    1+ y2(x)

    y(x)

    quindi

    2g T

    0dT J[y(x)] =

    x10

    u(y(x), y(x))dx.

    Fra tutte le traiettorie, passanti per A e B, quella che rende stazionario il funziona-le J (condizione necessaria per il minimo) soddisfa le equazioni di Lagrange conx (0, x1]:

    ddx

    (u(y, y)

    y

    ) u(y, y)

    y= 0. (2.11)

    Ora,

    uy

    =y

    y

    1+ y2

    e dunque

    ddx

    (u(y, y)

    y

    )= y

    2

    2y

    y

    1+ y2+

    yy(1+ y2)3

    (2.12)

    uy

    =

    1+ y2

    2y

    y. (2.13)

    Lequazione (2.11), per le relazioni (2.12) e (2.13), diventa, x (0, x1]:

    y2

    2y

    y

    1+ y2+

    yy(1+ y2)3

    +

    1+ y2

    2y

    y= 0

    y(x)1+ y2(x)

    +1

    2y(x)= 0

    Moltiplicando ambo i membri per y(x) abbiamo

    y(x)y(x)1+ y2(x)

    +y(x)

    2y(x)= 0 1

    2d

    dxln (1+ y(x)) +

    12

    ddx

    ln y(x) = 0 12

    ddx

    (ln(1+ y(x)) + ln y(x)) = 0 (1+ y2(x))y(x) = c y(x)

    c y(x) y(x) = 1 = y(x)

    c y(x) dy =

    dx. (2.14)

    Posto

    y =c2(1 cos ) = dy = c

    2sin d

    22

  • 2.2 applicazioni del calcolo delle variazioni

    dove un parametro (con y( = 0) = 0), dalla (2.14) abbiamo

    x =

    0

    c2 (1 cos )

    c c2 (1 cos )c2

    sin d =

    0

    c sin2 2

    c2 (1+ cos )

    c2

    sin d =

    =

    0

    c sin2 2c cos2 2

    c2

    sin d =

    0

    sin

    2

    cos 2

    c2

    sin d =

    =

    0c sin2

    2d =

    0

    c2(1 cos )d =

    =c2( sin ).

    Nota che x(0) = 0. Concludendo, le equazioni parametriche della traiettoria sonodate da:

    x() =c2( sin )

    y() =c2(1 cos )

    con [0, 1]. Le equazioni trovate sono quelle di una cicloide. Sostituendo ivalori delle coordinate di B si trovano dalle precedenti c e 1. Il sistema siffattoammette sempre soluzione. Rimane da provare (cosa non banale) che la soluzionetrovata minimizza il funzionale.

    Possiamo tentare una soluzione del problema cambiando semplicemente puntodi vista e cercando unespressione del tipo x = x(y). In tal caso

    dt =dsv=

    1+ x2

    2gydy.

    Posto

    =

    1+ x2

    y

    risulta2g T

    0dt = F[x(y)] =

    y10

    (x(y), x(y), y)dy.

    Le equazioni di Lagrange sono

    ddy

    (

    x

    )

    x= 0.

    Poich /x = 0, /x = costante, abbiamo

    xy

    1+ x2=

    1a

    x2

    1+ x2=

    ya=

    (dxdy

    )2 a yy

    = 1

    23

  • 2.3 leggi di conservazione

    da cui si prosegue come in precedenza. Osserviamo per che in questo caso xx =xx = 0 e che xx = 1/

    y(1+ x2(y))3 > 0. Allora, se x(y) rende stazionario il

    funzionale, abbiamo che

    F[x(y) + eh(y)] F[x(y)] = e2

    2

    y10

    xx h2(y)dy +O(e3) 0

    ovvero F[x(y) + eh(y)] F[x(y)], se h(y) non identicamente nulla, cio x(y) unminimo.

    2.3 leggi di conservazione

    2.3.1 Coordinate cicliche

    Abbiamo visto che il moto di un sistema di particelle olonomo e monogenico conn gradi di libert governato dalle equazioni di Lagrange

    ddt

    L (q, q, t)q

    L (q, q, t)qk

    = 0 (k = 1, . . . , n)

    dove L = T U e qk sono le coordinate generalizzate. Apriamo una piccolaparentesi. Introdotto un sistema di assi cartesiani solidale con un sistema di riferi-mento inerziale, nel caso di un punto materiale soggetto a una forza conservativaabbiamo:

    L =12

    m(x2 + y2 + z2

    )U(x, y, z).Si vede che

    L

    x= mx px ,

    L

    y= my py ,

    L

    z= mz pz ,

    dove px, py e pz sono le componenti rispettivamente lungo x, y e z della quantitdi moto. In analogia nel caso pi generale possiamo chiamare

    pk =L (q, q, t)

    qk

    il momento canonico o momento coniugato alla coordinata generalizzata qk. Osservia-mo che se L/qk = 0, cio se la lagrangiana non dipende esplicitamente da qk, siha

    ddt

    L

    qk=

    dpkdt

    = 0.

    Allora pk costante rispetto al tempo. Diamo allora la seguente

    24

  • 2.3 leggi di conservazione

    Definizione - Una coordinata generalizzata si dice ciclica o ignorabile se la la-grangiana L, pur essendo funzione esplicita di qk, non dipende esplicitamente daqk.

    Possiamo pertanto enunciare la seguente propriet: il momento coniugato a unacoordinata generalizzata ciclica si conserva. In modo equivalente possiamo dire cheil momento coniugato a una coordinata ciclica un integrale primo del moto, inquanto si traduce in una relazione del tipo f (q1, . . . , qn, q1, . . . , qn, t) = costante.Se qk una coordinata ciclica, allora L invariante rispetto a una trasformazioneqk qk + , con costante. Ora, se qk, coordinata ciclica, uno spostamento, siha che una traslazione rigida lungo tale direzione non ha effetto alcuno sul motodel sistema e il corrispondente momento coniugato, che una quantit di moto,si conserva. Se invece la coordinata ciclica qk un angolo il sistema invarianteper rotazioni intorno allasse corrispondente e il relativo momento coniugato, che un momento angolare, si conserva.

    Troviamo per esempio i momenti generalizzati nel caso di una particella inmoto in un campo elettromagnetico. Abbiamo visto che la lagrangiana di unaparticella di massa m e carica4 q in un campo elettromagnetico data da:

    L =12

    m(x2 + y2 + z2) q+ qc

    A v

    dove v = xx + yy + zz la velocit della particella, c la velocit della luce nelvuoto, , A sono il potenziale scalare e vettoriale rispettivamente. Il momentoconiugato a x dato da

    Px = mx +qc

    Ax = px +qc

    Ax

    dove px = mx la componente lungo x dellusuale quantit di moto della parti-cella. In maniera analoga i momenti coniugati a y e z sono rispettivamente:

    Py = py +qc

    Ay ,

    Pz = pz +qc

    Az .

    Possiamo scrivere allora in forma vettoriale il momento generalizzato come

    P = p +qc

    A.

    Ora, se per ipotesi , A non dipendono esplicitamente da x, cio x una variabileciclica, allora il momento coniugato rispetto a x, cio Px, una costante del moto.

    Esercizi

    Verificare lesistenza di una coordinata ciclica nellesercizio 2c di pagina 10.Dare uninterpretazione fisica del corrispondente momento coniugato.

    4 Qui con il simbolo q non indichiamo una coordinata generalizzata!

    25

  • 2.3 leggi di conservazione

    Verificare lesistenza di una coordinata ciclica nellesercizio 3 di pagina 10.Dare uninterpretazione fisica del corrispondente momento coniugato.

    Si scriva in coordinate cilindriche la lagrangiana di una particella di massam e carica q in un campo magnetico (costante) generato da un filo rettilineopercorso da corrente stazionaria I. Esistono coordinate cicliche? (Piccolosuggerimento: scrivere il potenziale vettore A imponendo che valga la gauge diCoulomb, div A = 0.)

    2.3.2 Funzione energia

    Sia L = L (q, q, t) la lagrangiana di un sistema con n gradi di libert, dove q =(q1, . . . , qn). Si ha che

    dLdt

    =n

    k=1

    (L

    qkqk +

    L

    qkqk

    )+

    L

    t.

    Poich per k = 1, . . . , n si ha, dalle equazioni di Lagrange,

    L

    qk=

    ddt

    L

    qk

    allora:

    dLdt

    =n

    k=1

    [(ddt

    L

    qk

    )qk +

    L

    qkqk

    ]+

    L

    t=

    n

    k=1

    ddt

    (L

    qkqk

    )+

    L

    t

    ddt

    [n

    k=1

    L

    qkqk L

    ]+

    L

    t= 0. (2.15)

    Chiamiamo funzione energia la quantit

    h (q, q, t) =n

    k=1

    L

    qkqk L.

    Allora la relazione (2.15) si scrive anche:

    dhdt

    = Lt

    .

    Se L = L(q, q), cio se L/t = 0, h una costante del moto. Sotto opportuneipotesi h proprio lenergia totale del sistema. Se lenergia cinetica una funzioneomogenea di secondo grado delle qk, cio

    T =n

    k,j=1

    Ajk(q, t)qk qj

    con Akj = Ajk, e se il potenziale V non dipende da q, allora

    L

    qi= 2

    n

    k=1

    Aik qk

    26

  • 2.3 leggi di conservazione

    e quindi

    n

    i=1

    L

    qiqi = 2T.

    Allora

    h =n

    i=1

    L

    qiqi L = 2T T +V = T +V

    che lenergia totale del sistema. Se la lagrangiana non dipende esplicitamentedal tempo abbiamo allora che lenergia del sistema una costante del moto.

    27

  • 3A P P L I C A Z I O N I D E L L E E Q U A Z I O N I D I L A G R A N G E

    3.1 problema dei due corpi

    Supponiamo di avere un sistema isolato di due particelle di massa m1 ed m2,soggette alla mutua interazione di natura conservativa. Rispetto a un osservatoreO inerziale indichiamo con r1 ed r2 i vettori posizione delle due particelle. Ilvettore posizione del centro di massa :

    R =m1r1 + m2r2

    m1 + m2, (3.1)

    mentre il vettore posizione relativa dato da

    r = r2 r1. (3.2)

    Possiamo esprimere r1 ed r2 mediante i vettori appena introdotti:

    r1 = R m2m1 + m2 r,

    r2 = R +m1

    m1 + m2r.

    (3.3)

    Assumiamo che lenergia potenziale (relativa alla mutua interazione) abbia laseguente propriet:

    U = U(r). (3.4)

    La forza agente sulla particella 2 data da F2 = r2U(r) = rU(r), mentrela forza agente sulla particella 1 F1 = r1U(r) = rU(r). Abbiamo pertantoF1 + F2 = 0 (forma debole del principio di azione e reazione). Notiamo che seU = U(r) allora F2 = dU/dr r = F1 (forma forte del principio di azione ereazione). La lagrangiana del sistema delle due particelle

    L =12

    m1r12 + 12m2r22 U(r). (3.5)

    Sulla base delle relazioni (3.3), la (3.5) si pu scrivere come

    L =m1 + m2

    2R2 + 1

    2m1m2

    m1 + m2r2 U(r) (3.6)

    La quantit = m1m2/(m1 + m2) detta massa ridotta (si noti che 1/ = 1/m1 +1/m2 e che se m2 m1, allora r1 R e m2).

    Dallespressione (3.6) si deduce che R = V costante, essendo R ciclica. Il cen-tro di massa perci in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme. Possiamo

    28

  • 3.1 problema dei due corpi

    prendere in ogni caso come sistema di riferimento proprio quello del centro dimassa e avremo:

    m1r1 + m2r2 = 0

    r1 = m2m1 + m2 r

    r2 =m1

    m1 + m2r.

    Dunque la lagrangiana sar nella forma:

    L =12r2 U(r).

    interessante notare come il problema dei due corpi si riconduca al problema diuna particella di massa pari alla massa ridotta immersa in un campo esterno.

    3.1.1 Movimento in un campo centrale

    Si abbia una particella P di massa m (che possiamo riguardare anche come lamassa ridotta di due particelle puntiformi) in un campo esterno. Assumiamo chetale campo sia conservativo e che lenergia potenziale (o potenziale) dipenda solodalla distanza della particella P da un punto O, fisso rispetto a un sistema diriferimento inerziale. Chiamiamo come al solito vettore posizione della particellar =OP e v = r il vettore velocit. Abbiamo allora:

    L =12

    mv2 U(r),

    dove r = r, v2 = v v e U(r) lenergia potenziale. La forza agente sullaparticella

    F = U(r) = dUdr

    r.

    Essa centrale e il centro della forza il punto O.Notiamo che lenergia potenziale ha simmetria sferica, dunque ogni soluzione

    delle equazioni del moto deve essere invariante per rotazioni attorno a un assearbitrario passante per O. Il momento angolare della particella P rispetto a O,cio l = mr v = r p (con p quantit di moto della particella), si conserva. Sidimostra facilmente che il moto si svolge in un piano (piano dellorbita) ortogo-nale alla direzione (costante) di l, sempre che l 6= 0. Se l = 0, r parallelo a p e ilmoto unidimensionale.

    Supponiamo che l = l0 6= 0 (l0 costante). Il sistema ha due gradi di libert,considerato che il moto avviene in un piano. Possiamo, pertanto, esprimere lalagrangiana in coordinate polari:

    L =12

    m(r2 + r22)U(r). (3.7)

    29

  • 3.1 problema dei due corpi

    Si vede subito che ciclica e dunque il suo momento coniugato p = L/ =mr2 costante. Osserviamo che

    p = mr2 = l0 (3.8)

    che costante. Notiamo, per inciso, che

    12

    l0m=

    12

    r2

    la cosiddetta velocit areolare ed una costante del moto. Abbiamo cos ottenuto,in modo semplice, la

    Legge (Seconda legge di Keplero) - Il vettore posizione della particella (o di un pianetaconsiderato puntiforme) rispetto al centro dellorbita (o centro della forza) spazza areeuguali in intervalli di tempo uguali.

    Osservazione. Questa legge stata ottenuta semplicemente supponendo che la for-za agente sulle particelle sia centrale (senza assegnare la dipendenza esplicita dar di U).

    Utilizzando le equazioni di Lagrange

    ddt

    (L

    r

    ) L

    r= 0

    mrmr2 + U(r)r

    = 0.(3.9)

    Per la (3.8) abbiamo

    mr2 =l20

    mr3.

    Allora la (3.9) pu essere riscritta nel modo seguente:

    mr l20

    mr3+

    U(r)r

    = 0.

    Osserviamo che nel nostro caso la lagrangiana non dipende esplicitamente daltempo e che lenergia cinetica una funzione omogenea di secondo grado rispettoa r e . Ne consegue che la funzione energia h una costante del moto ed propriolenergia totale della particella E. Possiamo, allora, scrivere:

    E =L

    rr +

    L

    L =

    =12

    m(r2 + r22) +U(r) =12

    mr2 +12

    l20mr2

    +U(r)(3.10)

    dove abbiamo tenuto conto della (3.8).

    30

  • 3.1 problema dei due corpi

    Osservazione. Grazie alla conservazione del momento angolare, il moto comeunidimensionale con un potenziale efficace

    Ueff(r) =12

    l20mr2

    +U(r). (3.11)

    Se r(0) = r0, supposto che nellintervallo di tempo considerato r = r(t) crescente,

    drdt

    =

    2m(EUeff(r))

    e, quindi,

    t = r(t)

    r0

    dr2m (EUeff(r))

    . (3.12)

    Si pu ricavare anche lanomalia in funzione di r. Infatti dalla (3.8) otteniamo:

    d =l0m

    1r2

    dt =l0m

    1r2

    dr2m (EUeff(r))

    (abbiamo qui considerato un intervallo di tempo in cui r = r(t) crescente) e, diconseguenza,

    (r) (r0) = l0m r(t)

    r0

    1r2

    dr2m (EUeff(r))

    .

    Se il dominio di variazione di r ha due limiti, rmin ed rmax, il movimento limitatoe tutta lorbita contenuta nella corona circolare centrata in O, con raggio internormin e raggio esterno rmax. Questo discorso non vuol dire affatto che lorbita, nelcaso di moto limitato, chiusa. Perch ci accada, necessario e sufficiente che

    =2l0m

    rmaxrmin

    1r2

    dr2m (EUeff(r))

    = 2pijn

    (3.13)

    con j, n N. Ricordiamo, per inciso, che lanomalia definita sempre a meno dimultipli di 2pi. Ora, se indichiamo con

    T0 = 2 rmax

    rmin

    dr2m (EUeff(r))

    (3.14)

    il periodo della funzione r = r(t) (stiamo supponendo che il moto sia limitato eche r [rmin, rmax]), dopo un tempo pari a nT0, si avr una variazione di paria 2pi j (multiplo di 2pi) e, pertanto, il vettore posizione ritorner a essere quelloiniziale, cio r(nT0) = r(0).

    In generale, per un potenziale generico U(r), supponendo lesistenza di motilimitati, la traiettoria non unorbita chiusa.

    31

  • 3.1 problema dei due corpi

    rmin r0 rmaxO

    E0

    E1

    E2

    Ueff

    r

    Figura 3.1: Andamento del potenziale efficace nel problema dei due corpi.

    Teorema (di Bertrand) - Le uniche forze centrali che danno luogo a orbite chiuse perogni condizione iniziale corrispondente a moti limitati sono:

    quella proporzionale allinverso del quadrato di r (come la forza gravitazionale);

    quella corrispondente alla legge di Hooke (dipendenza lineare da r).

    Supponiamo ora che F = k/r2r o, in modo equivalente, U(r) = k/r, conk > 0. Per il teorema di Bertrand, le orbite relative a moti limitati sono chiuse. Ilpotenziale efficace, in questo caso, :

    Ueff =12

    l20mr2 k

    r.

    Per r = r0 = l20/(mk), Ueff ha il valore minimo, esattamente pari a mk2/(2l20).

    Dal grafico di Ueff (si veda Figura 3.1) possiamo ricavare le seguenti informazioni:

    E = E0 = mk2/(2l20), r(t) = 0 = r(t) = r0 costante. In questo

    caso lorbita della particella circolare. Il moto circolare uniforme confrequenza = l0/(mr20) (questa espressione discende in modo immediatodalla (3.8)).

    Se E = E1 (mk2/ (2l20) , 0), il moto limitato con r [rmin, rmax]. Si pu

    dimostrare che la traiettoria unellisse.

    Se E = E2 0, r(t) inferiormente limitato e superiormente non limitato.Si pu dimostrare che la traiettoria per E2 = 0 una parabola e per E2 > 0uniperbole.

    32

  • 3.1 problema dei due corpi

    y

    b

    a xcF1F2

    O

    a a

    Q(x, y)

    y

    b

    a xcF1F2

    O

    a a

    Q(x, y)

    Figura 3.2: Ellisse in coordinate cartesiane.

    Esercizio

    1. Nellipotesi che la forza centrale sia F = k/r2r dimostrare che il vettoreA = p l mkr

    una costante del moto. A detto vettore di Laplace-Runge-Lenz. Calcolareinoltre A l.

    3.1.2 Il problema di Keplero

    Ricordiamo lespressione dellellisse in coordinate polari e alcune sue propriet.Detti a il semiasse maggiore e b il semiasse minore, lequazione dellellisse incoordinate cartesiane

    x2

    a2+

    y2

    b2= 1.

    Siano F1 = (c, 0) e F2 = (c, 0) (con c 0) i due fuochi e Q = (x, y) un puntogenerico dellellisse (vedi Figura 3.2). Allora, per definizione di ellisse abbiamoche

    QF1 + QF2 = 2a.

    Inoltre vale la relazione

    c2 = a2 b2.Il quadrato della distanza del punto Q dal fuoco F1 dato da:

    QF12 = (x c)2 + y2 = x2 2xc + c2 + y2 = x2 2xc + a2 b2 + b2

    (1 x

    2

    a2

    )=

    = x2 2xc + a2 b2

    a2x2 =

    (1 b

    2

    a2

    )x2 2xc + a2.

    33

  • 3.1 problema dei due corpi

    F1F2O

    Q(x, y)

    r

    F1F2O

    Q(x, y)

    r

    Figura 3.3: Ellisse in coordinate polari.

    Introduciamo leccentricit e = c/a. Notiamo che e (0, 1) e che per e = 0 lellissediventa una circonferenza. Inoltre c = ea. Abbiamo quindi

    QF12 =

    a2 b2a2

    x2 2xc + a2 = c2

    a2x2 2xc + a2 = e2x2 2eax + a2 =

    = (a ex)2

    da cui

    QF1 = a ex.Analogamente si trova che

    QF22 = (a + ex)2 = QF2 = a + ex

    ed quindi soddisfatta la condizione QF1 + QF2 = 2a. In coordinate polari fissia-mo come polo uno dei fuochi, per esempio F1 (vedi Figura 3.3), quindi QF1 = r.Le coordinate (x, y) di Q sono date da{

    x = ea + r cos y = r sin

    pertanto

    QF1 = r = a e(ea + r cos ) = a(1 e2) er cos =

    r(1+ e cos ) = a(1 e2) = r() = a(1 e2)

    1+ e cos .

    Ponendo P = a(1 e2), detto parametro dellellisse, otteniamo lequazione dellel-lisse in coordinate polari:

    r() =P

    1+ e cos .

    34

  • 3.1 problema dei due corpi

    Inoltre

    b2 = a2 c2 = a2 e2a2 = a2(1 e2) = b = a

    1 e2 = P1 e2 .

    Il perielio si ha per = 0 quindi

    rmin =P

    1+ e= a(1 e)

    mentre lafelio raggiunto in = pi:

    rmax =P

    1 e = a(1+ e).

    Osserviamo infine che r(pi/2) = P.Consideriamo ora un corpo puntiforme di massa m in moto in un campo

    centrale F = k/r2r e soggetto al potenziale

    U(r) = kr

    k > 0

    Ueff(r) =12

    l20mr2 k

    r.

    Come visto precedentemente, dalla (3.8) si ottiene

    d =l0m

    1r2

    dr2m

    (E 12 l

    20

    mr2 +kr

    ) .Introducendo la variabile

    w =1r= dw = 1

    r2dr

    abbiamo

    d = dw2mE

    l20+ 2kml20

    w w2= dw

    2mEl20

    + k2m2l40(

    w kml20)2

    con E (mk2/(2l20), 0). Notiamo che

    A2 =2mE

    l20+

    k2m2

    l40 0

    con il segno di uguaglianza che vale quando E assume il valore minimo. Ponendox = w km/l20 e integrando abbiamo

    = dx

    A2 x2 = arccosxA+ costante = arccos

    w kml202mE

    l20+ k2m2l40

    + costante =

    = arccosl20

    km w 11+ 2El

    20

    mk2

    + costante.

    35

  • 3.1 problema dei due corpi

    Quindi risulta

    l20mk

    1r 1 =

    1+

    2El20mk2

    cos( + 0)

    dove 0 la costante di integrazione. Senza perdita di generalit possiamo ruotareil sistema di riferimento in modo che 0 = 0 per cui

    1r=

    mkl20

    1+

    1+2El20mk2

    cos

    .Ponendo inoltre

    e =

    1+

    2El20mk2

    (0, 1)

    abbiamo

    r =l20

    mk1+ e cos

    =P

    1+ e cos

    con P = l20/(mk). Questa lequazione polare di unellisse pertanto abbiamodimostrato la

    Legge (Prima legge di Keplero) - I pianeti (considerati puntiformi) descrivono orbiteellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuoci.

    Ricordiamo che la velocit areolare data da

    S =12

    l0m

    = dS = 12

    l0m

    dt = l0 dt = 2m dS.Larea di unellisse vale piab, quindi integrando abbiamo: T

    0l0 dt = l0T = 2pimab

    dove T il periodo di rivoluzione del corpo. Ora osserviamo che

    a =P

    1 e2 =l20

    mk2|E|l20mk2

    =k

    2|E| ,

    quindi

    T =2pimab

    l0=

    2piml0

    a2

    1 e2 = 2piml0

    a2

    2|E|l20mk2

    = 2pia2

    2m|E|k2

    =

    = 2pia3/2

    mk

    .

    Abbiamo infine ricavato anche la

    Legge (Terza legge di Keplero) - Il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta proporzionale al cubo del semiasse maggiore dellorbita.

    36

  • 3.2 piccole oscillazioni

    3.2 piccole oscillazioni

    3.2.1 Impostazione del problema

    Supponiamo di avere un sistema di N particelle con vincoli olonomi e scleronomicon n gradi di libert, soggette a forze conservative. Indichiamo con q1, q2, . . . , qnle coordinate generalizzate e con V = V(q1, . . . , qn) lenergia potenziale. Il sistemasi dice in equilibrio nella configurazione q0 = (q01, . . . , q0n) se le forze generalizzateche agiscono su di esso sono nulle, ossia:

    Qj = V(q)qj

    q=q0

    = 0 (j = 1, . . . , n).

    Lenergia potenziale nella configurazione di equilibrio q0 ha un valore estremaleo in generale stazionario. Se tutte le velocit generalizzate nella configurazione diequilibrio sono nulle, il sistema rimarr nella posizione di equilibrio per un tempoindefinito. Una configurazione di equilibrio si dice stabile se una piccola perturba-zione del sistema provoca un moto che raggiunge configurazioni vicine; al contra-rio si dir instabile se una perturbazione infinitesima provoca un allontanamentoindefinito da tale configurazione.

    Noi intendiamo studiare il moto del sistema nelle immediate vicinanze di unaconfigurazione di equilibrio stabile, dove lenergia potenziale ha un minimo. In-dichiamo con i gli spostamenti delle coordinate generalizzate dallequilibrio;ovvero:

    qi = q0i + i i = 1, . . . , n.

    Consideriamo lo sviluppo dellenergia potenziale1 attorno alla configurazione diequilibrio stabile q0:

    V(q1, . . . , qn) = V(q01, . . . , q0n) +n

    j=1

    Vqj

    q=q0

    j +12

    n

    j,k=1

    2Vqj qk

    q=q0

    jk + .

    Poich per ipotesi

    V(q)qj

    q=q0

    = 0 j = 1, . . . , n

    e V(q01, . . . , q0n) una costante che pu essere posta uguale a zero senza perde-re in generalit,2 abbiamo in definitiva, fermandoci al termine quadratico dellosviluppo:

    V(q1, . . . , qn) =12

    n

    j,k=1

    2Vqj qk

    q=q0

    jk =12

    n

    j,k=1

    Vjkjk. (3.15)

    1 Supponiamo sempre le funzioni che trattiamo di grado opportuno.2 Ricordiamo infatti che lenergia potenziale definita a meno di una costante additiva.

    37

  • 3.2 piccole oscillazioni

    La matrice n n V = (Vjk) una matrice simmetrica e reale. La condizione cheq0 sia una configurazione di minimo implica che = (1, . . . , n) Rn si abbia

    TV =n

    j,k=1

    Vjkjk 0,

    ovvero V semidefinita positiva.Anche lenergia cinetica pu essere sviluppata in modo simile. Mostriamo pri-

    ma che in presenza di vincoli olonomi e scleronomi lenergia cinetica una formaquadratica omogenea delle velocit generalizzate. Infatti, detta mk la massa dellak-esima particella e vk la sua velocit:3

    T =12

    N

    k=1

    mkv2k =12

    N

    k=1

    mkvk vk = 12N

    k=1

    mk

    (n

    i=1

    n

    j=1

    rkqi

    rkqj

    qi qj

    )

    dove si ricordato che

    vk =n

    j=1

    rkqj

    qj = v2k =n

    i=1

    n

    j=1

    rkqi

    rkqj

    qi qj.

    Ne consegue:

    T =12

    n

    i=1

    n

    j=1

    (N

    k=1

    mkrkqi

    rkqj

    )qi qj

    che quanto era nostra intenzione dimostrare.Considerando ora spostamenti i rispetto alla configurazione di equilibrio e

    fermandoci al primo termine (quadratico) nelle i, abbiamo:

    T =12

    n

    i,j=1

    [N

    k=1

    mk

    (rkqi

    rkqj

    )q=q0

    ]ij =

    12

    n

    i,j=1

    Tijij. (3.16)

    La matrice (costante) T = (Tij) simmetrica, reale ed definita positiva in sensostretto, cio

    n

    i,j=1

    Tijaiaj > 0 a = (a1, . . . , an) Rn \ {0}.

    Pertanto i suoi autovalori sono reali e strettamente positivi e quindi T senzaltrodiagonalizzabile.

    La lagrangiana del sistema nelle approssimazioni fatte pu scriversi:

    L =12

    n

    k,j=1

    Tkjkj 12n

    k,j=1

    Vkjkj. (3.17)

    3 Indichiamo con rk il vettore posizione della k-esima particella rispetto a un punto O solidale con unsistema di riferimento inerziale

    38

  • 3.2 piccole oscillazioni

    Si vede che le i assumono de facto il ruolo di nuove coordinate generalizzate. Lak-esima equazione di Lagrange assume la forma:

    ddt

    (L

    k

    ) L

    k= 0

    e cio

    12

    n

    j=1

    Tkjj +12

    n

    j=1

    Vkjj = 0. (3.18)

    Posto (t) = (1(t), . . . , n(t)), linsieme delle equazioni pu essere sintetizzatonella scrittura

    T (t) +V(t) = 0. (3.19)

    Le equazioni (3.18) (o lequazione matriciale (3.19)) sono equazioni differenzialidel secondo ordine lineari a coefficienti costanti omogenee. Vedremo, ora, comesia possibile scrivere un sistema di n equazioni differenziali del secondo ordinelineari disaccoppiate perfettamente equivalente al sistema trovato.

    Cerchiamo soluzioni delle (3.19) del tipo:

    = aeit (3.20)

    con R e a Rn \ {0} costante.4 Richiedendo che la (3.20) sia soluzione della(3.19) otteniamo:

    (2T +V)aeit = 0 (V 2T )a = 0

    dove 2 = ha il significato di autovalore e a 6= 0 di autovettore corrispondente.Non si tratta per di un classico problema agli autovalori: infatti si tratta qui

    di determinare gli autovalori della matrice V rispetto alla matrice T .5 Sar im-portante far vedere che tutti i nostri autovalori sono maggiori o uguali a zero,perch altrimenti non sarebbe reale.6 Gli autovalori di V rispetto a T sono datidallequazione:

    det(V T ) = 0. (3.21)

    Osservazione. Un autovalore deve rendere non invertibile V T ; inoltre lasomma delle molteplicit delle radici della (3.21) uguale a n.

    Ora, come detto T diagonalizzabile, ovvero detta M = Diag(1, . . . , n), dovek > 0 k = 1, . . . , n sono gli autovalori di T non tutti necessariamente distinti,

    4 Una soluzione fisicamente accettabile deve essere reale; naturalmente la parte reale della (3.20)che descrive il sistema.

    5 Avremmo ancora il classico problema agli autovalori se T fosse proporzionale alla matrice identitIn.

    6 Se ci avvenisse avremmo un moto con andamento esponenziale (crescente o decrescente) conconseguente allontanamento dalla posizione di equilibrio.

    39

  • 3.2 piccole oscillazioni

    esiste una trasformazione di similitudine U matrice ortogonale a valori reali, cioU1 = UT, tale che:

    T = UT MU. (3.22)Ovviamente se T gi diagonale, allora T = M e U = In. Definiamo inoltreM1 = Diag(

    1, . . . ,

    n). Si vede immediatamente che M1 simmetrica a valori

    reali positivi e che M = M21 . La (3.22) pu essere riscritta:

    T = UT M1M1U = (M1U)T M1U. (3.23)Sia V la matrice simmetrica a valori reali definita positiva non in senso stretto,che soddisfa la seguente relazione:

    V = (M1U)TVM1U. (3.24)Pertanto V e V sono legate da una trasformazione di congruenza. In base alle(3.23) e alle (3.24), lequazione (3.21) diventa

    det[(M1U)TVM1U (M1U)T M1U] = 0 det[(M1U)T]det[V I]det[M1U] = 0 det[V I] = 0.

    ovvero trovare gli autovalori di V rispetto a T vuol dire trovare gli autovalori(nel senso usuale) di V . I suoi autovalori saranno necessariamente, in virt dellepropriet gi citate, maggiori o uguali a zero.

    Ritorniamo ora allequazione di Lagrange (3.19), che pu essere riscritta per le(3.23) e (3.24):

    (M1U)T M1U (t) + (M1U)TVM1U(t) = 0 =(M1U)T[M1U (t) + VM1U(t)] = 0 =M1U (t) + VM1U(t) = 0

    Se poniamo M1U(t) = (t), otteniamo (ricordando che M1U una matricecostante)

    (t) + V(t) = 0. (3.25)

    Sappiamo che la matrice V , simmetrica e a valori reali, definita positiva non insenso stretto, diagonalizzabile. I suoi autovalori i 0 non sono tutti necessa-riamente distinti. Sia = Diag(1, . . . ,n) la matrice diagonale degli autovaloridi V . Esiste (essendo V diagonalizzabile) una matrice ortogonale S tale che

    V = STS.Lequazione (3.25) diventa perci:

    (t) + STS(t) = 0 S(t) +S(t) = 0.

    40

  • 3.2 piccole oscillazioni

    Posto S(t) = Q(t) = (Q1(t), . . . , Qn(t)) (ricordiamo che S una matrice costan-te) abbiamo in definitiva

    Q(t) +Q(t) = 0 (3.26)

    ovvero k, ricordando che k = 2k :

    Qk(t) +2k Qk(t) = 0 (k = 1, . . . , n) (3.27)

    cio n oscillatori armonici disaccoppiati; ciascuno di essi vibra con una propria fre-quenza (modo normale). Le Qk vengono dette coordinate normali o principali. Osser-viamo che le 2k non sono tutte necessariamente distinte e che se k = 0, la k-esimaequazione del tipo Qk = 0, quindi non si tratta di un oscillatore armonico.

    3.2.2 Riepilogo

    Q(t) = S(t) = (SM1U)(t). (3.28)

    Osserviamo che se T = In, con > 0, allora M1 =In, U = In e Q(t) =

    S(t).Se sono noti (0), (0), stato iniziale, si ha:

    Q(0) = (SM1U)(0),Q(0) = (SM1U)(0).

    Possiamo allora risolvere il sistema (3.26) con queste condizioni iniziali. Determi-nato Q = Q(t), abbiamo poi:

    (t) = S(t) = (SM1U)1Q(t).

    3.2.3 Osservazioni

    Abbiamo ottenuto, in concreto, nelle pagine precedenti il seguente risultato, notoin algebra lineare:

    Teorema - Siano date due matrici n n simmetriche a valori reali, la prima T definitapositiva e la seconda V semidefinita positiva. Allora esiste una matrice invertibile a valorireali C tale che

    CTT C = I (3.29)CTVC = Diag(1, . . . n) = (3.30)

    dove i j 0 sono le radici dellequazione caratteristica det(V T ) = 0.

    41

  • 3.2 piccole oscillazioni

    Possiamo ovviamente scrivere j = 2j , con j 0. facile far vedere, usandole notazioni precedenti, che C1 = SM1U. In base alle relazioni (3.29) e (3.30) siottengono in modo agevolo e immediato i modi normali di vibrazione. Infatti:

    T (t) +V(t) = 0 =CTT (t) + CTV(t) = 0 =CTT CC1(t) + CTVCC1(t) = 0 =C1(t) +C1(t) = 0

    Q=C1=

    Q(t) +Q(t) = 0.

    (3.31)

    3.2.4 Un particolare problema

    Siano dati N + 1 oscillatori di costante k vincolati agli estremi come in Figura 3.4.Siano gli N oggetti a essi vincolati di massa m. La lunghezza a riposo di ciascunamolla sia l0 cosicch la distanza tra le pareti sia (N + 1)l0. Indichiamo con xj(t) laposizione della j-esima particella allistante t e con la x0,j la sua posizione iniziale.A riposo risulta x0,j x0,j1 = l0. Posto x0 = xN+1 = 0, lenergia potenzialeelastica associata al sistema

    V =12

    kx21 +N

    j=2(xj xj1 l0)2 + 12kx

    2N =

    12

    kN+1

    j=1

    (xj xj1 l0)2.

    Se ora indichiamo con qj la deviazione dalla posizione di equilibrio della j-esimaparticella, cio qj = xj x0,j, posto q0 = qN+1 = 0, lenergia diventa

    V =12

    kN+1

    j=1

    (qj + x0,j qj1 x0,j1 l0)2 = 12kN+1

    j=1

    (qj qj1)2.

    Osservando che qj = xj possiamo scrivere la lagrangiana del sistema:

    L =12

    mN

    j=1

    q2j 12

    kN+1

    j=1

    (qj qj1).

    Lequazione del moto della j-esima particella :

    mqj + k(2qj qj1 qj+1) = 0.

    Figura 3.4: Schema del problema.

    42

  • 3.2 piccole oscillazioni

    Dora in poi poniamo per semplicit nella trattazione m = 1. Indichiamo ora:

    q =

    q1q2. . .qN

    V = k

    2 1 0 0 01 2 1 . . . 0 00 1 2 . . . 0 0...

    . . . . . . . . . . . ....

    0 0 0. . . 2 1

    0 0 0 1 2

    = kV0 = 20V0.

    La matrice V0 (e quindi anche V ) simmetrica definita positiva. Infatti siaassegnato un vettore x di dimensioni opportune,

    xTV0x =i,jV0,ijxixj = x21 +

    N1i=1

    (xi xi+1)2 + x2N 0.

    La quantit sopra nulla solo se x il vettore nullo. Le equazioni del motopossono sintetizzarsi nella relazione:

    q +Vq = 0.Per risolvere il nostro problema occorre trovare gli autovalori della matrice V0.Essendo la matrice simmetrica definita positiva gli autovalori saranno tutti reali epositivi. Abbiamo visto che lenergia potenziale data da

    V(q) =12(q,Vq) = 1

    2kq21 +

    12

    kN

    j=2(qj qj1)2 + 12kq

    2N . (3.32)

    Se x = (x1, x2, . . . , xN) un autovettore associato allautovalore abbiamo

    (x,V0x) = (x,x) = (x, x) = N

    j=1

    x2j = x2. (3.33)

    Daltra parte dalla (3.32) risulta

    (x,V0x) = x21 +N

    j=2(xj xj1)2 + x2N .

    Inoltre

    (xj xj1)2 = x2j 2xjxj1 + x2j1 2x2j + 2x2j1e

    N

    j=2

    x2j =N1j=2

    x2j + x2N ,

    N

    j=2

    x2j1 =N1i=1

    x2i = x21 +

    N1j=2

    x2j

    43

  • 3.2 piccole oscillazioni

    quindi

    N

    j=2(xj xj1)2 2

    N

    j=2

    x2j + 2N

    j=2

    x2j1 =

    = 2x2N + 2N1j=2

    x2j + 2N1j=2

    x2j + 2x21 =

    = 2x21 + 2x2N + 4

    N1j=2

    x2j .

    Pertanto

    (x,V0x) 3x21 + 3x2N + 4N1j=2

    x2j < 4N

    j=1

    x2j = 4x2. (3.34)

    Lultima maggiorazione stretta perch, dovendo essere x 6= 0 in quanto autovet-tore deve risultare necessariamente x1, xN 6= 0. Infatti, partendo dallequazione(V0 I)x = 0 abbiamo che la prima componente

    (2 )x1 x2 = 0.

    Ma se x1 = 0 allora x2 = 0. La seconda componente del vettore

    x1 + (2 )x2 x3 = 0

    che implica x3 = 0. Procedendo in questo modo si troverebbe quindi che x = 0.Confrontando la (3.33) con la (3.34) ricaviamo che 0 < < 4.

    Per trovare gli autovalori procediamo ora nel modo solito. Indichiamo conDN() = det(V0 IN). Osserviamo che

    D1 = 2 ,

    D2 =2 11 2

    = (2 )2 1.In generale, vista la struttura della matrice si vede che DN() = (2)DN1()DN2(). Per risolvere questo problema adottiamo un sistema simile a quello chesi pu utilizzare per trovare la forma chiusa della successione di Fibonacci (siveda lAppendice B), cerchiamo cio soluzioni del tipo DN() = N , con 6= 0.Lequazione diventa:

    N (2 )N1 + N1 = 0 2 (2 )+ 1 = 0 =

    1,2 =2 (2 )2 4

    2= cos i sin = ei

    dove si effettuata lopportuna sostituzione 2 cos = 2 (in virt del fattoche ]0, 4[) e si tenuto conto delle relazioni di Eulero. Ora occorre trovarea, a C tali che DN() = a()eiN + a()eiN e affinch la soluzione sia reale a

    44

  • 3.2 piccole oscillazioni

    deve essere il complesso coniugato di a. Imponiamo come condizioni iniziali idue determinanti gi noti:{

    D2() = ae2i + ae2i = (2 )2 1 = 4 cos2 1 = e2i + e2i + 1D1() = aei + aei = 2 = 2 cos = ei + ei{(a 1)e2i + (a 1)e2i = 1(a 1)ei + (a 1)ei = 0

    {be2i + be2i = 1bei + bei = 0

    ove si posto b = a 1. Risolvendo il sistema si ha

    b() =ei

    ei ei = a =ei

    ei ei , a = ei

    ei ei .

    Perci:

    DN() =ei(N+1) ei(N+1)

    ei ei =2i sin [(N + 1)]

    2i sin =

    sin [(N + 1)]sin

    Poich siamo alla ricerca degli zeri della funzione, occorre che sia

    sin[(N + 1)] = 0,

    cio

    m =mpi

    N + 1m = 1, . . . , N.

    Ricordando la relazione che lega a , necessario che

    m = 4 sin2mpi

    2(N + 1).

    Gli autovalori sono tutti distinti. Le frequenze del sistema sono

    2m = 20m = 4

    20 sin

    2 mpi2(N + 1)

    .

    Sia ora = (iji)i,j=1,...,N . Cerchiamo la matrice S tale che V0 = STS. notoche per costruire la matrice S occorre disporre degli autovettori. Perci in generale,per m = 1, . . . , N, da (V0 m I)xm = 0, ponendo come al solito 2 m = 2 cos me xm,1 = m sin m(2 m)xm,1 xm,2 = 0xm,1 + (2 m)xm,2 xm,3 = 0. . .xm,N1 + (2 m)xm,N = x0

    =

    xm,1 = m sin mxm,2 = 2m sin m cos m = m sin(2m). . .xm,N = m sin(Nm)

    .

    Possiamo perci scrivere:

    xm = m

    sinmpi

    N + 1

    sin2mpiN + 1. . .

    sinNmpiN + 1

    45

  • 3.2 piccole oscillazioni

    dove m una costante da scegliere opportunamente. Per esempio, volendonormalizzare lautovettore:

    1 = xm2 = 2mN

    j=1

    sin2(jm) = 2mN

    j=1

    1 cos(2jm)2

    =

    =2m2

    (N

    N

    j=1

    cos(2jm)

    )=

    2m2(N + 1).

    Lultima uguaglianza deriva dal fatto che

    N

    j=1

    cos(2jm) =N

    j=1

  • 4F O R M A L I S M O H A M I L T O N I A N O

    4.1 equazioni di hamilton

    Vedremo ora una formulazione diversa della meccanica, nota come formulazionehamiltoniana. La sua rilevanza risiede nel fatto che in grado di fornire unimpo-stazione teorica adatta a essere estesa ad altre aree della fisica. Cos, per esempiolapproccio hamiltoniano costituisce il linguaggio con cui formulata la meccanicaquantistica.

    Nella formulazione hamiltoniana della meccanica si descrive il modo di un si-stema di particelle con un insieme di equazioni differenziali del primo ordine(ricordiamo che le equazioni di Lagrange, tipiche della formulazione lagrangia-na, sono equazioni differenziali del secondo ordine). Il numero complessivo dicondizioni iniziali in grado di determinare in modo univoco il moto dovr sem-pre essere uguale a 2n, dove n il numero di gradi di libert del sistema diparticelle. Di conseguenza nellapproccio hamiltoniano dovranno esserci 2n equa-zioni differenziali del primo ordine, le quali descriveranno levoluzione del puntorappresentativo del sistema in uno spazio 2n-dimensionale, detto spazio delle fasi.Avremo allora 2n coordinate indipendenti in grado di definire lo stato del sistema.Un modo naturale, anche se non unico, per introdurle , nota la lagrangiana delsistema, associare a ogni coordinata generalizzata qk, con k = 1, . . . , n, unaltracoordinata data dal momento coniugato a essa, cio pk = L/qk. Le variabili(q, p) sono dette canoniche. Si passa, in ultima analisi, dal sistema di variabi-li (q, q, t), proprio della formulazione lagrangiana, al sistema di nuove variabili(q, p, t), con il quale possiamo formulare la meccanica hamiltoniana. Il metodoche ci permette di passare da un sistema allaltro fornito dalle trasformazionidi Legendre (per un approfondimento sulle trasformazioni di Legendre si vedalAppendice A). Studieremo prima un caso semplice, cio un sistema a un sologrado di libert. Sia L = L(q, q, t) la lagrangiana del sistema. Abbiamo:

    dL =L

    qdq +

    L

    qdq +

    L

    tdt = p dq + p dq +

    L

    tdt (4.1)

    dove abbiamo utilizzato la definizione di momento coniugato p = L/q e le-quazione di Lagrange L/q = ddt

    Lq = p. Lhamiltoniana del sistema H(q, p, t)

    definita mediante la seguente trasformazione detta di Legendre: