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Introduzione alla teoria della dimostrazione I: i calcoli di Gentzen e l’Hauptsatz 1 Andrea Cantini Scuola Estiva AILA 2008 Gargnano, 1-6 Settembre 2008 1 Disclaimer: le note che seguono costituiscono solo un hand-out preparato ad ausilio degli studenti; non sono fatte per essere diffuse e sono da correggere in tutti sensi !!. Si tratta solo di appunti di un corso breve, L’autore sar`a comunque grato per ogni segnalazione di errori, commenti critici, etc.. . . .

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Introduzione alla teoria della dimostrazione I:

i calcoli di Gentzen e l’Hauptsatz1

Andrea Cantini

Scuola Estiva AILA 2008

Gargnano, 1-6 Settembre 2008

1Disclaimer: le note che seguono costituiscono solo un hand-out preparato ad

ausilio degli studenti; non sono fatte per essere diffuse e sono da correggere in tutti

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Indice

1 Calcoli di Gentzen proposizionali 11.1 Logica enunciativa alla Gentzen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1.1 Esempi di derivazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.1.2 Inferenze strutturali e loro ammissibilita . . . . . . . . . . 5

1.2 Memo I: semantica per G3p e teoremi fondamentali . . . . . . . . 71.3 Prova costruttiva dell’Hauptsatz: il caso classico . . . . . . . . . 91.4 Il caso intuizionista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.4.1 Un calcolo con la proprieta di terminazione . . . . . . . . 12

2 Calcoli di Gentzen predicativi 142.1 Un calcolo elementare alla Gentzen . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.1.1 Esempi di derivazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.2 Memo II: semantica predicativa e teoremi fondamentali . . . . . 162.3 Inferenze ammissibili a livello elementare . . . . . . . . . . . . . . 182.4 Prova dell’Hauptsatz e proprieta della sottoformula . . . . . . . . 212.5 Interpolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.5.1 Il Lemma di Maehara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252.5.2 Il Teorema di Craig . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

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Sommario

Il primo capitolo contiene una introduzione ai calcoli di Gentzen (versione G3p)per il solo frammento proposizionale. Si dimostra il teorema di eliminazionedelle cesure (Hauptsatz) con stima sulle lunghezza per il caso classico. Vienequindi studiato il caso della logica intuizionista e se ne descrive una variantecon la proprieta di terminazione.

Nel secondo capitolo si espone l’estensione predicativa di G3p. Si pro-va l’Hauptsatz con alcune importanti conseguenze (in particolare il teoremad’interpolazione).

Prerequisiti: definizione di linguaggio elementare con nozioni sintattiche con-nesse; semantica classica e nozione di conseguenza logica. Un calcolo logicocompleto (con i relativi teoremi di validita e completezza).

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Capitolo 1

Calcoli di Gentzen

proposizionali

1.1 Un calcolo logico enunciativo delle sequenze

nello stile di Gentzen

Ci accingiamo ora a sviluppare nelle sue linee fondamentali l’approccio analiticoalla logica sviluppato da Gerhard Gentzen nel 1934 con il suo calcolo dellesequenze. Descriveremo una versione del calcolo, dovuta a Kleene e nota comeG3, che meglio si presta alla costruzione del cosiddetto albero canonico e apossibili applicazioni allo studio della deduzione automatica.

In tale versione le entita derivate sono particolari strutture di dati, dettesequenze, della forma Γ ⇒ ∆; ogni sequenza consta di due parti – l’antecedenteΓ e il conseguente ∆ – separate da ⇒, in cui Γ, ∆ sono multinsiemi finiti, anchevuoti, di formule nel linguaggio oggetto.

Quando una delle due parti di una sequenza e vuota, conveniamo di omet-terla. Dunque anche le configurazioni formali

Γ ⇒ ; ⇒ ∆; ⇒

sono sequenze e come tali possibili oggetti derivabili nel calcolo. ⇒ e dettasequenza vuota.

In quel che segue useremo S, possibilmente con indici, come metavariabileper sequenze.Ricordiamo che un multinsieme e un insieme in cui ogni elemento possiede unamolteplicita m (m intero positivo).

La molteplicita m di un elemento A di un multinsieme Γ di formule indica ilnumero di occorrenze di A in Γ. Dunque due multinsiemi sono uguali sse hannogli stessi elementi con le medesime molteplicita.

Per esempio, si consideri {A2, B1, C3}; esso puo piu perspicuamente essererappresentato dalla collezione {A,A,B,C,C,C}; esso non differisce in quantomultinsieme da {C3, B1, A2} (dato che l’ordine non conta), ma differisce dal mul-tinsieme {A2, B,C2}, che piu perspicuamente e rappresentato dalla collezione{A,A,B,C,C}.

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 2

Definizione 1.1.1. G3p comprende il gruppo ID delle sequenze iniziali (assio-mi) e regole per gli operatori logici. Γ, ∆, Λ (anche con indici o apici) designanomultinsiemi (finiti, anche vuoti) di formule.

ID-regola: se p e un atomo qualsiasi,

Γ, p ⇒ ∆, p;

⊥/⊤–regole:

Γ,⊥ ⇒ ∆; Γ ⇒ ∆, ⊤;

→-regole:

Γ, A ⇒ B, ∆[⇒→]

Γ ⇒ A → B, ∆;

Γ ⇒ ∆, A Γ, B ⇒ ∆[→⇒]

Γ, A → B ⇒ ∆;

¬-regole:

Γ ⇒ ∆, A[¬⇒]

Γ, ¬A ⇒ ∆;

Γ, A ⇒ ∆[⇒¬]

Γ ⇒ ∆,¬A;

∨-regole:

Γ ⇒ ∆, A1, A2[⇒∨]

Γ ⇒ A1 ∨ A2, ∆;

Γ, A ⇒ ∆ Γ, B ⇒ ∆[∨⇒]

Γ, A ∨ B ⇒ ∆;

∧-regole:

Γ ⇒ ∆, A Γ ⇒ ∆, B[⇒∧]

Γ ⇒ ∆, A ∧ B;

Γ, A1, A2 ⇒ ∆[∧⇒]

Γ, A1 ∧ A2 ⇒ ∆;

G3p+cut e G3p esteso con la regola Cut (cesura, in versione context-sharing):

Γ ⇒ ∆, A A,Γ ⇒ ∆[cut]

Γ ⇒ ∆

Osservazione 1.1.2. Le regole hanno una valenza semantica: possono essereriguardate come regole d’uso delle costanti logiche che spiegano come introdurreuna costante logica nelle premesse, risp. nelle conclusioni.

L’idea di verita sottostante e quella di costruibilita diretta mediante regole.Dualmente, le regole possono essere considerate come regole di refutazione:

esse rispondono cioe alla domanda: come si opera se si assume la falsita delleformule dell’antecedente e la falsita delle formule nel conseguente? La risposta edata dalle premesse delle regole di G3. In altri termini: G3 fornisce una possibilealternativa al formalismo degli alberi di Beth.

Concettualmente, le regole di Gentzen sono naturalmente complete nel sensoche – sfruttando la simmetria sinistra/destra – abbracciano tutte le possibilisituazioni argomentative che si possono presentare se si assume un approccio ditipo analitico. valida.

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 3

1.1.1 Esempi di derivazioni

Senza definire esplicitamente il concetto di derivazione, vediamone ora alcuniesempi significativi.

• Terzo escluso:

p ⇒ p[⇒¬]⇒ p,¬p[⇒∨]

⇒ p ∨ ¬p;

• Principio di non-contraddizione:

p ⇒ p[¬⇒]p,¬p ⇒[∧⇒]

p ∧ ¬p ⇒[⇒¬]

⇒ ¬(p ∧ ¬p)

;

• Consequentia mirabilis:

p ⇒ p[⇒¬]⇒ p,¬p p ⇒ p

[→⇒]¬p → p ⇒ p[⇒→]

⇒ (¬p → p) → p

;

• Distributivita (”meta non-banale”)

p , q ⇒ p, p ∧ r p, q ⇒ q, p ∧ rp, q ⇒ p ∧ q, p ∧ r

p, r ⇒ p, p ∧ q p, r ⇒ r, p ∧ qp, r ⇒ p ∧ q, p ∧ r

p, q ∨ r ⇒ p ∧ q, p ∧ r

p ∧ (q ∨ r) ⇒ p ∧ q, p ∧ r

p ∧ (q ∨ r) ⇒ (p ∧ q) ∨ (p ∧ r)

[Il lettore indichi le inferenze lasciate implicite.]

• Legge di Dummett

p , q ⇒ p, q[⇒→]q ⇒ p → q, p

[⇒→]⇒ p → q, q → p[⇒∨]

⇒ (p → q) ∨ (q → p)

Riflettendo sugli esempi precedenti, possiamo concludere che una derivazioneD e un insieme di sequenze di formule, strutturato ad albero1, che soddisfa lecondizioni seguenti;

1. ciascuna occorrenza di una sequenza di formule in D individua una po-sizione, che viene detta nodo;

1Qui si assume come dato intuitivamente il concetto di albero, allo stesso modo in cui

si accetta agli inizi dell’apprendimento della geometria elementare che il discente afferri la

nozione di triangolo, cerchio. . . . In ogni caso una trattazione piu astratta seguira nella sezione

??.

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 4

2. alcune sequenze di D sono nodi terminali, nel senso che non hanno sopraaltre sequenze; in tal caso le sequenze sono istanze della regola ID;

3. esiste sempre in D una sequenza finale o conclusione, detta anche radice,che non ha sotto altre sequenze;

4. se una sequenza individua un nodo non terminale, allora deve essere con-nessa ai (al) nodi (nodo) immediatamente superiori(e) mediante una regolad’inferenza di G3p;

5. per ogni nodo terminale di D, esiste esattamente una successione fini-ta di nodi che lo connette alla conclusione (radice) di D; tale camminoviene detto ramo (talvolta anche cammino) della derivazione D, e ogniramo e caratterizzato da una lunghezza, ovvero dal numero di nodi che locostituiscono.

Le condizioni 2 e 4 corrispondono alla cosiddetta correttezza locale della derivazione,ovvero al fatto che una derivazione codifica un argomento deduttivo corretto,cioe generato secondo le regole d’inferenza del calcolo logico.Se ogni ramo di una derivazione D ha lunghezza ≤ m e m e il piu piccolo numerocon tale proprieta, m e detta profondita di D.

Esempio 1.1.3. Vediamo ora di illustrare la terminologia con qualche esempiospecifico. Nella derivazione della distributivita vi sono quattro nodi terminali,ovvero

• p , q ⇒ p, p ∧ r;

• p, q ⇒ q, p ∧ r;

• p, r ⇒ p, p ∧ q;

• p, r ⇒ r, p ∧ q.

Nella derivazione della consequentia mirabilis il nodo determinato da ¬p →p ⇒ p non e terminale, ma si ricava dai suoi predeccessori immediati, chesono i nodi ⇒ p,¬p e p ⇒ p mediante l’inferenza di introduzione a sinistradell’implicazione. Sempre nella derivazione della consequentia mirabilis ci sonodue rami, rispettivamente:

1. p ⇒ p; ⇒ p,¬p; ¬p → p ⇒ p; ⇒ (¬p → p) → p;

2. p ⇒ p; ¬p → p ⇒ p; ⇒ (¬p → p) → p.

Chiaramente i due rami hanno lunghezza rispettivamente 4 e 3.Per esercizio si descrivano tutti i possibili rami della derivazione della dis-

tributivita con le rispettive lunghezza.

Possiamo dunque sintetizzare le considerazioni precedenti nella

Definizione 1.1.4. Se S e uno dei due sistemi di regole G3p o G3p+Cut, unaderivazione in S e un albero finitario localmente corretto rispetto alle regole diS.

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 5

1.1.2 Inferenze strutturali e loro ammissibilita

Accanto alle regole ufficiali del calcolo, che coinvolgono le operazioni logiche (conl’eccezione della cesura e di ID), vi sono altre inferenze che si lasciano validaredalla semantica classica.

Regole di scambio, di indebolimento e di contrazione

Scambio:

A,B,Γ ⇒ ∆[C⇒]

B,A,Γ ⇒ ∆;

Γ ⇒ ∆, B,A[⇒C]

Γ ⇒ ∆, A,B;

Indebolimento:

Γ ⇒ ∆[K⇒]

A,Γ ⇒ ∆;

Γ ⇒ ∆[⇒K]

Γ ⇒ ∆, A;

Contrazione:

A,A,Γ ⇒ ∆[W⇒]

A,Γ ⇒ ∆;

Γ ⇒ ∆, A,A[⇒W ]

Γ ⇒ ∆, A.

Esercizio 1.1.5. In che senso le inferenze di scambio, indebolimento e con-trazione possono essere considerate semanticamente accettabili? Proporre unanozione di correttezza per le inferenze del calcolo di Gentzen (c.f.r. piu avanti).

Osservazione 1.1.6. Le tre inferenze ammettono una lettura suggestiva dalpunto di vista filosofico, lettura che evidenzia comunque il carattere idealizzatodella logica classica. Cosı lo scambio ne implica il carattere atemporale (in-dipendenza dall’ordine delle ipotesi e delle conclusioni), mentre l’indebolimentoasserisce implicitamente il carattere monotono e cumulativo dei giudizi logici:la validita di una sequenza non cambia se si aggiungono informazioni alle ipotesio alla conclusione. La regola di contrazione esprime invece il fatto che la logicaclassica fa astrazione dalle risorse, ovvero da quante volte un enunciato occorrecome ipotesi/come conclusione.

Osservazione 1.1.7. Il lettore probabilmente si chiedera perche ostinarsi alasciare fuori dal calcolo le regole strutturali. La ragione sta nel fatto che cosı epossibile definire un algoritmo di proof search che termina sempre.

Dal punto di vista inferenziale, e importante osservare allora che G3p e chiusorispetto alle regole strutturali, in un senso forte: se si possiede una derivazione(con cesura o no) della premessa di una fra le inferenze strutturali [C ⇒], [⇒ C],[K ⇒],[⇒ K],[W ⇒], [⇒ W ], e allora possibile trasformarla in una derivazionedella conclusione, senza alterarne la struttura arborea sottostante.

Introduciamo una notazione utile a comunicare compattamente questa pro-prieta, ovvero l’essenza dell’ ammissibilita delle regole.

Definizione 1.1.8.

1. Complessita logica o rango di una formula A. Per induzione su A, si pone:

• rk(A) = 0 se A e atomica;

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 6

• rk(¬A) = rk(A) + 1;

• rk(A ◦ B) = max(rk(A), rk(B)) + 1 (◦ connettivo binario).

2. Relazione di derivabilita:D ⊢m

k Γ ⇒ ∆

sse D e una derivazione di Γ ⇒ ∆ tale che:

• ogni ramo di D ha al massimo lunghezza m;

• ogni formula che occorre come formula di cesura in D ha complessitalogica minore di k

⊢mk Γ ⇒ ∆ significa che esiste una derivazione D tale che D ⊢m

k Γ ⇒ ∆;

3. Diciamo ammissibile una regola R con premesse Pr1, . . . , Prk

Pr1 . . . P rk

C,

quando da ⊢mk Pr1,. . . , ⊢

mk Prk segue ⊢m

k C.

Cosı, se ⊢31 Γ ⇒ ∆, la sequenza Γ ⇒ ∆ e derivabile con un albero di profon-

dita al massimo 3 e in cui la cesura si applica soltanto a formule di complessitalogica minore di 1, vale a dire formule atomiche; se ⊢3

0 Γ ⇒ ∆, la sequenza datae comunque derivabile senza cesure e dunque in G3p.

Lemma 1.1.9. Le regole [C⇒], [⇒C], [K⇒], [⇒K] sono ammissibili.

Dimostrazione. Per l’ammissibilita di [C⇒], [⇒C], basta osservare che banal-mente per i multinsiemi e irrilevante l’ordine.

Quanto a [K⇒], [⇒K], se si aggiunge ad ogni nodo di una data derivazionedi Γ ⇒ ∆, una nuova formula A o a destra o a sinistra, la correttezza locale epresevata (qui risulta essenziale la formulazione della regola ID).

Lemma 1.1.10 (Eliminazione dei booleani).

• ⊢mk Γ,⊤ ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ ⇒ ∆;

• ⊢mk Γ ⇒ ⊥,∆ implica ⊢m

k Γ ⇒ ∆.

Dimostrazione. ⊤ non e mai attiva a sinistra, cosı come ⊥ non lo e mai a destra.Se si cancella ovunque ⊤ a sinistra (⊥ a destra) nella prova di ⊢m

k Γ,⊤ ⇒ ∆(⊢m

k Γ ⇒ ∆,⊥), si ottiene ancora una derivazione sullo stesso albero e con lostesse cesure della medesima sequenza.

Lemma 1.1.11. Le regole d’inversione per le regole logiche sono ammissibili:

1. ⊢mk Γ, A ∨ B ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ, A ⇒ ∆ e ⊢mk Γ, A ⇒ ∆;

2. ⊢mk Γ ⇒ ∆, A ∨ B implica ⊢m

k Γ ⇒ ∆, A,B;

3. ⊢mk Γ, A ∧ B ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ, A,B ⇒ ∆;

4. ⊢mk Γ ⇒ ∆, A ∧ B implica ⊢m

k Γ ⇒ ∆, A e ⊢mk Γ ⇒ ∆, B;

5. ⊢mk Γ, A → B ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ, B ⇒ ∆ e ⊢mk Γ ⇒ ∆, A;

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 7

6. ⊢mk Γ ⇒ ∆, A → B implica ⊢m

k Γ, A ⇒ ∆, B;

7. ⊢mk Γ ⇒ ∆,¬A implica ⊢m

k Γ, A ⇒ ∆;

8. ⊢mk Γ,¬A ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ ⇒ ∆, A

9. ⊢mk Γ, A ↔ B ⇒ ∆ implies ⊢m

k Γ, A,B ⇒ ∆, ⊢mk Γ ⇒ ∆, A,B

10. ⊢mk Γ, ⇒ ∆, A ↔ B implies ⊢m

k Γ, A ⇒ ∆, B, ⊢mk B,Γ ⇒ ∆, A

Esercizio 1.1.12. Provare il lemma.

Lemma 1.1.13. Le regole [W⇒], [⇒W ] sono ammissibili.

Dimostrazione. Si ragiona induttivamente. Se Γ ⇒ ∆, A,A e un’ istanza di ID,lo e anche Γ ⇒ ∆, A. Supponiamo che nell’ultima inferenza nessuna delle dueoccorrenze di A sia attiva. Allora, se si cancella una delle due occorrenze di Anelle premesse, la correttezza locale viene preservata e l’asserto segue per IH.Supponiamo invece che una delle due occorrenze di A sia attiva. Consideriamosolo il caso in cui A e l’implicazione B → C. Dunque abbiamo:

B → C,Γ ⇒ ∆, B B → C,Γ, C ⇒ ∆[→⇒]

B → C,B → C,Γ ⇒ ∆;

Dato che l’inversione dell’implicazione a sinistra e ammissibile, otteniamo perqualche n < m,

⊢nk Γ ⇒ ∆, B,B

⊢nk C,C,Γ ⇒ ∆

Dunque per IH:

⊢nk Γ ⇒ ∆, B

⊢nk C,Γ ⇒ ∆

da cui segue ⊢mk B → C,Γ ⇒ ∆.

Concludiamo lasciando al lettore la prova del principio di identita per formuleA di complessita qualsiasi:

Lemma 1.1.14 (Tautologia). Sia m = 2rk(A). Allora:

⊢m0 A ⇒ A.

1.2 Memo I: semantica per G3p e teoremi fon-

damentali

Definizione 1.2.1. Estendiamo ora la relazione di soddisfacibilita alle sequenzedi formule dicendo che

(i) una valutazione v soddisfa la sequenza Γ ⇒ ∆ sse o c’e almeno una formulaA ∈ Γ tale che v(A) = 0, oppure esiste una formula B ∈ ∆ tale chev(B) = 1; scriviamo v |= Γ ⇒ ∆ per designare la soddisfacibilita dellasequenza rispetto alla valutazione v;

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 8

(ii) Sia Σ un insieme di formule.2 Σ |= Γ ⇒ ∆ sse ogni valutazione chesoddisfa Σ soddisfa Γ ⇒ ∆.

(iii) Se Σ e vuoto, si scrive al solito |= Γ ⇒ ∆ e si dice Γ ⇒ ∆ e valida.

Osservazione 1.2.2. Dalla prima clausola della definizione precedente, dis-cende che, se ∆ = ∅, una valutazione v soddisfa Γ ⇒ sse v soddisfa ¬

∧Γ;

dualmente, se Γ = ∅, v soddisfa ⇒ ∆ iff v soddisfa∨

∆. Ovviamente ⇒ non esoddisfatta da alcuna valutazione. Se sia Γ che ∆ sono non vuoti, e chiaro che

Σ |= Γ ⇒ ∆ sse Σ |=∧

Γ →∨

Possiamo ora stabilire una importante caratteristica delle regole del calcolodelle sequenze con il seguente

Lemma 1.2.3 (Correttezza e invertibilita).

(i) In ogni regola del sistema G3p + Cut, se le premesse (o la premessa) sono(e) valide(a), allora anche la conclusione e valida.

(ii) In ogni regola di G3p+Cut, se la conclusione di una inferenza e valida, losono (lo e) anche le sue (la sua) premesse (premessa)

I teoremi fondamentali

In primo luogo, estendiamo a insiemi qualsiasi le nozioni di contraddittorieta,consistenza e derivabilita.

Definizione 1.2.4.

1. Σ e refutabile sse esiste un suo sottinsieme finito Σ0 tale che Σ0 ⇒ ederivabile in G3p (o equivalentemente in G3p + Cut)

2. Σ e consistente sse Σ non e refutabile;

3. Γ ⇒ ∆ e derivabile da Σ, in simboli

Σ ⊢ Γ ⇒ ∆

sse esiste un albero finito che ha per radice Γ ⇒ ∆ ed e localmente correttorispetto alle regole di G3p+Cut ed alla regola che permette di asserire lasequenza Γ ⇒ A,∆, per qualunque A ∈ Σ (in altri termini, Σ funzionada insieme degli assiomi specifici della teoria e si puo sempre iniziare unramo di una derivazione con una sequenza di tal fatta).

Proposizione 1.2.5 (Correttezza Generale). Se Σ ⊢ Γ ⇒ ∆, allora

Σ |= Γ ⇒ ∆

Teorema 1.2.6 (Completezza speciale). Se |= Γ ⇒ ∆, allora Γ ⇒ ∆ ederivabile in G3p.

Dimostrazione. Esercizio...

2Si pensi a Σ come ad un insieme di assunzioni o assiomi

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 9

Corollario 1.2.7 (Eliminazione della Cesura). Se Γ ⇒ ∆ e derivabile inG3p+Cut, allora Γ ⇒ ∆ e derivabile in G3p, ovvero, con la notazione delladefinizione 1.1.8), esiste un m tale che

⊢m0 Γ ⇒ ∆

Dimostrazione. Per la correttezza la sequenza e valida e dunque per il teoremadi completezza, e derivabile senza cesura.

Corollario 1.2.8. A e una tautologia sse ⇒ A e derivabile in G3p.

Si puo allora definire facilmente un algoritmo di decisione per vedere seΓ ⇒ ∆ e derivabile in G3: basta cercare una derivazione cut-free, costruendo unalbero di ricerca con radice Γ ⇒ ∆: dato che le regole sono invertibili e andandoall’indietro si abbassa la complessita logica, ogni ramo finisce e dunque l’alberodi ricerca e finito.

Osservazione 1.2.9. Applicando sempre la ricerca all’indietro del teorema dicompletezza, provare il teorema di esistenza della forma normale congiuntivaCNF

Teorema 1.2.10. Σ |= Γ ⇒ ∆ sse esiste un sottinsieme finito Σ0 tale che ederivabile in G3p la sequenza Σ0,Γ ⇒ ∆ sse Σ ⊢ Γ ⇒ ∆

Dimostrazione. Quanto alla prima equivalenza, si applicano nell’ordine la cor-rettezza, il teorema di compattezza e la completezza speciale. Quanto alla secon-da, basta osservare che essa, da sinistra a destra, segue applicando ripetutamentela cesura (e le regole strutturali).

Corollario 1.2.11. Σ |= A sse esiste un sottinsieme finito Σ0 tale che ederivabile in G3p la sequenza Σ0 ⇒ A sse Σ ⊢ ⇒ A

In particolare dal corollario discende che le conseguenze logiche di Σ sonotutte e sole quelle derivabili da Σ mediante G3p.

Corollario 1.2.12. Σ e insoddisfacibile sse Σ e refutabile.

Corollario 1.2.13. Σ e soddisfacibile sse Σ e consistente.

1.3 Prova costruttiva dell’Hauptsatz: il caso clas-

sico

La prova dell’Hauptsatz discende in ultima analisi dalla compattezza dello spaziodi Cantor (che vale in un universo matematico solo se abitano in esso operazioninon ricorsive). Dunque la prova e non costruttiva. Vediamo ora che la proprietasemantica dell’invertibilita da luogo a una prova interamente costruttiva (ma puressenzialmente complessa computazionalmente).

Lemma 1.3.1. Si puo definire un’operazione EL0 t. c. , se S e atomica e

(i) D0 ⊢l0 Γ ⇒ ∆, A;

(ii) D1 ⊢00 Γ, A ⇒ ∆,

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 10

allora EL0(D0,D1) ⊢l0 Γ ⇒ ∆.

Dimostrazione. Per esercizio (applicare contrazione...)

Lemma 1.3.2. Si puo definire un’operazione EL1 t. c. , se S e atomica e

(i) D0 ⊢l0 Γ ⇒ ∆, A;

(ii) D1 ⊢l0 Γ, A ⇒ ∆,

allora EL1(D0,D1) ⊢2·l0 Γ ⇒ ∆.

Dimostrazione. Idea: dato che A e atomica, A occorre a sinistra in ogni assiomadi D1. L’operatore EL1 sposta la cesura su A agli assiomi di D1 e applica EL0.In questo modo certi rami raddoppiano. . .

Definizione 1.3.3. Il concetto di taglia di una formula e induttivamente defini-to:

1. sz(A) = 0, se A e ⊥ oppure ⊤;

2. sz(A) = 1, se A e atomica;

3. sz(A ◦ B) = sz(A) + sz(B) + 1 , dove ◦ e un connettivo binario;

4. sz(¬A) = sz(A) + 1;

Se D e una derivazione e f un ramo di D, il numero critico del ramo f e

{sz(A) | A formula di cesura che occorre in una sequenza che riveste un nodo di f}

Infine dicesi numero critico di D il numero

kr(D) = max{kr(f) | f ramo di D}

Si costruisce allora una operazione che abbassa il numero critico di unaderivazione, raddoppiando al piu la lunghezza della derivazione:

Lemma 1.3.4 (Riduzione proposizionale). Si puo definire un’operazione Redπ

tale che, se D e una derivazione di Γ ⇒ ∆ di lunghezzza l > 0, allora RedπD eancora una derivazione di Γ ⇒ ∆ avente lunghezza ≤ 2 · l e t.c.

kr(RedπD) < kr(D)

Dimostrazione. (Idea) Si definisce Redπ per induzione su l > 0. Si consideral’ultima inferenza I. Il caso in cui I non e una cesura in posizione massimale sitratta applicando l’ipotesi d’induzione alla(e) sottoderivazione(i) immediata(e)e verificando che viene rispettata la condizione sul numero critico. Se inveceI e una cesura in posizione massimale, l’operatore di riduzione viene definitoapplicando l’operatore d’inversione.

Teorema 1.3.5. Se D0 ⊢mk Γ ⇒ ∆, si puo costruire una derivazione CF (D)

t.c.

CF (D) ⊢l0 Γ ⇒ ∆,

dove l ≤ 22k·m · m

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 11

Dimostrazione. Iterando p = kr(D)-volte l’operatore di riduzione, si ottiene unaderivazione cut-free di Γ ⇒ ∆ di lunghezza 2p ·m. Ma con una facile induzionesulla complessita logica di A si ottiene

sz(A) ≤ 2rk(A)+1 − 1.

Dato che rk(A) + 1 ≤ k per ogni formula di cesura A, vale per ogni ramo f ,dato che in f ci sono meno di m formule di cesura,

kr(f) =∑

{sz(A) | A ∈ f} < 2k · m.

Dunque p ≤ 2k · m e l ≤ 22k·m.

1.4 Il caso intuizionista

Il calcolo intuizionista G3ip si ottiene considerando solo sequenze della formaΓ ⇒ ∆ in cui ∆ contiene al piu una sola formula. A differenza del caso classico,bisogna pero modificare la regola dell’implicazione a sinistra; altrimenti non siriesce a provare la contrazione a sinistra. Si pone allora:

Γ , A → B ⇒ A Γ, B ⇒ C[→⇒]

Γ, A → B ⇒ C

La conseguenza e che la regola e invertibile solo parzialmente:

(*) ⊢mk Γ, A → B ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ, B ⇒ ∆;

Inoltre si omette la negazione ¬ definita mediante

¬A := A → ⊥

Si puo verificare che il calcolo ammette ancora eliminazione delle cesure constima di lunghezza:

Teorema 1.4.1. Se ⊢mk Γ ⇒ A in G3ip allora

⊢l0 Γ ⇒ A

per qualche l t.c. l ≤ 22k·m · m (m lunghezza, k dipende dalla complessita delleformule di cesura).

Conseguenze

Definizione 1.4.2. Formule di Harrop e FH:

• ogni atomo e FH;

• se A e B sono FH, anche A ∧ B lo e;

• se B e FH, A → B e FH.

Un utile esercizion di analisi delle prove cut-free ci fornisce una basilareproprieta della logica intuizionistica:

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 12

Teorema 1.4.3. Se G3ip prova Γ ⇒ A∨F e Γ contiene solo formule di Harrop,allora G3ip o prova Γ ⇒ A oppure Γ ⇒ B.

In particolare la logica intuizionistica e prima.

In realta, introducendo concetti appropriati di occorrenza positiva e negati-va, e possibile dimostrare un rafforzamento della proprieta della sottoformula:

Teorema 1.4.4 (Separazione, Wajsberg 1938).

1. Sia D ⊢ Γ ⇒ A e sia D cut-free. Allora se ∆ ⇒ B occorre in D, vale che:

(i) le formule di ∆ occorrono positivamente in Γ o negativamente in A;

(ii) B e positiva in A o negativa in Γ;

(iii) se B occorre solo positivamente (negativamente) in Γ ⇒ A, allora Be introdotta in D da una regola d’introduzione a destra (sinistra);

2. ogni sequenza derivabile in G3ip ha una derivazione che usa solo regole eassiomi per gli operatori che occorrono nella sequenza.

1.4.1 Un calcolo con la proprieta di terminazione

In virtu dell’Hauptsatz, il problema della decisione puo essere affrontato cer-cando sistematicamente le possibili prove cut-free. Ma G3ip non ha la propri-eta della terminazione: la difficolta e che la nuova regola per l’implicazione asinistra non diminuisce strettamente la complessita logica, ma ripete la formu-la principale. Da cio segue che qualche ramo nell’albero di ricerca puo nonterminare:

...︷ ︸︸ ︷p → p ⇒ p p ⇒ p

p → p ⇒ p p ⇒ pp → p ⇒ p

Una soluzione e stata data in tempi relativamente recenti da Hudelmeier 1992,Dyckhoff 1992 3. Il punto tecnicamente rilevante consiste nel disegnare un cal-colo alla Gentzen in cui le regole dell’implicazione a sinistra vengono spezzatein 4 sottocasi.

Definizione 1.4.5. G4ip si ottiene da G3ip sostituendo la regola di intro-duzione a sinistra per l’implicazione con le regole seguenti:

(Lat→) if p is atomic,p, B, Γ ⇒ A

p → B p,Γ → A

(Land→)A → (B → C), Γ ⇒ D

(A ∧ B) → C, Γ → D

3Pare che si tratti, almeno in parte, di una riscoperta di una vecchia idea di Vorob’ev, A

new algorithm for derivability in the constructive propositional calculus, in: Sixteen Papers

on Logic and Algebra V. A. Baranskii, I. H. Bekker, G. S. Ceitin et alii. Vorob’ev, morto

nel 1995, allievo di Markov, e noto per i suoi contributi alla teoria dei giochi e autore di un

classico testo sui numeri di Fibonacci.

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CAPITOLO 1. CALCOLI DI GENTZEN PROPOSIZIONALI 13

(Lor→)A → C, B → C, Γ ⇒ D

(A ∨ B) → C, Γ → D

(Limp→)Γ , B → C ⇒ A → B Γ, C ⇒ D

Γ, (A → B) → C ⇒ D

Nel nuovo sistema sono invertibili le prime tre regole dell’implicazione asinistra), oltre a congiunzione e disgiunzione a sinistra e implicazione a destra.

Teorema 1.4.6. Se D0 ⊢mk Γ ⇒ A in G4ip, si puo costruire una derivazione

J(D) di G4ip t.c.

J(D) ⊢l0 Γ ⇒ A,

dove l ≤ 2(222k

·m) · m

Al fine di definire un algoritmo di decisione, si puo associare poi alle formuleuna nuova misura, detta peso.

Definizione 1.4.7.

(1) w(p) = w(⊥) = w(⊤) = 2;

(2) w(A ∧ B) = w(A)(1 + w(B));

(3) w(A ∨ B) = w(A) + w(B) + 1;

(4) w(A) · w(B) + 1.

Il peso di una sequenza e definito da:

w(Γ ⇒ A) =∑

{w(B) | B occorre in Γ}

NB: il peso di una formula A e connesso con la consueta complessita logica g(A)dalla relazione:

w(A) ≤ 2(22g(A))

Lemma 1.4.8. In ogni inferenza di G4ip il peso della conclusione e maggioredel peso della(e) premessa(e).

Si puo quindi dimostrare che ogni possibile ramo di una derivazione di Γ ⇒ Aha lunghezza ≤ del peso di Γ ⇒ A e questo permette di decidere la derivabilita.Segue anzi che il problema della decisione per il caso intuizionista e in O(n log n)-space.

Naturalmente vale, ma la prova non e banale, il seguente:

Lemma 1.4.9. Γ ⇒ A e derivabile in G3ip sse Γ ⇒ A e derivabile in G4ip.

Osservazione 1.4.10. Il calcolo G4ip e stato usato da Pitts(1992) per provareche il calcolo intuionista ammette interpolane minimale e massimale.

Problema 1. E possibile costruire una estensione di G3 che corrisponde a S4e provare con la tecnica dell’inversione l’Hauptsatz. Rimane da vedere se esisteun calcolo alla Hudelmeier oer S4.

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Capitolo 2

Calcoli di Gentzen

predicativi

2.1 Un calcolo elementare alla Gentzen

Il calcolo delle sequenze G3p che abbiamo introdotto a livello proposizionale puoessere agevolmente esteso al linguaggio elementare.

Adotteremo le stesse convenzioni notazionali della sezione 1.1 per quel checoncerne multinsiemi, sequenze di formule, etc.

In aggiunta, conveniamo di tenere distinte le variabili vincolate e le variabililibere o parametri), continuando a usare le ultime lettere dell’alfabeto x, y, z,. . . per le prime, e a, b, c, per le seconde (sappiamo che cio non e restrittivo:perche ?).

Definizione 2.1.1. G3 comprende le regole di G3p estese al linguaggio ele-mentare e in piu le inferenze per i quantificatori:

∃-regole:

Γ, A[x := a] ⇒ ∆[∃⇒]

Γ, ∃xA ⇒ ∆;

Γ ⇒ ∆, A[x := t],∃xA[⇒∃]

Γ ⇒ ∆,∃xA;

Restrizione per L∃: a /∈ FV (Γ,∆);

∀-regole:

Γ, A[x := t],∀xA ⇒ ∆[∀⇒]

Γ, ∀xA ⇒ ∆;

Γ ⇒ ∆, A[x := a][⇒∀]

Γ ⇒ ∆,∀xA.

Restrizione per R∀: a /∈ FV (Γ,∆); a e detto parametro proprio dell’in-ferenza.

G3+Cut e G3 esteso con la regola Cut (cesura, in versione context-sharing).

Esercizio 2.1.2. Costruire derivazioni in G3 di leggi logiche significative suiquantificatori (rapporti fra quantificatori e connettivi, leggi di Hilbert, legge deidomini costanti. . . .

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 15

2.1.1 Esempi di derivazioni

• Universale Esistenziale:

P (a),∀xP (x) ⇒ P (a),∃xP (x)[⇒∃]

P (a),∀xP (x) ⇒ ∃xP (x)[∀⇒]

∀xP (x) ⇒ ∃xP (x)

• ∃∀ ∀∃:

C(a, b),∀xC(a, x) ⇒ C(a, b),∃yC(y, b))[∀⇒]

∀xC(a, x) ⇒ ∃yC(y, b), C(a, b)[⇒∃]

∀xC(a, x) ⇒ ∃yC(y, b)[⇒∀])

∀xC(a, x) ⇒ ∀x∃yC(y, x)[∃⇒]

∃y∀xC(y, x) ⇒ ∀x∃yC(y, x)

• Principio del τ di Hilbert :

P (a), P (b) ⇒ P (a),∀yP (y)[⇒→]

P (b) ⇒ P (a), P (a) → ∀yP (y)[⇒∃]

P (b) ⇒ P (a),∃x(P (x) → ∀yP (y))[⇒∀]

P (b) ⇒ ∀xP (x),∃x(P (x) → ∀yP (y))[⇒→]

⇒ P (b) → ∀yP (y),∃x(P (x) → ∀yP (y))[⇒∃]

⇒ ∃x(P (x) → ∀yP (y))

• Terzo escluso per i quantificatori :

P (a) ⇒ P (a),∃y¬P (y)[⇒¬]

⇒ P (a),¬P (a),∃y¬P (y)[⇒∃]

⇒ P (a), ∃y¬P (y)[⇒∀]

⇒ ∀xP (x), ∃y¬P (y)[⇒∨]

⇒ ∀xP (x) ∨ ∃y¬P (y)

La legge dei domini costanti : sia ∀∨ ∨∀, x /∈ FV (P ); usando le abbreviazioni

1. ∆1 := ∀x(P ∨ Q(x)), Q(a), Q(b);

2. ∆2 := ∀x(P ∨ Q(x)), P,Q(a)

∀x(P ∨ Q(x)), P ⇒ P,Q(b)

∆1 ⇒ P,Q(b) ∆2 ⇒ P,Q(b)

P ∨ Q(b),∀x(P ∨ Q(x)), Q(a) ⇒ P,Q(b)

∀x(P ∨ Q(x)), Q(a) ⇒ P, Q(b)

P ∨ Q(a),∀x(P ∨ Q(x)) ⇒ P,Q(b)

P ∨ Q(a),∀x(P ∨ Q(x)) ⇒ P, ∀xQ(x)

P ∨ Q(a),∀x(P ∨ Q(x)) ⇒ P ∨ ∀xQ(x)

∀x(P ∨ Q(x)) ⇒ P ∨ ∀xQ(x)

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 16

2.2 Memo II: semantica predicativa e teoremi

fondamentali

Si assumono come noti i fondamenti della semantica di Tarski per linguaggi ele-mentari (strutture o realizzazioni M di un dato linguaggo, interpretazionσ dellevariabili; nozione di valutazione Mσ di un termine e di una formula; relazionefondamentale Mσ |= A. . . ).

Definizione 2.2.1. Estendiamo ora la relazione di soddisfacibilita alle sequenzedi formule dicendo che

(i) una valutazione Mσ soddisfa la sequenza Γ ⇒ ∆ sse o Mσ non soddisfaalmeno una formula A ∈ Γ, oppure Mσ soddisfa almeno una formulaB ∈ ∆;

(ii) Σ |= Γ ⇒ ∆ sse ogni valutazione Mσ che soddisfa Σ soddisfa Γ ⇒ ∆.

(iii) Se Σ e vuoto, si scrive al solito |= Γ ⇒ ∆ e si dice Γ ⇒ ∆ e valida.

Possiamo estendere al caso elementare le nozioni di contraddittorieta, con-sistenza e derivabilita per insiemi qualsiasi.

Definizione 2.2.2.

1. Σ e refutabile sse esiste un suo sottinsieme finito Σ0 tale che Σ0 ⇒ ederivabile in G3 (o equivalentemente in G3 + Cut)

2. Σ e consistente sse Σ non e refutabile;

3. Γ ⇒ ∆ e derivabile da Σ, in simboli

Σ ⊢ Γ ⇒ ∆

sse esiste un albero finito che ha per radice Γ ⇒ ∆ ed e localmente correttorispetto alle regole di G3+Cut ed alla regola che permette di asserire lasequenza Γ ⇒ A,∆, per qualunque A ∈ Σ (in altri termini, Σ funzionada insieme degli assiomi specifici della teoria e si puo sempre iniziare unramo di una derivazione con una sequenza di tal fatta).

Anche per G3 si puo verificare, mediante applicazione dei lemmi di coinci-denza e conversione 1:

Lemma 2.2.3 (Correttezza e invertibilita).

(i) In ogni regola del sistema G3 + Cut, se le premesse (o la premessa) sono(e) valide(a), allora anche la conclusione e valida.

(ii) In ogni regola di G3, se la conclusione di una inferenza e valida, lo sono(lo e) anche le sue (la sua) premesse (premessa)

La correttezza del calcolo elementare continua a sussistere in virtu del cor-rispondente lemma:

1Accertarsi della necessita delle restrizioni su L∀ R∃!

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 17

Proposizione 2.2.4. Se Σ e un insieme di enunciati e Σ ⊢ Γ ⇒ ∆, allora

Σ |= Γ ⇒ ∆

Osservazione 2.2.5.

1. L’ipotesi su Σ e necessaria (se Σ e costituito dalla formula P (x), ∀xP (x)e derivabile da Σ).

2. Il lemma di correttezza e invertibilita, anche se ci dice che il calcolo e inun senso preciso analitico, non deve pero mascherare una differenza pro-fonda col caso enunciativo. Il lettore avra di certo osservato il caratterepeculiare delle due inferenze d’introduzione dell’universale a sinistra e del-l’esistenziale a destra: in entrambe la formula attiva dell’inferenza occorregia nella premessa e quindi procedendo all’indietro nella ricerca di unaderivazione non si diminuisce la complessita logica in gioco. Ma cio, comesi e visto nel caso enunciativo, e essenziale per la terminazione dell’algorit-mo di ricerca delle dimostrazioni. Come vedremo, la formulazione attualedelle inferenze quantificazionali e necessaria per la completezza del calcoloed e al contempo responsabile della complessita (teorema di indecidibilitadella logica elementare, Church 1936).

Osservazione 2.2.6. La semantica classica valida la cesura, ed non distinguedunque prove con cesura da quelle cut-free, per le quali, seguendo una idea diSchutte, e sufficiente utilizzare valutazioni parziali che possono assumere ancheil valore indeterminato e seguono le tavole della logica a tre valori forte di Kleene.Nella semantica parziale, non-falso non implica vero e una sequenza A ⇒ Be validata da una valutazione parziale V se da V (A) = 1 (A vera) segue cheV (B) 6= 0 (A non e falsa). Dunque, se ⇒ A e A ⇒ B sono valide in V , si ha soloV (A) 6= 0 e se V (A) = 1, allora V (B) 6= 0, e non si puo concludere V (B) 6= 0.In altri termini, la cesura non e corretta in generale rispetto alla semantica dellevalutazioni parziali.

Il tema sarebbe meritevole di attenzione: e stato sviluppato nel contestodi una chiarificazione della prova della congettura di Takeuti (Hauptsatz per ilcalcolo di Gentzen al secondo ordine). Per ragioni di tempo e spazio si rimandail lettore ai testi di Schutte e Girard.

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 18

Teoremi fondamentali

Definizione 2.2.7. Sia Σ un insieme arbitrario di formule. Allora diremo cheΓ ⇒ ∆ e deducibile da Σ - in simboli Σ Γ ⇒ ∆ - sse esiste un sottinsiemefinito Σ0 di Σ, tale che e derivabile in G3 (e dunque senza cesure) la sequenzaΣ0,Γ ⇒ ∆.

Ricordiamo senza prova il fondamentale

Teorema 2.2.8. Un insieme di formule o e refutabile oppure e soddisfacibilein un dominio numerabile.

Teorema 2.2.9. Γ ⇒ ∆ e deducibile senza cesure da Σ oppure esiste unavalutazione su un dominio numerabile che soddisfa Σ e tutte le formule di Γ,ma falsifica tutte le formule di ∆.

Corollario 2.2.10 (Completezza Generale). Se Σ |= Γ ⇒ ∆, allora

Σ ⊢ Γ ⇒ ∆.

Dunque, se Σ contiene solo formule chiuse,

Σ ⊢ Γ ⇒ ∆ sse Σ |= Γ ⇒ ∆

Dimostrazione. Infatti per ipotesi deve valere, per qualche sottinsieme finito Σ0

di Σ cheΣ0,Γ ⇒ ∆

e derivabile senza cesure in G3. Dunque applicando un numero finito di voltela cesura con le sequenze della forma Γ ⇒ ∆, B, dove B ∈ Σ0, si ottiene perdefinizione che

Σ ⊢ Γ ⇒ ∆

Il viceversa segue dalla proposizione 2.2.4.

Come gia nel caso enunciativo, si ottiene anche il

Corollario 2.2.11 (Eliminazione della Cesura). Se Γ ⇒ ∆ e derivabile inG3+Cut, allora Γ ⇒ ∆ e derivabile in G3.

La tecnica di prova consiste nel costruire in stadi un albero binario i cuinodi sono rivestiti di sequenze, in modo che, se l’albero e finito, esso e essen-zialmente - a meno dell’applicazione dei lemmi di indebolimento e tautologia -una deduzione di Γ ⇒ ∆ da un sottinsieme finito di Σ; altrimenti, c’e un ramoinfinito dell’albero che definisce una valutazione che soddisfa i requisiti stabilitidall’enunciato del teorema.

2.3 Inferenze ammissibili a livello elementare

Possiamo agevolmente estendere notazioni e risultati della sezione 1.1.2.Una derivazione in S (essendo S G3 oppure G3+Cut) e un albero finitario

localmente corretto rispetto alle regole di S.In modo analogo si definisce la relazione di derivabilita:

D ⊢mk Γ ⇒ ∆

sse D e una derivazione in G3 di Γ ⇒ ∆ tale che:

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 19

• ogni ramo di D ha al massimo lunghezza m;

• ogni formula che occorre come formula di cesura in D ha complessita logicaminore di k

⊢mk Γ ⇒ ∆ significa che esiste una derivazione D tale che D ⊢m

k Γ ⇒ ∆. Ilconcetto di regola ammissibile si lascia ugualmente trasferire al caso predicativo.

Vi e tuttavia una inferenza ammissibile tipica del livello predicativo, lasostituzione.

Definizione 2.3.1. D[a := t] designa la struttura che si ottiene da D rimpiaz-zando ogni occorrenza del parametro a in D col termine t.

Ovviamente, D[a := t] non sempre e una derivazione, dato che la sostituzionepuo distruggere la correttezza locale delle regole R∀ e R∃. Ma e sempre possibileapplicare gli opportuni cambi alfabetici, in modo che nessun parametro propriodella derivazione occorra nel termine t da sostituire e che D[a := t] sia dunquesempre una derivazione. Infatti e facile dimostrare che vale:

Lemma 2.3.2 (Cambio di parametri propri). Se D ⊢mk Γ ⇒ ∆ e b non occorre

fra i parametri di D, allora anche

D[a := b] ⊢mk Γ[a := b] ⇒ ∆[a := b]

Inoltre, se D ⊢mk Γ ⇒ ∆, a occorre come parametro proprio in D, mentre b non

occorre in D, allora esiste una derivazione D′ in cui b occorre come pametroproprio al posto di a (e dunque a non e parametro proprio di D′), ed inoltre

D′ ⊢mk Γ ⇒ ∆

Dimostrazione. Per induzione su m ID, le regole proposizionali e L∀, R∃ sonopreservate dalla sostituzione. Nel caso di R∀ e R∃ si applica il lemma precedente.

Osservazione 2.3.3. Condizione di purezza delle derivazioni : data una derivazione,non e restrittivo supporre che i parametri propri usati nelle inferenze di intro-duzione dell’universale a destra e dell’esistenziale a sinistra siano tutti distintifra di loro.

Lemma 2.3.4 (Sostituzione). Se ⊢mk Γ ⇒ ∆, allora anche

⊢mk Γ[a := t] ⇒ ∆[a := t]

L’idea e di rimpiazzare ovunque a con t. Ma t puo contenere dei parametriche occorrono come parametri propri in una inferenza D, per cui la sostituzionepuo distruggere la correttezza locale. La difficolta si lascia evitare facendo primauna rinomina dei parametri propri della derivazione. . .

I lemmi di scambio, indebolimento e contrazione valgono anche per il calcolopredicativo G3+cut; ma c’e bisogno di un po’ di cautela per via dei quantificatorie della sostituzione. Inoltre non tutte le inferenze sono invertibili; questa ela ragione per cui la contrazione diventa ammissibile solo se la si accetta lapeculiare forma delle regole L∀ e R∃.

Lemma 2.3.5 (G3 e G3+cut). Sono ammissibili

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 20

(i) le regole di scambio e indebolimento;

(ii) le regole d’inversione per le regole logiche enunciative ed inoltre, se t e untermine arbitrario:

1. ⊢mk Γ ⇒ ∆,∀xA implica ⊢m

k Γ ⇒ ∆, A[x := t];

2. ⊢mk Γ,∃xA ⇒ ∆ implica ⊢m

k Γ, A[x := t] ⇒ ∆;

(iii) le regole di contrazione.

Dimostrazione. La prova dell’indebolimento fa uso del cambio di parametri pro-pri, mentre l’inversione di R∀ e L∃ richiede anche il lemma di sostituzione.Quanto al lemma di contrazione, consideriamo solo il caso delle inferenze su ∀.Supponiamo che valga

⊢mk Γ ⇒ ∆,∀xA,∀xA

Procedendo al solito per induzione, siamo condotti a considerare due casi. Sel’inferenza finale I non si applica a nessuna delle due occorrenze di ∀xA, siapplica l’ipotesi d’induzione alle premesse, cancellando una occorrenza di ∀xAe si esegue I. Se l’inferenza finale e una introduzione di ∀ che genera unaoccorrenza di ∀xA, si applica l’inversione all’altra occorrenza, ottenendo cosıper qualche a, che non occorre in Γ,∆,∀xA e qualche n < m,

⊢nk Γ ⇒ ∆, A[x := a], A[x := a]

da cui la conclusione segue cancellando prima una occorrenza di A[x := a] e poiapplicando R∀.

Supponiamo che valga

⊢mk ∀xA,∀xA,Γ ⇒ ∆

Come sopra, se l’ultima inferenza I non agisce sulle due occorrenze di ∀xA,si applica l’IH cancellando una delle due e poi si applica I. Se invece l’ultimainferenza agisce su una delle due occorrenze di ∀xA, si ha per qualche t e qualchen < m

⊢nk ∀xA,∀xA,A[x := t],Γ ⇒ ∆

Dunque si puo applicare l’ipotesi d’induzione (qui e cruciale la forma di R∀!),ottenendo:

⊢nk ∀xA,A[x := t] ,Γ ⇒ ∆

Applicando R∀ segue⊢m

k ∀xA, Γ ⇒ ∆

Osservazione 2.3.6. La cesura moltiplicativa CUTm e derivabile in G3; piuprecisamente:

(CUTm) se ⊢mk Γ ⇒ ∆, A e ⊢m

k A,Γ′ ⇒ ∆′ , allora

⊢m+1max{k,rk(A)+1} Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′

Chiaramente, CUTm crea molteplicita. Se si assume con la contrazione CUTm

si puo ottenere la cesura context-sharing.

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 21

2.4 Prova dell’Hauptsatz e proprieta della sot-

toformula

Lemma 2.4.1 (Riduzione). Siano date D1, D2 tali che

D1 ⊢lk Γ ⇒ ∆, A

D2 ⊢mk A,Γ′ ⇒ ∆′

dove k = rk(A). Allora si puo costruire una derivazione D = Red(D1,D2) taleche

D ⊢l+mk Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′

Dimostrazione. Induzione su l + m: si suppone dunque per IH che il lemmavalga gia per ogni coppia di derivazioni D∗

1 , D∗2 tali che rk(B) = k, p+q < l+m

eD∗

1 ⊢pk Γ1 ⇒ ∆1, B D∗

2 ⊢qk A,Γ2 ⇒ ∆2.

Caso 1: A e attiva sia in D1 sia in D2 ed e atomica.

• Se A ≡ ⊤, ⊤ deve gia occorrere in ∆′ e Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′ e gia un assiomaper ⊤.

• Se A ≡ ⊥, ⊥ deve gia occorrere in Γ e Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′ e gia un assioma per⊥.

• Se A non e un booleano, A occorre sia in Γ sia in ∆′ e Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′ e unassiome ID.

Caso 2: A non e attiva in D1 oppure in D2. Per simmetria, consideriamo soloil secondo casoCaso 2.1: A,Γ′ ⇒ ∆′ e un assioma. Dato che A non e attiva in D2, Γ′ ⇒ ∆′

e un assioma e dunque Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′ e un assioma.Caso 2.2: A,Γ′ ⇒ ∆′ e la conclusione di una inferenza I in cui A non e attiva.Dunque A occorre gia nelle premesse di I. Si applica allora ad esse e a D1 illemma di riduzione per IH.

Facciamo l’esempio in cui D2 termina con una introduzione della ∨ a sinistra.Si ha dunque, per qualche m > l, r, essendo Γ′ ≡ Γ∗, C ∨ D:

⊢l Γ ⇒ ∆, A

⊢r0 A,C,Γ∗ ⇒ ∆′ ⊢r1 A,D,Γ∗ ⇒ ∆′(r1)

⊢r A,C ∨ D,Γ∗ ⇒ ∆′(r)

⊢m Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′

Ma l + r0, l + r1 < l + r e per IH:

⊢l Γ ⇒ ∆, A ⊢r0 A,C,Γ∗ ⇒ ∆′

⊢l+r0 Γ,Γ∗, C ⇒ ∆,∆′

⊢l Γ ⇒ ∆, A ⊢r1 A,D,Γ∗ ⇒ ∆′

⊢l+r1 Γ,Γ∗,D ⇒ ∆,∆′

⊢l+r Γ,Γ′ ⇒ ∆,∆′

Caso 3: A e attiva sia in D1 sia in D2 ed non e atomica. Ci limitiamo a trattareesplicitamente i casi del’implicazione e del quantificatore universale.Caso 3.1. Se A := C → D, si ha:

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 22

⊢l0k C,Γ ⇒ ∆,D

⊢lk Γ ⇒ ∆, C → D

ed inoltre

⊢r0

k Γ′ ⇒ ∆′, C ⊢r1

k Γ′,D ⇒ ∆′

⊢rk C → D,Γ′ ⇒ ∆′

Si passa allora alla derivazione:

⊢r0

k Γ′ ⇒ ∆′, C ⊢l0k C,Γ ⇒ ∆,D

⊢max(r0,l0)+1 Γ,Γ′, C ⇒ ∆,∆′,D ⊢r1

k Γ′,D ⇒ ∆′

⊢l+rk Γ′,Γ′,Γ ⇒ ∆,∆′,∆′

⊢l+rk Γ′,Γ ⇒ ∆,∆′

NB: sopra si e applicata CUTm e la contrazione. Si osservi che

rk(C), rk(D) < rk(C → D)

. Inoltre per ipotesi l, r > 0 e max(r0, l0)+1 < l+ r (infatti se max(r0, l0)+1 =r0 + 1, r0 + 1 ≤ r < r + l; se invece max(r0, l0) + 1 = l0 + 1, l0 + 1 ≤ l < l + r.).Caso 3.2. Se A := ∀xA, si ha, se a /∈ FV (Γ,∆,

⊢l0k Γ ⇒ ∆, A(a)

⊢lk Γ ⇒ ∆,∀xA

e

⊢r0

k A(t),∀xA,Γ′ ⇒ ∆′

⊢rk ∀xA,Γ′ ⇒ ∆′

Si passa allora a costruire, applicando sostituzione e contrazione, la nuovaderivazione:

⊢lk Γ ⇒ ∆,∀xA ⊢r0

k A(t),∀xA,Γ′ ⇒ ∆′,∆

⊢l+r0

k Γ,Γ′, A(t) ⇒ ∆,∆′,D ⊢l0k Γ ⇒ ∆, A(t)

⊢l+rk Γ′,Γ,Γ ⇒ ∆,∆,∆′

⊢l+rk Γ′,Γ ⇒ ∆,∆′

NB: prima di applicare la cesura moltiplicativa a A(t) (che ha rango ¡k), procedea ridurre la formula principale che occorre come minore nella premessa dellaregola di introduzione a destra dell’universale.

Lemma 2.4.2 (Eliminazione). Sia D ⊢lk+1 Γ ⇒ ∆. Allora si puo costruire

una derivazione D∗ tale cheD ⊢2l

k Γ ⇒ ∆

Dimostrazione. Induzione su l.Caso 1: l’ultima inferenza non e una cesura oppure e una cesura su una formuladi rango < k. Si applica l’IH alle premesse e si usa la monotonia di n 7→ 2n.Come esempio, si consideri il caso in cui rk(A) < k, p < l, q < q e

⊢pk+1 Γ ⇒ ∆, A, ⊢q

k+1 A,Γ ⇒ ∆.

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 23

Allora per IH⊢2p

k Γ ⇒ ∆, A, ⊢2q

k A,Γ ⇒ ∆.

Dunque, per cesura di rango minore di k, dato che 2p, 2q < 2l, si ha

⊢2l

k Γ ⇒ ∆.

Caso 2: l’ultima inferenza e una cesura su A con rk(A) = k e vale

⊢pk+1 Γ ⇒ ∆, A, ⊢q

k+1 A,Γ ⇒ ∆.

Per IH, ancora⊢2p

k Γ ⇒ ∆, A, ⊢2q

k A,Γ ⇒ ∆.

Ma sono soddisfatte le ipotesi della lemma di riduzione, applicando il quale e illemma di contrazione si ottiene:

⊢2p+2q

k Γ ⇒ ∆.

Ma2p + 2q ≤ 2max(p,q)+1 ≤ 2l.

Poniamo: 20(l) = l e 2n+1(l = 22n(l).

Teorema 2.4.3 (Hauptsatz). Sia D ⊢lk Γ ⇒ ∆. Allora si puo costruire una

derivazione D∗ di Γ ⇒ ∆, priva di cesure e di lunghezza λ ≤ 2k(l)

Dimostrazione. Induzione su k. Se k = 0, non c’e nulla da provare.Sia k = n + 1: applicare il lemma di eliminazione e IH.

Corollario 2.4.4 (Teilformelsatz). Sia D una derivazione di Γ ⇒ ∆. Al-lora si puo trovare una derivazione D∗ della stessa conclusione con le seguentiproprieta:

• sia Γ′ ⇒ ∆′ una sequenza che occorre a un nodo di D∗. Allora ogniformula che occorre in Γ′ ⇒ ∆′ e sottoformula di una formula che occorrein Γ ⇒ ∆;

• D∗ contiene solo regole logiche e/o assiomi per simboli logici che occorronoin formule della conclusione.

Osservazione 2.4.5.

1. Dall’Hauptsatz segue la consistenza del calcolo: la sequenza vuota ⇒ none derivabile in G3.

2. La stima iperesponenziale e essenziale (Orevkov ha dimostrato ci sono casiin cui non si puo far meglio, si veda il capitolo di Pudlak in [6]).

Osservazione 2.4.6. Le prove cut-free permettono di provare raffinamenti del-l’Hauptsatz da cui segue il teorema di Herbrand. In generale, per questo tipo diapplicazioni, e conveniente usare i calcoli G1, in cui si accettano esplicitamentele regole strutturali, e le regole logiche a due premesse sono moltiplicative (pos-sono avere contesti diversi che vengono accumulati nella conclusione). Si veda5.2 in [8] or 2.6.4 in [3]).

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 24

Teorema 2.4.7. Sia D una derivazione cut-free in G1 di Γ ⇒ ∆ in cui leformula di Γ ⇒ ∆ sono in forma normale prenessa. Allora si puo costruireuna derivazione D∗ in G1 della stessa conclusione in cui ogni inferenza suiquantificatori segue ogni inferenza sui connettivi.

Si ha subito una versione del teorema di Herbrand:

Corollario 2.4.8. Se ∃~xA e derivabile nella logica predicativa e A e priva diquantificatori, si possono trovare (vettori di) termini ~t1, . . .~tp tali che e unatautologia

A[~x := ~t1] ∨ . . . ∨ A[~x := ~tp]

2.5 Interpolazione

Una volta provata la completezza del calcolo G3 e l’eliminazione delle cesure2.2.11, abbiamo un potente strumento metalogico per dimostrare alcuni risultatifondamentali della logica elementare. Qui ci limiteremo a provare il teorema,dimostrato da William Craig(1918- ) nel 1957, che mette a fuoco un’importanteproprieta della logica elementare: se si dimostra logicamente una implicazioneA → B, allora e possibile passare da A a B utilizzando come medio un enunciatoC – detto interpolante – che contiene solo i concetti comuni – in un senso che sipuo precisare – ad A e B. Come vedremo, Il teorema di Craig ha un’importanteapplicazione alla teoria della definibilita e puo essere riformulato in modo dacostituire una genuina generalizzazione del teorema dell’esistenza del modello.Iniziamo con alcune definizioni e convenzioni notazionali.

Definizione 2.5.1.

• (i) Per A formula, Γ ⇒ ∆ sequenza:

– L(A) := l’insieme delle costanti individuali, delle costanti predicativee delle variabili che occorrono libere in A;

– L(Γ) :=⋃

A∈Γ L(A);

– L(Γ ⇒ ∆) := L(Γ) ∪ L(∆) (= L(Γ ∪ ∆)).

Notare: le costanti funtoriali presenti in A non fanno parte di L(A).

(ii) Una partizione di una sequenza S ≡ Γ ⇒ ∆ e una coppia ordinata

P ≡ 〈Γ1 ⇒ ∆1 ‖ Γ2 ⇒ ∆2〉

di sequenze, tali che Γ1 ∪ Γ2 = Γ e ∆1 ∪ ∆2 = ∆.Γ1 ⇒ ∆1 (Γ2 ⇒ ∆2) e detta la parte sinistra (destra) di P.Notare: non si esclude il caso in cui uno di Γ1,Γ2 e vuoto, e/o uno di∆1,∆2 e vuoto.

(iii) Una formula C e adatta alla partizione 〈Γ1 ⇒ ∆1 ‖ Γ2 ⇒ ∆2〉 sse

L(C) ⊆ L(Γ1 ⇒ ∆1) ∩ L(Γ2 ⇒ ∆2)

sse, a parole, le sue variabili libere e le sue costanti descrittive che nonsono funtori (di arieta ≥ 1) occorrono sia nella sequenza Γ1 ⇒ ∆1 sianella sequenza Γ2 ⇒ ∆2.

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 25

(iv) Una formula C e detta essere un’interpolante per la partizione P = 〈Γ1 ⇒∆1 ‖ Γ2 ⇒ ∆2〉 di Γ ⇒ ∆ sse:

1. C e adatta a P;

2. vale:G3 ⊢ Γ1 ⇒ ∆1, C e G3 ⊢ C,Γ2 ⇒ ∆2 .

2.5.1 Il Lemma di Maehara

Salvo avviso contrario, d’ora in avanti per ‘dimostrazione di Γ ⇒ ∆’ intendiamo:‘dimostrazione cut-free di Γ ⇒ ∆ nel calcolo G3’ (in simboli: D ⊢ Γ ⇒ ∆).Dimostriamo il fondamentale:

Lemma 2.5.2 (Maehara 1960).Sia

D ⊢ S :≡ Γ ⇒ ∆.

Allora, per ogni partizioneP ≡ 〈S1 ‖ S2〉

della sequenza S, si da uno dei tre casi seguenti:

(I) esiste una dimostrazione D′ ⊢ S1 ;

(II) esiste una dimostrazione D′′ ⊢ S2 ;

(III) esiste un’interpolante C per la partizione.

Inoltre, la dimostrazione D′ nel caso (I), la dimostrazione D′′ nel caso (II), l’in-terpolante C e le due relative dimostrazioni nel caso (III), sono effettivamentecostruibili sulla base di D e di P.

Dimostrazione. Si ragiona per induzione sull’altezza della data dimostrazionecut-free D di S, distinguendo casi a seconda della inferenza finale R di D.

L’interpolante viene esplicitamente costruito a partire dai dati della derivazione....

Come abbreviazione temporanea nel corso della presente dimostrazione, scriver-emo Γ ⇒n ∆ per designare la derivabilita di Γ ⇒ ∆ mediante una derivazionein G3 di altezza ≤ n.

Consideriamo esplicitamente solo il caso (complesso) del quantificatore uni-versale

Caso 12: R e [∀⇒]. Allora S ≡ ∀xA,Γ ⇒ ∆ e

D ≡

...

A[x/t],∀xA,Γ ⇒n−1 ∆

}

D1

∀xA,Γ ⇒n ∆[∀⇒]

per un certo termine t.

Come al solito distinguiamo:

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 26

sottocaso 12.1 P ≡ 〈∀xA,Γ1 ⇒ ∆1 ‖ Γ2 ⇒ ∆2〉. Si considera allora lapartizione

P ′ ≡ 〈A[x/t],∀xA,Γ1 ⇒ ∆1 ‖ Γ2 ⇒ ∆2〉

della premessa, cioe della sequenza finale di D1. Applicando a D1 l’ipotesiinduttiva rispetto alla partizione P ′, si ha uno di:

(I′) D′ ⊢ A[x/t],∀xA,Γ1 ⇒ ∆1 ;

(II′) D′′ ⊢ Γ2 ⇒ ∆2 ;

(III′) esiste C adatta a P ′ tale che

D′1 ⊢ A[x/t],∀xA,Γ1 ⇒ ∆1, C e D′′

1 ⊢ C,Γ2 ⇒ ∆2 .

Se vale (I′), allora (prolungando D′ con una [∀⇒]) si ha che per P vale (I).Se vale (II′), allora banalmente anche per P vale (II).Se vale (III′), osserviamo intanto che C, pur essendo adatta a P ′, puo non essereadatta a P: infatti ci potrebbe ben essere una variabile libera o una costanteindividuale che occorre:

• in C,

• in Γ2 ⇒ ∆2 e in A[x/t], cosicche appartiene a

L(A[x/t],∀xA,Γ1 ⇒ ∆1) ∩ L(Γ2 ⇒ ∆2) ,

• ma non occorre in ∀xA,Γ1 ⇒ ∆1 .

Siano allora:

• c1, . . . , ck tutte le costanti individuali che occorrono in C, in A[x/t] e inΓ2 ⇒ ∆2 ma non in ∀xA,Γ1 ⇒ ∆1 .

• z1, . . . , zm tutte le variabili che occorrono libere in C, in A[x/t] e in Γ2 ⇒∆2 ma non in ∀xA,Γ1 ⇒ ∆1 .

Prendiamo k variabili u1, . . . , uk nuove, e consideriamo la dimostrazione D∗1 che

si ottiene da D′1 rimpiazzando ovunque, per 1 ≤ i ≤ k, la costante ci con la

variabile ui. Per le ipotesi fatte sulle costanti ci, si ha che

D∗1 ⊢ A[x/t′],∀xA,Γ1 ⇒ ∆1, C ′

dovet′ ≡ t[c1/u1, . . . , ck/uk]

eC ′ ≡ C[c1/u1, . . . , ck/uk] .

E facile verificare che la formula

C∗ ≡ ∀u1 . . . ∀uk∀z1 . . . ∀zm C ′

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 27

e adatta alla partizione P. Quindi, grazie alle due dimostrazioni

...

A[x/t′],∀xA,Γ1 ⇒ ∆1, C ′

}

D∗1

∀xA,Γ1 ⇒ ∆1, C ′ [∀⇒]

∀xA,Γ1 ⇒ ∆1, C∗[⇒∀] m+k volte

e...

C,Γ2 ⇒ ∆2

}

D′′1

C∗,Γ2 ⇒ ∆2

Lemma di indebolimento, piu [∀⇒] m+k volte

concludiamo che per P si da il caso (III) con interpolante C∗.

sottocaso 12.2 P ≡ 〈Γ1 ⇒ ∆1 ‖ ∀xA,Γ2 ⇒ ∆2〉. Si considera allora lapartizione

P ′ ≡ 〈Γ1 ⇒ ∆1 ‖ A[x/t],∀xA,Γ2 ⇒ ∆2〉

della premessa, cioe della sequenza finale di D1. Applicando a D1 l’ipotesiinduttiva rispetto alla partizione P ′, si ha uno di:

(I′) D′ ⊢ Γ1 ⇒ ∆1 ;

(II′) D′′ ⊢ A[x/t],∀xA,Γ2 ⇒ ∆2 ;

(III′) esiste C adatta a P ′ tale che

D′1 ⊢ Γ1 ⇒ ∆1, C e D′′

1 ⊢ C,A[x/t],∀xA,Γ2 ⇒ ∆2 .

Se vale (I′), allora banalmente anche per P vale (I).Se vale (II′), allora (prolungando D′′ con una [∀⇒]) si ha che per P vale (II).Se vale (III′), ragioniamo dualmente al sottocaso 12.1. Siano cioe:

• c1, . . . , ck tutte le costanti individuali che occorrono in C, in A[x/t] e inΓ1 ⇒ ∆1 ma non in ∀xA,Γ2 ⇒ ∆2 .

• z1, . . . , zm tutte le variabili che occorrono libere in C, in A[x/t] e in Γ1 ⇒∆1 ma non in ∀xA,Γ2 ⇒ ∆2 .

Prendiamo k variabili u1, . . . , uk nuove, e consideriamo la dimostrazione D∗1 che

si ottiene da D′′1 rimpiazzando ovunque, per 1 ≤ i ≤ k, la costante ci con la

variabile ui. Per le ipotesi fatte sulle costanti ci, si ha che

D∗1 ⊢ C ′, A[x/t′],∀xA,Γ2 ⇒ ∆2

dovet′ ≡ t[c1/u1, . . . , ck/uk]

eC ′ ≡ C[c1/u1, . . . , ck/uk] .

E facile verificare che la formula

C∗ ≡ ∃u1 . . . ∃uk∃z1 . . . ∃zm C ′

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 28

e adatta alla partizione P. Quindi, grazie alle due dimostrazioni

...

Γ1 ⇒ ∆1, C

}

D′′1

Γ1 ⇒ ∆1, C∗Lemma di indebolimento, piu [⇒∃] m+k volte

e...

C,A[x/t′],∀xA,Γ2 ⇒ ∆2

}

D∗1

C,∀xA,Γ2 ⇒ ∆2[∀⇒]

C∗,∀xA,Γ2 ⇒ ∆2

[∃⇒] m+k volte

concludiamo che per P si da il caso (III) con interpolante C∗.

2.5.2 Il Teorema di Craig

Il Lemma di Maehara, unitamente al Teorema di eliminazione delle cesure, cifornisce una dimostrazione puramente sintattica del

Teorema 2.5.3 (di interpolazione, Craig 1957). Se A → B e un lemmalogico (⊢ A → B ; equivalentemente, per il teorema di adeguatezza per la logicaelementare, una legge logica, |= A → B) allora vale (almeno) uno di:

1. ⊢ ¬A ;

2. ⊢ B ;

3. esiste una formula C (detta interpolante) tale che

L(C) ⊆ L(A) ∩ L(B) , ⊢ A → C , ⊢ C → B .

Dimostrazione. Se ⊢ A → B allora la sequenza

⇒ A → B

e dimostrabile nel calcolo delle sequenze G3. Per il Teorema di eliminazione dellecesure e il Lemma di inversione, esiste una dimostrazione cut-free

D ⊢ A ⇒ B .

Applicando a D il Lemma di Maehara (Lemma 2.5.2) rispetto alla partizione

P ≡ 〈A ⇒ ‖ ⇒ B〉

della sequenza finale A ⇒ B, abbiamo che si da uno dei tre casi:

(I) ⊢ A ⇒ ;

(II) ⊢ ⇒ B ;

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 29

(III′) esiste C adatta a P tale che

⊢ A ⇒ C e ⊢ C ⇒ B .

Nel caso (I) abbiamo, usando [⇒¬], che ⊢ ⇒ ¬A, e dunque che ¬A e un lemmalogico.Nel caso (II) abbiamo che B e un lemma logico.Nel caso (III) abbiamo (per definizione di formula adatta a una partizione) cheL(C) ⊆ L(A) ∩ L(B) e che sia A → B che C → B sono lemmi logici.

Nota Bene: Il Lemma di Maehara e il Teorema di Craig valgono anche (ladimostrazione richiede un po’ di lavoro in piu) quando in L(A),L(Γ),L(S) sifanno rientrare anche i funtori occorrenti in A,Γ,S.

Osservazione 2.5.4.

• Krisel 1961: non esiste una funzione ricorsiva F totale per produrre l’in-terpolante fra A e B che dipenda solo da A e B, ovvero tale che, se A → Be logicamente valida, F (A,B) e l’interpolante fra A e B;

• Friedman-Gurevich: il teorema d’interpolazione fallisce per i modelli finiti:ci sono A e B tali che A → B e vera in ogni modello finito, ma non esistealcun C tale che A → C e C → B sono vere in tutti i modelli finiti.

Definibilita: il metodo di Padoa-Beth In quanto segue, T e una arbitrariateoria il cui linguaggio L, privo di costanti funtoriali, contiene la costantepredicativa n-aria P e almeno un’altra costante predicativa.

Per Q una costante predicativa n-aria nuova (cioe che non occorre in L), in-dichiamo con:

• con L− il linguaggio i cui simboli descrittivi sono tutti quelli di L, menoP (notare: L− e un linguaggio, per l’ipotesi sopra fatta che L contengaaltre costanti predicative oltre P );

• con L(Q) il linguaggio L− piu la costante predicativa Q;

• con T(Q) la teoria su L(Q) i cui assiomi sono ottenuti da quelli di Trimpiazzando ovunque P con Q.

sintattica — di definibilita (o non indipendenza) del predicato P in T.

Definizione 2.5.5. P e definibile esplicitamente in T se e solo se esiste unaformula A in cui P non occorre, ossia tale che L(A) ⊆ L−, per la quale vale

T ⊢ ∀x1 . . . ∀xn(Px1, . . . , xn ↔ A) .

Definizione 2.5.6. P e definibile implicitamente in T se e solo se, per ognipredicato n-ario Q che non appartiene a L, si ha che

T + T(Q) ⊢ ∀x1 . . . ∀xn(Px1, . . . , xn ↔ Qx1, . . . , xn) .

Introduciamo infine la nozione — di natura semantica — di indipendenza di Pin T.

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CAPITOLO 2. CALCOLI DI GENTZEN PREDICATIVI 30

Definizione 2.5.7. P e indipendente in T se e solo se esistono due realizzazioniM1 e M2 di L, entrambe su uno stesso dominio M , per le quali vale:

(i) M1 e M2 sono modelli di T;

(ii) M1 e M2 coincidono su L− (ossia assegnano lo stesso significato allecostanti descrittive di L diverse da P );

(iii) PM1 6= PM2 .

La nozione sintattica di definibilita implicita equivale — modulo il Teo-rema di adeguatezza della logica elementare — a quella semantica di non-indipendenza.

Fatto 2.5.8. P e implicitamente definibile in T se e solo se non e indipendentein T.

Le due nozioni sintattiche sono equivalenti (cosicche, grazie al Fatto 2.5.8,tutte e tre le nozioni sopra introdotte risultano tra loro equivalenti).

Che la definibilita esplicita implichi la definibilita implicita e quasi ovvio:

Lemma 2.5.9. Se P e esplicitamente definibile in T allora P e anche implici-tamente definibile in T.

Il viceversa invece non e affatto ovvio, ed e un profondo risultato, che seguecome corollario del Teorema 2.5.3 di interpolazione.

Teorema 2.5.10 (di definibilita di Beth; Beth 1953). Se P e implicitamentedefinibile in T allora P e anche esplicitamente definibile in T.

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