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“Istituto Comprensivo della Valle Versa” a.s. 2009-2010 Indicatori e strumenti per una precoce segnalazione di deficit quali: Autismo (Magnani Sara) Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) (Tridente Sofia) DDAI (Anelli Elena) Dislessia/Discalculia (Guarnaschelli Morena) Ritardo mentale (Franchino Nadia) … e notizie sulla Sindrome di Down (Montagna Aurelia)

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“Istituto Comprensivo della Valle Versa” a.s. 2009-2010

Indicatori e strumenti per una precoce segnalazione di deficit quali:

• Autismo (Magnani Sara) • Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA)

(Tridente Sofia) • DDAI (Anelli Elena) • Dislessia/Discalculia (Guarnaschelli Morena) • Ritardo mentale (Franchino Nadia)

… e notizie sulla • Sindrome di Down (Montagna Aurelia)

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Indicatori per una precoce segnalazione di soggetti affetti da autismo La diagnosi viene ancora oggi formulata ad un’età di circa 4-5 anni (con 2 o 3 anni

di ritardo rispetto ai primi sintomi)

Le preoccupazioni dei genitori non vanno mai sottovalutate. Viene raccomandato di

essere più attenti alle eventuali preoccupazioni espresse dalla famiglia relative alla

regolarità dello sviluppo emotivo e sociale del loro bambino. Esse si sono rivelate in

vari studi come fonti di informazione molto attendibili.

Fino ad oggi sono state proposte numerose spiegazioni dell’autismo che si

richiamano a fattori di natura biochimica. Secondo una di queste, il cervello delle

persone artistiche produce in eccesso una forma naturale di oppiacei, chiamati

oppioidi. Negli anni Ottanta, molti ricercatori hanno avanzato la teoria che i bambini

con sviluppo normale, in molto particolare quelli molto piccoli, mettono in atto una

serie di comportamenti interpersonali (ricerca del contato con la madre) che hanno

come conseguenza una riduzione dell’eccesso di oppioidi nel cervello. Si pensa che il

cervello dei bambini artistici produca troppi oppioidi, motivando così il loro scarso

interesse per i rapporti interpersonali e la presenza di altri comportamenti anormali.

Alcune ricerche hanno evidenziato come la somministrazione ai bambini autistici di

sostanze che riducono i livelli degli oppioidi li abbia portati ad assumere un

comportamento più appropriato, riducendo l’autolesionismo, l’autostimolazione e la

tendenza all’isolamento.

Preoccupazioni legate allo sviluppo sociale

1. “Non sorride quando gli si sorride o quando si gioca con lui”

2. “Evita o presenta scarso contatto di sguardo”

3. “Sembra vivere in un suo mondo” “Si comporta come se non fosse

consapevole della presenza e degli spostamenti degli altri”

4. “Sembra escludere gli altri e gli avvenimenti esterni”

5. “E’ eccessivamente indipendente”

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6. “Non è interessato agli altri bambini”

7. “Tiene le cose per se stesso e non ama condividerle con gli altri”

Preoccupazioni legate allo sviluppo della comunicazione non verbale e verbale

1. “Non dirige l’attenzione a qualcosa che gli viene indicato”

2. “Non fa ciao-ciao”

3. “A volte sembra sordo”

4. “Qualche volta sembra ascoltare, altre no”

5. “Non risponde quando lo si chiama per nome”

6. “Il linguaggio è ritardato”

7. “Non chiede ciò che vuole”

Preoccupazioni legate al modo di comportarsi

1. “Non gioca con i giocattoli come gli altri bambini”

2. “Odora o lecca i giocattoli”

3. “Resta attaccato ad un’attività in maniera ripetitiva”

4. “Presenta un attaccamento esagerato ad un oggetto”

5. “Si fissa su alcuni particolari: mette in fila le cose”

6. “Cammina sulle punte”

7. “Presenta movimenti bizzarri come dondolarsi o agitare le mani”

8. “E’ ipersensibile nei confronti di alcuni suono o stimoli”

9. “ Si dimostra insensibile e ustioni o contusioni”

10. “Ha esplosioni di ira senza motivo apparente”

11. “E’ iperattivo, poco collaborante o oppositivo”

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Quali specialisti devono valutare i bambini che si suppone siano artistici?

La valutazione deve essere condotta da specialisti di varie discipline e ognuno di

loro ha un ruolo in questo processo:

• Psicologi: interpretano le informazioni relative alle abilità intellettive, al

comportamento, alla personalità, alle abilità di autonomia e al linguaggio.

Per raccogliere i dati necessari, essi utilizzano test,colloqui con i genitori e i

bambini e osservazioni dirette.

• Psichiatri: Pur occupandosi di molti aspetti che interessano anche gli

psicologi, gli psichiatri si affidano molto di più a colloqui e all’osservazione

diretta del comportamento che non ai test. Inoltre, essendo medici, possono

prescrivere medicine ai bambini.

• Insegnanti: verificano le abilità scolastiche possedute dai bambini e cercano

di stabilire le condizioni più favorevoli per l’apprendimento. Si occupano

inoltre delle abilità di autonomia, delle loro interazioni sociali e delle loro

abilità comunicative.

• Assistenti sociali: Queste figure professionali svolgono molte funzioni

diverse. Tuttavia, la loro funzione primaria è quella di assicurare il

collegamento tra specialisti e famiglia, scuola ed enti locali. Provvedono a

fornire una anamnesi dettagliata del bambino a ogni nuovo specialista che

lo prenda in cura e a ottenere informazioni importanti da fonti quali medici

e centri di salute mentale.

• Logopedisti: si servono di molti test e procedure per determinare in che

modo i bambini ricevono e rielaborano i messaggi e comunicano. Siccome è

molto comune che i bambini e gli adolescenti artistici evidenzino problemi

di linguaggio, i dati raccolti dai logopedisti sono di articolare utilità.

• Audilogi: Questi specialisti partecipano alla fase diagnostica quando si

ritiene utile valutare le capacità uditive del bambino.

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• Fisioterapisti: Si servono sia di test che di specifiche modalità di

osservazione per verificare le abilità fisiche e di controllo muscolare dei

bambini. Spesso prendono parte anche alle valutazioni di problemi

neurologici e percettivi.

• Personale medico e paramedico: partecipa alla fase diagnostica, mettendo a

disposizione degli altri specialisti le proprie abilità e conoscenze.

Anche se la scuola tenderà a concentrarsi più sugli aspetti didattico-educativi rispetto

agli esperti di salute mentale e agli altri specialisti,è importante che questi operatori

cooperino per giungere a una valutazione soddisfacente del bambino.

LA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA E ALTERNATIVA

� DEFINIZIONE

• L'aggettivo Alternativa sta ad indicare il ricorso a modalità di comunicazione diverse dal linguaggio orale.

• L'aggettivo Aumentativa sta ad indicare come le modalità di comunicazione utilizzate siano tese non a sostituire ma ad accrescere la comunicazione naturale.

• Può essere giusto ricorrere alla CAA quando un bambino non riesce a sviluppare il linguaggio verbale o quando esso non sia sufficiente a permettergli la comunicazione con gli altri, sia perché povero di vocaboli, sia perché incomprensibile per chi non lo frequenta abitualmente.

� SCOPI DELLA C.A.A.

• Migliorare la comunicazione

• Promuovere l'interazione sociale

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• Aumentare la possibilità di inserirsi in un'attività scolastica e/o lavorativa

• Ridurre il disagio causato da un insuccesso comunicativo

• Migliorare la comprensione del linguaggio verbale.

� SVILUPPO DELLA C.A.A. • Creazione di contesti che portino a ricercare la soddisfazione di bisogni,

di richieste, l'intenzione di esprimere sentimenti.

� STRATEGIE D'INTERVENTO

a) l'intervento si focalizza sull'insegnamento di nuove forme di comunicazione

b) l'intervento deve essere graduale

c) s'introduce la comunicazione su oggetti, persone assenti, eventi passati (e futuri)

d) gradualmente s'introducono nuovi disegni comunicativi

e) si favorisce l'iniziativa comunicativa attraverso ricche modalità interattive

f) l'intervento deve coinvolgere i compagni oltre che gli adulti

� STRUMENTI UTILIZZATI

• sistemi simbolici grafici come immagini, foto, disegni e pittogrammi.

• tabelle di comunicazione che possono usare anche degli ausili di comunicazione con uscita vocale.

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D. D. A. I. Disturbo da Deficit Attentivo e Iperattività

A. D. H. D. Attention Deficit Hyperactivity Disorder

Il disturbo può essere osservato con differenti manifestazioni cliniche dall’età prescolare all’età adulta, coinvolge e può compromettere numerose aree dello sviluppo e del funzionamento sociale del bambino predisponendolo ad altra patologia psichiatrica e/o disagio sociale nelle successive età della vita.

SINTOMI : disattenzione – impulsività – iperattivit à a) DISATTENZIONE o facile distraibilità - scarsa cura per i dettegli - incapacità di portare a termine azioni, compiti intrapresi - evitare di svolgere attività che richiedano attenzione per particolari o abilità organizzative - distrazione costante (come se avesse sempre altro in mente ) - perdita frequente di oggetti significativi - dimenticanze importanti ( svolgimento di attività, accordi presi…) - rapido raggiungimento del livello di stanchezza - perdita di concentrazione b) IMPULSIVITÀ - difficoltà ad organizzare azioni complesse - tendenza al cambiamento rapido da una attività all’altra - difficoltà ad aspettare il proprio turno ( nel gioco di gruppo, durante la conversazione in classe…) - difficoltà nel controllo degli impulsi c) IPERATTIVITÀ - difficoltà a rispettare le regole, i tempi e gli spazi altrui - difficoltà e “sofferenza” a rimanere seduti al proprio banco - eccessiva difficoltà motoria ( muovere continuamente gli arti, anche da seduti, lanciare oggetti e spostarsi da una posizione all’altra) - difficoltà: a “posticipare” una gratificazione; a riflettere prima di agire; ad aspettare il proprio turno; a lavorare per un “premio” a lungo termine ( anche se consistente)

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QUESTI SINTOMI NON SONO CAUSATI DA DEFICIT COGNITIVO O MENTALE MA DA CARENZE ATTENTIVE E DIFFICOLTÀ OGGETTIVE NELL’AUTOCONTROLLO DEGLI IMPULSI O NELLA CAPACITÀ DI PIANIFICAZIONE. QUESTA PARTICOLARE CONDIZIONE NON PERMETTE UNO SVILUPPO REGOLARE DELLE ABILITÀ COGNITIVE Tutti i bambini possono presentare, in determinate situazioni, qualcuno dei comportamenti esposti. Il bambino affetto da DDAI :

• è agitato • è iperattivo • è irrequieto • è incapace di stare fermo • è sempre “sul punto di partire” • può dare l’impressione di avere difficoltà nel comprendere le istruzioni • può dare l’impressione di fare un uso improprio delle abilità di memoria

Queste modalità di comportamento sono presenti e costanti in tutti i contesti ( scuola – casa – gioco) e situazioni (compiti a casa – lezioni a scuola – a tavola – davanti alla televisione – nel gioco con i genitori e con gli amici) In età scolare tutti i sintomi sopradescritti ( deficit attentivo, iperattività, irrequietezza…) possono far parte anche di un quadro più complesso di:

- ritardo cognitivo (di grado lieve o moderato ) - disturbo dell’umore ( di tipo depressivo o bipolare) - disturbo d’ansia - disturbi comportamentali e di socializzazione - disturbi specifici dell’apprendimento

ETÀ PRESCOLARE (prima dei tre anni ) Il disturbo si manifesta con:

- ritardi nello sviluppo delle abilità di coordinazione - interesse ai giochi per periodo molto brevi - continui cambiamenti di attività

ETÀ PRESCOLARE ( tre / cinque anni ) Il disturbo si manifesta con:

- disturbi del sonno - irregolarità nell’alimentazione - disturbi della condotta con scoppi d’ira

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- irritabilità - problemi attentivi - comportamenti oppositivi o aggressivi - assenza di timore per situazioni pericolose e frequenti lesioni accidentali - difficoltà di adattamento a nuove situazioni

ETÀ SCOLARE / INDIVIDUI ADULTI Il disturbo si manifesta con:

- disattenzione e distrazione - scarsa concentrazione e riflessione - senso interiore di irrequietezza ( è minore l’iperattività motoria ) - difficoltà organizzative delle proprie attività - difficoltà di coordinamento delle proprie azioni - scarsa disponibilità all’ascolto ( apparente ) - distacco dalla realtà che lo circonda - problemi comportamentali che compromettono la socializzazione - insuccessi scolastici e sociali - frequenti incidenti in moto o auto

All’inizio del novecento i soggetti che presentavano i sintomi dell’IPERATTIVITÀ e dell’IMPULSIVITÀ, presso con danni neurologici causati da encefaliti, furono definiti come affetti a da SINDROME IPERCINETICA Negli anni sessanta i bambini con scarsa coordinazione motoria; disturbi del’apprendimento e labilità affettiva, ma senza danni neurologici specifici, furono definiti bambini con un danno cerebrale minimo (Minimal Brain Disfunction ) Negli anni settanta gli americani hanno definito questo disturbo come DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE e nel 1985 DISTURBO DA DEFICIT ATTENTIVO CON O SENZA IPERATTIVITÀ ( tale disturbo evidenzia principalmente le difficoltà di comportamento e di adattamento sociale)

COME VIENE DIAGNOSTICATO - i sintomi devono impedire in maniera significativa il funzionamento sociale

del bambino - la compromissione sociale deve essere presente in almeno due diversi contesti (

casa –scuola – gioco – altre situazioni sociali ) - la condizione deve essere iniziata prima dei sette anni e deve persistere da più

di sei mesi - è necessario raccogliere informazioni da fonti multiple sui diversi aspetti del

comportamento e del funzionamento sociale del bambino - effettuare il colloquio con il bambino per verificare la presenza di altri disturbi

associati - valutazione delle capacità cognitive e dell’apprendimento scolastico ( possibile

presenza di “disturbi del linguaggio”

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- visita neurologica per la valutazione di eventuali patologie associate.

CARATTERISTICHE DELLA SINDROME - Si manifesta un problema di perfomance, non di comprensione - Difficoltà di autocontrollo del comportamento senza l’aiuto di istruzioni di altri - Difficoltà scolastiche - Difficoltà a mantenere adeguate relazioni sociali - Incapacità di gestire le provocazioni - Incapacità di riflettere prima di dare risposte - Le capacità attentive maturano più lentamente - Le funzioni neuropsicologiche sono alterate - I sintomi: si devono manifestare almeno in due contesti ( scuola – famiglia –

sport – parrocchia…); devono provocare una compromissione significativa del funzionamento scolastico e sociale impedendo di avere “esperienze di vita” regolari; devono essere presenti prima dei sette anni; devono perdurare per più di sei mesi; non sono spiegabili da altre psicopatologie

- Mancanza di autoregolazione nella motivazione durante la fase di prestazione - Sono compromesse in modo variabile le capacità:

di retrospezione ( ricordare lo scopo ); di previsione ( definire ciò che serve per conseguire l’obiettivo) di preparazione ed imitazione di comportamenti complessi; di scomporre comportamenti osservati e ricomporne di nuovi finalizzati; di interiorizzare il discorso autodiretto; di autoregolare il livello di attenzione e di motivazione; di maturazione della memoria di lavoro non-verbale e delle altre funzioni esecutive di controllo delle reazioni immediate; di generalizzare i comportamenti nei diversi contesti della vita imparando a dare; risposte adeguate agli stimoli esterni.

- Mancanza di organizzazione ( materiale scolastico, svolgimento dei compiti, consegne non portate a termine

- Presenza di performance negative, qualità del lavoro inconsistente e ripetizione degli stessi errori

- Isolamento da parte dei pari, difficoltà nei rapporti interpersonali - Incapacità di inibire le risposte impulsive - Presenza di una forte inclinazione nel ricercare la gratificazione immediata - Difficoltà nel gestire gli sforzi e le risorse cognitive per raggiungere

soddisfacenti prestazioni

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- Difficoltà nel regolare: il livello di autostima; - il processo di pianificazione e soluzione dei problemi - il comportamento con gli altri rispettando le più comuni regole sociali - la tendenza a dare una risposta in modo precipitoso e impulsivo - la capacità a rispondere in modo positivo a certe emozioni ( rabbia

frustrazione) - il livello di motivazione, la fiducia nell’impegno e nello sforzo. - Deficit metacognitivo, incapacità di utilizzare strategie di apprendimento

conosciute COMPITI PARTICOLARMENTE DIFFICILI PER GLI ALUN NI CON

DDAI • Lavori molto lunghi anche se semplici e comprensibili - Compiti che richiedono abilità organizzative - Prendere appunti - Prove di comprensione del testo scritto ( a causa di problemi linguistici e di

inibizione dei dai superflui - Studio di materie da esporre oralmente - Interrogazioni che richiedono la formulazione di discorsi articolati ed esaustivi - Produzione scritta ( a causa di problemi linguistici e di problem-solving )

In età scolare tutti i sintomi sopradescritti possono far parte anche di un quadro più complesso di:

- ritardo cognitivo (di grado lieve o moderato ) - disturbo dell’umore ( di tipo depressivo o bipolare) - disturbo d’ansia - disturbo della condotta - disturbi comportamentali e di socializzazione - disturbi specifici dell’apprendimento - disturbo oppositivo – provocatorio

Molti studiosi parlano di “comorbilità” per indicare la presenza nello stesso soggetto di due o più sintomi associati al DDAI ETÀ PRESCOLARE (prima dei tre anni ) Il disturbo si manifesta con:

- ritardi nello sviluppo delle abilità di coordinazione - interesse ai giochi per periodo molto brevi - continui cambiamenti di attività

ETÀ PRESCOLARE ( tre / cinque anni ) Il disturbo si manifesta con:

- disturbi del sonno - irregolarità nell’alimentazione - disturbi della condotta con scoppi d’ira - irritabilità

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- problemi attentivi - comportamenti oppositivi o aggressivi - assenza di timore per situazioni pericolose e frequenti lesioni accidentali - difficoltà di adattamento a nuove situazioni

ETÀ SCOLARE / INDIVIDUI ADULTI Il disturbo si manifesta con:

- disattenzione e distrazione - scarsa concentrazione e riflessione - senso interiore di irrequietezza ( è minore l’iperattività motoria ) - difficoltà organizzative delle proprie attività - difficoltà di coordinamento delle proprie azioni - scarsa disponibilità all’ascolto ( apparente ) - distacco dalla realtà che lo circonda - problemi comportamentali che compromettono la socializzazione - insuccessi scolastici e sociali - frequenti incidenti in moto o auto

Nei bambini con DDAI emergono fattori biologici ( regioni del cervello di dimensioni minori e conseguente funzionamento ridotto, minore consumo di ossigeno e tempi di reazione più lenti ) quali causa o concausa con fattori psicosociali. Il DDAI è il disturbo psichiatrico con più elevata familiarità di origine genetica, l’aspetto ambientale e i fattori psicosociali non sono da considerarsi la causa primaria.

INTERVENTI PSICOEDUCATIVI Come modificare il comportamento ed insegnare l’autocontrollo

I sintomi cardine di iperattività e disattenzione si considerano gestibili mediante la terapia farmacologica ( efficace in circa il 90% dei casi ) i disturbi associati della condotta, di apprendimento e di interazione sociale richiedono invece interventi psicosociali ambientali e psicoeducativi. Gli interventi psicoeducativi vanno strutturati sulla base delle funzioni neuropsicologiche che nei soggetti affetti da DDAI sono alterate e su tecniche comportamentali, cognitive e metacognitive, messe in atto sia in situazione di gioco, sia in attività di tipo scolastico, focalizzate su: problem solving = riconoscere il problema, generare soluzioni alternative, pianificare la procedura per arrivare alla soluzione; autoistruzioni verbali = acquisire un dialogo interiore che guidi alla soluzione delle situazioni problematiche; stress inoculation training = auto-osservare le proprie esperienze e le proprie emozioni ed

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esprimere una serie di risposte alternative adeguate al contesto. L’acquisizione di queste risposte alternative dovrà sostituire gli L’atteggiamento degli insegnanti verso l’alunno disattento/iperattivo ha un forte impatto sulla modificazione del suo comportamento, l’intensità e la persistenza dei disturbi comportamentali risentono notevolmente delle variabili ambientali e di come il bambino si sente accettato e aiutato di fronte alle difficoltà. Per aiutare un bambino con DDAI gli insegnanti dovrebbero acquisire le seguenti abilità:

- potenziare il numero di interazioni positive con il bambino; - dispensare rinforzi sociali in risposta a comportamenti portivi del bambino; - ignorare i comportamenti lievemente negativi; - aumentare la collaborazione del bambino usando comandi più diretti, precisi e

semplici; - prendere provvedimenti coerenti e costanti per i comportamenti poco

appropriati del bambino; - ridurre gli atteggiamenti negativi ed aumentare quelli positivi pianificando e

producendo opportune conseguenze ai comportamenti del bambino (premi e punizioni);

- dispensare più premi che punizioni; - intervenire, con la gratificazione o la punizione, rapidamente e con

immediatezza per evitare la perdita d’ interesse per il premio o l’ efficacia della punizione;

- osservare ed imparare ad utilizzare ciò che accade intorno al bambino prima, durante e dopo il comportamento inadeguato;

- rendere comprensibile al bambino il tempo, le regole e le conseguenze del proprio comportamento;

- permettere ai bambini iperattivi di ampliare il proprio repertorio interno di informazioni, regole e motivazioni fornendo loro immediate informazioni di ritorno ( feedback ) sulla accettabilità dei loro comportamenti con la le conseguenze che essi comportano ( premio / punizione);

- aiutare l’alunno a: cogliere gli stimoli sociali modulare le relazioni interpersonali ricevere gratificazioni sociali ed integrarsi socialmente con i coetanei e con gli adulti di riferimento migliorare l’ autostima

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inibire la propria impulsività pianificare i propri comportamenti stabilire relazioni sociali gratificanti.

- trovare sempre una conseguenza che sia logicamente connessa al comportamento contestato

- mantenere il controllo durante il rimprovero - punire in modo coerente e con tempestività, motivando la decisione - attivare il rimprovero in un ambito temporale limitato ( un minuto ) - potenziare l’apprendimento attraverso il coordinamento degli stimoli esterni - attivare strategie di gestione dei comportamenti problema: INCORAGGIARE

– PREMIARE – IGNORARE RIMPROVERARE – PUNIRE - focalizzare quello che l’alunno deve fare senza ripetere troppo spesso cosa

non deve fare - stabilire regole semplici ed inequivocabili ( programma orario di attività e di

compiti da eseguire, tempi a disposizione per l’esecuzione..) - individuare momenti di pausa per consentire il recupero scaricando la tensione

accumulata - fornire direttive, note orientative ed indicazioni riguardanti il compito da

svolgere assicurandosi che l’alunno abbia compreso la consegna chiedendogli esplicitamente “cosa deve fare”

- abituare l’alunno a controllare il proprio lavoro svolto - precisare i vari passaggi per condurre positivamente l’attività - organizzazione fisica dell’ambiente di apprendimento per arginare e gestire i

problemi: di distrazione e disattenzione, riconducendo il pensiero sul compito da svolgere ( banco in prima fila ); di iperattività, in questo caso l’eccessivo movimento può compromettere l’attenzione dell’intero gruppo classe, è quindi indicato un posto dove l’alunno possa liberamente muoversi solo dopo, però, aver eseguito il proprio compito senza disturbare i compagni e rispettando l’esatto limite territoriale stabilito

- insegnare strategie minime di pianificazione ed organizzazione ( gestione del tempo a disposizione – programmazione dei propri impegni – gestione ordinata del proprio posto – revisione del materiale scolastico in base all’orario settimanale delle lezioni )

- utilizzare frequentemente anche il “controllo prossimale”, in quanto la vicinanza fisica dell’insegnante può calmare o ridurre il comportamento inadeguato e il “contatto oculare” che rappresenta la tecnica più efficace per controllare l’attenzione

- controllare le fonti di distrazione all’interno della classe facendo attenzione a non isolare l’alunno in una zona completamente priva di stimoli perché ci sarà da parte sua una maggiore iperattività per ricercare situazioni nuove ed interessanti

- accertarsi che quando viene assegnato un compito l’alunno non sia mentalmente o fisicamente occupato a fare altro

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- non focalizzare l’attenzione sulla velocità di esecuzione dei compiti ma sulla quantità e l’accuratezza del lavoro svolto

- far leva sui punti forti ed eludere il più possibile le debolezze e le difficoltà Gli interventi comportamentali possono migliorare le abilità sociali, le capacità di apprendimento e spesso anche i comportamenti di disturbo, generalmente risultano però meno utili nel ridurre i sintomi cardine dell’DDAI quali l’inattenzione, l’iperattività o l’impulsività

IL CERVELLO SISTEMA DELL’ATTENZIONE

FUNZIONI ESECUTIVE Per stare attenti il cervello attiva diverse funzioni:

- orientamento - controllo - memoria - controllo e inibizione delle risposte automatiche o stimoli esterni

Esistono specifiche “ regioni ” capaci di modulare i singolo aspetti dell’attenzione. SISTEMA DI ALLERTA in cui sono coinvolte le zone in grado di permettere all’ individuo di reagire prontamente a nuovi stimoli ambientali, interrompendo le attività fisiche o mentali in corso. SISTEMA DI ORIENTAMENTO in cui sono coinvolte le zone che controllano la capacità di orientarsi su un particolare oggetto o situazione “cancellando” o attenuando la percezione degli atri oggetti o situazioni. Per l’esecuzione di un qualsiasi compito è FONDAMENTALE possedere la capacità di inibire alcuni stimoli esterni o alcune risposte motorie ed emotive, attivando quindi “autocontrollo” al fine di permettere la prosecuzione delle attività in corso. Per conseguire un obiettivo è indispensabile essere in grado di:

- ricordare lo scopo ( retrospezione ) - definire ciò che serve per raggiungerlo (previsione ) - controllare le emozioni - trovare motivazione

FUNZIONI ESECUTIVE Permettono la scelta tra i diversi possibili comportanti o attività mentali coordinandoli ed inibendo gli altri.

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Rappresentano il complesso di passaggi necessari per il conseguimento di un obiettivo . È fondamentale essere capace di inibire alcune risposte motorie ed emotive o stimoli esterni al fine di permettere la prosecuzione delle attività i corso attivando autocontrollo. Per conseguire un obiettivo:

- ricordare lo scopo = retrospezione - definire ciò che serve per raggiungere quell’obiettivo = previsione - controllo delle emozioni - motivazione

Funzioni esecutive = attività mentali che aiutano a non distrarsi, a ricordare gli obiettivi da conseguire e compiere i passi necessari per raggiungerli. BAMBINI O – 6 ANNI Le funzioni esecutive sono svolte in modo esterno I bambini : attuano la cosiddetta memoria di lavoro ( prima verbale e poi non verbale) parlano fra sé a voce alta richiamano alla mente un compito si interrogano su un problema BAMBINI 6 – 10 ANNI Interiorizzazione e “privatizzazione” delle finzioni esecutive ( discorso autodiretto) I bambini imparano: a riflettere su se stessi a seguire regole ed istruzioni ad autoregolarsi a costruire “sistemi mentali” per la comprensione e l’applicazione delle regole FASE SUCCESSIVA ( oltre 10 anni ) Autoregolazione → regolamentazione dei propri processi attentivi e delle proprie emozioni → posporre o modificare le reazioni immediate ad un evento potenzialmente distraente → tenere per sé le emozioni ed a porsi degli obiettivi Ricomposizione → queste capacità aiutano il bambino a scomporre i comportamenti osservati nelle loro singole componenti ed a ricomporre in nuove azioni che non fanno parte ancora parte del proprio bagaglio di esperienze Tutto ciò permette al bambino che cresce di tenere sotto controllo il proprio agire e di pianificare i propri comportamenti allo scopo di raggiungere l’obiettivo prefissato.

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La maturazione delle funzioni esecutive fornisce agli esseri umani la sufficiente destrezza – flessibilità – creatività che permettono di pianificare un obiettivo senza dover memorizzare ogni volte le fasi necessarie per raggiungerlo. NEL BAMBINO CON D.D.A.I risultano compromesse in modo variabile le capacità di :

- retrospezione ( ricordare lo scopo) - previsione ( definire ciò che serve per conseguire l’obiettivo) - preparazione ed imitazione di comportamenti complessi - scomporre i comportamenti osservati e ricomposizione di nuovi

comportamenti finalizzati - interiorizzare il discorso auto diretto - autoregolare il livello di attenzione e della motivazione - maturazione della memoria di lavoro non-verbale e delle altre funzioni

esecutive L’incapacità di interiorizzazione adeguata all’età porta:

- all’eccesso nella verbalizzazione e nella manifestazione dei comportamenti - ad un mancato controllo delle reazioni immediate - ad avere difficoltà a generalizzare i comportamenti nei diversi contesti della

vita nella fase di scomponimento e ricomponimento che permette di imparare i comportamenti adeguati come risposta agli stimoli esterni.

CERVELLO - PATRIMONIO GENETICO - NEUTRASMETTITO RI

Le Funzioni Esecutive sono localizzate nelle parti anteriori del cervello → corteccia prefrontale che risultano anatomicamente e funzionalmente collegate con aree più “interne” del cervello denominate nuclei della base. Esistono differenze di volume e di funzionamento del cervello di bambini normali e con patologie neuropsichiatriche. La corteccia frontale ed alcuni nuclei della base ( nucleo caudato ed il globo pallido ) dei bambini con DDAI risultano più piccoli di quelli dei bambini normali; tali differenze risultano maggiori nell’emisfero destro ed appaiono correlate in modo significativo con alterazioni nelle capacità di inibire la risposta motoria a stimoli ambientali. Nei bambini e negli adulti con DDAI tali ragioni del cervello funzionano meno, hanno tempi di reazione più lenti e consumano meno ossigeno delle regioni corrispondenti dei bambini o adulti normali. INTERVENTI PSICOEDUCATIVI

Come modificare il comportamento ed insegnare l’autocontrollo I sintomi cardine di iperattività e disattenzione si considerano gestibili mediante la terapia farmacologica

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( efficace in circa il 90% dei casi ) i disturbi associati della condotta, di apprendimento e di interazione sociale richiedono invece interventi psicosociali ambientali e psicoeducativi. Gli interventi psicoeducativi vanno strutturati sulla base delle funzioni neuropsicologiche che nei soggetti affetti da DDAI sono alterate e su tecniche comportamentali, cognitive e metacognitive, messe in atto sia in situazione di gioco, sia in attività di tipo scolastico, focalizzate su: problem solving = riconoscere il problema, generare soluzioni alternative, pianificare la procedura per arrivare alla soluzione; autoistruzioni verbali = acquisire un dialogo interiore che guidi alla soluzione delle situazioni problematiche; stress inoculation training = auto-osservare le proprie esperienze e le proprie emozioni ed esprimere una serie di risposte alternative adeguate al contesto. L’acquisizione di queste risposte alternative dovrà sostituire gli L’atteggiamento degli insegnanti verso l’alunno disattento/iperattivo ha un forte impatto sulla modificazione del suo comportamento, l’intensità e la persistenza dei disturbi comportamentali risentono notevolmente delle variabili ambientali e di come il bambino si sente accettato e aiutato di fronte alle difficoltà. Per aiutare un bambino con DDAI gli insegnanti dovrebbero acquisire le seguenti abilità:

- potenziare il numero di interazioni positive con il bambino; - dispensare rinforzi sociali in risposta a comportamenti portivi del bambino; - ignorare i comportamenti lievemente negativi; - aumentare la collaborazione del bambino usando comandi più diretti, precisi e

semplici; - prendere provvedimenti coerenti e costanti per i comportamenti poco

appropriati del bambino; - ridurre gli atteggiamenti negativi ed aumentare quelli positivi pianificando e

producendo opportune conseguenze ai comportamenti del bambino (premi e punizioni);

- dispensare più premi che punizioni; - intervenire, con la gratificazione o la punizione, rapidamente e con

immediatezza per evitare la perdita d’ interesse per il premio o l’ efficacia della punizione;

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- osservare ed imparare ad utilizzare ciò che accade intorno al bambino prima, durante e dopo il comportamento inadeguato;

- rendere comprensibile al bambino il tempo, le regole e le conseguenze del proprio comportamento;

- permettere ai bambini iperattivi di ampliare il proprio repertorio interno di informazioni, regole e motivazioni fornendo loro immediate informazioni di ritorno ( feedback ) sulla accettabilità dei loro comportamenti con la le conseguenze che essi comportano ( premio / punizione);

- aiutare l’alunno a: - cogliere gli stimoli sociali modulare le relazioni interpersonali

- ricevere gratificazioni sociali ed integrarsi socialmente con i coetanei e con gli adulti di riferimento

- migliorare l’ autostima - inibire la propria impulsività - pianificare i propri comportamenti - stabilire relazioni sociali gratificanti. - trovare sempre una conseguenza che sia logicamente connessa al

comportamento contestato - mantenere il controllo durante il rimprovero - punire in modo coerente e con tempestività, motivando la decisione - attivare il rimprovero in un ambito temporale limitato ( un minuto ) - potenziare l’apprendimento attraverso il coordinamento degli stimoli esterni - attivare strategie di gestione dei comportamenti problema: INCORAGGIARE

– PREMIARE – IGNORARE RIMPROVERARE – PUNIRE - focalizzare quello che l’alunno deve fare senza ripetere troppo spesso cosa

non deve fare - stabilire regole semplici ed inequivocabili ( programma orario di attività e di

compiti da eseguire, tempi a disposizione per l’esecuzione..) - individuare momenti di pausa per consentire il recupero scaricando la tensione

accumulata - fornire direttive, note orientative ed indicazioni riguardanti il compito da

svolgere assicurandosi che l’alunno abbia compreso la consegna chiedendogli esplicitamente “cosa deve fare”

- abituare l’alunno a controllare il proprio lavoro svolto - precisare i vari passaggi per condurre positivamente l’attività - organizzazione fisica dell’ambiente di apprendimento per arginare e gestire i

problemi: di distrazione e disattenzione, riconducendo il pensiero sul compito da svolgere ( banco in prima fila ); di iperattività, in questo caso l’eccessivo movimento può compromettere l’attenzione dell’intero gruppo classe, è quindi indicato un posto dove l’alunno possa liberamente muoversi solo dopo, però, aver eseguito il proprio compito senza disturbare i compagni e rispettando l’esatto limite territoriale stabilito

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- insegnare strategie minime di pianificazione ed organizzazione ( gestione del tempo a disposizione – programmazione dei propri impegni – gestione ordinata del proprio posto – revisione del materiale scolastico in base all’orario settimanale delle lezioni )

- utilizzare frequentemente anche il “controllo prossimale”, in quanto la vicinanza fisica dell’insegnante può calmare o ridurre il comportamento inadeguato e il “contatto oculare” che rappresenta la tecnica più efficace per controllare l’attenzione

- controllare le fonti di distrazione all’interno della classe facendo attenzione a non isolare l’alunno in una zona completamente priva di stimoli perché ci sarà da parte sua una maggiore iperattività per ricercare situazioni nuove ed interessanti

- accertarsi che quando viene assegnato un compito l’alunno non sia mentalmente o fisicamente occupato a fare altro

- non focalizzare l’attenzione sulla velocità di esecuzione dei compiti ma sulla quantità e l’accuratezza del lavoro svolto

- far leva sui punti forti ed eludere il più possibile le debolezze e le difficoltà

Gli interventi comportamentali possono migliorare le abilità sociali, le capacità di apprendimento e spesso anche i comportamenti di disturbo, generalmente risultano però meno utili nel ridurre i sintomi cardine dell’DDAI , quali l’inattenzione, l’iperattività o l’impulsività.

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LA DISLESSIA RACCONTATA AGLI INSEGNANTI

o Come riconoscerla il bambino/a…. � È lento nella lettura, commette errori, salta parole e righe � Sostituisce nella lettura e nella scrittura le lettere con grafia simile (p/b/d/g/q-

a/o-e/a) suoni simili (t/d-r/l-d/b-v/f). � Fatica ad imparare le tabelline, l’ordine alfabetico, i giorni e i mesi in ordine. � Spesso non ricorda la data di nascita e le stagioni. � A volte confonde la destra con la sinistra e non ha buon senso del tempo. � Spesso è anche discalculico, cioè non riesce a fare i calcoli in automatico, non

riesce a fare numerazioni regressive, ad imparare le procedure delle operazioni aritmetiche.

� Spesso ha difficoltà nell’espressione verbale del pensiero, ha un lessico povero e non memorizza termini difficili.

� Ha difficoltà a riconoscere le caratteristiche morfologiche della lingua italiana, quasi sempre le prestazioni grammaticali sono inadeguate.

� Ha difficoltà ad apprendere le lingue straniere, soprattutto nella forma scritta. La difficoltà maggiore è data dalla lingua inglese a causa delle differenze accentuate tra scrittura e pronuncia e tra la pronuncia e la scrittura di una stessa lettera in parole diverse.

� Spesso ha difficoltà di concentrazione e attenzione. � Spesso ha problemi psicologici come conseguenza, ma non come causa. � Reagisce anche con depressione, chiusura, di somatizzazione a vario livello. o Come identificarla nelle varie fasi dell’età scolare:

SCUOLA DELL’INFANZIA � intorno ai 4 anni ha difficoltà di linguaggio (confonde i suoni, la sintassi è inadeguata e le frasi incomplete) � mostra un’inadeguata padronanza fonologica: sostituisce le lettere s/z-r/l-p/b, omette le lettere e parti di parole, usa parole in modo inadeguato al contesto, fatica memorizzare nomi di oggetti comuni. � Ha difficoltà nella copia da modello � Mostra un disturbo nella memoria � Fatica a imparare le filastrocche � Fatica a mantenere l’attenzione � fatica nella manualità fine � fatica nel riconoscere la destra e la sinistra � fatica a mantenere il tempo SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA

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� Ha difficoltà nel copiare dalla a lavagna � Fatica a mantenere il segno nella lettura � Non riesce a usare armoniosamente lo spazio � È disgrafico � Omette le lettere maiuscole � Confonde e sostituisce le lettere in particolare nello stampato minuscolo � Scambia i numeri e le lettere: 31/13-p/b-sc/cs-a/e-u/n � Sostituisce suoni simili .p(b-d/t-m/n-r/l-s/z � Ha difficoltà nell’uso dei suoni problematici: ghi/ghe –gn/gl e delle doppie � La punteggiatura è inadeguata o ignorata � Ha difficoltà nell’imparare l’alfabeto e le tabelline � Ha difficoltà a imparare i termini specifici delle discipline � Ha difficoltà nel ricordare le date, le epoche e gli elementi geografici � Ha difficoltà a sapere che ore sono all’interno della giornata � Fatica a leggere l’orologio

o Come comportarsi? � Bisogna informarsi in modo preciso sulle difficoltà specifiche: ogni dislessico ha caratteristiche particolari. � Condividere con i colleghi di classe come comportarsi nelle verifiche, nei compiti e nella valutazione. � Nella scrittura è bene usare lo stampato maiuscolo in quanto è meno confondibile � Utilizzare strategie per l’ampliamento e l’approfondimento (brainstorming, scrittura che richieda le 5 domande: chi, come, dove, quando, perché) � Ricordarsi che i ragazzi dislessici hanno difficoltà a ricordare le classificazioni grammaticali (i nomi dei complementi, la distinzione tra i predicati…) � Non assegnare i compiti “in serie” ma considerare le difficoltà dell’alunno dislessico. � Lavorare sempre sull’ortografia. � Accettare che l’alunno dislessico ascolti senza seguire sul testo. � Lasciare il tempo per la lettura individuale, silenziosa � Non imporre a tutti la lettura ad alta voce. � Meglio la lettura ad alta voce da parte degli insegnanti perché guida, chiarisce, spiega. � Predisporre percorsi sulle abilità di studio � Insegnare a preparare un’interrogazione con il metodo della simulazione � Programmare le interrogazioni � Mostrare schemi e prepararli con la classe � Far fare lavori a coppie: ricerche, esperimenti, completamenti. � Usare materiale audiovisivo � Proporre spesso il lavoro di gruppo � Ricordare che i ragazzi dislessici hanno bisogno più tempo � Non umiliare gli alunni disgrafici mettendo in rilievo la brutta scrittura

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� Incoraggiare l’uso del computer e del registratore a verbalizzare le idee principali. � Valutare in modo costruttivo, separando sempre l’errore dal contenuto. � Far capire che gli errori sono migliorabili � Mettere pochi segni rossi � Predisporre verifiche graduate � Il testo delle verifiche deve essere chiara e comprensibile � Far usare strumenti compensativi: calcolatrice, tavola pitagorica, tabella con le formule, striscia dell’alfabeto, cartine geografiche, linee del tempo, tabelle varie. � Dispensare dalla scrittura veloce sotto dettatura e dall’uso del vocabolario � Nello studio della lingua straniera privilegiare la parte orale.

Riferimenti legislativi: scuola primaria: legge 517/77 art. 2 scuola media: legge 517/77 art. 7 La dislessia è spesso associata ad altri disturbi quali: LA DISCALCULIA Il bambino/a…

� Non riesce a fare i calcoli in modo automatico � Non riesce a fare numerazioni progressive e regressive e ad imparare le

procedure delle operazioni aritmetiche. Ha problemi nel memorizzare le tabelline.

� Fatica nel riconoscimento dei simboli numerici, nella scrittura dei numeri, nell’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente

� Ha difficoltà nell’attribuire significato alla posizione delle cifre nei numeri (es. non c’è differenza tra 15 e 51)

� Può essere presente la capacità di numerare in senso progressivo ma non regressivo.

� Ha difficoltà nel cogliere nessi e relazioni matematiche. � Ha scarsa padronanza nell’applicare procedure risolutive � Fatica a cogliere le relazioni spaziali. � Spesso è associata anche una difficoltà nella comprensione del testo.

DISGRAFIA � È una difficoltà di scrittura che riguarda la riproduzione dei segni � Il bambino scrivi in modo irregolare � La disgrafia e la disortografia sono spesso caratterizzate da una irregolare

posizione dell'impugnatura della penna. � Un'impugnatura scorretta causa tensioni muscolari eccessive e dolorose alla

mano, al braccio, alle spalle alla schiena e rende impossibile la rotondità del tratto.

� La scrittura risultante è eccessivamente calcata, spesso non ha una proporzione regolare fra le lettere nè una dimensione equilibrata ed è difficilmente leggibile.

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� I margini non vengono rispettati e la riga scritta è spesso “in salita” o “in discesa” rispetto al rigo del foglio

� Il bambino disgrafico tende a non chiudere le figure geometriche � I particolari dei disegni risultano poco presenti � Il disgrafico fatica a copiare dalla lavagna � La forma delle lettere è irregolare � La scrittura può essere incomprensibile al bambino stesso che non riesce

quindi neanche a correggere i propri errori � Il ritmo della scrittura non è mai regolare � Il disordine e la disorganizzazione dello spazio nel foglio sono caratteristiche

di disgrafia. La non leggibilità della scrittura è spesso un fattore di grande frustrazione che influisce negativamente sull'autostima della persona.

� Comunemente si osserva che l'ordine delle lettere all'interno della parola è invertito; la parola è contratta (mancano lettere nella zona centrale) o è tronca (manca di conclusione).

� Il ritmo della mano durante la scrittura può risultare estremamente rapido o estremamente lento. Il gesto è segmentato e spesso interrotto piuttosto che fluido e rotondeggiante.

� Spesso, in presenza di disgrafia, la persona preferisce scrivere in stampatello.

DISORTOGRAFIA � E’ una difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in

simboli grafici. � I principali errori sono: confusione tra fonemi simili /f/v-t/d…); confusione tra

grafemi simili (p/b); omissioni di alcune parti della parola (palla-pala, fuoco.-foco); inversioni di lettere all’interno della parola( semaforo, sefamoro)

� .Questo disturbo riguarda la competenza ortografica � Il disortografico può commettere errori tanto con le eccezioni quanto con le

parole che non presentano “tranelli” � Vengono commessi errori quando il suono dell’enunciato non cambia: l’aquila-

laquila, hai-ai. � Alcuni errori vengono imputati alla scarsa conoscenza di come si scrivono le

parole. � Il disortografico commette errori anche quando copia un brano.

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La Sindrome di Down. La sindrome di Down si chiama così perché è stata descritta

per la prima volta da John Langdon Down nel 1866. Egli notò alcune caratteristiche

comuni in alcuni individui con ritardo mentale: i capelli lisci, un naso piccolo, un

viso largo e gli occhi a mandorla. La sindrome di Down è legata ad un’anomalia

cromosomica: chiamata anche trisomia 21 perché appaiono tre cromosomi, anziché

due, nella coppia 21; quindi il numero dei cromosomi in ogni cellula è 47 anziché 46.

L’età della madre può essere uno dei fattori determinanti, nel senso che la possibilità

di avere un bambino con sindrome Down aumenta con l’aumentare dell’età della

madre e cresce in modo evidente dopo i 35 anni. Attualmente, nei paesi più

sviluppati, i bambini con sindrome Down nascono più frequentemente da madri

giovani. Questo non vuol dire necessariamente che il rischio è aumentato tra le madri

giovani, ma significa che c’è un minor numero di nati in genere le donne sopra i 35

anni di età si sottopongono sempre più frequentemente ad esami prenatali. Non

sappiamo esattamente quante persone con sindrome di Down esistano attualmente in

Italia, ma si presume che siano 40.000 circa. La sindrome Down esiste in ogni paese,

in ogni razza e in ogni classe sociale. Non è stato trovato dagli studiosi alcun legame

tra questo tipo di anomalia cromosomica e fattori ambientali. Ci sono tre tipi di

sindrome Down:

• La trisomia 21 libera, che è la più comune e si verifica all’incirca nel 95 per

cento dei casi. Ogni cellula che avrà tre cromosomi alla coppia 21.

• La trisomia 21 da traslocazione, che è molto rara e si verifica dal 2 al 3 per

cento dei casi. In questo tipo di trisomia, una parte del cromosoma 21 si spezza

durante la divisione cellulare, "trasloca" e si attacca a un altro cromosoma.

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• Il mosaicismo, che è la forma meno comune: si verifica intorno al 2 per cento

dei casi. In questa forma di trisomia 21 la divisione cellulare avviene in modo

difettoso dopo la fertilizzazione, durante la seconda o la terza divisione, o durante

quelle successive. Come conseguenza, non tutte le cellule dell’embrione che si sta

formando conterranno il cromosoma in più. Il bambino potrà avere meno aspetti

legati alla sindrome, sia da un punto di vista fisico che mentale. Ma questo varierà

da bambino a bambino, e a seconda della sua percentuale di cellule trisomiche.

Le caratteristiche fisiche più comuni sono:

• la forma degli occhi, che sono piegati verso l’alto;

• alcune piccole pieghe di pelle all’interno dell’occhio;

• un naso piccolo e qualche volta un po’ "schiacciato";

• le orecchie minute, che possono essere un po’ a sventola e situate in basso;

• la bocca piccola.

Una caratteristica importante legata alla sindrome è un’ipotonia muscolare che può

essere più o meno marcata a seconda del bambino. Tutto il suo tono muscolare

all’inizio è floscio, ma con la crescita e con una stimolazione adeguata il bambino

potrà diventare forte e, soprattutto se appartiene a una famiglia di sportivi, potrà

anche diventare un buon atleta. Il grado di ritardo mentale non è assolutamente

prevedibile e varia molto da una persona all’altra. Quello che è certo è che il bambino

sarà in grado di capire, di imparare e di ricordare quello che ha imparato. Ci sono

persone con sindrome Down che riescono a studiare fino a livelli superiori . Ma si

tratta di casi molto rari e la rarità è in parte dovuta al fatto che fino a un’epoca recente

la sindrome era trattata come un handicap gravissimo e senza speranza. Un altro

problema in qualche modo collegato al primo è che troppo spesso non viene data alle

persone con sindrome Down la possibilità di crescere in modo autonomo e

responsabile. Spesso non viene permesso loro di fare delle scelte, né di sfruttare le

proprie capacità relazionali, né di inserirsi in un contesto sociale adeguato. Nel caso

del bambino con sindrome Down, c’è una notevole differenza tra la capacità di

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imparare delle nozioni "sui libri" e la capacità di essere autonomo e di stabilire

rapporti significativi con le persone. Quest’ultima competenza può essere assai

più sviluppata di quanto non sia quella che gli potrebbe permettere di andare in una

scuola secondaria. Comunque si può dire che, data una situazione familiare,

educativa e sociale adeguata, una persona con sindrome Down può imparare tutto

quello che è necessario per avere una vita relativamente autonoma e soddisfacente. I

bambini e gli adulti con sindrome Down hanno frequentemente nell’esprimersi con il

linguaggio verbale una difficoltà assai maggiore di quanta non ne abbiano in qualsiasi

altro aspetto del loro sviluppo. Una delle cause potrebbe essere una particolare

difficoltà a coordinare i movimenti della lingua, delle labbra, delle mandibole e del

palato. Ma ci potrebbe essere nella sindrome Down un deficit proprio in quelle abilità

cognitive specifiche per l’apprendimento del linguaggio. Il miglior modo di

stimolare il linguaggio conversando con i bambini è suggerito da Jon Miller, un

celebre linguista che ha fatto numerosi studi sulla sindrome Down:

• Bisogna ascoltare. Fare attenzione a quello che il bambino cerca di dire, in

moda da rispondergli nel modo giusto.

• Bisogna essere pazienti. Non si deve inondare il bambino con richieste o

azioni. Bisogna concedere al bambino lo spazio e il tempo per agire o per

rispondere. Non bisogna temere le pause.

• Bisogna farsi guidare dal bambino. Rispettare il suo interesse del momento,

dando risposte, facendo domande e commenti, e aggiungendo nuove

informazioni quando il caso lo richieda. Bisogna mantenere il passo del

bambino, senza precipitarsi in un’altra attività.

• Bisogna valorizzare il bambino. È necessario fare attenzione e dare importanza

alle sue richieste e ai suoi commenti.

• Bisogna imparare a pensare come un bambino. Si deve considerare il suo punto

di vista secondo il suo sviluppo cognitivo e, man mano che cresce, la sua

diversa prospettiva sulle azioni, sul tempo e sullo spazio.

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Alcuni dati sullo sviluppo nei primi anni di bambini con sindrome Down

paragonati allo sviluppo dei bambini senza sindrome Down dimostrano come, a

parte il linguaggio, gli altri dati non differiscono molto tra i due gruppi, anche se

c'è tra i bambini con sindrome Down una grandissima varietà tra un caso e l'altro.

Nella comunicazione le differenze sono più accentuate: mentre un bambino

normodotati pronuncia le prime parole in media a 14 mesi, un bambino con sindrome

Down lo fa in media a 18 mesi, e se il primo esprime i suoi bisogni a gesti a 14 mesi

circa, il secondo lo fa solo a 22 mesi.

L ’accettazione delle persone con ritardo mentale da parte dei compagni di scuola e

dei colleghi di lavoro è fortemente collegata al loro comportamento sociale e non al

loro aspetto o al grado di ritardo mentale. In altre parole un bambino o un adulto con

sindrome Down saranno accettati se si comportano in modo accettabile e adeguato

socialmente. Non sarà dunque il ritardo nell’apprendimento della lettura e della

scrittura o nell’esecuzione di un compito a determinare il rifiuto nei suoi confronti,

ma la causa di un’esclusione sociale sarà un comportamento infantile, onnipotente o

aggressivo.

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