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Istituto Superior e Istituto Superior e F ormazione Insegnanti F ormazione Insegnanti ISFIY di Milano corso 2004/2008 ISFIY di Milano corso 2004/2008 di di Y oga Y oga MANTRA E NADA YOGA MANTRA E NADA YOGA Sacre Vibrazioni Sacre Vibrazioni Relatore Relatore Candidato Candidato IDA PASQUALONE IDA PASQUALONE SUSI STEFANINI SUSI STEFANINI

Istituto Superiore di Yoga Formazione Insegnanti

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Istituto SuperioreIstituto SuperioreFormazione Insegnanti Formazione Insegnanti

ISFIY di Milano corso 2004/2008 ISFIY di Milano

corso 2004/2008

di

di YogaYoga

MANTRA E NADA YOGA MANTRA E NADA YOGA

Sacre Vibrazioni Sacre Vibrazioni

Relatore Relatore Candidato Candidato

IDA PASQUALONE IDA PASQUALONE

SUSI STEFANINI SUSI STEFANINI

MANTRA E NADA YOGA

Sacre Vibrazioni

A mia nonna Ida

che canta filastrocche come fossero mantra

Ai miei nipoti

le cui risate sono per me musica divina

2

ॐ Asato ma sadgamaya

tamaso ma jyotir gamaya

Mrityor ma amritam gamaya1 ॐ

ॐ ॐ Dall’ irreale conducimi al reale

Dall’ oscurità conducimi alla luce

Dalla morte conducimi all’immortalità ॐ

1 Si tratta della prima parte di un inno di pace chiamato Shanti Path.

3

INDICE

INTRODUZIONE 5

IN PRINCIPIO… 7

MANTRA E NADA YOGA 12

IL JAPA 21

AJAPA JAPA 25

IL MANTRA OṀ (AUṀ) 27

GAYATRI MANTRA 31

IL SILENZIO 36

LA PRATICA 37

CONSIDERAZIONI FINALI E RINGRAZIAMENTI 43

BIBLIOGRAFIA 45

4

INTRODUZIONE

E’ con grande umiltà, reverenza ed amore che mi accingo a svolgere una

tesi sul Mantra e Nada Yoga. Reverenza verso lo Yoga2 ed umiltà per la

vastità dell’argomento, amore per questa millenaria Scienza di Vita che,

benché non sia forse possibile conoscere in modo esaustivo, è in grado

di per sé di divenire fine e strumento di evoluzione spirituale per il

ricercatore3 che a lei si accosta in modo serio e sincero.

Diversi anni fa entrai in contatto con i discepoli del Maestro Sri Chinmoy

e li frequentai assiduamente per due anni, seguirono poi anni di studio e

ricerca “solitari” ed infine ebbi il privilegio di poter frequentare la scuola

per insegnanti della Federazione Italiana Yoga.

Ho deciso di affrontare una tesi sul Mantra e Nada Yoga sia per il fascino

intrinseco al potere delle parole e del suono, sia perché desideravo

testimoniare in questo modo il mio affetto e la mia stima verso la mia

insegnante di Yoga, Susi Stefanini, e verso la Tradizione Himalayana di

Swami Rama e Swami Veda Bharati cui lei fa riferimento e con cui sono

venuta in contatto grazie a lei; tradizione che grande importanza da

appunto al mantra e alla meditazione. Non ultimo, desideravo con il

presente lavoro omaggiare il Maestro Sri Chinmoy che per primo mi ha

indirizzata sul sentiero dello Yoga attraverso i suoi insegnamenti, il canto

2 Yoga: deriva dalla radice sanscrita yuj (“soggiogare”, “unire”) e significa quindi “soggiogamento”, disciplina del corpo e della mente, ma anche “unificazione”, “unione” (con Dio). S. Piano, Lessico elementare dell’induismo, ed. Promolibri Magnanelli 3 Sadhaka, in sanscrito.

5

dei mantra nella forma del Kirtan4, la pratica del Mantra Japa5, l’ascolto

delle sue ispirate composizioni musicali e la meditazione; peraltro, è

perché ispirata dal suo esempio e da quanto esperito in questi anni di

dedizione allo Yoga che è nato in me il desiderio di imparare a suonare

uno strumento musicale, l’arpa, nell’intento di penetrare più

profondamente il significato di suono e vibrazione come veicoli di

armonia e beatitudine; mi è sembrato naturale quindi riprendere da dove

ero partita, chiudere il cerchio e terminare questo corso di studi con una

tesi sul Mantra e Nada Yoga.

Sono consapevole e me ne scuso fin d’ora, del fatto che non potrò

essere esaustiva quanto vorrei ma la vastità dell’argomento non

permette in questa sede di approfondire tutti i concetti che verranno

richiamati.

Non ho gli strumenti o forse le competenze tecnico-informatiche

necessarie per trascrivere nel modo corretto le parole in Sanscrito e di

questo mi scuso e chiedo umilmente ai lettori di tollerare gli eventuali

errori.

4 Kirtan o Kirtana: canto corale devozionale (S. Piano, Lessico elementare dell’induismo, ed. Promolibri Magnanelli 5 Japa mantra: pratica di ripetizione volontaria di un mantra. Più avanti nel presente lavoro, approfondiremo questa pratica.

6

IN PRINCIPIO…

“Ogni elemento dell’Universo è in uno stato costante di vibrazione che si manifesta a

noi come luce, suono ed energia. I sensi umani percepiscono solo una frazione di

questo immenso campo di vibrazioni, per questo è così difficile comprendere come il

Verbo citato nella Bibbia non sia altro che la totalità delle vibrazioni che sos engono

la creazione e ne sono la base. Una persona può accordare la sua consapevolezza

alla coscienza di quella totalità at averso l’uso di un Mantra. Vibrando con il respiro a

ritmo di un suono par icolare, il quale è proporzionale al suono creativo (o corrente

sonora) possiamo espandere la nostra sensibilità all’intero spettro della vibrazione. E’

come pizzicare una nota su uno strumento a corde. In altre parole quando tu vibri

l’universo vibra con te. Yogi Bhajan

t

tr

t

Molte tradizioni spirituali hanno individuato nella Parola o nel legame con

essa l’origine della Creazione. Nel Vangelo di Giovanni per esempio si

legge “All’inizio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”

In tutte le tradizioni spirituali la parola, il suono sono stati considerati dei

potenti strumenti di evoluzione, di preghiera, di dialogo con il Divino, un

mezzo quindi per trascendere la realtà ordinaria.

Nella tradizione yogica, ed in particolare nel Tantrismo6, tutta la realtà è

concepita come suono che da sottile si fa progressivamente più

grossolano fino a dar origine alla manifestazione.

Il Tantrismo è una corrente filosofica e religiosa nata intorno al IV-V sec.

d.C. che concepisce lo Spirito Supremo, l’Assoluto, Dio, come l’unione di

6 Tantra: derivato dalla radice tan che significa tendere ma anche produrre, comporre (un’opera letteraria), e struttura, sistema, trattato dottrinale. (S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli).

7

due aspetti, uno maschile che è pura coscienza e che non è in grado di

generare (Shiva) e la controparte femminile, la Shakti7, l’energia che

rappresenta l’elemento dinamico, attivo, che da luogo alla creazione:

Shiva e Shakti rappresentano quindi due volti di un unico Dio e la loro

relazione è concepita come pura coscienza e pura energia.

Secondo il Tantrismo, ogni livello della manifestazione, dall’Unità

Primordiale alla realtà concreta, è accompagnato da entità sonore.

L’unità divina Shiva-Shakti ha come corrispettivo sonoro Shabda

Brahman o Anahata Shabda8, il suono “non percosso”, non prodotto

mediante percussioni, cioè da cause fisiche. A livello di SadaShiva vi è il

Nada, il suono cosmico; a questo livello idee, oggetti e nomi sono ancora

uniti. A livello di Ishvara (il Signore che si divide nella Trimurti: Brahma

che ha la funzione di creare, Vishnu che ha la funzione di preservare e

Shiva che distrugge, dissolve) si ha come corrispettivo sonoro il bindu9, il

punto, lo stato contratto dell’energia creatrice divina che in sé contiene

potenzialmente le fasi successive dell’evoluzione cosmica.

Da qui comincerà ad agire la Maya, l’illusione, dando luogo, secondo

gradi diversi di emanazione, all’aspetto materiale della creazione10.

L’uomo, l’Atman, l’anima individuale, a causa in primo luogo di

un’erronea concezione della natura del proprio Sé (avidya11), si

7 Shakti significa Potenza, dalla radice Sak (potere, capace di). Dispense ISFI 2004-2008 8 Sabda: suono Brahman: Realtà ultima Anahatha: non percosso. Sabda Brahman: Realtà ultima in forma di suono e quindi ciò che è udibile della Verità, specialmente attraverso la parola sacra rivelata (S. Piano, Lessico elementare dell’induismo, ed. Promolibri Magnanelli); Unità primordiale che da origine alla creazione sotto forma di vibrazione sonora. 9 Simbolicamente il bindu è rappresentato da un punto singolo che, abbinato ad una falce di luna, costituisce il Candra-bindu che in sanscrito indica la nasalizzazione della lettera che lo sorregge. (S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli). E’ il caso, per esempio della sacra sillaba Oṁ 10 Si vedano le dispense del prof. Boccali, ISFY 2008 11 Secondo gli Yoga Sutra di Patanjali, cinque afflizioni, dette klesha, agiscono sull’individuo. Esse sono: ignoranza (avidya), egoismo(asmita), desiderio (raga), avversione (dvesa), attaccamento all’esistenza (abhinivesha).

8

percepisce separato dallo Spirito Supremo, dal Sé Universale e vivendo

nell’ignoranza e nella sofferenza, è condannato a sperimentare il ciclo

delle rinascite (samsara).

Fine ultimo dell’esistenza individuale sarà dunque la liberazione (moksha)

dal mondo della mutevolezza, dal dolore, dal samsara, ed il

raggiungimento della vera conoscenza, del Suono Originario, dell’unione

di Atman e Brahman, del Sé individuale con il Sé Assoluto.

Lo Yoga rappresenta uno strumento efficace per raggiungere questo

stato originario, la liberazione, il Samadhi12.

“…Occorre meditare invero sulle due forme del Brahman:

Il Suono e quello che è il Non suono.

E’ mediante il Suono che il Non suono si manifesta .… ”

Maitry Upanishad VI, 22

Diverse forme di Yoga pongono l’accento su aspetti diversi della pratica.

Per lo Yoga tantrico, i cui principali testi di riferimento sono la Gheranda

Samhita, l’Hathayoga Pradipika e lo Shiva Samhita, grande importanza

ricopre la pratica fisica e la meditazione per la quale sono utilizzati, in

particolare, mantra (cui si deve essere iniziati dal proprio Guru13),

mandala e yantra14.

12 Samadhi significa “perfetto raccoglimento”, “estasi” (S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli). 13 Nel tantrismo sono centrali il rapporto Guru - discepolo e l’iniziazione al mantra. 14 Mandala: letteralmente significa ciclo ed è il titolo dato ai 10 libri del RgVeda. Vuol dire anche “cerchio” ed indica un diagramma tantrico usato come strumento di concentrazione e di preghiera, il cui centro o bindu è considerato la sede della divinità. E’ a quest’ultima accezione che ci riferiamo nel presente lavoro. Yantra: diagramma tantrico fortemente stilizzato composto di solito da due o più triangoli. Nello Sri Yantra, uno dei più importanti yantra, troviamo al centro il bindu (goccia, punto), simbolo dell’essenza di Shiva e della Realtà trascendente; esso inoltre è costituito da nove triangoli (cinque con il vertice verso il basso e quattro con il vertice rivolto verso l’alto, che rappresentano rispettivamente lShakti e Shiva, e i maggiori dei quali sono iscritti in un

9

Sri Yantra

Il Mantra ed il Nada Yoga, accomunati dall’importanza riconosciuta alla

vibrazione sonora, privilegeranno l’impiego di tecniche basate,

rispettivamente, sull’uso di mantra e di suoni.

Possiamo sinteticamente definire il Mantra Yoga come un insieme di

pratiche dedicate alla purificazione della mente attraverso la recitazione

vocale o mentale di sillabe, parole e versi tratti dalla letteratura

spirituale.

Il Nada Yoga (Yoga del Suono) pone l’attenzione sulle tecniche che

permettono al praticante di Yoga di sentire il suono (shabda) interiore. E’

strettamente connesso con la musica, concepita come sentiero di

cerchio, il mandala). Le diverse linee finiscono per formare 43 triangoli minori nei quali risiedono le diverse divinità, di solito rappresentate da un bija mantra. Mentre il bija mantra è considerato l’essenza-suono dell’Assoluto, yantra e mandala sono considerati l’essenza forma. Mandala e yantra sono utilizzati come strumenti, supporti alla meditazione. Si vedano S. Piano, Lessico elementare dell’induismo, ed. Promolibri Magnanelli e S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli.

10

elevazione spirituale, e si serve dell’aiuto del suono, del suo potere su

mente e corpo.

Nel corso del presente lavoro, approfondiremo alcuni aspetti del Mantra

e del Nada15 Yoga, al fine di avvicinarci a quel concetto di Sé Universale,

di Supremo Sé che, secondo Patanjali, è possibile sperimentare

attraverso quel silenzio della mente che è il fine stesso dello Yoga.

“Yoga Citta Vritti Nirodha”16

Patanjali Yoga Sutra, I, 2

15 Nada significa suono ed indica il suono misticamente inteso, il “suono cosmico”. 16 “Lo Yoga è la soppressione delle modificazioni della coscienza” (P. Scarabelli- M. Vinti, Patanjali Yoga Sutra, ed. Mimesis).

11

MANTRA E NADA YOGA

Il termine Mantra etimologicamente è composto dal suffisso –tra, usato

per formare nomi di strumento, e dalla radice verbale man- (pensare,

comprendere, immaginare; è inoltre la stessa radice di manas, la

mente). Letteralmente esso significa quindi “strumento per pensare”,

ovvero “strumento del mentale”.

Indica una formula magica, un inno o un versetto sacro tratto dai Veda17

(è qui che troviamo la prima applicazione del termine), un consiglio

offerto dal Brahmano, una preghiera, una formula liturgica, una sillaba

sacra o una sequenza di sillabe da ripetere al fine di conseguire

l’illuminazione.

Il suono, la vibrazione sonora del mantra, non appartiene al mondo

ordinario, esso, secondo i testi sacri indiani, è stato rivelato agli antichi

rishi (saggi) in stato di meditazione profonda e loro successivamente lo

hanno trasmesso in forma udibile.

Secondo le Scritture, la vera forma di un mantra è il nada, il suono puro

ed eterno. Il nada è l’aspetto mistico del suono, il suono che sorge

interiormente. Il nada contiene l’intero universo nella sua forma non

manifesta ed è la sorgente di tutti i mantra.

17 Veda: “La Sapienza”, detto dell’insieme dei testi, chiamati anche Shruti; comprende quattro collezioni di testi denominate samhita: il RgVeda o RgVeda Samhita, la più antica, redatta forse verso il 1200 a.c. che comprende 1028 inni suddivisi in dieci mandala o “cicli”; il Samaveda o Samaveda Samhita i cui materiali sono quasi interamente tratti dagli inni del RgVeda, con l’aggiunta di notazioni musicali; lo Yajurveda o Yajurveda Samhita ed infine l’Atharvaveda o Atharvaveda Samhita, una raccolta di inni, in parte di carattere magico. Il corpus della letteratura vedica comprende inoltre, annessa a ciascuna delle quattro collezioni, opere di carattere esegetico e mitologico (Brahmana), testi di meditazione (Aranyaka) e sezioni di carattere speculativo (Upanishad).

12

Benché negli Yoga Sutra di Patanjali si trovino riferimenti ai mantra come

mezzi che permettono di raggiungere poteri sopranaturali (Siddhi)18, è

solo in ambiente tantrico che si parla di Mantra Yoga e di tecniche

yogiche basata prevalentemente sul loro impiego.

Si distinguono due grandi categorie di mantra:

1. Sa-kama, con motivazione: con desiderio per i frutti, per il

risultato. Esso è di due tipi: per soddisfare un desiderio personale

(possono ad esempio riferirsi a scopi specifici come evitare o

curare una malattia, alleggerire problemi finanziari, riconquistare

un’amicizia, etc.) oppure di tipo più sottile (come il desiderio di una

vita di devozione, eliminando gli ostacoli incontrati sul cammino).

2. Nish-kama, senza desiderio: solo per ottenere la purificazione che

conduce alla liberazione. Anche il desiderio della liberazione può

essere abbandonato, praticando il mantra per la soddisfazione del

Guru, per ricevere da lui la grazia (trasmissione del potere del

mantra).

Nello Yoga, il mantra è utilizzato con finalità differenti:

1. Purificazione del mentale per rendere possibile l’accesso a stadi di

coscienza più elevati;

2. Concentrazione e supporto alla meditazione;

3. Meditazione vera e propria che permette, penetrando il significato

più profondo e simbolico della vibrazione sonora, di raggiungere

l’identificazione della coscienza individuale con la Coscienza

Universale che il mantra rappresenta.

18 Siddhi: compimento, successo, conseguimento di poteri, perfezione. S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli

13

La tradizione tantrica descrive il progressivo passaggio dall’Uno, dove il

suono è presente come energia, alle manifestazioni della realtà che ne

sono espressione ed identifica quattro stadi di manifestazione della

vibrazione sonora del Sabda Brahman19:

1. Para: è lo stadio più alto, qui risiedono tutte le potenzialità sonore,

tutte le parole e i loro significati, è la sorgente dell’Universo.

2. Pashyanti: lo stato Pashyanti di un mantra è detto anche Anahata

Nada (suono non percosso, silenzioso) ed è a questo livello che i

mantra sono stati rivelati ai veggenti.

3. Madhyama: intermedio, rappresenta un’ulteriore densificazione

dell’energia sonora. E’ l’aspetto mentale del suono, infatti in questo

stadio i suoni sono creati, immaginati e sono percepibili nel

mentale.

4. Vaikhari: è la manifestazione densa, grossolana del suono, è il

suono udibile.

Inoltre la manifestazione di Sabda Brahman può avvenire in modi diversi:

1. Come suono dhvani: si tratta di suoni reali ma non espressi per

mezzo del linguaggio. Si tratta dei suoni naturali (di acqua, vento,

tuono…), degli animali e di alcuni suoni umani quali il riso, il

pianto, il battito cardiaco, il respiro…);

2. Sotto forma di varna che sono i suoni letterati; le lettere vengono

così considerate matrice dell’energia.

19 Sabda Brahman: Realtà ultima in forma di suono e quindi ciò che è udibile della Verità, specialmente attraverso la parola sacra rivelata (S. Piano, Lessico elementare dell’induismo, ed. Promolibri Magnanelli); Unità primordiale che da origine alla creazione sotto forma di vibrazione sonora, Suono Supremo.

14

Le sillabe mistiche, tra le quali Oṁ è in assoluto la più nota, possono

essere suddivise in tre categorie:

1. Matrika (“piccole madri”): sono i suoni allo stato sottile, da cui

derivano tutti i suoni del linguaggio articolato. Graficamente sono

rappresentate dalle cinquanta lettere dell’alfabeto sanscrito,

sormontate da un punto che rappresenta come già detto la risonanza

nasale e sono collocate nel corpo umano sui petali dei chakra;

2. Bija mantra: contengono in potenza, come semi (bija), l’essenza di

una divinità e, a sua volta, ogni divinità è concepita come un

particolare aspetto dell’Assoluto (Brahman). Cantando i bija mantra,

identifichiamo ogni sillaba con l’energia divina che rappresenta.

Secondo la tradizione tantrica, i bija mantra sono un insieme di suoni

apparentemente senza significato ma la cui essenza segreta è invece

intelligibile all’iniziato che è in grado di percepire la natura stessa della

divinità di cui il bija mantra è il simbolo. I mantra e i bija mantra

devono essere trasmessi da maestro a discepolo, attraverso un rito

d’iniziazione. Secondo la fisiologia sottile del tantrismo, il corpo umano

sottile è costituito da sette chakra20, vortici d’energia e luogo

20 Chakra: letteralmente significa Cerchio o Centro del corpo sottile. La filosofia mistica tantrica individua sei centri di energia considerandoli altrettante sedi dell’energia cosmica e divina; a questi se ne aggiunge un settimo che corrisponde, secondo alcuni studiosi, alla sutura frontalis. I primi sei sono collocati lungo la colonna vertebrale (assimilata al mitico monte Meru, asse dell’universo), e sono sedi della Shakti, mentre il settimo, collocato al di sopra del capo è sede di Shiva. Brevemente:

1. Muladhara Chakra (chakra del supporto della base): è situato alla base della colonna vertebrale, nello spazio tra i genitali e l’ano; è descritto come un loto con quattro petali di colore rosso sanguigno.

2. Svadhisthana Chakra (chakra del suo proprio luogo): situato alla base dell’organo genitale maschile; viene raffigurato con un loto di colore rosso vermiglio.

3. Manipura Chakra (chakra della città dei gioielli) detto anche Nabhi Chakra poiché situato nella zona dell’ombelico (nabhi). Viene raffigurato come un loto di colore blu o dorato a dieci petali.

4. Anahata Chakra (chakra del suono incausato): è detto anche Hridaya Chakra (chakra del cuore); è raffigurato come un loto di colore rosso vermiglio a dodici petali.

5. Vishuddha Chakra (chakra completamente puro): situato nella regione della gola e raffigurato come un loto di sedici petali di colore grigio scuro o giallo oro. Questo chakra è estremamente importante ai fini della recitazione dei mantra.

15

d’intersezione delle tre nadi21 principali (canali presenti nel corpo

umano sottile ed entro cui scorre il soffio vitale, il prana) e ad ognuno

corrisponde un bija mantra. Bisogna però precisare che il settimo

chakra (Sahasrara Chakra), non è propriamente conteggiato tra i

sette chakra e ad esso non viene collegato nessun suono poiché è la

sede del Brahman, il luogo in cui la Shakti Kundalini consegue l’unione

con l’Assoluto. Vediamo dunque quali sono i bija mantra collegati ai

sei chakra principali:

i. Laṁ: il bija mantra viene ripetuto oralmente o

mentalmente portando la consapevolezza alla base della

colonna vertebrale, in Muladhara Chakra.

ii. Vaṁ: il bija mantra viene ripetuto oralmente o

mentalmente portando la consapevolezza alla zona tra

genitali e ombelico, in Svadhisthana Chakra.

6. Ajna Chakra (chakra del potere illimitato, o del comando): situato fra le sopracciglia, dove si trova il

mistico terzo occhio, e raffigurato come un loto a due petali di colore bianco splendente. E’ uno dei principali chakra su cui generalmente si porta la consapevolezza quando si recita il mantra Oṁ

7. A questi sei chakra si deve aggiungere un settimo centro che completa e nel medesimo tempo trascende la serie dei sei centri della fisiologia sottile dello Yoga tantrico: si tratta di Sahasrara Chakra (ruota dai mille raggi), chiamato anche Brahma Sthana (sede del Brahman) o Brahma Randhra (cavità del Brahman), Nirvana Chakra (chakra del Nirvana) o Sahasrara Padma (loto dai mille petali). E’ raffigurato come un loto capovolto situato al di sopra del capo, con mille petali privi di colore (perché tale centro si colloca al di là del mondo delle forme e dei colori).

I chakra rappresentano altrettante tappe dell’ascesi di Kundalini (l’energia cosmica individualizzata), l’energia vitale, che, secondo la fisiologia mistica del tantrismo, risiede (addormentata) alla base della colonna vertebrale, avvolta su se stessa come un serpente. Quando lo yogin riesce a ridestarla con l’applicazione di opportune tecniche, essa comincia a salire verso l’alto, lungo la nadi chiamata Susumna e attraversa, l’uno dopo l’altro, i diversi chakra, fino a raggiungere il Sahasrara Chakra che simboleggia l’Assoluto al di fuori di spazio e tempo. (S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli). 21 Le nadi sono canali che percorrono il corpo portando l’energia in forma di “soffi”. Secondo la Shiva Samitha esse sono 300.000, mentre secondo la HathaYoga Pradipika sono 72.000. Vengono individuate tre nadi principali: Pingala nadi che sfocia nella narice destra, Ida nadi nella narice sinistra e Susumna Nadi, che scorre lungo il canale centrale e sfocia nel settimo chakra. Ida nadi rappresenta il femminile, la luna, il guna tamas; Pingala Nadi rappresenta il maschile, il Sole, il guna rajas. (S. Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Magnanelli).

16

iii. Raṁ: il bija mantra viene ripetuto oralmente o

mentalmente portando la consapevolezza nella zona

dell’ombelico, in Manipura Chakra.

iv. Yaṁ: il bija mantra viene ripetuto oralmente o

mentalmente portando la consapevolezza nella regione

cardiaca, in Anahata Chakra.

v. Haṁ: il bija mantra viene ripetuto oralmente o

mentalmente portando la consapevolezza alla gola, in

Vishudda Chakra.

vi. Oṁ: il bija mantra viene ripetuto oralmente o

mentalmente portando la consapevolezza al punto situato

tra le sopracciglia, in Ajna Chakra.

3. Dharani: sillabe o formule sillabiche che costituiscono l’abbreviazione

di versetti sacri o di mantra. Sono usati come supporti nella

concentrazione (dharana22).

Se con bija mantra o mantra seme, intendiamo la sillaba mistica, il

mantra monosillabico, il seme di tutti i mantra, con Nada intendiamo il

suono, quello misticamente inteso, il suono interiore, sottile, incausato,

non percosso, non colpito (anahata23), continuo e non provocato da

alcun tipo di percussione, pizzicamento, sfregamento; esso nasce dentro

22 Dharana: “Concentrazione”. Negli Yoga Sutra di Patanjali è il sesto di otto anga (membra, parti, stadi) dello Yoga ed è il primo delle cosiddette “membra interne” (antar anga), insieme a Dhyana (meditazione) e Samadhi (perfetto raccoglimento, estasi); i primi cinque anga sono invece detti “membra esterne” (bahir anga) e sono costituiti da astinenze (yama), osservanze (niyama), posture (asana), controllo del respiro (pranayama), controllo dei sensi (pratyahara). E’ importante sottolineare che per Patanjali le membra esterne sono preparatorie a quelle interne. 23 Anahata: incausato. Come abbiamo visto, questo aggettivo è utilizzato sia per definire il Suono Cosmico (Anahata Sabda) sia il cosiddetto chakra del cuore (Anahata Chakra che è uno dei principali chakra su cui generalmente si porta la consapevolezza quando si recita un mantra).

17

di noi, nel silenzio meditativo e il suo ascolto costituisce un'esperienza

che va al di là della percezione dei sensi comuni.

Il Nada Yoga è in definitiva il sentiero che porta all’unione col Divino

attraverso l’ascolto dei suoni interiori.

La pratica del Nada Yoga (Yoga del Suono) mette l’accento sull’uso di

melodie cantate o suonate che agiscono riportando in equilibrio

energetico tutto il nostro essere; ritiene che la voce sia lo strumento

privilegiato per entrare con consapevolezza nella dimensione Suono.

Scopo del Nada Yoga sarà tornare al Suono nascosto in noi, fare silenzio

dentro di sé per ascoltare ciò che vibra nel profondo di noi stessi.

Nella pratica del Nada Yoga si fa esperienza, progressivamente, di

diversi suoni interiori: si potrà ascoltare il ronzio di un calabrone, il suono

di un tamburo, di un flauto, di un'arpa, o anche il ronzio di un

trasformatore elettrico. Alcuni di questi suoni non sono altro che i suoni

del corpo, altri sono realmente suoni mistici. È a questo punto che,

continuando a volgere la mente in una concentrazione rilassata, la

consapevolezza giungerà e sarà possibile entrare in risonanza con un

suono più profondo, il suono cosmico di Oṁ.

“ Chi desidera il totale dominio nello Yoga,

dopo aver abbandona o tutte le attività mentali, t

deve meditare solamente sul suono interiore

con la mente completamente concentrata”

HathaYoga Pradipika IV, 93

Sri Vemu Mukunda è stato uno dei primi insegnanti indiani che ha

contribuito alla diffusione di questo ramo dello Yoga nel mondo

18

occidentale, con particolare attenzione alla valenza riequilibrante e

guaritrice del suono e della musica sull’individuo.

In occidente il suono è strettamente connesso alla musica ma mentre

per noi occidentali la scala musicale è formata da sette note (DO, RE, MI

FA SOL, LA, SI, DO – più acuto) cui corrispondono precise frequenze

(per esempio 392 Hz il SOL, 440 Hz il LA), nella musica indiana manca

questa corrispondenza e si hanno parecchie scale i cui suoni sono indicati

in sanscrito dalla sequenza SA, RI, GA, MA, PA, DHA, NI, SA (più acuto);

le note indiane, secondo Sri Vemu Mukunda, diventano veri e propri

mantra.

Va sottolineato come, nel pensiero indiano, la stessa interconnessione

esistente tra Universale e Individuale, tra Brahman ed Atman24, tra

macrocosmo e microcosmo, la troviamo tra suono (e dunque musica) ed

individuo, inteso nella sua globalità come corpo, mente e spirito.

Nel pensiero indiano, l’uomo è in ultima analisi una manifestazione del

suono primordiale ed attraverso la voce, il suono e la musica ha la

possibilità di riconnettersi al suono originario e sperimentare l’unità con

esso. In quest’ottica, lavorare con le note musicale e con la musica

(musica ispirata) rappresenta un buon mezzo per connetterci

all’Universo.

Il maestro Sri Chinmoy sottolinea il valore profondo che musica e canto

possono avere se praticati con devozione, fino, afferma, a poter

sostituire la stessa pratica meditativa, a diventare meditazione.25

Diversi sono gli strumenti musicali, soprattutto di origine indiana,

utilizzati a tal scopo, ma nel presente lavoro si vuole proporre l’uso

24 Brahman e Atman sono rispettivamente l’Anima Universale e l’Anima individuale che, secondo molti testi spirituali indiani, coincidono. 25 Si veda Sri Chinmoy, L’arte del Silenzio, ed. The Golden Shore.

19

dell’arpa, non solo perché più familiare all’orecchio occidentale ma anche

perché, per esperienza diretta, ho potuto sperimentarne gli effetti

riequilibranti, interiorizzanti e dunque il suo grande potere di elevare la

coscienza e connettere il nostro essere individuale con l’Essere

Universale, il Supremo26

“Mentre ascolti gli strumenti a corda, odi il loro composito suono centrale;

così l’Onnipresenza”27

26 Così il maestro Sri Chinmoy chiama l’Unità primordiale. 27 Si tratta di uno dei 112 modi che Shiva canta alla propria consorte, per spiegare come aprire le porte della coscienza e fare esperienza dell’Immanente. L’ insieme di questi insegnamenti sono tratti dal Vigyan Bhairava, dal Sochanda Tantra (scritti più di quattro mila anni fa) e dal Malini Vijaya (probabilmente ancor più antico), trasmessici grazie alle traduzioni in inglese di Lakshmanju, eremita del Kashmir. Si veda N. Senzaki e P. Reps (a cura di), Mumon. La porta senza porta, ed. Adelphi.

20

IL JAPA

La ripetizione volontaria di un mantra è chiamata japa e si manifesta in

tre differenti modi:

1. Vacika Japa: oralmente, a voce alta, favorendo l’eliminazione

dell’aspetto tamasico dei Guna;28

2. Upamsu Japa: oralmente, mormorando, favorendo l’eliminazione

dell’aspetto rajasico dei Guna;

3. Manasika Japa: mentalmente, in silenzio; è la modalità più efficace,

poiché quando il mantra diventa mentale può diventare ajapa-japa

vale a dire ripetizione non volontaria, manifestazione della

vibrazione sonora spontanea29

4. Likita Japa: scrivendo il mantra lentamente, chiaramente e con

caratteri molto piccoli su un diario o su un’agenda, ogni giorno.30

La pratica di ripetere una preghiera o un mantra è presente in tutte le

religioni e nella maggior parte delle tradizioni spirituali nel mondo, ed è

quindi una delle forme più antiche ed universali di meditazione.

Il Japa è una forma di meditazione che appartiene alla tradizione

Indiana.

28 Guna: attributo, qualificazione della Realtà, della Prakrti. Possono essere classificati, sulla base della caratteristica in essi predominante, in tre grandi categorie: sattva (luminosità), rajas (energia, attività, movimento) e tamas (oscurità e inerzia). La cultura brahmanica ha collegato la funzionalità dei tre Guna con un sistema teologico tripartito che assegna il compito di creare, mantenere e distruggere il cosmo rispettivamente a Brahma, Vishnu e Shiva, associando il primo a rajas, simboleggiato dal colore rosso, il secondo al sattva (bianco) e l’ultimo al tamas (nero). Si veda Stefano Piano, Enciclopedia dello Yoga, ed. Promolibri Manganelli. 29 Rif. Dispense ISFY 2004-2008 30 Si veda Paramahansa Satyananda, Il Mantra, ed. Satyananda Ashram Italia.

21

Nella tradizione Himalayana si consiglia di ripetere di tanto in tanto e per

periodi specifici dei mantra particolari per un certo numero di volte, di

solito nella misura di 125.000 (numero consigliato per i principianti) più il

venti per cento (1500 mala circa). Questo tipo di pratica è chiamata

purash-charana31. Una piena pratica di purash-charana prevede di

osservare un preciso principio per determinare il numero di ripetizioni da

effettuare: contare il numero di sillabe che costituiscono il mantra (il

Gayatri Mantra ha per esempio 24 sillabe) e moltiplicarlo per centomila

volte, più il venti per cento. Il mantra andrà recitato mentalmente e in

posizione seduta in un posto prestabilito, anche suddividendo la pratica

in ripetizioni di 125.000 volte nell’arco dei mesi, purché si stabilisca

almeno un momento fisso al giorno per il japa. Altra caratteristica di

questa speciale pratica è che comincia con un sankalpa32 (proponimento,

decisione).

L’intero processo di purash-charana si basa sul principio di espiazione, il

volontario pagamento del karma: attraverso la pratica di espiazione si

avvia un processo di auto-purificazione ed il japa è sicuramente la

pratica più purificante.

Il maestro Sri Chinmoy consiglia una modalità ancora più semplice ma

non per questo meno efficace e che ho potuto sperimentare

direttamente: recitare il mantra cinquecento volte il primo giorno ed

aggiungere cento ripetizioni al giorno nei giorni successivi fino ad

arrivare a milleduecento ripetizioni in una settimana; poi si dovrà

diminuire di cento al giorno il numero delle ripetizioni fino a tornare

31 Swami Veda Bharati, Mantra Particolari, ed. Himalayan Yoga Institute - Italia. 32 Il sankalpa caratterizza anche la pratica di Yoga Nidra (il sonno logico) che affronteremo più avanti nel presente lavoro.

22

nuovamente al numero iniziale di cinquecento ripetizioni. Si otterrà

purezza e pura energia.

Tradizionalmente nella ripetizione dei mantra si utilizza il mala33, uno

strumento simile al rosario cattolico, che viene fatto ruotare tra le dita

della mano destra per contare il numero di ripetizioni effettuate; Japa

infatti vuol dire anche rotazione.

Il mala è costituito da 108 grani che possono essere fatti di vari

materiali; come il legno di sandalo o di tulsi o i semi di rudraksha che

sono i più comuni. Ognuno di questi materiali ha una sua qualità

energetica specifica che interagisce con il campo elettromagnetico della

persona e ne influenza il livello di consapevolezza.

Il numero 108 ha un valore simbolico: il mala non solo è costituito da un

numero di grani doppio rispetto alle lettere dell’alfabeto sanscrito ma

rappresenta anche l’unità; il numero uno è simbolo dell’unità, la

coscienza, il numero zero simboleggia l’infinito, la creazione, quindi

Shiva, ed il numero otto rappresenta la Prakrti, l’energia manifesta. Il

numero 108 è simbolo quindi dell’unione cosmica Shiva-Shakti.

Oltre ai 108 grani, il Mala ha all’estremità un altro grano, diverso dagli

altri per dimensioni, detto sumeru o bindu o anche “nodo di Brahma”.

Mentre alcune scuole non danno importanza alla mano che sostiene il

mala, Paramahansa Satyananda insegna che il mala dovrebbe essere

tenuto nella mano destra, tra il pollice e l'anulare; il medio dovrebbe

muovere i grani, mentre l'indice e il mignolo non dovrebbero venire a

contatto con il mala. Si dovrebbe ruotare il mala verso il palmo e, una

volta raggiunto il sumeru, si dovrebbe contare un giro. A questo punto si

33 Mala: in sanscrito significa “Ghirlanda di rose”

23

dovrebbe girare il mala con le dita ed iniziare un nuovo giro, e cosi via.

Tradizionalmente il mala viene sempre tenuto di fronte al cuore. La

mano sinistra è tenuta a coppa e posata in grembo, rivolta verso l'alto.

Può essere usata per tenere la parte bassa del mala per evitare che

dondoli, che s’ingarbugli e tocchi il pavimento.

Attraverso il mala, riusciamo a mantenere la concentrazione sulla pratica

del japa, infatti a volte possiamo distrarci ma ad ogni rotazione del mala

l’attenzione verrà riportata sulla pratica.

Swami Veda Bharati, della tradizione Himalayana, consiglia di

abbandonare il mala dopo aver preso dimestichezza ed abitudine alla

pratica del japa, cosicché si possa penetrare più profondamente nella

mente.

24

AJAPA JAPA

“Durante l’intero giorno, 21.600 volte, il soffio vitale fuoriesce producendo il suono

haṁ e rientra con il suono sa: continuamente la creatura mormora questa gayatri

detta ajapa” Gheranda Samhita V, 79

E’ chiamata ajapa la pratica del mantra non recitato, neanche

mentalmente; si tratta della ripetizione spontanea del mantra so’ham,

nominato per la prima volta nelle Upanishad e che venne rivelato ai

veggenti simultaneamente al suono. Essi compresero che so’haṁ era il

suono che accompagnava la respirazione e che in esso risiedeva il

legame, l’identificazione con il Suono Cosmico, con la divina coppia

Shiva-Shakti: ispirando percepirono il suono so, espirando haṁ, dunque

compresero che il significato di so’haṁ era “Io sono Quello” dove per

Quello si intende appunto il Brahman, l’Assoluto.

I veggenti scoprirono inoltre che inspirando, senza anticipare la

successiva espirazione, il suono è un semplice sah, con una piccola

aspirazione al termine; e che dunque il suono dell’inspirazione è so solo

se la espirazione segue direttamente. Si resero conto poi che se

l’espirazione non viene preceduta dall’inspirazione, emerge il suono

ahaṁ dell’espiro. A questo punto compresero che se l’inspirazione e

l’espirazione vengono separate contengono due suoni distinti (sah e

ahaṁ), ma nel momento in cui il respiro fluisce senza interruzioni o

pause, si fondono in un altro suono e così sah e ahaṁ diventano,

so’haṁ34.

34 Da questa constatazione discende una delle regole grammaticali del sanscrito: un suono aspirato preceduto da a e seguito da a si trasforma in o. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che è impossibile pronunciare Sah ham senza creare una pausa tra inspirazione ed espirazione e senza alterare il normale battito del cuore. Tuttavia non

25

Abbiamo dunque visto che i suoni prodotti dalla respirazione sono

identificati con le sillabe haṁ e sah che, unite, formano sia la parola

Hamsa sia l’espressione so’haṁ: Hamsa è una mitica oca selvatica,

simbolo dell’anima liberata; so’haṁ deriva invece dalla contrazione

fonetica di sah-ahaṁ, come sottolineato dalla Tradizione Himalayana di

Swami Veda Bharati, e significa “Io (ahaṁ) [sono] Quello (sah)35”.

Tutti respiriamo e pratichiamo ininterrottamente, anche se

inconsapevolmente, so’haṁ e tutti possiamo divenirne consapevoli.

Prestando attenzione al respiro, scopriamo infatti che questo mantra è

già presente in noi ed è universale. Per tale ragione, non è necessaria

l’iniziazione a questo mantra che possiamo definire il mantra del respiro,

del prana.

So’haṁ è il suono naturale del ritmo naturale del respiro e seguirlo

significa seguire il ritmo della vita.

Ha un potente effetto tranquillizzante e rigenerante per la mente e per

tutto l’essere e prepara a pratiche meditative più intense.

si crea nessuna pausa ascoltando il suono So’ham e lasciando che il respiro lo segua” Rajmani Tigunait, Il libro del Mantra, ed. Neri Pozza 35 Si veda Rajmani Tigunait, Il libro del Mantra, ed. Neri Pozza

26

IL MANTRA OṀ (AUṀ 36)

t

“Intona un suono, per esempio a-u-ṁ, len amente.

Quando il suono raggiunge la pienezza, tu fa altrettanto” 37

Nelle Upanishad viene più volte ribadito che il mantra Oṁ coincide con

Brahman, l’Essere Assoluto creatore di tutto l’Universo.

Oṁ è un bija-mantra, esso è la matrice di tutto ciò che esiste. E’ detto

anche Pranava cioè “colui che veicola, porta con sé il Prana, il soffio

vitale”, o Nada Brahman ad indicare appunto il principio di Suono

Creatore.

Pronunciare Oṁ vuol dire quindi di avvicinarsi allo stato primordiale

dell’esistenza, entrando in risonanza con l’istante esatto della creazione.

Secondo i testi sacri indiani, Oṁ è la combinazione di tre suoni, a-u–ṁ,

ognuno dei quali ha un importante significato simbolico:

A: rappresenta l’Essere immenso, Brahma, il Creatore, la tendenza rajas,

il colore giallo38 (secondo altri testi, rosso), lo stato di veglia, l’energia.

Così recitando, la mente si calma.

36 La A e la U se pronunciate insieme vengono contratte e pronunciate col suono O. 37 Si tratta di uno dei 112 modi che Shiva canta alla propria consorte, per spiegare come aprire le porte della coscienza e fare esperienza dell’Immanente. L’ insieme di questi insegnamenti sono tratti dal Vigyan Bhairava, dal Sochanda Tanta (scritti più di quattro mila anni fa) e dal Malini Vijaya (probabilmente ancor più antico), trasmessici grazie alle traduzioni in inglese di Lakshmanju, eremita de Kashmir. Si veda N. Senzaki e P. Reps (a cura di), Mumon. La porta senza porta, ed. Adelphi 38 Rosanna Rishi Prya, La divina risonanza, Mantra e Nada Yoga, ed. Mediterranee.

27

U: rappresenta l’Immanente, Vishnu, il Preservatore, la tendenza sattva,

il colore bianco, lo stato di sogno, la luce. La recitazione di “U” in

Anahata Chakra porta lucidità e gioia.

A e U insieme si pronunciano O e rappresentano la verità, l’immortalità.

M (ṁ): rappresenta il Signore del sonno (Shiva), la tendenza tamas, il

colore nero, lo stato di sonno profondo, la tenebra. La M è sormontata

da un punto (bindu) ad indicare la sua nasalizzazione.

Auṁ, può essere recitato in tanti modi.

Tradizionalmente il suono della Oṁ viene recitato portando l’attenzione

in alcune parti del corpo: l’Oṁ inizia a risuonare con la A nel Manipura

Chakra (situato nella zona dell'ombelico), sale verso l'alto e risuona con

la U a livello di Anahata Chakra ( zona del cuore), termina quindi con la

M (nasalizzata) che risuona in Ajna Chakra ( il punto fra le sopracciglia).

Quando si canta la A, la coscienza va portata quindi all'ombelico e la

mente si acquieta, il canto della U al cuore porta lucidità e gioia, il canto

della M con la consapevolezza in Ajna Chakra dona beatitudine.

Sri Chinmoy39 e molte scuole di Yoga consigliano di prolungare il suono

della ṁ di tre volte rispetto alla A.

Un altro modo di recitare Auṁ è abbinarlo a specifici gesti simbolici delle

mani, detti mudra, considerati il simbolo concreto della Realtà espressa

foneticamente tramite i mantra.

Nell'Hatha-Yoga40 le mudra41 sono posizioni corporee destinate a

“sigillare”, trattenere il prana nel corpo. Un tipo particolare di mudra fa

39 Sri Chinmoy, Meditazione, The Golden Shore 40 Il termine hatha vuol dire “violento, con forza” e Hatha Yoga viene convenzionalmente tradotto con “Yoga dello sforzo”. Etimologicamente Hatha è formato da due sillabe che vengono tradotte con sole (ha) e luna (tha). 41 Mudra: letteralmente significa sigillo.

28

riferimento alla gestualità delle mani, in particolare delle dita, favorendo

così l’attrazione del prana dall’esterno oppure convogliandolo in

determinati punti del corpo.

Vediamo ora come potremmo recitare Auṁ od Oṁ insieme con alcune

mudra delle mani42:

• Cin Mudra: “Gesto della riflessione” o della “realizzazione”. Seduti

in posizione comoda (per esempio Padma-asana) appoggiamo le

mani sulle ginocchia con i palmi verso l’alto, mentre le punte di

indice e pollice si toccano a formare un anello. Si pronunci il suono

“A” del mantra Auṁ.

Posizione del loto con le mani in cin-mudra

• Cinmaya Mudra: da Cin Mudra si ripieghino mignolo, anulare e dito

verso il palmo della mano. Si pronunci il suono “U” del mantra

Auṁ.

42 Si veda l’articolo ASYCO (a cura di) “Simboli in punta di dita”, Manganelli Editore pubblicato sul sito dell’editore.

29

• Adi Mudra: “Gesto del principio universale”. Si esegue seduti o in

Vajra–asana con gli occhi chiusi. Pieghiamo i pollici sui palmi delle

mani e ripieghiamo sui pollici le altre dita, in modo da formare i

pugni, quindi portiamo i pugni agli inguini. Si pronunci il suono “ṁ”

del mantra Auṁ.

• Jnana Mudra: “Gesto della conoscenza”. Seduti in posizione yogica

(per esempio Padma-asana ma va bene anche Vajra-asana), si

porterà la punta dell’indice sulla prima falange del pollice,

mantenendo aperte le altre dita. Il dorso delle mani poggia

generalmente sulle ginocchia; alcune scuole indicano di rivolgere il

palmo verso il basso. Questa mudra simboleggia la conoscenza:

attraverso l’unione dell’Io, rappresentato dall’indice, col Sé,

rappresentato dal pollice. E’ usato per la recitazione del mantra

Oṁ.

30

GAYATRI MANTRA

La grande invocazione

Oṁ BHUR BHUVAH SVAH

TAT SAVITUR

VARENYAM BHARGO

DEVASYA DHIMAHI

DHIYO YO NAH

PRACHODAYAT ॐ

ॐ Meditiamo sul Fulgore Supremo dei tre universi.

Che Esso possa illuminare la nostra coscienza43 ॐ

RgVeda III, 62, 10

Gayatri è prima di tutto un termine tecnico che indica la metrica con cui

sono scritti i versi: tre strofe di otto sillabe per un totale di ventiquattro

sillabe. Troviamo traccia del Gayatri mantra già nel RgVeda.

43 Traduzione poetica di Sai Baba, nota guida spirituale indiana.

31

La Gayatri é una preghiera rivolta all’Intelligenza Universale. Il suo scopo

é quello di accendere il potere del discernimento per permettere all'uomo

di analizzarsi e di rendersi conto della sua natura divina.

E’ una preghiera-desiderio d’illuminazione che diviene meditazione. La

meditazione sulla Gayatri nella sua formula completa prevede specifici

rituali, la recitazione e la meditazione.

Questo mantra rappresenta anche l’aspetto benevolo, materno della

divinità, la Dea Madre a cui è possibile rivolgersi quando ci si trova in

difficoltà. La Gayatri quindi non viene recitata solo per chiedere

l’illuminazione ma anche per scopi quali protezione dalla malattia o dalla

sfortuna, benessere materiale. La Gayatri ha anche tre diversi nomi:

Gayatri, Savitri e Saraswati. Gayatri rappresenta i sensi, Savitri é

l'energia vitale o prana (Savitr è il Sole), ed é il simbolo della verità.

Saraswati é la dea del linguaggio e dell'insegnamento, il simbolo della

chiarezza intellettuale.

Questi tre aspetti sono presenti in ciascun uomo e simboleggiano la

purezza di pensieri, parole ed azioni, che ogni aspirante deve

raggiungere sul sentiero della realizzazione spirituale.

Il termine Gayatri inoltre proviene da GAYAntam TRIyate iti, che

significa: "Ciò che preserva, protegge o salva dalla corruttibilità, colui che

lo recita".

E’ evidente che si tratta di un mantra molto potente: viene chiamato

Madre dei Veda poiché in sé concentra la forza di questi testi sacri.

32

Occorre quindi accostare il Gayatri mantra con dovuta umiltà, reverenza,

ed amore. Di solito si recita all'alba (posizionati verso est), a metà

giornata ed al tramonto (posizionati verso ovest), seduti in una posizione

yogica (per esempio Padma-asana), per un numero di ripetizioni pari a

10044 o per un numero multiplo delle sue sillabe (240, 2400, 24.000,

240.000). La recitazione del mattino purifica la mente dalle negatività

accumulate nella notte; la recitazione serale dalle azioni sbagliate

compiute durante la giornata.

La traduzione letterale del mantra è:

Oṁ: il Supremo, sotto forma di vibrazione sonora

BUH: la terra

BHUVAH: spazio intermedio degli esseri puri; l’atmosfera

SVAH: il cielo

TAT: Colui

SAVITUR: il Principio creatore, principio di Luce, (Savitr è il Sole, la

divinità che genera e illumina la vita)

VARENYAM: l’Assoluto, degno di lode e adorazione

BHARGO: il Supremo che diffonde luce e saggezza; è quella Luce

Suprema che dimora nel sole e distrugge i semi del karma

DEVASYA: della divinità che causa lo splendore dell’universo

DHI MAHI: è l’invito a meditare, meditiamo!

DHIYO: intelletto

YO: Egli

NAH: nostro

PRACHODAYAT: possa guidarci, sostenerci verso l’illuminazione

44 Si veda Raimon Panikkar, Gli inni cosmici dei Veda, ed. Bur.

33

Diverse sono le possibili interpretazioni ma tutte sono accomunate dalla

nobile richiesta di illuminazione45:

Meditiamo sul Dio luminoso che è il C eatore del cielo, dello spazio, della

terra, che è degno di adorazione e che diffonde la luce. Possa Egli

illuminare la nostra intelligenza.

r

Oppure:

Oṁ Saluto alle sfere terrestri, dello spazio e del cielo. Meditiamo lo

spirito luminoso del divino creatore che è degno di adorazione. Possa

Egli dirigere le nostre menti.

O ancora:

Oṁ Meditiamo sullo splendore glorioso del divino Vivificatore. Possa Egli

illuminare le nostre menti.

E’ possibile suddividere il Gayatri mantra in tre parti: descrizione,

meditazione e preghiera46.

Nella prima parte: Oṁ Bhur Bhuvah Suvah

Il Divino viene descritto nella Gloria della Luce che illumina i tre Mondi o

Regioni dell’esperienza: Terra, Aria e Cielo (i tre loka o piani di

esistenza).

Nella seconda parte: Tat Savitur Varenyam Bhargo Devasya Dhimahi

Si medita sullo Splendore e la Grazia che fluisce da quella Luce: la parola

Dhimahi significa infatti meditazione, e qui rappresenta l'elemento

chiave.

45 Dispense ISFY 2004-2008 46 Così insegna Sai Baba.

34

La terza parte: Dhiyo Yo Nah Prachodayat

E’ una preghiera per ottenere la visione del Divino nella Sua effulgenza e

magnificenza, attraverso il risveglio della coscienza e dell'intelligenza (o

intelletto) che pervade tutto l'universo.

Con l'unione di questi tre aspetti, ogni devoto realizzerà uno stato di

purezza e di coerenza nella vita quotidiana, e si definirà rinato.

Secondo la tradizione, l'invocazione alla divina Gayatri, attraverso la

recitazione costante e devota del mantra, illumina l'intelletto del

praticante, aprendogli le porte della comprensione, della verità

dell'umiltà e della liberazione. La sua potente energia porterà all'adepto

salute, radiosità, coraggio, armonia, conferendogli inoltri i poteri riservati

ai saggi e agli illuminati: il potere di guarire e di trasmettere il dono

spirituale ad altri. Disperde la paura ed elimina disturbi e malattie,

elimina pene, conflitti e dolore. Ogniqualvolta la Gayatri viene cantata, i

demoni che dimorano all'interno dell'uomo vengono allontanati e

dispersi. E’ importante anche sottolineare che la Gayatri, attraverso

quella ghirlanda di potenti lettere in alfabeto sanscrito che si crea nella

ripetizione del mantra, stimola il corpo pranico.

Il Gayatri mantra viene usato altresì come unità di misura in alcune

tecniche di Pranayama.

Nella tradizione il Gayatri mantra viene dato all’età di otto anni attraverso

una cerimonia d’iniziazione.

35

IL SILENZIO

Una piccola nota sul silenzio in una tesi che tratta del potere del suono e

della parola può sembrare strano in un primo momento ma è piuttosto

evidente, soprattutto ai praticanti di Yoga, quanto esso è importante non

solo come momento di solitudine o di riflessione e come occasione di

quiete per la mente bombardata dal frastuono quotidiano, ma proprio

come strumento evolutivo poiché è nel silenzio (della meditazione) che

possiamo entrare in contatto con la parte più profonda del nostro essere,

per farne affiorare la musica, la voce, in armonica connessione con

l’Universo, con la silenziosa musica del Cosmo.

36

LA PRATICA

Per poterci dedicare al mantra e al Nada Yoga, sarà necessario preparare

adeguatamente la mente ma ancor prima il corpo fisico e quello pranico.

Per lavorare sul piano mentale è importante lavorare prima sul piano

fisico e su quello energetico e, poiché è necessario altresì arrivare a fare

meditazione con attitudine di corpo e mente rilassati, praticheremo, oltre

a qualche asana (Surya Namaskara, Sarvangasana, Halasana e

Matsyasana) e a qualche pranayama (Ujjayi Pranayama, Nadi Shodhana

Pranayama e Bhramari Pranayama), anche una breve pratica di

rilassamento guidato (Yoga Nidra).

Nella sequenza qui proposta, ho cercato di porre attenzione alla zona del

diaframma, per renderlo elastico (mi è sembrato ottimo proporre

l’esecuzione di un Kapalabhati molto leggero che ha anche un effetto

tonico sul piano mentale), e a Vishuddha Chakra che presiede alla

comunicazione (attraverso le posizioni capovolte e la compensazione ad

esse). Dopo aver eseguito la necessaria purificazione delle nadi (affinché

il respiro quindi il prana scorra fluidamente) ed aver quindi eseguito dei

Pranayama particolarmente indicati quando si vuole lavorare sulla

vibrazione sonora (come Bhramari Pranayama), eseguiremo qualche

pratica riarmonizzazione del piano energetico e mentale (canto della

scala musicale indiana o della Auṁ accompagnata da mudra, e canto dei

bija mantra con la concentrazione sui relativi chakra) eseguiremo quindi

una concentrazione su So’Ham, il suono del respiro, ed infine canteremo

il Gayatri Mantra ripetendolo in tutto 108 volte; questo potente mantra ci

porterà nello stato meditativo, fine ultimo della nostra sequenza.

37

Ho ipotizzato di fare lezione per un’ora e mezza, in una palestra di Yoga,

ad un gruppo di allievi di livello intermedio, in buona salute e di età

compresa tra 30 e 50 anni.

Nel rispetto del principio di ahimsa (principio della non violenza che ci

esorta a non nuocere), chiederei agli allievi di non forzare mai le

posizioni né i Pranayama e di prestare la massima attenzione alle

vertebre e alla muscolatura lombare e cervicale.

Non dovranno praticare le asana e i pranayama coloro che soffrono di

problemi cardiaci, di ipertensione o di ernie. Non eseguiranno la pratica

delle asana rovesciate e di kapalabhati (anche se qui è solo accennato)

le donne in stato di gravidanza.

Procederei come segue:

Inizierei accogliendo gli allievi in silenzio oppure con il sottofondo di

musica ispirata come delle composizioni per arpa: questo favorisce

l’ingresso della mente in uno stato “altro” rispetto a quello da cui

proveniamo e ci prepara alla pratica di Yoga.

Spenta la musica, passerei nel silenzio all’ascolto del respiro in una

posizione supina: Shavasana o Makarasana.

Farei poi qualche ciclo di Marjari-asana (gatto) per sciogliere la

muscolatura e rendere flessibile la colonna vertebrale.

In seguito, mi porterei in Dharmikasana per interiorizzare le sensazioni

della precedente asana e per sentire il massaggio che il respiro produce

sul corpo. Da qui eseguirei Shashank Bhujangasana in dinamica per

aumentare la flessibilità del corpo.

38

Poi mi porterei in Adho Mukha Svanasana ed eseguirei tre cicli di

respirazione eseguendo una forte espirazione e rientrando bene

l’addome, come un leggero Kapalabhati; ciò agisce sul muscolo del

diaframma rendendolo flessibile, e dona la chiarezza mentale e l’energia

necessarie per la recitazione dei mantra e la meditazione.

Relax in Dharmikasana e ascolto degli effetti della pratica.

Assunta la posizione di Vajra-asana, a questo punto porterei l’attenzione

al respiro, al flusso d’aria che esce ed entra dalle narici, eseguendo un

leggero Ujjayi (leggera contrazione della glottide che porta il respiro a

produrre un suono simile ad un piccolo fischio, dovuto al passaggio

dell’aria sul palato).

Eseguiamo Nadi Shodhana Pranayama per purificare le nadi, entro cui

scorre il soffio vitale, il prana. La purificazione delle nadi è requisito

essenziale per la meditazione.

A questo punto possiamo eseguire un ciclo di 12 ripetizioni di Saluto al

Sole (Surya Namaskara) che agisce su tutto il corpo e coinvolge tutti i

chakra: s’inspira nelle posizioni d’estensione e si espira in quelle di

flessione. Durante l’esecuzione possiamo, ripetere i bija mantra solari

(Hraṁ, Hriṁ, Hruṁ, Hraiṁ, Hrauṁ, Hrah e poi di nuovo nello stesso

ordine) quando siamo nell’asana o nel momento di passaggio da

un’asana all’altra.

Segue un breve relax in Shavasana in cui ascoltiamo il respiro che è

divenuto veloce, percepiamo il calore del corpo, il ritmo accelerato del

battito cardiaco, e sentiamo che poi lentamente tutto si acquieta.

Appena ci sentiamo pronti e con le opportune precauzioni, solleviamo le

gambe e ci portiamo in Sarvangasana. Se vogliamo possiamo passare da

Sarvangasana a Halasana prima di tornare nella posizione di partenza

39

che è Shavasana. In alternativa a queste due asana, possiamo assumere

ViparitaKarani Mudra. Tutte queste posizioni capovolte predispongono

alla meditazione ed agiscono su Vishuddha Chakra, il chakra della gola,

molto importante ai fini di una buona recitazione di mantra.

Eseguiremo una compensazione alle asana appena eseguite portandoci

in Matsyasana.

In Padma-asana o in Vajra-asana, eseguiamo Ujjayi Pranayama che ci

aiuterà a regolarizzare il respiro e il battito cardiaco e a portare quiete

alla mente.

Seduti in Padma-asana o altra posizione seduta comoda, o anche

restando in Vajra-asana, porteremo l’attenzione sui chakra, partendo dal

basso verso l’alto e cantando la scala musicale indiana SA, RI, GA, MA,

PA, DHA, NI. Se lo recitassimo con la scala musicale classica occidentale

(Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do più acuto) dovremmo terminare in Do

acuto, poiché, musicalmente, il Si produce una sensazione di “apertura”,

di “non concluso”, e sarà quindi consigliabile recitarlo velocemente e

aggiungere un Do acuto che da un senso di conclusione47.

Potremmo eseguire la stessa pratica di concentrazione sui chakra

recitando i classici bija mantra della tradizione indiana ad essi correlati:

Laṁ, Vaṁ, Raṁ, Yaṁ, Haṁ, Oṁ. Personalmente preferisco quest’ultima

proposta.

Un’alternativa a questa pratica può essere anche quella descritta nei

capitoli precedenti con il canto di Auṁ abbinato alle mudra delle mani.

Avremo in ogni caso un forte effetto armonizzante.

47 Paolo Avanzo, Biofonia, ed. Alba Magica

40

A questo punto siamo pronti ad eseguire un importante Pranayama,

Bhramari Pranayama, che permette l’ascolto dei suoni interni; benché

l’Hathayoga Pradipika descriva la sua esecuzione come segue:

“L’inspirazione, molto violenta deve produrre un suono molto simile al

ronzio di un’ape maschio; l’espirazione, molto delicata, quello di un’ape

femmina. Grazie alla pratica di questo esercizio, beatitudine e piacere

sorgeranno nella mente dei migliori tra gli yogin” HYP II, 68

noi la praticheremo nella forma più semplice con la produzione del suono

dell’ape femmina sull’espiro.

In questo modo eviteremo eventuali tensioni, non indicate per la

recitazione dei mantra che necessita invece di rilassamento.

E ancora:

“Quel suono che l’asceta ode dopo aver chiuso con le mani le orecchie,

in esso egli concentri la mente, finché raggiunga lo stato di immobilità”

HYP IV, 82

Abbandonata questa pratica ci concentreremo sul nostro respiro, e ne

percepiremo il suono naturale: So all’inspirazione - Ham all’espirazione,

So-Ham-So-Ham...

Terminato quest’ascolto ci sdraiamo in Shavasana per un breve Yoga

Nidra (circa 20 minuti), pronunciando mentalmente il nostro sankalpa

all’inizio e alla fine della pratica. Dopo aver fatto eseguire una rotazione

di coscienza (portando l’attenzione, il pensiero e quindi l’energia in

specifici punti del corpo) ci concentreremo sul respiro. Ad ogni espiro le

negatività ci abbandoneranno, catturate da una purificante luce bianca il

cui flusso, all’inspiro, penetra in noi donandoci purezza e pace.

41

Così, inspiro luce ed espiro le preoccupazioni, inspiro luce...espiro...E poi

inspiro pace...espiro...finche il respiro sarà completamente purificato dal

flusso di luce...Inspiro luce, espiro luce, inspiro purezza, inspiro pace...

Lentamente abbandoniamo la pratica e sentiamoci avvolti da questa luce

così pacificante; sentiamo il nostro respiro fluido e regolare, e

lentamente riprendiamo contatto con il corpo e ci portiamo seduti in

posizione meditativa.

Siamo pronti a cantare il Gayatri mantra. Lo ripeteremo 108 volte: 36

volte a voce alta, 36 mormorando e 36 mentalmente.

Terminate le ripetizioni, restiamo qualche minuto in silenzio per

interiorizzare gli effetti del mantra.

Concludiamo ripetendo tre volte la sacra sillaba Oṁ

Ci salutiamo: Oṁ Shanti

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CONSIDERAZIONI FINALI E RINGRAZIAMENTI

In questi anni di formazione nella Federazione Italiana di Yoga ho

appreso tante nozioni, sperimentato tecniche e condiviso valori, sono

venuta a contatto con ottimi insegnanti e con tanti ricercatori come me,

in uno scambio decisamente arricchente; lungo il percorso ci sono stati

momenti di gioia, di profonda riflessione sul Sé e sulla Vita ed anche

momenti di incertezza e di sconforto, in cui non mi sentivo adatta

neanche come studentessa figuriamoci come possibile insegnante….ma è

negli insegnamenti stessi dello Yoga che ho trovato quell’ardore che mi

ha permesso di giungere alla fine di questo percorso di studi e di poter

dire con fermezza e con gioia che questa è la strada giusta, giusta

soprattutto per me. Posso affermare con certezza che, grazie allo Yoga,

la mia personale ricerca spirituale ha assunto toni ancor più decisi e

profondi e che è sul sentiero dello Yoga che continuerò a crescere con

entusiasmo e dedizione.

Grazie dunque a tutti coloro che ho incrociato su questo cammino e che,

a volte anche inconsapevolmente, hanno ispirato ed incoraggiato questo

mio viaggio spirituale alla ricerca del mio vero Sé, di quell’esperienza di

Unità con il Sé Universale che è fine ultimo dello Yoga e della vita.

Desidero ringraziare tutti gli insegnanti della Federazione Italiana Yoga

che attraverso il loro insegnamento tanto mi han dato. Ringrazio in

particolare la mia insegnante Susi Stefanini che rappresenta per me un

esempio di vita e di ciò che lo Yoga può portare ad essere.

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Ringrazio inoltre i miei compagni di corso con cui tante gioie e timori ho

sperimentato, e, non ultima, ringrazio la mia famiglia che mi ha educata

sulla base di saldi principi come la compassione, l’umiltà, la rettitudine e

che da sempre mi sprona ad andare oltre l’apparenza, alla ricerca del

mio vero, autentico Sé.

Oṁ Shanti

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