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La fine del Positivismo Prof. Giovambattista Fatelli

Istituzioni di Sociologia della comunicazione 2001/2002 · La fine del Positivismo Prof. Giovambattista Fatelli Le grandi rivoluzioni (scientifica, industriale e politica) hanno demolito

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La fine del Positivismo Prof. Giovambattista Fatelli

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Le grandi rivoluzioni (scientifica, industriale e politica) hanno demolito l’antico regime e introdotto un nuovo assetto che può essere riassunto nelle formule di “società borghese”, “economia capitalista”, “pensiero moderno”. Ma la spinta propulsiva sembra inesauribile e continua a liberare energie alimentate dai miti della crescita e del progresso.

La crisi della coscienza europea

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La nuova società ha capitalizzato la fede illuministica nell’onnipotenza della ragione e, consapevole della propria forza, tende a essere «inclusiva» e totalizzante sia nella richiesta di «compattezza» che nelle pretese di organizzazione e controllo.

La crisi della coscienza europea

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Ma sono presenti nel contesto anche notevoli elementi di contraddizione. L’unificazione e la mondializzazione del mercato si compiono sotto il segno dell’imperialismo, del razzismo, del privilegio degli interessi materiali, mentre all’aristocrazia di sangue si avvicenda quella del denaro.

La crisi della coscienza europea

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Alle spinte centripete dei diritti e dell’inclusione, si affiancano quelle centrifughe della libertà, che spesso si traduce in esclusione, anomia e disparità. Si scioglie la devozione delle scienze sociali verso l’assetto materialista del sapere, la struttura sociale si avvicina pericolosamente agli scogli delle sue incoerenze. Mentre il Novecento avanza a grandi falcate, si avverte la prossimità di un ulteriore sconvolgimento.

La crisi della coscienza europea

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Il cataclisma che attraversa l’Europa fra i due secoli appare come la crisi di un’intera civiltà, che si manifesta nella sfera sociale (in cui l’unica cosa stabile diventa il mutamento), in quella culturale (che vede crollare uno a uno tutti gli ancoraggi tradizionali) e in quella scientifica, costretta a rivedere fondamenta che duravano da millenni.

La crisi della coscienza europea

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Il movimento tellurico viene percepito con intensità diversa e secondo sensibilità discordi, ma costringe comunque a ripensare gran parte delle certezze maturate nell’Ottocento positivista aprendo, insieme a prospettive inedite, un senso di crisi profonda, forse definitiva.

La crisi della coscienza europea Munch, L’urlo (1895)

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I pensatori della «generazione immediatamente precedente la prima guerra mondiale» annota Stuart Hughes «condivisero una più larga esperienza di malaise psicologico: il senso di una rovina imminente, della non conformità alle nuove realtà sociali di antiche abitudini e istituzioni», unendo al «senso della morte di una vecchia società», «una dolorosa incertezza su ciò che le forme della nuova società avrebbero potuto essere».

Henry Stuart Hughes, Coscienza e società, p. 21

Tramonto del positivismo

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• Crisi epistemologica

• Crisi della razionalità

• Crisi della civiltà

Crisi

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• La frantumazione della filosofia e l’emergere di nuove fondazioni disciplinari smentisce i dogmi di un sapere fondamentalmente unitario e assiomatico.

• Si spezza la simbiosi funzionale implicita fra scienza e tecnica, filosofia e arché (nascita filosofia della scienza).

• Si affermano la divisione del lavoro in campo scientifico e il concetto di “specializzazione”.

Crisi epistemologica

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• La fisica “supera” le concezioni unitarie proposte dalla geometria euclidea e dalla fisica newtoniana; con la teoria della relatività e il principio di indeterminazione e i concetti di spazio e tempo perdono la loro assolutezza.

• Mentre affiorano incertezze e dubbi sul ruolo della scienza per la vita, riemerge più forte la divaricazione fra scienze della natura e scienze dello spirito.

Crisi epistemologica

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• Diventano evidenti le difficoltà di fondazione della scienza moderna e il divario fra la logica della razionalità e il mondo dei valori.

• L’indebolimento della razionalità come organon del pensiero scientifico e la distanza dal mondo dei valori si ripercuotono sul suo ruolo-guida nell’indirizzo dell’azione umana e della struttura sociale, aprendo spazi a nuove istanze irrazionali.

• La trasformazione del concetto di tempo si ripercuote negativamente sull’idea di progresso.

Crisi della razionalità

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• Si percepisce il declino dei valori che sostenevano lo sviluppo della cultura occidentale: il sistema capitalista e la stessa democrazia liberale non sono più indiscutibili e si sente il bisogno di nuovi ancoraggi morali.

• Emergono fenomeni sociali, economici e politici che sembrano sfuggire al controllo della cultura e della scienza (movimenti di massa, capitalismo di stato, proliferazione della tecnologia) mentre mutano il concetto di cultura, l’importanza del sapere e il ruolo degli intellettuali.

Crisi di civiltà

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Che cosa finisce

L’universo fisico e intellettuale certo e finito disegnato dalla geometria euclidea e dalla fisica newtoniana.

Il positivismo come fiducia ingenua nel potere della conoscenza scientifica di dominare il mondo naturale e organizzare la sfera umana e sociale.

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Che cosa finisce

La struttura profonda dell’ancien régime, fondata sul principio della gerarchia e su una concezione aristocratica dell’azione politica e dell’attività intellettuale.

Il capitalismo liberista come ricomposizione “miracolosa” (invisible hand) nella dimensione pubblica del libero gioco degli interessi egoistici.

L’investimento nell’idea di un progresso continuo, capace inoltre di riconciliare alla fine gli aspetti materiali con quello morale.

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Il bersaglio principale degli scrittori che sentono di doversi liberare dal giogo spirituale imposto dalla eredità intellettuale del passato è ciò che chiamano “positivismo”, termine col quale non indicano tanto le formulazioni di Comte e Spencer, ma i principi intellettuali più diffusi del tempo, soprattutto la tendenza a parlare del comportamento umano secondo analogie tratte dalle scienze naturali.

La rivolta contro il positivismo

Minority Report, Usa 2002

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Questi “ribelli” parlavano ancora il linguaggio meccanicistico tratto dalle scienze naturali e «usarono indifferentemente il termine “positivismo” accanto a “materialismo”, “meccanicismo” e “naturalismo”, per indicare tutta una serie di dottrine filosofiche che essi consideravano con uguale disapprovazione». Il meccanicismo simboleggiava il mondo fisico newtoniano prossimo a disfarsi; il naturalismo l’invadenza della biologia e la preoccupante avanzata del darwinismo sociale.

Hugh Stuart Hughes, Coscienza e società, p. 44

La rivolta contro il positivismo

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L’alleanza della sociologia positivista con il darwinismo aveva infatti prodotto strane mutazioni, facendo perdere al positivismo - nato in ambiente illuministico e utilitaristico per dare una soluzione razionale ai problemi dell’uomo in società - proprio la sua fisionomia razionalistica. L’«eredità» e l’«ambiente» stavano sostituendo la scelta logica e consapevole come fondamenti dell’azione umana.

La rivolta contro il positivismo

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La “lotta per l’esistenza”, una specie di riedizione dello stato di natura hobbesiano, stava sostituendo l’ordine civile come concezione caratteristica delle relazioni fra gli uomini, incartata in un “fatalismo scientifico” che era l’antitesi dell’ottimismo filosofico esuberante di illuministi e utilitaristi.

La rivolta contro il positivismo

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Il paradosso del positivismo, nato come dottrina ultraintellettualistica, era quello d’essersi mutato in una forma di radicale antintellettualismo.

La rivolta contro il positivismo

cfr. Talcott Parsons, La struttura dell’azione sociale (pp. 111-14)

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La rivolta contro il positivismo

È difficile oggi immaginarlo, ma l’influenza del positivismo pesava ormai sulle coscienze più “illuminate” come una cappa di piombo. Personaggi quasi dimenticati (Ardigò, Du Bois-Reymond, Taine, Renan…) esercitavano un prestigio enorme e, all’ombra di un ferreo oggettivismo, diffondevano un’atmosfera di pessimismo scettico.

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Anche la vita sociale, secondo Nietzsche, trasudava il filisteismo della società borghese, e appariva pesante, chiusa, eccessivamente materiale.

La rivolta contro il positivismo

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«Gli uomini degli anni settanta e ottanta (…) vissero sempre in un mondo miserabile e sovraccarico, gonfio, fatto di cotone, di cartone e di carta velina. In tutte le sue creazioni, la loro immaginazione si volgeva solo alle arti decorative: all’arte dell’arredamento, della pasticceria, degli stucchi…»

Egon Friedell

La rivolta contro il positivismo

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Le motivazioni della diffusa insoddisfazione sono molteplici e pescano nell’atmosfera di decadenza fin de siècle come nell’ondata di neoromanticismo o irrazionalismo o antintellettualismo, facendo leva sul risveglio dell’interesse per le forze interiori ed esteriori che orientano l’azione umana e sulla natura della conoscenza, soprattutto nelle “scienze dello spirito”.

Cfr. Henry Stuart Hughes, Coscienza e società, pp. 40ss

La rivolta contro il positivismo

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Fondamentale è l’interesse per il problema della «coscienza». Il primo libro di Bergson (Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889) distingue tra una vita psichica “superficiale”, cui si applica la logica dello spazio e del numero, e una vita più “profonda”, in cui il vero io segue una logica diversa.

Problemi di coscienza

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Per ritrovare questo “Io” fondamentale, afferma Bergson, è necessario un vigoroso sforzo di analisi. Una traccia per questo regno misterioso poteva essere offerta dal mondo dei sogni.

Problemi di coscienza

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Nel 1899 Freud pubblica Die Traumdeutung (L’interpretazione dei sogni), lo sforzo più vigoroso per giungere a una teoria della motivazione inconscia basata proprio sul sogno.

Problemi di coscienza

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Il tempo cambia

Salvador Dalì, La persistenza del tempo, 1931

Da questa interiorizzazione della vita psichica deriva una profonda trasformazione del significato del «tempo» e della «durata» in psicologia, filosofia, letteratura e storia.

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Bergson contrappone la definizione della natura dell’esistenza soggettiva e l’ordine schematico che le scienze naturali hanno imposto al mondo esterno.

Il tempo cambia

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Il tempo cambia

I romanzieri del nuovo secolo (Alain-Fournier, Proust, Thomas Mann) affermano la possibilità di confermare l’immediatezza delle esperienze passate servendosi di un linguaggio imperfetto, capace nell’uso comune di riprodurre soltanto una realtà frammentaria che la memoria logica ha già distribuito in compartimenti nettamente separati.

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Nel campo della scienza, si fa luce il problema della qualità particolare della conoscenza nei settori che riguardano la vita sociale, l’uomo e la sua produzione spirituale.

Le scienze dello spirito

Wilhelm Dilthey (1833-1911)

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Le scienze sociali, in quanto Scienze dello Spirito (Geistesswissenschaften), sono diverse dalle Scienze della Natura, in quanto prendono in considerazione come oggetto il materiale esistenziale, l’erlebnis (esperienza vissuta) basato sul verstehen (comprensione).

Methodenstreit

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Il soggetto umano è parte del mondo storico-sociale e la sua comprensione richiede procedimenti diversi da quelli delle scienze naturali, in cui si pone radicalmente la differenza soggetto e oggetto.

Wilhelm Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, 1883

Methodenstreit

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Nel discorso rettorale all’Università di Strasburgo del 1894 (Geschichte und Naturwissenschaft), Wilhelm Windelband dichiara guerra al positivismo asserendo esplicitamente l’inadeguatezza del metodo astratto-formale per comprendere l’elemento storico: «La totalità di ciò che è dato nel tempo appare e risulta del tutto indipendente, di una indipendenza che non si può dedurre da nulla, accanto al sistema universale delle leggi».

Il discorso di Strasburgo

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«Il contenuto dell’accadere del mondo non si può ricavare dalla sua forma».

Il discorso di Strasburgo

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«La filosofia è in grado di mostrare fin dove giunga la capacità conoscitiva delle discipline singole, ma al di là di questa essa stessa non può conquistare un conoscere positivo. La legge e il fatto restano l’una accanto all’altro ultime incommensurabili grandezze della nostra rappresentazione del mondo. Questo è uno dei punti-limite in cui il pensiero scientifico può solamente determinare il problema, solamente destare l’interrogativo, nella chiara consapevolezza che mai sarà in grado di dare una risposta».

Il discorso di Strasburgo

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«[nella storia] si tratta di un avvenimento singolo o di una serie di azioni e vicende, dell’indole e della vita di un singolo uomo o di tutto un popolo, delle caratteristiche e dello sviluppo di una lingua, di una religione, di un diritto, di un prodotto della letteratura, dell’arte o della scienza e ciascuno di questi oggetti richiede una trattazione corrispondente alla propria indole».

Il discorso di Strasburgo

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Nelle scienze sociali perciò non esistono regole oggettive, fisse: qui la scienza non osserva per semplificare, bensì per problematizzare (problematizzazione dell’ovvio - Gallino). Una situazione indeterminata si fa problema proprio mentre si prefigurano all’orizzonte le possibili alternative (concetto di relatività- Einstein), soluzioni (Dilthey).

Methodenstreit

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Questa nuova presa di coscienza nel campo scientifico trova eco dappertutto, perfino nella letteratura d’evasione. Nei libri di sir Arthur Conan Doyle, ad esempio, Sherlock Holmes trova sempre soluzioni lambiccate e apostrofa il suo amico con la classica espressione: “…elementare, Watson!”

Dal giallo razionale…

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Nei successivi romanzi polizieschi (Simenon, Dürrenmatt), le storie si fanno più fosche o più dure. La realtà descritta è complessa, intrecciata, con retroscena e finali spesso inaspettati.

…al giallo problematico

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A differenza del giallo razionale dell’800, ciò che conta nel giallo problematico del ‘900 non è l’individuazione dell’assassino, ma la comprensione della natura psicologica o del contesto in cui i fatti avvengono.

…al giallo problematico

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Se la conoscenza dei fatti umani si basa su fondamenti così ipotetici, si deve modificare anche la base della discussione politica, per cui la rassicurazione delle ideologie razionalistiche (liberali, democratiche o socialiste) non appare più sufficiente. Occorre penetrare oltre le facciate (“miti”, “derivazioni”, “formule politiche”) per postulare i soggetti nuovi e reali: i veri detentori del potere, le élites politiche, le minoranze creatrici.

La politica

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Dalla ribalta delle discussioni pubbliche e della retorica, la politica viene progressivamente respinta nelle quinte, nella manipolazione dei sentimenti semi inconsapevoli. Così l’asse del pensiero sociale si sposta dal terreno dei moventi visibili e oggettivamente verificabili a quello, solo parzialmente consapevole, delle motivazioni inespresse.

La politica

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In termini drastici, l’apparente impossibilità di giungere a una sicura conoscenza del comportamento umano libera dai vincoli del metodo positivistico, riducendo radicalmente il campo della conoscenza e insieme ampliandolo, grazie agli spazi che si aprono alla libertà di speculare e all’estensione del pensiero sociale. «I processi psicologici avevano sostituito la realtà esterna come il più interessante argomento di indagine. Non era più quel che realmente esisteva a sembrare più importante, ma quel che gli uomini pensavano che esistesse».

Henry Stuart Hughes, Coscienza e società, p. 71

Che m’importa del mondo…

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Fra le alternative al positivismo presenti nel panorama di fine Ottocento, che assiste a una vera e propria impennata del movimento socialista, c’è da considerare anzitutto il marxismo, visto come un antidoto alla filosofia sociale positivista e all’ideologia dominante delle classi medie.

La rivolta contro il positivismo

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Ma, sebbene a tutti gli intellettuali innovatori sembri quasi un obbligo misurarsi con la dottrina marxista, l’insistenza delle sue vestali sul carattere materialistico e scientifico della teoria l’ha quasi trasformata in una forma di nuovo positivismo aberrante e insidioso.

Henry Stuart Hughes, Coscienza e società, p. 48.

La rivolta contro il positivismo

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La scoperta del regno dei “sentimenti disorganizzati” non collide con gli “automatismi economici” soggiacenti alle manifestazioni intellettuali dell’umanità. Ma mentre per Marx era sufficiente conoscere «il carattere del regime di produzione, che inesorabilmente condiziona la vita umana», «per i grandi studiosi della società della generazione successiva il problema cruciale era invece costituito dalla irrazionale e praticamente immutabile natura dei sentimenti umani».

Tramonto del positivismo

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Così, al di là delle differenze, vi era accordo «nel riconoscere che quanto vi è di più profondo nel comportamento dell’uomo rientra, per lo più, in uno schema di mera ripetizione».

Il martello di Nietzsche

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La caratteristica di fondo dell’esperienza umana è la natura limitata della sua libertà. La «coscienza degli inevitabili limiti della libertà umana, derivanti o da circostanze fisiche o da condizionamenti emotivi, è diventata la principale, tacita premessa della scienza sociale contemporanea».

Tramonto del positivismo

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Nella società • Nascita delle democrazie di massa e

dell’industria culturale. Trasformazione delle strutture economico-politiche (Capitalismo di Stato e Stato autoritario).

• Decadimento dei “soggetti storici”, visione ciclica della storia e crisi delle impostazioni escatologiche.

• Indebolimento dei caratteri di qualità, originalità e identità e diffusione dell’anonimato.

• Affermazione della società di massa, dominio delle macchine e delle procedure automatiche, fede nella tecnologia

La forma del mondo nuovo

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Nel lavoro intellettuale

• Insorgere del relativismo epistemologico e degli approcci sincretici.

• Scoperta del Lebenswelt e rivalutazione della vita quotidiana, mentre nella dimensione interculturale (antropologia, colonialismo, ecc.) comincia a scricchiolare la cultura “occidentale”.

• Evoluzione dell’attività scientifica in direzione del lavoro di gruppo e della sua utilità pratica

• “Solitudine” dell’intellettuale, ingaggio politico e dipendenza dai grandi apparati.

La forma del mondo nuovo

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Henry Stuart Hughes (1916-1999), Consciousness and Society, Alfred A. Knopf, New York 1958 (tr. It. Coscienza e società, Einaudi, Torino 1967).

Coscienza e società

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Ciò produce vistosi effetti su

• Messa in questione del significato del tempo e della durata.

• Modificazione radicale delle basi della legittimazione politica e del consenso.

Un nuovo paradigma