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Migranti Record di sbarchi, chissà perché siamo sempre impreparati… Aiuti alimentari Il sistema riparte: ma la direzione qual è? Georgia Le rose son sfiorite, un ex satellite sospeso tra incubo e sogno Italia Caritas POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1, AUT. GIPA/C/RM/2014 MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVII - NUMERO 5 - WWW.CARITAS.IT giugno 2014 squilibri pallone Mondiali, vetrina planetaria. Il Brasile mostra al mondo il volto del suo progresso. Circa 40 milioni di persone uscite dalla povertà. Ma 60 milioni vi rimangono... Il tra gli

Italia Caritass2ew.caritasitaliana.it/materiali/Media/Italia_Caritas/2014/IC05... · tende riaffermare con forza anche all’Esposizione universale 2015 a Mi-lano, dedicata al tema

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Migranti Record di sbarchi, chissà perché siamo sempre impreparati…Aiuti alimentari Il sistema riparte: ma la direzione qual è? Georgia Le rose son sfiorite, un ex satellite sospeso tra incubo e sogno

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Mensile della Caritas Italiana

Organismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 79600165 Romawww.caritas.itemail:[email protected]

ABBONAMENTIVedi modalità a fianco Costo dell’abbonamento: 15 euro

OFFERTEVanno inoltrate a Caritas Italiana tramite:.Versamento su c/c postale n. 347013.Bonifico una tantum o permanente a:- UniCredit, via Taranto 49, Roma Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119- Banca Prossima, piazza della Libertà 13, Roma Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474- Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113.Donazioni online sul sito www.caritas.itcon qualsiasi carta di credito

La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, puòtrattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione.

5 PER MILLEPer destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primodei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587

LASCITIInformazioni: Caritas Italiana, via Aurelia 796,00165 Roma, tel. 06 66177205, fax 06 66177601,e-mail: [email protected]

Italia Caritas

direttoreFrancesco Soddudirettore responsabileFerruccio Ferrantecoordinatore di redazionePaolo Brivioin redazioneUgo Battaglia, Paolo Beccegato, Salvatore Ferdinandi,Renato Marinaro, Francesco Marsico, SergioPierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolohanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, Roberta Dragonettiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona CorvaiastampaMediagraf Spa, viale della Navigazione Interna 89,35027 Noventa Padovana (Pd),tel. 049 8991511, e-mail: [email protected] legalevia Aurelia, 796 - 00165 Romaredazionetel. 06 [email protected]. 06 [email protected] e modifiche nominativi richiesta copie [email protected] abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46)art.1 comma 2 DCB - RomaAutorizzazione numero 12478del 26/11/1968 Tribunale di RomaChiuso in redazione il 30/05/2014

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Si ringrazia Asal (www.asalong.org - [email protected])per l’utilizzo gratuito della Carta di Peters

VERSO EXPO:PIÙ “NOI”,MENO “IO”

editoriali

tori di reati prendano coscienza delleproprie responsabilità, tracciano vied’uscita, di ripartenza e di riconciliazio-ne. E lo stesso mondo carcerario pro-pone alcune sperimentazioni efficaci.

Ma tutto questo oggi non riesce aessere strada comune, che veda forzesociali, decisori politici e operatoridella giustizia condividere una pro-spettiva nuova di lavoro. Al di là delleesperienze e delle parole autorevolidi papa Francesco, del Presidentedella repubblica e di pochi altri, il re-sto è per lo più un dibattito contrad-dittorio. Ribadendo al convegno na-zionale dei cappellani delle carceri che «in ogni carcere, accanto a ogni tor-turato, c’è sempre Lui, il Cristo sofferente», in ottobre il papa ha aggiunto che«una giustizia di speranza, di porte aperte, di orizzonti, non è una utopia».

Il titolo di un recente pellegrinaggio organizzato dall’Associazione Papa Gio-vanni XXIII a Rimini è stato “Dalla certezza della pena alla certezza del recupero”.Vi ho preso parte, proprio per affermare che è possibile un cammino condiviso,che metta insieme il silenzio doveroso verso il dramma, il danno e il dolore pro-vocati da un reato, con parole di speranza, altrettanto doverose e ragionevoli.

Senza dimenticare il sovraffollamento e il degrado di molte strutture carcerarie– che generano non senso, solitudine, mancanza di prospettive, disperazione eabbandono –, occorre camminare insieme, per dire che è possibile un’alternati-va, nella gradualità, nella responsabilità, ma anche nel coraggio civile e personale.Perché, come ha scritto monsignor Giancarlo Bregantini nel commento alla set-tima stazione della Via Crucis papale, “ci si rialza solo insieme, accompagnati davalidi operatori, sostenuti dalla mano fraterna dei volontari e sollevati da una so-cietà civile, che fa sue le tante ingiustizie dentro le mura di un carcere”.

n’autentica educazione ai va-lori di carità, gratuità e sobrie-tà, con stili di vita orientati albene comune. È l’antidoto per

contrastare ogni crisi, che Caritas in-tende riaffermare con forza ancheall’Esposizione universale 2015 a Mi-lano, dedicata al tema “Nutrire il pia-neta, energia per la vita”.

A un anno da questo atteso even-to, non mancano polemiche, scanda-li e ombre. Ma in un contesto in cuitutto sembra sia da misurare in baseal tornaconto egoistico e al guadagnopersonale, la Caritas vuole tornare aparlare di solidarietà e bene comune,dando sempre più spazio al noi e me-no all’io. Se non è fondata su questimattoni, ogni “casa comune” è desti-nata a sgretolarsi.

Influenzare le scelteA Expo 2015, ben 400 delegati di 164Caritas, provenienti da 200 paesi,presenteranno gli esiti della campa-gna “Una sola famiglia umana, ciboper tutti”, prima mobilitazione globa-le della confederazione, cui ha dato ilsostegno anche papa Francesco. Essapunta a influenzare le scelte politichedegli stati e incoraggiare cambia-menti individuali. Nella declinazioneitaliana, al titolo generale è stata ag-giunta la frase “È compito nostro”: sesi sta in mezzo alla gente ci si deverendere conto di sofferenze e bisogni,e occorrono iniziative concrete.

Sarà, da un lato, un percorso educa-tivo all’interno delle comunità (affron-tando temi come i conflitti dimenticati,le migrazioni, la povertà in Italia e in Eu-ropa, la sicurezza alimentare, la lotta al-lo spreco), e d’altro canto uno sforzo diattenzione quotidiana, per dare risposteconcrete a coloro che soffrono.

Dalla certezza dellapena alla certezza

del recupero: l’approccioal tema deve uscire dalle

strumentalizzazionidel passato, ancherecente. Istituzionie soggetti sociali

ed ecclesiali devonotrovare percorsi comuni,

oltre l’ingiustizia,verso la speranza

Udi Francesco Soddu di Giuseppe Merisi

CARCEREUN’ALTERNATIVAÈ POSSIBILE

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n paradosso di questo tempo è la consapevolezza, ormai diffusa,dell’inefficacia del carcere in rapporto alle previsioni della nostraCostituzione, della insostenibilità delle condizioni di detenzione

e della contestuale incapacità di affrontare il tema in modo strutturaleda parte delle istituzioni competenti. L’utilizzo strumentale della co-siddetta “questione sicurezza”, negli scorsi anni, ha prodotto un effettodi impraticabilità sociale e politica del tema-carcere, e l’estrema diffi-coltà ad affrontarlo con razionalità, misura, lungimiranza. Tutto ciò,mentre realtà sociali ed ecclesiali sperimentano giorno per giorno per-corsi esemplari di recupero, offrono alternative al carcere perché gli au-

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Ancora più attualifedeli a una

lunga storia

Italia CaritasUNANNOCON

Per ricevere Italia Caritas è necessario sottoscrivere l’abbonamento annuale(10 numeri), per un importo di 15 euro. Dal 1° gennaio 2014, a gestiregli abbonamenti è Cooperativa Oltre. Si possono effettuare versamenti . on line tramite il sito internet www.caritas.it. tramite bollettino di conto corrente sul c/c postale n. 1016979203. tramite bonifico bancario sul conto BancoPosta

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I bollettini postali vanno intestati a Oltre Società Cooperativa Arl Gestioneabbonamenti, causale (anche per i bonifici bancari) Abbonamento rivista ItaliaCaritas; i vecchi bollettini, intestati a cooperativa Idos, non sono più utilizzabili.L’abbonamento è attivato da quando viene ricevuto il contributo (se possibile, dopol’abbonamento inviare mail a [email protected] per agevolare le comunicazioni).INFO Cooperativa Oltre, tel. 02.67.47.90.17 (ore 8-13) – [email protected]

PROMOZIONE 2014. Caritas diocesane, parrocchie, altre realtà ecclesialiabbonamento a 10 euro, per elenchi di almeno 10 abbonati (9 euro per 20 abbonati, 8euro per 30 abbonati e oltre). Centri studi, biblioteche, istituzioniabbonamento gratuito per un anno; a 12 euro, per elenchi di almeno 10 abbonati. Abbonamenti congiunti con altre rivisteIC + Cem euro 39 (invece di 45)IC + Missione Oggi (cartaceo) euro 39 (invece di 45)IC + Missione Oggi (online) euro 27 (invece di 30)IC + Mosaico di pace euro 41 (invece di 45)IC + Valori euro 44 (invece di 49)

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sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddue Giuseppe Merisi

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

10 dall’altro mondodi Maria Teresa Spinelli

15 databasedi Walter Nanni

19 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia ALLUVIONI ITALIA E BALCANI

24 poster RIFUGIATI DA PROTEGGERE

30 mercati di guerradi Francesco Spagnolo

35 zero povertydi Laura Stopponi

39 contrappuntodi Giulio Albanese

40 panoramamondo GUERRE IN SUDAN,SUD SUDANE CENTRAFRICA

47 a tu per tuANDREA VIANELLO:««NOI SPERIMENTIAMO,PERCHÉ C’È BISOGNODI UNA TV CHE RACCONTISTORIE POSITIVE»di Danilo Angelelli

nazionale

6 SBARCHI DI MIGRANTI:MA PERCHÉSIAMO SEMPRE IMPREPARATI?di Oliviero Forti

11 CARITAS DIOCESANE:LA CRISI,BRUTTA BESTIA:SI SCACCIA INNOVANDOdi Federica De Lausoe Marta Zanella

17 AIUTI ALIMENTARI,SI RIPARTE.MA LA DIREZIONEQUAL È?di Francesco Marsico

internazionale26 BRASILE TRA CURVE

E DISEGUAGLIANZE:«NON SIAMOSOLO PALLONE»di Danilo Angelelli e Patrizia Caiffa

31 PROFUGHI DALLA SIRIA:PAESI SOTTO PRESSIONEPER MOTIVI DI ACCOGLIENZAtesti e foto di Annalisa Vandelli

36 GEORGIA: L’INCUBO E IL SOGNO,LE ROSE SON SFIORITEdi Chiara Bottazzie Danilo Feliciangeli

anno XLVII numero 5

IN COPERTINAJunior, 10 anni, in posa per una fotoprima di giocare a calcio con alcuniamici a Taquara, quartiere di Riode Janeiro. Il Brasile ospita la Coppadel Mondo di calcio dal 12 giugno:ma dietro la luccicante vetrinaci sono molte contraddizioniAP Photo / Hassan Ammar

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Signore non tace e dona al popolo prostrato una pro-messa di vita: «Trattieni la tua voce dal pianto, i tuoi oc-chi dalle lacrime (...) essi torneranno dal paese nemico,c’è una speranza per il tuo futuro: torneranno i tuoi figlinella loro terra» (Geremia 31,16-17).

Se l’assenza dei figli è il segno della fine, la promessadi un futuro e di speranza coincide con il loro possibileritorno. Torneranno dalla terra d’esilio, dal «paese nemi-co»: per ricostruire un futuro è necessario che cessi laminaccia di morte, che sottopone la vita dei figli a unaprecarietà logorante e distruttiva. «Torneranno i tuoi figlinella loro terra»: perché il lamento delle madri private disperanza possa trovare consolazione, i figli devono potertornare ad abitare la «loro terra». Solo così essa potrà tor-nare ad essere il luogo della promessa, il dono destinatoda Dio al suo popolo, spazio di vita e benedizione.

dalla loro terra e condotti in esilioverso Babilonia (Geremia 40,1).

Non c’è consolazioneNei figli è racchiusa la speranza e ilfuturo di un popolo intero: la loroperdita segnala una fine inesorabile,perché il futuro scritto nella carne deipiù giovani, racchiuso nella loro po-tenzialità di vita, è stato crudelmentecancellato. Una possibile ambivalen-za del testo ebraico ci dà la misuradella tragedia: «perché non sono più»può anche essere tradotto «perchénon siamo più». Nella perdita dei figlicausata dalla violenza di un nemico– Erode per Matteo, Babilonia perGeremia – si vive in altre parole laperdita di sé, una sorta di autodistru-zione drammatica, causata dalla can-cellazione del futuro possibile.

Per questo dolore non c’è conso-lazione: «Rachele rifiuta di essereconsolata». Se la consolazione indicauna svolta e una ripartenza possibi-le, il suo rifiuto segnala non solol’impotenza di fronte a un piantoche non può cessare, ma anche l’im-possibilità di un nuovo inizio. Ma il

parolaeparoledi Benedetta Rossi

trage degli innocenti: questa lapidaria definizione riassumenell’immaginario collettivo la crudeltà con cui Erode si accani-sce contro i «bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo

territorio e che avevano da due anni in giù». Il vangelo di Matteo rac-conta di una violenza inaudita, con cui un governante – colui cheavrebbe dovuto essere guida e pastore, garante e promotore della vitadel popolo a lui affidato – si accanisce contro i più piccoli, turbatodalla notizia improvvisa che c’è un altro «re dei Giudei» (Matteo 2,2).La nascita di un bambino, con la promessa e il futuro che egli portacon sé, provoca paura, intolleranza e follia omicida. Nella mente di

UN GRIDO IN RAMA,PERCHÉ NON SIAMO PIÙ

Erode c’è spazio per un solo sovranoe un solo potere: il suo; ogni possibi-lità di condividere questa posizionedi privilegio con un altro è esclusa.Nel paese di Erode non c’è spazioper nessun’altra regalità che non siala sua, e questo trasforma il voltodella terra: da luogo di sicurezza egaranzia di una vita possibile, essatorna a essere lo spazio dove si rin-nova il dramma della violenza fratri-cida (Genesi 4,8).

Così dalla terra si leva un grido: sein Genesi 4,10 era la voce del sanguedell’innocente ucciso a salire fino aDio, adesso Matteo 2,18 ci fa sentire il grido straziante diuna madre, il pianto inconsolabile di Rachele: «Un gridoè stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande:Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolataperché non sono più». Attraverso una citazione di Gere-mia 31,15, l’evangelista fa udire il lamento di Rachele, lasposa amata di Giacobbe: una donna sofferente per lasua sterilità, che ha desiderato intensamente la nascitadi un figlio. Una madre che – secondo il racconto di Ge-nesi 35,16-20 – muore nel dare alla luce il suo secondo-genito Beniamino.

Adesso in un paradossale rovesciamento Rachele vive,ma il suo vivere è segnato da un dolore senza fine, unpianto inconsolabile, perché i suoi figli «non sono più».Il grido di Rachele si ode «in Rama», il luogo da dove par-tivano incatenati in fila gli abitanti di Giuda, strappati

Rachele urla il dolore perla strage dei suoi figliinnocenti. Un dramma

che si ripete nella storia.E che l’ambivalenza

del testo biblicoautorizza a interpretare

come angosciaper l’annullamentodel “nostro” futuro.

Ma il Signore prometteil ritorno dall’esilio

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tutto se si considera che i centri di ac-coglienza istituzionale sono al collas-so e che lo Sprar è sostanzialmente giàesaurito nella sua disponibilità di po-sti. Inoltre questi flussi di persone, chetrovano nell’operazione Mare No-strum un sicuro sistema di salvatag-gio, potrebbe andare incontro a rottepiù rischiose se si dovesse decidere diinterrompere le operazioni in mare.

Stiamo vivendo, in effetti, una si-tuazione paragonabile a quella del2011, i cui numeri saranno probabil-mente superati di molto. È un’ulterio-re, drammatica conferma della neces-sità di realizzare il più presto possibileun sistema integrato di accoglienza,con una regia precisa e responsabilitàchiare, oltre a risorse adeguate. Èquanto ha recentemente chiesto la

Caritas Italiana in un incontro con ilsottosegretario agli interni DomenicoManzione, che ha assicurato un coin-volgimento delle associazioni nel ta-volo di coordinamento nazionale dicui già fanno parte regioni, Upi, Anci eministeri competenti, oltre all’Unhcr.

L’Italia, in ogni caso, si trova suomalgrado a vivere una stagione straor-dinaria, che la vede protagonista diun’operazione umanitaria senza pre-cedenti, il cui valore, però, rischia di es-sere fortemente compromesso dallacronica impreparazione sul piano delsistema nazionale di accoglienza. Que-sto aspetto rischia di indebolirci forte-mente davanti a un’Europa che noncapisce, o fa finta di non capire, che ilnostro paese ha doppi confini: nazio-nali ed europei. All’atto pratico, ciò acui stiamo assistendo è affare non solodell’Italia, ma dell’Europa tutta.

Strategie sinora insufficientiInvocare l’Europa non significa solopensare ai fondi comunitari cui attin-gere, ma anzitutto affrontare un feno-meno, quello migratorio verso le no-stre coste, che sta cambiando. Moltedelle persone che giungono in Italiaconsiderano il nostro paese semplice-mente come terra di passaggio, per-ché diretti verso il nord Europa. È ilcaso dei siriani e degli eritrei, che ve-dono nella Germania e nella Svezia lameta finale dei loro lunghi viaggi della

speranza. Non è così invece per i sub-sahariani, che si fermano nel nostropaese da un lato cercando protezione,dall’altro scontrandosi con una diffi-denza crescente e con una crisi che inEuropa non risparmia nessuno.

Il Front National di Marine Le Pen inFrancia, l’Fpö di Heinz Christian Stra-che in Austria, il Partito per la libertà inOlanda, la Nuova alleanza fiammingao il Movimento dei Veri finlandesi, finoalla Lega Nord nel nostro paese, sonosolo alcune delle forze politiche euro-pee che rivendicano il blocco delle mi-grazioni, la limitazione dei diritti per leminoranze o per i “nuovi arrivati”. Il lo-ro verosimile successo alle elezioni eu-ropee (l’articolo è stato scritto primadel 25 maggio, ndr) può compromet-tere la possibilità di costruire un’Euro-pa dei diritti, democratica, solidale,coesa, di pace, libera dal razzismo.

È dunque urgente e non più rinvia-bile una riflessione di sistema, anzi-tutto sulla mancanza di programma-zione di interventi sinergici e con-giunti a livello europeo, per mettere inatto quei “canali umanitari” che con-sentano alle persone che comunquearriveranno nei nostri paesi, di non ri-schiare costantemente la vita comeaccade in queste settimane. Pensareall’attuazione di canali umanitari si-gnifica anzitutto fare scelte politicheprecise, scaturite dalla presa di co-scienza che i respingimenti e le stra-tegie escogitate finora non sono evi-dentemente né sufficienti né tanto-meno adeguati a gestire la richiesta diprotezione internazionale: trafficantie migranti stessi, infatti, hanno unacapacità di ridefinirsi nel progetto e

L’Italia vive una stagione straordinaria,protagonista di un’operazione umanitariasenza precedenti, il cui valore, però, rischia

di essere compromesso dalla cronicaimpreparazione del sistema di accoglienza

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nazionale migrazioni

Sbarchi record sullecoste italiane da inizio2014. Presidiamofrontiere continentali,ma le nostre carenzesono un alibi perl’Europa. Approcciosempre emergenziale,mancano un pianonazionale d’accoglienzae canali umanitari: chi emigra non deverischiare la vita

all’inizio dell’anno a metàmaggio gli stranieri arrivativia mare sulle coste italianeerano (dati certificati dalnostro governo e dalle au-

torità europee) ben 26.220: l’800% inpiù rispetto ai 2.500 arrivati nellostesso periodo del 2013. E il trendnon accennava a diminuire: sulle co-ste siciliane e in pugliesi si sono regi-strati 1.053 arrivi il 10 maggio, 1.295arrivi il giorno seguente, 932 il suc-cessivo… tutti provenienti da Eritrea,Siria e paesi sub-sahariani.

Quanto alle richieste d’asilo, secon-do i dati dell’Unhcr (l’Alto commissa-riato Onu per i rifugiati), le domanded’asilo nel 2013 sono state 27 mila,mentre nei primi mesi di quest’annogià 13 mila. La serie dei numeri si fa poitragica, quando si conteggiano inci-denti e morti in mare: secondo l’Unhcr,da gennaio a fine aprile erano state piùdi 170 le persone morte in diversi nau-fragi nel tentativo di raggiungere l’Eu-ropa, al largo di Libia, Grecia, Italia e in

acque internazionali. Vittime a cui sivanno ad aggiungere più di 30 personemorte il 6 maggio a 50 chilometri a estdi Tripoli, nel naufragio di una barcadiretta in Europa. Sei giorni dopo,un’altra imbarcazione si è rovesciata, acirca 100 miglia a sud di Lampedusa.Dopo l’iniziale recupero di 17 corpisenza vita, ci si è dedicati alla ricercadei più di 200 dispersi. E il Viminale in-forma costantemente di continui sal-vataggi in mare di persone che vengo-no poi condotte nei porti italiani.

Regia, responsabilità, risorseL’accoglienza nei territori italiani èdunque fortemente sollecitata, damesi, da un numero crescente di arri-vi. La rete delle Caritas diocesane hapermesso fino a oggi di accogliere cir-ca duemila profughi dal Piemonte allaSicilia (al netto delle accoglienzeSprar, il sistema nazionale “non emer-genziale” per richiedenti asilo, cui si èdata ampia disponibilità). Ma questosforzo non sembra sufficiente, soprat-

di Oliviero Forti

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perchéMasiamo sempre impreparati?

CI FANNO VERGOGNAREMigranti tratti in salvo dallaMarina sono sbarcati sulle costeitaliane. A destra, papa Francescoonora i morti in mare gettandofiori al largo di Lampedusa

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Non molti lo sanno, perché l’attenzione è rivolta quasi sempre altrove. Ma Gorizia è a tutti gli effetti una frontiera esposta al fenomeno migrato-rio. Magari meno di altre realtà, ma anche qui c’è un flusso costante di migranti, che scelgono i confini orientali per arrivare in Italia. Via terra.

Negli ultimi tempi i numeri si sono fatti più corposi. Non che sia la pri-ma volta, per Gorizia e dintorni: «Nel 2000 transitarono da qui circa 17 mi-la persone che sfuggivano dalla crisi balcanica – ricorda don Paolo Zuttion,direttore della Caritas diocesana isontina – e anche nel biennio 2007-2008 ci fu un picco di presenze: 1.700 persone bussarono alle nostre por-te, arrivammo ad accoglierne fino a 140 contemporaneamente, mandatevia dal Cie di Gradisca d’Isonzo senza meta, spesso anche in piena notte».

Oggi a Gorizia arrivano molti afgani, pachistani ed eritrei, tanti richieden-ti asilo. Arrivano a Gorizia, ma anche a Trieste e Tarvisio, dove lo scorso lu-glio furono registrati circa 400 accessi. Senza tener conto di quelli che en-trano senza essere registrati. «Attualmente a Trieste – racconta don Zuttion– ci sono oltre 260 afgani e pachistani, accolti nelle strutture Caritas e di al-tri enti del terzo settore. Gorizia ospita invece 27 afgani in un albergo e altri35 divisi tra le strutture Caritas e alloggi di fortuna di varie parrocchie».

Tali dati confermano che il flusso migratorio via terra, al confine nord-orientale del nostro paese, continua a essere presente, seguendo percorsi di-versi: alcuni passano per Turchia e Grecia, infine in traghetto arrivano a Trie-ste; altri si dirigono in Romania, Ungheria e Slovenia per poi giungere, senzamolti intoppi, a Gorizia. Alcuni sono di passaggio, diretti verso Austria e nordEuropa; per altri la meta è proprio l’Italia, alle prese con la cronica assenzadi una politica strutturale di accoglienza. «La Caritas è da sempre in prima linea nell’accoglienza, ma viviamo, come nel resto d’Italia, di emergenze.Non siamo ben strutturati. E non si è capito che quella dei profughi non è piùun’emergenza: va avanti da troppo tempo, da qualche decennio addirittura.È una costante, pur con picchi più o meno elevati – considera don Paolo –. Il territorio accoglie queste persone, ma non mancano momenti di tensione».

Serve un piano specifico Tensioni si sono manifestate a Gradisca d’Isonzo, dove – nell’ex casermaPolonio – fino a qualche mese fa accanto al Cara c’era anche un Cie, ora chiuso. E tensioni hanno interessato di recente anche Gorizia, doveprefettura e comune hanno avviato un confronto, che potrebbe portare a breve alla sistemazione, in un’ala non utilizzata della casa di riposo comunale “Angelo Culot”, di un certo numero di richiedenti asilo, con un orizzonte temporale lungo e stabile. Tutto ciò ha scatenato però unaridda di opposizioni e commenti negativi.

Sullo sfondo, l’annosa dicotomia tra emergenza proclamata e fenomenostrutturale: «Ogni volta è la stessa storia – analizza don Zuttion –: la prefettu-ra ci chiama e ci chiede se abbiamo posti disponibili, perché arriverannonuovi migranti, spesso senza neanche sapere se maschi o femmine. Si affronta la questione con dilettantismo. La frontiera orientale ha bisognodi uno specifico piano per l’accoglienza, lo ripetiamo da anni alle istituzioni. Bisogna capire che il fenomeno migratorio richiede strutture dedicate e sempre disponibili, oltre a persone che se possano occupare. E non si puòfare affidamento solo sul volontariato, che pure è attivo e numeroso…». [a.r.]

GORIZIAFronte orientale, nulla di nuovo:«A ogni picco la stessa storia…»

L’operazione Mare Nostrum assolvea un ottimo compito, perché raccogliei migranti dalle imbarcazioni. Ma dopo?

La logica è salvarli in mare, per lasciarlimorire sulla terraferma?

altre spese... In questo quadro si inne-stano le ondate migratorie. Il territorio,soprattutto Augusta e le sue parroc-chie, cerca di sopperire come può. Mase i flussi continueranno a questo rit-mo, avremo presto grossi problemi».

Resta il nodo centrale della questio-ne: l’assenza di un approccio struttu-rale. «All’emergenza si risponde inemergenza: convogliando tutte le for-ze possibili su una criticità, ma per undeterminato periodo di tempo, comeavvenne qui per il terremoto del 1990.Ma io non so neanche più se quella deimigranti sia un’emergenza – sferza ilsegretario della Caritas siracusana –. Avolte penso addirittura che non ci siinteressi neanche dell’emergenza...L’operazione Mare Nostrum assolve aun ottimo compito, perché raccoglie imigranti dalle imbarcazioni. Ma do-po? La logica è salvarli in mare, per la-sciarli morire sulla terraferma? C’è unpiano istituzionale chiarissimo di ge-stione dell’emergenza in mare, manon c’è alcun piano per la gestione deimigranti sbarcati. Tutti ne parlano, masembra che nessuno voglia affrontareconcretamente il problema».

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In provincia di Siracusa almeno 15mila arrivi in pochi mesi. Sotto pressionesoprattutto Augusta. Problema nel problema, i minori non accompagnati

icilia. E Siracusa. La frontierapiù esposta agli sbarchi deimigranti, specie dopo l’avviodell’operazione navale “MareNostrum” e la chiusura dei

centri di accoglienza di Lampedusa.Dall’inizio dell’anno sono più di 15mila, approssimati per difetto, i mi-granti sbarcati sulle coste di Ortigia.Arrivano a gruppi di centinaia; non dirado, anche mille o più per volta. Edè inevitabile che il territorio fatichi areggerne il peso. «”Mare Nostrum” ri-versa sulle coste siracusane, in parti-colare sulla città di Augusta, un nu-mero impressionante di migranti –conferma don Marco Tarascio, segre-tario della Caritas diocesana di Sira-cusa –. Dovrebbero essere pensate ri-sposte convincenti e coerenti perquesti migranti, molti dei quali vor-

rebbero andare nel Nord Europa. Lamaggior parte non vuole fermarsi, eper questo rifiuta l’identificazione,cercando di non essere bloccato inItalia con una richiesta di asilo che to-glierebbe loro la possibilità di prose-guire. Ma il problema non si ponetanto con gli adulti, quasi subito tra-sferiti nei vari centri d’accoglienza. Laquestione vera riguarda i minori (cir-ca il 10% del totale), non gestiti dalministero dell’interno, ma a caricodel comune in cui sbarcano».

Ad Augusta il comune è commissa-riato per mafia dal marzo 2013 e alleprese con un bilancio provvisorio. «Al-cuni minori vanno via dal Siracusanoperché hanno altre mete – spiega donTarascio –. Quelli che rimangono, e chedovrebbero stare nelle strutture di pri-ma accoglienza per un massimo di 48

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nelle rotte migratorie che stupisce. Espesso lascia del tutto impreparati.

Una delle preoccupazioni che stan-no davanti ai governi, in questa fase, ri-guarda l’aspetto economico, di ordinepubblico o di organizzazione logisticadell’emergenza. L’Italia, in questa deli-cata fase storica, ha l’occasione di pro-porsi come “formulatore” di proposteefficaci per la lettura, la valutazione cul-turale e l’interpretazione del fenomenomigratorio e per la possibile soluzione,sotto il profilo umanitario, delineata daprospettive “ordinarie”, che cammininocontestualmente alla gestione del-l’emergenza. Sarebbe auspicabile unastrategia a medio termine, che coinvol-ga i governi dei paesi di provenienza deimigranti, perché diventino partner af-fidabili, e capaci di porre il rispetto deidiritti umani al centro del loro operato.Nel breve termine è difficile poter pen-sare ad altro, se non a come garantire,a chi riesce ad arrivare sulle nostre co-ste, un'accoglienza dignitosa, degna diun paese e un continente civili.

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ore, finiscono spesso per restarvi una odue settimane: è difficile trovare lorouna sistemazione nelle comunità allog-gio, che non hanno più posti disponi-bili. Siamo in un’emergenza, assoluta:non ci aspettavamo questo immensoflusso di migranti. I problemi sono tan-ti: di recente abbiamo lanciato un ap-pello per la raccolta di indumenti perragazzi, soprattutto pantaloni e scarpe.Non riusciamo più a farcela da soli…».

Salvarli in mare,abbandonarli in terraIl territorio siracusano era e rimane po-vero, alle prese con mille difficoltà:«Questa mattina – ricapitola don Tara-scio – al centro d’ascolto diocesano so-no venute una cinquantina di persone,tutte italiane, per chiedere aiuto nelpagamento dell’affitto, delle bollette, di

di Alberto Rizzardi

«Numeri impressionantiin un territorio già in affanno»

SCAMPATI,SPAESATISopravvissutia un naufragioin attesa diessere sbarcatia Catania dallafregata Grecale

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a morsa della crisi econo-mica non si allenta. Gli in-dicatori di povertà e di di-soccupazione non dannosegnali di miglioramento.

In Italia le persone in povertà assolu-ta sono 4,8 milioni (l’8% della popo-lazione). E più di un cittadino su 10 èin cerca di un’occupazione (il 12,7%della forza lavoro). L’ultimo rapportosulla povertà e l’esclusione sociale diCaritas Italiana, dal titolo False par-tenze, muove da una certezza: la ri-presa auspicata nel 2012 risulta pur-troppo ancora lontana. Per superarla,bisogna dunque cercare vie nuove.

Il lavoro di ricerca (disponibile sul

sito www.caritas.it) oltre a delineareun quadro delle tendenze di povertàintercettate e lette dalle 220 Caritasdiocesane, analizza le molteplici ini-ziative messe in campo dalle Chieselocali per contrastare questo scena-rio. Nello specifico, vengono pubbli-cati i dati del quarto monitoraggio(realizzato a cadenza annuale) delleiniziative diocesane di contrasto allacrisi economico-finanziaria. I dati di-mostrano un proliferare di proget-tualità: in soli quattro anni il numerodelle proposte risulta quasi raddop-piato, dai 577 progetti del 2010 ai1.148 del 2013 (+99%). La rilevazione,che coinvolge tutte le diocesi d’Italia,

nazionale welfaredal basso

di Federica De Lauso

Quasi 1.200 progetti di circa 200 CaritasCaritas diocesane perfare fronte agli effettisociali di recessione e disoccupazione.Reggono i modelliclassici d’intervento:fondi di solidarietà,sussidi economici e alimentari,microcredito. Ma si fanno stradaazioni alternative…

Lsi scaccia innovando

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I bestıabruttacrisi,La

NON SOLO ASSISTENZAGiovani si formano in un laboratoriodi elettronica: molte Caritasdiocesane hanno scelto di dedicarei loro progetti a percorsidi orientamento al lavoro e potenziamento delle capacità

10 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4

come condizione per attuare pro-grammi di reclutamento lavorativotemporaneo straniero. L’Italia, insie-me a Francia, Spagna e Svizzera, è trai paesi europei più attivi nel promuo-vere e negoziare programmi di forzalavoro immigrata dipendente tempo-ranea, perché gli attori e i decisori po-litici sanno che è conveniente privile-giare il soggiorno temporaneo dei la-voratori migranti, più che il loro“lungo-soggiornare”.

È risaputo, infatti, che il tempo gio-ca un ruolo fondamentale nell’espe-rienza migratoria dei lavoratori stra-nieri e ha un particolare impatto sulla possibilità di bene-ficiare dei diritti lavorativi e sociali nei paesi didestinazione, inclusi la libertà di associazione, di sinda-calizzazione, il diritto a eguali trattamenti salariali, la for-mazione e l’apprendistato, la protezione sociale e il ricon-giungimento familiare. Questi diritti basilari, riconosciutiperaltro a livello internazionale, sono dunque stati gra-dualmente erosi nel tempo.

Rispetto al passato, e ai vecchi programmi di migrazio-ne temporanea, l’elemento inedito è costituito propriodalla contrazione del tempo di permanenza, che ha con-seguenze generali, normative e disciplinari. Gli studi disettore hanno dimostrato, infatti, che la riammissionenon è semplicemente una misura di esclusione per glistranieri indesiderati attraverso metodi coercitivi, ma neltempo può incidere fortemente sui diritti partecipativitanto dei lavoratori stranieri quanto di quelli autoctoni,

ropa. E tale non può più essere ignorato con superficialità. La consapevolezza e il riconoscimento di questo desti-

no condiviso sono la condizione essenziale per chiedersi,in modo onesto e credibile, se la scelta della temporanei-tà, nelle politiche del mercato del lavoro odierno, non af-fondi le sue radici anche nell’accettazione persistente delsistema delle riammissioni, com’è strutturato oggi.

La sfida del nostro tempo, perciò, è liberarsi dall’illu-sione che la politica del contenimento dei diritti dei lavo-ratori migranti proteggerà noi “autoctoni” dal lavoro atempo determinato e dalla precarietà. È tempo, cioè, disvelare che il sistema delle riammissioni, nelle sue impli-cazioni moderne, è parte integrante di un’architettura ge-nerale che influenza il destino di un’intera collettività, im-pedendole di sognare e pianificare un futuro possibile,con conseguenze deleterie sullo sviluppo economico edumano di un’intera nazione.

RIAMMISSIONI, SISTEMACHE MINA I DIRITTI DI TUTTI

dall’altromondodi Maria Teresa Spinelli

in un contesto contraddistinto da de-regolamentazione delle assunzioni eflessibilità salariale.

Esposti alla vulnerabilitàLa coercizione rappresenta dunquesolo un aspetto dell’intera architetturadel sistema delle riammissioni. Il con-siderevole impatto sulle opportunitàdi crescita professionale, sui diritti la-vorativi e sulla capacità di socializza-zione e di integrazione dei lavoratorimigranti, trasmette al contempo unpiù ampio e preoccupante messaggio(seppur sotteso) alla crescente classedi lavoratori a tempo determinato,part time, stagisti e tirocinanti.

Si può notare una somiglianza tral’incertezza, la crescente instabilità, lascarsa protezione e un’aumentataesposizione alla vulnerabilità (se nonaddirittura la sudditanza) che acco-munano i lavoratori a tempo deter-minato, che siano stranieri o autocto-ni. In sintesi, esiste un tratto condivi-so tra i diritti circoscritti dei lavoratorimigranti temporanei e quelli ugual-mente limitati di una crescente por-zione di forza lavoro autoctona in Eu-

L a riammissione è un sistema coercitivo, normativo e discipli-nante che riguarda l’allontanamento degli stranieri che nonhanno o non hanno più diritto all’ingresso o alla permanenza

nel territorio di uno stato. Negli ultimi trent’anni, essa ha acquisitouna straordinaria importanza nei negoziati bilaterali e multilateralitra Unione europea e stati membri da un lato, e paesi terzi dall’altro,soprattutto attraverso la stipula di accordi informali capaci di ri-spondere in modo flessibile, rapido ed efficace alle necessità con-tingenti del mercato del lavoro. Oggi la cooperazione, in materia diriammissione tra paesi dell’Unione e non, viene infatti presentata

Allontanare stranierisenza più dirittoa restare in Italia.

È una misura-cardinedegli accordi bilaterali

tra paesi Ue e paesiterzi, per disciplinarei flussi di lavoratori

temporanei. Ma questaprecarizzazione

minaccia le condizionidi ogni lavoratore

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Italia). Stazionario invece il microcre-dito, che non rappresenta più l’unicarisposta. Tale pratica, diffusa in Italiaa partire dai primi anni Duemila,consente alle persone in situazionedi povertà e vulnerabilità sociale, icosiddetti soggetti “non bancabili”, diavere accesso al credito. Nell’ambitodelle Caritas diocesane due sono letipologie di microcredito implemen-tate: a favore delle famiglie e a favoredelle imprese. I finanziamenti sonoerogati, per lo più, attraverso l’inter-mediazione di istituti di credito, se-condo convenzioni e accordi stipula-ti su base nazionale o locale, e la re-stituzione avviene attraverso piccolerate mensili. Attualmente 135 sono lediocesi che possono contare su pro-getti di microcredito per famiglie, 64quelle per le imprese.

Si pensa agli stiliUn altro filone di interventi riguarda ilproblema casa. In aggiunta ai serviziresidenziali di prima accoglienza, dasempre promossi e sostenuti dalle Ca-ritas diocesane, si possono elencaretante iniziative destinate a persone in

temporanea difficoltà abitativa, causa-ta spesso dalla precarietà lavorativa. Inparticolare si evidenziano due tipi spe-cifici di intervento: esperienze di pre-venzione del disagio abitativo (magariistituendo fondi di contrasto a possi-bili sfratti) e di creazione di nuovi al-loggi temporanei (appartamenti so-ciali) anche attraverso la ristruttura-zione di abitazioni sfitte.

Ma in tempo di crisi non si inter-viene solo con servizi e beni materiali.È necessario ripensare anche ai mo-delli e agli stili di vita. Molti i progettiche, in tal senso, battono sentieri in-novativi, orientandosi all’educazionee all’animazione in termini di consu-mo critico e consumo responsabile,nella logica della sobrietà, della soli-darietà (nazionale e internazionale) edella salvaguardia dell’ambiente. C’èanche chi propone percorsi di ac-compagnamento alle famiglie per larevisione dei bilanci familiari e il ri-pensamento delle abitudini di spesa,nel rispetto dei reali bisogni.

«Da anni ci chiediamo quale sia il modo migliore per aiutare le famigliein grave difficoltà a causa della crisi. A lungo abbiamo lavorato sul capi-tolo delle entrate dei bilanci familiari, interrogandoci su come reperirepiù soldi e trovare lavoro a chi ne aveva bisogno. Ma lavoro ormai ce n’è poco... Allora abbiamo cambiato prospettiva, iniziando a ragionaresul capitolo delle uscite: come limitarle? Reperendo beni e servizi senzauso del denaro». Così Elena Galeazzi, responsabile dell’Osservatorio dellepovertà della Caritas diocesana di Forlì-Bertinoro, spiega da dove è natal’idea del progetto “Economia di prossimità”. Non una singola azione, ma una rete di iniziative, in parte già esistenti nel territorio, che messeinsieme permettono a molte famiglie di procurarsi quel che serve – dal cibo ai vestiti, dai mobili a servizi come il babysitteraggio o lo scam-bio di passaggi in auto – senza bisogno di soldi, o a cifre simboliche.

Alcune esperienze esistevano già, come i gruppi di acquisto solidaleo le banche del tempo: la Caritas romagnola ha pensato di farle cono-scere e mettere in rete, promuovendole nelle parrocchie. È stata lancia-ta, inoltre, la “Fiera del baratto e del riuso”: nel 2013 oltre quindici appuntamenti, che hanno coinvolto circa 300 famiglie, per scambiarevestiti, giocattoli, arredi... «Non è un mercatino – precisa Galeazzi – perché non circolano soldi: per ciascun oggetto portato viene assegnatoun gettone, utilizzabile per “comprare” qualcos’altro. Una maglietta e una libreria valgono entrambe uno, quindi possono essere scambiate».

Oppure c’è Recuperandia, un laboratorio in cui imparare a riciclarein maniera creativa oggetti non utilizzati o materiale di scarto: bustedel caffè diventano portamonete, vecchie tappezzerie si trasformanoin tovagliette. «È molto utile per creare giocattoli originali per bambini– spiega la responsabile Caritas –. Molti risparmiano sui regali, si sa che i compleanni dei compagni di scuola dei figli possono diven-tare un salasso…».

E poi ci sono iniziative di adozione tra famiglie, per supportare chi sta vivendo difficoltà economiche, o gemellaggi tra chi ha a disposizionelocali sfitti e chi ha perso la casa. Le famiglie che ne beneficiano sonoquelle che vengono considerate “normali”. «Il discrimine è la presenza di figli minori – conclude Elena Galeazzi –. Chi ha bambini piccoli ha una quantità di spese e bisogni a cui non riesce a far fronte spessonemmeno se in casa entrano due stipendi. Sono nuclei che non arrive-rebbero ai centri di ascolto, che non sono ancora sotto la soglia di po-vertà. Ma che non sanno più come muoversi». [Marta Zanella]

FORLÌ-BERTINOROIl baratto sistema il bilancio:«Meglio ragionare sulle uscite…»

PER L’AMBIENTE,CONTRO LA POVERTÀDonne, comprese le volontarie,in uno dei laboratori avviatidalla Caritas di Forlì-Bertinoro

12 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4

si sofferma sui progetti esplicitamen-te avviati per fronteggiare l’attualeemergenza sociale. Vengono quindiescluse le tradizionali attività di aiutomateriale (mense, centri di ascolto,dormitori, case di accoglienza, ma-gazzini di distribuzione beni primari)non orientate ai cosiddetti “nuovi po-veri” e che registrano comunque unaumento dell’utenza.

Concertazione vincenteIn concreto, quali sono le risposte lo-cali alle continue richieste di soste-gno formulate dalle famiglie in diffi-coltà? Tra le prassi più diffuse si pos-sono annoverare i fondi diocesani disolidarietà, attivi oggi in 163 diocesi(il 74,1% del totale).

Numerose sono anche le propostesul fronte del lavoro. In particolareaumentano i servizi di orientamentoe consulenza, così come le iniziativetese alla formazione e alla riqualifi-cazione professionale. O, ancora, iprogetti di politica attiva del lavoro(voucher, stage, borse lavoro) finaliz-zati al reinserimento professionaledi persone in difficoltà. La carta vin-cente di tali iniziative risiede nellaconcertazione e nella collaborazionetra più enti (centri per l’impiego, co-

muni, province, cooperative, fonda-zioni, parrocchie, ecc).

Una vistosa crescita si registra an-che per i progetti volti a favorire l’ac-

cesso ai beni di prima necessità: ma-gazzini di vendita, empori e botteghesolidali sono presenti attualmente in109 diocesi (la prevalenza è nel nord

Il modello è quello classico delle “adozioni a distanza”.Qui, però, hanno scelto di adottare le famiglie della por-ta accanto. E per questo l’hanno chiamato “Adozione a vicinanza”. È il progetto proposto dalla Caritas dioce-sana di Ragusa per sostenere le famiglie vittime dellacrisi, non solo con un aiuto economico, ma anche conun accompagnamento nella quotidianità. Nell’ultimoanno e mezzo sono state realizzate quasi trenta adozio-ni (compreso qualche sacerdote, che si è fatto carico di propri parrocchiani). «I contributi servono per pagarel’affitto, a volte le spese alimentari (soprattutto se incasa ci sono bambini piccoli) e spesso le spese medi-che, persino qualche viaggio necessario per affrontareun ricovero – spiega il direttore della Caritas di Ragusa,Domenico Leggio –. Ma oltre a dare il sostegno econo-mico, diverse famiglie hanno scelto di essere accantoai propri “gemellati” anche con l’amicizia». E così c’èstato chi, oltre a pagare le spese sanitarie, si è offerto

di accompagnare il nuovo amico in ospedale, chi hafatto da mediatore nei casi di insolvenza dell’affittotrattando con il proprietario, chi di adozioni ne ha fatteaddirittura quattro…

I casi in cui, grazie all’adozione, il problema si è risol-to definitivamente? Pochi. Ma ce ne sono stati. Unadonna, madre di tre figli già grandi ma ancora studentied economicamente dipendenti da lei, grazie all’adozio-ne ha trovato velocemente una prima soluzione, dopoaver perso la casa. E quando, subito dopo, sono emersiproblemi di salute, la famiglia adottante l’ha accompa-gnata nel percorso di ricerca di una diagnosi: scopertoche si trattava di un’allergia legata all’appartamentostesso, l’hanno aiutata a trovare una seconda casa. «La donna ha contribuito all’affitto per quanto poteva – precisa Leggio –: l’obiettivo è responsabilizzare sia chiaiuta sia chi viene aiutato». Per non creare assistenziali-smo e nuove forme di dipendenza. [m.z.]

RAGUSA«Ho adottato il mio vicino di casa»:l’aiuto materiale si trasforma in amicizia

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L’analisi comincia dagli indicatorieconomici. Confermando che siamoentrati in un periodo di reale contra-zione delle risorse impegnate dalServizio sanitario nazionale: la spesaè diminuita dai 100,3 miliardi del2009, secondo un trend costante-mente rafforzatosi fino al 2012 (a va-lori correnti, -1,8% rispetto al 2011).Diminuisce inoltre la spesa per la re-munerazione del personale sanitario,scesa nel 2011 a 36,149 miliardi dieuro (-1,4%rispetto al 2010), mentreaumentano le spese a carico delle fa-miglie: la spesa procapite per l’acqui-sto di farmaci, per esempio, è più che raddoppiata in me-no di dieci anni (da 11,3 euro del 2003 a 23,7 euro nel2012, passando dal 5,2% al 12,2% del totale della spesaper farmaci).

Donne, quasi due su treA partire dal 2010, anche la dotazione di personale nellestrutture pubbliche sta subendo evidenti contrazioni, co-me testimonia il tasso di turnover, sceso oltre il 78%. Si re-gistra quindi una forte carenza di personale giovane, conriflessi negativi sull’occupazione qualificata e un depau-peramento progressivo delle migliori risorse del paese.

Nel 2011, a livello nazionale, il personale dipendentedel Ssn era composto prevalentemente (75,5%) da per-sone di 40-59 anni. Oggi è più elevata la quota di perso-nale di età maggiore o uguale a 60 anni (5%), rispetto aquella di età minore di 30 anni (3%). In proposito, si re-gistrano marcati divari regionali: nel nord è più elevata la

duzione ed è passato da 112,6 nel 2006 a 105,9 nel 2010per diecimila tra gli uomini e da 68,7nel 2006 a 66,8 nel2010 per diecimila tra le donne. Dal 2006 al 2010, i tassidi mortalità per malattie cardiovascolari sono passati peri maschi da 41,1 a 37,2 per diecimila individui, per lefemmine da 28,4 a 26 per diecimila individui.

Si muore meno anche per tumori maligni, malattie delsistema circolatorio, malattie dell'apparato digerente ecause di morte violenta, ma si muore di più per disturbipsichici e comportamentali e malattie del sistema nervo-so. Per le donne i miglioramenti nella sopravvivenza sidevono soprattutto a riduzione della mortalità per ma-lattie del sistema circolatorio, infatti le donne hanno gua-dagnato 131giorni di vita dal 2006 al 2010 per riduzionedella mortalità per queste malattie. Un contributo nega-tivo che pesa sulla speranza di vita femminile è la morta-lità per disturbi psichici e per malattie del sistema nervo-so (che hanno tolto 27giorni di vita alle donne tra 2006 e

SALUTE ALL’ITALIANA,DIAGNOSI DOLCEAMARA

percentuale di personale di età mi-nore di 30 anni (in particolare, inLombardia, Veneto ed Emilia-Roma-gna), mentre nel centro-sud e isoleprevale la componente di personaleover 60 (in particolare in Lazio, Cam-pania e Sicilia). L’analisi dimostrainoltre che le donne rappresentano il64,7% del personale dipendente.

Le contrazioni di risorse e perso-nale si ripercuotono inevitabilmentesul volume dell’assistenza erogatadal Ssn. A partire dal 2010 si osservauna sua contrazione la spesa a prezzicostanti (quella depurata dall’infla-zione): nel 2012 la spesa a prezzi cor-renti (111miliardi) è scesa rispettoal 2011 (113 miliardi).

L’impatto degli stiliSul fronte della salute dei cittadini, al-cuni indicatori offrono invece segnalipositivi, come dimostra la diminuzio-ne della mortalità per le malattie delsistema cardiocircolatorio, che hacontribuito in misura maggiore all’au-mento della speranza di vita in Italia.

Complessivamente, in Italia il tas-so standardizzato di mortalità è in ri-

L a spesa dei cittadini italiani per farmaci e prestazioni? È rad-doppiata in dieci anni. Ma sono sempre più sguarniti repartie strutture. E migliaia di medici e infermieri vanno a lavorare

all’estero. Senza investimenti e con tagli continui, il sistema sani-tario italiano rischia di saltare. È questa, in estrema sintesi, la dia-gnosi offerta dall’undicesima edizione del Rapporto Osservasalute(2013), approfondita analisi dello stato di salute della popolazionee della qualità dell’assistenza sanitaria nelle regioni italiane, predi-sposta dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane,che opera presso l’Università Cattolica di Roma.

Interessante edizionedel “Rapporto

Osservasalute”, sullasituazione sanitaria

degli italiani el’assistenza loro offerta.

La spesa si contrae dal 2009, il personale

invecchia, dalle regionidel Sud si emigra

per le cure. Ma il tasso di mortalità diminuisce…

databasedi Walter Nanni

14 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4

Da non dimenticare, infine, sem-pre in questo filone, tante diversifi-cate e innovative buone prassi che sisperimentano nelle diocesi italiane:fiere del baratto, banche del tempo,orti solidali e altre forme aggregate diautoproduzione di beni, vacanze incondivisione, car sharing. Un nuovofilone di iniziative, in particolare, ri-guarda l’ambito alimentare: moltiprogetti sono orientati ad attivareprocessi e percorsi inediti per il repe-rimento delle scorte alimentari dadestinare ai poveri; d’altro canto, siassiste a un’articolata mobilitazioneculturale e animativa, per sensibiliz-zare la comunità sul corretto uso dibeni e risorse. Vi sono Caritas impe-gnate nel recupero di pasti in disa-vanzo dalle strutture pubbliche co-me le aziende sanitarie (Asl), in vistadi una successiva distribuzione agliospiti dei dormitori, o che – grazie aconvenzioni con catene di super-mercati – distribuiscono i prodottiprossimi alla scadenza alle mense

socio-assistenziali. Il tutto, in alcunicasi, favorendo anche l’inserimentoprofessionale di persone con disabi-lità. Meritano menzione anche le ini-ziative di animazione al corretto uso

dei beni alimentari, con corsi di cu-cina e gestione della spesa; o ancorale numerose occasioni di sensibiliz-zazione e raccolta di generi alimen-tari organizzate davanti ai supermer-cati. Tutte chiare dimostrazioni dicome si possa rispondere alla crisi inmaniera efficace e innovativa, con-tribuendo al contempo a rinnovareanche l’economia.

Il bilancio? Positivo. Anche stando a un primo sguardo ai numeri. Fino al 2012 la Caritas diocesana gestiva unFondo straordinario di solidarietà, come molte altre dio-cesi italiane: dal 2008, in quattro anni, ha distribuito450 mila euro, che però non hanno permesso di vederequasi nessuno uscire dalla situazione di crisi. Allora, dueanni fa, a Vittorio Veneto hanno provato a cambiare mar-cia. Ed è partito “Cinque pani e due pesci”, progetto cheinveste le risorse economiche nella creazione di posti di lavoro, seppur temporanei, tramite il sistema dei vou-cher. «Finora abbiamo speso 220 mila euro, ma abbia-mo permesso di trovare piccoli impieghi a circa 450 per-sone – fa i conti Mara Cartai, della Caritas diocesana –.Quando una persona avanza una richiesta di aiuto perlavoro a uno dei nostri centri d’ascolto, noi anzitutto cer-tifichiamo la mancanza di lavoro, la situazione economi-ca della famiglia tramite Isee e coinvolgiamo i servizi sociali del territorio». A quel punto ci sono i colloqui percapire le competenze della persona e studiare il miglioraccoppiamento lavoratore – possibile datore di lavoro.Infine viene assegnato l’impiego.

Si tratta di impegni di 50 ore, in cui il lavoratore in-tasca 7,50 euro netti l’ora, e possono riguardare assi-stenza a persone anziani e disabili, ripetizioni scolasti-

che, lavori in cucina, giardinaggio e cura del verde,mansioni di segreteria o magazzino, servizi di lavande-ria e pulizia, imbiancatura e piccola muratura, solita-mente presso cooperative, istituti religiosi e parrocchie,comuni, scuole o istituzioni pubbliche, ma anche anzia-ni che necessitano di aiuto per le incombenze quotidia-ne e domestiche.

Quasi la metà dei lavoratori inclusi nel progetto sono40-50enni, la fascia più a rischio di esclusione dal mer-cato del lavoro. È il caso di un cinquantenne, conosciutoin città per le sue difficoltà psichiche e per essere mem-bro di una nota famiglia locale, che non aveva mai avutoun lavoro nella sua vita: «Eppure l’esperienza con noi si è rivelata molto positiva. Ora cura la manutenzionedel parco di una casa privata, con grande precisione e passione. Svolge un lavoro egregio, che sarebbe bellopermettergli di proseguire».

Anche la collaborazione con servizi sociali e comuniha funzionato: «Per la prima volta abbiamo creato una rete tra soggetti, pubblici e privati, che cercano di dare risposte alla crisi – conclude Cartai –. Per questo speria-mo di poter proseguire, ad esempio creando la possibilitàdi tirocini. Datori di lavoro che si sono trovati bene potreb-bero attivare collaborazioni più continuative…». [m.z.]

VITTORIO VENETO“Cinque pani e due pesci”, cosìti moltiplico occasioni di lavoro

VERDE SPERANZAAgricoltura e giardinaggio al centrodi diversi progetti anti-crisi, compresiquelli proposti da molte Caritas

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nazionale welfaredal basso

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I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4 17

o scorso 24 aprile il ministerodel lavoro e delle politiche so-ciali ha presentato al “Tavolodi partenariato per la predi-sposizione dei Programmi

operativi del Fondo di aiuti europei agliindigenti (Fead)” l’attesa proposta perl’utilizzo delle risorse del nuovo fondo.Si chiude così la fase istruttoria nazio-nale, che rende possibile l’invio, allaCommissione europea, del Piano ope-rativo. Quest’ultimo, una volta appro-vato, renderà possibile l’utilizzo delFondo, che consentirà di continuareanzitutto gli interventi di carattere ali-mentare a favore delle famiglie poveredel nostro paese.

Il nuovo regime degli aiuti europeiha obiettivi più larghi dell’ormai chiu-so Programma (Pead), che era ancora-to alla politiche agricole comunitariee finalizzato, originariamente, all’uti-

lizzo sociale delle eccedenze. Il nuovoFondo – dedicato a rispondere alle esi-genze di base, non solo alimentari,delle persone deprivate – si propone ineffetti come strumento di risposta auna platea più ampia di bisogni.

Cinque ambiti di applicazioneNella strategia annunciata del gover-no italiano (vedi sintesi nella tabella1), le risorse dovrebbero suddividersitra i seguenti ambiti di intervento:

. POVERTÀ ALIMENTARE, attraverso ladistribuzione di alimenti acquista-ti centralmente – per il tramite del-l’Agea (Agenzia per le erogazioniin agricoltura) – alle organizzazio-ni partner, che provvedono alla di-stribuzione mediante pacchi vive-ri, mense ed empori sociali;. DEPRIVAZIONE MATERIALE SCOLASTICO,tramite la fornitura di materialedidattico ai minori dei nuclei fa-miliari beneficiari del Sia (Sussidioper l’inclusione attiva);. DEPRIVAZIONE EDUCATIVA E SOCIALEDEI MINORI, tramite il supporto amense e attività di doposcuola,per contrastare l’abbandono sco-lastico e la povertà alimentare;. POVERTÀ ESTREMA NELLE GRANDI AREEURBANE, attraverso un mix di inter-venti di distribuzione di beni diprima necessità, inclusione socia-

nazionale aiuti alimentari

di Francesco Marsico

Dal Pead al Fead: l’Italiapresenta il piano perpassare al nuovo regime(voluto dall’Europa) di aiuti agli indigenti. Ora c’è una prospettiva di lavoro, in questoambito. Ma il governo non si pronuncia sulla strategia complessiva di lotta alla povertà

Ma la direzione qual è?ripartesıalimentariAiuti

CARRELLO SOCIALEUna famiglia

impegnata a fare la spesa all’Emporio

della solidarietà di Caritas Roma

Beneficiari degli aiuti per aree geografiche

Nord 1.056.855

Centro 720.636

Sud 1.542.175

Isole 748.584

Italia 4.068.250

2010). Per gli uomini la speranza di vita è aumentata so-prattutto grazie alla riduzione della mortalità per i tumorimaligni (hanno guadagnato 115giorni da 2006 a 2010) eper le malattie del sistema circolatorio (141 giorni).

Gli stili di vita hanno un forte impatto sullo stato di sa-lute degli italiani. In lenta discesa è il dato sui fumatori:nel 2010 fumava il 22,8%degli over 14, nel 2011 il 22,3%,nel 2012 il 21,9%. Diminuisce anche il numero di consu-matori di alcol con comportamenti a rischio: 12,5% nel2011, contro il 13,4%del 2010 tra gli adulti di 19-64 anni,e 11,4%nel 2011 contro il 12,8%del 2010 tra i giovani di11-18 anni (cosiddetto “consumo precoce”).

È invece persistente l’aumento delle persone in ecces-so di peso: il 46% dei soggetti di età maggiore o uguale a18 anni è in eccesso ponderale (era il 45,4% nel 2009, il45,9 nel 2010, il 45,8 nel 2011). Sono proprio le personecon problemi di obesità ad aumentare: sono passati dal10%degli italiani nel 2011 al 10,4%nel 2012. Inoltre, trai minori quasi il 27%di quelli tra 6 e 17 anni è sovrappesoo obeso. Anche perché scarsa e stabile è la pratica spor-tiva: nel 2012 gli sportivi assidui erano, come nel 2011, il21,9% della popolazione con età maggiore o uguale a 3anni. Riguardo all’eccesso di peso nei bambini, il feno-meno è maggiormente presente nelle famiglie con bassolivello d’istruzione, e ciò suggerisce la necessità di imple-mentare le politiche di prevenzione.

Capaci di attrarre pazientiIl Rapporto analizza anche la mobilità ospedaliera, ovverogli spostamenti interregionali dei pazienti per sottoporsi acure, ricoveri e interventi chirurgici. Si parla di “mobilità

regione si trova a pagare ad altre regioni valori di spesa piùelevati di quanto riscosso dalle altre regioni per sostenereanaloghe spese sanitarie in mobilità.

In base all’indicatore di mobilità attiva e passiva, le re-gioni del Nord sono in attivo di 863 milioni di euro (va-lori 2011), quelle del centro registrano una bassa passività(-29 milioni), mentre quelle del Sud assommano 793milioni di saldo negativo. Il conto negativo più salato èstato quello della Campania: oltre 309milionida paga-re ad altre regioni.

Si osserva comunque un trend decrescente nel nume-ro assoluto dei ricoveri fuori regione: si è passati dalle606.192dimissioni in mobilità del 2002 alle 575.678 di-missioni del 2007 alle 505.675 nel 2012. I valori assolutidiminuiscono, anche perché negli anni sono comunquediminuiti i ricoveri ospedalieri nel loro complesso. Nel2012 tutte le regioni meridionali e insulari hanno comun-que continuato a presentare un saldo negativo dei rico-veri in mobilità, con la sola eccezione del Molise. In par-ticolare, continua a essere di particolare intensità il feno-meno in Campania.

attiva” per le regioni capaci di attrarrepazienti che risiedono altrove, di “mo-bilità passiva” quando la tendenza deipazienti è emigrare fuori regione. Il fe-nomeno è misurato utilizzando un in-dicatore economico, corrispondenteal valore di spesa sostenuto da ogniregione per sostenere le spese sanita-rie dei propri cittadini presso altre re-gioni. Il saldo è negativo quando una

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QUESTIONEDI VITAUn cittadinoimpegnatoin una donazione,assistito daun infermiere:la sanità italianapresenta luci, maanche tante ombre

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RIFORMA DELLA BUROCRAZIA,CONVERSIONE DELLA POLITICA

contrappuntodi Domenico Rosati

zamento di carriera, fino al conse-guimento di quelle posizioni apicaliche, a loro volta, condizionano le de-cisioni politiche.

È quindi la politica che deve mu-tare atteggiamento, rompendo inqualche punto la spirale per cui ilministro crede di comandare mentrein realtà obbedisce, senza neppurerendersene conto. La caratteristicapiù rilevante dell’identità burocrati-ca è infatti quella che rifiuta o allon-tana da sé l’onere dell’assunzionedella responsabilità diretta e, in ognicaso, la subordina all’acquisizione diun placet di un’autorità superiore.Così una catena di autorizzazionipercorre l’intera scala gerarchica, eculmina nella puntuale richiesta: «Civuole una legge, altrimenti non sipuò fare».

A questo e altri ostacoli conseguo-no appesantimento delle proceduree dilatazione dei tempi. Ma c’è daaprire anche il capitolo della “compe-tenza” del ceto politico, il che rinviaalla capacità di studiare e padroneg-giare i dossier. Tale competenza eramerce rara già in passato, quando gli

apparati dei partiti provvedevano a formazione e aggior-nare le classi dirigenti. Figurarsi oggi, quando il ceto po-litico affiora dall’indistinto di una società civile che spes-so appare disponibile al… peggior offerente.

Tutto questo non rende meno nobili i propositi di ri-forma, né toglie merito a chi li enuncia. Ma mette in lucealcune essenziali condizioni. La prima: non si dimenti-chi che altri disegni ambiziosi sono rimasti sulla carta.La seconda: si consideri che l’accumulo delle riformemancate è l’argomento più forte a sostegno della tesidella non riformabilità del sistema. La terza: non s’im-magini di trovare una soluzione unilaterale, nella qualela politica in modo esclusivo impone il proprio punto divista. Perché in realtà è la stessa politica che ha bisognodi convertire se stessa, crescendo in competenza, mora-lità e senso delle istituzioni. Per essere in grado di inter-venire in modo credibile sugli apparati che è chiamata aorientare e governare.

N ella sua titanica (o temeraria?) battaglia contro tutte le incro-stazioni del potere, il presidente del consiglio Matteo Renzi,giunto davanti alla trincea della burocrazia, ha deciso, come

si dice in termini militari, di attestarsi a caposaldo. Cioè di assumereuna posizione intermedia tra l’attacco e la difesa. Non ha nascosto,anche qui, i suoi propositi di rottamatore, ma intanto ha promossoun sondaggio tra gli addetti ai lavori.

Insomma un piglio marziale, che evoca certi penultimi proclamidel già ministro Brunetta; ma che – aspetto essenziale – coalizza inposizione contraria i sindacati dei dipendenti. I quali ritengono diavere in mano la soluzione, mentresono essi stessi parte del problema.Anche per questo, una maggior pon-derazione converrebbe a tutti.

Riflettere significa infatti mettere afuoco le numerose questioni di me-rito che il progetto suscita. E ancorprima compiere un’accurata ricogni-zione del territorio. Domandandosicome mai, dopo mezzo secolo di im-pegni governativi per la riforma dellapubblica amministrazione, a partiredai remoti anni Cinquanta (il primoincaricato fu il giurista Roberto Luci-fredi, rimasto in esercizio con sei di-versi governi), non c’è stata riforma delle strutture, nétantomeno modifica dei modi di pensare e di agire.

Pratiche “convenienti”Il fatto è che tra politica e burocrazia – meglio: tra politicie burocrati – si è tessuta, nel tempo, una rete di rapportidalla quale nessuno dei soggetti interessati si può distri-care senza uno strappo lacerante. Mentre i sindacati han-no fornito il filo per realizzare e rinforzare la trama.

È accaduto, in breve, che le cattive abitudini della po-litica hanno aumentato il potere d’interdizione della bu-rocrazia. Un’abitudine soprattutto: quella del politico,ministro o parlamentare influente, che chiede al pubbli-co ufficiale di trattare una pratica in modo “conveniente”.Dove la convenienza ha da essere per il politico (sul pia-no elettorale o dell’acquisizione del consenso o del pre-stigio), ma sempre con un riflesso vantaggioso per chisbriga la pratica. La contropartita è in genere un avan-

Per riformare la pubblicaamministrazione, i politici devono

smettere di credere di comandare, mentre

obbediscono a loroinsaputa. I propositi di

cambiamento chiedonoconsapevolezza storica.

E una crescita incompetenza, moralità,senso delle istituzioni

I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4 19 18 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4

È bene ricordare il progressivo au-mento di questa tipologia di richiestanegli anni della crisi. Lo testimonianoanche i dati provenienti dai centri diascolto Caritas riferiti all’anno 2013: intotale, le quattro tipologie di aiuto ali-mentare (“Alimenti e prodotti per neo-nati”, “Pacchi viveri”, “Buoni pasto” e“Mense”) hanno raggiunto il 50,4% deltotale di tutti gli interventi erogati dalleCaritas nel corso dell’anno.

Questa tendenza evidenzia uno deinodi del sistema di protezione socialedel nostro paese rispetto ai rischi dipovertà: l’assenza di misure nazionalidi contrasto alla povertà. L’incapacitàdi erogare risposte da parte dei serviziterritoriali pubblici ha dirottato le ri-chieste inevase delle famiglie povereverso reti di aiuto informali, che han-no contenuto gli effetti della scarsità direddito con aiuti di tipo primario, inparticolare di beni alimentari. La so-stenibilità di questa tesi è confermataproprio dall’aumento vertiginoso diquesta modalità di aiuto al cresceredegli effetti della crisi. Il privato socia-le, in altre parole, ha assicurato piccolesoglie di reddito, in forma di beni ali-mentari, alle famiglie italiane, in as-senza di politiche pubbliche: una sortadi primordiale reddito minimo, che hagarantito coesione sociale e utilizzodel reddito residuo da parte delle fa-miglie per voci di spesa non compri-mibili, ad esempio affitti e utenze.

nazionale aiuti alimentari

le e sostegno all’autonomia;. PROGETTI SPECIFICI DI CONTRASTO ALLAGRAVE DEPRIVAZIONE MATERIALE, darealizzarsi attraverso la progetta-zione, anche per il tramite delle re-gioni, di interventi mirati rivolti al-le famiglie con minori e alle perso-ne senza dimora.Il governo italiano ha quindi presen-

tato a Bruxelles, in maggio, la strategiacomplessiva e il Piano operativo 1, valea dire quello dedicato ai beni alimenta-ri, al fine di ridurre il rischio – per alcunicentri operativi di aiuto già divenuto re-altà – di una sospensione degli inter-venti di erogazione dei beni alimentari,per mancanza di risorse da distribuire.

Per sopperire al paventato vuotolasciato dalla fine del Pead e dal dra-stico ridimensionamento del Feamd(la componente “alimentare” del Fon-do) rispetto allo stock di aiuti di cuil’Italia ha goduto fino al 2013, il gover-no Monti aveva istituito nella legge134/2012, all’articolo 58, un “Fondonazionale per la distribuzione di der-rate alimentari alle persone indigenti”,da rendere operativo con risorse pub-bliche e private, che possa potenziareil sistema di aiuti alimentari a favoredelle persone indigenti in Italia e in-crementare i volumi e le tipologie diderrate alimentari già oggi rese dispo-nibili tramite gli enti caritativi. Si trattadi un fondo che per la legge di stabilità2014 ha una dotazione economica di10 milioni di euro; anche la sua attiva-zione era prevista in maggio.

Metà degli aiuti CaritasLa questione è rilevante per il paese.Sono infatti circa 4 milioni le personeraggiunte dalla rete di distribuzionedegli aiuti alimentari, composta dacirca 14 mila realtà sparse nel territo-rio nazionale: mense, centri di ascol-to e di accoglienza per persone senzadimora e per altre categorie di perso-ne sono i componenti di un sistema,che rende possibile una distribuzio-ne capillare ed efficace delle risorse.

Non è la risposta strutturaleÈ chiaro che l’aiuto alimentare nonpuò essere la risposta strutturale allapovertà. Ma in una fase ancora cosìdrammatica della vita del nostro paese,non si può interrompere una forma diaiuto efficace e immediata. Peraltro, èaltrettanto evidente che su questi temisi attende ancora, da parte del governoRenzi, l’indicazione di una prospettivadi lavoro. Il governo Letta aveva imma-ginato una strategia di sperimentazio-ni successive e allargate della NuovaCarta acquisti, tale da offrire elementidi verifica per costruire – in prospettiva– uno strumento universale e proattivodi contrasto della povertà.

Il governo Renzi non ha ancora fat-to dichiarazioni in questo ambito: ilDocumento economico e finanziario(Def) ha confermato la riprogramma-zione di risorse comunitarie destinatealla sperimentazione della Nuova Car-ta acquisti al sud, ma non vi sono pre-se di posizione esplicite che dicano ladirezione di marcia.

Il mancato inserimento degli inca-pienti tra i beneficiari dei recenti prov-vedimenti relativi al lavoro, di per sénon è un segnale di disattenzione aitemi della povertà: purtroppo la que-stione dell’evasione fiscale e del lavoronero pesano sulla valutazione di moltibassi redditi, che possono celare situa-zioni di infedeltà fiscale, invece checondizioni di effettivo basso reddito.

Ma il tema non può rimanere ine-vaso a lungo: il segnale dato con il Fe-ad è importante in una logica incre-mentale di impegno del governo suquesti temi. Ma non può rimanereisolato.

Programma operativo dell’Italia per il Fead (2014)

Povertà alimentare

Deprivazione materialescolastica

Deprivazione educativa esociale dei minori in zonedeprivate

Povertà estrema nellegrandi aree urbane

Progetti specifici gravedeprivazione

TIPOLOGIA DI INTERVENTO

Agea e rete degli enticaritativi

Ente attuatore nazionale(da definire)

Ministero del lavoro epolitiche socialie Ministero istruzione

12 comuni metropolitani

Bandi regionali

ENTE ATTUATORE O MODALITÀDI ATTIVAZIONE

Famiglie e persone in condizioni di gravedeprivazione

Famiglie beneficiarie del Sostegno di inclusione attiva

Minori in zone deprivate(aree urbane sensibili)

Famiglie e persone in condizioni di gravedeprivazione

Famiglie con minori e persone senza dimora

DESTINATARI

Il privato sociale ha assicurato piccolesoglie di reddito, sotto forma di benialimentari, alle famiglie, in assenza

di politiche pubbliche: sorta di primordialereddito minimo, garante di coesione sociale

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I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4 21

panoramaitalia

tas diocesana di Bolzano-Bres-sanone. Dall’indagine 2013emerge che la povertà in AltoAdige è in aumento, così come ilrischio di una vera e propriaspaccatura sociale. «A causadella crisi economica semprepiù persone del ceto medio sitrovano in uno stato di bisogno,spingendo così ancor più ai mar-gini coloro che già si trovavanoin difficoltà», sottolinea il rappor-to intitolato titolo Povero Alto

Adige. A certificare le difficoltàdel territorio, i numeri: 16 mila idisoccupati in provincia (il dop-pio rispetto al 2008), con inter-venti della Caritas su 80 milaeuro di affitti non pagati e 6 mi-la euro di bollette in arretrato; 7mila persone ricevono un paccoalimentare; 1.200 persone instato di bisogno (+42% di richie-ste e nuovi contatti); 11 milachiamate al Servizio sostegno(28 al giorno).

BERGAMOIntesa col comuneper rinnovarestruttura e gestionedel “dormitorietto”

Trasformare il Galgario dasemplice dormitorio a cen-

tro capace di garantire un’assi-stenza più completa. La deliberaapprovata dalla giunta comunaledi Bergamo ha accolto la propo-sta avanzata dalla diocesi e dallaCaritas bergamasche per un’ope-ra di riadeguamento funzionale estrutturale dell’ex convento, gesti-to dal 2004 da Caritas e dal suobraccio operativo, l’associazioneDiakonia. Il comune continuerà amettere a disposizione in como-dato d’uso gratuito gli ambientiper 15 anni, Caritas ristruttureràe perfezionerà l’accoglienza al“dormitorietto”.

VERONALa solidarietàcompagna di classe,testimonianzea “Maggioscuola”

Anche la Caritas diocesanadi Verona, attraverso l’asso-

ciazione di carità San Zeno onlus,era presente dal 13 al 18 maggioall’11ª edizione di “Maggioscuo-la”, che ogni anno, nel Palazzodella Gran Guardia, coinvolge mi-gliaia di bambini e ragazzi. L’asso-ciazione San Zeno, nata nel 2000su iniziativa di Caritas, ha presen-tato i laboratori didattici realizzatinel 2013-’14 in alcuni istituti diVerona (un liceo artistico e un isti-tuto comprensivo) sui temi deiconflitti, della cittadinanza globa-le, del ruolo del volontariato.

BOLZANO-BRESSANONEPovero Alto Adige:l’altra facciadella medagliadel benessere

È una fotografia preoccu-pante, quella scattata

dall’annuale relazione della Cari-

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levocingiro ((()))

Fausta Gerin (Caritas Udine). «Il corso di formazione al volontariato “Strade di solidarietà” lo abbiamo inteso come punto di partenza sia per un lavoro di rete tra noi e le comunità della diocesi, sia per ragionare, insieme alle perso-ne che vi hanno partecipato, su cosa intendiamo per volontariato, per gratuità,per prossimità. Queste persone poi tornano al loro territorio, alla loro parrocchia:è da sempre l’obiettivo della Caritas, cioè promuovere stili di vita, riflessioni, proporre anche il proprio punto di vista (che comunque può e deve essere mes-so in discussione) con l’obiettivo ultimo non di sottrarre persone ai territori perché facciano volontariato nelle nostre opere segno, ma di farne promotrici di un certo tipo di sensibilità nelle comunità dei territori di appartenenza».

Gregorio Manieri (Caritas Nardò-Gallipoli). «Gli operatori dei nostri centri di ascolto hanno evidenziato l’esigenza di una formazione sempre più specificasu alcune nuove povertà, strettamente collegate alle nuove dipendenze: da gio-co d’azzardo, da internet, sessuale, affettiva, da lavoro, da acquisto compulsivo.Registriamo un aumento del fenomeno in questi ultimi due anni: tra le cause c’è anche la crisi economica che stiamo vivendo, ma quello che ci fa rifletteremaggiormente è l’incapacità di dire “no”, da parte di alcune persone che poi fini-scono per rivolgersi alla Caritas, e il fatto che per loro ogni desiderio deve esse-re assolutamente esaudito».

Mirko Novati (Caritas Savona-Noli). «Nella nostra diocesi sono state 39 le classi delle scuole medie inferiori che si sono iscritte a “La pace di corsa”,che quest’anno voleva sensibilizzare – e lo abbiamo fatto anche con un laborato-rio nelle stesse classi, prima della corsa vera e propria – sulla situazione deiprofughi siriani. Per i ragazzi è sicuramente impossibile andare in Siria a dareuna mano. Per contro, parlare soltanto dell’argomento secondo noi non basta.Correre è qualcosa che i ragazzi sanno fare benissimo: con questa iniziativa lacorsa diventa un modo per migliorare concretamente la vita quotidiana di moltiragazzi siriani. Si tratta di una corsa non competitiva a circuito chiuso, della lun-ghezza di circa 400 metri da ripetere più volte, chaha portato ogni ragazzo a cercare precedentementedei sostenitori tra i genitori, i parenti, gli amici, disposti a offrire un contributo di massimo 50 cente-simi per ogni giro realizzato. La somma raccolta da tutti i ragazzi viene poi destinata ai minori sirianiassistiti da Caritas Libano, al confine con la Siria».

Dipendenti, cioè incapaci di dire no.La pace è un ragazzo che va di corsa

6di Danilo Angelelli

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2012 sono stati 60; dato, peral-tro, sottostimato e retrodatato.Secondo alcune stime, nel Bielle-se si giocano ogni anno circa245 milioni di euro, dei quali 51vengono persi dai giocatori. Eproprio da Biella prese il via nelsettembre 2013 la battaglia pa-cifica “slot-mob”, ideata da ungruppo di docenti di economia incollaborazione con associazioni(tra cui la Caritas diocesana) emovimenti studenteschi, per pre-miare gli esercenti che avesserodeciso di togliere dai propri localile slot machine. Un’iniziativa cheha poi toccato poi varie realtà ita-liane, da Milano a Palermo, daTrento a Catania.

MILANONuova struttura,cento postiper accoglierele famiglie siriane

Caritas Ambrosiana e coo-perativa Farsi Prossimo2

20 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O 2 0 1 4

hanno inaugurato a Milano a me-tà maggio una nuova strutturaper dare una risposta all’emer-genza dei profughi siriani, chestazionano a decine (compresimolti bambini) nei pressi dellastazione Centrale, dove approda-no dopo lunghi viaggi in treno dal-le località del sud Italia in cui so-no sbarcati, in attesa di nuovepartenze verso i paesi del nordEuropa. Il centro d’accoglienza èospitato in un’ala dismessa diCasa Nazareth, stabile di unacongregazione di suore: ristruttu-rato dalla cooperativa Farsi Pros-simo, l’edificio è stato convertitoin un moderno centro d’accoglien-za destinato, in particolare, a nu-clei familiari; 100 i posti a dispo-sizione. Nella struttura è attivaun’équipe multidisciplinare, cheoffre agli ospiti sostegno e ac-compagnamento sociale. Termi-nata l’emergenza relativa ai siria-ni, il centro offrirà risposte aibisogni abitativi di altre categoriesociali deboli del territorio.

BIELLAConvegnoe spettacolo per riflettere sulgioco patologico

“L’azzardo ti azzera!”: è iltitolo della serata dedicata

al tema del gioco, inserita nelprogetto “La vita non è un gio-co”, andata in scena l’8 maggioall’auditorium di Città Studi aBiella, su iniziativa del consulto-rio familiare “La persona al cen-tro” in collaborazione con Asl,Caritas diocesana e altre realtàdel territorio. Ad aprire la seratalo spettacolo Fate il nostro gioco,ideato da Paolo Canova, DiegoRizzuto e Sara Zaccone, che pre-senta in modo scientifico e allostesso tempo accessibile a tuttiil tema del gioco d’azzardo e del-le sue conseguenze patologiche.I pazienti affetti da gioco d’azzar-do patologico che hanno effet-tuato un accesso nei due Sertdell’Asl di Biella dal 2005 al

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Circa 300 sfollati (oltre a tre vittime), rientrati con faticanelle loro case. E centinaia di abitazioni danneggiate, congravi danni economici per altrettante famiglie. È il bilancio,in sintesi, dell’alluvione che il 3 maggio ha colpito la cittàdi Senigallia (e altre aree delle Marche: lo jesino, Chiara-valle e il fermano). La Caritas diocesana, con il fondamen-tale supporto della delegazione regionale Caritas e in col-legamento con Caritas Italiana, ha fornito concreterisposte solidali alle popolazioni alluvionate (favorite anchedal milione di euro stanziato dalla Cei e dalla raccolta fon-di straordinaria promossa dalla diocesi di Senigallia), gra-zie alla mobilitazione di circa 250 volontari: accoglienzadelle persone rimaste senza abitazione; erogazione di pa-sti e servizi di urgenza nei giorni successivi all’alluvione,

raccolte e distribuzio-ni di aiuti materiali(cibo, indumenti, arti-coli per l’igiene, elet-trodomestici da rein-stallare, ecc), turni di pulizia delle casealluvionate.

La preoccupazione per il proprio territorio non ha impe-dito a Caritas Senigallia di manifestare solidarietà alle po-polazioni che, in Bosnia Erzegovina e Serbia, da metàmaggio hanno dovuto far fronte alle catastrofiche alluvioni(le più intense da quando si è iniziato a misurare questifenomeni, 120 anni fa) che hanno interessato molte areedei due paesi, raggiungendo anche la Croazia. Caritas Se-nigallia è gemellata con Caritas Sabac, città serba colpitadall’alluvione. Ma è l’intera rete Caritas a essersi mobili-tata per quanto accaduto nei Balcani: intere città sottoacqua e senza elettricità, devastanti piene dei fiumi, ponticrollati, strade allagate, frane che si portano via paesi, decine di vittime e dispersi, decine di migliaia di sfollati,persone in attesa soccorsi sui tetti o nei boschi, tentatividisperati di alzare gli argini dei fiumi per evitare il peggio,ospedali inagibili e rischi di epidemie. Caritas e Chiese locali hanno lanciato appelli di emergenza attraverso larete Caritas Europa, mobilitandosi nella prima assistenza,nell’organizzazione di punti di raccolta, nella distribuzionedi pasti caldi, nel fornire informazioni utili. Caritas Italianaha collaborato da subito, tramite suoi operatori in loco. E ha promosso una raccolta di fondi. www.caritas.it

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EMERGENZEAlluvioni di maggio: Senigallia solidale…con se stessa e le popolazioni dei Balcani

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na promuoveranno una serie di attività, volte a diffondere tra studenti e giovani il valore della solidarietà sociale e la sua traduzio-ne in interventi concreti.

Al più presto, in particolare, verrà at-tivato un comitato paritetico e verrannodate indicazioni a tutte le Caritas diocesane sullemodalità e gli aspetti attuativi. L’importante corni-ce istituzionalizza e può consolidare attività e pro-poste già in atto per studenti, insegnanti e genitori, dallascuola primaria alle superiori, ma offre anche l’opportu-nità di avviare e sperimentare percorsi inediti.

L’iniziativa prova a dare seguito a una delle indicazio-ni prioritarie emerse dal 37° Convegno nazionale delleCaritas diocesane, svoltosi tra marzo e aprile a Cagliari:le Caritas devono puntare sui giovani.

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panoramaitalia

blioteca multiculturale “Mandela”della Caritas diocesana, chiusada mesi per lavori di ammoderna-mento. La riapertura è avvenutaall’insegna di un più ricco patri-monio librario multietnico, in cuispicca la nuova sezione dedicataa Nelson Mandela, figura che haispirato i giovani ideatori del logodella biblioteca, Matteo Silvi e Armando Ambrogioni. A inaugu-rare la struttura, tra gli altri, con il vescovo di Foligno, monsignorGualtiero Sigismondi, e statal’ambasciatrice della RepubblicaSudafricana in Italia, NomatembaTambo, figlia del leader del movi-mento anti-apartheid Oliver Tam-bo. Tra le novità della biblioteca,una sezione per bambini allestitaall’interno di un camper, che faràtappa in scuole e parrocchie: una biblioteca itinerante ma an-che, data la funzione polivalentedel camper, un’occasione per portare nel territorio gli altri ser -vizi Caritas (emporio, vestiario e centro d’ascolto).

NAPOLIParte dal dormitorio“Miseria ladra”,campagna controla marginalità

Ha preso il via a iniziomaggio a Napoli, da

un luogo simbolo della crisi

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“Educare alla pace, alla mondialità, al dialogo, allalegalità e alla corresponsabilità, attraverso la valo-

rizzazione del volontariato e della solidarietà sociale”: è questo l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato il 30aprile dal direttore di Caritas Italiana, don Francesco Sod-du, e dal ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Stefania Giannini (nella foto, la firma). Per il rag-giungimento dell’obiettivo condiviso, Miur e Caritas Italia-

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RAGUSANuova mensa (conprogetto sociale):il vescovo invitagli chef a cooperare

Si chiama “Ristori SanFrancesco” la mensa che

la Caritas diocesana di Ragusaha aperto a maggio, all’interno di locali messi a disposizionegratuitamente delle Suore Fran-cescane. Refettorio, cucina e locali di servizio sono stati og-getto di lavori di adeguamento.La capienza iniziale è di 15 posti,con pranzi tre giorni a settimana.Dopo la fase di sperimentazione,si potranno aumentare i giorni e valutare un’apertura per la ce-na. Al vaglio anche la possibilitàdi fornire pasti da asporto, e dicoinvolgere le catene di distribu-zione e i locali di ristorazione delterritorio, per riutilizzare cibo in-venduto. Coinvolti anche profes-sionisti della ristorazione e cheflocali, invitati dal vescovo di Ra-gusa, monsignor Paolo Urso, a dedicare all’iniziativa un giornoal mese. La mensa colma unvuoto nel territorio, e sarà inte-grata da un’attività di accompa-gnamento sociale delle personeche si rivolgeranno al servizio. I volontari ascolteranno i loro bi-sogni e, con gli utenti, stilerannoun “progetto di vita”.

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e dell’accoglienza in città, ovve-ro il dormitorio pubblico di viaDe Blasiis, l’applicazione cam-pana della campagna nazionale“Miseria ladra”, promossa daLibera e Gruppo Abele, insiemea Cnca, Fics, Caritas diocesanadi Napoli, Federconsumatori,Legambiente, Link coordina-mento universitario, Unione degli Studenti Campania, Retedella Conoscenza e Fiom.Obiettivo: lanciare un appelloalle istituzioni locali e sensibi-lizzare i cittadini per contrasta-re la povertà e la marginalitàsociale, che hanno assunto da tempo numeri e contorni allarmanti anche all’ombra del Vesuvio. Nel dettaglio, le dieci proposte avanzate dalla campagna “Miseria ladra”contemplano, tra le altre, la ricostituzione e l’ampliamentodel fondo sociale e del fondoper la non autosufficienza; agricoltura sociale; integrazio-ne dei migranti; sospensionedegli sfratti esecutivi; destina-zione del patrimonio sfitto nellecittà e di quello confiscato alleorganizzazioni criminali a usosociale e a chi ha bisogno; riconoscimento della residenzapresso i municipi ai senza dimora per poter accedere ai servizi socio-sanitari; redditominimo di cittadinanza.

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L’ACCORDOProtocollo d’intesa col ministeroper realizzare nelle scuole azionidi valorizzazione della solidarietà

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freschi, biologici e di filiera corta.In una prima fase potranno acce-dere alla bottega 20 famiglie, se-gnalate dal centro d’ascolto “Filodi luce” e dagli sportelli socialidel comune. Poi il numero dei nuclei familiari sarà esteso a 80.

MACERATAI campioni d’Italiadi pallavoloaiutano le famigliesenza lavoro

Prima che arrivasse lo scu-detto sul campo, il terzo

della sua storia, la Cucina LubeBanca Marche Macerata (serieA1 maschile di volley) ha vinto lo scudetto della solidarietà.L’azienda maceratese proprieta-ria e sponsor principale dei bian-corossi ha infatti devoluto allaCaritas diocesana di Maceratal’intero incasso di gara 3 (finalescudetto) contro Perugia, per so-stenere le tante famiglie del terri-torio che si trovano in difficoltàper la mancanza di lavoro. I 25mila euro d’incasso sono statidestinati (500 euro ciascuna) a 50 famiglie residenti nella provin-cia di Macerata. I contributi nonsono stati distribuiti a pioggia,ma inseriti in percorsi di soste-gno tracciati dal fondo diocesano“La solidarietà al lavoro”, cheprevede la presa in carico dellefamiglie, la condivisione con laparrocchia di provenienza e con i servizi sociali del comune di resi-denza, l’individuazione di un tutoro una famiglia che accompagni la famiglia richiedente. Dal 2010sono state 110 le famiglie presein carico (cioè 396 persone).

FOLIGNOPiù libri e il camper:intitolata a Mandela,riaperta la bibliotecamulticulturale

Nuovo logo, spazi rinnovatie tante novità. Con queste

credenziali ha riaperto i battenti a inizio maggio, a Foligno, la bi-

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LUCCA“Cinque pani”,emporio solidale:spesa a punti, dietaequilibrata e sana

Una bottega solidale, perdare una risposta concreta

al crescente bisogno di personeche non riescono a fare una spe-sa equilibrata, a causa di proble-mi economici. Si chiama “Cinquepani” ed è attiva dal 12 maggio

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nei locali della parrocchia di Massa Macinaia, in provinciadi Lucca. L’emporio è promossodalla Caritas diocesana e da entilocali e soggetti non profit locali.Al suo interno le famiglie in diffi-coltà possono ricevere un soste-gno ai bisogni alimentari, secon-do i principi di una dieta stilatada una nutrizionista, trovando vari prodotti, dalla pasta ai legu-mi, dal latte alle verdure, conuno sguardo anche ai prodotti

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ottopermille/Roma

Il progetto “Emergenza Sorriso” raccoglie una sfida europea. E una richiesta legataalle necessità dei nostri territori. L’Italia è oggi il paese, con la Germania, col più altotasso di invecchiamento: nel decennio 1999-2009 ha visto elevarsi la percentuale di persone anziane dal 18 al 20,3%, verso il 2050 avrà una situazione demograficacon una porzione elevatissima di over 85, con tassi di invalidità e dipendenza stimatiintorno al 40%. Ma i dati Istat più recenti documentano un 4,9% di diffusione dei ser-vizi domiciliari, contro una media europea del 13%: in Europa si previene e si curaprevalentemente in casa, e questo aumenta dignità e aspettativa di vita degli anziani.

A Roma, invece, aumentano le liste d’attesa di anziani in assistenza e si riduconoi tempi dei servizi domiciliari. Caritas Roma ha cos’ proposto un progetto, valorizzan-do e mettendo insieme diverse realtà territoriali. E mettendo al centro la casa.

Interventi per 120 “over 65”“Emergenza Sorriso” (finanziato con fondi Cei otto per mille) ha vissuto un primo an-no di sperimentazione, nell’ex decimo municipio del comune di Roma, poi nel primoe nell’ex nono. L’intervento in favore della popolazione segnata da fragilità sociale hacoinvolto istituzioni locali e comunità parrocchiali: ha ottenuto un miglioramento dellaqualità della vita di 120 anziani, fornendo ogni anno circa 5 mila interventi domiciliari.

Grazie al servizio di assistenza domiciliare leggera (compagnia, accompagnamen-ti, piccole commissioni, disbrigo di pratiche burocratiche), di teleassistenza e tele-soccorso (25 apparecchi installati), le persone over 65 si sono sentite molto menoisolate e avvilite dai problemi e dai rischi legati all’età. Ma la tessitura della rete di aiuto e cura ha anche un’altra finalità, di portata triennale: promuovere una mag-giore attenzione di vicinato e di prossimità, all’interno di un rinnovato senso di comu-nità e di cittadinanza. Le persone anziane e fragili hanno bisogno di relazioni vere,reciproche, non condizionate, per sentire che hanno qualcuno ancora come interlo-cutore, che ne possa accogliere i bisogni, i diritti, le storie.

Molte sono le persone che soffrono disolitudine e indifferenza tra le mura dome-stiche. Il progetto vuole essere un elemen-to di controtendenza, mettendo al centrouna fraternità attiva, un movimento di usci-ta e di ricerca dell’altro nel delicato conte-sto della casa. Una chiesa che va nelle ca-se, e là si ferma e sosta, con chi sta solo.

Anziani fragili, “Emergenza sorriso”:assistenza (e amicizia) a domicilio

8di Massimo Pasquo

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Rifugiati, i diritti chiedono asilo

Le persone coinvolte in migrazioniforzate, nel mondo, sono più di 45 milioni.

Decine di migliaia sbarcano sulle nostrecoste: cercano pace, sicurezza,democrazia, dignità, benessere.

Italia ed Europa stentano a sviluppare politiche di accoglienzagenerose e realistiche, coordinate e condivise.

Non assicurare ai rifugiati il rispetto di diritti umani fondamentali, equivale a indebolire i diritti di tutti.

20 giugnoGiornatamondiale dei rifugiati

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www.caritas.it

futuro

Proteggiamonostroil

Khaled ha dieci anni. Viene dalla Siria. Ma ha già visto Libano e Giordania.

Khaled, però, non è un turista. È dovutoscappare. Dai bombardamenti, dalleminacce. Dalla guerra, che spazza via vite e certezze: compreso il ristorante di successo che gestivano i suoi genitori.

L’intera famiglia (Khaled ha tre fratellini)oggi è rifugiata ad Amman. Dove non c’èlavoro per papà. Dove tutto costa carissimo.

Dove si vive degli aiuti Caritas. Ma dovelui e i fratelli non possono andare a scuola.Dove il futuro è una nuvola scura.

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Alla vigilia dei Mondiali di calcio2014, l’“osservatorio Caritas” comegiudica le enormi spese per co-struire e restaurare gli stadi?

Sono considerate le più care della sto-ria dei Mondiali. Raggiungeranno i 30miliardi di reais (circa 10 miliardi di eu-ro, ndr), secondo i dati della Controla-doria – Geral da União, l’organo di go-verno responsabile della fiscalizzazio-ne delle spese federali. Questa sommatiene conto dei lavori realizzati neglistadi, delle infrastrutture pubbliche eprivate, ecc. Parte della società civileorganizzata ritiene che tali investimen-ti avrebbero potuto risolvere metà deiprincipali problemi sociali, soprattuttonelle città che ospiteranno le partite. E

solo a Fortaleza, moltissime famigliesono state sgomberate per lasciarespazio alle opere di mobilità urbana,come la metropolitana di superficie...

Se il Brasile vincesse la Coppa, unagrande euforia scoppierebbe nelpaese. Calmerebbe gli animi?

Siamo noti nel mondo come o país dofutebol. Vincere la Coppa in casa sareb-be occasione di grande felicità per mi-lioni di persone. C’è il rischio reale chedavanti a un’eventuale vittoria il popo-lo brasiliano dimentichi per un po’ igrandi problemi del paese. Ma questo“stato di grazia” non durerebbe molto.Oggi è diffusa nel paese una maggiorepresa di coscienza dei mali di cui sof-friamo. Le manifestazioni del giugno

I CRUCCI DI MARIA CRISTINARagazzi giocano a calcio in una favela di Rio.Da sopra a sotto, scorcio di favela e famiglie instrada a Salvador, la direttrice di Caritas Brasile

Parte della società civile organizzataritiene che gli investimenti per i Mondialiavrebbero potuto risolvere metà

dei principali problemi sociali, soprattuttonelle città che ospiteranno le partite

2013 (ricominciate a metà maggio diquest’anno, ndr) lo hanno dimostrato.

Manifestazioni motivate soprattut-to dalla mancanza di accesso ad as-sistenza sanitaria e istruzione. Inquesti ambiti, cosa fa Caritas?

La rete Caritas, in Brasile, opera prin-cipalmente nella formazione e nellacoscientizzazione della popolazione.Inoltre, partecipiamo ai Consigli a li-vello locale, dei singoli stati della fede-razione e nazionale: sono spazi di for-mulazione e controllo delle politichepubbliche, ci permettono di interve-nire molto da vicino nelle propostedei governi. Tra le esperienze più si-gnificative, penso a quella della Cari-tas del Maranhão, Nordest del Brasile,che con diverse altre organizzazioniha realizzato incontri pubblici con lecomunità per verificare la situazionedelle scuole. Comunque tutti i nostriprogetti, avendo come prospettiva losviluppo generale, lavorano sui temidella salute e dell’istruzione.

Quali sono attualmente le prioritàdella Caritas, i progetti principali?

Promozione e rafforzamento di inizia-tive locali e territoriali di sviluppo so-lidale e sostenibile; difesa e promozio-ne dei diritti; mobilitazione e control-lo sociale delle politiche pubbliche;organizzazione e rafforzamento dellarete Caritas nel paese: ecco le nostrepriorità. Abbiamo anche molti pro-getti di portata nazionale. “Solidarietàche trasforma” è il nostro slogan: vuo-le mostrare il potere trasformatoredella solidarietà. Per promuovere ilvero cambiamento nella vita dellepersone, rendendole protagonistedella loro storia. Ci piace raccontarecosì la nostra traiettoria: in un primomomento abbiamo dato il pesce, poiabbiamo insegnato a pescare, oggipeschiamo insieme. Non è sufficientedare il pane, è necessario creare mec-canismi che garantiscano l’autososte-nibilità e la dignità dei poveri. Il Brasi-

diseguaglianzeCurvee

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bella, vitale, dal corso sinuoso... Silen-zio. Metafora banale? Macché: «Peri-gosa». Prego? «Pericolosa!».

In che senso, scusi?Anzitutto, nessun paese o persona èsolo una curva. Il Brasile non è unico,ha in sé molte realtà e caratteristicheche lo definiscono. Secondo, se da unaparte la curva non ci permette di per-cepire dove porta, la retta può essereun cammino senza novità, senza cam-biamenti, senza trasformazione. Negliultimi anni il Brasile ha invece fattocambiamenti importanti rispetto allapovertà. Non possiamo non ricono-scerlo. Essere curva significa comun-que anche rischiare e cercare di cam-biare la direzione. Evidentemente esi-stono difficoltà, ma abbiamo avuto ilcoraggio di essere anche una curva.

facile lasciarsi prendere lamano, parlando di Brasile.Facile cadere negli stereoti-pi. Quasi impossibile noncercare l’effetto, magari la

poesia, come minimo la figura retori-ca. Allora, nel preparare l’intervistacon Maria Cristina dos Anjos, direttri-ce di Caritas Brasile… vai con la me-tafora, vai con l’assimilazione delpaese latinoamericano alle curve di-segnate da uno dei suoi figli più fa-mosi e influenti, Oscar Niemeyer, ar-chitetto carioca morto a dicembre a104 anni. Colui che ha progettato lacapitale, Brasilia, amava ricordare che«di curve è fatto l’universo… Non miattira la linea retta, dura, inflessibile,creata dall’uomo». Quindi, direttrice,il Brasile è una curva di Niemeyer:

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internazionale brasile

Mondiali, vetrinaplanetaria. MariaCristina dos Anjos,direttrice di CaritasBrasile, analizza le contraddizioni del paese ospitante.«Quasi 60 milioni di cittadini in povertà,benché 40 nei sianousciti. Però cresce la coscienza dei nostri mali»

di Danilo Angelelli

«Non siamo solo pallone»

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deve essere soggetto a una minacciaconcreta e imminente: «Accettiamosolo un quarto delle richieste. Moltifingono per farsi mantenere».

La maggior parte delle storie sonodrammatiche. Bambine di 9-10 annivittime di violenza sessuale o traffica-te. Un bambino utilizzato dalla crimi-nalità per testare le armi. Un altro cheassisteva il padre cieco, fiero di essere«gli occhi di mio papà»: era con luiquando lo hanno assassinato senzapietà, poi lo hanno minacciato dimorte sia il narcotraffico sia le forzedell’ordine, perché il genitore in pas-sato aveva ucciso un poliziotto. E lapolizia, da queste parti, non perdona.

Davanti all’équipe dell’Ibcm sfilanocasi orribili: N., 14 anni, abusata dalpadre e incinta. Il genitore è stato uc-ciso, lei è finita nelle mani dei traffi-canti che l’hanno sfruttata sessual-mente. «É ancora nel programma, stu-dia ed è brava in matematica ma nonha famiglia. Quando uscirà che ne saràdi lei? – si preoccupa padre Alfredo –.Davanti a un caso difficile ho bisognodi raccogliermi in preghiera e dire: so

che non sono Dio, non posso risolveretutti i problemi. Cosa posso fare perquesto ragazzo?». Di solito, prosegue ilreligioso, «cerchiamo di capire qualisono le prime necessità: coccole e ac-coglienza del cuore. Vengono da noisotto choc, spaventati per il cambia-mento di vita radicale. Non è impor-tante quanto mangiano, è importantefarli sentire accolti».

Più importante del restoQuando i ragazzi arrivano si controllase hanno armi. Proibito l’uso di tele-fonini e internet. Non possono uscirequando vogliono. E padre Alfredosfoggia il ritornello: «La tua vita è piùimportante di tutto il resto». Moltihanno tatuaggi rilevatori che dovreb-bero essere cancellati, come la carpa:nel linguaggio della mala significache in passato hanno ucciso un poli-ziotto. A volte è meglio non mandarlia scuola. Le strutture pubbliche nonsono posti ideali, perché frequentatida altri ragazzi coinvolti nel narco-traffico che potrebbero identificarli efare la spia. «Se sappiamo che sono

sulle loro tracce li spostiamo».Alcuni faticano ad accettare queste

regole rigide. «Fuggono per fumare,per sesso, per bere – aggiunge RiccardoMulas, trentenne sardo che lavora al-l’Ibcm –. Chi trasgredisce viene rim-proverato. Se sgarra di nuovo viene di-messo». Ricorda il caso di un ragazzoentrato e uscito due volte dal program-ma perché non rispettava le direttive.Dopo due anni, una nuova minaccia:«La settimana scorsa è stato ucciso».Un altro è morto subito dopo le dimis-sioni, per un attacco di cuore. La ma-dre ha detto agli operatori: «Meno ma-le che non me l’hanno ammazzato».

Il programma è solo di naturaemergenziale, non di reinserimentosociale. La maggioranza dei ragazziriesce a progettare una nuova vita,ma tanti rientrano nel giro perché al-lettati dal crimine. E siccome il narco-traffico «uccide dove vuole», padre Al-fredo sogna di creare una rete inter-nazionale di protezione dei minori, incollaborazione con altre organizza-zioni. Un mondiale della protezionedei minori: l’appello è lanciato.

PROTESTE E DISAGIOSit-in anti-Mondialial Maracanà ristrutturato.Sotto, volontari nella nottedi Salvador de Bahia.La capitale nordestinaha un elevato numerodi persone in povertàestrema, tra cui molti minori

Sì, ci hanno dato e ci daranno l’op-portunità di mostrare un altro Brasileal mondo. Un Brasile del calcio, delpopolo accogliente, del Carnevale,certo. Ma anche e soprattutto un pae-se campione di disuguaglianze socia-li, di enorme violenza, che ancorapermette che i suoi bambini e i suoigiovani siano sfruttati sessualmente,soprattutto dagli stranieri. Infine, unpopolo che non vuole subire, prote-sta, lotta per i diritti delle personeescluse. La cosa più importante è cheil mondo conosca le differenti faccedel paese, le sue potenzialità e diver-sità. E che le rispetti. Saremo vincito-ri, se chi verrà ci percepirà come cit-tadini di un paese che è molto di piùdi calcio e Carnevale…

le è il terzo paese del mondo in disu-guaglianza sociale: pochi hanno mol-to e molti hanno poco.

I media internazionali hanno par-lato ampiamente di una grandecrescita economica del paese. An-che se il tasso di crescita del Pil è re-centemente diminuito, l’allora pre-sidente Lula, tra il 2003 e il 2011, hatolto dalla povertà 40 milioni dipersone e ne ha fatte entrare altre40 nella classe media. Ma quale è larealtà del paese, vista dal paese?

Di fatto le politiche economiche pro-mosse negli ultimi anni dal governofederale hanno tolto dalla povertà mi-lioni di brasiliani. Però abbiamo anco-ra un altissimo numero di persone chesoffrono povertà e fame. Secondo

internazionale brasile

l’Istituto brasiliano di geografia e sta-tistica, siamo la sesta economia piùricca del mondo, ma 57 milioni di abi-tanti, su oltre 200 milioni, ancora vivo-no in uno stato di povertà. Anche coni programmi di distribuzione di reddi-to promossi dal governo federale, il20% dei più ricchi continua a detenereil 63,8% del reddito nazionale, mentreil 20% più povero ha accesso solo al2,5% di tutta la ricchezza prodotta.L’Atlante dell’esclusione sociale mostrache il paese ha più di 51 milioni di fa-miglie, ma cinquemila di esse si divi-dono il 45% del reddito nazionale. Nonpossiamo negare che progrediamo,ma nemmeno che in Brasile ancoraesiste una diffusa povertà.

In ottobre ci saranno le elezioni

presidenziali. Quali sfide aspettanoil nuovo governo?

Molte, in ambito economico, sociale,politico, per la costruzione di un Bra-sile più sostenibile. Sarà fondamenta-le cercare uno sviluppo economicoche rispetti l’ambiente, che tengaconto della vita di tutte le persone,della democrazia. La Caritas, cometutta la Chiesa, ha sempre contribuitoe sempre contribuirà al dibattito e allemobilitazioni a favore delle personepovere. Vogliamo che il governo bra-siliano garantisca i progressi affinchétutti, specialmente i più poveri, abbia-no una vita degna.

Tornando ai Mondiali di calcio, fa-ranno davvero conoscere la nuovarealtà del paese?

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Gran parte delle storie sono drammatiche.Bambine vittime di violenza sessuale.Un ragazzino usato dalla criminalità per

testare le armi. Un altro che assisteva il padrecieco, fiero di essere «gli occhi di mio papà»

uotidiano A tarde di Salvadorda Bahia. Foto di un indigenocon copricapo colorato. L’ar-ticolo descrive l’omicidio diun uomo di etnia pataxó aItaporanga. Lascia moglie e fi-

glio di due anni. Dalla spartana stan-zetta da cui dirige l’Ibcm, padre Alfredolegge il pezzo e chiama immediata-mente il questore al telefono. «Se ilbambino ha visto qualcosa e riceveràminacce di morte: siamo a disposizio-ne per proteggere lui e la madre».

Non c’è tempo da perdere, quandoè in gioco la vita dei minori. Soprattut-to in Brasile. Oltre la vetrina scintillantedei Mondiali di calcio, c’è uno degli sta-ti più violenti del mondo, con il più altonumero di omicidi giovanili, prevalen-temente nel giro del narcotraffico. Ibambini ricevono minacce dalle gang,ma anche dai poliziotti. Non a caso il

QBrasile è l’unico paese con una leggeapposita, uno statuto dei minori e unprogramma nazionale di protezioneper minori minacciati di morte.

Bahia – Nordeste brasiliano – è lostato con più minori uccisi: 777 nel2011 (su 471 mila giovani). Salvador daBahia, con i suoi 5 milioni di abitanti,di cui il 95% neri, poveri e discriminati,è la 13ª città più violenta del mondo,con 57,51 omicidi ogni 100 mila abi-tanti. Il Brasile conta ben 16 città tra le50 più pericolose del pianeta. «Cer-chiamo di arrivare prima delle istitu-zioni – spiega padre Alfredo Dorea, 60anni, carismatico leader afrobrasiliano,coordinatore dell’Instituição Benefi-cente Conceição Macedo (www.ibcm.aids.com.br), ong specializzata, tra l’al-tro, nell’assistenza ai bambini con fa-miliari malati di Aids o coinvolti nellamalavita. Tra i suoi progetti di punta c’è

Bambini minacciati di morte,una generazione da proteggereIl Brasile ha il più alto numero di omicidi giovanili. Finiti in giri di malavitae narcotraffico, i minori sono insidiati da gang e polizia. Ma padre Alfredo…

il programma per proteggere, in luoghisegreti, i minori minacciati di morte.

Non quanto mangianoOgni anno l’Ibcm protegge circa 30-35“vite” di ragazzi e familiari, in conven-zione con il governo brasiliano, da cuiriceve più di 1,2 milioni di reais l’anno(400 mila euro). In tre anni ha vistopassare 102 minori, 186 vite. «L’idealeè proteggere l’intera famiglia – spiegapadre Alfredo –. Si cerca una casa in af-fitto e si mette in contatto il minorecon la rete di protezione, che segue luie la famiglia per uno o due anni».

I bambini arrivano tramite alcune“porte d’entrata”: il pubblico ministe-ro, il giudice dei minorenni o il Con-siglio tutelare dei minori. L’équipeIbcm (17 educatori, tra cui una psico-loga) entro 15 giorni decide se ci sonogli estremi per includerle o meno ilminore nel progetto, che garantiscevitto e alloggio, scuola e assistenza sa-nitaria, un luogo protetto lontano dacasa. «Dopo il primo colloquio dob-biamo fare in fretta, sennò rischiamoche qualcuno uccida il ragazzo». Che

di Patrizia Caiffa

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d’altronde sono antichi. La Siria erauna provincia romana, e aveva unacapitale il cui nome ancora risuonanelle nostre orecchie. Chi legge laBibbia sente la parola “Antiochia”,convertita al cristianesimo da Pietroe meta di Paolo: divenne la sede diuno dei primi quattro patriarcati,con Gerusalemme, Roma e Alessan-dria. E lì, ad Antiochia, si risolse il bi-sticcio tra osservanti giudei e pagani:“Il regno di Dio, infatti, non è que-stione di cibo o di bevanda, ma ègiustizia, pace e gioia nello SpiritoSanto” (lettera ai Romani). Un mes-saggio di unione in quel Cristo chedoveva annullare in sé ogni differen-za ha attraversato i secoli, ma non ilcuore inquieto dell’uomo, che fissapiù le differenze delle somiglianze.

uerra, sostantivo singolarefemminile. Che ha effettiplurali. E anche maschili. Sideclina prima in patria e poioltreconfine, quando si ha la

fortuna di attraversarlo.Da ormai tre anni in Siria si consu-

ma uno scontro che prostra la popo-lazione, costringendo circa 9 milionidi persone alla fuga. Il conflitto pro-duce conseguenze sulla terra in cuiviene combattuto, ma anche nel ter-ritorio circostante.

La guerra è globalizzata: riguardatutti, volenti o nolenti. Sono migliaiai siriani giunti ormai in Italia portatidagli scafisti, per la precisione circa12 mila. Altri hanno finito la loro di-sperata fuga sepolti per sempre dalleacque del Mediterraneo. I legami

Gtesti e foto di Annalisa Vandelli

La guerra in Siria“esporta” profughi.Riversatisi in massanegli stati confinanti:un milione (su 4 milionidi abitanti) in Libano,600 mila (su 6 milioni)in Giordania. Forteospitalità, all’inizio.Lavoro, alloggi, prezzi,scuole, risorse: oggi la convivenza è semprepiù problematica

pressıonePaesisottoper motivi di accoglienza

internazionale siria

SORRISI,NONOSTANTE

Una bambinanel campo

profughidi Zaatari,

in Giordania,dove sono

accolti 100 mila siriani

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PIANETA DI GUERRE,LO ESPLORANO DUE ATLANTI

Mappe e ricerche mirateQuasi in contemporanea è statopresentato a Bruxelles un altro stru-mento, questa volta on line: l’Atlan-te globale sulla giustizia ambienta-le, piattaforma digitale che descrivedettagliatamente lo sviluppo di piùdi mille conflitti ambientali in tuttoil mondo, realizzato da Giustiziaambientale Ejolt (EnvironmentalJustice Organisations, Liabilitiesand Trade).

Alla realizzazione della mappa hacollaborato attivamente il Centro didocumentazione sui conflitti am-bientali, istituto indipendente ita-liano che dal 2007 realizza unamappatura dei conflitti ambientalie che attualmente sta lavorando allacreazione di un database attraversola costruzione di una piattaformainterattiva e geoferenziata, che pos-sa essere strumento utile per tutticoloro che sono interessati ad ap-profondire le dinamiche connesse aquesti conflitti.

La mappa globale dell’Atlante èconcepita per consentire agli utentidi filtrare, attraverso un centinaio di

coordinate e criteri di ricerca, e di affinare la navigazio-ne attraverso ricerche mirate per materie prime, azien-de, paesi e tipi di conflitto. Con un click infatti si puòvisualizzare una mappa globale dei conflitti su nuclea-re, rifiuti e acqua, o dei luoghi ove le comunità hannoun problema con una particolare azienda chimica omineraria. Si può poi cliccare su un punto qualsiasi del-la mappa per conoscere gli attori coinvolti e la descri-zione del conflitto con il suo sviluppo attuale e le fontibibliografiche. Le mappe create attraverso i filtri di ri-cerca possono inoltre essere condivise su pagine web osocial network.

L’Atlante è un prodotto del progetto Ejolt, finanziatodalla Commissione Europea, che ha come obiettivosemplificare la ricerca di informazioni, il collegamentocon altri gruppi di lavoro su temi correlati e aumentarela visibilità dei conflitti ambientali.

Due strumenti (una pubblicazione e un database on line) pre-sentati di recente, a breve distanza tra loro, aggiornano sullasituazione odierna dei conflitti nel mondo e delle crisi ambien-

tali. Il primo è l’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo (quintaedizione), che costituisce una mappa aggiornata delle situazioni dicrisi nel mondo. Articolato in 36 “schede conflitto” (non “schede pae-se”, precisano gli autori), presenta anche vari “speciali”, come quellosulla pirateria e quello sui conflitti ambientali. Nell’edizione 2014,una sezione speciale è stata dedicata al tema “Donne e guerra”.

Nel testo sono presenti – tra i vari dossier – un approfondimentosul Sudafrica del dopo-Mandela, un’a -nalisi a cura di Medici Senza Frontie-re sulle sfide di chi opera nei teatri diconflitto, il punto sulle violazioni deidiritti umani in Medio Oriente, Afri-ca, Asia ed Europa a cura di AmnestyInternational, un’indagine sulla crisitra le due Coree, e un focus sullo sta-to delle rivolte in Medio Oriente.

L’Atlante è il frutto di un lavorocollettivo di giornalisti, ricercatori,inviati di guerra e fotografi, oltre chedel contributo di varie realtà comel’Associazione Ilaria Alpi, Aam TerraNuova, l’Associazione Asal, la Tavoladella Pace, Arci, Banca Etica, Amne-sty International Italia, Commissionenazionale italiana per l'Unesco, AltoCommissariato per i rifugiati Onu,Centro di documentazione sui con-flitti ambientali di Roma e, per la pri-ma volta, Medici senza frontiere.

Si tratta di uno strumento pensa-to anche in chiave educativa, soprat-tutto per le scuole, e per dare elementi di riflessione suquello che succede nel mondo, a partire da un’analisidelle situazioni di conflitto da cui emerge praticamentesempre uno stretto legame con interessi economici, co-me fatto notare di recente anche da Mercati di guerra, ilquarto Rapporto di ricerca su finanza e povertà, ambientee conflitti dimenticati, realizzato da Caritas Italiana, Fa-miglia Cristiana e Il Regno.

Uno cartaceo, l’altroon line. Uno articolato

in 36 schede sui focolaibellici attivi in questomomento nel mondo,

l’altro dedicatoa costruire ricerche

sui conflitti ambientali.Due utili e aggiornatistrumenti. Per capirecause e dinamichedi tante tragedie

mercatidiguerradi Francesco Spagnolo

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di sicurezza e salute; oggi registral’ampliamento del settore informaledell’economia, inclusa l’area del la-voro minorile, che coinvolge semprepiù bambini, sia libanesi sia siriani,di cui i genitori non riescono più aprendersi cura. Anche se non ci sonostatistiche ufficiali, il ministero del la-voro libanese parla di 180 mila bam-bini lavoratori nel paese (erano 100mila nel 2006).

Assottigliano opportunitàI rifugiati siriani sono per lo più gio-vani poco istruiti, occupano posti dilavoro scarsamente qualificati, a bas-sa retribuzione, in nero, a giornata esenza alcuna forma di protezione. Inmolti casi, le donne sono diventate le

lire o potenziare, in aree rurali o svan-taggiate, infrastrutture, opere e servizipubblici. Un esempio riguarda la ge-stione dei rifiuti solidi urbani, la cuiproduzione, in certe aree, è aumenta-ta del 30-40% a causa della presenzadei rifugiati. Ciò ha costi notevoli.Senza contare che molte municipali-tà non hanno personale e attrezzatu-re adeguati per la raccolta o il traspor-to della spazzatura. D’altra parte au-mentano le famiglie che si prodiganonella raccolta dei rifiuti indifferenzia-ti, dividono e rivendono il differenzia-to, naturalmente senza nessun tipo ditutela sanitaria o altre garanzie.

L’impatto della guerra siriana sullaquotidianità dei paesi confinanti èinsomma rilevante. La Banca Mon-

diale ha affermato che essa ha causa-to in Libano una riduzione della cre-scita del Pil del 2,85% per ogni annodall’inizio della crisi e ha stimato cheil costo totale della guerra raggiunge-rà, per il paese dei cedri, i 7,5 miliardidi dollari entro fine 2014. Inoltre, laspesa pubblica per istruzione e sani-tà è aumentata in modo significativo;la qualità dei servizi pubblici è peg-giorata, mentre i prezzi per i beni diprima necessità, come carburante oalloggi in affitto, sono aumentati adanno non solo dei nuovi arrivati, maanche di chi già risiedeva nel paese.

Prima ancora della guerra, il Liba-no stava affrontando alti tassi di di-soccupazione e un peggioramentodelle condizioni del lavoro in termini

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ISTANTANEE DALL’ESPATRIOIn famiglia, nel campo profughi, dal medico:siriani in Libano e Giordania

GROVIGLIINESTRICABILICavi pericolosinel campo di Burjel Baraineh, in cui palestinesiin fuga dalla Siria si aggiungono a profughi “storici”

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C’è sempre, in un dramma umanitario, chi lo sperimenta in manieraestrema. Sono 53 mila i palestinesi che, in fuga dalla Siria, hanno tro-vato riparo in Libano, 20 mila circa quelli rifugiatisi in Giordania. In Siriai palestinesi godevano di una sostanziale equiparazione agli abitanti locali, in materia di diritti. In Libano e Giordania, invece, i palestinesi “siriani”, in quanto non formalmente riconosciuti come cittadini di un altro paese, non possono acquisire lo status di rifugiato e quindinon possono nemmeno fruire dell’assistenza fornita dall’Unhcr.

L’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di loro, storicamente, è l’Unrwa. I profughi palestinesi che non erano iscritti all’Unrwa in Siriaquando arrivano in Giordania non hanno diritto a sussidi e sono costret-ti a vivere clandestinamente, in luoghi di fortuna. I campi per i palesti-nesi, in Libano, sono invece dodici, stabiliti fin dai tempi della guerra del 1948; nel paese dei cedri, però, i palestinesi possono svolgere perlegge un numero limitato di professioni.

Burj el Barajneh significa la “torre delle torri”. È un campo profughi a sud di Beirut, sorto nel 1948 per dare rifugio a 10 mila profughi in fu-ga dalla Galilea. Dall’inizio del conflitto siriano la sua popolazione è rad-doppiata: da 20 a 40 mila persone nello stesso chilometro quadrato di superficie, ovvero meno di 5 metri quadrati a persona. Il campo con-tinua a estendersi in verticale, senza standard di sicurezza, insistendosulle stesse risorse, richiedendo il doppio dei servizi.

Burj el Barajneh oggi è al collasso. Presenta notevoli carenze infra-strutturali. Una giungla di cavi elettrici mischiati ai condotti dell’acquaattraversa il campo appena sopra le teste degli abitanti. Una quarantinadi persone hanno già perso la vita per le scosse elettriche. I pozzi forni-scono acqua non più potabile. Il tasso di disoccupazione è del 60%.

Qui la Cooperazione italiana sta provvedendo a mettere in sicurezzauna parte dell’intrico di cavi e tubi. In un altro campo ha allestito l’areagiochi dell’asilo. Ogni centimetro è vitale: quanto vale lo spazio di giocoper un bambino?

Dal 2007 l’Italia soccorre i rifugiati palestinesi in Libano e Giordania,non solo sostenendo le attività di Unrwa, ma il processo di riforma del sistema sanitario e la risposta all’afflusso dei palestinesi dalla Siria,riabilitando o ricostruendo luoghi in cui vivere dignitosamente. Un’atten-zione doverosa, ai più spaesati tra gli spaesati.

Palestinesi (di nuovo) in fuga,i più spaesati tra gli spaesati

Il fatto che i profughi si vadano a innestarein comunità molto povere è fonte di ulterioriproblemi. La necessità di spartire risorse

minime rischia di tramutarsi, alla lunga, in una guerra tra poveri

l’Unhcr, l’Alto commissariato Onuper i rifugiati, distribuito attraversoun sistema di bancomat. E ovvia-mente non accessibile ai libanesiestremamente poveri di cui sono di-venuti vicini di casa. Ne derivano cri-tiche, che possono condurre a ten-sioni sociali. Tanto che la Coopera-zione Italiana, così come altridonatori, è dovuta intervenire sin dalprincipio della crisi, affiancando agliinterventi a favore dei siriani rifugiatiiniziative di supporto alle comunitàlibanesi che li ospitano.

La gestione dei rifiutiDove l’afflusso di profughi è massic-cio, occorre lavorare sulla coesionesociale tra le due comunità. E ristabi-

minime si tramuta, alla lunga, in unaguerra tra poveri.

I profughi siriani sono per lo piùconcentrati nelle regioni più poveredel Libano, dove competono per ot-tenere opportunità di lavoro scarse emal pagate, guadagnano redditi mol-to bassi, hanno accesso a servizi pub-blici sovraccaricati e inevitabilmentedi bassa qualità, fanno i conti conl’aumento dei prezzi e con l’impove-rimento delle risorse. Ma ricevonoun sostegno mensile in denaro dal-

Senza campi ad hocLa guerra siriana si è globalizzata an-che nelle intenzioni delle potenze ingioco e nelle loro vittime, che si spo-stano e rendono impossibile il tenta-tivo di ignorare fatti apparentementelontani nello spazio e nel tempo.L’orrore che essa produce non siascolta soltanto dalle parole, ma pri-ma ancora si legge negli occhi spa-ventati e a volte disperati di bambini,uomini, donne e vecchi, ai quali èstata interrotta la parabola di una vitafino a tre anni fa prevedibile. Infattiper i più il conflitto siriano era inim-maginabile, impensabile. E ancoranon riescono a spiegarne i motivi.

Tra le vittime in fuga, chi riesce adattraversare il confine verso la Gior-dania o verso il Libano si trova a vive-re due condizioni simili e diverse.Mentre la Giordania ha scelto di apri-re due grandi campi profughi (di cuil’ultimo ad Azraq poche settimane fa,il 30 aprile), il Libano si lascia attra-versare senza che siano stati impian-tati campi ad hoc. I libanesi – circa 4milioni di abitanti in un territorioesteso quanto il nostro Abruzzo, incui sono riparati un milione di siriani– temono che si ripeta ciò è accadutocon i palestinesi, i cui dodici campisono stabilmente impiantati dal1948, mentre dovevano essere tem-poranei. Del resto, benché la Giorda-nia abbia optato per i campi, anchein questo paese l’80% dei rifugiaticerca l’inserimento nelle comunità.Inserimento che in un primo mo-mento è stato semplice, basato sullalibera accoglienza di persone chespesso già si conoscevano tra loro.Ma dopo tre anni anche le buone in-tenzioni svaniscono.

Le condizioni dei profughi siriani,del resto, sono terribili già all’arrivo,a causa del fardello di storie che siportano dietro e dentro. Il fatto che sivadano a innestare in comunità mol-to povere è fonte di ulteriori proble-mi. La necessità di spartire risorse

internazionale siria

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“FAME ZERO”, L’EUROPAABBIA UN RUOLO TRAINANTE

zeropovertydi Laura Stopponi

tato di Lisbona: ciò implica che tutte lepolitiche Ue devono essere di suppor-to alle necessità di sviluppo dei paesipoveri, o quantomeno non in contrad-dizione con l’obiettivo dello sradica-mento della fame e della povertà.

Nonostante la crisi finanziaria e iproblemi in corso nell’eurozona,l’Unione europea (Ue) e i suoi statimembri hanno approvato nel 2010 ilQuadro strategico per aiutare i paesi invia di sviluppo ad affrontare i problemidella sicurezza alimentare. E molte an-cora sono le opportunità che l’Ue puòsfruttare, a livello globale, per afferma-re il diritto al cibo e accrescere l’acces-so alle risorse alimentari. In particola-re, le negoziazioni per l’Agenda dellosviluppo post-2015 hanno il potenzialeper stabilire la direzione dello sviluppoe degli aiuti per il prossimi 15-30 anni:rappresentano un’occasione unica persradicare la fame mondiale.

Il rapporto di Caritas Europa siconclude, a questo proposito, concinque raccomandazioni precise e“non negoziabili” rivolte ai decisorimondiali, ma soprattutto alle istitu-zioni Ue. Caritas afferma che:

essuno deve morire per mancanza di cibo; nessuno devesoffrire la fame. È un imperativo morale che tutti i deci-sori mondiali, in una società globalizzata, devono assu-

mere quale principale priorità. Un fallimento significherebbe venirmeno alla propria natura umana». È uno dei messaggi chiave, “fir-mato” da Jorge Nuño Mayer, segretario generale di Caritas Europa,del rapporto sulla sicurezza alimentare e il diritto al cibo intitolatoIl ruolo dell’Unione europea per porre termine alla fame nel 2025.Caritas Europa lo ha presentato al Parlamento europeo, insieme adue europarlamentari, Patrizia Toia e Charles Goerens.

Circa un miliardo di persone – unaogni otto presenti sul pianeta – sonodenutrite, più di tre milioni di bam-bini muoiono ogni anno per causelegate alla malnutrizione; eppure vie-ne prodotto cibo in quantità più chesufficiente per tutti, secondo le stimedella Fao. Molti esperti concordanosul fatto che le cause della fame e del-la malnutrizione siano da ricercarsinella marginalizzazione, nella pover-tà, nel basso livello di sviluppo. Emolte persone hanno fame sempli-cemente perché non possono acce-dere al cibo disponibile sui mercati oalle risorse necessarie per produrlo.

Nel suo rapporto, Caritas Europa prende in esame seimacroaree (diritto al cibo, agricoltura, cambiamenti cli-matici, nutrizione, resilienza, coerenza delle politiche perlo sviluppo) e lancia un appello a istituzioni europee estati membri, affinché si attivino e prendano posizione.Solo un riforma radicale del sistema alimentare mondialepotrà infatti assicurare un sistema più giusto, sostenibilee resiliente, capace di alimentare 9,6 miliardi di persone,i “cittadini” della terra nel 2050.

Sostenere i piccoli produttoriL’Unione europea è il donatore più importante nel mondo,in termini di aiuti allo sviluppo: le sue politiche hanno uneffetto determinante sulla sicurezza alimentare e sullo svi-luppo sostenibile. Le sue decisioni possono fare la differen-za. È vitale, quindi, fare in modo che tali politiche sianocoerenti, in linea con quanto dispone l’articolo 208 del Trat-

Rapporto di CaritasEuropa sulle cause

della fame nel mondocontemporaneo

e sulle prospettive per combatterla. L’Ue primo

donatore globale diaiuti alimentari: cinque

raccomandazioni “non negoziabili”

per affermare il diritto al cibo

«N

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. il diritto al cibo deve rappresentare la priorità nello svi-luppo di tutte le politiche Ue che avranno un impattosulla sicurezza alimentare e sull’agricoltura;. Europa e stati membri devono porsi un obiettivo am-bizioso per l’Agenda Beyond 2015: “Zero fame”, ovveroil tasso di malnutrizione mondiale deve scendere al disotto del 2% e la malnutrizione cronica dei bambiniminori di 5 anni deve essere ridotta del 5%;. l’aiuto allo sviluppo dell’agricoltura deve focalizzarsisul sostegno delle aziende agricole piccole e sosteni-bili. Nessun finanziamento deve essere previsto per at-tività agricole altamente intensive, che portano al de-grado degli ecosistemi;. si deve riconoscere che le organizzazioni della societàcivile e gli attori locali sono fondamentali della sicu-rezza alimentare;. deve essere effettivamente garantita la coerenza dellepolitiche di sviluppo.

paese che li accoglie è il caso dell’ac-qua in Giordania: i 600 mila rifugiaticensiti nel regno hashemita (su pocopiù di 6 milioni di abitanti) vanno aincidere sui consumi di un paese cheè il quarto al mondo per esposizionealle crisi idriche. Non bisogna consi-derare infatti solo l’acqua da bere oper lavarsi, ma anche l’acqua “usata”,che va a ingrossare sistemi fognariinsufficienti, poiché tarati per regge-re un peso che non prevedeva un in-cremento di popolazione di tale por-tata in poco tempo.

A Tripoli, seconda città del Libanodopo la capitale Beirut, esiste unquartiere marginale che da trent’anniviene abitato dalla parte più poveradella popolazione. Appena qualcunoriscatta la propria condizione econo-mica cambia posto e cede il proprio.Ora gli ultimi sono i siriani. Che ac-cettano di adeguarsi a una situazioneabitativa tipica di una baraccopoli. Ilquartiere peraltro va sott’acqua di al-meno mezzo metro ogni volta chepiove e debordano le fogne.

Tripoli è una città interessante an-che per il tipo di “guerriglia” internache si combatte tra due quartieri, eche vede fronteggiarsi Alauiti e Sun-niti, riproducendo su scala microsco-pica il conflitto che si combatte in Si-ria. Ancora una volta, insomma,quella guerra si rivela affare di tutti:tutt’altro che circoscritta a faccendeinterne o religiose, è affare di tanti, inun modo o nell’altro. Di tanti che, inmodi diversi, ne traggono ricchezza.

Perché la guerra è una faccendaglobale come l’uomo e il suo vagare. Èun sostantivo singolare femminile, cheha effetti plurali e anche maschili.

L’impegno Caritas

Caritas Italiana ha risposto alle richieste di aiuto lanciate da CaritasSiria per le località di Homs e Aleppo sin dall’inizio della crisi, richiamandonello stesso tempo la comunità internazionale alle sue gravi responsabili-tà nello scenario siriano. Appelli umanitari oggi continuano a giungere anche dalle Caritas di Libano, Giordania e Turchia. In totale Caritas Italia-na ha trasferito nell’area più di 300 mila euro.

Caritas Siria si è organizzata in sei centri di accoglienza-distribuzione in altrettante regioni del paese, nel quale, afferma un recente rapporto di Caritas Siria, «oltre il 50% delle persone è disoccupato, più della metàdella popolazione (che era di 22 milioni di abitanti) vive sotto la soglia della povertà e almeno 4,4 milioni di persone vivono in una povertà estre-ma, il 50% dei giovani non vanno più a scuola e 3 mila edifici scolasticisono andati distrutti».

Da ottobre 2013 Caritas Italiana si è concentrata sulla Caritas di Homs, città martire per eccellenza in un paese martirizzato. Sono circa8.500 le persone aiutate, con aiuti su selezione individuale: quasi tuttihanno beneficiato di distribuzioni di viveri, un centinaio di famiglie sfollatehanno potuto sistemarsi in locali di fortuna e centinaia di ammalati, an-ziani, mamme e bambini ricevono cure mediche. L’equipe di Caritas Homsha elaborato per questa azione un progetto che ammonta a 200 mila euro fino a settembre 2014; Caritas Italiana si è impegnata a finanziarlo.

Aiuti in tutta l’area,particolare attenzione a Homs

internazionale siria

capofamiglia. La casa, per i siriani,può essere una tenda tirata su allameno peggio, oppure un alloggio fa-tiscente preso in affitto. Anche inquesto caso, la Cooperazione italia-na, insieme ad alcune ong, intervieneristrutturando ambienti con il mini-mo indispensabile per renderli abita-bili, in cambio di una riduzione o an-nullamento dell’affitto per un datoperiodo di tempo. La chiave, comesempre, è cercare di favorire entram-be le parti in gioco.

Le comunità ospitanti ritengonoinfatti che la loro situazione generalee quella occupazionale sia peggioratacon l’aumento della concorrenza daparte dei profughi e che i loro stipen-di siano stati spinti verso il basso. Perdi più, alcuni rifugiati siriani stannoaprendo piccole imprese, assotti-gliando le opportunità per i libanesiin alcuni settori economici.

Complicata è anche le situazionenelle scuole: in diverse zone del Liba-no stanno facendo il doppio turno,bambini libanesi al mattino e sirianial pomeriggio. L’integrazione è per oraimpossibile, anche per la differenza

dei programmi scolastici. Il crescentenumero di studenti sta aggravando iproblemi delle scuole pubbliche, giàfragili a causa di edifici insicuri, con-dizioni igieniche poco sane, materialee attrezzature insufficienti, carenza dipersonale qualificato.

L’ultima goccia d’acquaEmblematico della pressione che lapresenza di tanti profughi esercita sul

ACCAMPATI: A VITA?Madre e figlia in un rifugio di fortuna:

il Libano non ha voluto campi profughi

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La Georgia che non vuole più essere russafatica a trovare una via d’uscita da povertà,corruzione e criminalità organizzata. Cerca

di costruirsi un’immagine internazionale.Ma le possibilità di sviluppo sono poche

moderna, con nuove costruzioni divetro e acciaio affiancate ad antichechiese e a edifici ottocenteschi: unapiccola Londra. Ma le possibilità disviluppo vero sono poche: l’ereditàsovietica ha lasciato solo grigi palazzie fabbriche abbandonate, non piùfunzionanti, fuori dal mercato unicosovietico. Non ci sono industrie, nonc’è un’agricoltura fiorente (nonostan-te la Georgia si fregi di essere il paeseche ha “inventato” il vino) e il turismorappresenta una possibilità margina-le, peraltro quasi esclusivamente di-pendenti dai visitatori russi. Solo ilproblema della disoccupazione sem-bra accomunare il piccolo paese cau-casico al resto dell’Europa.

Anche in Georgia il 2008 ha rappre-sentato l’inizio della crisi economica,ma qui alla crisi finanziaria globale siè sommata la guerra in Ossezia. Gliaiuti esteri e gli investimenti interna-zionali sono diminuiti drasticamente,ed erano quelli il vero motore della ef-fimera “rinascita economica” dellaGeorgia guidata dal presidente Saaka-shvili: investimenti esteri offerti a con-dizioni di favore, probabilmente per-ché la Georgia era l’ultimo paese nelCaucaso a non essersi allineato con laRussia, e per gli Stati Uniti e l’Unioneeuropea ciò rappresentava un ottimoincentivo. «Ora non è più come qual-che anno fa – conferma dal suo osser-vatorio Tamas Akhvlediani, gestore diLa Panetteria, panificio, pizzeria e ri-storante avviato da Caritas Georgiaproprio nel 2008 –. I primi tempi ab-biamo lavorato molto, i nostri prodot-ti di qualità si vendevano bene sulmercato, poi piano piano gli affari so-no diminuiti, i soldi che girano sonomolti meno…». Oggi la piccola impre-sa guidata da Tamas fa molta fatica: ci

me nuova repubblica europea.In effetti c’è molta voglia di Europa,

a Tblisi e dintorni. Addirittura in moltiedifici pubblici, a fianco della bandieracon la croce georgiana, sventolano lestelle gialle su sfondo blu dell’Unioneeuropea. C’è molta voglia di occidente,ma al tempo stesso si avverte una forteinfluenza orientale, con la Turchia, latigre dell’Anatolia, che preme al confi-ne sud e la Cina che avanza da est.

La caduta degli investimentiEuropa, Occidente, Medio Oriente,Oriente. Ma non Russia. Tutto, ma nonla Russia di Putin. Eppure la Russia diPutin è là, al confine occidentale, e fapaura. La Crimea, appena strappata al-

l’Ucraina con l’appoggio della Russia,è dall’altra parte del Mar Nero, pocheore di battello da Batumi. E la vicendaucraina, il dramma che si sta consu-mando con la guerra civile alle porte,ai georgiani ricorda molto, troppo, laguerra per l’indipendenza dell’Osseziadel Sud e dell’Abkhazia. Nell’agosto2008, in una guerra lampo a tre (Geor-gia, Ossezia e Russia) vennero strappa-te alla sovranità georgiana le due pro-vincie separatiste, filorusse. I campiprofughi sono ancora lì, a pochi chilo-metri dalla capitale: distese di casetteprefabbricate dove i georgiani che vi-vevano in Ossezia si sono rifugiati, do-po che hanno dovuto abbandonare laloro terra, caduta in mano ai filorussi.

La ferita è ancora aperta, e queicampi profughi sono lì a dimostrare, aigeorgiani e al mondo, che la Russiavuole ancora tenere in mano le pro-vince del suo impero. Il Kgb ti sta an-cora guardando: c’è paura, tra i geor-giani, ma c’è anche rabbia, nel guarda-re alla tv le immagini della Crimea nonpiù ucraina. E in alcuni casi la rabbiasi sfoga contro i villeggianti russi, chegià in primavera arrivano in Georgia.

Ma la Georgia che non vuole piùessere russa, dopo la Rivoluzione del-le Rose (simbolo nazionale) del 2003-2004, fatica a trovare una sua viad’uscita dalla povertà, dalla corruzio-ne e dalla criminalità organizzata. Ti-blisi cerca di costruirsi un’immagineinternazionale, illuminando a giornoi suoi monumenti e i suoi scorci piùbelli. Cerca di apparire come una città

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I VOLTI DELLA DISILLUSIONEPubblicità elettorale, a Tbilisi (ottobre

2013); nuovi e vecchi edifici in capitale;cartello antirusso dopo i fatti di Ucraina

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chiuse, a salvaguardia della privacy,per proteggere la propria famiglia da-gli sguardi indiscreti. Perché, appunto,il Kgb ti guarda, sempre. Questo alme-no fuori dalle città, per chi aveva lafortuna di vivere in una abitazionesingola, modesta: pur sempre miglio-re, in ogni caso, dei grigi palazzoni so-vietici, dove il Kgb non solo ti guarda-va, ma ti ascoltava anche. Bastava ve-ramente poco per finire in Siberia, neicampi di lavoro forzati.

Con fatica la popolazione cercaoggi di liberarsi da questi schemimentali e di relazione. Dalla diffiden-za nel vicino, nel collega, nell’amico.E con ancora maggior fatica, a ormaipiù di vent’anni dalla fine dell’UnioneSovietica, la Georgia cerca oggi di de-finire il suo posto nel mondo: non piùcome piccolo satellite sovietico affac-ciato sul Mar Nero, luogo di villeggia-tura dell’oligarchia di regime e notoper aver dato i natali a Stalin, ma co-

gb is still watching you. “IlKgb ti guarda, ancora”. Il no-me di un piccolo pub nellaparte vecchia di Tblisi, capi-tale della Georgia, rappre-

senta con ironia come un passato chetutti crediamo sepolto sia invece an-cora presente, in questa remota pro-vincia, tra il Caucaso e il Mar Nero, diquello che fu l’impero sovietico. L’in-cubo del Kgb, il servizio segreto sovie-tico: in Georgia è stato reale e ha carat-terizzato per decenni, come molti altriaspetti del regime sovietico, la vitaquotidiana di milioni di persone. Si vi-veva nel sospetto, nel terrore che il tuovicino, o un tuo familiare, potesse es-sere un informatore, ti potesse denun-ciare, senza motivo o, peggio ancora,per qualche rancore personale. E si ti-ravano su barriere intorno alle case,inferriate: non con le sbarre, che la-sciano vedere all’interno, ma con pa-reti metalliche o di legno, comunque

Kdi Danilo Feliciangeli e Chiara Bottazzi

La Georgia vive unadifficile transizione.Teme, guardando con paura i fattiucraini, l’ex padrone e ingombrante vicinorusso. Aspira a un postonell’Europa unita. Ma intanto deve fare i conti con povertà e disoccupazione. Il ruolo della Caritas

internazionale georgia

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incubosogno

L’eil

le rose son sfiorite

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AFRICA BIPOLARE,È SEMPRE COLONIALISMO

contrappuntodi Giulio Albanese

ma in genere le élite dominanti ten-dono a soffocare qualsiasi forma didissidenza. E dire che la società civi-le, se valorizzata, potrebbe rappre-sentare il vivaio di nuove classi diri-genti, in grado di servire con maggio-re dedizione la res publica.

Lungi da ogni disfattismo, l’Africacontinua insomma a essere la meta-fora di una versione, riveduta e cor-retta, del colonialismo. La storia dellesue nazioni sembra essere il riflessodi quella altrui. Negli anni Sessanta,Settanta e Ottanta si parlava di “guer-ra fredda” tra i due blocchi; nel ven-tennio successivo di una parcellizza-zione di interessi variegati – soprat-tutto cinesi e americani –; oggiassistiamo al monopolio di nuove ag-gregazioni, dettate dai paesi emer-genti a livello globale (Brics) o dallariedizione di modelli coloniali, comela Françafrique.

Sebbene questa dottrina politicasia stata sconfessata a parole dal pre-sidente francese François Hollande,resiste al tempo, con una sorta di ma-quillage, nello scacchiere saheliano,dalla tormentata regione maliana

dell’Azawad ai contesti nigerino e centrafricano: il busi-ness delle cosiddette commodities (uranio e petrolio) è ir-rinunciabile per l’Eliseo. Se a tutto ciò aggiungiamo i pe-santi condizionamenti derivanti dalla sponda mediterra-nea (in particolare le crisi libica ed egiziana) e la costantepenetrazione di cellule jihadiste (dalla Nigeria settentrio-nale alla Somalia, passando per il Centrafrica), il tantoconclamato Big Deal africano andrebbe quantomeno ri-dimensionato.

Ancora una volta siamo di fronte a un progetto di co-lonizzazione dell’Africa, sponsorizzato da certe confra-ternite musulmane di matrice salafita, ma anche da unanuova generazione di imprenditori arabi, che considera-no strategiche le riserve petrolifere del continente. Unacosa è certa: ancora oggi, i fattori esterni sono quelli chemaggiormente condizionano il destino dell’Africa. Con ilrisultato che finora la globalizzazione dei mercati non hatrovato felice riscontro in quella dei diritti.

U no dei tratti caratteristici della geopolitica africana contempo-ranea è la sua contraddittorietà. Quasi vi fosse un bipolarismoidentitario, nel bene e nel male. Da una parte vi sono, in alcuni

paesi, una crescita del Prodotto interno lordo (Pil) e un significativoaumento dell’occupazione; dall’altra due fattori che pesano sul pre-sente e sul futuro del continente come pesanti macigni: l’esclusionesociale e il deficit di virtù da parte delle leadership locali.

In effetti, fenomeni come il land grabbing (accaparramento deiterreni da parte di imprese straniere) e lo sfruttamento della ma-nodopera sono ben radicati. Inoltre, dal punto di vista dell’eticapolitica, i processi elettorali coinvol-gono i soliti gruppi di potere e l’esitorispecchia dinamiche regionali o et-niche, invece di essere espressione diun’alternanza programmatica.

Con il risultato che le mutazioniavvengono frequentemente in segui-to a guerre civili e colpi di stato (Re-pubblica Centrafricana, Costa d’Avo-rio, Mali, Madagascar, Congo…). Eche laddove si riscontra una discretastabilità (a volte con evidenti pro-gressi economici, come nel caso diAngola, Uganda, Ruanda e Camerun,in altri casi con la stagnazione socia-le e l’implosione economica: Eritrea docet, per non par-lare dello Zimbabwe), l’azione di governo è comunquesempre saldamente in mano a regimi che resistono al-l’usura del tempo, grazie all’appoggio incondizionatodelle forze armate.

È dunque sempre l’uso della forza (più o meno camuf-fato dalla propaganda) l’elemento discriminante nei sin-goli scenari nazionali. Tanto che, anche quando si otten-gono processi di pacificazione dopo conflitti ventennali,come nel caso del Sud Sudan, gli antagonismi personalisono tali per cui, prima o poi, si torna a combattere.

Globali i mercati, non i dirittiIn un tale contesto, il ruolo della società civile, e in parti-colare delle chiese cristiane, nonostante sia cresciuto neltempo, non è ancora riuscito a innescare l’agognato cam-biamento. È vero che vi è stata una significativa crescitadel diritto di cittadinanza in paesi come Ghana e Senegal,

Pil e occupazione, in alcuni paesi, crescono.

Ma non si riducono il deficit di democraziae l’uso della forza comefondamento del potere.

Il modello coloniale non ha mai cessato

di funzionare: i fattoriesterni continuano

a condizionare i destinidel continente

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C’è molta Italia (soprattutto il nord-estitaliano) nella Chiesa georgiana. Un’Italiache ha cercato di trasferire l’operosità

come antidoto all’apatia dell’era sovietica e alla fame di potere del crimine organizzato

internazionale georgia

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sono nuove idee, possibilità di rilan-cio, ma la situazione non è facile.

La Chiesa contro l’apatiaLa chiesa cattolica georgiana ha capi-to da subito che, con la caduta del co-munismo l’intera economia del paesesarebbe crollata, le industrie avrebbe-ro chiuso e la disoccupazione sarebbesalita alle stelle. Per questo anche Ca-ritas Georgia, con l’aiuto di donatoriinternazionali, tra cui molti italiani, hainvestito in attività economiche chepotessero generare occupazione e svi-luppo, soprattutto tra le classi margi-nali. Nel tempo sono state avviate at-tività economiche di vario tipo: unapiccola impresa per la produzione dimattoni, due panetterie-pizzerie, unristorante e una gelateria “italiani”,una falegnameria industriale, un’au-tofficina specializzata in marchi madein Italy (Alfa Romeo e Fiat).

C’è molta Italia, in effetti, nellachiesa georgiana (soprattutto moltonord-est italiano): un’Italia che ha cer-cato di trasferire agli amici georgianil’operosità come antidoto all’apatiadel regime sovietico e alla fame di sol-di e di potere della criminalità orga-nizzata, che con traffici di ogni generesi è arricchita, coprendo gli spazi la-sciati liberi dalla fine del comunismo.

Caritas cerca di trasmettere questivalori e questa speranza ai giovani ge-orgiani: da sempre è uno dei suoi im-pegni prioritari. «Giovani e personeestremamente povere e vulnerabili:in questo si concentra il nostro lavo-ro, il senso della nostra presenza inGeorgia, per restituire la speranza esogni, per creare futuro», raccontasuor Loredana Monetti, missionariaitaliana da anni in Georgia, responsa-bile della Caritas di Kutaisi, nella par-te ovest del paese. Nella sua piccolacomunità missionaria vivono duesuore Figlie di San Giuseppe e quattropadri Stigmatini: insieme hannomesso in piedi, in quasi vent’anni,molte attività per i giovani e per i po-

veri. Il fiore all’occhiello è il centrodiurno giovanile, frequentato da piùdi cento adolescenti e preadolescenti,che offre corsi pomeridiani sulle ma-terie scolastiche e formazione profes-sionale, laboratori (falegnameria, cu-cito, altri), spazi di socializzazione eper attività ricreative (teatro e sport).E un pasto al giorno: un aiuto impor-tante, per le famiglie che nella perife-ria di Kutaisi fanno fatica a trovare ilnecessario per nutrire i propri figli.

Oltre il centro giovanile, il ciclo pro-segue con piccole attività commercia-

PANINI E PIZZE DI CARITÀLaboratori di panetteria e ristorante

aperti a Tbilisi grazie ai progettidi sviluppo sostenuti da Caritas

li: la panetteria-pizzeria a Kutaisi, lafalegnameria e la gelateria nel centrodi Batumi (importante località turisti-ca sul Mar Nero). «Non sono centinaiadi posti di lavoro, ma sono una possi-bilità, una speranza, un segno che sipuò, con il proprio lavoro e con l’aiutodella Provvidenza, costruirsi un futu-ro, avviare un’attività, mantenere lapropria famiglia, senza alimentare lefila dell’esercito della mafia georgiana– riassume suor Loredana, che peròpensa anche a chi questa possibilitànon l’ha più, o non l’ha mai avuta. Permolti infatti ha creato un dormitorio,dove ogni sera arrivano quasi 40 ospitia cercare un letto, una doccia, soprat-tutto un po’ di compagnia, un am-biente amichevole, lontano dalla stra-da –. Quasi tutti i nostri ospiti hannoproblemi di alcolismo, che li fa finirein strada. Ma tra loro ci sono anchepersone colte, ex insegnanti, che han-no deciso di lasciare la casa ai figli…».

Suor Loredana ha creato un centrodiurno per toglierli dalla strada anchedi giorno. Uno spazio per ritrovarsi,coltivare l’orto, allevare piccoli anima-li da cortile, mangiare insieme. Ci so-no pure un piccolo laboratorio di fa-legnameria e uno di meccanica: il la-voro è sempre al primo posto, nelrecupero di una vita normale.

Insomma la Georgia oscilla trapaure e speranze, tra stagnazione evoglia di ricominciare. Tra l’incubopermanente del grande vicino russo ele stelle del sogno europeo. Che al diqua dell’ex cortina di ferro sembraquasi essersi spento. Ma continua a ri-velarsi attraente, dove pace, democra-zia e benessere sono traguardi maisperimentati davvero.

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NOI, FAMIGLIANEL PIANETADEGLI SQUILIBRI

Diritto al cibo, buona finanza, relazioni di pace: la campagna lanciatada Caritas Italiana e altri organismi ecclesiali entra nel vivo.Nuovi materiali sul sito www.cibopertutti.it: “è compito nostro”riflettere sulle ingiustizie e costruire un futuro sostenibile

Dare ampia risonanza, nelle comunità ecclesiali, ai temi del diritto alcibo, della buona finanza, delle relazioni di fratellanza e pace non èmai stato semplice, nonostante le indicazioni in materia provenienti

dal Magistero della Chiesa. Diritti dei popoli, sviluppo e sottosviluppo, con-flitti armati, stili di vita improntanti a sobrietà e rispetto dell’ambiente co-me alternativa al modello capitalista e consumistico: il dibattito culturaleha trovato meno spazio, nella riflessione delle chiese locali, di quanto nonsia accaduto ad altri temi.

Le parole recentemente pronunciate da papa Francesco sulla necessitàdi rimuovere le cause della fame, e sugli ostacoli posti da una finanza fuoricontrollo e dai modelli di sviluppo economico prevalenti nel mondo, sonoora a fondamento della campagna italiana “Una sola famiglia umana: ciboper tutti. È compito nostro”. Unendosi al coro delle tantissime esperienzeche l’hanno preceduta e l’accompagnano, la campagna vuole contribuirea creare, nelle comunità ecclesiali e civili, una cultura di fraternità univer-sale, di cittadinanza globale.

Oggi i paesi industrializzati, Italia inclusa, a causa della pesante crisi eco-nomica sperimentano precarietà e fragilità, che minano il diritto a sognareil futuro. Occorre quindi responsabilizzarsi ancora di più, per rimuovere lecause degli squilibri e delle condizioni di povertà in cui continua a vivereuna parte importante della popolazione del pianeta, ormai distribuita nonsolo al sud, ma anche all’interno dei paesi del benessere.

Sul sito della campagna – www.cibopertutti.it – da maggio sono dispo-nibili tre toolkit per sviluppare itinerari di animazione per i giovani nelle

scuole, il mondo ecclesiale, gli imprendito-ri. Affrontano i temi portanti della campa-gna: diritto al cibo per tutti, una finanza amisura d’uomo, relazioni di pace. Grandiquestioni, piccoli ma incisivi semi di cam-biamento.

di Roberta Dragonetti

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e compito nostro

Una sola famiglia umana,cibo per tutti:

gli scontri nella Repubblica delSudan, in particolare nelle regionidel Darfur e dei Monti Nuba, tragoverno centrale islamico e grup-pi ribelli. I vescovi hanno lanciatoun forte appello a “risparmiare le vite dei civili innocenti”.

Nei due paesi, Caritas Italianaha sempre rilanciato con forza gliappelli al dialogo ed è impegnata,insieme alla rete Caritas, nella

archivium di Francesco Maria Carloni

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panoramamondo

Dal 18 al 20 ottobre 1993, Caritas Italiana promosse il convegno “Immigrazione:dalla gestione dei servizi alla partecipazione e al cambiamento culturale”. Titoloe argomenti costituirono, agli inizi degli anni Novanta, un contributo d’avanguar-dia sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione.

L’allora responsabile del settore per l’educazione alla mondialità di Caritas Italiana così si espresse nella relazione introduttiva: «L’immigrazione pone interrogativi ampi e urgenti per tutti noi e per le responsabilità che, in un modo o nell’altro, ricopriamo. (…) È un’epoca in cui cambia la realtà nel suo profondo.Cambiano anche i valori, le categorie di riferimento. Cambia anche la Chiesa, nella sua base, che diventa più cosciente, autentica e vivace. E perciò anche più attenta, critica e puntuale».

Le relazioni del convegno furono raccolte in un volumetto di 221 pagine, editonel 1994, composto da undici interventi sugli aspetti legislativi, culturali, umani e spirituali del fenomeno. Fu un contributo di indubbio valore che Caritas italianadiede al nascente dibattito sull’immigrazione e sull’integrazione, al fine di unapartecipazione dei migranti a un reale e positivo cambiamento sociale, civile e culturale. «È un cammino appena iniziato. Dobbiamo continuarlo, focalizzarlonell’ottica del cambiamento culturale; dobbiamo farlo diventa-re un cammino di Chiesa e un cammino di civiltà», sostennemonsignor Giuseppe Pasini, direttore Caritas dell’epoca.

Grazie a queste solide basi, Caritas Italiana ha mantenutoalta e costante l’attenzione al fenomeno migratorio e alle per-sone migranti, mettendo a punto gesti e iniziative di accoglien-za, di servizio, di integrazione e di studio che proseguono ancora oggi, con l’obiettivo di fare dell’immigrazione un’occa-sione di rinnovamento della società italiana.

Migrazioni, veicolo di cambiamento:Caritas iniziò a dirlo due decenni fa

SUDAN E SUD SUDANSud, infuria la guerrae si teme la carestia.Prosegue l’aiutoin entrambi i paesi

In Sud Sudan, a nemmeno treanni dall’indipendenza, è in attoun nuovo dramma bellico e uma-nitario. Sotto gli occhi attoniti einermi del mondo, si sta com-piendo una strage di civili inno-centi, vittime degli scontri tra go-verno e milizie ribelli e delleuccisioni motivate dall’apparte-nenza etnica. E con l’inizio dellastagione delle piogge, che impe-disce gli spostamenti nel paese,e i combattimenti tuttora in cor-so, si fa sempre più concreto il rischio di una gravissima care-stia. Continuano intanto anche

GUERRE INCIVILISi attinge acquaal fiume dopo unbombardamentoin Sud Sudan;sotto, guerriglierocentrafricano

risposta all’emergenza, offrendosostegno ai profughi e agli sfollatie provvedendo a cibo, acqua e servizi essenziali in Sud Sudan,in Darfur e nei Monti Nuba. Negliultimi anni ha sostenuto ancheprogetti di sviluppo, promozione di diritti, pace e riconciliazione,prosanitari e di educazione. Solonel 2013, sono stati realizzati interventi per circa 300 mila euro.

CENTRAFICAViolenze senza sosta,minacce agli accordi.L’Arcivescovo: «Sianodisarmate le milizie»

«Invitiamo tutti i centrafricani e ledonne e gli uomini di buona volon-tà a pregare per il ritorno della pa-ce e della sicurezza e ad aprire illoro cuore al dialogo e alla riconci-liazione»: è l’appello lanciato nellaseconda metà di aprile da monsi-gnor Dieudonné Nzapalainga, arci-vescovo di Bangui e presidente diCaritas Centrafrica, in seguito allascia di violenze e sangue che con-tinua a segnare il paese.

Da metà aprile si è registrataanche una recrudescenza di attidi violenza nei confronti di religio-si, soprattutto nella regione nord-ovest del paese. Ciò minaccia il percorso di riconciliazione nazio-nale faticosamente avviato. Il pre-sidente di Caritas Centrafrica harichiamato il governo a «restaura-re lo stato di diritto» e le forze del-l’operazione Sangaris (guidata damilitari francesi) e Misca (missio-ne internazionale di sostegno allaRepubblica Centrafricana a guidaafricana, sotto egida Onu) a «di-sarmare tutte le milizie e garantirela libera circolazione delle perso-ne nel territorio nazionale».

Caritas Italiana segue l’evolu-zione della situazione, contribuen-do al programma di emergenzapromosso da Caritas Centrafrica,finalizzato a migliorare le condizio-ni di vita delle fasce più vulnerabiliin tema di sicurezza alimentare,salute, educazione e alloggio, e contribuire a consolidare la pace.

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panoramamondo

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Oltre ai risultati concreti, è stato importante il modo

in cui li abbiamo raggiunti:con la partecipazione

comunitaria in tutte le fasidel progetto, dall’ideazione

al suo intero svolgimento

Nella parrocchia di Kim Ngoc, comune di Ham Thang, a 100 chilometri dalla

capitale Ho Chi Minh City, nel sud-est del Viet-nam, la popolazione vive di agricoltura di sus-sistenza. Gli uomini trovano lavoro solo da salariati giornalieri o lontano da casa, nell’edi-lizia. Si vive in case di fango e paglia che, nella stagione delle piogge, diventano umide e insalubri. Piccole case in muratura possonomigliorare notevolmente le condizioni abitativedelle famiglie. Il microprogetto prevede l’acqui-sto di mattoni, cemento e infissi per costruire14 piccole casette per altrettante famiglie.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 64/14 Vietnam

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ECUADOREstela, animatricedel villaggio andino:«I pollai famigliari,occasione di sviluppo»

Mi chiamo Este-la Villacis de

Trujillo e sono l’animatrice della comunità parrocchiale di Yaruquíes,che si trova nel cantone Riobamba,zona centrale inter-andina del-l’Ecuador. Viviamo a 2.800 metrisul livello del mare e siamo circa2.800 abitanti. Ogni settimana i rappresentati delle famiglie si riu-niscono per esaminare i problemi e le esigenze della comunità edelaborare insieme soluzioni. Tra letante cose via via emerse e tra leesigenze comuni per sollevarsi dal-la povertà in cui viviamo, la prioritàè stata data a una questione pro-duttiva: si è deciso di migliorare,con tecniche moderne, l’allevamen-to dei polli, da utilizzare sia perl’alimentazione familiare sia per la commercializzazione della carnebianca nei mercati locali. Dopo averelaborato le azioni necessarie, conl’aiuto del parroco abbiamo presen-tato a Caritas Italiana un micropro-getto di 5 mila euro. Dopo quattromesi i soldi erano già disponibilipresso la parrocchia: nei mesi suc-cessivi siamo riusciti a rimodernarei pollai familiari, svolgere una for-mazione teorica e pratica sulla pro-duzione e la gestione di pollame da carne e sulle buone pratiche perla vendita del prodotto. Oltre ai ri-sultati concreti, è stato importanteil modo in cui li abbiamo raggiunti:con la partecipazione comunitariain tutte le fasi del progetto, dal-l’ideazione al suo intero svolgimen-to. La comunità parrocchiale di Ya-ruquíes ringrazia tutte le personeche hanno contribuito a questa im-portante opportunità di sviluppo.

> MicroProgetto 160/13 EcuadorPollai per lo sviluppo

5 Realizzato!

VIETNAMCase asciutte: il mattone vuol dire salute

LASTORIA

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AGISCI ORA! SOSTIENI UN PROGETTO INFO: [email protected]

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MICROPROGETTO

MICROPROGETTO

PERÙI contadini di montagna chiedono acqua

Nella parrocchia di San Josè de Jangas, villaggio di Pashpa e Watzapampa

(nel nord del paese, 2.900 metri d’altitudine), il problema più grande per gli abitanti, circa1.200 contadini, è l’accesso all’acqua potabile.L’acqua potrà arrivare dalla laguna di Cochapam-pa, a 72 chilometri dal villaggio, se verrà realizza-to un tratto di acquedotto di circa 5.500 metri e verrà istallato un serbatoio di accumulo per la distribuzione nelle case. Il microprogettoprevede l’acquisto di tubi e relativi raccordi, gli abitanti contribuiranno gratuitamente con il lavoro manuale.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 59/14 Perù

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MICROPROGETTO

GUINEA CONAKRYDecorticatore per le donne in agricoltura

Appartengono all’Associazione femminile dellaparrocchia San Filippo, nel villaggio di Houïdou,

al confine con Mali e Costa d’Avorio, le 50 donne che intendono sostenere le proprie famiglie attraverso la produzione di ortaggi e la pulitura dei cereali, attivitàper l’autoconsumo e la vendita dei prodotti. Ma per la-vorare, serve un decorticatore. Il microprogetto, inoltre,prevede l’acquisto anche di attrezzi agricoli e di semen-ti, oltre alla formazione per l’utilizzo del decorticatore.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 49/14 Guinea Conakry

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BURKINA FASOProgramma in 15 “micro” per le comunità rurali

La Caritas nazionale del Burkina Faso hachiesto a Caritas Italiana di sostenere, nel

2014, 15 microprogetti di sviluppo in ambito sani-tario, agricolo, idrico e lavorativo, per un ammonta-re complessivo di 75 mila euro. Il Burkina Faso si trova al 183° posto su 186 paesi presi in esa-me nel 2013 dal Rapporto sullo sviluppo umanodelle Nazioni Unite, e presenta numerose zone rurali e fasce di popolazione in difficile situazioneeconomica e sociale. Ha un reddito annuo pro ca-pite di circa 470 euro. Si può sostenere la partner-ship per lo sviluppo tra le due Caritas, contribuen-do alla realizzazione di una parte o di un interomicroprogetto rivolto alle comunità rurali.

> Costo 3.500 euro (media per ogni progetto)> Causale MicroPvs Burkina Faso

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Cent’anni dalla “inutile strage”:le trame che la causarono,l’offensiva di pace di Benedetto

di Francesco Dragonetti

28 giugno 1914: a Sarajevo sono assassinati Francesco Ferdinando, arciduca d’Au-stria, e la moglie. Questo evento scatenerà la prima guerra mondiale e segnerà la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova era. Le cifre del conflitto saranno senza pre-cedenti, impressionanti: 20 paesi coinvolti, 70 milioni di soldati mobilitati, 9 milionidi militari morti e un milione di civili uccisi. Di colpo l’Europa sprofonda in un conflit-to di portata e intensità tali, da determinare il tramonto della civiltà della borghesiae del capitalismo liberale, che aveva dominato l’intero XIX secolo. Dopo la GrandeGuerra il mondo non è più lo stesso: un senso di crisi morale e civile sostituisce l’ottocentesca fiducia nel progresso.

Lo storico Hew Strachan in La prima guerra mondiale. Una storia illustrata (Mon-dadori, pagine 359), descrive, avvalendosi di un apparato fotografico in gran partesconosciuto, il sistema di relazioni internazionali e le trame diplomatiche all’originedella prima guerra mondiale, ripercorrendo avvenimenti militari e politici fondamentali.

L’evento bellico segnò profondamente la vita non solo degli uomini, ma anchedella Chiesa. Di fronte ai tragici eventi che si andavano profilando, papa BenedettoXV assunse una posizione netta, impegnandosi fortemente, con la sua azione pasto-rale, umanitaria e politica, al fine di propugnare i caratteri più alti e nobili del cristia-nesimo: l’amore, la giustizia, la solidarietà, la pace, l’aiuto anche materiale, da op-porre a una guerra dal pontefice definita «inutile strage».

Gabriele Paolini in Offensive di pace. La Santa Sede e la Prima guerramondiale (Polistampa, pagine 456) sottolinea quanto la figura di BenedettoXV si sia ben delineata sullo sfondo dell’epoca storica che lo vide operare.Per meglio comprendere quel periodo della storia della Chiesa, Antonio Scot-tà in Papa Benedetto XV. La Chiesa, la grande guerra, la pace (1914-1922)(Edizioni di storia e letteratura, pagine 462) analizza gli sforzi del papa persintonizzarsi con i problemi e i bisogni del tempo, traendone anche una rin-novata proiezione internazionale. Nel 1920 Benedetto scriverà poi la primaenciclica sulla pace, Pacem Dei munus. In essa denuncerà la fragilità di unapace che non si fonda sulla riconciliazione: «Se quasi dovunque la guerra in qualche modo ebbe fine, e furono firmati alcuni patti di pace, restano tut-tavia i germi di antichi rancori». È il triste presagio di un conflitto che sarà ancora più terribile e distruttivo: la seconda guerra mondiale.

che rifiutano la spettacolarizzazio-ne e la monetizzazione della real-tà, la concezione degli architetticome divi dello spettacolo, la mo-da effimera e superficiale. Nel no-me di un’architettura come benecomune». Le “architetture resi-stenti” raccontate nel libro, moltodiverse fra loro, presentano unmedesimo focus sociale. Si partedal Parco archeologico di Selinun-te (Trapani), il viaggio proseguecon la Risiera di San Sabba a Trie-ste, lo stabilimento Olivetti di Poz-zuoli, l’Auditorium del Parco al-l’Aquila, il Museo della memoria di Ustica a Bologna, il giardino de-gli incontri nel carcere di Solliccia-no a Firenze, i collegi universitaridi Urbino. E l’elenco continua... www.beccogiallo.org

LIBRI“Bioresistenze”,pratiche agricoleper la sostenibilità,contro le illegalità

Le attività del setto-re agricolo comepratica per la salva-guardia della legali-tà, dell’ambiente e della biodiversità.

È il contenuto di Bioresistenze.Cittadini per il territorio: l’agricol-tura responsabile. Il volume foto-grafico, a cura di Guido Turus, è promosso da Movi (Movimentovolontariato italiano) e dalla Cia(Confederazione italiana agricolto-ri). Soggetto è il grande patrimo-nio costituito da un certo tipo di agricoltura: quella che, consciadei concetti di limite, di tempo, dicomplessità dell’ambiente, operaper i beni comuni. Il termine “bio-resistenze” descrive una pluralitàdi azioni – e il libro racconta unapluralità di esperienze – che giranoattorno a un sano rapporto col ter-ritorio, dimostrando che l’agricol-tura non è solo azione economico-finanziaria, pratica di sfruttamentointensivo né di massificazione di consumi e gusti.

Paolo Cozzo Anda-te in pace. Parro-ci e parrocchie inItalia dal Conciliodi Trento a papa

Francesco (Carocci, pa-gine 256). Poche figurecome il parroco sonopunti di riferimento perindividui e comunità. Libro sulla capacità deiparroci, dal Cinquecen-to a oggi, di interagirecon un popolo.

LIBRIALTRILIBRI

Ezio Bolis Solo unpapa buono? Spiri-tualità di GiovanniXXIII (Paoline, pa-gine 180). San

Giovanni XXIII è statomolto studiato, soprat-tutto per la sua opera dirinnovamento della Chie-sa, culminata nel Conci-lio Vaticano II. Assai me-no considerato il suoprofilo spirituale, che an-cora oggi affascina tanti.

Angela Ambroget-ti, Raffaele Iaria(a cura di) Gio-vanni Paolo II.Raccontato da

chi lo ha “raccontato”(Tau Editrice, pagine123). “Polifonia” di vo-ci di giornalisti vaticani-sti che hanno “vissuto”il pontificato di KarolWojtyla: la quotidianità,arricchita da aneddotie riflessioni.

paginealtrepagine

villaggioglobale

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pluralità di mezzi e linguaggi,dalle classiche campagne stam-pa agli spot video e audio, dallecampagne di pubblicità nonconvenzionale alle proposte persocial network e alle applicazio-ni per smartphone. Proprio una“app” per telefonini, pensataper far conoscere natura e atti-vità della onlus “Un caffè per”,ha vinto il Gran Prix 2014, riser-vato all’opera migliore in asso-luto: la premiazione è avvenutaa Salerno il 24 maggio. C’eranoanche i ragazzi autori delle ope-re premiate in relazione al briefdettato (come accade ormai dadodici edizioni) da Caritas Italia-na: quest’anno ai giovani stu-denti è stato proposto di lavora-re sul diritto al cibo, tema che è oggetto di campagne di sensi-bilizzazione condotte, a livellointernazionale e nazionale, dall’intera rete Caritas.www.creativisinasce.it

zoom

PUBBLICITÀCreatività giovaneapplicata al sociale:il diritto al ciboa Spot School Award

L’appuntamento con la creativi-tà dei giovani torna a sbocciarepuntuale, sul finire di ogni pri-mavera. Spot School Award –Festival della creatività del Me-diterraneo, è ormai il più accre-ditato concorso riservato, in Ita-lia, agli studenti delle facoltà di laurea e delle scuole di co-municazione. Organizzato dal-l’associazione salernitana Crea-tivisinascE (con il patrocinio delSenato e il sostegno di enti lo-cali e di importanti associazionidi categoria dei pubblicitari ita-liani), il concorso propone ognianno, dal 2000, a giovani italia-ni e stranieri, tre brief (temi) di forte impronta sociale, suiquali essi si esercitano con una

Fu sindaco di Firenze per tre mandati. Fu membro dell’Assemblea Costituente. Fu instancabile e anticipatore protagonistadi concrete attività di distensione, in pienaguerra fredda. Uomo di pensiero e di pras-si, di preghiera e di pace: Giorgio La Pira,molto vicino alla causa dei ceti più umilidella popolazione, nella sua esperienza

di politico e amministratore travasò la nota dominantedella sua personalità, ovvero la forte aderenza tra fedee vita. Che gli suggerì atti di grande coraggio politico,scevri però da ogni ideologismo. Come testimonia unafrase, che fece da bussola alla sua azione: «Abbiamouna missione da compiere: noi dobbiamo mutare, perquanto è possibile, le strutture di questo mondo».

Il La Pira uomo di fede che, proprio in quanto tale, si scopre uomo d’azione (politica) è il protagonista di Ipotesi di lavoro, il dodicesimo audiolibro della colla-na PhonoStorie (curata da Rete Europea Risorse Uma-ne e Caritas Italiana, distribuzione Multimedia San Pao-lo), presentato a Roma il 27 e a Firenze il 28 maggio.L’opera (realizzata in collaborazione con Fondazione

LIBRIOpere “resistenti”,guida a fumettisulle architetturea vocazione sociale

BeccoGiallo è una giovane casaeditrice italiana che progetta epubblica fumetti d’impegno civile.Fra le opere pubblicate c’è Archi-tetture Resistenti, guida a fumetti(16 euro) alla scoperta di piccoli e grandi opere architettoniche cherappresentano un grande patrimo-nio civico e sociale. Il libro è scritto da Raul Pantaleo e LucaMolinari, mentre i disegni sono di Marta Gerardi. Le “architettureresistenti” «sono opere militanti,coraggiose, visionarie, celebranola voglia di resistere: al fascismo,alla speculazione, all’economiaselvaggia, all’ingiustizia, alla deva-stazione dell’ambiente, alla barba-rie – ha affermato uno degli auto-ri, Raul Pantaleo –. Sono i luoghi

Giorgio La Pira, Centro internazionale studenti GiorgioLa Pira e Opera per la gioventù Giorgio La Pira di Firen-ze) muove da un presupposto, messo a fuoco dal cardi-nale Benelli, arcivescovo di Firenze, nell’omelia al fune-rale del celebre politico: «Tutto si può capire di La Piracon la fede, niente si può capire senza la fede». Il “pro-fessore”, il “sindaco santo” – come lo chiamavano, nonsenza ironia, i suoi concittadini –, era un uomo che ave-va fatto della sequela del Vangelo il senso della propriaesistenza e da questa traeva linfa per il suo impegnosociale e il suo agire politico. L’audiolibro, che raccogliee “drammatizza” brani di testi, lettere e discorsi di La Pira (il cui profilo, nella collana, fa seguito a quelli di Chiara Lubich, Alcide De Gasperi, Madre Teresa, Pri-mo Mazzolari, Rosario Livatino, Luigi Di Liegro, ZeffirinoJ. Malla, Tonino Bello, Luigi Guanella, Pier Giorgio Fras-sati e Graziella Fumagalli), si avvale della preziosa colla-borazione “in voce” di importanti artisti: Paolo Bonacel-li, Cristina Capotondi, Chiara Francini, Giovanni Scifoni,Antonio Catania. Le prefazioni sono di Giuseppe Betori,arcivescovo di Firenze, e Pietro Grasso, presidente delSenato; le musiche di Mite Balduzzi. www.caritas.it

“Ipotesi di lavoro” di un sindaco santo:fede e opere di La Pira in un audiolibro

PREMI GIOVANIE MONUMENTIIl logo di Spot school award,copertina del libro e monumento allaRisiera di San Sabba

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villaggioglobale

di Danilo Angelelliatupertu / Andrea Vianello

Il recente “Festival della tv e dei nuovi media” ha aper-to ricordando che per molti la televisione è stata unadelle cause dirette del declino culturale dell’Italia. Al-l’ultimo Salone internazionale del libro di Torino un con-vinto Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, hainvitato Rai, Mediaset e Sky a lasciar crescere il paesee a risarcirlo, dopo aver arrecato tanto danno alla lettu-ra. Ma a queste affermazioni proprio non ci sta AndreaVianello, che da quando è direttore di RaiTre ha cerca-to di coniugare qualità e gusto popolare. Lo incontria-mo mentre visiona una telenovela brasiliana prodottada Rede Globo. Dimenticate Anche i ricchi piangono(che tra l’altro era messicana): con Lado a Lado, vinci-trice di un International Emmy Award, siamo più dalleparti di Jorge Amado. Tratta temi come l’emancipazio-ne femminile, la dignità delle persone di origine africa-na, l’avvento del calcio, la nascita delle favelas…

Non può sentirsi sul banco degli imputati propriolei, che cerca la denuncia sociale anche in una telenovela…

Infatti non mi ci sento. Però Franceschini non vede RaiTre. Eppure è stato ospite di Fabio Fazio a Che tempo

che fa, dove di libri si parla eccome. Abbiamo poi Per un pugno di libri, Pane quotidiano e il talent per scrittori Masterpiece. Programmi in linea con la rete, che tra le sette generaliste è quella con un’identità più precisa,radicata. Nella stagione che sta per concludersi, oltre a proposte consolidate (Report, Ballarò, Presa diretta,appunto Che tempo che fa) abbiamo cercato di speri-mentare, pur in un momento delicatissimo per le gene-raliste, che si vedono erodere spettatori giorno dopogiorno dalle reti del digitale terrestre. Le novità? Scono-sciuti, storie ordinarie di persone straordinarie alle presecon la quotidianità. E Hotel 6 stelle, docu-fiction sullostage in un grande albergo di sei ragazzi con sindromedi Down. C’è voglia di storie positive, di fare comunità,da parte di chi vede la televisione e di chi la fa.

A proposito di Hotel 6 stelle: che bilancio ne trae?Orgoglio e soddisfazione. È un format che la Spagnaaveva già mandato in onda, ma si pensava non fosseadatto per la tv generalista. Invece ci abbiamo credutoe abbiamo fatto bene. La qualità del prodotto è alta,come lo è stata la partecipazione del pubblico. C’eraun afflato di empatia che si trasmetteva ai ragazzi e ai loro tutor. Gli spettatori hanno fatto il tifo insieme,lo ripeto, per una cosa positiva. Nel paese c’è bisognodi positività affettiva.

Parlare di disabilità in maniera realistica. Possibile,in una rete mainstream, o bisogna per forza scen-dere a compromessi?

RaiTre ha una lunga tradizione nel sociale. Si pensi ai programmi di Giovanni Anversa. Si possono usaretanti linguaggi, per integrare mondi che non vanno maivisti in chiave retorica. Abbiamo cercato di raccontaresì con tenerezza, ma mai con pietismo; di essere deli-cati ma senza fare sconti. E anche di denunciare. Orastiamo ragionando su una seconda serie.

Hotel 6 stelle è il primo programma tv che lega i te-mi della disabilità e del lavoro. Arriverà il momentoin cui la disabilità farà parte del quotidiano televisi-vo, come della vita reale? Una conduttrice mora,del centro Italia, disabile...

E soprattutto brava nel suo lavoro! È un percorso cultu-rale che dobbiamo fare. La faccenda è delicata perchémolti possono leggerci della strumentalizzazione. Va fatto tutto con molta attenzione. Ma prima o poi ci si arriverà.

«Noi sperimentiamo,perché c’è bisognodi una tv che raccontistorie positive»

RaiTre ha una lungatradizione nel sociale.Si pensi ai programmi

di Giovanni Anversa.Si possono usare tantilinguaggi, per integraremondi che non vannovisti in chiave retorica

VOCE E VOLTO, DA UN ANNO DIRETTOREAndrea Vianello (sopra), 53 anni, romano, giornalista. In Rai dai primi anni Novanta: prima come “voce” di Radio1(Gr1, Radio anch’io), poi come “volto” di Rai 2 e Rai 3 (Teleanch’io, Enigma, Mi manda Raitre, Agorà). Da inizio 2013direttore di Rai 3. Nelle altre foto, il cast di Hotel 6 stelle: le sei puntate della docu-fiction, andate in onda tra febbraioe marzo su Rai 3, sono disponibili su www.hotel6stelle.rai.it

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del mangiare, per raccontare i comportamenti a tavola, il rap-porto con il cibo, l’attitudine (omeno) a farne un veicolo di inte-razione, scambio culturale e con-divi- sione. La presentazione deilavori deve avvenire entro il 30giugno; i vincitori saranno annun-ciati nel corso del Mdff di ottobre.milanodesignfilmfestival.com

INTERNETLa piattaforma che trova il lavoroalle persone con disabilità

Jobmetoo è la prima societàweb dedicata al reclutamento di lavoratori disabili, che consen-te alle aziende di selezionare i candidati in modo mirato. Ha infatti l’obiettivo di facilitaree perfezionare l’incontro tra do-manda e offerta di lavoro e hal’ambizione di diventare il puntodi riferimento per le aziende chevogliono inserire nel proprio or-

ganico lavoratori appartenenti alle categorie protette, al fine di farle lavorare in mansioni chene esaltino il valore. La piattafor-ma ha origini marchigiane, maha sede a Milano. Si tratta di unservizio di inserimento lavorativosemplice e accessibile: consen-te di compilare gratuitamente il curriculum vitae e creare unprofilo estremamente dettaglia-to; guardare le posizioni lavorati-ve compatibili e candidarsi conun clic; ricevere messaggi di “jobalert” per essere sempre aggior-nati. Il tutto, con il supporto di unteam di professionisti che vivonola disabilità in prima persona.L’azienda, da parte sua, puòcompilare il proprio profilo e met-tersi in contatto con i miglioricandidati, inserire le posizioni lavorative aperte, ricercare liberamente nel database deicandidati e salvare i profili più interessanti, con il supporto di un team di professionisti esperti.www.jobmetoo.com

VIDEOI luoghi del cibo(anche sociali)nei “corti” per ilDesign Film Festival

Dal 9 al 12 ottobre torna la se-conda edizione di Milano DesignFilm Festival, organizzato da An-teo SpazioCinema (con il patro-cinio, oltre che del comune di Milano, anche di Expo 2015). Il festival si arricchisce di unasezione nuova, lo “Short FilmMdff Award 2014”, finalizzata alla selezione di storyboard ine-diti per la realizzazione di un au-diovisivo di massimo dieci minu-ti. Il tema riecheggia quellodell’Expo: Milano. I luoghi dovemangiamo. Intrecciando elemen-ti apparentemente distanti (de-sign e architettura, con le abitu-dini alimentari), la sezioneintende esplorare i luoghi mila-nesi dedicati al consumo del ci-bo, sia pubblici sia privati, inclusinaturalmente i luoghi “sociali”

zoom

Il Pontificio Consiglio per la Famiglia e Caritas Italiana nonperdono occasione per rilanciare con forza gli appelli di pa-ce per la Siria, sollecitando la ripresa urgente di un dialogoefficace tra tutte le parti in conflitto. Nel contempo prose-guono il loro articolato impegno con aiuti concreti alla po-polazione locale, a sostegno degli interventi di Caritas Si-ria – nonostante le enormi difficoltà che nascono da unclima generalizzato di violenza –, oltre a un lavoro di educa-zione alla pace e alla solidarietà. “Pace per le famiglie del-la Siria, dialogo tra le parti in conflitto e libertà per tutti gli

ostaggi” è dunque il messaggio in forma divideo (realizzato da Federico Fazzuoli ed Eli-sa Greco), che dopo essere stato program-mato dalla Rai, negli stadi di Serie A e nellegrandi stazioni ferroviarie, è stato proiettato(come mostra la foto) in maggio al Saloneinternazionale del libro, a Torino: precisa-mente al Padiglione 3, riservato alle iniziati-ve editoriali della Santa Sede.

Anche altre organizzazioni, intanto, non abbassano la guardia mediatica sull’argomento. Passaggio in Siria èil titolo dell’ebook gratuito, realizzato e distribuito da UnicefItalia per documentare i tre anni di guerra in Siria. Un per-corso doloroso, tra tante narrazioni personali: sono infattile persone colpite dalla guerra a raccontare storie edesperienze, il loro vissuto dentro il dramma della più graveemergenza umanitaria degli ultimi decenni. Nel libro anchele testimonianze di dirigenti e operatori Unicef, testimonidella guerra siriana, oltre a due reportage di Adriano Sofri,che ha seguito l’Unicef, nello scorso autunno, nei campiprofughi di Arbat, Kawergosk, Sulemanye e Domiz in Iraq e Zaatari e Jordan Valley in Giordania. L’ebook si concentrain particolare sulle vite stravolte di 5,5 milioni di bambinisiriani: delle oltre 2,4 milioni di persone fuggite dal paese,e rifugiate per lo più nelle nazioni limitrofe, la metà sonobambini. Nel libro digitale eloquenti foto, un vero raccontonel racconto, realizzate dalla fotografa e scrittrice Neige De Benedetti. www.unicef.it/passaggioinsiria

Videoappello per la pace al Salone del libro,e-book Unicef con firme prestigiosesulla generazione perduta della Siria

LAVOROE DESIGN Il loghi del Milanodesign film festivale di Jobmetoo

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www.creativisinasce.it

SEZIONEMANIFESTI -ANNUNCIOSTAMPA

Brief Caritas CAMPAGNA DISENSIBILIZZAZIONECONTRO LA POVERTÀ E PERIL DIRITTO AL CIBO

Secondo classificatoNataly Reyes Cuba

Ied (Istituto Europeodi Design) - Roma

Tredicesimaedizione Premiazione a Salerno 24 maggio 2014

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