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EDITORIALE “...in questo povero paese in cui la politica, a destra e a sinistra, sembra aver perso la bussola democratica...” (Gianni Barbacetto) N° 2 Marzo 2010 Distribuzione gratuita Stampato in proprio NUCLEARE ALL’ ITALIANA : UN RITORNO AL PASSATO? Non mi interesso di politica a pagina 8 Votantonio ! Votantonio ! a pagina 9 Che cos è il progresso a pagina 7 Codice della vita italiana a pagina 5 L’insaziabile voglia a pagina 4 RaiPerUnaNotte a pagina 1 a pagina 2

La Bussola n°02

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Titolo di copertina: Nucleare all’italiana: un ritorno al passato? Articoli: RaiPerUnaNotte di Felice Massaro Nucleare all’italiana: un ritorno al passato? di Angelo D’Agostino L’insaziabile voglia di Paola Bacchiocchi Codice della vita italiana di Paolo Battistelli Che cos’è il progresso di Corrado Grottaroli Non mi interesso di politica, né voglio sapere di Rodolfo Santini Votantonio! Votantonio! di Cristian Bellucci

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Page 1: La Bussola n°02

EDITORIALE

“...in questo povero paese in cui la politica, a destra e a sinistra, sembra aver perso la bussola democratica...” (Gianni Barbacetto)

N° 2Marzo 2010Distribuzione gratuitaStampato in proprio

NUCLEARE ALL’ ITALIANA :UN RITORNO AL PASSATO?

Non mi interesso di politica a pagina 8

Votantonio ! Votantonio ! a pagina 9

Che cos è il progressoa pagina 7

Codice della vita italianaa pagina 5

L’insaziabile vogliaa pagina 4

RaiPerUnaNottea pagina 1

a pagina 2

Page 2: La Bussola n°02

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Con la diretta speciale di giovedì 25 marzo, che sarà ricordata per il boom di contatti web e digitali, Michele Santoro ufficialmente e platealmente ha inaugu-rato l’era della informazione parteci-pata sul web. L’Interferenza politica ha costretto chi difende il diritto alla libertà di espressione a sperimentare nuove strade con prospettive inimmaginabili.Dato il grande successo di ascolti e il formidabile effetto boomerang, la serata di Santoro sia di monito severo a coloro che hanno il pubblico potere decisionale.

Ormai, anche se le opposizioni politi-che non svolgono il loro ruolo perché indolenti, inconsapevoli o colluse, l’azione passa di mano al cittadino che riesce a organizzarsi impiegando costi sopportabili. I proclami di intenti diffusi dai candidati di queste regio-nali evidenziano che nelle Marche c’è tanto da lavorare. Per quanto riguarda la difesa del terri-torio si può ricordare l’impianto indu-striale di Acqualagna, il risanamento di Monteschiantello, di Montecalvo ed ex Agroter, le cave di Serra, l’elettrosmog a San Costanzo, il mega gasdotto degli Appennini.Alcuni assessori regionali della pas-sata legislatura, invece di incentivare le energie pulite, hanno fortemente sostenuto provvedimenti che che poi sono stati annullati per “sviamento e travisamento, difetto di istruttoria, inadeguata motivazione, manifesta illogicità ed incongruenza, illegittimità ed eccesso di potere”.

Ricordo brevemente quanto sta succe-dendo a Corinaldo. La Edison spa, multinazionale dell’energia, nell’ottobre 2009 ha depositato presso il Ministero delle Attività Produttive una domanda di autorizzazione integrale ambientale (Aia). Chiede di costruire nella zona Zipa corinaldese una centrale elettrica a turbogas per produrre 5200 gwh/annui di enegia, più del doppio rispetto all’Api di Falconara.L’utilizzo del metano, sostengono i promotori e i politici sponsor, evita qualsiasi impatto ambientale. Con dati

La Bussola - periodico culturaleRegistrato presso il tribunale di

Pesaro il 14 - 1 - 2010 n° 568 ------

n°2 chiuso il 30 Marzo 2010

Direttore responsabileFelice Massaro

[email protected]

RedazioneMonteMaggiore al Metauro (PU)

Via Carbonara 40 [email protected]

EditoreAssociazione Culturale LiberaMente

Grafica e impaginazionePaola Bacchiocchi

[email protected]

StampaStampato in proprio

Pubblicitàpubblicità@associazione-liberamente.it

[email protected]

Gli autori si assumo le rispettive responsabilità

Per vivere meglio, si tratta ormai di produrre e di

consumare diversamente, di fare meglio e di più con meno, eliminando

anzitutto le fonti di spreco (gli imballaggi a

perdere, il cattivo isolamento termico, la

preminenza del trasporto su gomma, ecc.) e

aumentando la durata dei prodotti.

Andrè Gorz

tratto da Capitalismo, socialismo, ecologia

RaiPerUnaNottescientifici, invece, è stato dimostrato che tali centrali producono nanopolveri (particolato ultrafine o polveri ultrasot-tili), sostanze altamente cancerogene.Il tema delle nanopolveri è stato evidenziato per la prima volta dai ricercatori Claudia Gatti e da Stefano Montanari. Per conoscere i loro effetti devastanti propongo i due filmatihttp://www.youtube.com/watch?v=pmsyzNNsZc4&feature=player_embedded - http://www.youtube.com/watch?v=2ssA08_HinM&feature=video_response

Anche a Schieppe si è tentato di imporre un impianto che avrebbe prodotto energia elettrica mediante le biomasse. Tale inceneritore avreb-be fruttato alla Wafer zoo srl circa 25 milioni di euro all’anno di contributi pubblici (Certificati verdi - Ex CIP 6) per 12 anni, danneggiando in modo grave e irreparabile il nostro ambiente. I danni alla salute, poi, si possono desumere dalla relazione dell’IST (Istituto nazionale per la ricerca sul cancro) di Genova commissionata dal Comune di Montemaggiore al Metauro. Eppure in diverse realtà italiane ci si è affidati alla soluzione Vedelago.Sul sito aziendale di tale Centro Riciclo (http://www.centroriciclo.com www.centroriciclo.com) si legge: “I rifiuti che non hanno caratteristiche sufficienti per essere direttamente utilizza-ti come materie prime secondarie subiscono un trattamento di riduzio-ne, estrusione e granulazione otte-nendo un granulato plastico di varie dimensioni atto ad essere impiegato nell’industria plastica di stampaggio e in edilizia”.Il ciclo dei rifiuti si chiude senza un solo grammo di ceneri! La quota residua, il secco non riclabile, che veniva smaltita al costo medio di 115-120 Euro/ton di-venta una sabbia sintetica che si vende a 75-80Euro/ton.Come si può sostenere in buona fede che incenerire, sia pure per ricavare energia, sia oggi la migliore soluzione tra le alternative esistenti? Einstein disse: “un uomo intelligente risolve un problema, un uomo saggio lo evita”.Uno in malafede lo provoca.

di Felice Massaro

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A P P R O F O N D I M E N TO

di Angelo D’ agostino

NUCLEARE ALL’ITALIANA:UN RITORNO AL PASSATO ?

Nonostante la profonda recessio-ne mondiale induca ogni nazione a una graduale trasformazione verso un’economia più verde, ecologica, basata sulle fonti di energia rinnovabili (quelle di origine solare in primis), delle produzioni eco-sostenibili, della ra-zionalizzazione e ottimizzazione delle risorse e dei consumi, ritorna prepo-tentemente alla ribalta nel nostro paese, in coerente controtendenza, la “questione nucleare”, un capitolo che sembrava definitivamente chiuso con il referendum del 1987.Non si vuole qui entrare nel merito se sia stata un bene o un male la scelta referendaria fatta a suo tempo (personalmente ritengo sia stato un gravissimo errore, sulla comprensibile spinta emotiva indotta dal disastro di Chernobyl dell’anno prima), quanto piuttosto se sia opportuno o meno rientrarvi oggi. Vero è che l’Italia oggi dipende dall’este-ro per più dell’80% del proprio fabbiso-gno energetico. Importiamo energia prodotta in particolare dal nucleare francese, svizzero e sloveno, ma im-portiamo anche (e soprattutto) petrolio e gas naturale. Lo sviluppo di centrali elettriche basate sull’utilizzo delle fon-ti rinnovabili (vento, acqua, sole, calore della terra, ecc.) è invece tra i più bassi dei paesi industrializzati, contraria-mente a quanto prevede il Piano Ener-getico Nazionale che imporrebbe di ra-zionalizzare l’uso dell’energia, favorire il risparmio energetico, sviluppare le fonti di energia rinnovabile. Tant’è, l’Italia ha sottoscritto un’intesa con il governo francese per la costru-

zione di 4 centrali EPR di III genera-zione da 1600MW. La prima centrale verrebbe accesa non prima del 2020 e le altre tre a seguire, a distanza di un anno l’una, per un totale di 6400MW. Secondo il Governo però, il nucleare dovrebbe fornire a regime il 25% dei consumi nazionali di elettricità, il resto sarebbe costituito da rinnovabili per un altro 25% e da gas per il restante 50%. Ma quel 25% di nucleare corri-sponde a circa 12500 MW installati, il che implica che sarebbero necessari altri 4 reattori che, di fatto, non po-trebbero entrare in funzione prima del 2025-2030. E sì che il percorso non è per niente agevole …Una prima, mastodontica, difficoltà è rappresentata dal localizzare dei siti idonei per la costruzione delle centrali. Questi siti devono necessariamente trovarsi in prossimità di grandi corsi d’acqua e, soprattutto, in zone non-si-smiche, dato che non sono certamen-te da sottovalutare i rischi di incidenti

in un paese sismico come il nostro. Occorre infine trovare siti idonei per lo stoccaggio delle inevitabili, pericolose e non-smaltibili scorie radioattive (Scan-zano Jonico docet).L’Osservatorio Antiplagio informa che i siti per l’installazione delle centrali nucleari in realtà sono già stati indivi-duati, ma non sono stati ancora resi pubblici dal Governo nel tentativo di non condizionare il voto degli elettori – certo fortemente contrari a tale ipotesi – alle prossime elezioni amministra-tive. Tali siti interesserebbero ben 9 delle 13 regioni in cui si andrà a votare, e cioè: Piemonte, Veneto, Liguria, Emi-lia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Basilicata e Puglia. Ma in vista delle prevedibili reazioni delle popolazioni interessate, alcuni dei potenziali siti sono stati “militarizzati”, classificandoli quali luoghi “strategici” per la sicu-rezza (certo non la salute) nazionale. Quando si dice la prevenzione prima di tutto. La seconda difficoltà è rappre-

E D I TO R I A L E

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Con la diretta speciale di giovedì 25 marzo, che sarà ricordata per il boom di contatti web e digitali, Michele Santoro ufficialmente e platealmente ha inaugu-rato l’era della informazione parteci-pata sul web. L’Interferenza politica ha costretto chi difende il diritto alla libertà di espressione a sperimentare nuove strade con prospettive inimmaginabili.Dato il grande successo di ascolti e il formidabile effetto boomerang, la serata di Santoro sia di monito severo a coloro che hanno il pubblico potere decisionale.

Ormai, anche se le opposizioni politi-che non svolgono il loro ruolo perché indolenti, inconsapevoli o colluse, l’azione passa di mano al cittadino che riesce a organizzarsi impiegando costi sopportabili. I proclami di intenti diffusi dai candidati di queste regio-nali evidenziano che nelle Marche c’è tanto da lavorare. Per quanto riguarda la difesa del terri-torio si può ricordare l’impianto indu-striale di Acqualagna, il risanamento di Monteschiantello, di Montecalvo ed ex Agroter, le cave di Serra, l’elettrosmog a San Costanzo, il mega gasdotto degli Appennini.Alcuni assessori regionali della pas-sata legislatura, invece di incentivare le energie pulite, hanno fortemente sostenuto provvedimenti che che poi sono stati annullati per “sviamento e travisamento, difetto di istruttoria, inadeguata motivazione, manifesta illogicità ed incongruenza, illegittimità ed eccesso di potere”.

Ricordo brevemente quanto sta succe-dendo a Corinaldo. La Edison spa, multinazionale dell’energia, nell’ottobre 2009 ha depositato presso il Ministero delle Attività Produttive una domanda di autorizzazione integrale ambientale (Aia). Chiede di costruire nella zona Zipa corinaldese una centrale elettrica a turbogas per produrre 5200 gwh/annui di enegia, più del doppio rispetto all’Api di Falconara.L’utilizzo del metano, sostengono i promotori e i politici sponsor, evita qualsiasi impatto ambientale. Con dati

La Bussola - periodico culturaleRegistrato presso il tribunale di

Pesaro il 14 - 1 - 2010 n° 568 ------

n°2 chiuso il 30 Marzo 2010

Direttore responsabileFelice Massaro

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Per vivere meglio, si tratta ormai di produrre e di

consumare diversamente, di fare meglio e di più con meno, eliminando

anzitutto le fonti di spreco (gli imballaggi a

perdere, il cattivo isolamento termico, la

preminenza del trasporto su gomma, ecc.) e

aumentando la durata dei prodotti.

Andrè Gorz

tratto da Capitalismo, socialismo, ecologia

RaiPerUnaNottescientifici, invece, è stato dimostrato che tali centrali producono nanopolveri (particolato ultrafine o polveri ultrasot-tili), sostanze altamente cancerogene.Il tema delle nanopolveri è stato evidenziato per la prima volta dai ricercatori Claudia Gatti e da Stefano Montanari. Per conoscere i loro effetti devastanti propongo i due filmatihttp://www.youtube.com/watch?v=pmsyzNNsZc4&feature=player_embedded - http://www.youtube.com/watch?v=2ssA08_HinM&feature=video_response

Anche a Schieppe si è tentato di imporre un impianto che avrebbe prodotto energia elettrica mediante le biomasse. Tale inceneritore avreb-be fruttato alla Wafer zoo srl circa 25 milioni di euro all’anno di contributi pubblici (Certificati verdi - Ex CIP 6) per 12 anni, danneggiando in modo grave e irreparabile il nostro ambiente. I danni alla salute, poi, si possono desumere dalla relazione dell’IST (Istituto nazionale per la ricerca sul cancro) di Genova commissionata dal Comune di Montemaggiore al Metauro. Eppure in diverse realtà italiane ci si è affidati alla soluzione Vedelago.Sul sito aziendale di tale Centro Riciclo (http://www.centroriciclo.com www.centroriciclo.com) si legge: “I rifiuti che non hanno caratteristiche sufficienti per essere direttamente utilizza-ti come materie prime secondarie subiscono un trattamento di riduzio-ne, estrusione e granulazione otte-nendo un granulato plastico di varie dimensioni atto ad essere impiegato nell’industria plastica di stampaggio e in edilizia”.Il ciclo dei rifiuti si chiude senza un solo grammo di ceneri! La quota residua, il secco non riclabile, che veniva smaltita al costo medio di 115-120 Euro/ton di-venta una sabbia sintetica che si vende a 75-80Euro/ton.Come si può sostenere in buona fede che incenerire, sia pure per ricavare energia, sia oggi la migliore soluzione tra le alternative esistenti? Einstein disse: “un uomo intelligente risolve un problema, un uomo saggio lo evita”.Uno in malafede lo provoca.

di Felice Massaro

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di Angelo D’ agostino

NUCLEARE ALL’ITALIANA:UN RITORNO AL PASSATO ?

Nonostante la profonda recessio-ne mondiale induca ogni nazione a una graduale trasformazione verso un’economia più verde, ecologica, basata sulle fonti di energia rinnovabili (quelle di origine solare in primis), delle produzioni eco-sostenibili, della ra-zionalizzazione e ottimizzazione delle risorse e dei consumi, ritorna prepo-tentemente alla ribalta nel nostro paese, in coerente controtendenza, la “questione nucleare”, un capitolo che sembrava definitivamente chiuso con il referendum del 1987.Non si vuole qui entrare nel merito se sia stata un bene o un male la scelta referendaria fatta a suo tempo (personalmente ritengo sia stato un gravissimo errore, sulla comprensibile spinta emotiva indotta dal disastro di Chernobyl dell’anno prima), quanto piuttosto se sia opportuno o meno rientrarvi oggi. Vero è che l’Italia oggi dipende dall’este-ro per più dell’80% del proprio fabbiso-gno energetico. Importiamo energia prodotta in particolare dal nucleare francese, svizzero e sloveno, ma im-portiamo anche (e soprattutto) petrolio e gas naturale. Lo sviluppo di centrali elettriche basate sull’utilizzo delle fon-ti rinnovabili (vento, acqua, sole, calore della terra, ecc.) è invece tra i più bassi dei paesi industrializzati, contraria-mente a quanto prevede il Piano Ener-getico Nazionale che imporrebbe di ra-zionalizzare l’uso dell’energia, favorire il risparmio energetico, sviluppare le fonti di energia rinnovabile. Tant’è, l’Italia ha sottoscritto un’intesa con il governo francese per la costru-

zione di 4 centrali EPR di III genera-zione da 1600MW. La prima centrale verrebbe accesa non prima del 2020 e le altre tre a seguire, a distanza di un anno l’una, per un totale di 6400MW. Secondo il Governo però, il nucleare dovrebbe fornire a regime il 25% dei consumi nazionali di elettricità, il resto sarebbe costituito da rinnovabili per un altro 25% e da gas per il restante 50%. Ma quel 25% di nucleare corri-sponde a circa 12500 MW installati, il che implica che sarebbero necessari altri 4 reattori che, di fatto, non po-trebbero entrare in funzione prima del 2025-2030. E sì che il percorso non è per niente agevole …Una prima, mastodontica, difficoltà è rappresentata dal localizzare dei siti idonei per la costruzione delle centrali. Questi siti devono necessariamente trovarsi in prossimità di grandi corsi d’acqua e, soprattutto, in zone non-si-smiche, dato che non sono certamen-te da sottovalutare i rischi di incidenti

in un paese sismico come il nostro. Occorre infine trovare siti idonei per lo stoccaggio delle inevitabili, pericolose e non-smaltibili scorie radioattive (Scan-zano Jonico docet).L’Osservatorio Antiplagio informa che i siti per l’installazione delle centrali nucleari in realtà sono già stati indivi-duati, ma non sono stati ancora resi pubblici dal Governo nel tentativo di non condizionare il voto degli elettori – certo fortemente contrari a tale ipotesi – alle prossime elezioni amministra-tive. Tali siti interesserebbero ben 9 delle 13 regioni in cui si andrà a votare, e cioè: Piemonte, Veneto, Liguria, Emi-lia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Basilicata e Puglia. Ma in vista delle prevedibili reazioni delle popolazioni interessate, alcuni dei potenziali siti sono stati “militarizzati”, classificandoli quali luoghi “strategici” per la sicu-rezza (certo non la salute) nazionale. Quando si dice la prevenzione prima di tutto. La seconda difficoltà è rappre-

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sentata dall’approvvigionamento dell’uranio. L’Italia non ha uranio e quindi continuerebbe a importare la sua nuova fonte di energia primaria e a dipendere dall’estero per soddisfare il proprio fabbisogno energetico.La terza, e certamente non trascu-rabile, difficoltà è che il nucleare è un’idea altamente costosa e dai tempi di realizzazione lunghissimi, in particolar se si considera la gestione delle “grandi opere” (e delle emergen-ze) a cui il nostro paese ci ha abituati (un km di TAV italiana costa quattro volte più che in Francia … ). Ovvia-mente, per alcuni, questa non è per nulla vista come una difficoltà, anzi … Sta di fatto che per costruire una centrale nucleare di medie dimensioni il costo può arrivare fino a 6 miliardi di euro, esclusi i costi di smaltimen-to delle scorie e di smantellamento della centrale, mentre tra tempo di progettazione, realizzazione e messa in servizio si supererebbero serena-mente i 5-6 anni (su scala temporale europea ovvio …).Sui conti di una centrale, e su chi li paga, è necessario fare sempre la massima chiarezza, poiché spes-so non ci si rende conto delle reali dimensioni delle cifre e su chi poi andranno effettivamente a gravare i costi finali. In Italia il nucleare vie-ne presentato come un’operazione completamente a carico dei privati ed a rischio zero per il comparto pubblico. C’è da fidarsi? Purtroppo le azien-de energetiche (e con esse governi spesso compiacenti) non aiutano a comprendere appieno la portata del progetto, fornendo di solito dati parziali o non esattamente corrispon-denti alla realtà. Vi sono incertezze a nove zeri che dovrebbero poter scoraggiare qualunque impresa, sia pubblica che privata.E i benefici sull’ambiente? Per ave-re una riduzione significativa di gas serra bisognerebbe costruire una centrale nucleare ogni 10 giorni (35 all’anno) per i prossimi 60 anni. Così, con 2000 nuove centrali nucleari, si fornirebbe il 20% dell’energia totale. Gli scienziati dell’IPCC (ONU) lo hanno certificato: “Il nucleare non potrà fermare la febbre del pianeta”. Inoltre il ciclo completo (estrazione e arric-chimento dell’uranio, smaltimento scorie, costruzione e smantellamento

centrale) emette gas serra quanto il ciclo a combustibile fossile. Quanto poi al petrolio, importato soprattutto dai paesi arabi, è chiaro che la scelta nucleare è irrilevante: questa fonte fa funzionare i trasporti (su strada, per mare e per aria) e dovrà continuare a essere importata, in assenza d’inter-venti seri sulla mobilità e di opzioni

tecnologiche significative, come auto elettriche, ibride, a idrogeno.Cionono-stante, si continua a navigare serena-mente verso il nucleare, con pericolosa incompetenza e miopia da parte della politica e dell’imprenditoria italiana. Un deficit che rischia di contaminare tutto il mondo industriale italiano, che vanta più di un’eccellenza anche nel setto-

DIAMO I NUMERI

3% è il consumo annuale di energia di tutta la popolazione mondiale rispetto a quanto ne riceve la Terra dal Sole in un solo giorno

146 le centrali nucleari in funzione in Europa

104 le centrali nucleari in funzione negli USA

10 i paesi nel mondo che ricorrono all’energia nucleare (Francia, India, Cina, Russia, Ucraina, Giappone, Argentina, Romania, Finlandia e Iran)

80% il fabbisogno energetico in Italia soddisfatto da fonti estere

24 mila anni il periodo di radiottività del plutonio

238 milioni d’anni il periodo di radiotossicità dell’uranio

41.600 tonnellate la produzione mondiale annua di uranio metallico; tre soli paesi (l'Australia, il Canada e il Kazakhstan) contengono circa il 58% delle riserve note

65 i morti accertati con sicurezza nel disastro nucleare di Chernobyl del 1986; altri 4000 presunti (che non sarà possibile associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie su un arco di 80 anni; 336000 le persone evacuate

130 il numero accertato di incidenti nucleari degli ultimi 50 anni

6 miliardi di euro la stima di costo (in Europa) di una centrale nucleare media di III generazione (cioè del tipo EPR da1.600MW), esclusi i costi di smaltimento delle scorie e di smantellamento della centrale a fine vita

2 i reattori di III generazione attualmente in costruzione in Europa (Francia e Finlandia)

0 I reattori di IV generazione esistenti (sono previsti solo dopo il 2030). l’EPR rischia di non essere affatto la tecnologia del futuro, rischia piutto-sto di diventare obsoleta già durante la fase di costruzione dell’eventuale prima futura centrale italiana. A differenza della quarta generazione poi, questa tecnologia produce la stessa quantità di scorie di prima, ma ancor più pericolose, e richiede una quantità d’acqua assai maggiore

Ipse dixit Durante un suo intervento ad un recente convegno, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha dichiarato che “i reattori di quarta generazione non possono essere costruiti se prima non si fanno quelli di terza” .

re energetico. Ed è una miopia pericolosa perché promette oggi, pur di assegnare appalti da miliardi di euro, un domani d’indebitamento per tutto il paese per la costruzione di nuove cattedrali nel deserto, già obsolete, pericolosissime, costose, ingestibili e costantemente in perdita.Un reattore, infatti, non si può spegnere e accendere con un interruttore, come una centrale a gas. Questo significa che, in caso di fluttuazioni della domanda, la centrale atomica dovrà continuare a produrre ed essere competitiva. Dovranno essere sospese, semmai, le altre fonti energetiche. Quale che sia lo scenario dei costi, la scelta nucleare vale per decenni e non si torna facilmente indietro. La centrale nucleare andrebbe in rosso e i governi (cioè i cittadini) dovrebbero intervenire pesantemente per salvare la holding della centrale atomica dalla sicura bancarotta. Una storia già vista … Purtroppo le difficoltà su esposte non sono certamente evidenziate nel modo dovuto dai mezzi di informazione. Ciò alimenta ulterior-mente il (fondato) timore di come la costruzione di queste cattedrali di cemento richieda investimenti pubblici enormi, difficilmente quantificabili, e tempi di costruzione pluriennali. Una controtendenza evidente in un’economia di mercato che richiederebbe impianti di produzione energetica flessibili, diversificati e di semplice manutenzione, per ridurre i tempi di realizzazione, i rischi, gli sprechi ed i costi per i contribuenti-utenti finali.Il nucleare, come il termoelettrico a carbone, il gas e l’olio combustibile, è centralizzato, controllato dai vertici economici e politici, con enormi investimenti economici e politico-militari. Invece le energie rinnovabili (solare termico e fotovoltaico, idroelettrico ed eolico, biomasse, geotermico) sono distribuite, controllate localmente da ogni comunità, che produrrebbero così l’energia di cui hanno effettivamente bisogno.Basterebbe, a titolo di esempio, coprire di pannelli solari fotovoltaici solo un punto percentuale delle superfici costruite o cementificate in Italia (che sono il 10% del territorio) per soddisfare l’intero fabbisogno nazionale di energia elettrica. Ma l’attuale politica governativa, che se si definisce “liberale” e “federalista” a parole ma che impugna davanti alla Corte Co-stituzionale i provvedimenti antinucleari di tre regioni del sud e riduce gli incentivi per scoraggiare l’installazione di impianti fotovoltaici, preferisce un paese in cui l’energia (come l’economia, la giustizia e l’informazione) è controllata dal potere unico centrale. Il loro.

di Paola Bacchiocchi

Sappiamo che i nostri occhi sono più grandi della bocca.Ho letto in una rivista che sarebbe bene fare la spesa quando non si ha fame perché aiuta a non acquistare cose superflue.Se trent’anni fa si andava a comperare all’ etto, giorno per giorno, ora si acquista a Kg.Le promozioni servono per far comprare più merce anche se non serve, i produttori guadagnano molto di più con queste offerte e fanno felici anche i consumatori.Succede così di riempire il carrello con quantità di cibo eccessivo che a volte andrà anche sprecato.Pensiamo di risparmiare ma se comprassimo giorno per giorno spenderemmo di meno perché sicuri di finire tutto.Uno dei problemi maggiori di questo periodo è proprio questo, la spesa non consapevole.Quando decido di acquistare un prodotto devo essere cosciente di cosa andrò a mangiare ma anche di ciò che dovrà un giorno essere

smaltito, per non parlare dei chilometri percorsi, e conseguente inquinamento, prima che entri nelle nostre case.Siamo tutti capaci di consumare prodotti nella confezioni che, per la maggior parte, non sono riciclabili e buttarle via senza pensare dove andrà a finire. Smaltire costa denaro, energia e vita di persone e animali.Il consumatore può pensare di non avere colpe, ma da chi viene fatta la spesa?Se ogni supermercato, al posto delle confezioni, avesse dei contenitori dai quali il consumatore, con una busta di carta o delle bottiglie portate da casa, potesse prelevare, acqua, detersivi, cereali, latte, legumi, pasta, farina, olio,zucchero e tanti altri prodotti, ci sarebbero 1/4 in meno dei problemi di smantellamento. Il consumatore deve essere consapevole delle conseguenze che derivano dall’acquisto di un prodotto. Di un telefono, ad esempio, o un nuovo videogiochi per il figlio.

Molti prodotti sono progettati con una vita media di cinque anni circa, vengono impostati approfonditi piani di marketing per far acquistare sempre con maggiore frequenza quello che si fa credere essere indispensabile.Ma siamo veramente sicuri di aver bisogno dell’ultimo modello di telefonino? Oltretutto i prodotti tecnologici venduti in Italia, nel 90 % dei casi, non danno lavoro a famiglie ItalianeSi è talmente prodotto in questi ultimi 40 anni che la crisi dovevamo prevederla. Il numero di macchine prodotte è di gran lunga superiore al numero di persone che abitano la terra. Radio, computer, telefoni, televisori, notebook presenti sul pianeta sono decine di miliardi. La tecnologia, certamente, è una buona amica ma la fase di produzione e commercializzazione viene fatta da menti stupide o egoiste. Ognuno di noi può fare tanto.

L’INSAZIABILE VOGLIA

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sentata dall’approvvigionamento dell’uranio. L’Italia non ha uranio e quindi continuerebbe a importare la sua nuova fonte di energia primaria e a dipendere dall’estero per soddisfare il proprio fabbisogno energetico.La terza, e certamente non trascu-rabile, difficoltà è che il nucleare è un’idea altamente costosa e dai tempi di realizzazione lunghissimi, in particolar se si considera la gestione delle “grandi opere” (e delle emergen-ze) a cui il nostro paese ci ha abituati (un km di TAV italiana costa quattro volte più che in Francia … ). Ovvia-mente, per alcuni, questa non è per nulla vista come una difficoltà, anzi … Sta di fatto che per costruire una centrale nucleare di medie dimensioni il costo può arrivare fino a 6 miliardi di euro, esclusi i costi di smaltimen-to delle scorie e di smantellamento della centrale, mentre tra tempo di progettazione, realizzazione e messa in servizio si supererebbero serena-mente i 5-6 anni (su scala temporale europea ovvio …).Sui conti di una centrale, e su chi li paga, è necessario fare sempre la massima chiarezza, poiché spes-so non ci si rende conto delle reali dimensioni delle cifre e su chi poi andranno effettivamente a gravare i costi finali. In Italia il nucleare vie-ne presentato come un’operazione completamente a carico dei privati ed a rischio zero per il comparto pubblico. C’è da fidarsi? Purtroppo le azien-de energetiche (e con esse governi spesso compiacenti) non aiutano a comprendere appieno la portata del progetto, fornendo di solito dati parziali o non esattamente corrispon-denti alla realtà. Vi sono incertezze a nove zeri che dovrebbero poter scoraggiare qualunque impresa, sia pubblica che privata.E i benefici sull’ambiente? Per ave-re una riduzione significativa di gas serra bisognerebbe costruire una centrale nucleare ogni 10 giorni (35 all’anno) per i prossimi 60 anni. Così, con 2000 nuove centrali nucleari, si fornirebbe il 20% dell’energia totale. Gli scienziati dell’IPCC (ONU) lo hanno certificato: “Il nucleare non potrà fermare la febbre del pianeta”. Inoltre il ciclo completo (estrazione e arric-chimento dell’uranio, smaltimento scorie, costruzione e smantellamento

centrale) emette gas serra quanto il ciclo a combustibile fossile. Quanto poi al petrolio, importato soprattutto dai paesi arabi, è chiaro che la scelta nucleare è irrilevante: questa fonte fa funzionare i trasporti (su strada, per mare e per aria) e dovrà continuare a essere importata, in assenza d’inter-venti seri sulla mobilità e di opzioni

tecnologiche significative, come auto elettriche, ibride, a idrogeno.Cionono-stante, si continua a navigare serena-mente verso il nucleare, con pericolosa incompetenza e miopia da parte della politica e dell’imprenditoria italiana. Un deficit che rischia di contaminare tutto il mondo industriale italiano, che vanta più di un’eccellenza anche nel setto-

DIAMO I NUMERI

3% è il consumo annuale di energia di tutta la popolazione mondiale rispetto a quanto ne riceve la Terra dal Sole in un solo giorno

146 le centrali nucleari in funzione in Europa

104 le centrali nucleari in funzione negli USA

10 i paesi nel mondo che ricorrono all’energia nucleare (Francia, India, Cina, Russia, Ucraina, Giappone, Argentina, Romania, Finlandia e Iran)

80% il fabbisogno energetico in Italia soddisfatto da fonti estere

24 mila anni il periodo di radiottività del plutonio

238 milioni d’anni il periodo di radiotossicità dell’uranio

41.600 tonnellate la produzione mondiale annua di uranio metallico; tre soli paesi (l'Australia, il Canada e il Kazakhstan) contengono circa il 58% delle riserve note

65 i morti accertati con sicurezza nel disastro nucleare di Chernobyl del 1986; altri 4000 presunti (che non sarà possibile associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie su un arco di 80 anni; 336000 le persone evacuate

130 il numero accertato di incidenti nucleari degli ultimi 50 anni

6 miliardi di euro la stima di costo (in Europa) di una centrale nucleare media di III generazione (cioè del tipo EPR da1.600MW), esclusi i costi di smaltimento delle scorie e di smantellamento della centrale a fine vita

2 i reattori di III generazione attualmente in costruzione in Europa (Francia e Finlandia)

0 I reattori di IV generazione esistenti (sono previsti solo dopo il 2030). l’EPR rischia di non essere affatto la tecnologia del futuro, rischia piutto-sto di diventare obsoleta già durante la fase di costruzione dell’eventuale prima futura centrale italiana. A differenza della quarta generazione poi, questa tecnologia produce la stessa quantità di scorie di prima, ma ancor più pericolose, e richiede una quantità d’acqua assai maggiore

Ipse dixit Durante un suo intervento ad un recente convegno, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha dichiarato che “i reattori di quarta generazione non possono essere costruiti se prima non si fanno quelli di terza” .

re energetico. Ed è una miopia pericolosa perché promette oggi, pur di assegnare appalti da miliardi di euro, un domani d’indebitamento per tutto il paese per la costruzione di nuove cattedrali nel deserto, già obsolete, pericolosissime, costose, ingestibili e costantemente in perdita.Un reattore, infatti, non si può spegnere e accendere con un interruttore, come una centrale a gas. Questo significa che, in caso di fluttuazioni della domanda, la centrale atomica dovrà continuare a produrre ed essere competitiva. Dovranno essere sospese, semmai, le altre fonti energetiche. Quale che sia lo scenario dei costi, la scelta nucleare vale per decenni e non si torna facilmente indietro. La centrale nucleare andrebbe in rosso e i governi (cioè i cittadini) dovrebbero intervenire pesantemente per salvare la holding della centrale atomica dalla sicura bancarotta. Una storia già vista … Purtroppo le difficoltà su esposte non sono certamente evidenziate nel modo dovuto dai mezzi di informazione. Ciò alimenta ulterior-mente il (fondato) timore di come la costruzione di queste cattedrali di cemento richieda investimenti pubblici enormi, difficilmente quantificabili, e tempi di costruzione pluriennali. Una controtendenza evidente in un’economia di mercato che richiederebbe impianti di produzione energetica flessibili, diversificati e di semplice manutenzione, per ridurre i tempi di realizzazione, i rischi, gli sprechi ed i costi per i contribuenti-utenti finali.Il nucleare, come il termoelettrico a carbone, il gas e l’olio combustibile, è centralizzato, controllato dai vertici economici e politici, con enormi investimenti economici e politico-militari. Invece le energie rinnovabili (solare termico e fotovoltaico, idroelettrico ed eolico, biomasse, geotermico) sono distribuite, controllate localmente da ogni comunità, che produrrebbero così l’energia di cui hanno effettivamente bisogno.Basterebbe, a titolo di esempio, coprire di pannelli solari fotovoltaici solo un punto percentuale delle superfici costruite o cementificate in Italia (che sono il 10% del territorio) per soddisfare l’intero fabbisogno nazionale di energia elettrica. Ma l’attuale politica governativa, che se si definisce “liberale” e “federalista” a parole ma che impugna davanti alla Corte Co-stituzionale i provvedimenti antinucleari di tre regioni del sud e riduce gli incentivi per scoraggiare l’installazione di impianti fotovoltaici, preferisce un paese in cui l’energia (come l’economia, la giustizia e l’informazione) è controllata dal potere unico centrale. Il loro.

di Paola Bacchiocchi

Sappiamo che i nostri occhi sono più grandi della bocca.Ho letto in una rivista che sarebbe bene fare la spesa quando non si ha fame perché aiuta a non acquistare cose superflue.Se trent’anni fa si andava a comperare all’ etto, giorno per giorno, ora si acquista a Kg.Le promozioni servono per far comprare più merce anche se non serve, i produttori guadagnano molto di più con queste offerte e fanno felici anche i consumatori.Succede così di riempire il carrello con quantità di cibo eccessivo che a volte andrà anche sprecato.Pensiamo di risparmiare ma se comprassimo giorno per giorno spenderemmo di meno perché sicuri di finire tutto.Uno dei problemi maggiori di questo periodo è proprio questo, la spesa non consapevole.Quando decido di acquistare un prodotto devo essere cosciente di cosa andrò a mangiare ma anche di ciò che dovrà un giorno essere

smaltito, per non parlare dei chilometri percorsi, e conseguente inquinamento, prima che entri nelle nostre case.Siamo tutti capaci di consumare prodotti nella confezioni che, per la maggior parte, non sono riciclabili e buttarle via senza pensare dove andrà a finire. Smaltire costa denaro, energia e vita di persone e animali.Il consumatore può pensare di non avere colpe, ma da chi viene fatta la spesa?Se ogni supermercato, al posto delle confezioni, avesse dei contenitori dai quali il consumatore, con una busta di carta o delle bottiglie portate da casa, potesse prelevare, acqua, detersivi, cereali, latte, legumi, pasta, farina, olio,zucchero e tanti altri prodotti, ci sarebbero 1/4 in meno dei problemi di smantellamento. Il consumatore deve essere consapevole delle conseguenze che derivano dall’acquisto di un prodotto. Di un telefono, ad esempio, o un nuovo videogiochi per il figlio.

Molti prodotti sono progettati con una vita media di cinque anni circa, vengono impostati approfonditi piani di marketing per far acquistare sempre con maggiore frequenza quello che si fa credere essere indispensabile.Ma siamo veramente sicuri di aver bisogno dell’ultimo modello di telefonino? Oltretutto i prodotti tecnologici venduti in Italia, nel 90 % dei casi, non danno lavoro a famiglie ItalianeSi è talmente prodotto in questi ultimi 40 anni che la crisi dovevamo prevederla. Il numero di macchine prodotte è di gran lunga superiore al numero di persone che abitano la terra. Radio, computer, telefoni, televisori, notebook presenti sul pianeta sono decine di miliardi. La tecnologia, certamente, è una buona amica ma la fase di produzione e commercializzazione viene fatta da menti stupide o egoiste. Ognuno di noi può fare tanto.

L’INSAZIABILE VOGLIA

A P P R O F O N D I M E N TO

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Prezzolini potrebbe aver scritto ieri questo articolo. Questo sottolinea che i vizi del popolo italiano hanno radici lontane che resistono ai tempi e ai governanti, da allora siamo passati attraverso una dittatura ventennale, quarant’anni della così detta prima repubblica e altri venti di non so bene cosa. Insomma se non del tutto colpevoli sicuramente non siamo innocenti.

Biografia di Giuseppe Prezzolini“1882-1982”Nato a Perugia nel 1882 da genitori senesi, Prezzolini trascorre buona parte della sua adolescenza fra studi e viaggi (Grenoble, ma soprattutto Parigi). Nei primi anni del Novecento conosce Giovanni Papini che aiuta nella fondazione della rivista "Leonar-do" e Benedetto Croce che influenzerà profondamente il suo pensiero, sti-molandolo alla pubblicazione dei suoi primi scritti. Nel 1908 fonda la rivista "La Voce", di cui resterà direttore, con brevi interruzioni, fino al 1913, rivista

impegnata nella lotta contro la retori-ca della vita italiana. L'anno successivo "La Voce" si scinde in due riviste indi-pendenti: "La Voce gialla" a carattere politico, diretta da Prezzolini e "La Voce bianca" a carattere artistico-letterario, diretta da De Robertis.Prende parte al primo conflitto mon-diale pur mantenendo intatte le sue attività: fonda l'Istituto Bibliografico Italiano, organo di consulenza biblio-grafica ed editoriale, viene chiamato come professore per un corso esti-vo alla Columbia University di New York, incarico che si ripeterà anche

negli anni successivi. Ha inizio per lo scrittore una serie di spostamenti continui tra Francia e Stati Uniti fino al rientro, dopo sedici anni di assenza, in Italia, dove stabilisce varie relazioni con le case editrici per la pubblicazio-ne dei suoi nuovi libri e per traduzioni e ristampe. Nel 1968 si trasferisce a Lugano e tre anni dopo viene nomi-nato Cavaliere di Gran Croce nel corso di una solenne cerimonia svoltasi a Roma.Muore nel 1982.

di Paolo Battistelli

Codice della vita italiana

Ieri con alcuni amici dell’associazione Liberamente abbiamo intrapreso una lunga discussione sulla legalità. Chiaramente l’argomento offriva molteplici sfaccettature e si sono toccati svariati temi. Ci siamo soffermati a lungo sull’evasione fiscale ma mentre è facilissimo stabilire che un ladro o un assassino siano colpevoli e quindi meritevoli di punizioni, sull’evasione l’argomento è sempre delicato. Infatti, si sono sentite parole come “autodifesa”, “ingiustizia”, “sistema” ma soprattutto la sensazione era quella che nessuno si sentisse totalmente innocente di fronte a questo reato. Il mio intento non è quello di annoiarvi riassumendovi la discussione durata un paio d’ore, ma tornando a casa mi è tornato in mente una specie di manifesto letto tempo fa, a mio avviso illuminante.

La Voce, 1921 – CODICE DELLA VITA ITALIANA Capitolo I - Dei furbi e dei fessi

1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.2. Non c'è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a tea-tro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istru-zione ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un fesso.3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.4. Non bisogna confondere il fur-bo con l'intelligente. L'intelligente è spesso un fesso anche lui.5. Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capaci-tà, ma per la sua abilità a fingere di averle.6. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo.7. Segni distintivi del furbo: pellic-cia, automobile, teatro, restaurant, donne.8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.9. Dovere: è quella parola che si

trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.10. L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepa-no. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.11. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo.12. Il fesso, in generale, è incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perché sono fessi; 2) perché gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno è buono, ma l'altro è migliore. Il primo è leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perché non c'è furbo che non abbia qualche mara-chella da nascondere; 2) perché non c'è furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi.

15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.16. L'Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all'am-mirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l'italiano in ge-nerale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l'esempio e la dottrina corrente - che non si trova nei libri - insegna-no i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l'ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un'altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l'Italia, è appunto l'effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata coraz-zando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

PASSATO, PRESENTE E FUTURO ?

ore 21:00 presso il Centro CivicoComunale di Villanova, M.Maggiore

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE LIBERAMENTE PRESENTA LA SERATA

A P P R O F O N D I M E N TOI L S E M P R E AT T UA L E P R E Z Z O L I N I

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Prezzolini potrebbe aver scritto ieri questo articolo. Questo sottolinea che i vizi del popolo italiano hanno radici lontane che resistono ai tempi e ai governanti, da allora siamo passati attraverso una dittatura ventennale, quarant’anni della così detta prima repubblica e altri venti di non so bene cosa. Insomma se non del tutto colpevoli sicuramente non siamo innocenti.

Biografia di Giuseppe Prezzolini“1882-1982”Nato a Perugia nel 1882 da genitori senesi, Prezzolini trascorre buona parte della sua adolescenza fra studi e viaggi (Grenoble, ma soprattutto Parigi). Nei primi anni del Novecento conosce Giovanni Papini che aiuta nella fondazione della rivista "Leonar-do" e Benedetto Croce che influenzerà profondamente il suo pensiero, sti-molandolo alla pubblicazione dei suoi primi scritti. Nel 1908 fonda la rivista "La Voce", di cui resterà direttore, con brevi interruzioni, fino al 1913, rivista

impegnata nella lotta contro la retori-ca della vita italiana. L'anno successivo "La Voce" si scinde in due riviste indi-pendenti: "La Voce gialla" a carattere politico, diretta da Prezzolini e "La Voce bianca" a carattere artistico-letterario, diretta da De Robertis.Prende parte al primo conflitto mon-diale pur mantenendo intatte le sue attività: fonda l'Istituto Bibliografico Italiano, organo di consulenza biblio-grafica ed editoriale, viene chiamato come professore per un corso esti-vo alla Columbia University di New York, incarico che si ripeterà anche

negli anni successivi. Ha inizio per lo scrittore una serie di spostamenti continui tra Francia e Stati Uniti fino al rientro, dopo sedici anni di assenza, in Italia, dove stabilisce varie relazioni con le case editrici per la pubblicazio-ne dei suoi nuovi libri e per traduzioni e ristampe. Nel 1968 si trasferisce a Lugano e tre anni dopo viene nomi-nato Cavaliere di Gran Croce nel corso di una solenne cerimonia svoltasi a Roma.Muore nel 1982.

di Paolo Battistelli

Codice della vita italiana

Ieri con alcuni amici dell’associazione Liberamente abbiamo intrapreso una lunga discussione sulla legalità. Chiaramente l’argomento offriva molteplici sfaccettature e si sono toccati svariati temi. Ci siamo soffermati a lungo sull’evasione fiscale ma mentre è facilissimo stabilire che un ladro o un assassino siano colpevoli e quindi meritevoli di punizioni, sull’evasione l’argomento è sempre delicato. Infatti, si sono sentite parole come “autodifesa”, “ingiustizia”, “sistema” ma soprattutto la sensazione era quella che nessuno si sentisse totalmente innocente di fronte a questo reato. Il mio intento non è quello di annoiarvi riassumendovi la discussione durata un paio d’ore, ma tornando a casa mi è tornato in mente una specie di manifesto letto tempo fa, a mio avviso illuminante.

La Voce, 1921 – CODICE DELLA VITA ITALIANA Capitolo I - Dei furbi e dei fessi

1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.2. Non c'è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a tea-tro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istru-zione ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un fesso.3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.4. Non bisogna confondere il fur-bo con l'intelligente. L'intelligente è spesso un fesso anche lui.5. Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capaci-tà, ma per la sua abilità a fingere di averle.6. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo.7. Segni distintivi del furbo: pellic-cia, automobile, teatro, restaurant, donne.8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.9. Dovere: è quella parola che si

trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.10. L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepa-no. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.11. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo.12. Il fesso, in generale, è incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perché sono fessi; 2) perché gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno è buono, ma l'altro è migliore. Il primo è leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perché non c'è furbo che non abbia qualche mara-chella da nascondere; 2) perché non c'è furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi.

15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.16. L'Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all'am-mirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l'italiano in ge-nerale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l'esempio e la dottrina corrente - che non si trova nei libri - insegna-no i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l'ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un'altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l'Italia, è appunto l'effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata coraz-zando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

PASSATO, PRESENTE E FUTURO ?

ore 21:00 presso il Centro CivicoComunale di Villanova, M.Maggiore

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE LIBERAMENTE PRESENTA LA SERATA

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di Rodolfo Santini

NON MI INTERESSO DI POLITICA, NE’ VOGLIO SAPERNEPare essere una frase innocua, così per dire, sempre più usata e abusata in qualsiasi parte si faccia conversazione; non mi interesso di politica, né voglio saperne.Ed invece è una frase devastante per la società, detta da chi rinuncia al ruolo di cittadino consapevole per assumere le più comode vesti di suddito.E’ sicuramente il salvacondotto che ti consente di stringere nuove amicizie, di convivere in ambienti in cui ci si ritrova per coltivare una qualsiasi pas-sione per occupare il tempo libero, di sedersi intorno ad una tavola imbandi-ta e intrattenersi per ore trascorrendo piacevoli serate.L’importante è non occuparsi di politi-ca, la quale, come una peste bubboni-ca, rompe amicizie, spezza saldi legami di parentela, contrappone generazioni di persone che non riescono più a comunicareOvunque ci si confronti, nell’ambiente di lavoro, negli spazi liberi della propria vita, in occasione di incontri con amici, si può parlare di tutto, ma parlare di politica ha la capacità di rompere gli equilibri e la serenità dell’ambiente in cui ci si trova.Eppure la politica va fatta e praticata, ma con la testa e non con il cuore; la tifoseria lasciamola per le partite di calcio, per cui si parteggia per una squadra, senza conoscerne le ragioni, senza un minimo di razionalità e logi-ca; ed è ammesso dire che i giocatori per cui si tifa sono certamente migliori degli avversari e se hanno perso la partita la colpa è esclusivamente dell’arbitro, che è un venduto, oltre che cornuto; e si analizzano alla moviola tutti i momenti salienti, con commenti più o meno appropriati, ci si scrivono articoili infuocati per la tifoseria, che sempre più viene convinta delle pro-prie ragioni e trova sazietà dalle parole e dalle invettive rivolte all’avversario.Traslare questo atteggiamento in poli-tica è deleterio, nocivo per il confronto democratico e velenoso per la società, che si ritrova a doversi schierare nei

confronti elettorali senza aver capito le ragioni dello scontro. La colpa è della magistratura politicizzata, (l’arbitro venduto) principio che consente la individuazione di un rsponsabile, per darlo in pasto alle folle acclamanti, al branco. Da qui discende l’importanza ad essere informati correttamente e questo ruolo lo dovrebbe svolgere la TV, dato che la nostra società è così in-dolente da non informarsi sulla stam-pa (Otto italiani su dieci si informano con le TV). Da qui gestire l’informazio-ne televisiva, significa gestire l’opinio-ne pubblica, quindi il voto. Questa è la ragione per cui le forze politiche si azzuffano sul controllo televisivo ed in cui nasce il grave pericolo per una democrazia, nel lasciare il monopolio dell’informazione in mano a privati (secondo un noto principio piduista).Ecco che, per impegnarsi in politica, occorre essere informati, facendo una selezione delle notizie che ci giun-gono dal mezzo che più è diffuso ed entra in tutte le case, sacrificarsi in prima persona per saperne di più, per informarsi su mezzi alternativi, per essere più obiettivi possibile, credibili senza smagliature, convincenti su tutte le argomentazioni che vengono trattate, a conoscenza di cosa avviene oltre i confini nazionali e soprattutto in Europa, di cui siamo parte integrante, appagando così la parte razionale che alloggia in ognuno di noi.

Essere informati è un dovere di ogni cittadino anche se estremamente faticoso, richiede sacrificio ma garan-tisce consapevolezza; quella consape-volezza che va alimentata giorno per giorno, per poter mantenere il ruolo di cittadino in una società che ti vuole a tutti i costi suddito, senza pensieri ed ideali; quella consapevolezza che ti fa distinguere il bene dal male, il giu-sto dall’ingiusto e ti fa rifuggire dalle soluzioni offerte alla piazza, al pubblico ridotto a semplice folla, che applaude all’oratore del momento senza sapere la ragione. In un recente comizio, un capo-popolo ha dichiarato che nel giro di tre anni sconfiggerà il tumore; e per questa insensata frase la piazza ha acclamato l’oratore, ritenendo giusta una affermazione che, agli orecchi di tanta gente colpita dal male del secolo, suona invece come una mascalzonata. Eppure la piazza ha acclamato l’im-provvido oratore, come stregata dalla sua oratoria, dal suo essere punto di riferimento, capo branco di un branco impaurito e timoroso. Il branco ha segnato sempre un punto di forza di qualsiasi aggregazione; i lupi cacciano in branco per alimentarsi, le pecore stanno in branco per difendersi, così pure l’uomo è sensibile ad essere sti-molato sugli istinti atavici che ancora possiede e che spesso guidano le scelte della propria vita.Infatti il concetto di democrazia non

Osservando quanto sta accadendo nella nostra società da un po’ di anni, questa domanda, per me ricorrente, mi sta assillando e mi rende la vita ancora più difficile.Mi preoccupo perché nel cercare di darmi delle risposte, nel momento in cui credo di averle mi rendo conto che forse siamo di fronte ad una svolta politica, sociale, economica ed ambien-tale: quanto potremmo resistere in queste condizioni? Le considerazioni che derivano dal fare questi ragio-namenti mi invogliano a pensare di prendere il tutto con maggiore spen-sieratezza: ma sì, ma chi se ne frega, si va avanti e chi sta peggio si arrangia! Però adottare questo atteggiamento mi farebbe stare ancor peggio.

Progresso, cos’è un migliore stile di vita? E cosa significa, qual è il prez-zo da corrispondere che ricade sulla società?Ad esempio l’acqua: continuiamo a pensare che sgorga dal rubinetto di casa all’infinito? Ma quando la usia-mo pensiamo mai alle generazioni precedenti che per approvvigionarsi percorrevano anche lunghi tragitti con orci o secchi pieni di acqua sulle spalle con qualsiasi condizione atmosferica? Oggi siamo arrivati al punto che per fruire di questo “ servizio comodo “ i nostri politici pensano di privatizzare l’acqua per dare un servizio migliore e più efficiente ci dicono! Ma che ci raccontano! Saremo sempre più usati per fare arricchire, altro che maggior efficienza!

A volte penso all’energia elettrica e all’uso che ne facciamo: rinunciando a piccole e a volte inutili comodità po-tremmo limitare gli sprechi e, partico-lare non da poco, evitare l’insediamen-to di inceneritori, centrali turbo-gas e nucleari( per altro ci siamo già espressi contro con referendum nel 1986, ma l’opinione pubblica per i politici conta solo quanto fa comodo).

Che dire poi della quota pagata in bol-letta da destinare alle energie rinno-vabili ma invece dirottata in tutt’altra direzione? Spesso i nostri soldi ag-giunti vengono destinati a privati per realizzare impianti energetici ancora più nocivi di quelli esistenti. Se, poi, sapessimo cosa c’è dietro a un litro di benzina rimarremmo estere-fatti.

Il poco tempo libero, necessario per ritemprarci, spesso lo trascorriamo nei centri commerciali perché probabil-mente il tempo impiegato a lavorare ci limita le uscite anche per fare acquisti e la grande scelta di marca e negozi ci porta a comportarci così. Tanti si sentono realizzati nello spendere per non sentirsi inadeguati rispetto a que-sta società che ci invia da più direzioni questo messaggio. Il tempo libero che ci rimane lo perdia-mo a vedere talk show che propon-gono finte situazioni altrui come se questi personaggi fossero da invidiare o farne un modello da imitare.Ma allora qual è il prezzo di questo Progresso!?

Dipendiamo tutti per lo più da un lavoro che ci dà una retribuzione ormai insufficiente. Per mantenere una famiglia è indispensabile che si lavori in due; la conseguenza è la maggior difficoltà a seguire ed educare i figli avendo sempre minor tempo a dispo-sizione per cui ci si ritrova la sera stan-chi, a dormire con i gomiti appoggiati al tavolo o sul divano con la tv accesa che, proponendo sciatteria, concilia il sonno. La mattina ci si risveglia e la giostra ricomincia. Perché accade questo? Per mante-nere beni ormai irrinunciabili che ci dovrebbero al contrario rendere la vita più facile? E’ questo il Progresso? Mi sembra che sotto ogni aspetto stiamo pagando un prezzo troppo alto.

Che cos è il PROGRESSO ?di Corrado Grottaroli

FA L S E C O N V I N Z I O N I M O D I D I D I R E

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di Rodolfo Santini

NON MI INTERESSO DI POLITICA, NE’ VOGLIO SAPERNEPare essere una frase innocua, così per dire, sempre più usata e abusata in qualsiasi parte si faccia conversazione; non mi interesso di politica, né voglio saperne.Ed invece è una frase devastante per la società, detta da chi rinuncia al ruolo di cittadino consapevole per assumere le più comode vesti di suddito.E’ sicuramente il salvacondotto che ti consente di stringere nuove amicizie, di convivere in ambienti in cui ci si ritrova per coltivare una qualsiasi pas-sione per occupare il tempo libero, di sedersi intorno ad una tavola imbandi-ta e intrattenersi per ore trascorrendo piacevoli serate.L’importante è non occuparsi di politi-ca, la quale, come una peste bubboni-ca, rompe amicizie, spezza saldi legami di parentela, contrappone generazioni di persone che non riescono più a comunicareOvunque ci si confronti, nell’ambiente di lavoro, negli spazi liberi della propria vita, in occasione di incontri con amici, si può parlare di tutto, ma parlare di politica ha la capacità di rompere gli equilibri e la serenità dell’ambiente in cui ci si trova.Eppure la politica va fatta e praticata, ma con la testa e non con il cuore; la tifoseria lasciamola per le partite di calcio, per cui si parteggia per una squadra, senza conoscerne le ragioni, senza un minimo di razionalità e logi-ca; ed è ammesso dire che i giocatori per cui si tifa sono certamente migliori degli avversari e se hanno perso la partita la colpa è esclusivamente dell’arbitro, che è un venduto, oltre che cornuto; e si analizzano alla moviola tutti i momenti salienti, con commenti più o meno appropriati, ci si scrivono articoili infuocati per la tifoseria, che sempre più viene convinta delle pro-prie ragioni e trova sazietà dalle parole e dalle invettive rivolte all’avversario.Traslare questo atteggiamento in poli-tica è deleterio, nocivo per il confronto democratico e velenoso per la società, che si ritrova a doversi schierare nei

confronti elettorali senza aver capito le ragioni dello scontro. La colpa è della magistratura politicizzata, (l’arbitro venduto) principio che consente la individuazione di un rsponsabile, per darlo in pasto alle folle acclamanti, al branco. Da qui discende l’importanza ad essere informati correttamente e questo ruolo lo dovrebbe svolgere la TV, dato che la nostra società è così in-dolente da non informarsi sulla stam-pa (Otto italiani su dieci si informano con le TV). Da qui gestire l’informazio-ne televisiva, significa gestire l’opinio-ne pubblica, quindi il voto. Questa è la ragione per cui le forze politiche si azzuffano sul controllo televisivo ed in cui nasce il grave pericolo per una democrazia, nel lasciare il monopolio dell’informazione in mano a privati (secondo un noto principio piduista).Ecco che, per impegnarsi in politica, occorre essere informati, facendo una selezione delle notizie che ci giun-gono dal mezzo che più è diffuso ed entra in tutte le case, sacrificarsi in prima persona per saperne di più, per informarsi su mezzi alternativi, per essere più obiettivi possibile, credibili senza smagliature, convincenti su tutte le argomentazioni che vengono trattate, a conoscenza di cosa avviene oltre i confini nazionali e soprattutto in Europa, di cui siamo parte integrante, appagando così la parte razionale che alloggia in ognuno di noi.

Essere informati è un dovere di ogni cittadino anche se estremamente faticoso, richiede sacrificio ma garan-tisce consapevolezza; quella consape-volezza che va alimentata giorno per giorno, per poter mantenere il ruolo di cittadino in una società che ti vuole a tutti i costi suddito, senza pensieri ed ideali; quella consapevolezza che ti fa distinguere il bene dal male, il giu-sto dall’ingiusto e ti fa rifuggire dalle soluzioni offerte alla piazza, al pubblico ridotto a semplice folla, che applaude all’oratore del momento senza sapere la ragione. In un recente comizio, un capo-popolo ha dichiarato che nel giro di tre anni sconfiggerà il tumore; e per questa insensata frase la piazza ha acclamato l’oratore, ritenendo giusta una affermazione che, agli orecchi di tanta gente colpita dal male del secolo, suona invece come una mascalzonata. Eppure la piazza ha acclamato l’im-provvido oratore, come stregata dalla sua oratoria, dal suo essere punto di riferimento, capo branco di un branco impaurito e timoroso. Il branco ha segnato sempre un punto di forza di qualsiasi aggregazione; i lupi cacciano in branco per alimentarsi, le pecore stanno in branco per difendersi, così pure l’uomo è sensibile ad essere sti-molato sugli istinti atavici che ancora possiede e che spesso guidano le scelte della propria vita.Infatti il concetto di democrazia non

Osservando quanto sta accadendo nella nostra società da un po’ di anni, questa domanda, per me ricorrente, mi sta assillando e mi rende la vita ancora più difficile.Mi preoccupo perché nel cercare di darmi delle risposte, nel momento in cui credo di averle mi rendo conto che forse siamo di fronte ad una svolta politica, sociale, economica ed ambien-tale: quanto potremmo resistere in queste condizioni? Le considerazioni che derivano dal fare questi ragio-namenti mi invogliano a pensare di prendere il tutto con maggiore spen-sieratezza: ma sì, ma chi se ne frega, si va avanti e chi sta peggio si arrangia! Però adottare questo atteggiamento mi farebbe stare ancor peggio.

Progresso, cos’è un migliore stile di vita? E cosa significa, qual è il prez-zo da corrispondere che ricade sulla società?Ad esempio l’acqua: continuiamo a pensare che sgorga dal rubinetto di casa all’infinito? Ma quando la usia-mo pensiamo mai alle generazioni precedenti che per approvvigionarsi percorrevano anche lunghi tragitti con orci o secchi pieni di acqua sulle spalle con qualsiasi condizione atmosferica? Oggi siamo arrivati al punto che per fruire di questo “ servizio comodo “ i nostri politici pensano di privatizzare l’acqua per dare un servizio migliore e più efficiente ci dicono! Ma che ci raccontano! Saremo sempre più usati per fare arricchire, altro che maggior efficienza!

A volte penso all’energia elettrica e all’uso che ne facciamo: rinunciando a piccole e a volte inutili comodità po-tremmo limitare gli sprechi e, partico-lare non da poco, evitare l’insediamen-to di inceneritori, centrali turbo-gas e nucleari( per altro ci siamo già espressi contro con referendum nel 1986, ma l’opinione pubblica per i politici conta solo quanto fa comodo).

Che dire poi della quota pagata in bol-letta da destinare alle energie rinno-vabili ma invece dirottata in tutt’altra direzione? Spesso i nostri soldi ag-giunti vengono destinati a privati per realizzare impianti energetici ancora più nocivi di quelli esistenti. Se, poi, sapessimo cosa c’è dietro a un litro di benzina rimarremmo estere-fatti.

Il poco tempo libero, necessario per ritemprarci, spesso lo trascorriamo nei centri commerciali perché probabil-mente il tempo impiegato a lavorare ci limita le uscite anche per fare acquisti e la grande scelta di marca e negozi ci porta a comportarci così. Tanti si sentono realizzati nello spendere per non sentirsi inadeguati rispetto a que-sta società che ci invia da più direzioni questo messaggio. Il tempo libero che ci rimane lo perdia-mo a vedere talk show che propon-gono finte situazioni altrui come se questi personaggi fossero da invidiare o farne un modello da imitare.Ma allora qual è il prezzo di questo Progresso!?

Dipendiamo tutti per lo più da un lavoro che ci dà una retribuzione ormai insufficiente. Per mantenere una famiglia è indispensabile che si lavori in due; la conseguenza è la maggior difficoltà a seguire ed educare i figli avendo sempre minor tempo a dispo-sizione per cui ci si ritrova la sera stan-chi, a dormire con i gomiti appoggiati al tavolo o sul divano con la tv accesa che, proponendo sciatteria, concilia il sonno. La mattina ci si risveglia e la giostra ricomincia. Perché accade questo? Per mante-nere beni ormai irrinunciabili che ci dovrebbero al contrario rendere la vita più facile? E’ questo il Progresso? Mi sembra che sotto ogni aspetto stiamo pagando un prezzo troppo alto.

Che cos è il PROGRESSO ?di Corrado Grottaroli

FA L S E C O N V I N Z I O N I M O D I D I D I R E

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di Cristian Bellucci

appartiene al genere animale, nel senso che è un concetto elaborato dall’uomo nella sua razionalità, per garantirsi la civile convivenza, fatta di regole e steccati, di leggi e doveri e di rispetto degli altri. L’uomo di sua natu-ra tende a sfruttare il proprio simile (come la schiavitù del secolo scorso) e questi istinti ogni tanto riaffiora-no, anzi vengono utilizzati da alcune forze politiche senza scrupoli, per creare consensi, in maniera subdola e indecorosa. La paura del diverso, del nero che porta le malattie, dell’asiatico che sottrae il lavoro, dell’albanese che spaccia droga, insieme ai marocchi-ni, fanno esprimere alcuni in temini razzisti: “Tutta gente che farebbe bene

a tornarsene a casa propria”. Eppure qualche decennio fa eravamo noi gli albanesi ed i marocchini d’America e siamo stati talmente bravi ed espor-tare una piaga come la mafia in quelle terre lontane che ci hanno ospitato e dato lavoro, consentendoci di acquisire dignità e rispetto.Ora, tornando al disinteresse per la politica, è un modo per scrollarsi di dosso una responsabilità che invece ci appartiene ed a cui non possiamo né dobbiamo sottrarci, altrimenti se la politica non la facciamo noi, c’è chi la fa per noi e non sempre sono i migliori che la società può esprimere, anzi. Basta guardarsi intorno.Basta guardare alla nostra classe

politica-dirigente per assaporare l’umiliazione e la vergogna ad essere cittadini/sudditi italiani.E questo impegno è dovuto soprat-tutto per le generazioni future, a cui è stato sottratto un futuro ed una speranza di vita dignitosa, per soddi-sfare le voracità di una classe politica insaziabile che alloggia nella palude italiana ed avvolge tutto e tutti in questo putridume, fatta di corruzione e meretricio.Concludo con una frase illuminante che appartien a J.F.Kennedy ”Puoi anche non interessarti di politica, sarà la politica ad interesarsi di te” .

La Trippa: Se io vi dicessi che una volta eletto farei costruire scuole, strade, acquedotti, case, voi mi credereste? Se io vi dicessi che questi signori sono persone onorevoli, degne di pregiarsi di questo appellativo parlamentare e che adopereranno i vostri voti per il bene del paese, voi mi credereste?Il popolo: Siii!…

La Trippa: E allora sapete che cosa vi dico? Che siete dei fessi …Correva l’anno 1963 quando Sergio Corbucci, per la settima ed ultima volta, dirigeva il memorabile Totò ne Gli onorevoli, amara satira sulla società italiana dell’epoca, dove il comico napoletano, supportato da tanti nomi illustri del cinema di quel periodo, in-terpretava Antonio La Trippa, candida-to del partito nazionale della restau-razione alla ricerca di voti al grido di “votantonio, votantonio”.

VOTANTONIO !VOTANTONIO !

Già, “votantonio”! Slogan che Totò/Antonio La Trippa, armato di imbuto metalli-co, urlava dalla finestra anche a costo di svegliare i vicini di casa.Ma dopo cinquant’anni è cambiato nulla? Mah! Forse si, forse no.Certamente sono cambiati i partiti, le persone, la società stessa; sono cambiati i gusti e i costumi. Le possibilità.Ma siamo peggio o meglio? Non so e non mi è dato saperlo non avendo vissuto quell’epoca né essendo uno storico ben informato. Ma vedo forti assonanze tra quello e questo periodo per quanto attiene al rapporto cittadini/candidati, il rapporto cittadini/politica.Conclusesi da pochi giorni le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale e aldilà del risultato, resta l’amarezza per aver visto che l’approccio della maggior parte di chi si candida è sempre più superficiale e mirato al solo reperimento di voti anche e soprattutto per disinteresse del cittadino.“Più sicurezza, lavoro e aiuti agli italiani, stop ai clandestini”, “votami per fare davvero qualcosa di sinistra”, “per la tua Regione”, “per avere una buona re-gione”, “dalla parte del cittadino”, “la speranza”. E ancora “vicino a te”, “diritti, progetti, passioni”, “avanti noi, avanti le marche”. Slogan, slogan, slogan. Sempre slogan, sempre quelli, tutti uguali. Detti e scritti sempre col sorriso, propagandati incessantemente e “semplicemente”. Memora-bile il “fidati solo di chi ti puoi fidare”. E di chi? verrebbe da chiedere. E perché?Biglietti da visita, pieghevoli, volantini, giornaletti, pagine intere di giornali, inser-zioni, spot radiofonici e televisivi, video sul web: ogni mezzo è stato sfruttato per raggiungerci, per imprimerci nella mente un nome. Lettere nei luoghi di lavoro da

parte di emeriti sconosciuti, richie-ste di incontri privati, aperitivi, cene. Fotografie di bravi padri di famiglia coi figli sulle spalle, appelli alla difesa della Costituzione e dei diritti di tutti.Tutto, eccetto il confronto pubblico, le prese di posizione sui problemi locali e nazionali, le proposte e le conside-razioni sulle richieste dei cittadini. Cestinati, soppressi, a malapena sus-surrati con fastidio dai più i discorsi su energia, rifiuti, acqua pubblica: troppo impegnativi, troppo importanti nella vita di tutti noi per essere affrontati in campagne elettorali che sembra-no sfilate di moda. Temi troppo seri: meglio l’acconciatura curata, il trucco giusto, l’inquadratura e le luci migliori per esaltare l’immagine.Pochi, pochissimi i dibattiti pubblici, gli incontri dei candidati coi cittadini: mi risultano tre soli incontri pubblici nei due Comuni dove questo giornale viene distribuito, Montemaggiore al Metauro e Saltara.Insomma, sembra emergere un pre-occupante “mangia, bevi e divertiti. E fidati di me cittadino”. Colpa dei candidati? Non tutta, non la maggiore. Loro sono solamente degni rappresentanti di tutti noi che sempre più pronunciamo frasi come “tanto sono tutti uguali”, “chi va su va su”. Noi che non cerchiamo più il confronto, il dibattito, infastiditi se i pochi militanti di partito disposti a farlo tentano di spiegarti ciò che pensano di fare, le loro proposte. Indisposti al confronto con chi la pensa diversamente. Noi che blateriamo di tutto e di più senza conoscere i fatti, trovando sempre l’er-rore con dolo nella parte avversa. Noi che diamo il voto, spesso e volentieri, a chi sa vendere meglio le proprie idee, a chi sa prometter di più.Noi che crediamo di risolvere tutto non andando più a votare, “così almeno non siamo complici”.Dunque se per Antonio la Trippa la responsabilità era dei borghesi pan-tofolai e assenti, per me oggi tutti noi siamo chiamati in causa.Votantoni, votantonio, votantonio!

Votantonio ! Votantonio !

GILLO

AT T UA L I TA’

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di Cristian Bellucci

appartiene al genere animale, nel senso che è un concetto elaborato dall’uomo nella sua razionalità, per garantirsi la civile convivenza, fatta di regole e steccati, di leggi e doveri e di rispetto degli altri. L’uomo di sua natu-ra tende a sfruttare il proprio simile (come la schiavitù del secolo scorso) e questi istinti ogni tanto riaffiora-no, anzi vengono utilizzati da alcune forze politiche senza scrupoli, per creare consensi, in maniera subdola e indecorosa. La paura del diverso, del nero che porta le malattie, dell’asiatico che sottrae il lavoro, dell’albanese che spaccia droga, insieme ai marocchi-ni, fanno esprimere alcuni in temini razzisti: “Tutta gente che farebbe bene

a tornarsene a casa propria”. Eppure qualche decennio fa eravamo noi gli albanesi ed i marocchini d’America e siamo stati talmente bravi ed espor-tare una piaga come la mafia in quelle terre lontane che ci hanno ospitato e dato lavoro, consentendoci di acquisire dignità e rispetto.Ora, tornando al disinteresse per la politica, è un modo per scrollarsi di dosso una responsabilità che invece ci appartiene ed a cui non possiamo né dobbiamo sottrarci, altrimenti se la politica non la facciamo noi, c’è chi la fa per noi e non sempre sono i migliori che la società può esprimere, anzi. Basta guardarsi intorno.Basta guardare alla nostra classe

politica-dirigente per assaporare l’umiliazione e la vergogna ad essere cittadini/sudditi italiani.E questo impegno è dovuto soprat-tutto per le generazioni future, a cui è stato sottratto un futuro ed una speranza di vita dignitosa, per soddi-sfare le voracità di una classe politica insaziabile che alloggia nella palude italiana ed avvolge tutto e tutti in questo putridume, fatta di corruzione e meretricio.Concludo con una frase illuminante che appartien a J.F.Kennedy ”Puoi anche non interessarti di politica, sarà la politica ad interesarsi di te” .

La Trippa: Se io vi dicessi che una volta eletto farei costruire scuole, strade, acquedotti, case, voi mi credereste? Se io vi dicessi che questi signori sono persone onorevoli, degne di pregiarsi di questo appellativo parlamentare e che adopereranno i vostri voti per il bene del paese, voi mi credereste?Il popolo: Siii!…

La Trippa: E allora sapete che cosa vi dico? Che siete dei fessi …Correva l’anno 1963 quando Sergio Corbucci, per la settima ed ultima volta, dirigeva il memorabile Totò ne Gli onorevoli, amara satira sulla società italiana dell’epoca, dove il comico napoletano, supportato da tanti nomi illustri del cinema di quel periodo, in-terpretava Antonio La Trippa, candida-to del partito nazionale della restau-razione alla ricerca di voti al grido di “votantonio, votantonio”.

VOTANTONIO !VOTANTONIO !

Già, “votantonio”! Slogan che Totò/Antonio La Trippa, armato di imbuto metalli-co, urlava dalla finestra anche a costo di svegliare i vicini di casa.Ma dopo cinquant’anni è cambiato nulla? Mah! Forse si, forse no.Certamente sono cambiati i partiti, le persone, la società stessa; sono cambiati i gusti e i costumi. Le possibilità.Ma siamo peggio o meglio? Non so e non mi è dato saperlo non avendo vissuto quell’epoca né essendo uno storico ben informato. Ma vedo forti assonanze tra quello e questo periodo per quanto attiene al rapporto cittadini/candidati, il rapporto cittadini/politica.Conclusesi da pochi giorni le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale e aldilà del risultato, resta l’amarezza per aver visto che l’approccio della maggior parte di chi si candida è sempre più superficiale e mirato al solo reperimento di voti anche e soprattutto per disinteresse del cittadino.“Più sicurezza, lavoro e aiuti agli italiani, stop ai clandestini”, “votami per fare davvero qualcosa di sinistra”, “per la tua Regione”, “per avere una buona re-gione”, “dalla parte del cittadino”, “la speranza”. E ancora “vicino a te”, “diritti, progetti, passioni”, “avanti noi, avanti le marche”. Slogan, slogan, slogan. Sempre slogan, sempre quelli, tutti uguali. Detti e scritti sempre col sorriso, propagandati incessantemente e “semplicemente”. Memora-bile il “fidati solo di chi ti puoi fidare”. E di chi? verrebbe da chiedere. E perché?Biglietti da visita, pieghevoli, volantini, giornaletti, pagine intere di giornali, inser-zioni, spot radiofonici e televisivi, video sul web: ogni mezzo è stato sfruttato per raggiungerci, per imprimerci nella mente un nome. Lettere nei luoghi di lavoro da

parte di emeriti sconosciuti, richie-ste di incontri privati, aperitivi, cene. Fotografie di bravi padri di famiglia coi figli sulle spalle, appelli alla difesa della Costituzione e dei diritti di tutti.Tutto, eccetto il confronto pubblico, le prese di posizione sui problemi locali e nazionali, le proposte e le conside-razioni sulle richieste dei cittadini. Cestinati, soppressi, a malapena sus-surrati con fastidio dai più i discorsi su energia, rifiuti, acqua pubblica: troppo impegnativi, troppo importanti nella vita di tutti noi per essere affrontati in campagne elettorali che sembra-no sfilate di moda. Temi troppo seri: meglio l’acconciatura curata, il trucco giusto, l’inquadratura e le luci migliori per esaltare l’immagine.Pochi, pochissimi i dibattiti pubblici, gli incontri dei candidati coi cittadini: mi risultano tre soli incontri pubblici nei due Comuni dove questo giornale viene distribuito, Montemaggiore al Metauro e Saltara.Insomma, sembra emergere un pre-occupante “mangia, bevi e divertiti. E fidati di me cittadino”. Colpa dei candidati? Non tutta, non la maggiore. Loro sono solamente degni rappresentanti di tutti noi che sempre più pronunciamo frasi come “tanto sono tutti uguali”, “chi va su va su”. Noi che non cerchiamo più il confronto, il dibattito, infastiditi se i pochi militanti di partito disposti a farlo tentano di spiegarti ciò che pensano di fare, le loro proposte. Indisposti al confronto con chi la pensa diversamente. Noi che blateriamo di tutto e di più senza conoscere i fatti, trovando sempre l’er-rore con dolo nella parte avversa. Noi che diamo il voto, spesso e volentieri, a chi sa vendere meglio le proprie idee, a chi sa prometter di più.Noi che crediamo di risolvere tutto non andando più a votare, “così almeno non siamo complici”.Dunque se per Antonio la Trippa la responsabilità era dei borghesi pan-tofolai e assenti, per me oggi tutti noi siamo chiamati in causa.Votantoni, votantonio, votantonio!

Votantonio ! Votantonio !

GILLO

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