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Luisa ToscoLa causa della donna

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

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(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)www.e-text.it

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: la causa della donnaAUTORE: Tosco, LuisaTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: La causa della donna / per Luisa To-Sko.- Torino ; Chieri : Baglione, 1878. - 43 p. ; 23 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 29 settembre 2021

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard

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TITOLO: la causa della donnaAUTORE: Tosco, LuisaTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

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TRATTO DA: La causa della donna / per Luisa To-Sko.- Torino ; Chieri : Baglione, 1878. - 43 p. ; 23 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 29 settembre 2021

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard

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2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:SOC010000 SCIENZE SOCIALI / Femminismo e Teoria Fem-minista

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:SOC010000 SCIENZE SOCIALI / Femminismo e Teoria Fem-minista

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Scopri sul sito Internet di Liber Liber ciò che stiamorealizzando: migliaia di ebook gratuiti in edizione inte-grale, audiolibri, brani musicali con licenza libera, videoe tanto altro: www.liberliber.it.

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4A CHI LEGGE................................................................8LACAUSA DELLA DONNA............................................12

I.Differenze naturali e artificiali fra i sessi.................12II.L’educazione eguale per entrambi............................19III.La donna e l’amore...................................................29IV.Abnegazione e Sacrifizio..........................................40V.Obblighi e sofferenze della donna............................48VI.Maternità, Assurdità delle due morali......................57

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4A CHI LEGGE................................................................8LACAUSA DELLA DONNA............................................12

I.Differenze naturali e artificiali fra i sessi.................12II.L’educazione eguale per entrambi............................19III.La donna e l’amore...................................................29IV.Abnegazione e Sacrifizio..........................................40V.Obblighi e sofferenze della donna............................48VI.Maternità, Assurdità delle due morali......................57

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LACAUSA DELLA DONNA

PER

LUISA TO-SKO

6

LACAUSA DELLA DONNA

PER

LUISA TO-SKO

6

A

SALVATORE MORELLISTRENUO CAMPIONE DEI FEMMINILI DIRITTI

IMPERTERRITO DISPREGIATORE DEI VOLGARI MOTTEGGI

CHE

FORTE DELL’APPROVAZIONE DELLA SUA COSCIENZA

VA SENZA TEMA

DOVE LA RAGIONE LO CONDUCE

NÈ SI LASCIA DISTOGLIERE

DAL SUO CAMMINO

DAL VANO CICALEGGIO DEGLI INETTI

MA TENDE

COSTANTE SICURO

ALLA PREFISSA META

LA GIUSTIZIA

QUESTE UMILI E SEMPLICI PAGINE

CON ANIMO DA RICONOSCENZA ED AMMIRAZIONE COMPRESO

DEDICA L’AUTRICE E CONSACRA

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A

SALVATORE MORELLISTRENUO CAMPIONE DEI FEMMINILI DIRITTI

IMPERTERRITO DISPREGIATORE DEI VOLGARI MOTTEGGI

CHE

FORTE DELL’APPROVAZIONE DELLA SUA COSCIENZA

VA SENZA TEMA

DOVE LA RAGIONE LO CONDUCE

NÈ SI LASCIA DISTOGLIERE

DAL SUO CAMMINO

DAL VANO CICALEGGIO DEGLI INETTI

MA TENDE

COSTANTE SICURO

ALLA PREFISSA META

LA GIUSTIZIA

QUESTE UMILI E SEMPLICI PAGINE

CON ANIMO DA RICONOSCENZA ED AMMIRAZIONE COMPRESO

DEDICA L’AUTRICE E CONSACRA

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ACHILEGGE

L’opuscolo che presento ai miei lettori fu già pubbli-cato in un pregevole periodico intitolato: La Donna,che esce ora in Bologna, diretto dall’Egregia signoraG. A. Beccari.

Ho creduto bene di farlo stampare a parte, non es-sendo il suddetto periodico tanto diffuso tra noi quantomeriterebbe di essere, benchè conti già nove anni divita. È cosa per altro naturalissima che in Italia si pren-da ancora sì poco interesse pei diritti della donna, talequestione essendo sorta tra noi solo da pochi anni e tut-ti sanno che le idee nuove abbisognano di molto tempoper crescere e maturare.

Per buona sorte l’idea della libertà femminile pressoaltre colte nazioni come la Francia, la Germania, e piùancora l’Inghilterra e l’America, ha già fatto moltoprogresso, ed in America specialmente già si tenta dipassare dalla teoria alla pratica. Tentativi che sono sta-ti coronati da splendidi successi, mentre da noi la sem-plice ammissione della donna agli uffici telegrafici sem-bra a molti e molti un’ardita innovazione, un’enormità,una cosa contro natura.

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ACHILEGGE

L’opuscolo che presento ai miei lettori fu già pubbli-cato in un pregevole periodico intitolato: La Donna,che esce ora in Bologna, diretto dall’Egregia signoraG. A. Beccari.

Ho creduto bene di farlo stampare a parte, non es-sendo il suddetto periodico tanto diffuso tra noi quantomeriterebbe di essere, benchè conti già nove anni divita. È cosa per altro naturalissima che in Italia si pren-da ancora sì poco interesse pei diritti della donna, talequestione essendo sorta tra noi solo da pochi anni e tut-ti sanno che le idee nuove abbisognano di molto tempoper crescere e maturare.

Per buona sorte l’idea della libertà femminile pressoaltre colte nazioni come la Francia, la Germania, e piùancora l’Inghilterra e l’America, ha già fatto moltoprogresso, ed in America specialmente già si tenta dipassare dalla teoria alla pratica. Tentativi che sono sta-ti coronati da splendidi successi, mentre da noi la sem-plice ammissione della donna agli uffici telegrafici sem-bra a molti e molti un’ardita innovazione, un’enormità,una cosa contro natura.

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La questione femminile è di tale e tanta importanzache, a degnamente trattarla, si richiederebbe un ben piùchiaro ingegno che il mio non sia, nè basterebbero pa-recchi volumi per contenere tutte le ragioni che militanoin favore della donna. Mi sono contentata di accennarealcune tra le principali. Tuttavia, il poco che mi sono li-mitata a dire è più che sufficiente per contrariare, indi-spettire e fors’anche scandalizzare la maggior parte deimiei lettori; epperò credo utile di qui trascrivere, in ap-poggio al mio modo di pensare, un brano di lettera, di-retta alla sullodata signora Beccari da un dotto e di-stinto pubblicista inglese, il sig. Ben WolstenholmeElmy, e che venne inserita nel già nominato periodico –La Donna. –

Ecco come si esprime questo signore:«La nostra gentile amica G. Butler mi ha spedito, po-

chi mesi or sono, alcuni esemplari del vostro stimatoperiodico – La Donna – Degnatevi di accettarne le miepiù ardenti grazie, nonchè quelle della mia cara sposa edegli amici che hanno avuto il vantaggio di parteciparealla sua lettura.

«Debbo esprimervi il piacere sommo e la consolazio-ne che abbiamo provato nel leggere gli scritti della si-gnora Luisa To-Sko, e questa mia lettera viene scrittaprincipalmente ad oggetto di domandare la graziosapermissione di questa signora, che io faccia la traduzio-ne degli articoli intitolati: – La causa della donna –onde pubblicarli sia in opuscolo, sia per mezzo d’alcunigiornali inglesi o americani.

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La questione femminile è di tale e tanta importanzache, a degnamente trattarla, si richiederebbe un ben piùchiaro ingegno che il mio non sia, nè basterebbero pa-recchi volumi per contenere tutte le ragioni che militanoin favore della donna. Mi sono contentata di accennarealcune tra le principali. Tuttavia, il poco che mi sono li-mitata a dire è più che sufficiente per contrariare, indi-spettire e fors’anche scandalizzare la maggior parte deimiei lettori; epperò credo utile di qui trascrivere, in ap-poggio al mio modo di pensare, un brano di lettera, di-retta alla sullodata signora Beccari da un dotto e di-stinto pubblicista inglese, il sig. Ben WolstenholmeElmy, e che venne inserita nel già nominato periodico –La Donna. –

Ecco come si esprime questo signore:«La nostra gentile amica G. Butler mi ha spedito, po-

chi mesi or sono, alcuni esemplari del vostro stimatoperiodico – La Donna – Degnatevi di accettarne le miepiù ardenti grazie, nonchè quelle della mia cara sposa edegli amici che hanno avuto il vantaggio di parteciparealla sua lettura.

«Debbo esprimervi il piacere sommo e la consolazio-ne che abbiamo provato nel leggere gli scritti della si-gnora Luisa To-Sko, e questa mia lettera viene scrittaprincipalmente ad oggetto di domandare la graziosapermissione di questa signora, che io faccia la traduzio-ne degli articoli intitolati: – La causa della donna –onde pubblicarli sia in opuscolo, sia per mezzo d’alcunigiornali inglesi o americani.

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«Provo una viva compiacenza nel fare qualche cosaper la causa di cui è così abile propugnatrice la dettasignora. Gli scritti progressisti come questo non trova-no ancora tra noi tutto quel fervore che si meritano, mase ne risulterà qualche vantaggio pecuniario sarò natu-ralmente tenuto di renderne conto alla signora To-Sko.

«Vi sarò dunque riconoscente se avrete la bontà difarle conoscere questa mia preghiera...

«Credete che noi qui facciamo ogni sforzo per rove-sciare, distruggere ed espiare l’ingiustizia e l’infamia dicui fu così ciecamente, così iniquamente colmatoquell’esercito di sante martiri che chiamiamo, e nonsiamo degni di chiamare, madri, figlie, sorelle e spose».

Egli è, certo, un grande onore per me che il mio mo-desto lavoro sia stato trovato degno d’essere tradotto ininglese, nè vorrei menarne vanto, ma trattandosi di con-validare principii misconosciuti, mal compresi, o scam-biati, per errori, e che sono invece, ai miei occhi alme-no, verità sacrosante, ogni scrupolo di questo generedeve tacere.

La grande maggioranza degli uomini e delle donne ècosì fatta che stima bensì l’oro per l’oro, trovisi esso inqualsiasi mano, ma la Verità, questa bellissima e fulgi-da figlia del cielo, ben più preziosa che tutto l’oro dellaterra, non è disposta a riceverla ed a riconoscerla senon le viene presentata e raccomandata da persona di-stinta ed autorevole, ed è perciò che ho trascritto quelbrano di lettera.

Ho cercato in quest’opuscolo di essere chiara e sem-

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«Provo una viva compiacenza nel fare qualche cosaper la causa di cui è così abile propugnatrice la dettasignora. Gli scritti progressisti come questo non trova-no ancora tra noi tutto quel fervore che si meritano, mase ne risulterà qualche vantaggio pecuniario sarò natu-ralmente tenuto di renderne conto alla signora To-Sko.

«Vi sarò dunque riconoscente se avrete la bontà difarle conoscere questa mia preghiera...

«Credete che noi qui facciamo ogni sforzo per rove-sciare, distruggere ed espiare l’ingiustizia e l’infamia dicui fu così ciecamente, così iniquamente colmatoquell’esercito di sante martiri che chiamiamo, e nonsiamo degni di chiamare, madri, figlie, sorelle e spose».

Egli è, certo, un grande onore per me che il mio mo-desto lavoro sia stato trovato degno d’essere tradotto ininglese, nè vorrei menarne vanto, ma trattandosi di con-validare principii misconosciuti, mal compresi, o scam-biati, per errori, e che sono invece, ai miei occhi alme-no, verità sacrosante, ogni scrupolo di questo generedeve tacere.

La grande maggioranza degli uomini e delle donne ècosì fatta che stima bensì l’oro per l’oro, trovisi esso inqualsiasi mano, ma la Verità, questa bellissima e fulgi-da figlia del cielo, ben più preziosa che tutto l’oro dellaterra, non è disposta a riceverla ed a riconoscerla senon le viene presentata e raccomandata da persona di-stinta ed autorevole, ed è perciò che ho trascritto quelbrano di lettera.

Ho cercato in quest’opuscolo di essere chiara e sem-

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plice onde essere facilmente da tutti intesa. Non hoscritto per desìo di fama nè di lucro, ma solo per debitodi coscienza; per rendere omaggio alla giustizia, perservire alla morale. Intendo la vera morale, non giàquella che s’ammanta d’ipocrisia e s’inorpella di men-zogne, affine di comparire ciò che non è, nascondendola bassa sua origine e le ancora più basse sue mire.

I novatori e quelli che si ergono a campioni di ideenuove, ardite, arrischiate non ottengono ai nostri gior-ni, come non ottennero mai nel passato, nè fortuna, nègloria. È molto se il mondo rende loro giustizia taloradopo morte; in vita non s’ebbero sin qui, che riso e di-spregio. Ma coloro che si sentono animati da forti con-vinzioni hanno ben altra ricompensa in vista che le ric-chezze e gli onori. Essi ambiscono sopratutto quella chederiva immancabilmente dall’intima persuasione d’averfatto il proprio dovere; d’aver combattuto per la giusti-zia, per la libertà di tutta l’umana famiglia (non di unaparte soltanto), infine, per la vera uguaglianza umana.

Laonde, se le mie deboli parole avranno la lieta sortedi persuadere anche un solo de’ miei lettori, od una soladelle mie lettrici, che la donna ha per natura gli stessidiritti che ha l’uomo; o se non persuadere, far oscillarealmeno la fede contraria; far solo nascere il dubbioch’io possa aver ragione; se avranno il potere di farpensare, mi terrò abbastanza soddisfatta, chè le miesperanze non vanno guari più oltre.

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plice onde essere facilmente da tutti intesa. Non hoscritto per desìo di fama nè di lucro, ma solo per debitodi coscienza; per rendere omaggio alla giustizia, perservire alla morale. Intendo la vera morale, non giàquella che s’ammanta d’ipocrisia e s’inorpella di men-zogne, affine di comparire ciò che non è, nascondendola bassa sua origine e le ancora più basse sue mire.

I novatori e quelli che si ergono a campioni di ideenuove, ardite, arrischiate non ottengono ai nostri gior-ni, come non ottennero mai nel passato, nè fortuna, nègloria. È molto se il mondo rende loro giustizia taloradopo morte; in vita non s’ebbero sin qui, che riso e di-spregio. Ma coloro che si sentono animati da forti con-vinzioni hanno ben altra ricompensa in vista che le ric-chezze e gli onori. Essi ambiscono sopratutto quella chederiva immancabilmente dall’intima persuasione d’averfatto il proprio dovere; d’aver combattuto per la giusti-zia, per la libertà di tutta l’umana famiglia (non di unaparte soltanto), infine, per la vera uguaglianza umana.

Laonde, se le mie deboli parole avranno la lieta sortedi persuadere anche un solo de’ miei lettori, od una soladelle mie lettrici, che la donna ha per natura gli stessidiritti che ha l’uomo; o se non persuadere, far oscillarealmeno la fede contraria; far solo nascere il dubbioch’io possa aver ragione; se avranno il potere di farpensare, mi terrò abbastanza soddisfatta, chè le miesperanze non vanno guari più oltre.

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LACAUSADELLADONNA

Tutte le donne sono allevate nella credenza chel’ideale del loro carattere è l’antitesi di quel-lo dell’uomo. – Io credo che le leggi che sot-tomettono l’un sesso all’altro sono cattive insè stesse e che debbono dar luogo ad unaperfetta eguaglianza. La disparità dei dirittifra l’uomo e la donna non ha altra origineche la legge del più forte, e questa legge èsempre sembrata, a quelli che non ne aveva-no altra da invocare, il fondamento più natu-rale dell’autorità. – Non è vero che in tutte leassociazioni volontarie di due persone l’unadebba essere padrona assoluta, meno ancoraè la legge competente a determinare qualedebba essere.

JOHN STUART MILL

I.Differenze naturali ed artificiali fra i sessi.

Il mondo organico, come a tutti è noto, è basato su

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LACAUSADELLADONNA

Tutte le donne sono allevate nella credenza chel’ideale del loro carattere è l’antitesi di quel-lo dell’uomo. – Io credo che le leggi che sot-tomettono l’un sesso all’altro sono cattive insè stesse e che debbono dar luogo ad unaperfetta eguaglianza. La disparità dei dirittifra l’uomo e la donna non ha altra origineche la legge del più forte, e questa legge èsempre sembrata, a quelli che non ne aveva-no altra da invocare, il fondamento più natu-rale dell’autorità. – Non è vero che in tutte leassociazioni volontarie di due persone l’unadebba essere padrona assoluta, meno ancoraè la legge competente a determinare qualedebba essere.

JOHN STUART MILL

I.Differenze naturali ed artificiali fra i sessi.

Il mondo organico, come a tutti è noto, è basato su

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due principii – il maschio e la femmina. – Nel mondovegetale questi due principii sono, ora separati ora unitiin un solo individuo; ma nel regno animale (salvo alcuniesseri molto imperfettamente organizzati ed occupanti ipiù bassi gradini della scala zoologica) ogni specie con-sta d’individui femmine e d’individui maschi. Questo si-stema della doppia sessualità distribuita separatamentein ogni distinto individuo pare sia stato il mezzo miglio-re trovato dalla natura per la conservazione e la riprodu-zione delle specie. L’uomo e la donna, al paro di tutti glialtri animali superiori, non differiscono l’uno dall’altrase non per la sessualità e per alcuni caratteri accessori dipochissima importanza, come la voce, la villosità, laforza muscolare, ecc. Ciò nulla meno l’uomo che purenon è niente di più dissimile dalla donna di quello che losia il leone dalla leonessa, il colombo dalla colomba, ilserpe dalla serpe, ecc. ecc., sentendosi dotato di maggiorforza corporea pensò essere la forza la più eccellente trale qualità umane, e concepì per la sua compagna, menoforte di lui, un disprezzo che, in molte classi della socie-tà, dura ancora; per cui laddove la nascita di un bambinoè ricevuta con gioia, quella di una bambina è accoltacon una specie di sfavore, quando non è stimata una di-sgrazia addirittura; per cui il lavoro femminile, a paritàdi merito, è meno apprezzato epperò meno retribuito dellavoro maschile.

L’uomo trovandosi più forte, s’immaginò che l’intel-ligenza procedesse di pari passo colla forza ed aumen-tasse in ragione diretta di questa, cosicchè si credette an-

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due principii – il maschio e la femmina. – Nel mondovegetale questi due principii sono, ora separati ora unitiin un solo individuo; ma nel regno animale (salvo alcuniesseri molto imperfettamente organizzati ed occupanti ipiù bassi gradini della scala zoologica) ogni specie con-sta d’individui femmine e d’individui maschi. Questo si-stema della doppia sessualità distribuita separatamentein ogni distinto individuo pare sia stato il mezzo miglio-re trovato dalla natura per la conservazione e la riprodu-zione delle specie. L’uomo e la donna, al paro di tutti glialtri animali superiori, non differiscono l’uno dall’altrase non per la sessualità e per alcuni caratteri accessori dipochissima importanza, come la voce, la villosità, laforza muscolare, ecc. Ciò nulla meno l’uomo che purenon è niente di più dissimile dalla donna di quello che losia il leone dalla leonessa, il colombo dalla colomba, ilserpe dalla serpe, ecc. ecc., sentendosi dotato di maggiorforza corporea pensò essere la forza la più eccellente trale qualità umane, e concepì per la sua compagna, menoforte di lui, un disprezzo che, in molte classi della socie-tà, dura ancora; per cui laddove la nascita di un bambinoè ricevuta con gioia, quella di una bambina è accoltacon una specie di sfavore, quando non è stimata una di-sgrazia addirittura; per cui il lavoro femminile, a paritàdi merito, è meno apprezzato epperò meno retribuito dellavoro maschile.

L’uomo trovandosi più forte, s’immaginò che l’intel-ligenza procedesse di pari passo colla forza ed aumen-tasse in ragione diretta di questa, cosicchè si credette an-

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che più intelligente e, come tale, destinato a dirigereogni cosa e ad imperare sovra tutti gli esseri, compresa-vi la sua compagna. Stimandola tanto a sè inferiore pen-sò che fosse nata pel solo piacer suo e non avessecom’esso il diritto di disporre di se stessa, di vivere e re-golarsi secondo la propria volontà ed inclinazione. Si ar-rogò tutti i diritti e le impose tutti i doveri.

In seguito, trovando nella diversità, nel contrasto del-le cose alcunchè di armonico, di piacevole volle averenella donna un essere che totalmente da esso differen-ziasse, e diresse la sua educazione in questo senso. Par-vegli molto opportuna cosa l’accrescere la naturale dif-ferenza di forza, aumentando la propria col continuoesercizio che gli offrivano le frequenti guerre, le lunghemarcie; colla ginnastica, col pugilato, coi lavori deicampi, colla caccia, ecc., e diminuendo quella della don-na; costringendola ad una vita sedentaria sin dall’infan-zia (l’età in cui è tanto necessario il moto e l’esercizioper acquistare una vigorosa salute), condannandola almonotono lavoro dell’ago, continuamente seduta nelvano di una finestra dall’alba fino alla sera. Coll’andaredel tempo quest’educazione portò i suoi frutti. – La don-na divenne più debole e più sensibile; la sua costituzio-ne fisica si alterò, si fece più delicata. Dalla debolezzanacque la timidità, qualità di cui l’uomo assai si com-piacque perchè offriva alle nature grossolane e brutali,che sono per necessità tanto numerose, i mezzi di abusa-re sempre più del loro potere; ed alle nature generose,che sono sempre rare, porgeva occasione di protezione;

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che più intelligente e, come tale, destinato a dirigereogni cosa e ad imperare sovra tutti gli esseri, compresa-vi la sua compagna. Stimandola tanto a sè inferiore pen-sò che fosse nata pel solo piacer suo e non avessecom’esso il diritto di disporre di se stessa, di vivere e re-golarsi secondo la propria volontà ed inclinazione. Si ar-rogò tutti i diritti e le impose tutti i doveri.

In seguito, trovando nella diversità, nel contrasto del-le cose alcunchè di armonico, di piacevole volle averenella donna un essere che totalmente da esso differen-ziasse, e diresse la sua educazione in questo senso. Par-vegli molto opportuna cosa l’accrescere la naturale dif-ferenza di forza, aumentando la propria col continuoesercizio che gli offrivano le frequenti guerre, le lunghemarcie; colla ginnastica, col pugilato, coi lavori deicampi, colla caccia, ecc., e diminuendo quella della don-na; costringendola ad una vita sedentaria sin dall’infan-zia (l’età in cui è tanto necessario il moto e l’esercizioper acquistare una vigorosa salute), condannandola almonotono lavoro dell’ago, continuamente seduta nelvano di una finestra dall’alba fino alla sera. Coll’andaredel tempo quest’educazione portò i suoi frutti. – La don-na divenne più debole e più sensibile; la sua costituzio-ne fisica si alterò, si fece più delicata. Dalla debolezzanacque la timidità, qualità di cui l’uomo assai si com-piacque perchè offriva alle nature grossolane e brutali,che sono per necessità tanto numerose, i mezzi di abusa-re sempre più del loro potere; ed alle nature generose,che sono sempre rare, porgeva occasione di protezione;

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la quale genera per solito la riconoscenza e l’amore.A questa educazione fisica deprimente tenne dietro

un’analoga educazione intellettiva e morale. Dapprinci-pio nulla doveva la donna sapere; non le s’insegnava nèa scrivere nè a leggere. Più tardi imparò dell’alfabetosolo quanto bastava alla lettura delle sue preghiere e anotare gli oggetti di biancheria che consegnava al buca-to. Con un tal genere d’istruzione negativa era facilissi-mo farle credere tutto quello che si voleva. Allora si in-ventò per uso della donna una morale tutta speciale. Sicrearono delle virtù maschili e delle virtù femminili. Leprime furono il coraggio spinto sino alla temerità, sinoalla baldanza: la fierezza, la rigidità del carattere; l’osti-nazione che si chiamò fermezza; la nobile ambizione didistinguersi, di empire il mondo della propria fama; ildignitoso sentire di sè stesso. Infine, tutto ciò che lusin-gava l’amor proprio dell’uomo, che secondava le sue in-clinazioni dominatrici, il suo istinto belligero fu stimatovirtù maschile e, per contro, la timidezza, la rassegna-zione, la dolcezza e pieghevolezza del carattere, l’obbe-dienza, la sommissione all’altrui volere, la modestia, ilpudore, il silenzio, la disposizione al sacrificio si disserovirtù che convenivano eminentemente alla donna. E tan-to si perdurò in questo sistema da far parere naturale,non solo agli occhi del volgo ma a quelli pur anco dellepersone colte, ciò che altro non è se non un mero effettodell’educazione.

Si riuscì, per tal modo, ad avere nella donna enell’uomo due contrasti viventi; due nature direi quasi

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la quale genera per solito la riconoscenza e l’amore.A questa educazione fisica deprimente tenne dietro

un’analoga educazione intellettiva e morale. Dapprinci-pio nulla doveva la donna sapere; non le s’insegnava nèa scrivere nè a leggere. Più tardi imparò dell’alfabetosolo quanto bastava alla lettura delle sue preghiere e anotare gli oggetti di biancheria che consegnava al buca-to. Con un tal genere d’istruzione negativa era facilissi-mo farle credere tutto quello che si voleva. Allora si in-ventò per uso della donna una morale tutta speciale. Sicrearono delle virtù maschili e delle virtù femminili. Leprime furono il coraggio spinto sino alla temerità, sinoalla baldanza: la fierezza, la rigidità del carattere; l’osti-nazione che si chiamò fermezza; la nobile ambizione didistinguersi, di empire il mondo della propria fama; ildignitoso sentire di sè stesso. Infine, tutto ciò che lusin-gava l’amor proprio dell’uomo, che secondava le sue in-clinazioni dominatrici, il suo istinto belligero fu stimatovirtù maschile e, per contro, la timidezza, la rassegna-zione, la dolcezza e pieghevolezza del carattere, l’obbe-dienza, la sommissione all’altrui volere, la modestia, ilpudore, il silenzio, la disposizione al sacrificio si disserovirtù che convenivano eminentemente alla donna. E tan-to si perdurò in questo sistema da far parere naturale,non solo agli occhi del volgo ma a quelli pur anco dellepersone colte, ciò che altro non è se non un mero effettodell’educazione.

Si riuscì, per tal modo, ad avere nella donna enell’uomo due contrasti viventi; due nature direi quasi

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eterogenee; due tipi opposti come l’acqua ed il fuoco, lospirito e la materia, la gioia e il dolore, e via dicendo; ilcui stato normale è una perpetua lotta che la stessa mu-tua attrazione è impotente a spegnere. – La donna fu lapoesia, l’ideale; l’uomo fu la prosa, il reale. La donnarappresentò la passività; l’uomo l’attività. La donna sifece l’angelo di pace, d’amore, di perdono; l’uomo fuchiamato fulmine di guerra, demone della vendetta.All’una la dolcezza, la grazia, il sentimento, all’altro laseverità, la fredda ragione (quando non è il volubile ca-priccio). L’uomo si crea da sè il proprio destino, la don-na deve accettare o subire quello che all’uomo piaced’imporle. L’uomo può essere ciò che vuole; la donnadeve essere ciò che al suo padrone piace che ella sia.All’uomo le occupazioni serie, i forti studii; all’altra leoccupazioni frivole, gli studii geniali del disegno, dellamusica, della danza. L’uomo è soggetto alla ragione,alla giustizia, e più sovente ancora alle proprie passioni;la donna è soggetta ai voleri dell’uomo. L’uno è libero,l’altra è schiava. All’uno la scienza, all’altra la fede.All’uno le distinzioni, i titoli, gli onori, la gloria;all’altra il ritiro, il silenzio delle domestiche pareti, i sa-crifizi ignorati. All’uomo l’aria libera, lo spazio, ilmoto, la luce, tutte le emozioni di una vita avventurosa esvariata; alla donna il tristo isolamento, la monotonia,l’ombra, il lungo aspettare. L’uomo cammina a frontealta in qualsiasi luogo ed in ogni circostanza; la donnadeve camminare con gli occhi bassi, come un colpevole,chè la modestia gliene fa un dovere. È permesso

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eterogenee; due tipi opposti come l’acqua ed il fuoco, lospirito e la materia, la gioia e il dolore, e via dicendo; ilcui stato normale è una perpetua lotta che la stessa mu-tua attrazione è impotente a spegnere. – La donna fu lapoesia, l’ideale; l’uomo fu la prosa, il reale. La donnarappresentò la passività; l’uomo l’attività. La donna sifece l’angelo di pace, d’amore, di perdono; l’uomo fuchiamato fulmine di guerra, demone della vendetta.All’una la dolcezza, la grazia, il sentimento, all’altro laseverità, la fredda ragione (quando non è il volubile ca-priccio). L’uomo si crea da sè il proprio destino, la don-na deve accettare o subire quello che all’uomo piaced’imporle. L’uomo può essere ciò che vuole; la donnadeve essere ciò che al suo padrone piace che ella sia.All’uomo le occupazioni serie, i forti studii; all’altra leoccupazioni frivole, gli studii geniali del disegno, dellamusica, della danza. L’uomo è soggetto alla ragione,alla giustizia, e più sovente ancora alle proprie passioni;la donna è soggetta ai voleri dell’uomo. L’uno è libero,l’altra è schiava. All’uno la scienza, all’altra la fede.All’uno le distinzioni, i titoli, gli onori, la gloria;all’altra il ritiro, il silenzio delle domestiche pareti, i sa-crifizi ignorati. All’uomo l’aria libera, lo spazio, ilmoto, la luce, tutte le emozioni di una vita avventurosa esvariata; alla donna il tristo isolamento, la monotonia,l’ombra, il lungo aspettare. L’uomo cammina a frontealta in qualsiasi luogo ed in ogni circostanza; la donnadeve camminare con gli occhi bassi, come un colpevole,chè la modestia gliene fa un dovere. È permesso

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all’uomo di farsi ammirare, l’escire dalla folla e mettersiin evidenza salendo sopra un piedistallo; la donna deveeclissarsi, evitare che si parli di lei sia in bene che inmale, deve tenersi celata, occupare il minor spazio pos-sibile, affinchè l’uomo possa meglio muoversi a tuttosuo agio. In verità si direbbe che il nascer donna sia undisonore, un’onta, una colpa da doversi espiare a forzad’umiliazioni, di rassegnazione, di pazienza e senza maipotervi riuscire! Perciò, mentre tra gli uomini il deboleed il forte vengono considerati eguali, e sono entrambisoggetti alle medesime leggi, alla medesima morale,all’onore medesimo, ad una ragione ed una giustiziamedesima, la donna si è lasciata dar ad intendere che ol-tre ad essere, ovvero, per essere più debole dell’uomo,essa appartiene ad un’altra natura (natura inferiore al piùbasso, al più vile, al più tristo degli uomini, per cui deveessere retta da speciali e più severe leggi, soggetta aduna diversa giustizia, a due sorta di morali, a due onoridiversi, il maschile ed il femminile ad un tempo, sotto-posta a particolari rigorosissimi doveri senza verun di-ritto corrispondente. La politica non la riguarda. La li-bertà che tanto l’uomo ha in pregio, e per cui sparge ilproprio sangue fino all’ultima goccia, è cosa che non ladeve punto interessare. Che il mondo cammini per dirit-to o per rovescio; regni in esso la giustizia o la forza, lalegge o un potere arbitrario, nulla di tutto questo devealla donna importare. Il suo posto, la sua società, il suomondo è la casa paterna o maritale; casa di cui quasimai è regina, come sembrano credere i poeti, e nella

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all’uomo di farsi ammirare, l’escire dalla folla e mettersiin evidenza salendo sopra un piedistallo; la donna deveeclissarsi, evitare che si parli di lei sia in bene che inmale, deve tenersi celata, occupare il minor spazio pos-sibile, affinchè l’uomo possa meglio muoversi a tuttosuo agio. In verità si direbbe che il nascer donna sia undisonore, un’onta, una colpa da doversi espiare a forzad’umiliazioni, di rassegnazione, di pazienza e senza maipotervi riuscire! Perciò, mentre tra gli uomini il deboleed il forte vengono considerati eguali, e sono entrambisoggetti alle medesime leggi, alla medesima morale,all’onore medesimo, ad una ragione ed una giustiziamedesima, la donna si è lasciata dar ad intendere che ol-tre ad essere, ovvero, per essere più debole dell’uomo,essa appartiene ad un’altra natura (natura inferiore al piùbasso, al più vile, al più tristo degli uomini, per cui deveessere retta da speciali e più severe leggi, soggetta aduna diversa giustizia, a due sorta di morali, a due onoridiversi, il maschile ed il femminile ad un tempo, sotto-posta a particolari rigorosissimi doveri senza verun di-ritto corrispondente. La politica non la riguarda. La li-bertà che tanto l’uomo ha in pregio, e per cui sparge ilproprio sangue fino all’ultima goccia, è cosa che non ladeve punto interessare. Che il mondo cammini per dirit-to o per rovescio; regni in esso la giustizia o la forza, lalegge o un potere arbitrario, nulla di tutto questo devealla donna importare. Il suo posto, la sua società, il suomondo è la casa paterna o maritale; casa di cui quasimai è regina, come sembrano credere i poeti, e nella

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maggior parte dei casi è invece l’umile ancella. Or bene,tutto ciò è falso, erroneo, irragionevole, iniquo, perni-cioso all’uomo come alla donna. Non vi è bisogno alcu-no di essere forte o intelligente, o dotto, o saggio, o edu-cato, per aver diritto alla libertà. Tutti gli uomini dal piùdegno al più tristo, sono liberi ed uguali tra loro. Ledonne devono, allo stesso titolo, essere libere e sovra unpiede di perfetta eguaglianza cogli uomini, per questosolo motivo che sono anche esse dotate di volontà, dispontaneità al pari di tutti gli altri esseri viventi: perchèla libertà è un bisogno, e quando una volontà non è libe-ra, ma si trova vincolata da un’altra, vi è un individuoche soffre ed un altro che si arroga più che non gli spet-ta. Ogni individuo, a qualunque sesso appartenga, deveavere la sua giusta e uguale dose di libertà limitata sol-tanto da quella di un altro; la sua dose di responsabilità,senza la quale non vi può essere, nè moralità, nè onore,nè dignità, nè virtù di sorta. La donna ha diritto al pienoe legittimo possesso della sua persona perchè è un indi-viduo distinto, completo, che può stare da sè senza unir-si all’uomo, e vivere ciò non di meno felice, rendersiutile alla patria, alla società, all’umanità, come l’uomopuò stare, ed è un individuo completo anche senza unirsialla donna, del che abbiamo numerosi esempi. La donnaha diritto quanto l’uomo alla scienza, alla credenza delvero perchè è quanto esso intelligente, morale e ragione-vole. Ha diritto a tutto ciò cui ha diritto l’uomo, perquanto strano questo possa sembrare, perchè una sola èla morale, una la giustizia, una la ragione, uno l’onore.

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maggior parte dei casi è invece l’umile ancella. Or bene,tutto ciò è falso, erroneo, irragionevole, iniquo, perni-cioso all’uomo come alla donna. Non vi è bisogno alcu-no di essere forte o intelligente, o dotto, o saggio, o edu-cato, per aver diritto alla libertà. Tutti gli uomini dal piùdegno al più tristo, sono liberi ed uguali tra loro. Ledonne devono, allo stesso titolo, essere libere e sovra unpiede di perfetta eguaglianza cogli uomini, per questosolo motivo che sono anche esse dotate di volontà, dispontaneità al pari di tutti gli altri esseri viventi: perchèla libertà è un bisogno, e quando una volontà non è libe-ra, ma si trova vincolata da un’altra, vi è un individuoche soffre ed un altro che si arroga più che non gli spet-ta. Ogni individuo, a qualunque sesso appartenga, deveavere la sua giusta e uguale dose di libertà limitata sol-tanto da quella di un altro; la sua dose di responsabilità,senza la quale non vi può essere, nè moralità, nè onore,nè dignità, nè virtù di sorta. La donna ha diritto al pienoe legittimo possesso della sua persona perchè è un indi-viduo distinto, completo, che può stare da sè senza unir-si all’uomo, e vivere ciò non di meno felice, rendersiutile alla patria, alla società, all’umanità, come l’uomopuò stare, ed è un individuo completo anche senza unirsialla donna, del che abbiamo numerosi esempi. La donnaha diritto quanto l’uomo alla scienza, alla credenza delvero perchè è quanto esso intelligente, morale e ragione-vole. Ha diritto a tutto ciò cui ha diritto l’uomo, perquanto strano questo possa sembrare, perchè una sola èla morale, una la giustizia, una la ragione, uno l’onore.

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Tutto ciò che è permesso all’uomo dev’esserlo parimen-te alla donna, come tutto ciò che è vietato alla donna, severamente giusto è il divieto, lo dev’essere ancheall’uomo. Il male ed il bene, sì fisico che morale, nonhanno, non conoscono, non sono d’alcun sesso. Tuttociò che merita davvero il nome di virtù conviene ad en-trambi, e ciò che è riconosciuto immorale, se propria-mente è tale, non se lo devono permettere nè l’uno nèl’altra. È tempo ormai che si cessi dall’usare due pesi edue misure, o qualora si persistesse a credere necessariauna distinzione tra i sessi (cosa che noi non possiamo inverun modo ammettere) la giustizia esigerebbe assoluta-mente che le prerogative, le preferenze, i riguardi, lamaggiore tolleranza della legge, come della Società fos-sero in favore del più debole e la severità, il rigore deicodici, dei tribunali, della pubblica opinione, si adope-rassero contro il più forte e non già tutto il contrariocome si è sempre praticato ed ancora si pratica.

II.L’educazione eguale per entrambi

La donna non è, per natura, per nulla inferioreall’uomo, salvo che nella forza fisica. Il suo posto è dap-pertutto dove è quello dell’uomo, suo fratello, suo ami-co, suo compagno, suo consorte. La sua via è quella me-desima da esso lui percorsa; la sua missione anzi tutto èquella di rendersi felice, purchè non sia a detrimento

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Tutto ciò che è permesso all’uomo dev’esserlo parimen-te alla donna, come tutto ciò che è vietato alla donna, severamente giusto è il divieto, lo dev’essere ancheall’uomo. Il male ed il bene, sì fisico che morale, nonhanno, non conoscono, non sono d’alcun sesso. Tuttociò che merita davvero il nome di virtù conviene ad en-trambi, e ciò che è riconosciuto immorale, se propria-mente è tale, non se lo devono permettere nè l’uno nèl’altra. È tempo ormai che si cessi dall’usare due pesi edue misure, o qualora si persistesse a credere necessariauna distinzione tra i sessi (cosa che noi non possiamo inverun modo ammettere) la giustizia esigerebbe assoluta-mente che le prerogative, le preferenze, i riguardi, lamaggiore tolleranza della legge, come della Società fos-sero in favore del più debole e la severità, il rigore deicodici, dei tribunali, della pubblica opinione, si adope-rassero contro il più forte e non già tutto il contrariocome si è sempre praticato ed ancora si pratica.

II.L’educazione eguale per entrambi

La donna non è, per natura, per nulla inferioreall’uomo, salvo che nella forza fisica. Il suo posto è dap-pertutto dove è quello dell’uomo, suo fratello, suo ami-co, suo compagno, suo consorte. La sua via è quella me-desima da esso lui percorsa; la sua missione anzi tutto èquella di rendersi felice, purchè non sia a detrimento

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d’alcuno; poscia quella di cooperare alla felicità deglialtri, nè più nè meno di quanto può e deve fare l’uomo.Aventi entrambi le stesse passioni, gli stessi bisogni, glistessi desiderii; destinati a vivere della medesima vita;sensibilissimi l’uno e l’altra al biasimo e alla lode, al di-sprezzo come all’onore; necessitati a stimarsi reciproca-mente per potersi amare, essi devono, onde corrisponde-re a questo santo scopo di comprendersi, piacersi, aiu-tarsi, consolarsi, lavorare insieme, godere le medesimegioie, unirsi finalmente e trovare in questa unione laloro felicità; essi devono, dico, ricevere la medesimaeducazione, sì dal lato fisico come da quello intellettua-le e morale. È duopo siano soggetti alle stesse leggi, ob-bediscano alla stessa morale, acquistino le stesse idee,attinte dalla sacra fonte del Vero; si considerino in tuttoe per tutto eguali, come si considerano eguali, si stima-no e s’amano due amici o due amiche sebbene talvoltadissimili tra di loro. – È mestieri perchè regni fra i sessiquella buona armonia tanto necessaria alla felicità dellefamiglie (e che altro non fu insino ad ora che un pio de-siderio o si produsse soltanto in microscopiche propor-zioni) che essi si avvicinino in luogo di allontanarsil’uno dall’altra, come fecero sin qui fuorviati da una fal-sa educazione. È necessario ispirar loro possibilmente imedesimi gusti, le medesime abitudini; insegnar loro imedesimi diritti e doveri reciproci, la stessa verità, lastessa logica. È necessario coltivare nella donna, unita-mente alle facoltà reputate femminili, anche quelle ma-schili (non i vizii s’intende) e nell’uomo, insieme alle

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d’alcuno; poscia quella di cooperare alla felicità deglialtri, nè più nè meno di quanto può e deve fare l’uomo.Aventi entrambi le stesse passioni, gli stessi bisogni, glistessi desiderii; destinati a vivere della medesima vita;sensibilissimi l’uno e l’altra al biasimo e alla lode, al di-sprezzo come all’onore; necessitati a stimarsi reciproca-mente per potersi amare, essi devono, onde corrisponde-re a questo santo scopo di comprendersi, piacersi, aiu-tarsi, consolarsi, lavorare insieme, godere le medesimegioie, unirsi finalmente e trovare in questa unione laloro felicità; essi devono, dico, ricevere la medesimaeducazione, sì dal lato fisico come da quello intellettua-le e morale. È duopo siano soggetti alle stesse leggi, ob-bediscano alla stessa morale, acquistino le stesse idee,attinte dalla sacra fonte del Vero; si considerino in tuttoe per tutto eguali, come si considerano eguali, si stima-no e s’amano due amici o due amiche sebbene talvoltadissimili tra di loro. – È mestieri perchè regni fra i sessiquella buona armonia tanto necessaria alla felicità dellefamiglie (e che altro non fu insino ad ora che un pio de-siderio o si produsse soltanto in microscopiche propor-zioni) che essi si avvicinino in luogo di allontanarsil’uno dall’altra, come fecero sin qui fuorviati da una fal-sa educazione. È necessario ispirar loro possibilmente imedesimi gusti, le medesime abitudini; insegnar loro imedesimi diritti e doveri reciproci, la stessa verità, lastessa logica. È necessario coltivare nella donna, unita-mente alle facoltà reputate femminili, anche quelle ma-schili (non i vizii s’intende) e nell’uomo, insieme alle

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facoltà così dette maschili, anche le femminili (non già idifetti).

Come si vede, non è l’educazione femminile soltantoche, a mio credere, ha d’uopo di riforma ma quella ma-schile eziandio. Bisogna rendere la donna, il più che siapossibile, simile all’uomo, ma non già all’uomo vizioso,libertino, giuocatore, bevitore, insolente, villano, ovve-ro, pedante, presuntuoso, arrogante, ostinato, sentenzio-so, caparbio, no, certo; ma all’uomo civile, garbato, ri-spettoso, affabile, compiacente; e l’uomo affinchè possaessere il degno ed amabile compagno di quell’esseregentile, delicato, sensibile che è, o si ritiene che sia, ladonna, deve spogliarsi quanto più possa della sua fierez-za nativa o acquisita; ingentilirsi, coltivare, invece dicombattere, il sentimento, procacciarsi modi cortesi, lin-guaggio più decente, più castigato; una maggior delica-tezza di sentire ed una buona metà di tutta quella dose dimodestia e di pudore che ora pesa così strabocchevol-mente, così irrazionalmente nell’educazione della don-na. Se la modestia ed il pudore sono virtù, e su ciò noncade alcun dubbio, non lo sono però che a patto di noneccedere, di restare nei loro giusti limiti, ed in quantosono virtù convengono perfettamente all’uomo comealla donna, i quali non hanno per nulla bisogno di con-servare i loro vizi e difetti per continuare ad appartenereal rispettivo loro sesso. Tal cosa non ci sembra strana senon perchè non vi siamo abituati. – Io vorrei dunque (edinsisto pensatamente sovra un tal punto, perchè lo credod’un’importanza massima e d’una verità incontestabile)

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facoltà così dette maschili, anche le femminili (non già idifetti).

Come si vede, non è l’educazione femminile soltantoche, a mio credere, ha d’uopo di riforma ma quella ma-schile eziandio. Bisogna rendere la donna, il più che siapossibile, simile all’uomo, ma non già all’uomo vizioso,libertino, giuocatore, bevitore, insolente, villano, ovve-ro, pedante, presuntuoso, arrogante, ostinato, sentenzio-so, caparbio, no, certo; ma all’uomo civile, garbato, ri-spettoso, affabile, compiacente; e l’uomo affinchè possaessere il degno ed amabile compagno di quell’esseregentile, delicato, sensibile che è, o si ritiene che sia, ladonna, deve spogliarsi quanto più possa della sua fierez-za nativa o acquisita; ingentilirsi, coltivare, invece dicombattere, il sentimento, procacciarsi modi cortesi, lin-guaggio più decente, più castigato; una maggior delica-tezza di sentire ed una buona metà di tutta quella dose dimodestia e di pudore che ora pesa così strabocchevol-mente, così irrazionalmente nell’educazione della don-na. Se la modestia ed il pudore sono virtù, e su ciò noncade alcun dubbio, non lo sono però che a patto di noneccedere, di restare nei loro giusti limiti, ed in quantosono virtù convengono perfettamente all’uomo comealla donna, i quali non hanno per nulla bisogno di con-servare i loro vizi e difetti per continuare ad appartenereal rispettivo loro sesso. Tal cosa non ci sembra strana senon perchè non vi siamo abituati. – Io vorrei dunque (edinsisto pensatamente sovra un tal punto, perchè lo credod’un’importanza massima e d’una verità incontestabile)

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che l’uomo e la donna per avvicinarsi varcassero la di-stanza che li divide metà per uno e non fosse la donnasola a fare tutta la strada, e ciò è tanto più necessario inquantochè la schiavitù della donna fu cagione chel’uomo oltrepassasse i limiti ragionevoli della libertà ecamminasse dritto dritto, senza neppure avvederseneverso la licenza. La cosa del resto è ovvia e naturalissi-ma; non si può creare uno schiavo senza che tosto facciacapolino un tiranno. – Schiavitù e tirannia sono insepa-rabili compagne.

Il mio ideale della donna non è già, mi giova ripeter-lo, ch’essa diventi simile all’uomo come egli è al giornod’oggi ma bensì simile all’uomo rispettoso e rispettabiledell’avvenire, vale a dire, quando sarà maggiormente in-gentilito ed incivilito.

Lo so bene che si sorriderà, con un’alzatina di spallepiena di compassione, al sentirmi dire che il benessereumano richiede che l’uomo e la donna si somiglino perpotersi amare e rendere felici, ciò che ora non possonofare o fanno solo momentaneamente; si dirà che io vo-glio rifare il mondo, creare la donna-uomo e l’uomo-donna. Nulla è più facile che impossessarsi di un sog-getto serio e farne una parodia o una caricatura, ma civuole ben altro a intimorirmi e farmi desistere dal pro-clamare la verità, o ciò che a me pare la verità, che ilsorriso ironico del disprezzo. Sogghignare, burlare,schernire non è rispondere, e dopo aver dato tempo aquei lettori che avessero per avventura voglia di ridere,di sfogarsi a loro bell’agio, riprendo il mio dire, chè la

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che l’uomo e la donna per avvicinarsi varcassero la di-stanza che li divide metà per uno e non fosse la donnasola a fare tutta la strada, e ciò è tanto più necessario inquantochè la schiavitù della donna fu cagione chel’uomo oltrepassasse i limiti ragionevoli della libertà ecamminasse dritto dritto, senza neppure avvederseneverso la licenza. La cosa del resto è ovvia e naturalissi-ma; non si può creare uno schiavo senza che tosto facciacapolino un tiranno. – Schiavitù e tirannia sono insepa-rabili compagne.

Il mio ideale della donna non è già, mi giova ripeter-lo, ch’essa diventi simile all’uomo come egli è al giornod’oggi ma bensì simile all’uomo rispettoso e rispettabiledell’avvenire, vale a dire, quando sarà maggiormente in-gentilito ed incivilito.

Lo so bene che si sorriderà, con un’alzatina di spallepiena di compassione, al sentirmi dire che il benessereumano richiede che l’uomo e la donna si somiglino perpotersi amare e rendere felici, ciò che ora non possonofare o fanno solo momentaneamente; si dirà che io vo-glio rifare il mondo, creare la donna-uomo e l’uomo-donna. Nulla è più facile che impossessarsi di un sog-getto serio e farne una parodia o una caricatura, ma civuole ben altro a intimorirmi e farmi desistere dal pro-clamare la verità, o ciò che a me pare la verità, che ilsorriso ironico del disprezzo. Sogghignare, burlare,schernire non è rispondere, e dopo aver dato tempo aquei lettori che avessero per avventura voglia di ridere,di sfogarsi a loro bell’agio, riprendo il mio dire, chè la

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verità, dopo i loro motteggi, sta loro dinanzi ferma, im-pavida, incrollabile, armata di tutto punto come lo eraprima; per cui se la volessero assalire di bel nuovo, io liconsiglierei a provvedersi di altre e migliori armi, forni-te dall’arsenale della ragione. Il ridicolo è un’arma co-moda, invero, facile a maneggiarsi, alla portata di tuttima ha lo svantaggio di spuntarsi al più piccolo urto con-tro la verità.

Nel mondo, pur troppo, non si ride quasi mai di ciòche è veramente ridicolo, ma si ride piuttosto di ciò chenon si è soliti a vedere o a sentire. Accade nel mondomorale come nel così detto, mondo della moda. Un so-prabito, una mantellina, un cappello, un oggetto di ve-stiario qualunque, sia pur esagerato, ridicolo, contrarioallo scopo che si prefigge, incomodo, dannoso anchealla salute, si accetta, si prende in sul serio, gli si fabuon viso finchè dura il capriccio che lo creò. Uno vi siabitua tosto perchè si vede generalmente adottato. Sitrova bello, grazioso, di buon genere. Ma se ad alcunocadesse in mente di vestirsi secondo il proprio gusto,adottando foggie diverse da quelle da tutti usitate, an-corchè tali foggie fossero razionali, più igieniche ed an-che di un gusto più artistico tutti lo guarderebbero conisgradevole senso di sorpresa e, segnandolo a dito, conriso beffardo lo chiamerebbero originale, pazzo, ridicoloe tutto ciò pel semplice motivo che l’occhio non è av-vezzo a quelle tali foggie, a quei tali colori. Nel mondomorale una nuova verità è sempre la mal capitata e pro-duce in noi il ridicolo e in un disgustoso effetto che pro-

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verità, dopo i loro motteggi, sta loro dinanzi ferma, im-pavida, incrollabile, armata di tutto punto come lo eraprima; per cui se la volessero assalire di bel nuovo, io liconsiglierei a provvedersi di altre e migliori armi, forni-te dall’arsenale della ragione. Il ridicolo è un’arma co-moda, invero, facile a maneggiarsi, alla portata di tuttima ha lo svantaggio di spuntarsi al più piccolo urto con-tro la verità.

Nel mondo, pur troppo, non si ride quasi mai di ciòche è veramente ridicolo, ma si ride piuttosto di ciò chenon si è soliti a vedere o a sentire. Accade nel mondomorale come nel così detto, mondo della moda. Un so-prabito, una mantellina, un cappello, un oggetto di ve-stiario qualunque, sia pur esagerato, ridicolo, contrarioallo scopo che si prefigge, incomodo, dannoso anchealla salute, si accetta, si prende in sul serio, gli si fabuon viso finchè dura il capriccio che lo creò. Uno vi siabitua tosto perchè si vede generalmente adottato. Sitrova bello, grazioso, di buon genere. Ma se ad alcunocadesse in mente di vestirsi secondo il proprio gusto,adottando foggie diverse da quelle da tutti usitate, an-corchè tali foggie fossero razionali, più igieniche ed an-che di un gusto più artistico tutti lo guarderebbero conisgradevole senso di sorpresa e, segnandolo a dito, conriso beffardo lo chiamerebbero originale, pazzo, ridicoloe tutto ciò pel semplice motivo che l’occhio non è av-vezzo a quelle tali foggie, a quei tali colori. Nel mondomorale una nuova verità è sempre la mal capitata e pro-duce in noi il ridicolo e in un disgustoso effetto che pro-

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durrebbe, in pubblico passeggio, la vista d’un uomo od’una donna che portasse in capo, verbigrazia, il lungoberretto a punta, contrassegno degli stregoni o altra stra-nezza di simil genere. È questo un inconveniente inevi-tabile e la verità se ne dà pace ma non indietreggia peròper così poco. Essa sta ferma, resiste, persiste e tardi otosto finisce sempre per trionfare. Le verità d’ordinemorale si trovano aver di fronte per soprappiù, oltre alleinveterate abitudini, il timore che siano pericolose, con-trarie alla morale o che so io? Laonde nessuna meravi-glia se riesce loro tanto difficile l’ottenere l’adesionedelle moltitudini.

Quale scandalo non deve aver suscitato fra i suoi con-temporanei il primo uomo di cuore che, non essendoschiavo, osò dire apertamente che la schiavitù era unaistituzione iniqua, ingiusta, contraria alle leggi di natura,nei tempi in cui era da tutti creduta una istituzione divi-na? Oggidì è disapprovata da tutto il mondo.

Quanto chiasso non si fece; quante risa non si udiro-no; da quali fischi non fu accompagnata la prima voceche osò far sentire quelle strane parole, stupite di trovar-si per la prima volta insieme; emancipazione femminile!Tale verità è lungi dall’essere generalmente approvatama le parole che la esprimono non ci suonano piùall’orecchio così strane, così ingrate come altra volta.Gli è che la verità si fa strada, s’insinua poco per volta,s’infiltra nella mente colla lentezza della goccia d’acquache cadendo sempre nello stesso luogo giunge a scavarela lapide. Ora però il suo moto si va accelerando, dacchè

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durrebbe, in pubblico passeggio, la vista d’un uomo od’una donna che portasse in capo, verbigrazia, il lungoberretto a punta, contrassegno degli stregoni o altra stra-nezza di simil genere. È questo un inconveniente inevi-tabile e la verità se ne dà pace ma non indietreggia peròper così poco. Essa sta ferma, resiste, persiste e tardi otosto finisce sempre per trionfare. Le verità d’ordinemorale si trovano aver di fronte per soprappiù, oltre alleinveterate abitudini, il timore che siano pericolose, con-trarie alla morale o che so io? Laonde nessuna meravi-glia se riesce loro tanto difficile l’ottenere l’adesionedelle moltitudini.

Quale scandalo non deve aver suscitato fra i suoi con-temporanei il primo uomo di cuore che, non essendoschiavo, osò dire apertamente che la schiavitù era unaistituzione iniqua, ingiusta, contraria alle leggi di natura,nei tempi in cui era da tutti creduta una istituzione divi-na? Oggidì è disapprovata da tutto il mondo.

Quanto chiasso non si fece; quante risa non si udiro-no; da quali fischi non fu accompagnata la prima voceche osò far sentire quelle strane parole, stupite di trovar-si per la prima volta insieme; emancipazione femminile!Tale verità è lungi dall’essere generalmente approvatama le parole che la esprimono non ci suonano piùall’orecchio così strane, così ingrate come altra volta.Gli è che la verità si fa strada, s’insinua poco per volta,s’infiltra nella mente colla lentezza della goccia d’acquache cadendo sempre nello stesso luogo giunge a scavarela lapide. Ora però il suo moto si va accelerando, dacchè

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nell’America già si comincia a mettere in pratica e dàtali risultati da far rimanere a bocca aperta per lo stuporetutti quelli che l’avversavano e la credevano impossibileo sovvertitrice della società come della domestica quie-te.

I fatti parlano alto nè si possono far tacere.Riprendendo la mia tesi sostengo di bel nuovo che

l’uomo e la donna ond’essere giusti, liberi e felici devo-no, per così dire, unificarsi, fondersi insieme, prendendociascuno dall’altro tutto quanto vi trova di buono ed eli-minando quanto di cattivo può contenere.

Davvero non si comprende come abbiasi per tantotempo potuto credere che il contrasto fra persone chia-mate a vivere insieme, nella maggior intimità possibile,potesse mai generare l’amore, la pace, la concordia, lafelicità; e tanto maggiormente le generasse quanto piùfosse desso forte, spiccato, deciso. Il contrasto, il chiaro-scuro, il forte piano, sono cose di un bellissimo effettoapplicati ad un quadro, ad un pezzo di musica, in unacomposizione poetica, in un dramma scenico, in un ro-manzo perchè tutte queste cose sono destinate a dilettarel’occhio e l’orecchio, a tener desta l’attenzione, a com-movere in più sensi il cuore degli spettatori, o a solleti-care gradevolmente il senso artistico di un pubblico di-sposto a divertirsi alcune ore, ma creare il contrasto tral’uomo e la donna, tra marito e moglie, e crearlo peramore di quell’armonia, che per tal mezzo appunto si di-strugge, è cosa tanto strana, tanto illogica, tanto assurdada riescire propriamente incomprensibile. A che giova

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nell’America già si comincia a mettere in pratica e dàtali risultati da far rimanere a bocca aperta per lo stuporetutti quelli che l’avversavano e la credevano impossibileo sovvertitrice della società come della domestica quie-te.

I fatti parlano alto nè si possono far tacere.Riprendendo la mia tesi sostengo di bel nuovo che

l’uomo e la donna ond’essere giusti, liberi e felici devo-no, per così dire, unificarsi, fondersi insieme, prendendociascuno dall’altro tutto quanto vi trova di buono ed eli-minando quanto di cattivo può contenere.

Davvero non si comprende come abbiasi per tantotempo potuto credere che il contrasto fra persone chia-mate a vivere insieme, nella maggior intimità possibile,potesse mai generare l’amore, la pace, la concordia, lafelicità; e tanto maggiormente le generasse quanto piùfosse desso forte, spiccato, deciso. Il contrasto, il chiaro-scuro, il forte piano, sono cose di un bellissimo effettoapplicati ad un quadro, ad un pezzo di musica, in unacomposizione poetica, in un dramma scenico, in un ro-manzo perchè tutte queste cose sono destinate a dilettarel’occhio e l’orecchio, a tener desta l’attenzione, a com-movere in più sensi il cuore degli spettatori, o a solleti-care gradevolmente il senso artistico di un pubblico di-sposto a divertirsi alcune ore, ma creare il contrasto tral’uomo e la donna, tra marito e moglie, e crearlo peramore di quell’armonia, che per tal mezzo appunto si di-strugge, è cosa tanto strana, tanto illogica, tanto assurdada riescire propriamente incomprensibile. A che giova

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dunque l’esperienza, questa eterna maestra dei popoli,se dopo tanti e tanti secoli non impariamo mai nulla e citroviamo sempre allo stesso punto o presso a poco? In-vano essa ci grida che siamo in una falsa via; che persi-stendo in essa noi non saremo mai, mai felici. Inutili in-segnamenti! Siamo infelici questo lo riconosciamo; ilmatrimonio è un legame indissolubile, una catena di fer-ro che vincola insieme la maggior parte di noi, uomini edonne, con nodi sì stretti e tenaci da farci spesso parago-nare il domicilio coniugale ad una galera; le leggi che ri-guardano la donna sono stimate ingiuste da tutti quelliche pensano ed hanno un cuore che sente; la posizionedella donna nella società, nella famiglia è umiliante edolorosa, sì; tutto questo è vero, ma che ci possiamofare? Pretenderemo noi di rifare il mondo? Invano sen-tiamo nel più profondo dell’anima nostra un bisognoistintivo, prepotente, invincibile, incessante di benesse-re, di felicità; si preferisce, calunniando la natura e lavita, credere che esse ci danno dei bisogni senza i mezzidi soddisfarli, piuttosto che convenire di esserenell’errore, d’aver sbagliato strada.

La famiglia non è, nè può in verun modo considerar-si, come un quadro, un’ode, una composizione musica-le, una produzione teatrale, una creazione fantastica de-stinata a dilettare gli astanti, ma è un’istituzione, i di cuifattori principali sono due esseri che vivono, agiscono,sentono, vogliono e pensano. Sono come due istromentiche prima di unire i loro suoni, è duopo siano messi cia-scuno in perfetto accordo onde poi armonizzare insie-

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dunque l’esperienza, questa eterna maestra dei popoli,se dopo tanti e tanti secoli non impariamo mai nulla e citroviamo sempre allo stesso punto o presso a poco? In-vano essa ci grida che siamo in una falsa via; che persi-stendo in essa noi non saremo mai, mai felici. Inutili in-segnamenti! Siamo infelici questo lo riconosciamo; ilmatrimonio è un legame indissolubile, una catena di fer-ro che vincola insieme la maggior parte di noi, uomini edonne, con nodi sì stretti e tenaci da farci spesso parago-nare il domicilio coniugale ad una galera; le leggi che ri-guardano la donna sono stimate ingiuste da tutti quelliche pensano ed hanno un cuore che sente; la posizionedella donna nella società, nella famiglia è umiliante edolorosa, sì; tutto questo è vero, ma che ci possiamofare? Pretenderemo noi di rifare il mondo? Invano sen-tiamo nel più profondo dell’anima nostra un bisognoistintivo, prepotente, invincibile, incessante di benesse-re, di felicità; si preferisce, calunniando la natura e lavita, credere che esse ci danno dei bisogni senza i mezzidi soddisfarli, piuttosto che convenire di esserenell’errore, d’aver sbagliato strada.

La famiglia non è, nè può in verun modo considerar-si, come un quadro, un’ode, una composizione musica-le, una produzione teatrale, una creazione fantastica de-stinata a dilettare gli astanti, ma è un’istituzione, i di cuifattori principali sono due esseri che vivono, agiscono,sentono, vogliono e pensano. Sono come due istromentiche prima di unire i loro suoni, è duopo siano messi cia-scuno in perfetto accordo onde poi armonizzare insie-

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me; chè diversamente se uno suona in un tuono e l’altroin un tuono diverso; oppure, se l’uno suona nel modomaggiore e l’altro nel modo minore, non l’armonia pro-durranno ma un’orribile confusione di suoni discordanti,un vero caos, una specie di linguaggio babelico. Perchèdunque ostinarsi a volere la donna gentile, timida, rasse-gnata, poetica, sentimentale, vaporosa, leggiera, volubi-le, nervosa, tenera, proclive alla pietà, al perdono, casta,modesta, pudica, amante del ritiro, pronta al sacrifizio,imbevuta di idee retrograde, di viete credenze, che perun nulla cade in deliquio, e l’uomo, per contro, audace,ambizioso, intraprendente, prosaico, calcolatore, positi-vo, autorevole, grave, serio, irremovibile nei suoi propo-siti, esigente, propenso alla severità, al rigore; liberale inpolitica e dispotico in famiglia, spirito-forte, spregiudi-cato, indipendente e, per finirla, egoista, benchè soventesenza saperlo? Non è egli chiaro come il pien meriggioche due esseri siffatti non potranno accordarsi mai? Chenon avranno nè le stesse idee, nè gli stessi desiderii, nèun’uguale maniera di considerare le cose, nè gusti che sisomiglino e che, se vogliono pure accordarsi un tantino,sono costretti a fare sacrifizi su sacrifizi, sì da una parteche dall’altra, se sono entrambi ragionevoli (cosa assairara) o da una parte sola, quella del più debole se seguo-no l’uso comune. Sacrifizi questi non richiesti dalla na-tura ma da una sbagliata educazione.

La famiglia è creata (o lo dovrebb’essere) per renderefelici le persone che la compongono e non già per dilet-to di spettatori che non esistono, nè in vista del benesse-

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me; chè diversamente se uno suona in un tuono e l’altroin un tuono diverso; oppure, se l’uno suona nel modomaggiore e l’altro nel modo minore, non l’armonia pro-durranno ma un’orribile confusione di suoni discordanti,un vero caos, una specie di linguaggio babelico. Perchèdunque ostinarsi a volere la donna gentile, timida, rasse-gnata, poetica, sentimentale, vaporosa, leggiera, volubi-le, nervosa, tenera, proclive alla pietà, al perdono, casta,modesta, pudica, amante del ritiro, pronta al sacrifizio,imbevuta di idee retrograde, di viete credenze, che perun nulla cade in deliquio, e l’uomo, per contro, audace,ambizioso, intraprendente, prosaico, calcolatore, positi-vo, autorevole, grave, serio, irremovibile nei suoi propo-siti, esigente, propenso alla severità, al rigore; liberale inpolitica e dispotico in famiglia, spirito-forte, spregiudi-cato, indipendente e, per finirla, egoista, benchè soventesenza saperlo? Non è egli chiaro come il pien meriggioche due esseri siffatti non potranno accordarsi mai? Chenon avranno nè le stesse idee, nè gli stessi desiderii, nèun’uguale maniera di considerare le cose, nè gusti che sisomiglino e che, se vogliono pure accordarsi un tantino,sono costretti a fare sacrifizi su sacrifizi, sì da una parteche dall’altra, se sono entrambi ragionevoli (cosa assairara) o da una parte sola, quella del più debole se seguo-no l’uso comune. Sacrifizi questi non richiesti dalla na-tura ma da una sbagliata educazione.

La famiglia è creata (o lo dovrebb’essere) per renderefelici le persone che la compongono e non già per dilet-to di spettatori che non esistono, nè in vista del benesse-

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re o dell’interesse di un solo membro di essa, il così det-to, capo di casa, il paterfamigliæ. A torto si crede chenella educazione dei figli, al padre convenga la severitàed alla madre la mitigante indulgenza. Sì l’una chel’altra devono usarsi da entrambi i coniugi, di comuneaccordo e secondo le circostanze, ma non è per nullaedificante nè profittevole il vedere in un dato caso il pa-dre, troppo esigente, castigare il figlio e la madre com-passionevole accordargli di soppiatto quello che gli erastato dal padre inesorabilmente negato, il che avvienefrequentemente. È questo un esempio su mille consimilied anche peggiori, dei disastrosi effetti del contrasto,che si trova così bello e poetico tra marito e moglie, trail padre e la madre e che io invece vedo essere cagionedi lotte, di discordie, di collisioni, di sofferenze infinite.

Di questo disordine se ne risente, gli è vero, anchel’uomo ma siccome, e per la sua forza muscolare, e perl’autorità che gli conferisce la legge, e per l’uso secolareche egli ha del comando, il suo volere la vince quasisempre su quello della sua compagna, egli tollera facil-mente gli effetti di questo contrasto. Non così la donnache, sebbene persuasa essere in sua triste sorte un’inevi-tabile necessità di natura, pure ne soffre assai e talora nemuore, senza pur dare un lamento perchè, schiava di unfalso dovere, crede neppur questo le sia concesso.

Io non dico che in tutte le famiglie regni la discordia.Sono anzi d’avviso esservene di quelle in cui regna unacerta eguaglianza relativa, una certa libertà che le rende,se non veramente felici come lo potrebbero e dovrebbe-

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re o dell’interesse di un solo membro di essa, il così det-to, capo di casa, il paterfamigliæ. A torto si crede chenella educazione dei figli, al padre convenga la severitàed alla madre la mitigante indulgenza. Sì l’una chel’altra devono usarsi da entrambi i coniugi, di comuneaccordo e secondo le circostanze, ma non è per nullaedificante nè profittevole il vedere in un dato caso il pa-dre, troppo esigente, castigare il figlio e la madre com-passionevole accordargli di soppiatto quello che gli erastato dal padre inesorabilmente negato, il che avvienefrequentemente. È questo un esempio su mille consimilied anche peggiori, dei disastrosi effetti del contrasto,che si trova così bello e poetico tra marito e moglie, trail padre e la madre e che io invece vedo essere cagionedi lotte, di discordie, di collisioni, di sofferenze infinite.

Di questo disordine se ne risente, gli è vero, anchel’uomo ma siccome, e per la sua forza muscolare, e perl’autorità che gli conferisce la legge, e per l’uso secolareche egli ha del comando, il suo volere la vince quasisempre su quello della sua compagna, egli tollera facil-mente gli effetti di questo contrasto. Non così la donnache, sebbene persuasa essere in sua triste sorte un’inevi-tabile necessità di natura, pure ne soffre assai e talora nemuore, senza pur dare un lamento perchè, schiava di unfalso dovere, crede neppur questo le sia concesso.

Io non dico che in tutte le famiglie regni la discordia.Sono anzi d’avviso esservene di quelle in cui regna unacerta eguaglianza relativa, una certa libertà che le rende,se non veramente felici come lo potrebbero e dovrebbe-

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ro essere, almeno tollerabilissime. Grazie al cielo, nontutti i mariti si valgono di tutti i diritti che loro accordala legge; ma giova però far osservare che una gran quan-tità di famiglie, ove sembrano regnare la pace e la con-cordia, sono calme, tranquille, silenziose solo perchè ladonna vi è annichilita. Essa non è più; si rassegna a tut-to: soffre, tace e la pace, l’ordine vi regnano allora sì;ma è la pace del sepolcro; è l’ordine di Venezia. L’ele-mento che più soffre e si ribella è vinto, distrutto. Nonvi è più discordia o disarmonia perchè uno dei due stru-menti è ridotto al silenzio. Tale, o presso a poco, dovevaessere l’ordine della tanto decantata famiglia patriarcale.

III.La donna e l’amore.

Nessuna donna, per poco che sia istruita, può credereomai di essere creata pei soli bisogni dell’uomo. Essaconosce ormai che i due sessi sono egualmente necessa-rii, egualmente indispensabili, egualmente importantisia nella famiglia che nella società. Sa che se la donna ècreata per l’uomo, questi è del pari creato per la donna:che l’umanità non può sussistere senza l’uno come sen-za l’altra. – Si dice che la donna è nata specialmente perl’amore, ed in appoggio a questa opinione una celebredonna (M.ma de Staël) ebbe a dire che l’amore è tuttonella vita della donna ed un semplice episodio in quelladell’uomo. Ignoro quanta parte di vero si contenga in

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ro essere, almeno tollerabilissime. Grazie al cielo, nontutti i mariti si valgono di tutti i diritti che loro accordala legge; ma giova però far osservare che una gran quan-tità di famiglie, ove sembrano regnare la pace e la con-cordia, sono calme, tranquille, silenziose solo perchè ladonna vi è annichilita. Essa non è più; si rassegna a tut-to: soffre, tace e la pace, l’ordine vi regnano allora sì;ma è la pace del sepolcro; è l’ordine di Venezia. L’ele-mento che più soffre e si ribella è vinto, distrutto. Nonvi è più discordia o disarmonia perchè uno dei due stru-menti è ridotto al silenzio. Tale, o presso a poco, dovevaessere l’ordine della tanto decantata famiglia patriarcale.

III.La donna e l’amore.

Nessuna donna, per poco che sia istruita, può credereomai di essere creata pei soli bisogni dell’uomo. Essaconosce ormai che i due sessi sono egualmente necessa-rii, egualmente indispensabili, egualmente importantisia nella famiglia che nella società. Sa che se la donna ècreata per l’uomo, questi è del pari creato per la donna:che l’umanità non può sussistere senza l’uno come sen-za l’altra. – Si dice che la donna è nata specialmente perl’amore, ed in appoggio a questa opinione una celebredonna (M.ma de Staël) ebbe a dire che l’amore è tuttonella vita della donna ed un semplice episodio in quelladell’uomo. Ignoro quanta parte di vero si contenga in

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questo detto ma, anche ammettendone tutta la verità,non posso a meno di osservare che ciò si deve all’educa-zione; alla mancanza di coltura della ragione nella don-na, per cui l’immaginazione ed il sentimento si vantag-giano di tutto quello che essa perde; alla monotonia del-la sua vita, delle sue occupazioni; alla ristrettezza dellesue idee tutte concentrate nella sua sola famiglia, macon una diversa educazione, sotto un regime di perfettaeguaglianza questo fatto non si produrrebbe più.

L’amore è in natura pel bene, per la felicità di tutti;non è privilegio d’alcun sesso. Chi ama, ha bisogno, peressere felice, di sentirsi corrisposto di altrettanto amoree ciò non potrebbe aver luogo se la donna amasse piùdell’uomo. I sessi sono uguali nell’amore come in ognialtra cosa.

La donna, si dice ancora, dev’essere la consolatricedell’uomo, la gioia della famiglia, l’angelo del domesti-co focolare, ed altre frasi di questo genere. Che l’uomoprovi il desiderio di essere consolato dalla donna è cosache si comprende assai bene, ma che tale desiderio sitrasformi in diritto e crei nella donna un dovere è ciòche ci conviene primieramente esaminare.

L’uomo, in generale, lavora, fatica, suda e sembracosa naturalissima, ragionevolissima che rientrando incasa dagli ufficii, dal banco, dalla bottega, dall’officina,dai campi egli ami di trovare nella sua abitazione una te-nera compagna che festevole gli vada incontro e sorri-dendogli dolcemente gli faccia dimenticare le pene e lenoie di un lavoro quasi sempre ingrato. Questo è vero e

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questo detto ma, anche ammettendone tutta la verità,non posso a meno di osservare che ciò si deve all’educa-zione; alla mancanza di coltura della ragione nella don-na, per cui l’immaginazione ed il sentimento si vantag-giano di tutto quello che essa perde; alla monotonia del-la sua vita, delle sue occupazioni; alla ristrettezza dellesue idee tutte concentrate nella sua sola famiglia, macon una diversa educazione, sotto un regime di perfettaeguaglianza questo fatto non si produrrebbe più.

L’amore è in natura pel bene, per la felicità di tutti;non è privilegio d’alcun sesso. Chi ama, ha bisogno, peressere felice, di sentirsi corrisposto di altrettanto amoree ciò non potrebbe aver luogo se la donna amasse piùdell’uomo. I sessi sono uguali nell’amore come in ognialtra cosa.

La donna, si dice ancora, dev’essere la consolatricedell’uomo, la gioia della famiglia, l’angelo del domesti-co focolare, ed altre frasi di questo genere. Che l’uomoprovi il desiderio di essere consolato dalla donna è cosache si comprende assai bene, ma che tale desiderio sitrasformi in diritto e crei nella donna un dovere è ciòche ci conviene primieramente esaminare.

L’uomo, in generale, lavora, fatica, suda e sembracosa naturalissima, ragionevolissima che rientrando incasa dagli ufficii, dal banco, dalla bottega, dall’officina,dai campi egli ami di trovare nella sua abitazione una te-nera compagna che festevole gli vada incontro e sorri-dendogli dolcemente gli faccia dimenticare le pene e lenoie di un lavoro quasi sempre ingrato. Questo è vero e

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lo ammettiamo pienamente. Se la donna riposa placida-mente e si gode ozii beati nella propria casa mentrel’uomo lavora; se per casa sono tutte le rose della vita ele spine sono tutte per l’uomo è certo che ad essa in-combe il dovere di consolarlo (semprechè egli abbia di-sposizione ad essere consolato e non entri in casa di pes-simo umore: chè s’egli rientra, non solamente stanco dicorpo, ma arrabbiato, colla bestemmia sul labro, prontoa lagnarsi di tutto, a trovar tutto cattivo; insommacoll’animo mal disposto, come non di rado avviene, ildovere della donna diventa allora oltremodo difficile pernon dire impossibile.) Ma se poi la donna invece di ri-posare, come abbiamo supposto, lavora, fatica e penaanch’essa quanto l’uomo; se prende parte anch’essa aiduri lavori dei campi, se passa anch’essa la giornata inun’officina; se sta lunghe e lunghe ore seduta coll’agotra le dita; se lavandaia, sarta, stiratrice, cameriera, cuo-ca, negoziante, maestra, ecc., ecc., lavora anch’essa nonmeno assiduamente dell’uomo; anzi, lavora più ancora,perchè quando l’uomo ha terminato la sua giornata ha lasera per riposare, ma la donna, terminato un lavoro neincomincia un altro. Essa prepara il pranzo e la cena, ri-pulisce le stoviglie, ha cura dei bimbi, li pone a letto, so-vente veglia alcune ore della notte per rammendare labiancheria, provvedere di calze il marito, i figli e sestessa. Se, dico, fa tutto questo; se soffre più di lui a ca-gione della maternità, chi dei due avrà più bisogno diconsolazione, di conforto, di un’amorevole parola? Iodirei che fosse la donna, ma siccome non mi si vorrà, lo

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lo ammettiamo pienamente. Se la donna riposa placida-mente e si gode ozii beati nella propria casa mentrel’uomo lavora; se per casa sono tutte le rose della vita ele spine sono tutte per l’uomo è certo che ad essa in-combe il dovere di consolarlo (semprechè egli abbia di-sposizione ad essere consolato e non entri in casa di pes-simo umore: chè s’egli rientra, non solamente stanco dicorpo, ma arrabbiato, colla bestemmia sul labro, prontoa lagnarsi di tutto, a trovar tutto cattivo; insommacoll’animo mal disposto, come non di rado avviene, ildovere della donna diventa allora oltremodo difficile pernon dire impossibile.) Ma se poi la donna invece di ri-posare, come abbiamo supposto, lavora, fatica e penaanch’essa quanto l’uomo; se prende parte anch’essa aiduri lavori dei campi, se passa anch’essa la giornata inun’officina; se sta lunghe e lunghe ore seduta coll’agotra le dita; se lavandaia, sarta, stiratrice, cameriera, cuo-ca, negoziante, maestra, ecc., ecc., lavora anch’essa nonmeno assiduamente dell’uomo; anzi, lavora più ancora,perchè quando l’uomo ha terminato la sua giornata ha lasera per riposare, ma la donna, terminato un lavoro neincomincia un altro. Essa prepara il pranzo e la cena, ri-pulisce le stoviglie, ha cura dei bimbi, li pone a letto, so-vente veglia alcune ore della notte per rammendare labiancheria, provvedere di calze il marito, i figli e sestessa. Se, dico, fa tutto questo; se soffre più di lui a ca-gione della maternità, chi dei due avrà più bisogno diconsolazione, di conforto, di un’amorevole parola? Iodirei che fosse la donna, ma siccome non mi si vorrà, lo

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prevedo, concedere, mi limiterò a dire che entrambi la-vorano e soffrono; che la vita è dura e faticosa pel mag-gior numero, tanto all’uomo che alla donna; per cui ilmeglio che possono fare è di amarsi, aiutarsi, consolarsie compatirsi a vicenda. – È tempo che cessino alfinequeste rancide idee, figlie dell’egoismo maschile (egoi-smo involontario, inconscio, istintivo, voglio crederlo) evengano poste in onore idee più eque, più giuste, più ra-zionali. In passato non s’era sentita che la vocedell’uomo, non si conoscevano che le sue ragioni.S’ascolti d’ora innanzi anche la voce femminile; sia le-cito anche alla donna il dire le sue ragioni.

Noi neghiamo decisamente all’uomo il diritto di edu-care la donna secondo il proprio interesse, bene o maleinteso che sia; d’imporle altri doveri tranne quelli cheincombono ad ogni essere ragionevole; di tracciarle lavia che deve seguire; d’insegnarle quale sia la sua mis-sione sulla terra; d’assegnarle il posto che deve occupa-re nella famiglia e nella società. Ad essa, ad essa soltan-to spetta il decidere su tutto quanto la concerne ed è tan-to ingiusto che l’uomo sentenzii di quanto convenga onon convenga alla donna quanto lo sarebbe se, invertitele parti, la donna pretendesse di voler decidere, non solodi quello che essa può e deve fare (cosa che sarebbe ra-gionevolissima) ma eziandio di quello che possa e deb-ba fare l’uomo. L’abitudine è quella che sola ci fa parereingiusta e ridicola la seconda e ragionevole e saggia laprima di queste cose, ma l’ingiustizia e il ridicolo sonoeguali in entrambe. Noi neghiamo all’uomo il diritto di

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prevedo, concedere, mi limiterò a dire che entrambi la-vorano e soffrono; che la vita è dura e faticosa pel mag-gior numero, tanto all’uomo che alla donna; per cui ilmeglio che possono fare è di amarsi, aiutarsi, consolarsie compatirsi a vicenda. – È tempo che cessino alfinequeste rancide idee, figlie dell’egoismo maschile (egoi-smo involontario, inconscio, istintivo, voglio crederlo) evengano poste in onore idee più eque, più giuste, più ra-zionali. In passato non s’era sentita che la vocedell’uomo, non si conoscevano che le sue ragioni.S’ascolti d’ora innanzi anche la voce femminile; sia le-cito anche alla donna il dire le sue ragioni.

Noi neghiamo decisamente all’uomo il diritto di edu-care la donna secondo il proprio interesse, bene o maleinteso che sia; d’imporle altri doveri tranne quelli cheincombono ad ogni essere ragionevole; di tracciarle lavia che deve seguire; d’insegnarle quale sia la sua mis-sione sulla terra; d’assegnarle il posto che deve occupa-re nella famiglia e nella società. Ad essa, ad essa soltan-to spetta il decidere su tutto quanto la concerne ed è tan-to ingiusto che l’uomo sentenzii di quanto convenga onon convenga alla donna quanto lo sarebbe se, invertitele parti, la donna pretendesse di voler decidere, non solodi quello che essa può e deve fare (cosa che sarebbe ra-gionevolissima) ma eziandio di quello che possa e deb-ba fare l’uomo. L’abitudine è quella che sola ci fa parereingiusta e ridicola la seconda e ragionevole e saggia laprima di queste cose, ma l’ingiustizia e il ridicolo sonoeguali in entrambe. Noi neghiamo all’uomo il diritto di

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predicarci una morale rigida e severa mentre egli obbe-disce ad una diversa morale più larga, facile e compia-cente. Noi vogliamo tutte e tutti obbedire ad una moralesola, la vera e che non ci venga imposta da nessuno mache sia coscienziosamente, liberamente da noi cercatacolla nostra ragione unita a quella dell’uomo; vogliamotrovarla di comune accordo. Vogliamo che cessiquell’antagonismo che esiste ed ha esistito sempre tral’uomo e la donna; vogliamo essere le amiche non le av-versarie sue, ed è necessario per questo che cessiamouna volta dai rimbrotti e dalle accuse, dal chiamarciscambievolmente infedeli, volubili, leggieri, incostanti,traditori e traditrici, mancatori e mancatrici di fede inamore.

In una delle scorse sere si discorreva, in una conver-sazione intima di quattro persone (due donne e due uo-mini) della virtù ed onestà della donna. La padrona dicasa chiese ad un signore quante donne sopra cento opi-nava vi fossero veramente oneste e fedeli al proprio ma-rito e si ebbe in risposta – cinquanta. – L’altro protestòche era troppo e ne ammise solo trenta. La suddetta si-gnora chiese nuovamente quanti uomini, sopra un ugualnumero, credevano ve ne fossero, egualmente fedeli allapropria moglie. Ebbero la lodevole, l’ammirabile fran-chezza di rispondere che, su cento uomini, cento e diecialmeno erano infedeli. È vero però che tale franchezzanon costò loro molta fatica poichè ridevano nel farequesta confessione, mentre una donna avrebbe scelto disprofondare sotterra, io credo, prima di confessare simili

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predicarci una morale rigida e severa mentre egli obbe-disce ad una diversa morale più larga, facile e compia-cente. Noi vogliamo tutte e tutti obbedire ad una moralesola, la vera e che non ci venga imposta da nessuno mache sia coscienziosamente, liberamente da noi cercatacolla nostra ragione unita a quella dell’uomo; vogliamotrovarla di comune accordo. Vogliamo che cessiquell’antagonismo che esiste ed ha esistito sempre tral’uomo e la donna; vogliamo essere le amiche non le av-versarie sue, ed è necessario per questo che cessiamouna volta dai rimbrotti e dalle accuse, dal chiamarciscambievolmente infedeli, volubili, leggieri, incostanti,traditori e traditrici, mancatori e mancatrici di fede inamore.

In una delle scorse sere si discorreva, in una conver-sazione intima di quattro persone (due donne e due uo-mini) della virtù ed onestà della donna. La padrona dicasa chiese ad un signore quante donne sopra cento opi-nava vi fossero veramente oneste e fedeli al proprio ma-rito e si ebbe in risposta – cinquanta. – L’altro protestòche era troppo e ne ammise solo trenta. La suddetta si-gnora chiese nuovamente quanti uomini, sopra un ugualnumero, credevano ve ne fossero, egualmente fedeli allapropria moglie. Ebbero la lodevole, l’ammirabile fran-chezza di rispondere che, su cento uomini, cento e diecialmeno erano infedeli. È vero però che tale franchezzanon costò loro molta fatica poichè ridevano nel farequesta confessione, mentre una donna avrebbe scelto disprofondare sotterra, io credo, prima di confessare simili

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cose. E gli uomini glie ne fanno una colpa, la diconofinta, simulatrice senza pensare che la loro sincerità, dicui menano sì gran vanto, è una conseguenza naturaledella loro usurpata supremazia. Chi può fare ciò chevuole non ha bisogno alcuno di fingere e di mentire; manon così quello i cui diritti sono disconosciuti e dipendeda altri. Tuttavia vogliamo tener conto della loro fran-chezza. Io che credo, col più profondo convincimento,all’eguaglianza assoluta dei sessi, non mi posso in nes-sun modo persuadere che l’uno debba essere più fedele,più onesto, più morale dell’altro. Ammetto bensì che visiano assai più donne oneste e fedeli che uomini, ma ciòattribuisco alla diversità della loro educazione; alle leggispeciali cui sono soggette; alla pressione che su di esseesercita l’opinione pubblica la quale, in perfetto accordoin questo col codice, copre di disprezzo, di vergogna, didisonore la donna che non sa conservarsi casta e fedelementre leggi, educazione, opinione pubblica sembranogareggiare tra loro di tolleranza verso l’uomo, e si direb-be quasi che incoraggino persino in esso, non solocoll’impunità ma col loro plauso, lo straripamento diquelle stesse passioni delle quali la più lieve soddisfa-zione disonora la donna per tutta la vita e la pone persempre al bando dalla società della gente onesta.

A che giova illuderci? Che vale il dire: l’amore deveessere costante per essere degno di rispetto? Abbiamoun bel da fare; possiamo arrovellarci a nostra posta noinon riusciremo mai a rendere stabile l’amore, special-mente poi con mezzi coercitivi. Si vuole l’amore libero

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cose. E gli uomini glie ne fanno una colpa, la diconofinta, simulatrice senza pensare che la loro sincerità, dicui menano sì gran vanto, è una conseguenza naturaledella loro usurpata supremazia. Chi può fare ciò chevuole non ha bisogno alcuno di fingere e di mentire; manon così quello i cui diritti sono disconosciuti e dipendeda altri. Tuttavia vogliamo tener conto della loro fran-chezza. Io che credo, col più profondo convincimento,all’eguaglianza assoluta dei sessi, non mi posso in nes-sun modo persuadere che l’uno debba essere più fedele,più onesto, più morale dell’altro. Ammetto bensì che visiano assai più donne oneste e fedeli che uomini, ma ciòattribuisco alla diversità della loro educazione; alle leggispeciali cui sono soggette; alla pressione che su di esseesercita l’opinione pubblica la quale, in perfetto accordoin questo col codice, copre di disprezzo, di vergogna, didisonore la donna che non sa conservarsi casta e fedelementre leggi, educazione, opinione pubblica sembranogareggiare tra loro di tolleranza verso l’uomo, e si direb-be quasi che incoraggino persino in esso, non solocoll’impunità ma col loro plauso, lo straripamento diquelle stesse passioni delle quali la più lieve soddisfa-zione disonora la donna per tutta la vita e la pone persempre al bando dalla società della gente onesta.

A che giova illuderci? Che vale il dire: l’amore deveessere costante per essere degno di rispetto? Abbiamoun bel da fare; possiamo arrovellarci a nostra posta noinon riusciremo mai a rendere stabile l’amore, special-mente poi con mezzi coercitivi. Si vuole l’amore libero

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sia una colpa, un peccato ma, giusti Dei! come mai nonsi comprende che l’amore è la cosa più libera che siasulla terra? La costanza nell’amore è una gran bella cosae credo che questo miracolo diventerà forse possibilecol tempo, quando la donna e l’uomo saranno resi per-fettamente eguali e come tali considerati da più secoli,ma se la costanza sarà veramente dimostrata necessariaalla morale epperò possibile, converrà anzi tutto ch’ellasia libera, non forzata. La morale non ci può chiederenulla d’impossibile. Allorquando essa richiede da noi al-cun sacrifizio gli è solo per ricambiarcelo con beni mag-giori. Le leggi morali sono facili perchè non hanno altroscopo che la nostra felicità; e quelle che troviamo diffi-cili, tiranniche, e persino impraticabili sono figlie d’unafalsa morale. La vera, quella della natura è bella, buona,benefica, compiacente quanto l’altra è ripugnante, seve-ra, accigliata, inesorabile. Nell’attesa di quel tempo an-cora ben lontano in cui l’amore, da volubile si farà co-stante (se pur tal cosa è possibile) sarebbe, parmi, benfatto che uomini e donne ci compatissimo gli uni e le al-tre quei difetti che meglio si potrebbero dire necessitàdella nostra umana natura o per lo meno, di una naturamolto lungi ancora da quella perfezione cui siamo forsedestinati a conseguire.

Che l’incostanza nell’amore sia veramente una leggedella nostra presente natura è tal cosa che non ha biso-gno di dimostrazione. Che l’amore sia per necessità li-bero come l’aria; tanto libero che il solo tentativo di co-stringerlo ad obbedire lo uccide, è cosa del pari evidente

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sia una colpa, un peccato ma, giusti Dei! come mai nonsi comprende che l’amore è la cosa più libera che siasulla terra? La costanza nell’amore è una gran bella cosae credo che questo miracolo diventerà forse possibilecol tempo, quando la donna e l’uomo saranno resi per-fettamente eguali e come tali considerati da più secoli,ma se la costanza sarà veramente dimostrata necessariaalla morale epperò possibile, converrà anzi tutto ch’ellasia libera, non forzata. La morale non ci può chiederenulla d’impossibile. Allorquando essa richiede da noi al-cun sacrifizio gli è solo per ricambiarcelo con beni mag-giori. Le leggi morali sono facili perchè non hanno altroscopo che la nostra felicità; e quelle che troviamo diffi-cili, tiranniche, e persino impraticabili sono figlie d’unafalsa morale. La vera, quella della natura è bella, buona,benefica, compiacente quanto l’altra è ripugnante, seve-ra, accigliata, inesorabile. Nell’attesa di quel tempo an-cora ben lontano in cui l’amore, da volubile si farà co-stante (se pur tal cosa è possibile) sarebbe, parmi, benfatto che uomini e donne ci compatissimo gli uni e le al-tre quei difetti che meglio si potrebbero dire necessitàdella nostra umana natura o per lo meno, di una naturamolto lungi ancora da quella perfezione cui siamo forsedestinati a conseguire.

Che l’incostanza nell’amore sia veramente una leggedella nostra presente natura è tal cosa che non ha biso-gno di dimostrazione. Che l’amore sia per necessità li-bero come l’aria; tanto libero che il solo tentativo di co-stringerlo ad obbedire lo uccide, è cosa del pari evidente

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e non abbiamo che a guardarci d’intorno per essernepersuasi. Dove sono, quanti sono gli esempi d’amor co-stante? Si citano alcuni nomi – Eloisa ed Abelardo –Giulietta e Romeo – Ugo e Parisina – Paolo e Virginiaed altri ancora che ora non ricordo e che la storia ha re-gistrato come singolarità o rarità. Ma questi esempi checosa ci provano nella maggior parte dei casi? Poco onulla. Quasi tutti questi celebri ed infelici amori furonoimprovvisamente, violentemente troncati dalla morte enulla ci assicura che se avessero vissuto più a lungo o sifossero legittimati si sarebbero conservati sempre egualie sempre costanti. Che cosa guadagna la società; qualeutile ricavano la donna o l’uomo dalle continue recrimi-nazioni reciproche? Che giova che l’un sesso accusil’altro di volubilità, di capriccio, di galanteria, di legge-rezza, di gelosia, di mala fede, di tradimento mentre puòrivolgere a se stesso le medesime accuse? Non sarebbecento volte meglio riconoscere una buona volta che lavolubilità e l’instabilità sono i caratteri distintividell’amore, nell’uomo come nella donna? Non sarebbemeglio che, invece di accusarsi l’un l’altro si usassero isessi reciproca tolleranza e si contentassero di ammirarela costanza quando l’incontrano, senza volerla imporreforzatamente ad altri? I giuramenti di cui sono sì prodi-ghi e tanto si compiacciono gli amanti non sono cose daprendersi sul serio. Se avessero il potere di rendere sta-bile e durevole l’amore li approverei anch’io altamente,perchè ne comprenderei l’utilità ma dal momento chenon fanno nè freddo nè caldo, oppure ottengono l’effetto

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e non abbiamo che a guardarci d’intorno per essernepersuasi. Dove sono, quanti sono gli esempi d’amor co-stante? Si citano alcuni nomi – Eloisa ed Abelardo –Giulietta e Romeo – Ugo e Parisina – Paolo e Virginiaed altri ancora che ora non ricordo e che la storia ha re-gistrato come singolarità o rarità. Ma questi esempi checosa ci provano nella maggior parte dei casi? Poco onulla. Quasi tutti questi celebri ed infelici amori furonoimprovvisamente, violentemente troncati dalla morte enulla ci assicura che se avessero vissuto più a lungo o sifossero legittimati si sarebbero conservati sempre egualie sempre costanti. Che cosa guadagna la società; qualeutile ricavano la donna o l’uomo dalle continue recrimi-nazioni reciproche? Che giova che l’un sesso accusil’altro di volubilità, di capriccio, di galanteria, di legge-rezza, di gelosia, di mala fede, di tradimento mentre puòrivolgere a se stesso le medesime accuse? Non sarebbecento volte meglio riconoscere una buona volta che lavolubilità e l’instabilità sono i caratteri distintividell’amore, nell’uomo come nella donna? Non sarebbemeglio che, invece di accusarsi l’un l’altro si usassero isessi reciproca tolleranza e si contentassero di ammirarela costanza quando l’incontrano, senza volerla imporreforzatamente ad altri? I giuramenti di cui sono sì prodi-ghi e tanto si compiacciono gli amanti non sono cose daprendersi sul serio. Se avessero il potere di rendere sta-bile e durevole l’amore li approverei anch’io altamente,perchè ne comprenderei l’utilità ma dal momento chenon fanno nè freddo nè caldo, oppure ottengono l’effetto

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contrario, teniamoli per quel che valgono. Inutili finchèsi ama, insopportabili quando non si ama più.

Allorquando si ama è certamente assai doloroso ilnon essere più amati! ma abbiamo noi il diritto d’impor-re per questo ad altri la costanza, la fedeltà, l’amorequando ci sono dalla natura negati i mezzi di ciò ottene-re? Quando le stesse persone in cui si spegne l’amoresono impotenti a tenerlo acceso, per quanti sforzi essefacciano, ed anzi più si sforzano meno vi riescono?

Che l’amore sia in noi involontario come la gioia, ildolore, la paura, lo sdegno, l’ammirazione, infine, cometutti i sentimenti dell’animo nostro, non credo che alcu-no lo possa contestare. Se così non fosse, se ci potessi-mo innamorare come e quando vogliamo, chi sarebbecosì tristo e così stolto da volersi abbandonare ad amoriilleciti ed illegittimi? E quelle povere donne che sosten-gono lotte tanto lunghe e crudeli col proprio cuore perserbarsi fedeli alle leggi del dovere consentirebbero essea soffrire tanto, a versare tante lagrime, a sottomettersi atanti rimorsi, quando non escirono vittoriose tra l’amoree il dovere, se l’amare e il disamare fosse cosa volonta-ria? Chiedo scusa per aver tentato di provare ciò chenon ha bisogno alcuno di prova, essendo troppo eviden-te.

E se l’amore è involontario, come pretenderemo noicostringere altri ad amare forzatamente, quando le stesseparole amore e forza fanno a pugni tra loro? Come ose-remo punire un individuo che involontariamente ha ces-sato di amare? Perdere l’affetto d’una persona che si

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contrario, teniamoli per quel che valgono. Inutili finchèsi ama, insopportabili quando non si ama più.

Allorquando si ama è certamente assai doloroso ilnon essere più amati! ma abbiamo noi il diritto d’impor-re per questo ad altri la costanza, la fedeltà, l’amorequando ci sono dalla natura negati i mezzi di ciò ottene-re? Quando le stesse persone in cui si spegne l’amoresono impotenti a tenerlo acceso, per quanti sforzi essefacciano, ed anzi più si sforzano meno vi riescono?

Che l’amore sia in noi involontario come la gioia, ildolore, la paura, lo sdegno, l’ammirazione, infine, cometutti i sentimenti dell’animo nostro, non credo che alcu-no lo possa contestare. Se così non fosse, se ci potessi-mo innamorare come e quando vogliamo, chi sarebbecosì tristo e così stolto da volersi abbandonare ad amoriilleciti ed illegittimi? E quelle povere donne che sosten-gono lotte tanto lunghe e crudeli col proprio cuore perserbarsi fedeli alle leggi del dovere consentirebbero essea soffrire tanto, a versare tante lagrime, a sottomettersi atanti rimorsi, quando non escirono vittoriose tra l’amoree il dovere, se l’amare e il disamare fosse cosa volonta-ria? Chiedo scusa per aver tentato di provare ciò chenon ha bisogno alcuno di prova, essendo troppo eviden-te.

E se l’amore è involontario, come pretenderemo noicostringere altri ad amare forzatamente, quando le stesseparole amore e forza fanno a pugni tra loro? Come ose-remo punire un individuo che involontariamente ha ces-sato di amare? Perdere l’affetto d’una persona che si

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adora è un gran dolore, ma anche il vedersi rapire dallamorte l’oggetto di un ardente amore è dolore atroce,pure vi ci rassegniamo perchè sappiamo essere inutile ilprendercela con la natura e col destino più forte di noi.Perchè non rassegnarsi del paro alla sventura di non es-sere più amati, senza scagliare ingiurie, accuse, impre-cazioni, anatemi ad un nostro simile il quale, per quantosi studi e s’ingegni per far rivivere il primo affetto, siaccorge di non poterlo, e sente che la natura è la più for-te? Oh! Quanti delitti di meno novererebbe il mondo se,facendo uso della ragione più di frequente, s’imparassea discernere il facile dal difficile, il volontario dall’invo-lontario, il possibile dall’impossibile!

Il cieco furore, da cui sono invasi quasi tutti coloroche sono, o si credono traditi in amore, nasce dall’ideache fu loro fatto un torto, un torto grave e volontario.Quasichè un simile genere di tradimento, poichè tradi-mento si vuol chiamare, si commettesse proprio a bellostudio, pel solo gusto di far soffrire la persona che si tra-disce. La gelosia che si crede generalmente l’inseparabi-le compagna dell’amore è, per me, incompatibile affattocoll’idea che mi sono formato di questo sentimento divi-no. Vi è però nel mondo una specie di amore, così detto,il quale è un misto di vanità, di desiderio, di orgoglio, diegoismo, di furore, di gelosia, di ferocia persino. Amoreche, a mio credere, non merita questo santo nome ed èquello comunemente in uso. Amore che sente di barba-rismo a cento miglia di distanza; amore che, schiavodella gelosia, uccide la donna infedele o creduta tale. È

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adora è un gran dolore, ma anche il vedersi rapire dallamorte l’oggetto di un ardente amore è dolore atroce,pure vi ci rassegniamo perchè sappiamo essere inutile ilprendercela con la natura e col destino più forte di noi.Perchè non rassegnarsi del paro alla sventura di non es-sere più amati, senza scagliare ingiurie, accuse, impre-cazioni, anatemi ad un nostro simile il quale, per quantosi studi e s’ingegni per far rivivere il primo affetto, siaccorge di non poterlo, e sente che la natura è la più for-te? Oh! Quanti delitti di meno novererebbe il mondo se,facendo uso della ragione più di frequente, s’imparassea discernere il facile dal difficile, il volontario dall’invo-lontario, il possibile dall’impossibile!

Il cieco furore, da cui sono invasi quasi tutti coloroche sono, o si credono traditi in amore, nasce dall’ideache fu loro fatto un torto, un torto grave e volontario.Quasichè un simile genere di tradimento, poichè tradi-mento si vuol chiamare, si commettesse proprio a bellostudio, pel solo gusto di far soffrire la persona che si tra-disce. La gelosia che si crede generalmente l’inseparabi-le compagna dell’amore è, per me, incompatibile affattocoll’idea che mi sono formato di questo sentimento divi-no. Vi è però nel mondo una specie di amore, così detto,il quale è un misto di vanità, di desiderio, di orgoglio, diegoismo, di furore, di gelosia, di ferocia persino. Amoreche, a mio credere, non merita questo santo nome ed èquello comunemente in uso. Amore che sente di barba-rismo a cento miglia di distanza; amore che, schiavodella gelosia, uccide la donna infedele o creduta tale. È

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l’amore di Otello per Desdemona, di Lancillotto perFrancesca da Rimini, e di cento e cento altri i cui nomi èinutile citare perchè tutti li sanno.

Amore da selvaggi, da Pelli-rossi, da Ottentotti, nonmi stancherò mai di ripeterlo, e che dista dall’amor veroquanto la brutalità della vendetta dista dalla divinità delperdono. Si è mai veduta la gelosia raggiungere il suoscopo, quello cioè di riaccendere un affetto spento? Nonmai. Mai si videro felici quelli e quelle che s’abbando-narono alla furia della gelosia, e si diedero il triste pia-cere di vendicarsi. Si dirà che la passione non ragiona,ma io rispondo che l’educazione che non giunge a porreun freno alle passioni o ad ingentilirle, non merita ilnome di educazione. Povera umanità, se l’amore doves-se rimanere sempre quella trista e fatale passione ch’ellaè oggigiorno, la quale per un breve piacere ne dà centodolori! (a noi donne specialmente). Ma io credo nelbene, ho fede nella umana felicità, e sono certa che, al-loraquando il benefico influsso della donna sarà liberodi espandersi per ogni dove; alloraquando i due sessi,sotto l’impero della stessa morale, delle stesse leggi di-scuteranno assieme dei loro comuni interessi, da buoniamici e compagni che si guardano bene dall’offendersi edal ridere l’uno dell’altro perchè sanno che il burlarsidel suo simile è lo stesso che burlare sè medesimo; allo-raquando non esisterà più l’enorme mostruosità delledue morali, ma si saranno fuse assieme allargando al-quanto quella femminile e restringendo molto quellamaschile, sono certa, ripeto, che l’amore farà tali pro-

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l’amore di Otello per Desdemona, di Lancillotto perFrancesca da Rimini, e di cento e cento altri i cui nomi èinutile citare perchè tutti li sanno.

Amore da selvaggi, da Pelli-rossi, da Ottentotti, nonmi stancherò mai di ripeterlo, e che dista dall’amor veroquanto la brutalità della vendetta dista dalla divinità delperdono. Si è mai veduta la gelosia raggiungere il suoscopo, quello cioè di riaccendere un affetto spento? Nonmai. Mai si videro felici quelli e quelle che s’abbando-narono alla furia della gelosia, e si diedero il triste pia-cere di vendicarsi. Si dirà che la passione non ragiona,ma io rispondo che l’educazione che non giunge a porreun freno alle passioni o ad ingentilirle, non merita ilnome di educazione. Povera umanità, se l’amore doves-se rimanere sempre quella trista e fatale passione ch’ellaè oggigiorno, la quale per un breve piacere ne dà centodolori! (a noi donne specialmente). Ma io credo nelbene, ho fede nella umana felicità, e sono certa che, al-loraquando il benefico influsso della donna sarà liberodi espandersi per ogni dove; alloraquando i due sessi,sotto l’impero della stessa morale, delle stesse leggi di-scuteranno assieme dei loro comuni interessi, da buoniamici e compagni che si guardano bene dall’offendersi edal ridere l’uno dell’altro perchè sanno che il burlarsidel suo simile è lo stesso che burlare sè medesimo; allo-raquando non esisterà più l’enorme mostruosità delledue morali, ma si saranno fuse assieme allargando al-quanto quella femminile e restringendo molto quellamaschile, sono certa, ripeto, che l’amore farà tali pro-

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gressi che appena in oggi si possono prevedere.

IV.Abnegazione e Sacrifizio.

«La vita della donna deve essere una vita tutta di sa-grifizio, d’abnegazione» dicono i seguaci di un’anticascuola che ha fatto il suo tempo e sta per morire. Orbene, no. Noi non siamo più disposte di accettare ad oc-chi chiusi i vostri oracoli, o signori precettori. Noi vo-gliamo discutere, vogliamo ragionare prima di condi-scendere alle vostre sentenze da dittatore. Vogliamo esa-minare se quello che c’imponete come un dovere siatale veramente o nol sia; e la teoria del sagrifizio noi al-tamente la ripudiamo perchè contraria alla giustizia edalla ragione. Noi crediamo che ogni dovere (trannequelli derivanti dalla maternità) che non possa applicarsiall’uomo come alla donna sia un falso dovere. No, ladonna non è, più che nol sia l’uomo, nata al sagrifizio,all’abnegazione di sè stessa e della propria volontà.Nessun individuo è tenuto di sacrificarsi ad un altro, nètutta una metà dell’umano genere ha il dovere di sagrifi-carsi all’altra. Codesta antifona ci è stata cantata in tuttii tuoni; e uomini e donne, ingannati dalla loro falsa edu-cazione, fecero coro a così ingiusta massima.

Il sagrifizio d’un essere umano, a qualunque sesso ap-partenga, volontariamente compiuto a vantaggio di unaltro, desta a buon diritto la nostra ammirazione. È atto

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gressi che appena in oggi si possono prevedere.

IV.Abnegazione e Sacrifizio.

«La vita della donna deve essere una vita tutta di sa-grifizio, d’abnegazione» dicono i seguaci di un’anticascuola che ha fatto il suo tempo e sta per morire. Orbene, no. Noi non siamo più disposte di accettare ad oc-chi chiusi i vostri oracoli, o signori precettori. Noi vo-gliamo discutere, vogliamo ragionare prima di condi-scendere alle vostre sentenze da dittatore. Vogliamo esa-minare se quello che c’imponete come un dovere siatale veramente o nol sia; e la teoria del sagrifizio noi al-tamente la ripudiamo perchè contraria alla giustizia edalla ragione. Noi crediamo che ogni dovere (trannequelli derivanti dalla maternità) che non possa applicarsiall’uomo come alla donna sia un falso dovere. No, ladonna non è, più che nol sia l’uomo, nata al sagrifizio,all’abnegazione di sè stessa e della propria volontà.Nessun individuo è tenuto di sacrificarsi ad un altro, nètutta una metà dell’umano genere ha il dovere di sagrifi-carsi all’altra. Codesta antifona ci è stata cantata in tuttii tuoni; e uomini e donne, ingannati dalla loro falsa edu-cazione, fecero coro a così ingiusta massima.

Il sagrifizio d’un essere umano, a qualunque sesso ap-partenga, volontariamente compiuto a vantaggio di unaltro, desta a buon diritto la nostra ammirazione. È atto

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eroico, sublime; e quei generosi, uomini e donne, chespingono la virtù dell’amore sino al sagrifizio d’ogni piùcara cosa, pel bene dei loro simili, meritano tutta la no-stra riverenza ed il plauso universale. Onore alla fami-glia i di cui membri gareggiano tra loro d’amore, di vir-tù, di disinteresse, d’abnegazione, ma non commettasil’enormezza di stabilire come principio di morale che unindividuo debba sacrificarsi ad un altro; peggio ancorache tutto un sesso debba sacrificarsi al beneplacito, alleconvenienze dell’altro e, per colmo poi d’ingiustizia cheil sacrificato sia, in onta ad ogni legge morale, il sessopiù debole. Pretendere che tale sia il destino e la missio-ne della donna è una vera mostruosità, e tanto più enor-me apparisce ove si rifletta che tali massime di sagrifi-zio vengono imposte o insinuate alla donna, da chi? Daquelli stessi.... che ne profittano! Di più, siccome ognidovere è il corrispettivo di un diritto ne consegue che ildovere di sacrificarsi suppone in altri il diritto di esigereil sacrifizio e ciò ne basta per ripudiarlo.

Bella, seducente è la teoria del sacrifizio, almeno cosìa noi pare, perchè avvezze sin dalla culla a contemplarlada un lato solo, quello generoso del dovere, ma basta os-servarla dal lato opposto, cioè quello del diritto perchèessa ci si mostri altrettanto ributtante quanto bella ci ap-pariva dapprima.

La disposizione al sacrifizio è nobilissima quando èvolontaria, ma la dobbiamo in altri combattere con gliargomenti più persuasivi, non accettarla semplicemente,nè molto meno poi, ad arte, farla nascere.

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eroico, sublime; e quei generosi, uomini e donne, chespingono la virtù dell’amore sino al sagrifizio d’ogni piùcara cosa, pel bene dei loro simili, meritano tutta la no-stra riverenza ed il plauso universale. Onore alla fami-glia i di cui membri gareggiano tra loro d’amore, di vir-tù, di disinteresse, d’abnegazione, ma non commettasil’enormezza di stabilire come principio di morale che unindividuo debba sacrificarsi ad un altro; peggio ancorache tutto un sesso debba sacrificarsi al beneplacito, alleconvenienze dell’altro e, per colmo poi d’ingiustizia cheil sacrificato sia, in onta ad ogni legge morale, il sessopiù debole. Pretendere che tale sia il destino e la missio-ne della donna è una vera mostruosità, e tanto più enor-me apparisce ove si rifletta che tali massime di sagrifi-zio vengono imposte o insinuate alla donna, da chi? Daquelli stessi.... che ne profittano! Di più, siccome ognidovere è il corrispettivo di un diritto ne consegue che ildovere di sacrificarsi suppone in altri il diritto di esigereil sacrifizio e ciò ne basta per ripudiarlo.

Bella, seducente è la teoria del sacrifizio, almeno cosìa noi pare, perchè avvezze sin dalla culla a contemplarlada un lato solo, quello generoso del dovere, ma basta os-servarla dal lato opposto, cioè quello del diritto perchèessa ci si mostri altrettanto ributtante quanto bella ci ap-pariva dapprima.

La disposizione al sacrifizio è nobilissima quando èvolontaria, ma la dobbiamo in altri combattere con gliargomenti più persuasivi, non accettarla semplicemente,nè molto meno poi, ad arte, farla nascere.

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Figuriamoci due amici, militari, per esempio, uno deiquali sia condannato a morte. Assai commovente è il ve-dere l’altro tentare ogni via per indurlo a fuggire astuta-mente dal carcere, offrendosi di morire in sua vece; se ilcondannato ricusa, resiste, impiega altrettanta eloquen-za, per provare all’amico ch’egli non può, nè deve ac-cettare il suo generoso sacrifizio, quanto ne adoperaquesti a persuaderlo che la vita ch’ei vorrebbe salvare èpiù preziosa, più utile della sua propria, e finalmentenon si arrende alle preghiere insistenti dell’amico se nontratto in errore dalla promessa che si salveranno tutti edue. Ma se le cose in luogo di passarsi in questo modoavvenissero in tutt’altra maniera; se noi vedessimo ilcondannato pregare, scongiurare egli stesso l’amico suoa salvarlo, a voler morire in sua vece e l’altro vi aderis-se, noi non saremmo più teneramente commossi, mabensì fortemente indignati e disgustati di simile spetta-colo. La cosa mi pare abbastanza chiara per cui conclu-derò dicendo che i soli individui degni che altri si sacri-fichi pel loro bene, sono quelli la cui generosa natura èincapace di accettare qualsiasi sacrifizio. Chi è prontoad accettarlo sicuramente non lo merita e molto menopoi lo meritano quelli che lo esigono.

Forse mi potrebbero qui gli uomini giustamente os-servare che essi non pretendono già che le donne muoia-no, ma sibbene vivano per loro. Alla qual cosa io ri-sponderei che vivere per altri o morire per altri è sempreun sacrifizio. Vivere per altri significa ripudiare la liber-tà, la ragione, la volontà propria; significa farsi schiavo,

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Figuriamoci due amici, militari, per esempio, uno deiquali sia condannato a morte. Assai commovente è il ve-dere l’altro tentare ogni via per indurlo a fuggire astuta-mente dal carcere, offrendosi di morire in sua vece; se ilcondannato ricusa, resiste, impiega altrettanta eloquen-za, per provare all’amico ch’egli non può, nè deve ac-cettare il suo generoso sacrifizio, quanto ne adoperaquesti a persuaderlo che la vita ch’ei vorrebbe salvare èpiù preziosa, più utile della sua propria, e finalmentenon si arrende alle preghiere insistenti dell’amico se nontratto in errore dalla promessa che si salveranno tutti edue. Ma se le cose in luogo di passarsi in questo modoavvenissero in tutt’altra maniera; se noi vedessimo ilcondannato pregare, scongiurare egli stesso l’amico suoa salvarlo, a voler morire in sua vece e l’altro vi aderis-se, noi non saremmo più teneramente commossi, mabensì fortemente indignati e disgustati di simile spetta-colo. La cosa mi pare abbastanza chiara per cui conclu-derò dicendo che i soli individui degni che altri si sacri-fichi pel loro bene, sono quelli la cui generosa natura èincapace di accettare qualsiasi sacrifizio. Chi è prontoad accettarlo sicuramente non lo merita e molto menopoi lo meritano quelli che lo esigono.

Forse mi potrebbero qui gli uomini giustamente os-servare che essi non pretendono già che le donne muoia-no, ma sibbene vivano per loro. Alla qual cosa io ri-sponderei che vivere per altri o morire per altri è sempreun sacrifizio. Vivere per altri significa ripudiare la liber-tà, la ragione, la volontà propria; significa farsi schiavo,

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e la schiavitù è peggiore della morte, ben gli uomini losanno. Ciò che costituisce veramente l’individualità, lapersonalità non è nè il mangiare nè il bere, nè il cammi-nare, non è la parola, il lavoro o il riposo. Tutte questecose le potrebbe forse fare una macchina ingegnosa, unautoma perfezionato. Ciò che costituisce la personalità èla volontà, la spontaneità, l’impulso interno. Togliamoquesto da una persona e non avremo più che un corposenz’anima, uno schiavo, una cosa.

L’amore si nutre, vive di questi sacrifizi, ma deggionoessere volontari, fatti dalle due parti e non da una sola.Sacrifizio per sacrifizio, vita per vita, amore per amore.Ora, che pensare del sesso mascolino preso in massa, ilquale pretende si educhi la donna secondo il suo mododi vedere, gli sia soggetta, gli obbedisca, si adatti ai suoicapricci, alle sue convenienze che sono vere ingiustiziee si faccia, in una parola, sua schiava? Che pensare ditutti quelli uomini che, negando alla donna quella liber-tà, quell’indipendenza d’azione di cui sono tanto gelosicustodi per conto proprio, osano ridere delle nostre ideeemancipatrici, chiamandole stravaganti e pazze e ci ac-cusano di voler scimiottare il sesso forte, insomma diessere incontentabili?

Gli uomini conoscono tanto bene quanto sia dura lasorte che essi fanno alla donna che mai, in nessuna cir-costanza accadde loro d’invidiarla e desiderarla. Intesimolte donne ad esclamare: – Oh! Perchè non sono unuomo? – nessun uomo ha mai detto sul serio: – Oh!foss’io nato donna!

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e la schiavitù è peggiore della morte, ben gli uomini losanno. Ciò che costituisce veramente l’individualità, lapersonalità non è nè il mangiare nè il bere, nè il cammi-nare, non è la parola, il lavoro o il riposo. Tutte questecose le potrebbe forse fare una macchina ingegnosa, unautoma perfezionato. Ciò che costituisce la personalità èla volontà, la spontaneità, l’impulso interno. Togliamoquesto da una persona e non avremo più che un corposenz’anima, uno schiavo, una cosa.

L’amore si nutre, vive di questi sacrifizi, ma deggionoessere volontari, fatti dalle due parti e non da una sola.Sacrifizio per sacrifizio, vita per vita, amore per amore.Ora, che pensare del sesso mascolino preso in massa, ilquale pretende si educhi la donna secondo il suo mododi vedere, gli sia soggetta, gli obbedisca, si adatti ai suoicapricci, alle sue convenienze che sono vere ingiustiziee si faccia, in una parola, sua schiava? Che pensare ditutti quelli uomini che, negando alla donna quella liber-tà, quell’indipendenza d’azione di cui sono tanto gelosicustodi per conto proprio, osano ridere delle nostre ideeemancipatrici, chiamandole stravaganti e pazze e ci ac-cusano di voler scimiottare il sesso forte, insomma diessere incontentabili?

Gli uomini conoscono tanto bene quanto sia dura lasorte che essi fanno alla donna che mai, in nessuna cir-costanza accadde loro d’invidiarla e desiderarla. Intesimolte donne ad esclamare: – Oh! Perchè non sono unuomo? – nessun uomo ha mai detto sul serio: – Oh!foss’io nato donna!

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Essi dicono: È la natura che così volle. No! Mille vol-te no. La natura volle affidare in ispecial modo alla don-na l’augusta funzione della maternità, ma ciò è tutto; quifinisce la sua specialità. In tutto il resto non v’ha più di-stinzione assoluta fra i due sessi. È l’orgoglio maschile,non la natura che decretò libero l’uomo, schiava la don-na. È l’egoismo maschile non la natura che disse la ca-stità, la modestia, il pudore convenire soltanto alla don-na. È la nequizia maschile, non la natura che volle fossedisonorata la fanciulla sedotta, e portasse la fronte alta ilvile seduttore. Ben altro è il linguaggio della natura etali ree massime ne oltraggiano invece la santità. Se inluogo di adagiarvi, o signori, tranquillamente, beata-mente, nella vostra forza brutale, nel vostro cieco e smi-surato orgoglio, vi fosse caduto in mente d’interrogaredavvero, con intenzioni rette e pure questa nostra divinamadre, essa vi avrebbe insegnato che al forte incombo-no più doveri che al debole; che la donna, a cagione so-pratutto dei pericoli e dei dolori della maternità, cui vaincontro, spesso più per farvi felici che per se stessa, hadiritto di essere altamente da voi onorata e rispettata, eche tra i sessi, se uno dovesse godere di privilegi a pre-ferenza dell’altro, tali privilegi dovrebbero appartenereal sesso più debole non già al più forte. Essa vi avrebbeinsegnato, o signori, che devono coltivare l’ingegnoquelli e quelle che lo posseggono e non, come s’usa, faristudiare leggi, medicina, matematiche, letteratura,scienze ad individui di corta intelligenza, talora persinodi mente ottusa, perchè portano i calzoni, e condannare

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Essi dicono: È la natura che così volle. No! Mille vol-te no. La natura volle affidare in ispecial modo alla don-na l’augusta funzione della maternità, ma ciò è tutto; quifinisce la sua specialità. In tutto il resto non v’ha più di-stinzione assoluta fra i due sessi. È l’orgoglio maschile,non la natura che decretò libero l’uomo, schiava la don-na. È l’egoismo maschile non la natura che disse la ca-stità, la modestia, il pudore convenire soltanto alla don-na. È la nequizia maschile, non la natura che volle fossedisonorata la fanciulla sedotta, e portasse la fronte alta ilvile seduttore. Ben altro è il linguaggio della natura etali ree massime ne oltraggiano invece la santità. Se inluogo di adagiarvi, o signori, tranquillamente, beata-mente, nella vostra forza brutale, nel vostro cieco e smi-surato orgoglio, vi fosse caduto in mente d’interrogaredavvero, con intenzioni rette e pure questa nostra divinamadre, essa vi avrebbe insegnato che al forte incombo-no più doveri che al debole; che la donna, a cagione so-pratutto dei pericoli e dei dolori della maternità, cui vaincontro, spesso più per farvi felici che per se stessa, hadiritto di essere altamente da voi onorata e rispettata, eche tra i sessi, se uno dovesse godere di privilegi a pre-ferenza dell’altro, tali privilegi dovrebbero appartenereal sesso più debole non già al più forte. Essa vi avrebbeinsegnato, o signori, che devono coltivare l’ingegnoquelli e quelle che lo posseggono e non, come s’usa, faristudiare leggi, medicina, matematiche, letteratura,scienze ad individui di corta intelligenza, talora persinodi mente ottusa, perchè portano i calzoni, e condannare

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ai lavori dell’ago o alle sole cure casalinghe una elettaintelligenza per l’unico motivo che indossa la gonna. Viavrebbe insegnato che la società composta di uomini edi donne, onde avere eque e giuste leggi, non deveescludere l’elemento femminile dalla legislazione; chenon è nè generoso nè giusto il prendersi da sè la partedel leone. Vi avrebbe insegnato che in tutte le cose uma-ne devono concorrere ambi i sessi, e che non si possonoavere, come giustamente osserva la signora d’Héricourt,scienze, arti, leggi, costituzioni veramente umane, senzail concorso diretto della donna. Diversamente non sonoumane che per metà. Ecco, o signori, quali sono i re-sponsi della natura razionalmente interrogata.

La società si lagna continuamente della rilassatezzadei costumi e non trova altra via di rimediarvi se nonvolgendo tutta la sua sollecitudine all’educazione dellefanciulle, e mostrandosi sempre più severa con la donna.I moralisti non sanno che inculcare alle madri, ai padri,agli istitutori, alle istitutrici di sorvegliare le figlie loro oquelle che furono affidate alla loro custodia. Si racco-manda che le giovanette non escano mai sole, che nonleggano romanzi, onde evitare ad esse i pericoli della se-duzione, ma il rimedio più efficace, quello che svelle-rebbe il male dalla radice, nessuno ha mai pensato aproporlo. Intendo l’educazione maschile. – Perchè nonsi inculca del paro ai giovani di rispettare la donna, aqualunque condizione appartenga, onde siano da altri ri-spettate le madri, le sorelle loro? Perchè non si ponetanto impegno, tanta cura ad impedire che i giovani insi-

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ai lavori dell’ago o alle sole cure casalinghe una elettaintelligenza per l’unico motivo che indossa la gonna. Viavrebbe insegnato che la società composta di uomini edi donne, onde avere eque e giuste leggi, non deveescludere l’elemento femminile dalla legislazione; chenon è nè generoso nè giusto il prendersi da sè la partedel leone. Vi avrebbe insegnato che in tutte le cose uma-ne devono concorrere ambi i sessi, e che non si possonoavere, come giustamente osserva la signora d’Héricourt,scienze, arti, leggi, costituzioni veramente umane, senzail concorso diretto della donna. Diversamente non sonoumane che per metà. Ecco, o signori, quali sono i re-sponsi della natura razionalmente interrogata.

La società si lagna continuamente della rilassatezzadei costumi e non trova altra via di rimediarvi se nonvolgendo tutta la sua sollecitudine all’educazione dellefanciulle, e mostrandosi sempre più severa con la donna.I moralisti non sanno che inculcare alle madri, ai padri,agli istitutori, alle istitutrici di sorvegliare le figlie loro oquelle che furono affidate alla loro custodia. Si racco-manda che le giovanette non escano mai sole, che nonleggano romanzi, onde evitare ad esse i pericoli della se-duzione, ma il rimedio più efficace, quello che svelle-rebbe il male dalla radice, nessuno ha mai pensato aproporlo. Intendo l’educazione maschile. – Perchè nonsi inculca del paro ai giovani di rispettare la donna, aqualunque condizione appartenga, onde siano da altri ri-spettate le madri, le sorelle loro? Perchè non si ponetanto impegno, tanta cura ad impedire che i giovani insi-

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diino l’onore femminile, quanta se ne pone acchè ledonne vengano dagli uomini sedotte, oltraggiate e diso-norate? Perchè tanto studio e tanta sorveglianza da unaparte, e tanta libertà, tanta rilassatezza dall’altra? – Diobuono! Quando mai si finirà per capire una buona voltache insino a tanto che la società distruggerà con unamano ciò che sta costruendo con l’altra non riescirà maia nulla e non farà che imitare il lavoro di Penelope?

Chiedo perdono agli uomini se sono mio malgradocostretta a tener loro un linguaggio severo. Protesto cheassai me ne duole; che vorrei non trovare per essi cheparole di lode. L’animo mio rifugge dall’offendere chic-chessia, e prima di risolvermi a dire qualche cosa disgradevole e qualcuno vi penso a lungo, ma il difenderegli oppressi è sacro dovere. Se fu lecito sin quiall’uomo, non solo di accusare la donna, tacciandola dileggerezza, di volubilità, di capriccio, di curiosità,d’astuzia, d’incapacità, di perfidia, di mala fede, ecc.,ma di più calunniarla col dichiararla a sè inferiore, e ciòche è peggio ancora, costringerla a diventarlo artificial-mente, negandole il diritto all’istruzione, educandolapessimamente, o non educandola affatto, per indi procu-rarsi il tristo piacere di rimproverarle quei difetti chesono una conseguenza legittima della sua mancante osbagliata educazione, sia almeno lecito anche alla donnail rispondere e far valere le sue ragioni. Finchè l’uomoparlò solo poteva forse credere di essere nel giusto e nelvero, ma ora, mercè il progredire dei tempi, incominciaa parlare anche la donna e vi assicuro che ha molto, ma

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diino l’onore femminile, quanta se ne pone acchè ledonne vengano dagli uomini sedotte, oltraggiate e diso-norate? Perchè tanto studio e tanta sorveglianza da unaparte, e tanta libertà, tanta rilassatezza dall’altra? – Diobuono! Quando mai si finirà per capire una buona voltache insino a tanto che la società distruggerà con unamano ciò che sta costruendo con l’altra non riescirà maia nulla e non farà che imitare il lavoro di Penelope?

Chiedo perdono agli uomini se sono mio malgradocostretta a tener loro un linguaggio severo. Protesto cheassai me ne duole; che vorrei non trovare per essi cheparole di lode. L’animo mio rifugge dall’offendere chic-chessia, e prima di risolvermi a dire qualche cosa disgradevole e qualcuno vi penso a lungo, ma il difenderegli oppressi è sacro dovere. Se fu lecito sin quiall’uomo, non solo di accusare la donna, tacciandola dileggerezza, di volubilità, di capriccio, di curiosità,d’astuzia, d’incapacità, di perfidia, di mala fede, ecc.,ma di più calunniarla col dichiararla a sè inferiore, e ciòche è peggio ancora, costringerla a diventarlo artificial-mente, negandole il diritto all’istruzione, educandolapessimamente, o non educandola affatto, per indi procu-rarsi il tristo piacere di rimproverarle quei difetti chesono una conseguenza legittima della sua mancante osbagliata educazione, sia almeno lecito anche alla donnail rispondere e far valere le sue ragioni. Finchè l’uomoparlò solo poteva forse credere di essere nel giusto e nelvero, ma ora, mercè il progredire dei tempi, incominciaa parlare anche la donna e vi assicuro che ha molto, ma

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molto da dire.Le mie parole, ben inteso, non sono dirette a quelli

uomini imparziali, giusti, onesti, illuminati, leali, che,non meno generosi di un Stuart Mill, di un SalvatoreMorelli, di un Ernesto Legouvè, di un Eugenio Pelletane di tanti altri, che sarebbe troppo lungo qui rammenta-re, i quali hanno saputo spogliarsi dell’egoista spirito dicasta ed uniscono la non sospetta di parzialità e per ciòtanto più autorevole loro voce alla debole voce nostra.Nè tampoco intendo muovere accusa agli uomini in ge-nerale del nostro tempo. Non faccio loro l’ingiuria dicredere che un solo per avventura ve ne fosse, anche trai più rozzi, che ove si trattasse di compilare un codicepresentemente e senza precedenti avrebbe l’impudenzadi decretare le assurde leggi che ancora oggidì ci gover-nano per ciò che riguarda i sessi, e che furono possibilisolo in tempi di molto anteriori ai nostri. Io non dubitopunto del loro buon senso, del sentimento di giustizia dacui sono, chi più chi meno in oggi tutti animati, maavendole queste inique leggi trovate già stabilite da tem-po immemorabile ed al loro sesso favorevoli, non se nepresero alcun pensiero e dissero forse in cuor loro che secosì andarono sempre le cose, vuol dire che ciò sta benee che così deve essere. Solo gli uomini che studiano conpassione sono capaci di riflettere e paragonare lo statodelle odierne società che ci hanno preceduto, e dal pro-gresso fatto dalle leggi, come da ogni altra cosa, sannodedurre i progressi che dovranno fare coll’andare deltempo. Il rimanente degli uomini crede che il mondo,

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molto da dire.Le mie parole, ben inteso, non sono dirette a quelli

uomini imparziali, giusti, onesti, illuminati, leali, che,non meno generosi di un Stuart Mill, di un SalvatoreMorelli, di un Ernesto Legouvè, di un Eugenio Pelletane di tanti altri, che sarebbe troppo lungo qui rammenta-re, i quali hanno saputo spogliarsi dell’egoista spirito dicasta ed uniscono la non sospetta di parzialità e per ciòtanto più autorevole loro voce alla debole voce nostra.Nè tampoco intendo muovere accusa agli uomini in ge-nerale del nostro tempo. Non faccio loro l’ingiuria dicredere che un solo per avventura ve ne fosse, anche trai più rozzi, che ove si trattasse di compilare un codicepresentemente e senza precedenti avrebbe l’impudenzadi decretare le assurde leggi che ancora oggidì ci gover-nano per ciò che riguarda i sessi, e che furono possibilisolo in tempi di molto anteriori ai nostri. Io non dubitopunto del loro buon senso, del sentimento di giustizia dacui sono, chi più chi meno in oggi tutti animati, maavendole queste inique leggi trovate già stabilite da tem-po immemorabile ed al loro sesso favorevoli, non se nepresero alcun pensiero e dissero forse in cuor loro che secosì andarono sempre le cose, vuol dire che ciò sta benee che così deve essere. Solo gli uomini che studiano conpassione sono capaci di riflettere e paragonare lo statodelle odierne società che ci hanno preceduto, e dal pro-gresso fatto dalle leggi, come da ogni altra cosa, sannodedurre i progressi che dovranno fare coll’andare deltempo. Il rimanente degli uomini crede che il mondo,

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quale ora si trova, tale sia stato sempre e tale debba con-servarsi sino alla consumazione dei secoli, epperò sti-mano follia il voler mutare ciò che essi credono, costi-tuire l’ordine eterno delle cose. Noi però che abbiamofede nell’umano perfezionamento; che sappiamo discer-nere ciò che è fisso nella natura da ciò che è mutabile,crediamo che importi anzitutto al benessere umano il di-struggere gli abusi, i pregiudizi e le ingiustizie. Nè vipuò essere (dopo quella cui è soggetta l’infanzia) ingiu-stizia più enorme, sia per estensione, per durata e per in-tensità di quella che regna tra l’uomo e la donna. È dun-que mestieri combatterla a tutto potere, ed io, per quelpoco che valgo, non desisterò mai, fin che potrò tenereuna penna in mano, di additare e smascherare gli erroriche passano per verità e dimostrare i danni che a tutti nederivano e specialmente alla donna. – Io mi consolo dipoter fare sì poco per la causa della verità pensando che,in quella lotta colossale, gigantesca del Bene contro ilMale, del pari che in ogni altra cosa, chi fa tutto quelloche può, fa certamente tutto quello che deve.

V.Obblighi e sofferenze della donna

La donna in ogni tempo, in ogni luogo fu sempre sa-crificata, come fanciulla, come moglie, come madre.

Come fanciulla non le si permettono nè tutti i giuochi,nè tutti i movimenti che si permettono al fanciullo. I

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quale ora si trova, tale sia stato sempre e tale debba con-servarsi sino alla consumazione dei secoli, epperò sti-mano follia il voler mutare ciò che essi credono, costi-tuire l’ordine eterno delle cose. Noi però che abbiamofede nell’umano perfezionamento; che sappiamo discer-nere ciò che è fisso nella natura da ciò che è mutabile,crediamo che importi anzitutto al benessere umano il di-struggere gli abusi, i pregiudizi e le ingiustizie. Nè vipuò essere (dopo quella cui è soggetta l’infanzia) ingiu-stizia più enorme, sia per estensione, per durata e per in-tensità di quella che regna tra l’uomo e la donna. È dun-que mestieri combatterla a tutto potere, ed io, per quelpoco che valgo, non desisterò mai, fin che potrò tenereuna penna in mano, di additare e smascherare gli erroriche passano per verità e dimostrare i danni che a tutti nederivano e specialmente alla donna. – Io mi consolo dipoter fare sì poco per la causa della verità pensando che,in quella lotta colossale, gigantesca del Bene contro ilMale, del pari che in ogni altra cosa, chi fa tutto quelloche può, fa certamente tutto quello che deve.

V.Obblighi e sofferenze della donna

La donna in ogni tempo, in ogni luogo fu sempre sa-crificata, come fanciulla, come moglie, come madre.

Come fanciulla non le si permettono nè tutti i giuochi,nè tutti i movimenti che si permettono al fanciullo. I

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fanciulli possono muovere tutte le loro membra in ognisenso, liberamente, come loro piace, senza ritegno alcu-no; possono abbandonarsi a tutta la vivacità del lorotemperamento. Le fanciulle debbono serbare un conte-gno sempre decente, che non offenda la modestia; deb-bono badare che nel muoversi la loro gonnella non ab-bia a scomporsi; in ogni cosa devono le fanciulle cedereil passo ai loro fratelli, i quali sanno di essere superiorialle loro sorelle. Questa lezione di superiorità viene lorodata ad ogni piè sospinto da tutto quanto li circonda.

Giunta la fanciulla ai sedici anni e anche prima, era inpassato maritata senza il suo consenso. Il padre dispone-va della sua mano, talvolta mentre stava ancora in fasce,impegnava la sua parola, ed essa, fatta grande, dovevasciogliere l’impegno del padre. Quando la sua esistenzaera giudicata un ostacolo ai progetti del padre o dei fra-telli si richiudeva per sempre in un chiostro e le cosedella famiglia andavano per lo meglio. – Chi potrebbedire il numero di queste povere vittime dell’egoismo,dell’orgoglio, dell’importanza, della supremazia ma-schile?

Ciò che la donna ha dovuto soffrire come moglie nonv’ha mente umana che immaginare lo possa. Maritata,sempre parlando del passato, contro suo genio; costrettaa convivere con uno sposo quasi sempre aborrito, poi-chè la natura non si può vincere; forzata (anche ai nostrigiorni) a rinunciare per tutta la vita ad ogni sua volontà,al soddisfacimento del proprio cuore; obbligata per leg-ge a subire amplessi ripugnanti e odiosi; a serbare intat-

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fanciulli possono muovere tutte le loro membra in ognisenso, liberamente, come loro piace, senza ritegno alcu-no; possono abbandonarsi a tutta la vivacità del lorotemperamento. Le fanciulle debbono serbare un conte-gno sempre decente, che non offenda la modestia; deb-bono badare che nel muoversi la loro gonnella non ab-bia a scomporsi; in ogni cosa devono le fanciulle cedereil passo ai loro fratelli, i quali sanno di essere superiorialle loro sorelle. Questa lezione di superiorità viene lorodata ad ogni piè sospinto da tutto quanto li circonda.

Giunta la fanciulla ai sedici anni e anche prima, era inpassato maritata senza il suo consenso. Il padre dispone-va della sua mano, talvolta mentre stava ancora in fasce,impegnava la sua parola, ed essa, fatta grande, dovevasciogliere l’impegno del padre. Quando la sua esistenzaera giudicata un ostacolo ai progetti del padre o dei fra-telli si richiudeva per sempre in un chiostro e le cosedella famiglia andavano per lo meglio. – Chi potrebbedire il numero di queste povere vittime dell’egoismo,dell’orgoglio, dell’importanza, della supremazia ma-schile?

Ciò che la donna ha dovuto soffrire come moglie nonv’ha mente umana che immaginare lo possa. Maritata,sempre parlando del passato, contro suo genio; costrettaa convivere con uno sposo quasi sempre aborrito, poi-chè la natura non si può vincere; forzata (anche ai nostrigiorni) a rinunciare per tutta la vita ad ogni sua volontà,al soddisfacimento del proprio cuore; obbligata per leg-ge a subire amplessi ripugnanti e odiosi; a serbare intat-

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ta la fede coniugale; ad esporsi a diventar madre, vale adire, ad arrischiare la vita, e questo era forse per essa ilminor male, tanto le doveva la vita essere intollerabile; asopportare atroci dolori senza gioie che li compensino,senza libertà, senza un po’ d’amore! Continuamenteesposta ai gelosi sospetti d’un marito severissimo a taleriguardo e tanto esigente che non si contenta della fedel-tà della consorte, ma quasi fosse facil cosa il serbarsi fe-dele per dovere, senza amare, pretende ancora che ellastia in guardia, onde non dare appiglio alla maldicenzadel mondo molto più propenso a pensare male che bene,specialmente in fatto di donne. Che importa che se lacatena della sua schiavitù viene ognor più scorciata datutti questi doveri supplementari? È affar suo codesto;essa ci deve pensare; l’uomo ha ben altre cose, e più im-portanti, pel capo.

Nessuno dubita che non sia molto più facile essere unuomo onesto che una donna onesta, perchè, se ad essobastano dieci punti per esserlo, alla donna ne bisognanocento. Tuttavia all’uomo basta l’essere onesto. Se alcunaapparenza lo accusa, se il mondo sospetta di lui tantopeggio pel mondo. Se non teme la critica può fare e la-sciar dire; ciò non riguarda che lui, ma per la donna lacosa corre ben diversamente. A lei non è permesso tenerfronte all’opinione pubblica. Se anche la sprezza perconto proprio (cosa già assai difficile coll’educazioneche riceve) la deve rispettare perchè così piace al padre,al marito, al fratello, al figlio, chè anche il figlio, comeuomo, è stimato superiore alla madre.

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ta la fede coniugale; ad esporsi a diventar madre, vale adire, ad arrischiare la vita, e questo era forse per essa ilminor male, tanto le doveva la vita essere intollerabile; asopportare atroci dolori senza gioie che li compensino,senza libertà, senza un po’ d’amore! Continuamenteesposta ai gelosi sospetti d’un marito severissimo a taleriguardo e tanto esigente che non si contenta della fedel-tà della consorte, ma quasi fosse facil cosa il serbarsi fe-dele per dovere, senza amare, pretende ancora che ellastia in guardia, onde non dare appiglio alla maldicenzadel mondo molto più propenso a pensare male che bene,specialmente in fatto di donne. Che importa che se lacatena della sua schiavitù viene ognor più scorciata datutti questi doveri supplementari? È affar suo codesto;essa ci deve pensare; l’uomo ha ben altre cose, e più im-portanti, pel capo.

Nessuno dubita che non sia molto più facile essere unuomo onesto che una donna onesta, perchè, se ad essobastano dieci punti per esserlo, alla donna ne bisognanocento. Tuttavia all’uomo basta l’essere onesto. Se alcunaapparenza lo accusa, se il mondo sospetta di lui tantopeggio pel mondo. Se non teme la critica può fare e la-sciar dire; ciò non riguarda che lui, ma per la donna lacosa corre ben diversamente. A lei non è permesso tenerfronte all’opinione pubblica. Se anche la sprezza perconto proprio (cosa già assai difficile coll’educazioneche riceve) la deve rispettare perchè così piace al padre,al marito, al fratello, al figlio, chè anche il figlio, comeuomo, è stimato superiore alla madre.

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La moglie di Cesare non dev’essere neppur sospetta-ta, è un motto che ha fatto fortuna nel mondo. Esso in-contrò molto favore presso gli uomini ai quali non parvevero di potere, almeno in questo, emulare il gran Cesare,e diventare anch’essi altrettanti Cesari in sessantaquat-tresimo, ma rincarando sul primo, sul vero Cesare, dis-sero: – Non solo le nostre mogli, anche le nostre madri,le sorelle, le figlie nostre vogliamo che non siano nep-pur sospettate senza pensare menomamente ad astenersiper questo dal sospettare essi medesimi le madri, le mo-gli, le sorelle, le figlie altrui. Liberi essi pienamente disospettare, sta alla donna il sapervisi sottrarre e, ove silasci sorprendere, peggio per essa. Ad essa sola sta il cu-stodire una riputazione esposta a mille pericoli, pel fattostesso della libertà dell’uomo. Essa dovrà astenersi, nonsolo dal male, anche dall’apparenza del male; dovrà pri-varsi dei più innocenti piaceri; trattenersi talvolta persi-no dal compiere un’azione generosa perchè po-trebb’essere mal interpretata da una società avida discandali e di pettegolezzi. Tutto ciò è arduo, scabroso,spinoso, pesante. Che importa? Ciò la riguarda.

L’uomo ha un onore da serbare intatto; la donna, sen-za essere esonerata da questo, un altro ne possiede tuttosuo proprio di cui senza accorgersi, si è lasciata gravarele spalle, e quando pure se ne fosse accorta come avreb-be potuto impedirlo? Questo onore, di una natura tuttaspeciale, quasi fosse fragilissimo vetro che il più lievealito può appannare per sempre, è necessario preservarloda ogni contatto, conservarlo illibato e puro sotto pena

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La moglie di Cesare non dev’essere neppur sospetta-ta, è un motto che ha fatto fortuna nel mondo. Esso in-contrò molto favore presso gli uomini ai quali non parvevero di potere, almeno in questo, emulare il gran Cesare,e diventare anch’essi altrettanti Cesari in sessantaquat-tresimo, ma rincarando sul primo, sul vero Cesare, dis-sero: – Non solo le nostre mogli, anche le nostre madri,le sorelle, le figlie nostre vogliamo che non siano nep-pur sospettate senza pensare menomamente ad astenersiper questo dal sospettare essi medesimi le madri, le mo-gli, le sorelle, le figlie altrui. Liberi essi pienamente disospettare, sta alla donna il sapervisi sottrarre e, ove silasci sorprendere, peggio per essa. Ad essa sola sta il cu-stodire una riputazione esposta a mille pericoli, pel fattostesso della libertà dell’uomo. Essa dovrà astenersi, nonsolo dal male, anche dall’apparenza del male; dovrà pri-varsi dei più innocenti piaceri; trattenersi talvolta persi-no dal compiere un’azione generosa perchè po-trebb’essere mal interpretata da una società avida discandali e di pettegolezzi. Tutto ciò è arduo, scabroso,spinoso, pesante. Che importa? Ciò la riguarda.

L’uomo ha un onore da serbare intatto; la donna, sen-za essere esonerata da questo, un altro ne possiede tuttosuo proprio di cui senza accorgersi, si è lasciata gravarele spalle, e quando pure se ne fosse accorta come avreb-be potuto impedirlo? Questo onore, di una natura tuttaspeciale, quasi fosse fragilissimo vetro che il più lievealito può appannare per sempre, è necessario preservarloda ogni contatto, conservarlo illibato e puro sotto pena

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di passare per disonesta. L’uomo avendo voluto esseretutto dovette, e volle, farsi responsabile dell’onore dellamoglie, della madre, della sorella, della figlia, come ilpossessore di schiavi era responsabile delle colpe deimedesimi, ma tale responsabilità è affatto illusoria poi-chè tutto il suo peso viene sopportato dalla donna.

Come madre, che non ebbe la donna a soffrire negliantichi tempi, quando la paterna autorità non aveva li-mite alcuno? Le leggi romane accordavano al padre ildiritto di vita e di morte sui suoi figli, benchè non potes-se mai essere assolutamente certo che fossero propria-mente suoi; mentre la madre che sola può avere questacertezza, era considerata quale uno zero. Essa, non eranecessario che fosse consultata in nulla, nemmeno intor-no alla vita dei suoi figli, ed i suoi affetti materni eranobarbaramente sacrificati. Ed anche senza risalire sinoall’antichità e volendomi restringere al tempo presente,assai più mite alla donna che non fosse il passato, quantiabusi, quante prepotenze, quanti torti non potremmo noiregistrare? Quante contraddizioni, quante assurdità nellenostre leggi, nei nostri costumi!

Il tutte le cose che riguardano la ragione, la giustiziao la morale non vi deve essere differenza alcuna tral’uomo e la donna, tra fratello e sorella, come non ven’ha tra due sorelle, tra due fratelli ancorchè dissimiliper attitudini, per costituzione fisica, intellettuale e mo-rale.

Gli uomini ci ripetono sempre che, se noi donne ab-biamo una sorte sì misera, gli è colla natura stessa che

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di passare per disonesta. L’uomo avendo voluto esseretutto dovette, e volle, farsi responsabile dell’onore dellamoglie, della madre, della sorella, della figlia, come ilpossessore di schiavi era responsabile delle colpe deimedesimi, ma tale responsabilità è affatto illusoria poi-chè tutto il suo peso viene sopportato dalla donna.

Come madre, che non ebbe la donna a soffrire negliantichi tempi, quando la paterna autorità non aveva li-mite alcuno? Le leggi romane accordavano al padre ildiritto di vita e di morte sui suoi figli, benchè non potes-se mai essere assolutamente certo che fossero propria-mente suoi; mentre la madre che sola può avere questacertezza, era considerata quale uno zero. Essa, non eranecessario che fosse consultata in nulla, nemmeno intor-no alla vita dei suoi figli, ed i suoi affetti materni eranobarbaramente sacrificati. Ed anche senza risalire sinoall’antichità e volendomi restringere al tempo presente,assai più mite alla donna che non fosse il passato, quantiabusi, quante prepotenze, quanti torti non potremmo noiregistrare? Quante contraddizioni, quante assurdità nellenostre leggi, nei nostri costumi!

Il tutte le cose che riguardano la ragione, la giustiziao la morale non vi deve essere differenza alcuna tral’uomo e la donna, tra fratello e sorella, come non ven’ha tra due sorelle, tra due fratelli ancorchè dissimiliper attitudini, per costituzione fisica, intellettuale e mo-rale.

Gli uomini ci ripetono sempre che, se noi donne ab-biamo una sorte sì misera, gli è colla natura stessa che

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ce la dobbiamo prendere, perchè essa è la prima e veracagione, dicono essi, dei nostri mali, per averci dotate diminor forza e per averci addossato il doloroso ufficiodella maternità. Cosicchè questi signori, vedendoci mal-trattate, almeno per questo riguardo, dalla natura, a tuttoloro favore, non trovano nulla di meglio a fare che rin-carare su di essa, raddoppiandoci la dose dei dolori; ca-ricandoci di pesi le spalle; privandoci d’ogni nostro di-ritto; imponendoci senza punto consultare le nostre de-boli forze, doveri sopra doveri, come si carica una pove-ra bestia da soma finchè ne può sopportare; mostrandosicon noi esigenti padroni e trattandoci come anticamentesi trattavano i vinti?

E dire che vi sono molti e molti che trovano giusto,generoso persino, un tale procedere! Senza dubbio unatale generosità dev’essere sorella gemella di quella usatadal leone verso la cicogna, quando questa estrasse collungo suo becco la spina che egli avea nella gola, e neaspettava una mercede o almeno un ringraziamento.Non averla divorata era forse poco per il più forte?

La forza, e sempre la forza! Ma dunque se questa ètutto, se la giustizia è una parola vuota di senso, perchèesistono i tribunali? Perchè il debole che si vuole oppri-mere vi ricorre e, se non sempre (perchè i tribunali nonsono nè infallibili nè incorruttibili) pure ne ottiene qual-che volta giustizia? O la legge è istituita per tutelare ildiritto dei deboli e tenere in rispetto la forza tendente aopprimere, o la legge non ha alcuna ragione d’essere. Sela forza è la sola nostra legge l’umanità dovrebbe for-

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ce la dobbiamo prendere, perchè essa è la prima e veracagione, dicono essi, dei nostri mali, per averci dotate diminor forza e per averci addossato il doloroso ufficiodella maternità. Cosicchè questi signori, vedendoci mal-trattate, almeno per questo riguardo, dalla natura, a tuttoloro favore, non trovano nulla di meglio a fare che rin-carare su di essa, raddoppiandoci la dose dei dolori; ca-ricandoci di pesi le spalle; privandoci d’ogni nostro di-ritto; imponendoci senza punto consultare le nostre de-boli forze, doveri sopra doveri, come si carica una pove-ra bestia da soma finchè ne può sopportare; mostrandosicon noi esigenti padroni e trattandoci come anticamentesi trattavano i vinti?

E dire che vi sono molti e molti che trovano giusto,generoso persino, un tale procedere! Senza dubbio unatale generosità dev’essere sorella gemella di quella usatadal leone verso la cicogna, quando questa estrasse collungo suo becco la spina che egli avea nella gola, e neaspettava una mercede o almeno un ringraziamento.Non averla divorata era forse poco per il più forte?

La forza, e sempre la forza! Ma dunque se questa ètutto, se la giustizia è una parola vuota di senso, perchèesistono i tribunali? Perchè il debole che si vuole oppri-mere vi ricorre e, se non sempre (perchè i tribunali nonsono nè infallibili nè incorruttibili) pure ne ottiene qual-che volta giustizia? O la legge è istituita per tutelare ildiritto dei deboli e tenere in rispetto la forza tendente aopprimere, o la legge non ha alcuna ragione d’essere. Sela forza è la sola nostra legge l’umanità dovrebbe for-

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mare una immensa catena di esseri ciascuno dei qualiobbedisce ad un superiore e comanda, a sua volta ad uninferiore, ad eccezione del primo che non obbedirebbe anessuno e dell’ultimo che non avrebbe più inferiore acui poter comandare.

Sarebbe questa una gerarchia simile a quelle militaried ecclesiastiche. Se non che in tal caso, perchè gli uo-mini potessero giustificare la loro supremazia sulle don-ne, bisognerebbe che la differenza di forze tra i sessifosse tanto grande che la più forte delle donne si trovas-se sempre meno forte del più debole degli uomini, masiccome noi sappiamo tutti esservi molte donne più fortidi molti uomini, questa base del diritto – la forza – (chesi accampa soltanto quando trattasi delle relazioni frauomo e donna e di cui prudentemente si tace allorchètrattasi dei rapporti tra uomo e uomo, tra donna e donna)questa base crolla e si sfascia da tutte le parti. Insomma,non si esce da questo dilemma. O la forza è la vera leg-ge suprema sotto il cui impero ognuno si deve inchinaree le donne forti devono piegare gli uomini più deboli diloro, ai loro voleri, o la forza non è quella che regola irapporti umani, ed allora l’uomo non ha più diritto alcu-no sovra la donna, ed i sessi devono considerarsi egualie trattarsi come tali. – Proclamare la umana eguaglian-za; esautorare la forza per porre in trono la ragione insua vece e sostenere ad un tempo che l’uomo deve tene-re a sè soggetta la donna perchè egli è di lei più forte, èuna palese contraddizione. Il dire poi che l’uomo devecomandare alla donna perchè è più forte, quando è più

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mare una immensa catena di esseri ciascuno dei qualiobbedisce ad un superiore e comanda, a sua volta ad uninferiore, ad eccezione del primo che non obbedirebbe anessuno e dell’ultimo che non avrebbe più inferiore acui poter comandare.

Sarebbe questa una gerarchia simile a quelle militaried ecclesiastiche. Se non che in tal caso, perchè gli uo-mini potessero giustificare la loro supremazia sulle don-ne, bisognerebbe che la differenza di forze tra i sessifosse tanto grande che la più forte delle donne si trovas-se sempre meno forte del più debole degli uomini, masiccome noi sappiamo tutti esservi molte donne più fortidi molti uomini, questa base del diritto – la forza – (chesi accampa soltanto quando trattasi delle relazioni frauomo e donna e di cui prudentemente si tace allorchètrattasi dei rapporti tra uomo e uomo, tra donna e donna)questa base crolla e si sfascia da tutte le parti. Insomma,non si esce da questo dilemma. O la forza è la vera leg-ge suprema sotto il cui impero ognuno si deve inchinaree le donne forti devono piegare gli uomini più deboli diloro, ai loro voleri, o la forza non è quella che regola irapporti umani, ed allora l’uomo non ha più diritto alcu-no sovra la donna, ed i sessi devono considerarsi egualie trattarsi come tali. – Proclamare la umana eguaglian-za; esautorare la forza per porre in trono la ragione insua vece e sostenere ad un tempo che l’uomo deve tene-re a sè soggetta la donna perchè egli è di lei più forte, èuna palese contraddizione. Il dire poi che l’uomo devecomandare alla donna perchè è più forte, quando è più

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forte, e che le deve egualmente comandare quando è piùdebole, appunto perchè più debole o, malgrado ch’ei siapiù debole, è un tale non senso, un tale guazzabuglioche chi giunge a capirne qualcosa, davvero, è bravo. –Fa poco onore, invero, allo spirito umano l’essere obbli-gati di usare tanta logica, sino al punto di stuccare e ri-stuccare i lettori, onde provare una verità come quelladell’uguaglianza dei sessi che dovrebb’essere, ed anzi èveramente, tanto chiara, semplice ed evidente da somi-gliare a quelle del Signore de la Palisse; tuttavolta è ne-cessario dirla, ridirla, ripeterla sempre, poichè non sivuole ancora riconoscere. Mi si permetta dunque d’insi-stere ancora e tentare di farmi meglio intendere con unesempio.

In una famiglia sono due figli maschi. Il primo, altodella persona, bruno, robusto, ardito, intraprendente.Biondo l’altro, di costituzione più delicata, alquanto piùtimido, più sensitivo e dotato come per compensazione,d’una voce armoniosa e d’uno sguardo pieno d’ineffabi-le dolcezza. Nessuno che sia sano di mente penserà adaccusare i genitori per le dissomiglianze esistenti traquesti due fratelli, poichè non il loro volere ma una ine-luttabile necessità dispose per tal modo le cose. Ora sa-rebbe forse considerato cosa giusta se, secondando laparzialità della natura, essi colmassero di baci, di carez-ze, di doni, di beni d’ogni specie quello già favorito dal-la sorte, se lo facessero istruire, gli procurassero milledistrazioni e divertimenti; gli perdonassero ogni colpacommessa, lo trattassero infine come un vero enfant

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forte, e che le deve egualmente comandare quando è piùdebole, appunto perchè più debole o, malgrado ch’ei siapiù debole, è un tale non senso, un tale guazzabuglioche chi giunge a capirne qualcosa, davvero, è bravo. –Fa poco onore, invero, allo spirito umano l’essere obbli-gati di usare tanta logica, sino al punto di stuccare e ri-stuccare i lettori, onde provare una verità come quelladell’uguaglianza dei sessi che dovrebb’essere, ed anzi èveramente, tanto chiara, semplice ed evidente da somi-gliare a quelle del Signore de la Palisse; tuttavolta è ne-cessario dirla, ridirla, ripeterla sempre, poichè non sivuole ancora riconoscere. Mi si permetta dunque d’insi-stere ancora e tentare di farmi meglio intendere con unesempio.

In una famiglia sono due figli maschi. Il primo, altodella persona, bruno, robusto, ardito, intraprendente.Biondo l’altro, di costituzione più delicata, alquanto piùtimido, più sensitivo e dotato come per compensazione,d’una voce armoniosa e d’uno sguardo pieno d’ineffabi-le dolcezza. Nessuno che sia sano di mente penserà adaccusare i genitori per le dissomiglianze esistenti traquesti due fratelli, poichè non il loro volere ma una ine-luttabile necessità dispose per tal modo le cose. Ora sa-rebbe forse considerato cosa giusta se, secondando laparzialità della natura, essi colmassero di baci, di carez-ze, di doni, di beni d’ogni specie quello già favorito dal-la sorte, se lo facessero istruire, gli procurassero milledistrazioni e divertimenti; gli perdonassero ogni colpacommessa, lo trattassero infine come un vero enfant

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gâtè e lasciassero l’altro sempre solo, sempre in casa, inpreda alla noia, geloso forse nell’intimo del cuore dellepreferenze accordate al fortunato fratello; se si mostras-sero severi con lui, castigandolo per ogni più piccolofallo e gli vietassero, sotto le pene più gravi, tutti i pia-ceri, tutte le ricreazioni, tutte le libertà che ampiamenteconcedono all’altro? No; nessuno che abbia un po’ dicuore potrà approvare un così ingiusto e crudele mododi procedere e tutti dovranno riconoscere ch’essi dove-vano forse mostrare maggiori preferenze e riguardi alpiù sensibile e delicato dei due, cercando di risarcirlodei danni dovuti alla nascita quanto più fosse stato loropossibile, accordandogli una maggior parte di carezzeed usandogli una tolleranza ed indulgenza più grandi.

Ecco, infatti, come la giustizia vuole siano trattati ideboli e tutti gl’infelici, perchè il fare altrimenti equiva-le al punire chi non ha commesso colpa alcuna. È cosaingiusta il punire i fanciulli d’ambi i sessi per colpe chesono una conseguenza dell’ignoranza, dell’inesperienza,perchè gli è un fare una colpa al fanciullo d’essere fan-ciullo. È parimenti ingiusto il punire la donna per tuttequelle colpe che commette come donna, e che in uomosono tenute quali inezie e cose da nulla, poichè così fa-cendo, si viene in sostanza a punire la donna della colpadi esser nata donna.

Nei due fratelli suaccennati ho voluto raffigurarel’uomo e la donna, i quali sono i due figli prediletti dellanatura; e mi pare di aver dimostrato, se mal nonm’appongo, ch’essi dovrebbero essere trattati dalla so-

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gâtè e lasciassero l’altro sempre solo, sempre in casa, inpreda alla noia, geloso forse nell’intimo del cuore dellepreferenze accordate al fortunato fratello; se si mostras-sero severi con lui, castigandolo per ogni più piccolofallo e gli vietassero, sotto le pene più gravi, tutti i pia-ceri, tutte le ricreazioni, tutte le libertà che ampiamenteconcedono all’altro? No; nessuno che abbia un po’ dicuore potrà approvare un così ingiusto e crudele mododi procedere e tutti dovranno riconoscere ch’essi dove-vano forse mostrare maggiori preferenze e riguardi alpiù sensibile e delicato dei due, cercando di risarcirlodei danni dovuti alla nascita quanto più fosse stato loropossibile, accordandogli una maggior parte di carezzeed usandogli una tolleranza ed indulgenza più grandi.

Ecco, infatti, come la giustizia vuole siano trattati ideboli e tutti gl’infelici, perchè il fare altrimenti equiva-le al punire chi non ha commesso colpa alcuna. È cosaingiusta il punire i fanciulli d’ambi i sessi per colpe chesono una conseguenza dell’ignoranza, dell’inesperienza,perchè gli è un fare una colpa al fanciullo d’essere fan-ciullo. È parimenti ingiusto il punire la donna per tuttequelle colpe che commette come donna, e che in uomosono tenute quali inezie e cose da nulla, poichè così fa-cendo, si viene in sostanza a punire la donna della colpadi esser nata donna.

Nei due fratelli suaccennati ho voluto raffigurarel’uomo e la donna, i quali sono i due figli prediletti dellanatura; e mi pare di aver dimostrato, se mal nonm’appongo, ch’essi dovrebbero essere trattati dalla so-

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cietà, per lo meno nella stessa maniera, e che i privilegimaschili sono una vera iniquità. Se l’uomo diversificadalla donna per certi caratteri, o sotto certi aspetti, oltrequelli della sessualità, tali differenze non sono per nullapiù marcate di quelle che sovente s’incontrano tra uomoe uomo, tra donna e donna. Per cui se gli uomini, mal-grado le loro differenze, si considerano ciò nullamenoeguali tra loro, non si capisce (non lo ripeteremo maitanto che basti) perchè non si debbano considerare egua-li l’uomo e la donna, a meno che non si voglia tenersifermi a questo bel ragionamento, cioè «che la donnadeve obbedire.... perchè deve obbedire e l’uomo devecomandare.... perchè deve comandare».

VI.Maternità, Assurdità delle due morali.

Si va dicendo da tutti che la principale missione delladonna è la maternità ed intanto la società ha stabilito chela donna non debba divenir madre all’infuori del matri-monio. Gli uomini possono ammogliarsi o rimaner sca-poli a loro posta. Tutto va sempre bene per essi. Sonosempre stimabili e stimati nell’uno e nell’altro caso. Sesi ammogliano hanno i piaceri del matrimonio e insiemele cure e i carichi che vanno ad esso uniti. Se non si am-mogliano hanno più svariati piaceri ancora, tra leciti edilleciti, e sono esenti dalle noie e dai crucci inseparabilidalla direzione di una famiglia. Ove non fosse per segui-

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cietà, per lo meno nella stessa maniera, e che i privilegimaschili sono una vera iniquità. Se l’uomo diversificadalla donna per certi caratteri, o sotto certi aspetti, oltrequelli della sessualità, tali differenze non sono per nullapiù marcate di quelle che sovente s’incontrano tra uomoe uomo, tra donna e donna. Per cui se gli uomini, mal-grado le loro differenze, si considerano ciò nullamenoeguali tra loro, non si capisce (non lo ripeteremo maitanto che basti) perchè non si debbano considerare egua-li l’uomo e la donna, a meno che non si voglia tenersifermi a questo bel ragionamento, cioè «che la donnadeve obbedire.... perchè deve obbedire e l’uomo devecomandare.... perchè deve comandare».

VI.Maternità, Assurdità delle due morali.

Si va dicendo da tutti che la principale missione delladonna è la maternità ed intanto la società ha stabilito chela donna non debba divenir madre all’infuori del matri-monio. Gli uomini possono ammogliarsi o rimaner sca-poli a loro posta. Tutto va sempre bene per essi. Sonosempre stimabili e stimati nell’uno e nell’altro caso. Sesi ammogliano hanno i piaceri del matrimonio e insiemele cure e i carichi che vanno ad esso uniti. Se non si am-mogliano hanno più svariati piaceri ancora, tra leciti edilleciti, e sono esenti dalle noie e dai crucci inseparabilidalla direzione di una famiglia. Ove non fosse per segui-

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re l’usanza, che ha sugli uomini e sulle donne un fascinoirresistibile, non si comprenderebbe guari perchè si am-mogliano gli uomini.... che si ammogliano. Eglino sonsicuri di potersi sempre trovare una moglie, qualunquesia l’età in cui si trovano; non hanno bisogno d’affrettar-si; possono divertirsi quanto lor piace.

Se poi giunge un tempo in cui, sazj d’ogni sorta dipiaceri i più disordinati, sentono il bisogno di un po’ dicalma o il desiderio li punge di godere le delizie del di-spotismo, più o meno moderato, pensano al matrimonio.La paternità non dà loro molti pensieri fuori del matri-monio; essi sono padri solo quando vogliono esserlo. Senon hanno i mezzi di mantenere i loro figli ed allevarli,o se non vogliono prendersi le brighe della paternità nefanno di meno, ma per le donne è tutt’altra cosa. Quelleche intendono maritarsi (e questo tutte lo desideranoperchè è per esse una necessità) devono affrettarsi ed ac-cettare, per così dire, il primo partito che capita, quandoloro capita, per timore che niun altro più si presenti edover poi rimanere forzatamente zitelle per tutta la vita.

Senza voler, per ora, indagare quanto vi possa esseredi vero in questa sentenza – La principale missione del-la donna è la maternità – Come accade, domando io,che una donna divenuta madre senza essere maritata èdisprezzata da tutti e si trova nella dura necessità di na-scondersi per dare la vita alla sua creatura, o rassegnarsia tutta una vita di disonore, d’umiliazione e di miseria?Se le riesce di nascondersi che farà del suo bambino?Metterlo all’Ospizio? Uccidersi con lui? Prenderne

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re l’usanza, che ha sugli uomini e sulle donne un fascinoirresistibile, non si comprenderebbe guari perchè si am-mogliano gli uomini.... che si ammogliano. Eglino sonsicuri di potersi sempre trovare una moglie, qualunquesia l’età in cui si trovano; non hanno bisogno d’affrettar-si; possono divertirsi quanto lor piace.

Se poi giunge un tempo in cui, sazj d’ogni sorta dipiaceri i più disordinati, sentono il bisogno di un po’ dicalma o il desiderio li punge di godere le delizie del di-spotismo, più o meno moderato, pensano al matrimonio.La paternità non dà loro molti pensieri fuori del matri-monio; essi sono padri solo quando vogliono esserlo. Senon hanno i mezzi di mantenere i loro figli ed allevarli,o se non vogliono prendersi le brighe della paternità nefanno di meno, ma per le donne è tutt’altra cosa. Quelleche intendono maritarsi (e questo tutte lo desideranoperchè è per esse una necessità) devono affrettarsi ed ac-cettare, per così dire, il primo partito che capita, quandoloro capita, per timore che niun altro più si presenti edover poi rimanere forzatamente zitelle per tutta la vita.

Senza voler, per ora, indagare quanto vi possa esseredi vero in questa sentenza – La principale missione del-la donna è la maternità – Come accade, domando io,che una donna divenuta madre senza essere maritata èdisprezzata da tutti e si trova nella dura necessità di na-scondersi per dare la vita alla sua creatura, o rassegnarsia tutta una vita di disonore, d’umiliazione e di miseria?Se le riesce di nascondersi che farà del suo bambino?Metterlo all’Ospizio? Uccidersi con lui? Prenderne

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cura? Ma buon Dio quante difficoltà! E se manca deimezzi necessari per vivere? E il pubblico disprezzo?Metterlo all’Ospizio, vale a dire abbandonarlo, condan-narlo ad una vita miserabile, spregiata come la sua?Crudele alternativa! Talvolta ella s’appiglia ad un partitodisperato e s’uccide con esso. Tal altra uccide soltanto lapovera creaturina non già perchè sia una madre snatura-ta, senza cuore, come la gente crede, ma perchè il pen-siero del disonore, la vergogna, la miseria che l’aspetta-no essa e il suo bambino, per la sempre crescente diffi-coltà di trovar lavoro, le turbano e sconvolgono il cer-vello, già tanto debole in quei primi momenti, e la di-sgraziata posta, come suol dirsi, tra due fuochi perde latesta nè più sa quello che si faccia.

E la società fredda, spietata, cieca, incoerente scagliale sue maledizioni sulle donne infanticide, quasi fosserotanti mostri da fare inorridire la natura, e non pensa che,se tutte le donne che uccidono il frutto delle loro viscere(delle quali il numero è abbastanza ragguardevole se, ol-tre a tutti i casi conosciuti di aborto volontario od’infanticidio, vogliasi tener calcolo anche di tutti quelliche si poterono celare e che forse sono in maggior nu-mero ancora), se, dico, tutte le donne colpevoli d’infan-ticidio fossero feroci e crudeli verrebbe a smentirsi ildetto comune: che la natura pose nel cuore di tutte lemadri un indistruttibile affetto pei loro nati, e potrebbedirsi che la donna sovente sente meno l’amor maternodegli stessi animali. La verità è questa che, per quantosia forte in generale, l’amor materno non giunge però

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cura? Ma buon Dio quante difficoltà! E se manca deimezzi necessari per vivere? E il pubblico disprezzo?Metterlo all’Ospizio, vale a dire abbandonarlo, condan-narlo ad una vita miserabile, spregiata come la sua?Crudele alternativa! Talvolta ella s’appiglia ad un partitodisperato e s’uccide con esso. Tal altra uccide soltanto lapovera creaturina non già perchè sia una madre snatura-ta, senza cuore, come la gente crede, ma perchè il pen-siero del disonore, la vergogna, la miseria che l’aspetta-no essa e il suo bambino, per la sempre crescente diffi-coltà di trovar lavoro, le turbano e sconvolgono il cer-vello, già tanto debole in quei primi momenti, e la di-sgraziata posta, come suol dirsi, tra due fuochi perde latesta nè più sa quello che si faccia.

E la società fredda, spietata, cieca, incoerente scagliale sue maledizioni sulle donne infanticide, quasi fosserotanti mostri da fare inorridire la natura, e non pensa che,se tutte le donne che uccidono il frutto delle loro viscere(delle quali il numero è abbastanza ragguardevole se, ol-tre a tutti i casi conosciuti di aborto volontario od’infanticidio, vogliasi tener calcolo anche di tutti quelliche si poterono celare e che forse sono in maggior nu-mero ancora), se, dico, tutte le donne colpevoli d’infan-ticidio fossero feroci e crudeli verrebbe a smentirsi ildetto comune: che la natura pose nel cuore di tutte lemadri un indistruttibile affetto pei loro nati, e potrebbedirsi che la donna sovente sente meno l’amor maternodegli stessi animali. La verità è questa che, per quantosia forte in generale, l’amor materno non giunge però

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sino alla sublimità dell’eroismo che presso le nature pri-vilegiate e magnanime; per cui, in una grande quantitàdi casi, benchè tale amore esista presso quasi tutte lemadri, è vinto non di rado, da altre passioni e sopra tut-to, dalla vergogna, dal timore di vedersi disonorata, av-vilita, spregiata da tutti.

Io sono intimamente convinta che fra tutte le donnecolpevoli d’infanticidio non una forse su mille avrebbecommesso simile delitto ove la società e l’opinione pub-blica fossero state con esse più miti, più indulgenti e, di-ciamolo pure francamente, più giuste.

Un brivido mi corre per l’ossa al pensiero di tantesventurate che salirono sul patibolo per un momentaneodelirio, cagionato dal terrore di quella tremenda posizio-ne! La maggior parte di esse avrebbe forse fatto dellebuone madri di famiglia se quelli che le sedussero neavessero fatto le loro mogli. E la legge, una legge fattadall’uomo solo, può giudicare delitti di questa natura!Può, senza un rimorso al mondo, inviare tranquillamen-te a morte queste povere donne come condannerebbe ladonna maritata, di agiata condizione che, per pura per-versità di cuore commettesse un sì orribile misfatto!

Il vero colpevole di tutti questi delitti, di tutte questemiserie della donna, chi non lo vede? È la legge stessa.Parlo ora della legge sociale. Legge eminentemente in-giusta e fatta sempre dall’uomo solo.

Quando mai poterono essere trovate giuste le leggifatte pel servo, dal solo padrone; quelle fatte pei sudditida un monarca dispotico ed assoluto; quelle fatte pegli

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sino alla sublimità dell’eroismo che presso le nature pri-vilegiate e magnanime; per cui, in una grande quantitàdi casi, benchè tale amore esista presso quasi tutte lemadri, è vinto non di rado, da altre passioni e sopra tut-to, dalla vergogna, dal timore di vedersi disonorata, av-vilita, spregiata da tutti.

Io sono intimamente convinta che fra tutte le donnecolpevoli d’infanticidio non una forse su mille avrebbecommesso simile delitto ove la società e l’opinione pub-blica fossero state con esse più miti, più indulgenti e, di-ciamolo pure francamente, più giuste.

Un brivido mi corre per l’ossa al pensiero di tantesventurate che salirono sul patibolo per un momentaneodelirio, cagionato dal terrore di quella tremenda posizio-ne! La maggior parte di esse avrebbe forse fatto dellebuone madri di famiglia se quelli che le sedussero neavessero fatto le loro mogli. E la legge, una legge fattadall’uomo solo, può giudicare delitti di questa natura!Può, senza un rimorso al mondo, inviare tranquillamen-te a morte queste povere donne come condannerebbe ladonna maritata, di agiata condizione che, per pura per-versità di cuore commettesse un sì orribile misfatto!

Il vero colpevole di tutti questi delitti, di tutte questemiserie della donna, chi non lo vede? È la legge stessa.Parlo ora della legge sociale. Legge eminentemente in-giusta e fatta sempre dall’uomo solo.

Quando mai poterono essere trovate giuste le leggifatte pel servo, dal solo padrone; quelle fatte pei sudditida un monarca dispotico ed assoluto; quelle fatte pegli

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schiavi, dal proprietario di essi; quelle fatte pei lavoran-ti, dai soli capitalisti, e via dicendo? Chi conosce al-quanto l’umana natura sa che ciò è affatto impossibile,ed il codice, è cosa più che certa, sarebbe tutt’altro diquello che egli è, se le due parti, l’uomo e la donna,avessero potuto intendersi prima di stabilirlo, basandosiper questo sulla ragione di tutti e due.

Ora, ritornando a quello che io diceva, sulla materni-tà, questa principale qualità della donna, io nuovamentedomando: Perchè fargliene dunque una colpa, quandonon è legittima? Perchè costringerla a fingere, a mentire,a nascondersi? Mi si risponde: Per essere madre onoratala donna deve prima maritarsi. – Bene, sia pure. Ma puòla donna maritarsi come, quando e con chi vuole? – No;deve aspettare di esser chiesta in moglie. – E se nessunola chiede? – In tal caso si conservi zitella. – Ma allorache diviene la vostra massima: La donna è nata per es-ser madre? E poi, conservarsi casta per tutta la vita èpresto detto, ma credete che sia cosa tanto facile, nondico per tutte, ma per molte e molte? Non tutte le donnesono dotate di un temperamento calmo, freddo, tranquil-lo. Tuttavia se voi voleste, o signori, esser tanto compia-centi da darne loro l’esempio sono sicura che tutte sa-prebbero imitarvi. Come oserete parlar loro di castità as-soluta mentre voi, o signori, date al mondo continueprove che la credete una virtù impossibile? Voi sembratepersuasi che la donna può e deve esser casta, ma, perconto vostro, pare che consideriate la castità, non piùuna virtù necessaria, ma piuttosto una vera impossibili-

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schiavi, dal proprietario di essi; quelle fatte pei lavoran-ti, dai soli capitalisti, e via dicendo? Chi conosce al-quanto l’umana natura sa che ciò è affatto impossibile,ed il codice, è cosa più che certa, sarebbe tutt’altro diquello che egli è, se le due parti, l’uomo e la donna,avessero potuto intendersi prima di stabilirlo, basandosiper questo sulla ragione di tutti e due.

Ora, ritornando a quello che io diceva, sulla materni-tà, questa principale qualità della donna, io nuovamentedomando: Perchè fargliene dunque una colpa, quandonon è legittima? Perchè costringerla a fingere, a mentire,a nascondersi? Mi si risponde: Per essere madre onoratala donna deve prima maritarsi. – Bene, sia pure. Ma puòla donna maritarsi come, quando e con chi vuole? – No;deve aspettare di esser chiesta in moglie. – E se nessunola chiede? – In tal caso si conservi zitella. – Ma allorache diviene la vostra massima: La donna è nata per es-ser madre? E poi, conservarsi casta per tutta la vita èpresto detto, ma credete che sia cosa tanto facile, nondico per tutte, ma per molte e molte? Non tutte le donnesono dotate di un temperamento calmo, freddo, tranquil-lo. Tuttavia se voi voleste, o signori, esser tanto compia-centi da darne loro l’esempio sono sicura che tutte sa-prebbero imitarvi. Come oserete parlar loro di castità as-soluta mentre voi, o signori, date al mondo continueprove che la credete una virtù impossibile? Voi sembratepersuasi che la donna può e deve esser casta, ma, perconto vostro, pare che consideriate la castità, non piùuna virtù necessaria, ma piuttosto una vera impossibili-

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tà, anzi, una ridicolaggine e direi quasi una vergogna.Tutti i filosofi, siano spiritualisti ovvero materialisti, tut-ti i moralisti si accordano nel dir che l’amore è un biso-gno del cuore umano.

Or come soddisferanno a questo bisogno le donne chenon si maritano? Vi è l’amor platonico, mi si dirà, e diquesto forse intendono parlare i filosofi ed i moralisti.Nessuno al mondo rispetta ed ammira più di me l’amorplatonico ma, perchè esso fosse possibile, bisognerebbeche vi fossero uomini che se ne contentassero, e dovetrovare questi uomini? E dopo tutto, mi si permetta ildirlo, la natura fisica ha pure le sue esigenze, che sonotanto legittime e rispettabili quanto quelle della naturamorale e senza le quali l’umanità si estinguerebbe.

Sapreste dirmi, o signori, in cortesia, perchè quandotrattasi del vostro sesso, voi considerate l’amor fisicoquale un bisogno; ne fate una quistione di salute e quan-do trattasi del nostro, il bisogno e la salute scompaionoad un tratto e più nessuno ne parla? Se mai vi figurasteche le donne non hanno gli stessi bisogni vostri chiede-tene ad un medico che sia anche un tantino filosofo esentirete quali terribili sconcerti la castità forzata produ-ce nella salute di quelle sventurate che si rinchiudononei chiostri. Tutti compiangono la misera sorte di quellepovere sacrificate che, illuse da un falso concetto reli-gioso, credettero non poter salvare l’anima se non a pat-to di martoriare il corpo, e tale compianto è giusto, è ge-neroso ma come poi conciliare questo lodevole senso disimpatia per quelle infelici che, finalmente si sono (dob-

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tà, anzi, una ridicolaggine e direi quasi una vergogna.Tutti i filosofi, siano spiritualisti ovvero materialisti, tut-ti i moralisti si accordano nel dir che l’amore è un biso-gno del cuore umano.

Or come soddisferanno a questo bisogno le donne chenon si maritano? Vi è l’amor platonico, mi si dirà, e diquesto forse intendono parlare i filosofi ed i moralisti.Nessuno al mondo rispetta ed ammira più di me l’amorplatonico ma, perchè esso fosse possibile, bisognerebbeche vi fossero uomini che se ne contentassero, e dovetrovare questi uomini? E dopo tutto, mi si permetta ildirlo, la natura fisica ha pure le sue esigenze, che sonotanto legittime e rispettabili quanto quelle della naturamorale e senza le quali l’umanità si estinguerebbe.

Sapreste dirmi, o signori, in cortesia, perchè quandotrattasi del vostro sesso, voi considerate l’amor fisicoquale un bisogno; ne fate una quistione di salute e quan-do trattasi del nostro, il bisogno e la salute scompaionoad un tratto e più nessuno ne parla? Se mai vi figurasteche le donne non hanno gli stessi bisogni vostri chiede-tene ad un medico che sia anche un tantino filosofo esentirete quali terribili sconcerti la castità forzata produ-ce nella salute di quelle sventurate che si rinchiudononei chiostri. Tutti compiangono la misera sorte di quellepovere sacrificate che, illuse da un falso concetto reli-gioso, credettero non poter salvare l’anima se non a pat-to di martoriare il corpo, e tale compianto è giusto, è ge-neroso ma come poi conciliare questo lodevole senso disimpatia per quelle infelici che, finalmente si sono (dob-

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biamo supporlo) volontariamente immolate, con la pre-tensione che ha la società d’imporre a tutte le donne nonmaritate quella medesima castità assoluta che si deploranelle monache? Si sa che non dipende sempre dalla don-na il maritarsi; sono anzi biasimate, criticate, messe inridicolo le giovani che s’industriano per trovare un ma-rito (che si pretende d’altra parte tanto necessario) e sivuole che non amino, che non diventino madri se nonche unite in legittimo matrimonio! È sostenibile un si-mile stato di cose? È logico? È possibile? Io me ne ap-pello al buon senso di tutti, anzi al semplice senso co-mune. Eppure tale è la legge che, da tempo immemora-bile, l’opinione pubblica impone alla donna.

Conoscete sicuramente il fatto di quel sultano, deitempi andati, che aveva finalmente creduto bene di ac-condiscendere alla domanda che gli fecero le donne dipoter uscire di casa, mediante che fossero munite di sti-valetti; indi proibì, sotto severissime pene, ad ogni cal-zolaio di fabbricare stivaletti da donna. Siccome non erapossibile eludere la legge proibitiva così il permesso di-ventava nullo. Similmente la nostra società, cui sta im-mensamente a cuore la morale.... femminile, vedrebbevolentieri tutte le donne maritate, affinchè nessuna fossesacrificata ed in pari tempo fosse salva la loro morale.Essa vorrebbe, in tutta buona fede, che ogni donna dive-nisse madre legittimamente, ed evitare così ogni disono-re, ma non avrebbe nulla a dire in contrario se tutti gliuomini preferissero la loro libertà al giogo matrimonia-le, poichè infine il matrimonio non è obbligatorio ma fa-

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biamo supporlo) volontariamente immolate, con la pre-tensione che ha la società d’imporre a tutte le donne nonmaritate quella medesima castità assoluta che si deploranelle monache? Si sa che non dipende sempre dalla don-na il maritarsi; sono anzi biasimate, criticate, messe inridicolo le giovani che s’industriano per trovare un ma-rito (che si pretende d’altra parte tanto necessario) e sivuole che non amino, che non diventino madri se nonche unite in legittimo matrimonio! È sostenibile un si-mile stato di cose? È logico? È possibile? Io me ne ap-pello al buon senso di tutti, anzi al semplice senso co-mune. Eppure tale è la legge che, da tempo immemora-bile, l’opinione pubblica impone alla donna.

Conoscete sicuramente il fatto di quel sultano, deitempi andati, che aveva finalmente creduto bene di ac-condiscendere alla domanda che gli fecero le donne dipoter uscire di casa, mediante che fossero munite di sti-valetti; indi proibì, sotto severissime pene, ad ogni cal-zolaio di fabbricare stivaletti da donna. Siccome non erapossibile eludere la legge proibitiva così il permesso di-ventava nullo. Similmente la nostra società, cui sta im-mensamente a cuore la morale.... femminile, vedrebbevolentieri tutte le donne maritate, affinchè nessuna fossesacrificata ed in pari tempo fosse salva la loro morale.Essa vorrebbe, in tutta buona fede, che ogni donna dive-nisse madre legittimamente, ed evitare così ogni disono-re, ma non avrebbe nulla a dire in contrario se tutti gliuomini preferissero la loro libertà al giogo matrimonia-le, poichè infine il matrimonio non è obbligatorio ma fa-

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coltativo. Nel caso del sultano era il permesso che dive-niva nullo, nel caso nostro è la proibizione.

Insomma quando una legge vieta da una parte e per-mette dall’altra una medesima cosa, o io sono affattofuori strada e non conosco neppure l’abbiccì della logi-ca, o questa legge è assurda, contraddittoria, impossibi-le. E finchè tal legge sussisterà è vano sperare che le po-polazioni si moralizzino. I libertini non cesseranno diesser tali finchè il libertinaggio continuerà ad essere ne-gli uomini, non solo tollerato ma quasi lodato (se noncol detto almeno col fatto) e finchè vi saranno uomini li-bertini vi saranno donne che li somigliano; e più vi sa-ranno uomini viziosi più crescerà il numero delle donneloro pari. Perchè ciò non fosse bisognerebbe poter sup-porre conciliabili la virtù, l’onestà, la riserbatezza, la ca-stità di tutte le donne col libertinaggio, la dissolutezza oanche soltanto colla galanteria di tutti gli uomini. Machi non vede essere questa una palese assurdità? In que-sto genere di colpe un sesso non può peccare senzal’altro. Laonde, o entrambi condannati o assolti entram-bi.

Per un osservatore che si ponga a meditare sull’anda-mento delle cose umane e le esamini proiettandovi soprai raggi luminosi della ragione è oggetto di somma mera-viglia il vedere come gli errori più evidenti, le istituzionipiù manifestamente perniciose a tutto l’uman genere, lecose più palesemente ingiuste siano tanto difficili a di-struggere ed estirpare che se anche si riescisse, per unaipotesi, a convincere coi più sodi ragionamenti, uno per

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coltativo. Nel caso del sultano era il permesso che dive-niva nullo, nel caso nostro è la proibizione.

Insomma quando una legge vieta da una parte e per-mette dall’altra una medesima cosa, o io sono affattofuori strada e non conosco neppure l’abbiccì della logi-ca, o questa legge è assurda, contraddittoria, impossibi-le. E finchè tal legge sussisterà è vano sperare che le po-polazioni si moralizzino. I libertini non cesseranno diesser tali finchè il libertinaggio continuerà ad essere ne-gli uomini, non solo tollerato ma quasi lodato (se noncol detto almeno col fatto) e finchè vi saranno uomini li-bertini vi saranno donne che li somigliano; e più vi sa-ranno uomini viziosi più crescerà il numero delle donneloro pari. Perchè ciò non fosse bisognerebbe poter sup-porre conciliabili la virtù, l’onestà, la riserbatezza, la ca-stità di tutte le donne col libertinaggio, la dissolutezza oanche soltanto colla galanteria di tutti gli uomini. Machi non vede essere questa una palese assurdità? In que-sto genere di colpe un sesso non può peccare senzal’altro. Laonde, o entrambi condannati o assolti entram-bi.

Per un osservatore che si ponga a meditare sull’anda-mento delle cose umane e le esamini proiettandovi soprai raggi luminosi della ragione è oggetto di somma mera-viglia il vedere come gli errori più evidenti, le istituzionipiù manifestamente perniciose a tutto l’uman genere, lecose più palesemente ingiuste siano tanto difficili a di-struggere ed estirpare che se anche si riescisse, per unaipotesi, a convincere coi più sodi ragionamenti, uno per

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uno preso a parte, tutti gl’individui componenti una na-zione, non si sarebbe ancora fatto nulla perchè tutte que-ste persone, tuttochè convinte del grave danno che esseproducono e della grande utilità di una radicale riforma,continuerebbero a regolarsi esattamente come per lo in-nanzi, quando credevano alla bontà di quelle cose. Percui, chi ragiona seriamente non può a meno di conclude-re che gli uomini, prima di giungere a regolarsi secondoi dettami della ragione devono per una lunghissima seriedi secoli regolarsi dietro l’esempio di quelli che visseroprima di loro, vale a dire, seguire ciecamente la tradizio-ne, l’uso, la consuetudine, l’esempio. Qui si trova, a miocredere, la giusta e vera spiegazione di tutte le contrad-dizioni che sorprendono il pensatore.

Noi siamo, ad esempio, presentemente sorpresi comenell’India e segnatamente nel Madnbur, dove le vedoveardevansi vive sul rogo istesso che consumava il cada-vere del marito, le donne vi si maritassero colla stessafacilità con cui si maritano in altri luoghi e ci chiediamocome mai potevano, volontariamente, andare incontroad un sì funesto destino? La cosa è semplicissima. Erala tradizione, la consuetudine.

È difficilissima cosa il persuadere individui isolati afare alcuna cosa giusta e ragionevole se questa è contra-ria all’uso, alle abitudini stabilite ma con un po’ d’elo-quenza e secondati da favorevoli circostanze talunigiungono facilmente a fanatizzare tutto un popolo, anzi,parecchi popoli od a far loro commettere non solo i piùcrudeli delitti ma ben anche le azioni più pazze perchè

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uno preso a parte, tutti gl’individui componenti una na-zione, non si sarebbe ancora fatto nulla perchè tutte que-ste persone, tuttochè convinte del grave danno che esseproducono e della grande utilità di una radicale riforma,continuerebbero a regolarsi esattamente come per lo in-nanzi, quando credevano alla bontà di quelle cose. Percui, chi ragiona seriamente non può a meno di conclude-re che gli uomini, prima di giungere a regolarsi secondoi dettami della ragione devono per una lunghissima seriedi secoli regolarsi dietro l’esempio di quelli che visseroprima di loro, vale a dire, seguire ciecamente la tradizio-ne, l’uso, la consuetudine, l’esempio. Qui si trova, a miocredere, la giusta e vera spiegazione di tutte le contrad-dizioni che sorprendono il pensatore.

Noi siamo, ad esempio, presentemente sorpresi comenell’India e segnatamente nel Madnbur, dove le vedoveardevansi vive sul rogo istesso che consumava il cada-vere del marito, le donne vi si maritassero colla stessafacilità con cui si maritano in altri luoghi e ci chiediamocome mai potevano, volontariamente, andare incontroad un sì funesto destino? La cosa è semplicissima. Erala tradizione, la consuetudine.

È difficilissima cosa il persuadere individui isolati afare alcuna cosa giusta e ragionevole se questa è contra-ria all’uso, alle abitudini stabilite ma con un po’ d’elo-quenza e secondati da favorevoli circostanze talunigiungono facilmente a fanatizzare tutto un popolo, anzi,parecchi popoli od a far loro commettere non solo i piùcrudeli delitti ma ben anche le azioni più pazze perchè

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evidentemente dannose ad essi medesimi. Qui la cosa sispiega non più colla tradizione ma coll’esempio checome tutti sanno, è contagioso. La storia delle crociatene è una prova.

Ai giorni nostri, in mezzo a tanta luce di civiltà, nelsecolo del vapore, dell’elettricità, della fotografia comesi spiega che siano tuttora possibili le atroci guerre deitempi barbari? Come conciliare i frequenti duelli pei piùfrivoli motivi col naturale timore della morte che gli uo-mini hanno al pari di tutte le creature? Colla parola –Consuetudine. –

La differenza colla quale la Società suole giudicare leazioni dell’uomo e della donna, perciò che riflette i co-stumi, è certamente la più grande ingiustizia del mondomoderno, poichè da questa ne sorgono mille altre, tra lequali va messa in prima fila quella che pretende stima-tizzare, e stimatizza realmente, la donna che vende isuoi vezzi ed assolve ad unanimità l’uomo che li com-pra. La cosa sta proprio in questi precisi termini. ÈLECITO COMPERARE CIÒ CHE È VIETATO DI VENDERE!!!1

1 Nei tristi tempi della schiavitù femminile e maschile i governi che la vieta-vano estendevano la proibizione anche al compratore, sebbene anche allorai ricchi che comperavano gli schiavi fossero generalmente stimati e si ver-sasse il disprezzo solamente sul mercante che li vendeva. In ogni altro caso,adesso come allora, chi viene sorpreso nella vendita di oggetti proibiti, è to-sto arrestato, imprigionato nonchè il compratore. Nel caso nostro invece èdichiarato colpevole di contravvenzione alla legge il venditore soltanto, edabbiamo il deplorabile esempio di governi che dicono apertamente ai ven-ditori: — In nome della moralità noi dichiariamo proibita la vostra merce,ma se malgrado il nostro divieto la volete pur vendere pagateci un tanto evendete quanto vi piace, a patto però che si continui a considerare sempreproibita la vostra merce. — Non par vero che governi che si rispettano pos-

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evidentemente dannose ad essi medesimi. Qui la cosa sispiega non più colla tradizione ma coll’esempio checome tutti sanno, è contagioso. La storia delle crociatene è una prova.

Ai giorni nostri, in mezzo a tanta luce di civiltà, nelsecolo del vapore, dell’elettricità, della fotografia comesi spiega che siano tuttora possibili le atroci guerre deitempi barbari? Come conciliare i frequenti duelli pei piùfrivoli motivi col naturale timore della morte che gli uo-mini hanno al pari di tutte le creature? Colla parola –Consuetudine. –

La differenza colla quale la Società suole giudicare leazioni dell’uomo e della donna, perciò che riflette i co-stumi, è certamente la più grande ingiustizia del mondomoderno, poichè da questa ne sorgono mille altre, tra lequali va messa in prima fila quella che pretende stima-tizzare, e stimatizza realmente, la donna che vende isuoi vezzi ed assolve ad unanimità l’uomo che li com-pra. La cosa sta proprio in questi precisi termini. ÈLECITO COMPERARE CIÒ CHE È VIETATO DI VENDERE!!!1

1 Nei tristi tempi della schiavitù femminile e maschile i governi che la vieta-vano estendevano la proibizione anche al compratore, sebbene anche allorai ricchi che comperavano gli schiavi fossero generalmente stimati e si ver-sasse il disprezzo solamente sul mercante che li vendeva. In ogni altro caso,adesso come allora, chi viene sorpreso nella vendita di oggetti proibiti, è to-sto arrestato, imprigionato nonchè il compratore. Nel caso nostro invece èdichiarato colpevole di contravvenzione alla legge il venditore soltanto, edabbiamo il deplorabile esempio di governi che dicono apertamente ai ven-ditori: — In nome della moralità noi dichiariamo proibita la vostra merce,ma se malgrado il nostro divieto la volete pur vendere pagateci un tanto evendete quanto vi piace, a patto però che si continui a considerare sempreproibita la vostra merce. — Non par vero che governi che si rispettano pos-

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Ogni volta che sento parlare nei termini più obbro-briosi di donne perdute, da uomini che spesso le sorpas-sano in dissolutezze; ogni volta che li sento lamentarsidella crescente demoralizzazione femminile mi pare disentire una nota falsa, un’orribile stuonatura. Ben pochisono gli uomini che non siano stati almeno una voltanella loro vita in qualche casa di tolleranza. Non sonosoltanto gli uomini scostumati; non sono soltanto gli uo-mini delle basse classi che frequentano, più o meno assi-duamente, tali luoghi. Quelle donne affermano che uo-mini d’ogni rango, d’ogni condizione, d’ogni età, celibi,ammogliati, rispettabili padri di famiglia si recano a vi-sitarle e non si sanno persuadere perchè esse debbanoessere un oggetto di esecrazione per tutti mentre gli uo-mini che frequentano le loro case sono stimati, onesti,puri e sono sempre persone come si deve. Io, lo confes-so, non so loro dar torto e tale inconseguenza mi paretanto mostruosa da valere la pena di metterla in pienaluce mediante una similitudine.

Che cosa pensereste, signore e signori, di un’associa-zione di malfattori che, a proprio rischio e pericolo, dinotte tempo, andasse, con chiavi false, derubando i paci-fici e tranquilli cittadini di mille diversi oggetti, più omeno preziosi, e li vendesse poscia segretamente a vilis-simo prezzo, dimodochè il profitto di questa società siriducesse a ben poca cosa passando per nove deciminelle tasche dei compratori? Naturalmente le persone

sano regolarsi a questo modo, ma la consuetudine è quella che fa tollerare etrovar buone perfino le cose più detestabili.

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Ogni volta che sento parlare nei termini più obbro-briosi di donne perdute, da uomini che spesso le sorpas-sano in dissolutezze; ogni volta che li sento lamentarsidella crescente demoralizzazione femminile mi pare disentire una nota falsa, un’orribile stuonatura. Ben pochisono gli uomini che non siano stati almeno una voltanella loro vita in qualche casa di tolleranza. Non sonosoltanto gli uomini scostumati; non sono soltanto gli uo-mini delle basse classi che frequentano, più o meno assi-duamente, tali luoghi. Quelle donne affermano che uo-mini d’ogni rango, d’ogni condizione, d’ogni età, celibi,ammogliati, rispettabili padri di famiglia si recano a vi-sitarle e non si sanno persuadere perchè esse debbanoessere un oggetto di esecrazione per tutti mentre gli uo-mini che frequentano le loro case sono stimati, onesti,puri e sono sempre persone come si deve. Io, lo confes-so, non so loro dar torto e tale inconseguenza mi paretanto mostruosa da valere la pena di metterla in pienaluce mediante una similitudine.

Che cosa pensereste, signore e signori, di un’associa-zione di malfattori che, a proprio rischio e pericolo, dinotte tempo, andasse, con chiavi false, derubando i paci-fici e tranquilli cittadini di mille diversi oggetti, più omeno preziosi, e li vendesse poscia segretamente a vilis-simo prezzo, dimodochè il profitto di questa società siriducesse a ben poca cosa passando per nove deciminelle tasche dei compratori? Naturalmente le persone

sano regolarsi a questo modo, ma la consuetudine è quella che fa tollerare etrovar buone perfino le cose più detestabili.

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oneste avrebbero ragione di gridare contro i malandrini,di parlarne con isdegno, di fuggirli, di odiarli non poten-doli distruggere, ma come chiameremo noi gli onesticompratori che, senza correre rischio alcuno, col bottinonella scarsella avessero l’impudenza di gridare più altodegli altri: — Si arrestino i ladri. Morte ai vili depreda-tori delle nostre sostanze? — Non vi parrebbe questauna solenne ipocrisia? Non vi parrebbero questi spudo-rati compratori più infami e spregevoli degli stessi ladri?Eppure il paragone non è ancora abbastanza esatto. Per-chè calzasse proprio a pennello bisognerebbe ancorasupporre che questi compratori di oggetti rubati nonavessero nessuna necessità di nasconderli; che fosseloro lecito, mentre gridano – abbasso i ladri – di mostra-re a fronte alta, in atto di trionfo, il loro infame bottino.Qui la cosa diventa tanto enorme che riesce impossibilequalificarla.

Ebbene! Questa è la situazione di una gran quantitàd’uomini reputati onesti, quando osano vantarsi dei lorosegreti e vergognosi piaceri, e nello stesso tempo credo-no rendere omaggio alla morale vituperando le lorocompagne. In verità, se tali cose non si vedessero, non sipotrebbero, non che credere, immaginare. – Ho parago-nato le donne di mala vita ai ladri, ma debbo aggiunge-re, per debito di giustizia, che quelle infelici non rubanonulla a nessuno tranne che la fama e l’onore a loro me-desime. Per me, non lo nascondo, vi è qualche cosa diben più infame, di ben più ignobile che una donna per-duta. È l’uomo che confessa di averne bisogno, che

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oneste avrebbero ragione di gridare contro i malandrini,di parlarne con isdegno, di fuggirli, di odiarli non poten-doli distruggere, ma come chiameremo noi gli onesticompratori che, senza correre rischio alcuno, col bottinonella scarsella avessero l’impudenza di gridare più altodegli altri: — Si arrestino i ladri. Morte ai vili depreda-tori delle nostre sostanze? — Non vi parrebbe questauna solenne ipocrisia? Non vi parrebbero questi spudo-rati compratori più infami e spregevoli degli stessi ladri?Eppure il paragone non è ancora abbastanza esatto. Per-chè calzasse proprio a pennello bisognerebbe ancorasupporre che questi compratori di oggetti rubati nonavessero nessuna necessità di nasconderli; che fosseloro lecito, mentre gridano – abbasso i ladri – di mostra-re a fronte alta, in atto di trionfo, il loro infame bottino.Qui la cosa diventa tanto enorme che riesce impossibilequalificarla.

Ebbene! Questa è la situazione di una gran quantitàd’uomini reputati onesti, quando osano vantarsi dei lorosegreti e vergognosi piaceri, e nello stesso tempo credo-no rendere omaggio alla morale vituperando le lorocompagne. In verità, se tali cose non si vedessero, non sipotrebbero, non che credere, immaginare. – Ho parago-nato le donne di mala vita ai ladri, ma debbo aggiunge-re, per debito di giustizia, che quelle infelici non rubanonulla a nessuno tranne che la fama e l’onore a loro me-desime. Per me, non lo nascondo, vi è qualche cosa diben più infame, di ben più ignobile che una donna per-duta. È l’uomo che confessa di averne bisogno, che

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l’avvicina e la disprezza!Ora, come spiegare un sì atroce scempio della giusti-

zia, della morale e del buon senso, fatto in nome dellastessa morale? Come spiegare che uomini, buonid’altronde, rispettabili, onesti, specchiati, probi in tuttoil resto, consentano a rappresentare una così odiosa edignobile parte? Si spiega colla parola – Consuetudine. –So che sarebbe opera vana il cercare di persuadere lemasse che sono sempre le ultime a farsi trascinare versola verità, ma ho voluto tentare di persuadere, per mezzodei migliori argomenti che fossero a mia portata, i pochipensatori che la ragione e la giustizia antepongono adogni altro interesse. E qui pongo fine al mio dire chie-dendo scusa ai benevoli lettori se mi sono in questoscritto soverchiamente diffusa e qualche volta ripetuta,ma l’importanza del soggetto me ne fece quasi un dove-re. Puossi mai temere di dir troppo e di ripetersi quandosi difendono i proprii diritti disconosciuti; quando siparla della falsa educazione che, uomini e donne, rice-viamo, sopra tutto per ciò che riguarda la morale e i co-stumi?

Puossi temere di dir troppo quando trattasi di ottenerequella giustizia che ci venne sinora costantemente nega-ta? Io non lo credo e spero che non sarà di contrario pa-rere neppure la parte più istrutta e più colta dei miei let-tori.

Torino, 1° Aprile 1878.

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l’avvicina e la disprezza!Ora, come spiegare un sì atroce scempio della giusti-

zia, della morale e del buon senso, fatto in nome dellastessa morale? Come spiegare che uomini, buonid’altronde, rispettabili, onesti, specchiati, probi in tuttoil resto, consentano a rappresentare una così odiosa edignobile parte? Si spiega colla parola – Consuetudine. –So che sarebbe opera vana il cercare di persuadere lemasse che sono sempre le ultime a farsi trascinare versola verità, ma ho voluto tentare di persuadere, per mezzodei migliori argomenti che fossero a mia portata, i pochipensatori che la ragione e la giustizia antepongono adogni altro interesse. E qui pongo fine al mio dire chie-dendo scusa ai benevoli lettori se mi sono in questoscritto soverchiamente diffusa e qualche volta ripetuta,ma l’importanza del soggetto me ne fece quasi un dove-re. Puossi mai temere di dir troppo e di ripetersi quandosi difendono i proprii diritti disconosciuti; quando siparla della falsa educazione che, uomini e donne, rice-viamo, sopra tutto per ciò che riguarda la morale e i co-stumi?

Puossi temere di dir troppo quando trattasi di ottenerequella giustizia che ci venne sinora costantemente nega-ta? Io non lo credo e spero che non sarà di contrario pa-rere neppure la parte più istrutta e più colta dei miei let-tori.

Torino, 1° Aprile 1878.

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