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LA FIABA:
STRUMENTO EDUCATIVO
Gli studiosi che hanno avuto a che fare con lo
sviluppo e la formazione infantile si sono
avvicinati con sospetto alla fiaba come prodotto
educativo. E' chiaro che lo scopo primo per cui
veniva raccontata era quello di dare un
avvertimento morale ai bambini, perché spiegava
qualcosa che altrimenti sarebbe stato complesso
da spiegare, che i bambini non potevano
afferrare.
I racconti possono essere paragonati ai proverbi
che, nella lunga tradizione, rappresentano
un'insieme di istruzioni attraverso delle
immagini mentali.
Se gli studi sono riusciti a dimostrare il valore
terapeutico del racconto in grado, quindi di
esorcizzare le ansie e le paure dei bambini, i
pedagogisti moderni sono riusciti ad enfatizzare
il suo valore educativo e pedagogico.
Chiarire il significato di educazione può essere
utile per definire la funzione educativa della
fiaba. L'educazione viene generalmente intesa
come un metodo di guida, un'attività "che
modella, che forma, che plasma"1, impiegata per
la formazione del pensiero umano: implica non
solo una funzione formativa ma anche
informativa.
Ma l'educazione è anche intesa come sistema
attraverso cui la cultura si trasmette da una
generazione all'altra: trasmette comportamenti,
valori, simboli, idee e ideologie.
In questo senso la fiaba è definita un relitto
culturale perché nasce da antichi miti e riti che
sono stati conservati nella memoria collettiva e
trasmessi oralmente finché è stata raccolta da
alcuni studiosi che l'hanno fissata come folklore.
La fiaba ammonisce, trasmette istruzioni sui
comportamenti da assumere e veicola un
insegnamento morale che riesce
perfettamente ad adeguarsi
alle esigenze storiche e sociali
che caratterizzano il contesto
nel quale nasce e si diffonde.
Una comunicazione educativa
acquista sicuramente molto
interesse se è pensata e
proposta come racconto.
I racconti, che sono frutto sia del bisogno di
esprimere le esperienze personali, sia di
estrinsecare la propria fantasia, parlano di
formazione e agiscono sulla formazione
predisponendo all'esperienza, anticipando la sua
varietà e complessità anche nei suoi aspetti di
durezza e crudeltà. Lo stesso racconto si rende
pedagogico se è consapevole di essere racconto e
se lascia spazio al commento: così se un ricevente
è messo in grado di elaborarlo con relativa
autonomia, può esplicare il suo livello
metacognitivo.
La fiaba in tutto questo si identifica come uno
strumento efficace, rappresenta una sorta di
"copione" cioè una conoscenza globale della vita
quotidiana: una iniziale forma di classificazione
cui il bambino formerà successivi livelli di
"generalizzazione".
Tutte le storie presentano
qualche situazione caratterizzata
dal fatto che il personaggio
persegue uno scopo, effettua
azioni che in quella
cultura sono ritenute
appropriate allo scopo.
Prima che i bambini vengano introdotti nel
mondo delle favole, attraverso Cappuccetto
Rosso, Biancaneve e i sette nani, Cenerentola…
si verifica un periodo piuttosto lungo in cui
vengono presentati eventi, azioni, piccole
narrazioni della quotidianità attraverso cui
vengono inviati al bambino una consistente
quantità di script. Quando viene padroneggiato
un certo numero di conoscenze "scriptiche", è
possibile per il bambino comprendere e
apprezzare i racconti che prevedono delle
violazioni di norme e aspettative, quindi delle
difficoltà.
E' per questo motivo che la
fiaba si distingue dal costrutto
di script perché al suo interno
inserisce l'imprevisto,
l'eccezionalità: ad un certo
punto della storia subentra
un evento che crea una situazione di squilibrio
deviando il corso delle azioni. Questa importante
proprietà della narrazione viene definita da
Bruner: "violazione della canonicità". Se le
conoscenze schematiche di tipo routinario
favoriscono l'organizzazione e la divisione degli
eventi attesi, gli imprevisti delle narrazioni
consentono all'individuo di far fronte agli stimoli
che violano le attese create dalle conoscenze
schematiche.
Ma la fiaba è anche un elemento molto
importante in cui il bambino percepisce e accetta
le norme sociali: ad esempio la differenziazione
tra ruolo maschile e femminile, l'ideale di
obbedienza, di gentilezza e di disponibilità verso
gli altri, veicola pertanto un "saper fare" che
l'individuo deve seguire per potersi realizzare
socialmente.
La fiaba utilizzata in modo sempre più valido e
specializzato per l'età prescolare costituisce il
luogo in cui il bambino esperisce l'attribuibilità
dei sentimenti rappresentando quindi un'altra
occasione per la costruzione della "Teoria della
mente": raccontare le intenzioni, le emozioni, le
idee dei protagonisti implica la promozione di
una teoria della mente su loro senza
necessariamente provare quelle stesse emozioni.
Alcuni dei motivi che autorizzano a considerare la
fiaba una forma di educazione sono:
è tendenzialmente neutra
non veicola valori consumistici
non esalta violenza e lotta
determina momenti di comunione tra adulti e
bambini
fa scoprire ai genitori i tratti della personalità dei
figli
fa appropriare l’adulto del linguaggio idoneo.
E’ importante perciò come si legge la fiaba:
sollecitazione occasionale di stupore e curiosità
personalizzazione del raccontare (adattamento del linguaggio all’età e capacità del bambino)
rispetto di formule e detti ripetuti
provocazione del bambino a narrare
corretta pronuncia fonetica e ortofonica
alternanza discorso diretto-indiretto,
dei tempi (passato, presente, futuro)
recupera il linguaggio verbale
sollecita l’immaginazione
suscita il piacere di ascoltare, narrare, leggere
normalizza il fantastico
conduce il bambino a scoprire il reale per le vie della fantasia
consente utili esperienze psicologiche
Se togliessimo ai bambini la possibilità di
conoscere miti e fiabe impediremmo loro quel
fantastico incontro che dovrebbe accompagnare il
piccolo nella sua crescita, trasmettergli la
sicurezza di stabilità del suo destino e dargli la
possibilità di intuire, scoprire, capire, sognare,
creare e trovare una propria dimensione e
identità interiore.