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La gatta

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Racconto breve di Stefano Curreli

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Fu proprio in un’insolita notte ormai quasi giunta al termine, che la incontrai, al margine di un’anonima strada senza nome, quella fulgida pervasione d’altri mondi. Premevo sull’acceleratore della mia auto scassata, per la suddetta via, tra i fumi dell’alcool acquisiti durante un’onirica notte atipica, quando la vidi, spaurita, timorosa e nel contempo seducente, quella esile gatta; animale di perdizione. Quasi la misi sotto. Frenai bruscamente. Mi fissava, impaurita, bramosa di quel nonsoché, dimora di fustighi e passioni. La luce dei lampioni era la sola che mi permetteva di fendere il buio e di poterci vedere attraverso. Mi fermai, dopo la brusca frenata, e mi guardò. Quasi fuggì, fece uno scatto – felino – come d’istinto, e senza darmi il tempo neanche di ripartire si fermò a fissarmi, con quegli occhi maliziosi, immobile, eccitante oggetto delle mie passioni. Mi spiazzò, poiché nulla mi era successo di simile prima di allora, e mi accinsi così ad aprir la portiera della mia macchina, così, con un gesto che fu quasi un’automazione. I fumi dell’alcol continuavano a inebriare le mie mosse, rendendoli di una lentezza dolce e macchinosa. Non si fece di certo pregare per salire a bordo, ed entrò, timida e sensuale, accomodandosi al mio fianco, nel sedile passeggeri. Come se fossimo già vecchi conoscenti chiusi la portiera e diedi benzina al motore, partendo e acquisendo velocità. Percorremmo quella via, e poi un’altra, e un’altra ancora, perdendo il conto del numero delle viuzze ormai andate. Mi girai verso lei, e con uno sguardo mi fece capire che era il caso di trovarci un posticino intimo. Percorsi una strada di campagna, fuori dagli sguardi indiscreti della gente – non

che a quell’ora ci fossero molte probabilità di incontrarne – e mi fermai in un piazzale. Spensi il motore e rimasi immobile, quasi intimidito dalla situazione. Passati una manciata di secondi, mi sentii strusciare sul braccio il suo docile corpicino. Allungai la mano verso lei e iniziai a sentirla: il suo calore, la sua intimità. Mi si mise sopra, leggera e sinuosa, nei movimenti quanto negli sguardi; fuoco di passioni. Sto per possedere una gatta, pensai, e a primo impatto mi allarmai, ma poi le sue fusa provocanti subito mi tranquillizzarono. Le sfiorai l’addome, e scesi nella sua intimità, mostrandole quanto di più eccitante potessi offrirle. Il suo ansimare misto al miagolio facevano crescere in me passione e peccato, e quando il suo fervido palmo iniziò a sollecitare le mie voglie, ci svestimmo di riserbo, accingendoci ad unirci in un tutt’uno. Io non so ben dire come quelle magnificenze carnali si intrecciarono quel dì tra noi, ma il ricordo offuscato e delizioso che ancora custodisco in quelle stanze focose della mia memoria, tuttora non smette di ossessionarmi, e se mai dovessi rincontrarla, in anonime vie di periferia, quella gatta meretrice, son sicuro che altre nuove e gravide passioni intercorrerebbero tra noi. O Infimo felino, mio peccato, anima mia.