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1 FRANCESCO OLIVIERO LA MEDICINA BIOENERGETICA Libro on-line INTRODUZIONE Questa è la mia storia professionale. Tutto è iniziato nel 1988, quando, dopo il conseguimento della prima specializzazione in “tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio”, nell’affrontare la pratica clinica relativa al settore della pneumologia (principalmente asma bronchiale e broncopneumopatie croniche ostruttive) mi sono reso conto che la strategia operativa conseguita dopo dieci lunghi anni universitari era assolutamente inadeguata per la guarigione dei pazienti che trattavo in studio. Mi appariva oltremodo frustrante non poter guarire dei bambini asmatici, trattandoli esclusivamente con sintomatici (broncodilatatori, antistaminici, antibiotici, mucolitici) alla cui sospensione la patologia si ripresentava peggio di prima, o prescrivendo una terapia desensibilizzante (dopo aver praticato le prove allergometriche con il prick test) con un massimo di 2-3 allergeni principali, che spesso non erano sufficienti a coprire tutto lo spettro delle positività riscontrate. Tutto ciò avveniva ben sapendo che l’efficacia di tale terapia non superava il 40% nei casi trattati in modo ottimale dopo quattro lunghi anni d’iniezioni sottocutanee. Così ho deciso di sospendere la mia attività come medico specialista, dopo aver concluso che era necessario riprogrammare tutto ciò che avevo studiato fino a quel momento (cioè la “scienza” impartita dai libri e dai docenti universitari), ripartendo da zero; non da uno zero assoluto, ma sicuramente da una base che poteva permettermi di osservare le realtà fenomeniche patologiche da altri punti di vista e da altre angolazioni. Il mio ruolo d’Ufficiale Medico dell’Esercito mi ha permesso di sopravvivere, e soprattutto mi ha spinto a trovare nuove strade per soddisfare il mio bisogno di essere medico/artista. Ritengo, infatti, che il medico non debba essere uno scienziato, ma soltanto “colui che esercita l’ars medica tra altri esseri umani”, disposto a comprendere, grazie alla propria arte (frutto di uno studio analogico e sintetico), il punto di partenza della malattia e la sua dinamica psico-somatica. Ciò è possibile solo nel caso in cui l’operatore riesca a stabilire un contatto empatico con il paziente, cosa molto difficile se si adotta una strategia operativa di tipo analitico, come quella che c’insegnano all’Università. L’analisi particolareggiata dei singoli organi, tessuti, cellule che compongono il corpo umano non fa che disperdere e frammentare il contatto tra il terapeuta e la persona che chiede aiuto perché si ritiene malata. Per questo, quando il paziente si presenta da noi perché soffre di mal di gola, in quel momento non rappresenta un essere umano da guarire, ma solo una “mucosa faringea con processo flogistico in atto (di natura virale o batterica)”. Nella prescrizione, che spesso avviene dopo l’esecuzione di una brevissima anamnesi, sarà sicuramente adottato un antiflogistico, possibilmente non steroideo, con aggiunta eventuale di un antibiotico se si ritiene che il processo flogistico sia di natura batterica. Se dopo 5-7 giorni di terapia il paziente continua a soffrire di mal di gola, allora si rende necessario passare ad una terapia identica alla precedente, ma più efficace (per via

La Medicina Bioenergetica

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FRANCESCO OLIVIERO

LA MEDICINA BIOENERGETICA Libro on-line

INTRODUZIONE

Questa è la mia storia professionale. Tutto è iniziato nel 1988, quando, dopo il conseguimento della prima specializzazione in “tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio”, nell’affrontare la pratica clinica relativa al settore della pneumologia (principalmente asma bronchiale e broncopneumopatie croniche ostruttive) mi sono reso conto che la strategia operativa conseguita dopo dieci lunghi anni universitari era assolutamente inadeguata per la guarigione dei pazienti che trattavo in studio.

Mi appariva oltremodo frustrante non poter guarire dei bambini asmatici, trattandoli esclusivamente con sintomatici (broncodilatatori, antistaminici, antibiotici, mucolitici) alla cui sospensione la patologia si ripresentava peggio di prima, o prescrivendo una terapia desensibilizzante (dopo aver praticato le prove allergometriche con il prick test) con un massimo di 2-3 allergeni principali, che spesso non erano sufficienti a coprire tutto lo spettro delle positività riscontrate.

Tutto ciò avveniva ben sapendo che l’efficacia di tale terapia non superava il 40% nei casi trattati in modo ottimale dopo quattro lunghi anni d’iniezioni sottocutanee.

Così ho deciso di sospendere la mia attività come medico specialista, dopo aver concluso che era necessario riprogrammare tutto ciò che avevo studiato fino a quel momento (cioè la “scienza” impartita dai libri e dai docenti universitari), ripartendo da zero; non da uno zero assoluto, ma sicuramente da una base che poteva permettermi di osservare le realtà fenomeniche patologiche da altri punti di vista e da altre angolazioni.

Il mio ruolo d’Ufficiale Medico dell’Esercito mi ha permesso di sopravvivere, e soprattutto mi ha spinto a trovare nuove strade per soddisfare il mio bisogno di essere medico/artista.

Ritengo, infatti, che il medico non debba essere uno scienziato, ma soltanto “colui che esercita l’ars medica tra altri esseri umani”, disposto a comprendere, grazie alla propria arte (frutto di uno studio analogico e sintetico), il punto di partenza della malattia e la sua dinamica psico-somatica.

Ciò è possibile solo nel caso in cui l’operatore riesca a stabilire un contatto empatico con il paziente, cosa molto difficile se si adotta una strategia operativa di tipo analitico, come quella che c’insegnano all’Università.

L’analisi particolareggiata dei singoli organi, tessuti, cellule che compongono il corpo umano non fa che disperdere e frammentare il contatto tra il terapeuta e la persona che chiede aiuto perché si ritiene malata. Per questo, quando il paziente si presenta da noi perché soffre di mal di gola, in quel momento non rappresenta un essere umano da guarire, ma solo una “mucosa faringea con processo flogistico in atto (di natura virale o batterica)”.

Nella prescrizione, che spesso avviene dopo l’esecuzione di una brevissima anamnesi, sarà sicuramente adottato un antiflogistico, possibilmente non steroideo, con aggiunta eventuale di un antibiotico se si ritiene che il processo flogistico sia di natura batterica.

Se dopo 5-7 giorni di terapia il paziente continua a soffrire di mal di gola, allora si rende necessario passare ad una terapia identica alla precedente, ma più efficace (per via

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iniettiva), oppure si può arrivare a prescrivere dei farmaci cortisonici per aerosol, per bocca o sempre per via iniettiva.

Tutto questo ragionamento (di tipo analitico) spesso è eseguito nello stesso modo per un uomo ed una donna, per un bambino o per un anziano, modificando esclusivamente le dosi e la durata della terapia.

E’ questa vera Medicina? Riusciamo realmente ad esercitare l’ars medica e a guarire il paziente? Molti obietteranno che spesso dopo una tale terapia il soggetto non si lamenta più del mal di gola, e che pertanto lo scopo per cui era pervenuto a noi è stato pienamente soddisfatto.

Allora bisogna chiedersi se è vera Medicina sopprimere un sintomo, e cercare di osservare il problema da un altro punto di vista, perché potrebbe verificarsi che il paziente non accusi più la faringite, ma dopo alcune settimane si ripresenti con un altro sintomo (ad es. una dispepsia), che verosimilmente è associabile ad una vicariazione (spostamento su un altro organo collegato attraverso le vie dell’energia, come spiegato dalla medicina omotossicologica).

Ritorniamo al paziente che giunge nel nostro studio con il mal di gola. Probabilmente la nostra diagnosi (“faringite batterica o virale”) non è sbagliata, perché è vero che il soggetto ha una flogosi della mucosa faringea, ma è probabile che la stessa sia solo una manifestazione fenomenologica di un processo iniziato in un altro distretto del suo corpo, o addirittura dalla mente conscia o inconscia.

Certo, affermare che il mal di gola parta dalla psiche non può che suscitare riso e scherno, anzi qualcuno potrebbe affermare che è assurdo voler “psichiatrizzare” tutti i sintomi, perché in fondo il paziente vuole solo che gli passi il bruciore alla gola. Infatti, il medico deve fare in modo che il sintomo passi nel più breve tempo possibile, con una strategia terapeutica che permetta al paziente di non soffrire più di mal di gola negli anni seguenti!

Evitare una recidiva sintomatologica, o addirittura non permettere una soppressione farmacologica (che non fa altro che approfondire il processo patologico nel corpo), dovrebbe essere il primo obiettivo del medico-artista (“primum non nocere” d’Ippocrate).

Lo scopo del medico che intende occuparsi di medicina bioenergetica dovrebbe essere quello di arrivare ad una diagnostica olistica e ad una terapia integrata, che tengano conto dell’unità dell’essere umano (in termini spirituali, mentali, emotivi e somatici) ed integrino nella diagnostica tutti i contributi delle Medicine tradizionali, quella cinese, indiana, egizia, adottando in terapia il contributo dell’omeopatia unicista, dell’omotossicologia e della medicina omeosinergetica.

Soprattutto è necessario che termini la diatriba tra la medicina convenzionale e le altre, perché anche la “legge dei contrari”, cioè la necessità di dover antagonizzare un sintomo, può e deve essere applicata dal medico in casi particolari, quando è giusto per salvare una vita umana o per far cessare nel più breve tempo possibile una sintomatologia dolorosa che provochi sofferenza al malato.

Non dimentichiamo che il cortisone, così vituperato dagli omeopati, ha salvato vite umane, e lo stesso hanno fatto gli antibiotici, allungando la vita media dell’uomo in concomitanza con le migliori condizioni igieniche raggiunte negli ultimi cento anni.

Ciò non significa che il medico possa utilizzare un farmaco salvavita come il cortisone per prevenire le crisi asmatiche, o un antibiotico (sempre più potente, altrimenti

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non agisce in seguito alle resistenze batteriche) per prevenire la bronchite in un bambino che lamenta soltanto tosse!

Cerchiamo invece di comprendere perché il bambino sia diventato asmatico (se lo è realmente!), senza fermarsi al ragionamento analitico e superficiale che “tanto anche la madre è allergica, e da piccola soffriva di crisi asmatiche, poi scomparse”!

Non adagiamoci sul discorso costituzionale ed ereditario, ma andiamo alla radice del problema, anche perché occorre evitare che nel bambino succeda quello che è successo alla madre, che da piccola era asmatica, poi le crisi respiratorie sono scomparse a dieci anni (dopo l’effettuazione di tutte le terapie del caso), ma nel frattempo è diventata obesa!

Per quale motivo è diventata obesa? Perché ha una tossicosi metabolica. Come si è instaurata quest’ultima? Per una scarsa capacità di drenare tossine

attraverso gli organi emuntoriali (apparato urinario, intestino, cute, polmone). Che cosa ha determinato quest’impossibilità di espellere tossine dall’organismo? Le

terapie soppressive che ha compiuto durante l’infanzia per l’asma e successivamente per i ripetuti processi infiammatori dell’apparato respiratorio da cui spesso viene affetta.

In che rapporto questa patologia iatrogena si pone con l’obesità? Se conoscessimo l’agopuntura cinese sapremmo che il processo asmatico, che si

stava svolgendo sul meridiano del polmone, era iniziato in tenera età dal grosso intestino (il colon), probabilmente per un malassorbimento della mucosa nei primi anni di vita o per un processo di disbiosi (alterazione della flora batterica intestinale).

Chiediamo alla paziente come si svolge il proprio alvo, o meglio facciamole una domanda diretta: “Ma lei è stitica?”. Spesso ci si sente rispondere: “Certo, dottore, da sempre! Pensi che ero la disperazione di mia madre! Purtroppo anche mio figlio ha preso da me, ha ereditato la mia costituzione!”.

Ecco un esempio banale di come, per curare un asma bronchiale in un bambino, occorre interrogare la madre, e, se necessario, curare in alcuni casi anche l’assetto psicologico di coppia dei genitori, che fanno assorbire le loro preoccupazioni vitali al bambino (che si comporta come tutti i suoi simili come una “spugna” delle emozioni negative e dei conflitti ansiogeni delle figure di riferimento).

Trattare il colon per curare l’asma, risolvendo una disbiosi o un malassorbimento della mucosa intestinale, può sembrare assurdo alla scienza ufficiale, ma questo concetto si ritrova in tutte le medicine tradizionali, che hanno più di 5000 anni, e proprio per questo sono molto più profonde e globali della nostra, che ha solo circa 100 anni.

La cosa meravigliosa per alcuni e al tempo stesso sconcertante per la maggior parte dei medici è che l’esempio che ho prima riportato è solo un caso clinico, che non sarà mai uguale ad un altro, perché in natura non esistono due uomini uguali, così come non esistono due foglie uguali o due pietre uguali, ma solo simili.

Pertanto per ogni paziente dovremo adottare una strategia diversa, che, partendo dalla sua individualità, ci conduca, attraverso un ragionamento sintetico, alla causa o agli eventi plurifattoriali che hanno determinato il fenomeno sintomatologico che stiamo osservando, che non è altro che la punta di un iceberg.

Noi, cultori dell’ars medica, dovremmo immergerci sotto il pelo dell’acqua, per scoprire le dimensioni e le caratteristiche dell’iceberg, capire perché si è formato e in quale direzione di deriva sta andando.

In tal modo, usando una strategia operativa diversa da caso a caso, che tenga conto possibilmente di tutte o della maggior parte delle medicine tradizionali, potremmo realmente guarire il paziente e restituirlo ad uno stato di salute.

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LA GUARIGIONE Cosa significa guarigione? Cos’è lo stato di salute? Cos’è la malattia? Guarigione è soltanto un concetto soggettivo, relativo al paziente e non al terapeuta;

non possiamo affermare come medici: “Il soggetto è guarito!”. E’ la persona che alla visita successiva dovrebbe farci capire che si sta avviando verso la guarigione, dicendoci: “Mi sento meglio, diverso, più dinamico, meno stanco”.

Noi, come operatori della salute, non possiamo avere la presunzione di dichiarare la guarigione del malato, così come non possiamo ritenere che sia sufficiente sostenere che la salute equivale ad assenza di malattia.

I modi di curare possono essere tanti, ma l’ars medica è una soltanto, e ad essa occorre riferirsi se vogliamo, come medici, continuare la strada delle decine di migliaia di operatori della salute che nel corso della storia, come sciamani o stregoni o archiatri, hanno dedicato le loro vite a lenire sofferenze e dolori dei propri simili.

Non basta un’intera vita di studio a ripagare il sorriso di un bambino, restituito alla salute, o l’affermazione di una paziente, che alla visita successiva ti dice: “Dottore, mi accorgo che la mia vita sta cambiando e che sto meglio con me stessa e gli altri”.

Ed è bellissimo quando il paziente arriva per la prima volta allo studio perché consigliato dall’amico o dal parente, perché questa è la dimostrazione diretta della qualità del lavoro svolto, e della profondità di esso. Il medico o il terapeuta che esercitano la propria arte non possono dividere, separare, analizzare, ma cercare di comprendere la persona malata nel suo insieme, e nel modo di esprimersi attraverso il corpo, fino al punto di andare a ricercare, nel più profondo del suo essere, gli elementi nascosti della sua esistenzialità e del suo divenire, che sono la causa profonda della sua patologia. In tal modo la patologia non è più considerata come una fatalità, ma come il linguaggio del corpo fisico. Il dolore, espressione dell’energia di sofferenza, permetterà all’uomo di prendere coscienza dei propri errori funzionali in rapporto alle leggi esistenziali dell’Universo. Bisogna quindi ridare all’uomo il proprio posto nel macrocosmo, perché prenda atto della sua identità profonda, per ritrovare quella parte della coscienza che si esprime attraverso il suo organismo intero, gli organi, i tessuti, le cellule, gli atomi, gli elettroni (e quindi la sua energia vitale). Nessun elemento può esistere senza gli altri, perché ciascuno è completamente legato alla realtà esistenziale dell’altro, ed avviene tra loro uno scambio d’informazione ; l’invio ed il ritorno di quest’informazione è il principio generale che anima l’Universo. Ogni sintomo può essere in rapporto con un disordine lesionale o biologico, che è iniziato molto prima con uno squilibrio dell’energia, che ha presieduto all’elaborazione di questa lesione. La stessa lesione, una volta costituita, può indurre disordini energetici permanenti. Occorre quindi porsi il problema profondo dell’induzione energetica che ha provocato la lesione; in altre parole è necessario ricercare quali sono gli squilibri energetici che hanno determinato nel vissuto dell’individuo, con un processo più o meno lento nel tempo, la modificazione biologica alla base della patologia. Solo così il medico o il terapeuta possono esercitare una medicina universale che obbedisce alle leggi esistenziali della creazione.

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LA MALATTIA IN BIOENERGETICA La bioenergetica è affine ad una medicina universale sintetica ed olistica, che ridona all’atto medico tutta la sua dimensione, nel rispetto totale dell’individuo, della propria identità e responsabilità di fronte alla malattia, rimettendolo in armonia con se stesso e con l’ambiente circostante. La malattia è sempre il risultato di un’alterazione del sistema di flusso dell’energia tra individuo ed ambiente circostante, che si manifesta, in un dato settore, in funzione di perturbazioni energetiche latenti. Il paziente pertanto non vive più in armonia con l’ambiente che lo circonda, e ciò si traduce in un deficit del sistema immunitario a livello locale o sistemico, ossia in una perturbazione energetica più o meno grave (disregolazione dell’identità dell’individuo nel suo rapporto comportamentale con se stesso, con gli altri e con l’ambiente), che sarà la porta d’entrata a tutte le altre induzioni: infezioni, batteriche, virali, micotiche, ecc. Gli stressors possono essere: 1) Situazioni conflittuali non superate o elaborate; 2) accumulo di stress; 3) non verbalizzazione dei propri problemi per mesi o anni; 4) conflitti di coppia; 5) mancanza di comunicazione con gli altri; 6) sensi di colpa e paure del giudizio degli altri; 7) paure, inibizioni e blocchi che durano sin dall’infanzia. Tutti gli stressors richiedono all’individuo un adattamento in funzione del carattere forgiato nel corso del tempo, del patrimonio genetico e dell'equilibrio ormonale. Il mancato adattamento deriva da un difetto di coscienza (del nostro vissuto inconscio) in rapporto alla realtà, che può verificarsi anche gradualmente nel corso della vita, dando un effetto di sommazione. Ritornando alle finalità che ogni medico dovrebbe proporsi, è dunque essenziale per il terapeuta comprendere qual è il livello perturbato da cui sono partiti gli elementi emozionali conflittuali che, attraverso una catena evolutiva, hanno innescato la patologia, e che verosimilmente hanno influenzato di sé anche gli altri livelli. Il terapeuta deve far prendere coscienza all’individuo delle energie che animano la materia, il cui squilibrio determina i sintomi, permettendogli così di innalzare il suo livello di coscienza, al fine di deprogrammare le ragioni di un’interazione energetica patologica, e di essere padrone del suo destino. Il medico deve allargare il proprio campo d’osservazione, utilizzando tutte le tecniche e le medicine che possano integrarsi in un’ars medica unitaria; solo attraverso quest’approccio alle leggi universali si può accedere a questa “medicina universale”.

E’ chiaramente molto importante lavorare prima su sé stessi in modo d’imparare a conoscersi ed a collegarsi con le leggi universali, e allo scopo di esistere per se stessi e per gli altri.

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NUOVA VISIONE DELL’UOMO IN BIOENERGETICA La Terra si muove intorno al Sole alla velocità di 260 Km/sec.; noi non abbiamo coscienza di questo movimento, come non ne abbiamo dell’energia che circola nel nostro organismo, e che rende possibile la vibrazione dell’universo umano formato da 1 milione di miliardi di cellule, come una sinfonia che s’iscrive in un grande concetto cosmico, ed attua quel principio di esistenza che permette la manifestazione della materia. L’uomo è un microcosmo, e i suoi organi e le cellule vibrano in armonia con il gran ritmo del macrocosmo; dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, si ritrova la stessa unità della creazione. L’uomo, come sistema dinamico, può essere visto come espressione d’energia organizzata, o informata. L’informazione è proprio quel particolare tipo di energia richiesta per il lavoro di stabilire ordine, cioè un tipo di lavoro utile al sistema. L’unità di misura dell’informazione è il bit, definibile come la quantità d’informazione necessaria per effettuare una scelta tra due possibilità alternative (es. bianco/nero, acceso/spento, aperto/chiuso, ecc.); anche in tal caso si può notare la stretta somiglianza tra questa concezione moderna dell’informazione e quella relativa al sistema Yin/Yang dei cinesi. Occorre considerare l’essere umano come un individuo complesso, cioè un sistema le cui componenti sono molteplici, diverse tra loro ed in dinamica interazione, e che soprattutto contiene un numero di informazioni di grado superiore alla somma delle sue parti. In tal modo tale sistema si oppone alla seconda legge della termodinamica, che afferma che ogni sistema isolato, entro cui avvenga qualsiasi trasformazione, è soggetto ad una serie di processi che lo spostano verso uno stato d’aumento dell’entropia (vale a dire del disordine delle particelle di un sistema). La vita implica necessariamente convertire energia in organizzazione, lavorare continuamente contro il disordine, che è l’equilibrio termodinamico della morte, dove il movimento cessa, strutture e molecole complesse si disgregano, l’ordine decade. Mentre nei sistemi chiusi l’entropia aumenta inevitabilmente, in altre parole si degrada la qualità della sua energia (in pratica il modo in cui essa è immagazzinata o utilizzata), un sistema aperto come l’uomo subisce anch’esso un aumento d’entropia se non riesce ad aumentare il proprio grado d’organizzazione. Poiché l’entropia viene a dipendere anche dall’interscambio d’energia, informazione e materia con l’esterno, è proprio grazie a tale scambio che l’entropia può avere segno negativo. Ciò probabilmente si sta verificando anche nell’intero Universo, che è in espansione, quindi si può ritenere che in esso l’entropia totale sia in diminuzione. Nell’uomo vi è un flusso in entrata (ad esempio cibo, luce solare, ossigeno) ed un flusso in uscita (scorie, metaboliti, irradiazione termica, anidride carbonica); l’esistenza di questo flusso garantisce che il sistema, almeno per un certo periodo, possa organizzarsi, restare organizzato e sopravvivere. La vita si mantiene e si riproduce come un evento termodinamicamente lontano dall’equilibrio, grazie all’interscambio d’energia e di materia che il sistema vivente instaura con l’ambiente. Un uomo potrebbe quindi essere considerato un’isola complessa d’ordine parziale, che si mantiene per un certo tempo a spese dell’aumento d'entropia dell’ambiente.

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Tale interazione produce strutture spazio-temporali, forme e comportamenti caratteristici e nuovi, rispetto a quelli prodotti dalle singole parti. Queste strutture sono anche dette “dissipative” perché la loro stabilità interna dipende dal flusso di energia che le attraversa e che viene in parte dissipato. Qualcuno ha definito efficacemente la vita come “disequilibrio controllato”. L’uomo è perennemente sospeso tra ordine e caos, la sua vita diventa partecipe di queste due fondamentali caratteristiche della materia, che sfrutta in modo finalisticamente orientato alla sopravvivenza. Le leggi della fisica e della chimica costituiscono dei vincoli inevitabili cui i sistemi viventi devono obbedire, ma esse non necessariamente determinano quale scelta deve essere fatta per mantenere e restaurare l’organizzazione (sopravvivenza e guarigione). Quindi la biologia non può essere ridotta alla chimica o alla fisica e per comprendere la vita si devono considerare altre proprietà caratteristiche. Una di queste è la “teleonomia”, che designa il carattere finalistico degli esseri viventi, vale a dire che i processi vitali di trasformazione appaiono sempre avere uno scopo. Ciascun essere vivente è dotato, sin dall’inizio, di un progetto, nel quale le strutture e le funzioni degli organismi viventi sono flessibili e possono adattarsi all’ambiente. Inoltre in un sistema complesso quale l’uomo, l’ordine ed il disordine convivono e collaborano al buon funzionamento del sistema stesso, garantendo il primo una costanza dei parametri ed uno scambio efficace d’informazioni, ed il secondo l’accesso alla novità ed alla diversificazione. Questo secondo ordine di parametri potrebbe essere costituito dai virus. E’ proprio la caoticità del sistema uomo che conferisce ad esso una flessibilità tale da poter variare con facilità il proprio comportamento per adattarsi ai cambiamenti degli altri. Il caos è quindi un comportamento della materia, che indica una serie di fenomeni variabili ma soggetti a leggi di tipo deterministico; infatti, nella variabilità dei fenomeni dell’essere umano si deve cercare di distinguere il vero disturbo, legato a fluttuazioni del tutto casuali e disordinate, dall’oscillazione che si presenta con caratteri di aperiodicità per ragioni comprensibili e spiegabili. Infatti nei sistemi biologici esiste un’ampia serie di fenomeni oscillatori, con periodi varianti da pochi millisecondi (oscillazioni dei recettori acustici, moti collettivi di proteine, attività di scarica neuronale) a secondi (battito cardiaco, respirazione), ad ore (ritmo sonno-veglia), a giorni (ciclo ovarico), mesi ed anni (variazioni metaboliche stagionali, o la stessa vita). In altre parole, tutti i fenomeni interessanti per la vita sono ritmici.

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MALATTIA COME DISORDINE OSCILLATORIO La patologia incomincia come perdita di collegamenti tra gli elementi del sistema globale, e ciò aumenta il disordine del sistema, perché alcuni elementi (cellule, tessuti, organi) sfuggono al gioco del controllo generale ed iniziano a presentare dinamiche proprie, autonome, soggette molto più facilmente ad ampie oscillazioni. L’oscillazione diventa quindi disordine, assume l’aspetto della malattia in quanto provoca l’emergere di sintomi e danni consistenti. In tal modo accade essenzialmente un deficit della caoticità, come avviene nell’invecchiamento (modificazione del connettivo verso la sclerosi, con riduzione della flessibilità, della deformabilità e della vitalità), o durante una crisi epilettica (perdita di caoticità nelle onde cerebrali e comparsa di treni d’impulsi periodici a partenza da determinati focolai) o nel pensiero di un ossessivo (che notoriamente assume comportamenti stereotipati, ripetitivi o fissi). Il comportamento di un sistema fisiologico dipende sempre dalla rete di relazioni entro cui il sistema si trova ad operare. Questo è il vecchio concetto del terreno di Hahnemann, che indica la parte della malattia legata al particolare tipo di reattività endogena (determinata dalle condizioni genetiche e dalla storia dell’individuo), che s’inserisce su quella legata a fattori perturbanti contingenti esterni, di natura chimica, fisica o biologica. In omeopatia il farmaco altamente diluito e dinamizzato, contenente poca materia del soluto originale (o nessuna, secondo la diluizione), possiede un alto contenuto informazionale, capace di costituire, in condizioni critiche di sensibilità del sistema, un orientamento verso una riorganizzazione terapeutica (una specie di catalizzatore d’ordine). Gli esseri viventi sono capaci di sentire minime perturbazioni, soprattutto quando a tale sensibilità sono predisposti dal processo patologico. Essi rispondono ad alcune frequenze specifiche di campi magnetici molto deboli, dei quali è deposito l’acqua, come veicolo d’oscillazioni elettromagnetiche. L’informazione, ricevuta, amplificata ed elaborata da uno o più sistemi di regolazione, riesce a contrastare l’effetto del disordine indotto dal fattore patologico che ha perturbato la normale omeodinamica dell’organismo. Se ci si riferisce al campo delle alte diluizioni, è chiaro che una simile informazione deve basarsi sulla permanenza dell’immagine del composto originale nel solvente sottoposto a successive diluizioni e dinamizzazioni. Per “immagine” non si intende solo una geometria spaziale, ma potenzialmente anche un ordine spazio-temporale, sotto forma (forma = informazione e memoria) di una certa frequenza di oscillazione dei dipoli molecolari o degli scambi protonici a livello di legami idrogeno. La malattia non è soltanto un’anomalia funzionale o strutturale molecolare (come nella visione accademica), ma anche un disturbo di tutta una rete di comunicazioni elettromagnetiche basate su interazioni a lungo raggio tra elementi (molecole, centri nervosi, organi) che oscillano a frequenze coerenti e specifiche, cioè capaci di risonanza. Si tratta, quindi, di un disturbo degli oscillatori interni e delle loro comunicazioni. Un disturbo dell’oscillazione e della comunicazione ad essa collegata può essere riportato all’equilibrio mediante “sintonizzazione”, cioè mediante il cambiamento della frequenza imposto dall’interazione con un altro oscillatore. Il fenomeno della risonanza è ben noto in fisica; secondo esso un sistema che è caratterizzato da una propria frequenza d’oscillazione può entrare in vibrazione se

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sollecitato da frequenze vicine a quelle proprie del sistema stesso (onde sonore, elettromagnetiche o vibrazioni meccaniche). Se questo è già in oscillazione, la risonanza può amplificarne notevolmente l’ampiezza, qualora le onde si sovrappongano; mentre si può dare anche il caso opposto, d’arresto dell’oscillazione, se l’interazione è tra due onde di frequenza uguale ma di fase opposta. La risonanza è quindi un modo con cui un’informazione si trasmette tra due sistemi simili senza modificazioni strutturali, senza passaggio di materia. Un farmaco altamente diluito, ma veicolante un gran numero d’informazioni altamente specifiche, può quindi essere visto come una piccola quantità di materia contenente elementi oscillanti coerentemente in fase, capaci di trasmettere con un processo di risonanza tali frequenze oscillatorie ai liquidi biologici, o a macromolecole di membrana, o a recettori, o ad agenti patogeni (tipo i virus) inseriti in un sistema disregolato o in equilibrio precario tra ordine e caos. A questo livello di “frontiera”, minime variazioni delle condizioni del sistema (quali quelle indotte da una minima risonanza oscillatoria) possono avere un ruolo decisivo sulla successiva evoluzione del sistema stesso. Quindi il primo problema che deve porsi il terapeuta sarà quindi di ricollegare l’individuo in rapporto ai piani da cui proviene. L’uomo è un trasmutatore d’energia, che si alimenta assumendo quotidianamente i prodotti della terra e le trasforma; quindi capta le energie provenienti dal nucleo della terra e le trasmuta attraverso il suo corpo. Poiché le cellule percepiscono i diversi stati di coscienza, attraverso i differenti canali che inviano l’informazione, se percepiscono un’informazione energetica alterata non potranno più compiere la loro funzione; così, se un individuo si arrabbia, le cellule della colecisti (o vescica biliare) risentiranno di questa perturbazione energetica legata allo stato di coscienza dell’individuo. Bisogna imprimere alle nostre cellule il nostro stato di coscienza, il supporto vibratorio adeguato, per farla partecipare alla risalita delle energie e per partecipare, al livello del proprio corpo, alla realtà esistenziale della manifestazione, dove ogni uomo, attraverso il suo corpo, trasmuta coscientemente o inconsciamente le energie. Oggi viviamo in un’epoca in cui i valori più sicuri dell’uomo stanno per crollare, perché abbiamo perduto la fede in noi stessi e viviamo spesso esclusivamente con i piani più bassi (quelli legati alla materia), che ci escludono dalla realtà profonda della nostra esistenza. Molte persone, che si definiscono religiose, credono in una realtà energetica dell’uomo, oltre la morte, ma non hanno approfondito la nozione vibratoria ed il vissuto delle dualità di queste energie che si battono, le une per far trionfare lo spirito, le altre per far trionfare la materia. La realtà energetica di queste leggi si dimostra in ogni individuo, perché ciascun essere ha in sé queste leggi universali, che si esprimono attraverso il suo corpo e attraverso la malattia. Se è curato con la medicina bioenergetica, egli potrà prendere coscienza dell’uomo nella dualità della sua esistenza e scoprire la possibilità di ritrovare la sua verticalità, mettendo la materia a servizio dello spirito. E’ per questo che, quando esiste una mancanza d’armonia nell’ambiente circostante, in seguito ad un certo evento (es. transfert inconscio d’energie negative, stress importante,

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vissuto di una particolare situazione che torna alla memoria) può esserci una reazione corrispondente ad una disgiunzione tra la memoria ed il vissuto presente dell’individuo. Vi è la messa in risonanza di un vissuto, che può far scollegare l’individuo e farlo ritornare, senza che egli ne abbia realmente coscienza, in una dimensione temporale che non ha niente a che vedere con il tempo presente. Da questo momento la persona non è più sulla sua identità, non è più sul DNA vibratorio a livello del suo sé, avviene una depressione e quindi un’involuzione, una regressione completa su sé stesso. Il terapeuta deve tentare di comprendere qual è il centro energetico che si è bloccato, lavorando sulla successione temporale fino a che il problema in questione non produca più alcun disturbo energetico e successivamente biologico.

Così come uno psicanalista fa prendere coscienza al paziente della realtà del suo passato che interferisce nella dimensione del tempo presente, fino a produrre uno sblocco suscettibile di generare l’adeguato trasferimento dei conflitti relazionali nascosti, così in una moderna medicina bioenergetica occorre ricercare i disordini energetici, trovare i nodi, che si sono formati nei piani situati oltre quello fisico, e scioglierli; questo si può fare mettendo in evidenza le energie negative perturbanti che si trovano a livello di un dato piano, che fanno perdere l’identità e l’appartenenza ad un certo sistema.

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IL SISTEMA DEI CHAKRA Il sistema dei Chakra è un modello filosofico ed una profonda rappresentazione

dell’universo umano su sette livelli, la cui comprensione, assimilabile alla struttura organizzativa che l’uomo si crea per affrontare la realtà, potrebbe diventare uno strumento di diagnosi e di guarigione, ristabilendo l’equilibrio tra corpo, mente e spirito.

Tale tentativo può essere fatto integrando concetti delle culture orientali (agopuntura cinese, medicina ayurvedica) con la medicina bioenergetica (tecniche quali l’Elettroagopuntura di Voll ed il Vega Test di Schimmel) e le filosofie integrative (come quella Junghiana).

Quest’ultima è definita integrativa perché tende ad assimilare gli opposti: mente e corpo, cielo e terra, spirito e materia, luce e ombra, maschile e femminile, e tratta degli archetipi, campi psichici in relazione causale e sincronica con gli eventi del soggetto che si vuole curare.

I Chakra, concepiti in India 4000 anni fa, sono giunti in Occidente attraverso la tradizione e la pratica dello yoga, disciplina volta a collegare l’individuo con il divino attraverso l’uso di pratiche mentali e fisiche e passando attraverso stati di coscienza sempre più evoluti. Un Chakra è un centro d’attività che riceve, assimila ed esprime l’energia universale, mettendo in contatto il campo energetico umano (“aura”) con l’energia cosmica (Ch’i secondo la filosofia cinese, Prana secondo la tradizione indiana).

E’ una sfera ruotante (dal sanscrito: ruota, disco) che termina con un vortice a forma di cono, collegato con i più importanti gangli nervosi della colonna vertebrale.

Le sette ruote, che girano in senso antiorario, sono poste l’una sull’altra in una struttura verticale d’energia che unisce la base della colonna vertebrale alla sommità del capo, ed i loro modelli sono programmati nel nucleo più profondo della connessione tra mente e corpo.

In altre parole, sono simili a grandi metropoli localizzate su autostrade in cui l’energia psichica (puro pensiero e coscienza) è trasportata all’individuo fisico sul piano terrestre.

Accanto a queste metropoli esistono una miriade di strade secondarie, che sono i “Mo” della medicina egizia, i “Meridiani” della medicina tradizionale cinese o le “Nadi” vediche della medicina indiana; in tal modo ogni Chakra è in rapporto con una ghiandola endocrina, con uno dei plessi nervosi principali, e con tutti gli organi che si trovano lungo il decorso del meridiano.

Così come le nostre emozioni influenzano il respiro, il battito cardiaco ed il metabolismo, così le attività dei vari Chakra influiscono sulla funzione ghiandolare, sulla forma del corpo, sulle malattie croniche, sul pensiero e sul comportamento.

I Chakra funzionano pertanto come “spugne che sono immerse in un oceano d’energia”, per usare una celebre frase di Barbara A. Brennan. I Chakra sono assimilati a fiori di loto, e come petali di esso possono essere aperti o chiusi, morenti o in piena fioritura, in relazione allo stato di coscienza interna. La filosofia yoga c’insegna che la dea serpente Kundalini rappresenta la forza vitale evolutiva all’interno di noi; essa si desta dal suo sonno nella terra per procedere danzando attraverso ciascun Chakra, ripristinando l’arcobaleno come un ponte metafisico tra la materia e la coscienza.

Attraverso questa danza di trasformazione l’arcobaleno diventa l’asse centrale del mondo, che scorre verticale attraverso il nostro centro. I sette colori dell’arcobaleno

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(espressi nei Chakra) rappresentano un’alternativa alla nostra consapevolezza binaria in bianco e nero e ci offrono un mondo di molteplici possibilità, correlate a sette modalità vibratorie dell’esistenza umana. Nel viaggio lungo la vita, i Chakra sono le ruote disposte lungo quest’asse, che ci conducono in una ricerca evolutiva, fino alla nostra natura divina.

L’attraversamento del Ponte dell’Arcobaleno è una metafora mitica dell’evoluzione della coscienza, che si ricollega alla nostra parte divina dopo l’ancoraggio nella materia.

Dal punto di vista mitologico, l’arcobaleno è sempre stato un segno di speranza, un collegamento tra Cielo e Terra, un segno d’armonia e di pace; esso, come simbolo archetipico, compare in molte mitologie d’ogni parte del mondo.

Nel mito celtico l’orcio d’oro alla fine dell’arcobaleno rappresenta una sorta di Santo Graal, la coppa perduta del rinnovamento e della pienezza spirituale.

Anche Jung si riferiva all’oro come al prodotto simbolico finale della trasformazione alchemica interiore.

Per questo l’attraversamento dei Chakra è un processo “alchemico” di crescente evoluzione, che unifica gli opposti; così l’orcio d’oro diventa la pietra filosofale che ci attira verso l’eroico viaggio della trasformazione interiore verso il divino che è in noi.

Il percorso lungo i Chakra ci permette di estrarre l’archetipo, ciò gli antichi doni divini, relativi alla nostra anima e alla forza vitale, che abbiamo sepolto nel profondo della nostra coscienza ancestrale.

Questo è il piano psichico, che secondo Jung è il regno degli archetipi, di quelli che gli antichi Egizi chiamavano Neter (il mondo che nasce dal legame tra il piano di manifestazione psichico e quello fisico, di là dai sensi). Poiché il termine Chakra significa “disco”, possiamo pensare ad esso come ad un floppy disk di un computer, cioè come ad un’unità di memoria delle informazioni programmate vitali.

Noi, infatti, possediamo un programma di sopravvivenza che ci avverte quando dobbiamo mangiare, quante ore dobbiamo dormire, quando indossare un cappotto, di quanto denaro abbiamo bisogno, di cosa siamo disposti a fare con quel denaro, di che cosa costituisce una minaccia per la nostra sopravvivenza e che cosa ci fa sentire al sicuro. Allo stesso modo abbiamo dei programmi per la sessualità, il potere, l’amore e la comunicazione. Secondo quest’analogia, possiamo considerare il settimo Chakra il sistema operativo, cioè il modo in cui organizziamo e interpretiamo tutti i nostri programmi. Il nostro corpo è l’hardware, la programmazione è il software; poiché non siamo stati noi a scrivere questi programmi, il loro linguaggio è talmente arcaico da essere diventato incomprensibile.

L’obiettivo del terapeuta deve essere quello di identificare i nostri programmi e di correggerli, se errati, fino alla guarigione del paziente, usando il sistema dei Chakra per eliminare i difetti e riprogrammare la nostra vita.

In tal modo si riesce ad attivare l’antica forza vitale di Hahnemann, o la "vis medicalis naturae" di Ippocrate.

Un altro aspetto importante di quest’analogia è l’energia di base che fa funzionare il sistema; il computer più complicato, con megabytes di software, è inutile senza l’elettricità.

Ciò che attiva tutti i nostri programmi è l’energia che immettiamo nel sistema; per questo per essere in grado di comprendere il programma di un essere umano, dobbiamo

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prendere in esame il flusso dell’energia vitale presente nel sistema, sintonizzandoci sulle varie frequenze energetiche come per una radio, che ha tante stazioni quante sono i Chakra, che ricevono e trasmettono su diverse frequenze. Il flusso dell’energia vitale si muove dal basso verso l’alto, verso la libertà, l’espansione, l’astrazione, la sintesi e l’universalità, ma anche dall’alto verso il basso, verso la forma, la densità, i confini, la contrazione, l’individualismo.

Quando questo sistema informazionale di riconoscimento tra i Chakra ed un organo rimane bloccato, le cellule dell’organo perdono la loro identità; vi è allora la possibilità di sviluppare malattie degenerative autoimmuni, fino ai tumori.

I sette vortici dei Chakra sono creati dalla combinazione di due principi attivi: la coscienza, che è nel settimo Chakra, e la materia, che è nel primo.

Infatti secondo la scienza ayurvedica indiana (ayur=vita; veda=conoscenza) l’universo è pervaso da due cause (l’essenza immateriale e la forma materiale):

1) Purusha: è la scintilla divina della vita, l’anima universale, la pura consapevolezza, l’antimateria oltre lo spazio e il tempo.

2) Prakriti: è la materia, la forza creativa, la sorgente prima di ogni manifestazione, forma e natura.

Quando trasformiamo i nostri pensieri coscienti in visualizzazioni, poi in parole ed infine in forma, siamo impegnati in un processo alto→basso, in cui la corrente energetica scorre verso il corpo/hardware per attivare i programmi necessari.

E’ anche vero che in ognuno di noi deve esistere una corrente ascendente basso→alto, che si muova dalla terra verso la coscienza eterea.

Una persona per essere sana ha bisogno di entrambe queste correnti di base, che siano in equilibrio tra loro.

Se non tendiamo verso l’alto, non riusciremo a cambiare, a crescere e ad espanderci, diventando degli automi, fissati a continue reiterazioni; all’opposto, senza la corrente discendente, si sentiamo dei sognatori che volano in ampi spazi, ma incapaci di atterrare, pieni d’idee, ma incapaci di assumersi delle responsabilità o di portarle a termine.

Quando uniamo le due correnti otteniamo l’unione e l’integrazione delle due polarità cosmiche.

Questo concetto si ritrova anche in Medicina Tradizionale Cinese, quando si parla di Vaso Governatore e di Vaso Concezione, che possono essere interessati quando si verifica una deconnessione dell’individuo.

Il Vaso Governatore comprende 27 punti sulla linea mediana del corpo; comincia a livello del coccige, percorre la piega fra i glutei, sale l’asse sagittale mediano posteriore interspinoso, quindi l’asse sagittale mediano del cranio, scende sull’asse sagittale mediano della fronte, poi del naso per terminare sulla gengiva tra i due incisivi superiori.

Questo è il legame tra la psiche, il piano architetturale dell’organismo ed il piano cosmico; un problema psichico si accompagna alla perturbazione di uno o più punti del Vaso Governatore, con una ripercussione fisica, spesso di tipo ormonale. La discesa delle energie avviene attraverso il vaso Governatore.

Il Vaso Concezione comprende 24 punti collocati sulla linea mediana del corpo; incomincia sotto il pube, alla radice dello scroto nell’uomo, dietro la vagina nella donna, e risale l’asse sagittale mediano anteriore del corpo, passando dalla sinfisi pubica, l’ombelico, la parte centrale del corpo dello sterno e termina sulla sinfisi del mento. Questo vaso presiede alla regolazione del metabolismo cellulare, e regola la risalita delle energie.

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Un blocco di un Chakra si sviluppa quando due forze uguali e contrarie s’incontrano su uno stesso piano; per sbloccarlo non possiamo semplicemente eliminare l’una o l’altra, ma devono essere integrate. Che cosa blocca un Chakra, impedendo il libero fluire dell’energia? Traumi infantili, condizionamenti culturali e sociali, abitudini restrittive, ferite fisiche ed emotive, ambienti oppressivi ci separano dalle nostre fondamenta, e dunque dalla corrente liberatoria che ha origine nella base; è negata la nostra sessualità, violentato l'ambiente, manipolato il nostro potere.

All’estremo opposto del polo, una cattiva informazione può invalidare la nostra coscienza; il bambino cui è detto che non ha visto quanto ha appena visto, o che potrebbe non aver provato quello che ha appena provato, impara a dubitare della sua stessa percezione, fino a generare fobie ed attività compulsive. Per sbloccare un Chakra bisogna comprendere la sua natura e la sua dinamica funzionale all’interno del sistema; inoltre occorre esaminare la storia personale in relazione agli aspetti di quel Chakra, ed il suo stadio di sviluppo.

Un Chakra può essere bloccato in eccesso (e per tale motivo dovrebbe essere dispersa la sua energia) o in carenza (e perciò dovrebbe essere tonificato), e ciò è il risultato di strategie d’adattamento volte ad affrontare stress, traumi o circostanze spiacevoli, che riducono lo scorrimento dell’energia vitale attraverso il sistema e conducono a problemi di salute. Tuttavia è difficile aprire un Chakra di un ossessivo che è rimasto chiuso per quaranta anni, o cambiare il modello di comportamento di una persona (in carenza) che si sottrae spesso alle situazioni, tendendo ad essere vaga, inaffidabile o eccessivamente mutevole. La grandiosità del sistema dei Chakra consiste però proprio nella propria multidimensionalità; infatti, gli squilibri possono essere affrontati verbalmente attraverso la discussione, fisicamente attraverso il lavoro con il corpo ed il movimento, spiritualmente attraverso la meditazione, emozionalmente esplorando i sentimenti, visualmente attraverso le immagini, con l’udito attraverso i suoni. Nell’uomo è fondamentale che i centri energetici siano aperti e non bloccati, e che non via sia alcun’interferenza tra essi.

Esistono 4 schemi fondamentali di distribuzione squilibrata dell’energia lungo i Chakra; è stato dato loro il nome della direzione verso cui l’energia ha bisogno di muoversi per raggiungere l’equilibrio (eccesso→carenza). 1) Sistema alto→basso; c’è un eccesso nei Chakra superiori e una carenza in quelli

inferiori. Il soggetto è un pensatore-intuitivo, prima pensa poi agisce e spesso trova difficoltà ad essere spontaneo: dopo aver riflettuto molto, decide quello che deve provare rispetto a qualcosa; spesso è una persona molto complessa e intelligente, che tende a scegliere lavori di tipo intellettuale o analitico (insegnamento, programmazione di computer, scrittura, pittura) ed è orientato verso l’autoriflessione e l’autogratificazione.

2) Sistema basso→alto: sono i tipi senso/istinto, più inclini ad essere dominati dalle

emozioni e dagli istinti che dai processi cognitivi. Tendono a non discutere con altri le loro decisioni e a non mettere troppo in discussione la loro vita.

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Stereotipi di questo schema sono i fissati della ginnastica o del sesso, coloro che hanno poco interesse per gli argomenti intellettuali, le donne che badano solo al loro aspetto fisico o la classica casalinga che si accontenta di stare in casa a fare i lavori domestici, con pochi interessi oltre a quelli del quotidiano.

Il soggetto si preoccupa soprattutto dell'autoconservazione e dell’autogratificazione; spesso agisce in modo impulsivo, non pensando nemmeno lontanamente di analizzare i propri impulsi, o di ponderare il senso della vita.

Questa struttura è in genere il risultato di un genitore severo che castra la naturale espansività del bambino, insegnando che le uniche soddisfazioni si trovano nel duro lavoro, in un comportamento obbediente e nel non crearsi troppe aspettative.

3) Sistema dentro→fuori: il soggetto da un punto di vista energetico è concentrato nei centri mediani dell’ego e per crescere deve espandere quest’energia verso il basso, nella profondità del sé, e verso l’alto, in direzione dello spirito e dell’intelletto. E’ abbastanza in equilibrio tra i Chakra superiori e quelli inferiori, ma il contatto con i due estremi è scarso; tende a dare per scontato il corpo ed evita l’introspezione.

Se i Chakra centrali sono bloccati, l’energia è trattenuta nel centro del corpo ed è legata alla volontà; spesso il soggetto è tollerante, forte, leale e può sopportare ben le difficoltà.

Se i Chakra centrali sono aperti, il tipo è estroverso, orientato verso l’azione, ama impegnarsi nella vita ma è inconsapevole della propria vita interiore; è molto funzionale, ma spesso teme le relazioni, il coinvolgimento e la sensazione d’intimità.

4) Sistema fuori→dentro: il soggetto è fortemente cosciente tanto della testa che del corpo,

senza che l’una sia collegata all’altro. C’è un collasso della zona del cuore, per cui, scollegato dalla parte mediana

integrativa, tende ad essere introverso. Vi possono essere allergie, dolori cronici, ossessioni del peso, ipocondria. I Chakra superiori sono molto sviluppati, per questo il soggetto è intelligente, creativo ed intuitivo.

Portata all’estremo, questa configurazione può condurre ad una dissociazione grave (es. disturbi da personalità multipla, disturbi ossessivo-compulsivi e personalità borderline).

5) Sistema equilibrato: è possibile avere un sistema dei Chakra piuttosto armonico, tipico

delle persone che sono state fortunate nel modo in cui sono state allevate; sono persone ben radicate nella terra ed in contatto con il proprio corpo, che godono di buona salute e vitalità, consapevoli dei propri sentimenti, senza esserne dominati, appagati sessualmente senza essere ossessionati dal sesso.

Con un terzo Chakra in equilibrio hanno fiducia in se stessi, e coltivano obiettivi senza dominare gli altri. Il cuore è capace di compassione ed amore, è centrato e sereno. Comunicano i propri sentimenti e le idee con uguale verità e chiarezza, con la capacità di ascoltare gli altri. I Chakra superiori aprono lo spirito all’immaginazione, alla saggezza ed al contatto personale: questa è una situazione ideale cui possiamo sperare di tendere.

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Ciascun Chakra riflette un diritto fondamentale, inalienabile, la cui perdita lo blocca. Se i nostri diritti rimangono intatti, abbiamo una buona possibilità di abbracciare le identità basilari dei Chakra, intese come significato da ricercare per operare nella vita nel migliore dei modi; queste identità, specifiche per ogni Chakra, emergono durante la maturazione della vita, e possiamo vederle come degli strati metaforici di vestiario, per coprire l’essenza sottostante dell’anima. Ogni Chakra possiede inoltre un demone specifico, che interferisce con la sua salute e ne mina l’identità; è una controforza che si oppone alla naturale attività del Chakra. La sua presenza impedisce al Chakra di fare il suo lavoro, ma quella sfida ci costringe anche a renderci più consapevoli di quel lavoro, così che alla fine possiamo farlo meglio. Quando ne siamo inconsapevoli, i demoni c’impediscono di progredire, mandando in cortocircuito la nostra attività ed espressione. Se prendiamo consapevolezza del demone ed esploriamo il motivo per cui si trova lì, otteniamo una più profonda conoscenza di noi stessi.

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Quella che segue è una tabella che indica le connessioni tra i vari Chakra: 1° Chakra 2° Chakra 3° Chakra 4° Chakra 5° Chakra 6° Chakra 7° Chakra

Posizione Plesso sacro-coccigeo (Regione sottoombelicale)

Plesso solare Regione del cuore Gola Reg. intersopraciliare Vertice del capo

Ghiandola Surreni Gonadi Pancreas Timo Tiroide, paratiroidi Epifisi Ipofisi Colore Rosso Arancione Giallo Verde Azzurro, blu Indaco Violetto Identità Fisica Emozionale Dell’ego Sociale Creativa Archetipica Universale

Suono tradizionale Lam Vam Ram Yam Ham Om - Pianeti Venere Luna Mercurio Sole Marte Saturno Giove Metalli Piombo Stagno Ferro Rame Mercurio Argento Oro

Pietre preziose Rubino, magnetite Corallo Ambra, topazio Smeraldo Turchese Quarzo Diamante, ametista Energia Yang Yin Yang Yin Yang Yin Yang

Elemento Terra Acqua Fuoco Aria Suono, etere Luce Pensiero Piano Fisico Eterico Causale Astrale Mentale Divino Spirituale

Stadio di sviluppo Vita fetale, fino a 12 mesi

Da 6 mesi a 2 anni Da 2 anni a 4 anni Da 4 anni a 7 anni Da 7 anni a 12 anni Adolescenza Corso della vita

Stato di coscienza Sopravvivenza Sessualità, emozioni, piacere

Forza, volontà, potere personale,

azione

Amore, relazioni Comunicazione, creatività

Intuizione, immaginazione

Consapevolezza, conoscenza,

comprensione Diritti Esistere, avere Sentire, volere,

percepire, provare piacere ed emozioni

Agire, essere un individuo, essere libero

Amare ed essere amato

Parlare ed essere ascoltato

Vedere Conoscere, imparare

Orientamento verso il sé

Autoconservazione Autogratificazione Autodefinizione Autoaccettazione Autoespressione Autoriflessione Autocoscienza

Scopi e caratteristiche equilibrate

Stabilità, fermezza, salute fisica, fiducia,

prosperità, collegamento con la

terra, capacità motoria, determinazione,

armonia con il corpo, con la natura e la vita,

serenità, voglia di vivere

Movimento, piacere, sessualità, sentimento, sensazioni, emozioni, desideri, necessità,

capacità di cambiare

Trasformazione, vitalità, azione,

spontaneità, volontà, potere personale,

autostima, autonomia, responsabilità,

affidabilità, fiducia, autodisciplina

Amore, equilibrio, compassione,

autoaccettazione, buone relazioni,

empatia, altruismo, sistema immunitario efficiente, sviluppo della personalità

Comunicazione, creatività,

connessione, risonanza, pensiero simbolico, ascolto,

ritmo, indipendenza, autodeterminazione

Percezione psichica, interpretazione,

immaginazione, sogni, percezione dei modelli,

intuizione, visualizzazione,

introspezione, pensiero simbolico

Saggezza, conoscenza,

consapevolezza, connessione spirituale,

comprensione, trascendenza, immanenza,

riflessione, apertura mentale, connessione

spirituale Demone Paura Colpa Vergogna Sofferenza, dolore Bugie Illusione Attaccamento

Caratteristiche per eccesso

Pesantezza, pigrizia, monotonia,

accaparramento, materialismo, avidità, paura di perdere ciò che dà benessere e

sicurezza

Iperemotività, confini labili, esibizionismo

sessuale, ossessione del sesso, egoismo, invasione degli altri,

manipolazione

Dominanza, critica, aggressività, dispersione,

iperattività, volontà di controllo, bisogno di

avere sempre ragione, manipolazione, sete di

potere, traditore, ostinazione, ambizione

del comando

Codipendenza, confini labili, possessività, gelosia, sacrificio

eccessivo

Parlare eccessivo, incapacità d’ascolto, prolissità, balbuzie

Incubi, allucinazioni, illusioni, difficoltà di

concentrazione, ossessioni

Iperintellettualizzazione, ossessioni spirituali,

confusione, dissociazione

Caratteristiche per difetto

Paure, ansia, mancanza di disciplina,

irrequietezza, disorganizzazione

cronica, disadattamento,

insicurezza

Frigidità, impotenza, rigidità del corpo,

timore del piacere e del sesso, pratiche

sociali limitate, eccessive difese,

paura dei cambiamenti

Volontà debole, mancanza d’autostima,

passività, trascuratezza, manipolabilità,

freddezza emotiva, mentalità vittimista,

Timidezza, solitudine, mancanza d’empatia, critica, antisocialità,

freddezza, intolleranza, depressione, odio,

rancore

Timore di parlare, scoordinamento, afasia, difficoltà a

trasporre in parole i sentimenti,

introversione, timidezza

Scarsa memoria, incapacità di visione globale, mancanza di

sensibilità ed immaginazione,

carenza di sogni, monopolarizzazione

Difficoltà d’apprendimento,

scetticismo spirituale, visione limitata,

materialismo, rigido sistema di pensiero,

eccesso nei Ch.

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inaffidabilità inferiori Traumi e violenze Trauma alla nascita,

abbandono, mancanza di legame fisico con la madre, malnutrizione,

malattie gravi, violenza

Abuso sessuale, abbandono, carenze affettive, negazione degli stati emotivi,

rigore morale, violenza

Vergogna, autoritarismo, paura

della punizione, responsabilità inadatte

all’età, abusi fisici

Rifiuto, abbandono, perdita, vergogna, criticismo costante,

divorzio, morte dell’amato, tradimento

Bugie, messaggi contraddittori, violenza

verbale, criticismo eccessivo, genitori

autoritari

Invalidamento dell’intuizione (ciò che vedi non si collega con

quanto ti è detto), ambiente violento

Informazione negata, educazione rigida, religiosità imposta,

obbedienza, incapacità di pensiero autonomo

Meridiani Rene-Colon-Tenue- Vescica

Milza/Pancreas-Vescica-Colon

Tenue

Fegato-Vescica biliare-Milza/Pancreas

Stomaco-Rene

Cuore-Polmone-Vescica biliare

Stomaco-Fegato-Rene

Cuore-Endocrino-Circolazione

Polmone

Tenue-Fegato-Endocrino

Circolazione-Vescica biliare

Cuore-Vescica biliare-Circolazione

Tutti

Patologie Anoressia mentale, sottopeso, ipotensione,

obesità, stipsi, sciatalgie, artriti, artrosi, emorroidi

Malattie urogenitali, della colecisti,

dell’intestino, malattie ginecologiche

(dismenorrea, fibromi, cisti ovariche,

disfunzioni sessuali (impotenza,

eiaculazione precoce, frigidità), lombalgie, gonalgie, mancanza

d’interesse per il cibo, il sesso, la vita, isteria,

stati bipolari, crisi distruttive

Disturbi alimentari e digestivi (gastriti,

ulcere), ipoglicemia, diabete, spasmi

muscolari, dislipidemia, astenia cronica,

ipertensione, disturbi del pancreas, fegato,

rene, attacchi di rabbia, esplosioni di

violenza

Disturbi cardio-vascolari (ipertensione, angina, infarto), globus

hystericus, malattie polmonari (asma, bronchite cronica),

mastopatie, carenze e disfunzioni del sistema

immunitario, depressione, suicidio

Disturbi ORL, del polmone, della tiroide, tossicosi, problemi agli

arti superiori

Cefalee, problemi visivi, sinusiti, vertigini,

cataratte, insonnia

Emicranie, tumori cerebrali, amnesie,

vertigini, fobie profonde (della morte),

psicosi

Conflitti Di paura Di separazione Di acquisizione

territoriale

Di difesa Di delimitazione

territoriale

Di rabbia

Di nido Sentimentali

Di devalorizzazione Di incapacità

Di inedia Di afferrare

Di identificazione Di devalorizzazione

Di morte

Di eliminazione Di perdita Intellettuali

Cibi per riequilibrare Proteine animali Liquidi, tisane Carboidrati Vegetali Frutta - Sostanze psicotrope

Digiuno

Ere geologiche Età della pietra (22.500 A.C.- 14.000 A.C.)

Età del cancro (14.000 A.C.- 8.500 A.C.)

8500 A.C.- 2.000 d.C.

Età dell’acquario (2.000 D.C - 4.000

d.C.)

4.000 d.C. – 6.000 d.C. Dal 6.000 d.C. ?

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Chakra

interessati Conflitti Immagine ideale Ossessioni o

tentazioni Evitamenti Meccanismi di

difesa Compulsione Riprogrammazione

psico-spirituale Meridiani interessati

1° Conflitti di separazione

Conflitti d’acquisizione

territoriale

Sono pieno di successo,

competente e concreto. Io ho

successo

Efficienza Fallimento Identificazione Menzogna Verità→speranza Cute (Cu), Sistema nervoso

sensitivo (A), Cuore (coronarie) ©

1° Conflitti di paura Sono fedele, obbediente e

leale. Io faccio il mio dovere

Sicurezza Devianza Proiezione Timore Coraggio→fede Polmone (bronchi) (P) Rene ®

Laringe (P) Mediastino (P)

2° Conflitti di difesa e delimitazione

territoriale Conflitto motorio

Sono giusto, forte e superiore. Io

sono forte.

Giustizia Debolezza Negazione Lussuria-Dominazione

Innocenza→Misericordia

Bronchi (P) Vescica (V)

Pancreas endocrino (E)

Retto-ano (Co) Term. Nervose.

Motorie (DN) 3° Conflitti di rabbia Sono sincero,

diligente e ordinato. Io ho

ragione

Perfezione Collera Autocontrollo Ira Pazienza→Crescita Vescica biliare (VB) Fegato (F) Tenue (T)

Milza/Pancreas (M/P)

4° Conflitti di nido. Conflitti

sentimentali

Sono affettuoso, altruista,

servizievole. Io aiuto

Correre in aiuto degli altri

Bisogno Repressione Orgoglio Umiltà→Libertà Genitali (E) Mammella ®

Sist. Nerv. Sensitivo (A)

Cute © 4° Conflitto di

devalorizzazione. Conflitto di incapacità

Sono tranquillo, armonico ed equilibrato. Io

sono soddisfatto

Sminuirsi Conflitti Stordimento Pigrizia Azione→Amore Sistema osteo-artic.(DA) Linfonodi

Milza (MP) Surreni (E)

Connettivo (DM) Muscolatura striata

DG) Tessuto adiposo (DG) Fibre musc. liscie (DO)

5° Conflitti d’inedia Conflitti di afferrare

Sono ottimista, allegro e

simpatico. Io sono felice

Idealismo Dolore Razionalizzazione

Intemperanza- Gola

Gioia→cooperazione con Dio

Tiroide (E) Ipofisi (E)

Tessuto adiposo (DG)

6° Conflitti d’identificazione

Conflitti di devalorizzazione. Conflitti di morte

Sono originale, sensibile e colto. Io sono diverso.

Autenticità Ordinarietà Sublimazione artistica

Invidia Armonia→Unione con Dio

Milza (M/P) Sistema osteo-

artic.(DA) Retto (Co)

Polmone (P) Linfonodi

Surreni (E) Connettivo (DM)

Muscolatura striata (DG)

Tessuto adiposo (DG)

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7° Conflitti d’eliminazione.

Conflitti di perdita. Confl.

Intellettuali

Sono saggio, avveduto e recettivo. Io riconosco

Sapere Vuoto Isolamento Avidità Obiettività→Saggezza Colon-sigma-retto (Co)Sist. Nervoso sens.

(A)

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LA TERAPIA BIOENERGETICA L’obiettivo di ogni terapia bioenergetica è il raggiungimento della condizione di salute dell’individuo, inteso come inscindibilità di corpo, mente e spirito, nei vari piani da cui lo stesso è formato.

Concetto di salute secondo i criteri della bioenergetica:

Piano fisico Piano eterico (emozionale)

Piano causale Piano astrale Piano mentale Piano divino Piano spirituale

Stato di armonia con il proprio

corpo e la natura; voglia di vivere; sensazione di

stabilità; assenza di paura.

Capacità di provare piacere

ed emozioni; libertà di

movimento; assenza di sensi

di colpa.

Consapevolezza delle proprie azioni, della volontà e del

potere personale. Assenza di vergogna.

Capacità di amare, empatia,

equilibrio interiore;

assenza di dolore.

Comunicazione, creatività, chiarezza, coerenza;

assenza di bugie.

Intuizione, immaginazione,

percezione, interpretazione;

assenza di illusioni.

Consapevolezza, conoscenza, saggezza,

trascendenza.

Con la bioenergetica si tenta di avere una visione tridimensionale del fenomeno patologico nel momento in cui arriva alla visione del medico, tentando di comprendere il punto di partenza del conflitto psichico del paziente, iniziato sicuramente da un blocco a livello di un Chakra. In tal modo il terapeuta può recuperare il suo ruolo olistico nei confronti del paziente, che è visto analizzando i suoi piani energetici eterico-astrali, al fine di permettere il corretto fluire delle proprie energie sottili nei diversi strati del campo energetico umano. Ogni strato può essere considerato un livello di vibrazione progressivamente superiore che occupa lo stesso spazio dei livelli di vibrazione sottostanti ed in più si estende al di là di essi. Piani energetici che compongono l’aura: 1) Piano fisico (terra) (1° Chakra) 2) Piano eterico (acqua) (2° Chakra) 3) Piano emotivo (astrale) (aria) (3° Chakra) 4) Piano causale (fuoco) (4° Chakra) 5) Piano mentale (5° Chakra) 6) Piano divino (6° Chakra) 7) Piano spirituale (7° Chakra) Nella terapia bioenergetica l’uomo non è visto alla stregua di una macchina divisa in vari settori, ma come un essere vivente unico animato da uno spirito che lo permea e lo anima, e che può essere equilibrato energeticamente adottando le forme terapeutiche più antiche, che sono bagaglio ancestrale dell’Umanità nel corso della storia. Solo in tal modo l’essere umano può arrivare all’accettazione di comportamenti armonici alla consapevolezza ed al ritrovamento di se stesso, attraverso la presa di coscienza dello spirito che dimora in ognuno come energia di vita. La visione tridimensionale permette di osservare il paziente da tre angolazioni e secondo tre piani diversi di esame: 1) piano causale 2) piano sistemico 3) piano sintomatico. Piano causale: la causa della malattia è un conflitto emotivo (ad es. la non accettazione di un’esperienza vissuta, o il rifiuto di se stesso, o il rifiuto degli altri). Tale conflitto instaura nel paziente un’inversione del senso di rotazione (antiorario) della corrente bioenergetica lungo i Chakra, attraverso l’intermediazione dell’asse ipofisi-epifisi-ipotalamo, che a sua volta determina l’insorgenza di malattie psicosomatiche o somatopsichiche.

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Piano sistemico: attraverso il sistema autonomo neurovegetativo (simpatico e parasimpatico) si crea uno squilibrio a livello del sistema mesenchimale o di regolazione degli organi. Piano sintomatico: il tessuto mesenchimale ubiquitario sviluppa nell’organo più debole (“locus minoris resistentiae”) una risposta specifica dello stesso, detta “sintomo”, che appare funzionale alla comprensione della malattia.

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LA NUOVA MEDICINA DEL DOTT. HAMER Le scoperte di Hamer invece aprono un universo totalmente opposto rispetto alla

visione tradizionale della malattia; essa è la risposta appropriata del cervello ad un trauma esterno, e fa parte di un programma di sopravvivenza della specie.

Le cinque leggi fondamentali

<<E’ da migliaia di anni che l’umanità ha sperimentato che in definitiva tutte le malattie hanno un’origine psichica e ciò è ormai un assunto scientifico solidamente inscritto nel patrimonio della conoscenza universale; solo la medicina moderna fa di noi, esseri animati, un sacco pieno di formule chimiche>>. Le cinque leggi sono nate con la nascita della vita, e sono inscritte nel codice genetico di ogni organismo vivente: la pianta, l’animale, l’uomo si comportano secondo le stesse leggi biologiche.

Prima legge: la legge ferrea del cancro.“Il trauma è il detonatore”. Ogni malattia è causata da un trauma emotivo che ci coglie impreparati, ci prende in contropiede, un trauma che viviamo in solitudine e che non sappiamo come risolvere. L’intensità del trauma, la “colorazione” dell’emozione provata quando è avvenuto, determinano l’area del cervello colpita, l’organo fisico corrispondente e la gravità della malattia.

Allo scopo di continuare la specie, l’uomo ha sviluppato col passare dei tempo dei programmi biologici di sopravvivenza che sono diventati automatici e si sono inscritti nel suo cervello, nelle sue cellule.

Questo esempio introduce un concetto molto importante: l‘esistenza di una triade indissociabile di: mente-cervello-corpo, tre unità che funzionano sempre insieme! Fintantoché la medicina si ostinerà ad occuparsi solo della cellula dimenticando che l’uomo è un tuttuno composto di emozioni (ciascuno vive gli avvenimenti della vita in modo del tutto personale), cervello (la nostra centrale di comando per la sopravvivenza e la continuazione della specie) e corpo (l’unico campo di azione a disposizione del cervello), non potrà mai arrivare a capire il significato della malattia né le sue leggi di funzionamento.

Il cervello non è in grado di distinguere tra reale e simbolico, tra realtà ed immaginazione.

Tutte le volte che un individuo, nel corso della sua esistenza, viene colpito da un trauma emotivo che abbia le seguenti caratteristiche:

- sia vissuto in maniera drammatica (con tutte le sfumature del caso, per cui una grossa emozione avrà conseguenze più visibili di una piccola contrarietà: dalla bronchite al cancro ai polmoni, a seconda dell’intensità del dramma vissuto);

- ci colga impreparati, in contropiede, come un fulmine a cielo sereno; - l‘emozione abbia il sopravvento sulla ragione; - sia vissuto in solitudine, rimuginando continuamente il problema (anche se tutti

sanno quello che ci è capitato, nessuno sa quello che abbiamo provato); - non si trovi una soluzione soddisfacente; solo allora il cervello entra in azione mettendo in moto uno speciale programma biologico per la sopravvivenza dell’individuo. L’intensità del trauma emotivo subito determinerà la gravità della malattia, mentre il tipo di emozione provata al verificarsi del trauma determinerà la localizzazione della patologia nel corpo.

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La malattia è dunque un simultaneo squilibrio a livello psichico, cerebrale e organico dovuto ad un trauma emotivo. Senza conflitto non vi è malattia: rendersene conto è il primo passo verso la guarigione.

All’origine di tutte le malattie (angina, bronchite, cancro, depressione, epilessia, infarto, leucemia, sclerosi a placche, eccetera) c’è, nella vita del paziente, un evento particolare vissuto come trauma: separazione affettiva, offesa, licenziamento, schiaffo, la morte di un familiare, una diagnosi medica raggelante… Un evento vissuto in modo drammatico, inaspettato e conflittuale, in solitudine e senza possibilità di una soluzione soddisfacente.

Drammatico: ci distoglie dalle preoccupazioni quotidiane per la sua intensità e gravità.

Inaspettato: ci cade addosso all’improvviso, brutalmente. Vissuto nell’isolamento: anche se tutti sanno che mi è successo qualcosa,

nessuno sa ciò che ho provato. Senza soluzione soddisfacente: non sempre basta parlarne. Solo quando l’evento non sarà più vissuto come trauma emotivo, il problema

potrà dirsi biologicamente risolto.

Seconda legge: le due fasi della malattia. “Niente esiste senza il suo contrario” Non esiste il giorno se non c’è la notte: tutto funziona in modo binario in questo mondo.

Le attività umane sono governate dal sistema neurovegetativo, il sistema nervoso, che è composto essenzialmente dal sistema ortosimpatico o simpatico e dal sistema parasimpatico o vago, dal nome del decimo nervo cranico, il più potente del sistema.

Tutte le malattie hanno due fasi … solitamente di analoga durata. La prima fase è quella di stress ed è detta simpaticotonia perché entra in azione il

sistema simpatico. Va dal trauma alla risoluzione del problema. La seconda fase va dalla soluzione dei problemi al ritorno alla normalità ed è detta

vagotonia perché entra in azione il sistema parasimpatico (vago).

Fase di simpaticotonia ovvero il conflitto attivo Al verificarsi di un trauma che ci coglie impreparati, che viviamo in solitudine, che continuiamo a rimuginare e che non sappiamo come risolvere, i tre livelli dell’essere umano (mente, cervello e corpo) entrano contemporaneamente in una fase dì reazione per poter sopravvivere:

- a livello psichico: il paziente continua a ruminare il suo problema, è stressato in permanenza, non ha più fame, dimagrisce, ha problemi ad addormentarsi e si sveglia di frequente durante la notte: è la fase di adattamento di fronte all’evento inatteso. In questo continuo stato di allarme tutte le sue energie sono mobilitate al solo fine di superare il trauma. Come a dire che non è il cancro che fa dimagrire, ma il continuo stato di stress.

- a livello cerebrale: si verifica una specie di cortocircuito che Hamer chiama “focolaio’’; esso assume la forma di piccoli anelli concentrici in una certa area del cervello che presiede al funzionamento di un organo ben determinato. I neuroni e le cellule gliali dell’area in questione muoiono. Mentre i neuroni non potranno più riformarsi (ma ne abbiamo talmente tanti che il problema è irrilevante), le cellule gliali, sorta di serbatoio nutritivo dei neuroni, potranno riformarsi. Sottoponendo un paziente a TAC cerebrale senza liquido di contrasto, i focolai di Hamer chiaramente visibili ad un occhio esperto, permettono di determinare se ci si trovi di fronte ad una fase di conflitto attivo oppure ad una fase di

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riparazione, e di “leggere” la storia del paziente attraverso i suoi “cortocircuiti”. Sulla base di più di ventimila casi esaminati il dottor Hamer è arrivato a determinare una sorta di “mappa” del cervello, individuando la corrispondenza fra il tipo di trauma originario, l’area colpita a livello cerebrale e l’organo fisico comandato da quell’area.

- a livello fisico: il cervello può dare solo quattro ordini: creare una massa, scavare dei buchi (detti “lisi”), bloccare, sbloccare. Vedremo nella terza legge il suo modo di funzionamento.

Fase di vagotonia ovvero il recupero e la riparazione

L’intensità di questa fase è generalmente proporzionale alla prima ed ha inizio sempre e solo al momento della soluzione del conflitto. Questa seconda fase è a sua volta divisa in due parti dalla cosiddetta crisi epilettoide di cui vedremo in seguito la funzione. Prima della crisi avviene la riparazione del cervello che si conclude col verificarsi della crisi epilettoide; in seguito tocca al corpo proseguire nella sua riparazione (iniziata alla risoluzione del conflitto) fino al completo ritorno dell’omeostasi (lo stato di equilibrio). Nella fase di vagotonia accade quanto segue: - a livello psichico: è il momento in cui possiamo cominciare a “tirare il fiato”. Lo

stress si dilegua e il paziente è pervaso da un gran senso di quiete e serenità. Il conflitto è stato risolto. Torna l’appetito, il corpo e le estremità riprendono ad essere calde a seguito di una vasodilatazione periferica ed il sonno, malgrado qualche difficoltà ad addormentarsi, ritorna dopo le tre di notte, coll’avvicinarsi dell’alba.

- a livello cerebrale: nell’area in cui sì è verificato il “cortocircuito” comincia a formarsi un edema di riparazione composto di sostanze nutritive che hanno il compito di rivitalizzare le cellule gliali, e i cerchi concentrici precedentemente visibili cominciano a scomparire: è l’inizio della fase di riparazione. Se a questo punto si esegue una TAC cerebrale con liquido di contrasto si corre il rischio di diagnosticare erroneamente un umore cerebrale, in quanto il prodotto di contrasto opacizza l’edema di riparazione; molti interventi chirurgici, che alterano tra l’altro il fondamentale ritmo vibratorio del cervello, potrebbero essere evitati se solo si fosse a conoscenza di questo “piccolo dettaglio”! Una volta terminata la riparazione, l’edema cerebrale non ha più ragione di persistere e continuare a crescere; ciò danneggerebbe il cervello che per sua natura non può dilatarsi oltre i limiti della scatola cranica. Ma madre natura è perfetta ed ha “inventato” la crisi epilettoide (possono verificarsi tremori, sudori freddi, stress, evacuazioni urinarie), sorta di momentaneo ritorno alla fase di simpaticotonia, che ha la funzione di verificare se l’evento conflittuale è stato realmente superato; in caso affermativo l’edema sarà evacuato tramite una fase di diuresi, in caso negativo il conflitto altalenante, mai superato, si manifesterà con fasi alterne di ricadute e risoluzioni che avranno come conseguenza il formarsi di una cisti cerebrale al posto dell’edema.

- a livello fisico: già prima della crisi epilettoide la malattia smette di progredire ed il cervello si ripara, ma il corpo termina di recuperare la sua piena funzionalità solo dopo questa crisi. Nella fase di vagotonia il paziente entra in uno stato di infiammazione; tutte le sue energie sono ora tese alla riparazione cerebrale e fisica: può avere degli stati febbrili, dolori diffusi o localizzati e molta stanchezza, come se fosse stato investito da uno schiacciasassi. Qui ancora la natura si dimostra estremamente efficiente: se infatti non esistessero questi sintomi, il paziente si dedicherebbe alle sue attività quotidiane distogliendo in

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parte o totalmente le sue energie dall’obiettivo primario del momento, ovvero riparare i danni. Tutti gli stati infiammatori sono delle riparazioni, ivi comprese le malattie infettive contro le quali combattiamo con ogni mezzo nella speranza di uccidere i microbi. La realtà è tuttavia esattamente l’opposto: siamo in presenza di una fase di riparazione!

E’ comunque da tener presente che in alcuni casi la fase di riparazione può essere anche più pericolosa della fase di malattia e che la crisi epilettoide presenta dei rischi che è bene non ignorare per poter aiutare il paziente con ogni mezzo, anche allopatico, a portare a compimento questa seconda fase (ne vedremo un esempio in seguito accennando all’infarto del miocardio). Terza legge: il sistema ontogenetico dei tumori e delle malattie equivalenti. “Al di la’ della complessità, tutto è semplice” In sintesi, al verificarsi di un evento conflittuale inatteso, senza soluzione apparente, vissuto in solitudine, la patologia si esprime contemporaneamente a livello mentale, cerebrale e organico: è la prima fase, detta dì simpaticotonia, che si manifesta così: - a livello mentale c’è uno stato di stress permanente; - a livello cerebrale si verifica il cortocircuito dell’area determinata dal tipo di

emozione subita; - a livello organico avviene la proliferazione cellulare (tumore) per gli organi

comandati dal tronco cerebrale e dal cervelletto, oppure la lisi (perdita di sostanza) o ancora il blocco funzionale (paralisi) per gli organi comandati dal midollo cerebrale e dalla corteccia cerebrale.

L’eliminazione del conflitto è la chiave di volta che permette di passare alla seconda fase detta vagotonia, la riparazione vera e propria, che si manifesta così: - a livello mentale si ritrova la quiete; - a livello cerebrale, i circuiti elettrici si rigenerano; - a livello fisico avviene la caseificazione* o l’incistarsi del tumore per gli organi

comandati dal tronco cerebrale e dai cervelletto, la ricostruzione delle lisi o lo sblocco funzionale per gli organi comandati dal midollo cerebrale e dalia corteccia cerebrale.

Come vedremo nella quarta legge, i microbi sono gli artefici necessari del recupero della salute. Essi sono i nostri alleati più preziosi e sono attivi, virulenti, sempre e solo in fase di riparazione!!

Quarta legge: il sistema ontogenetico dei microbi, “Operai specializzati agli ordini del cervello” Contrariamente a quanto creduto finora, i microbi sono nostri alleati; sono loro che si occupano di riparare i danni durante la fase di vagotonia. È il cervello che invia l’ordine ai nostri amici virus, funghi o batteri, sollecitando gli uni o gli altri a seconda del lavoro che devono svolgere. Come mai, durante le annuali epidemie di influenza, non tutti si ammalano? Qual è la differenza tra un individuo che si ammala e un altro che resta in salute? Non è certo il sistema immunitario degli uni più debole di quello degli altri in quanto vediamo individui robusti e pieni di forza falciati dal virus influenzale mentre persone fragili e cagionevoli di salute passano indenni attraverso l’epidemia. Ma se anche esistessero sistemi immunitari più deboli di altri, quale ne sarebbe la ragione? La risposta ci viene dalla quarta legge, il sistema ontogenetico dei microbi secondo cui:

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- essi “lavorano” solo nella seconda fase della malattia, quella di riparazione, attivandosi ne! momento della risoluzione del conflitto e fino a riparazione avvenuta, dopodiché ritornano inattivi. I microbi non sono dunque dei nemici ma degli alleati che vivono in simbiosi con noi e lavorano per noi agli ordini del nostro cervello. Distruggendoli, non si fa che ritardare e rallentare la fase di riparazione che avviene comunque alla risoluzione del conflitto, pur non essendo ottimale da un punto di vista biologico;

- essi si suddividono secondo l’origine embrionale dei tessuti. Tutti i microbi arrivano, proliferano e scompaiono per favorire la riparazione secondo una logica ben precisa in sincronia ton il nostro cervello e il nostro corpo, proliferando o morendo a seconda del tipo di patologia, degli organi interessati e del lavoro che devono svolgere: eliminare o ricostruire. Essi fanno parte del programma biologico della natura. I funghi e i microbatteri sono degli “spazzini” che ripuliscono i tumori situati negli organi derivanti dall’endoderma e governati dal tronco cerebrale e quelli degli organi derivanti dal mesoderma cerebellare, retti dal cervelletto; più precisamente svolgono un’azione di caseificazione: “rosicchiano”, per così dire, il tumore. I batteri hanno sia la funzione di “spazzini” (per i tumori situati negli organi derivanti dal mesoderma cerebellare, retti dal cervelletto), che quella di “restauratori” delle lisi (che, ricordiamo, sono delle riduzioni cellulari o necrosi) situate negli organi derivanti dal mesoderma del midollo cerebrale, retti dal midollo cerebrale. I virus collaborano alla ricostruzione degli organi di origine ectodermica retti dalla corteccia cerebrale.

Quinta legge: “la legge della quintessenza” Tutti i comportamenti dell’uomo (e quindi anche le malattie) sono determinati da programmi speciali di sopravvivenza inscritti nel cervello fin dalla notte dei tempi. La malattia è la soluzione biologica perfetta del nostro cervello, l’ultima possibilità di sopravvivenza. La malattia ha sempre un senso. Essa è utile, necessaria, vitale per l’individuo e per l’evoluzione della specie. Possiamo dire che Hamer abbia scoperto una lettura supplementare delle funzioni del cervello. Essa non rimette in discussione le scoperte precedenti in questo campo, non più di quanto varrebbe il descrivere una prateria in termini di fiori e farfalle piuttosto che di funzione clorofilliana. Il dottor Hamer ha scoperto che al verificarsi di un trauma emotivo, gli uomini fino all’età dell’andropausa sono colpiti nella parte destra del cervello e le donne fino all’età della menopausa nella parte sinistra (per i mancini il discorso s’inverte). Andropausa e menopausa rappresentano un cambiamento di stato nel senso che nell’organismo degli uomini diminuiscono gli ormoni maschili e nelle donne diminuisce la quantità di ormoni femminili, mentre per entrambi aumenta relativamente le quantità di ormoni del sesso opposto. Dopo l’andropausa l’uomo è, per così dire, “più femminile”, dopo la menopausa, la donna è “più maschile”. In uomo destrimano in età riproduttiva, al verificarsi di un primo trauma emotivo sarà quindi colpito nella parte destra della corteccia cerebrale (quarta tappa dell’evoluzione) e svilupperà le patologie relative agli organi comandati dall’emisfero destro: tronchi, arterie coronarie, stomaco, duodeno, vie biliari, vescica; una donna

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destrimana, mestruata, che non prende la pillola (altrimenti cambia il suo stato ormonale), al verificarsi di un primo trauma emotivo sarà colpita nella parte sinistra della corteccia cerebrale e svilupperà le patologie relative agli organi comandati dall’emisfero sinistro: tiroide, laringe, vene coronarie, collo dell’utero, vescica, retto (in effetti le patologie di questi organi colpiscono più le donne che gli uomini). Dopo l’andropausa il trauma sarà vissuto dall’uomo con una colorazione più femminile (parte sinistra del cervello), mentre per la donna, dopo la menopausa, il trauma sarà vissuto secondo una colorazione più maschile (parte destra del cervello), e anche le patologie si invertiranno; meraviglioso stratagemma messo in atto dalla natura per poter vivere nell’arco di una vita anche le esperienze del sesso opposto. Se le donne capissero appieno questo meccanismo, al momento della menopausa non vivrebbero più un conflitto di svalutazione di sé per non poter più assolvere alla loro funzione procreativa, di conseguenza non esisterebbero più problemi di osteoporosi (se “non ho più valore in quanto donna perché non posso più mettere al mondo figli”, il cervello ordina una decalcificazione dello scheletro, la parte più densa del corpo, una sorta di lento suicidio). La menopausa e l’andropausa sono, al contrario, l’inizio di una nuova avventura che proietta uomini e donne in mondi emotivi fino allora sconosciuti. Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, le cinque leggi della Nuova Medicina danno finalmente un senso alla vita e alle sue manifestazioni; non si tratta più di riconoscere dei sintomi e cercare di eliminarli con delle medicine, ma piuttosto di comprendere le cause emotive profonde proprie a ciascun individuo, risvegliando in lui la consapevolezza della possibilità di invertire la rotta. E’ un viaggio all’interno di noi stessi, a volte “doloroso”, ma sempre premiante: è come fare il punto sulla propria vita e ripartire su nuove basi. Prima di illustrare i vari tipi di conflitti e relative conseguenze, è forse bene riprendere il filo del discorso riassumendo brevemente le relazioni tra aree del cervello, origine embriologica degli organi e relative patologie. Il tronco cerebrale gestisce i conflitti più “arcaici”, vitali, che ci colpiscono nel più profondo del nostro essere: acchiappare, inghiottire, far passare, digerire, eliminare il “boccone” nelle sue diverse accezioni di cibo, aria, soldi, una vincita al totocalcio che pensavamo di avere già in tasca ma che ci sfugge perché abbiamo perso la schedina…. La patologia si esprimerà, in fase attiva del conflitto, con una proliferazione cellulare negli organi che derivano dall’endoderma e che sono gestiti dal tronco cerebrale. In fase di riparazione ed in presenza di funghi e microbatteri avverrà una caseificazione o una necrosi. Il cervelletto gestisce i conflitti relativi al “nido” e all’integrità dell’individuo. Anche qui, proliferazione cellulare in fase di conflitto attivo negli organi comandati dal cervelletto e derivanti dal mesoderma cerebrellare con necrosi caseosa in fase di riparazione. Il midollo cerebrale gestisce in conflitti di svalutazione di sé e quelli relativi a certi aspetti della sessualità. In fase conflittuale si avrà una perdita di sostanza negli organi che derivano dal mesoderma del midollo cerebrale e che sono comandati dal midollo cerebrale. In fase di riparazione, riempimento delle lisi e dunque sarcomi, linfomi, lipomi, fibromi, cisti. La corteccia cerebrale gestisce i conflitti relativi al territorio e ai limiti dell’individuo nei confronti degli altri. Perdita di sostanza in fase attiva del conflitto negli organi di derivazione ectodermica, comandati dalla corteccia cerebrale, con restituzione cicatriziale in fase di riparazione, oppure patologie oncoequivalenti (paralisi, blocco funzionale) in fase conflittuale e ritorno alla norma in fase di riparazione.

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Per comprendere poi la localizzazione della manifestazione patologica è sufficiente ricollegarsi al momento preciso del trauma emotivo: “è in quel preciso istante che avviene un’associazione emotiva spontanea ed immediata tra la localizzazione nel corpo e il significato soggettivo dell’emozione provata”

In sintesi, la medicina del Dott. Hamer ci suggerisce che le cose non stanno proprio come vogliono farci credere: non solo il termine “malattia” va rivisto in senso positivo, come un programma biologico di sopravvivenza per l’individuo e per la specie, ma anche il malato non va più considerato solo un insieme di cellule avulse dalla realtà, bensì un individuo completo di anima, emozioni, mente e corpo, che ha un vissuto, un’educazione, una storia; ogni attimo della sua vita è determinato dall’interazione delle esperienze passate, e ciascuno è parte del Tutto su cui agisce e da cui è influenzato. Se non si tiene conto di tutto ciò, è impossibile comprendere i meccanismi e il significato di qualsiasi patologia. Il grande merito del dottor Hamer è quello di avere gettato le basi di una medicina più “umana” in cui l’approccio terapeutico può essere riassunto in poche parole, quelle che i saggi di tutti i tempi continuano a ripetere:

Ama il tuo prossimo (te incluso). Rispettalo nella sua globalità,

nel suo vissuto, nel suo unico modo di essere.

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LE METODICHE BIOENERGETICHE L’Elettroagopuntura secondo Voll (EAV) costituisce un sistema diagnostico-terapeutico capace di fornire molte informazioni sullo stato di salute o di malattia del paziente, che opportunamente decodificate possono offrire un validissimo aiuto nella clinica. Conosciamo così le sue applicazioni ottimali nel campo della diagnostica e della terapia delle intossicazioni chimiche, delle interferenze geopatiche ed elettromagnetiche, delle intolleranze alimentari, delle infezioni batteriche, virali, micotiche e parassitarie, dei danni da materiali odontoiatrici. L’EAV costituisce una speciale sintesi tra pensiero medico orientale e tecnologia occidentale; dell’agopuntura cinese sono usate le vie di conduzione dell’energia, in pratica i meridiani, mentre delle metodiche elettroniche sono usate quelle che consentono di misurare la resistenza cutanea. Tale metodo è stato introdotto dal medico tedesco R. Voll nel 1955, e successivamente è stato perfezionato ed elaborato sia nella teoria sia nelle applicazioni. Il compito dell’EAV è di costituire un ausilio alla diagnostica basato sulla valutazione delle perturbazioni elettrofisiologiche connesse alle malattie. Sono riportati circa 300 punti di misura sulle mani e sui piedi per tutti i grandi organi, per i vari sistemi tessutali, per il sistema osteo-articolare, vasale, nervoso e linfatico, come anche punti specifici per manifestazioni degenerative. Il fatto più interessante è che molte malattie inizierebbero a determinare disturbi misurabili con l’EAV prima di dare altre manifestazioni cliniche. Il sistema di misura dell’EAV è costituito essenzialmente da uno strumento che applica una corrente continua di circa 8 microampere e una differenza di potenziale di circa 0,5-1 Volt sui punti di agopuntura. La corrente è inviata lungo un circuito fatto da un cavo che termina in un elettrodo a puntale, che è usato dall’operatore per testare i vari punti, poi dal paziente che tiene nell'altra mano un elettrodo cilindrico da cui si diparte un cavo che ritorna ad un misuratore di corrente e quindi al generatore. Collegato all’elettrodo che tiene in mano il paziente, si diparte un altro cavo che va verso un portafiale di metallo, usato per le misure d’interferenza dei farmaci o d’altre soluzioni col sistema bioelettrico del paziente. Se la reazione dell’organo corrispondente al punto testato è normale, la forza elettromotrice misurata dovrebbe essere circa 0,8 Volts. In pratica, la tensione è impostata in modo che l’ohmetro registri “50” su una scala arbitraria di 100 unità. La densità di corrente in queste condizioni va dai 5 agli 11 microampere. In caso di patologie degenerative a carico degli organi in relazione col punto testato, si può misurare un aumento della resistenza elettrica cutanea, quindi un calo della conducibilità che si riflette con una caduta dell’indice di lettura. Nel caso di patologie con prevalenti fenomeni infiammatori, si può avere un aumento della conducibilità. A queste caratteristiche variazioni degli indici bioelettrici, d’interesse diagnostico non indifferente, si aggiunge un’altra proprietà del sistema EAV: in presenza di un abbassamento dell’indice di conducibilità, se s’inserisce nel circuito elettrico, in un’apposita vaschetta portafiale collegata con un cavo all’elettrodo, una fiala di un farmaco con effetto positivo sull’equilibrio energetico-informazionale del paziente, il punto recupera la conducibilità e l’indice ritorna al livello normale. Viceversa, se s’inserisce nel circuito una sostanza tossica o con cui il soggetto reagisce in modo patologico (es. allergeni o un farmaco non appropriato), un indice precedentemente normale si abbassa a livelli patologici.

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Le alterazioni della conduttanza da parte di soluzioni poste in collegamento elettrico col sistema possiedono un carattere di specificità, che farebbe pensare a fenomeni di risonanza elettromagnetica. Molti aspetti della metodologia EAV (e delle tecniche correlate) sono ancora incerti, come lo sono le basi elettrofisiologiche e biofisiche, per questo anche le sue possibili applicazioni diagnostiche devono essere ancora considerate come sperimentali o ipotetiche. La questione più controversa riguarda il ruolo dell’operatore che effettua il test; ci si chiede se egli sia solo un osservatore o possa avere una partecipazione nell’insieme della procedura, alterando il campo elettrico del paziente con il proprio, o effettuando la misurazione con diversa pressione sull’elettrodo a seconda delle aspettative o di altri fattori inconsci. A mio giudizio, l’EAV classica non tiene presente l’unità psico-neuro-somatica dell’individuo, inteso nella sua globalità e individualità; si giunge così alla ricerca quasi ossessiva di tossine chimiche, batteriche, virali e di testare tanti rimedi contemporaneamente, senza spesso centrare la vera causa dello stato patologico che coinvolge, oltre al corpo fisico, anche la psiche del paziente, in altre parole il suo vissuto, le relazioni con se stesso e l’ambiente. Il Dott. G. Marchese afferma giustamente che ogni punto di misurazione sulla cute non è specifico di un organo o di una funzione, come affermato da Voll, ma ci consente di avere una visione binaria sull’area cerebrale che controlla l’organo o la funzione. Egli prende spunto dalla teoria di R.G. Hamer, che riguarda il “sistema delle ferree leggi del cancro”; nei pazienti neoplastici l’autore ha notato, esaminando le loro TAC e le loro RMN craniche, alcuni segni cerebrali, la cui localizzazione è sempre precisamente correlata all’organo o ad una determinata struttura dell’organo colpito. In ogni condizione patologica, esclusi i fenomeni traumatici, tossici o carenziali, tali segni patologici nel parenchima cerebrale, definiti “focolai FH (focolai di Hamer) ” iniziano a formarsi nel momento in cui i pazienti subiscono dei conflitti psichici emotivi, la cui durata è direttamente correlata alla gravità delle manifestazioni patologiche. Ogni conflitto psichico ha un impatto su una o più aree cerebrali che presiedono a funzioni, o sono correlate ad un organo o ad un tessuto specifico. Nella prima fase, detta conflittuale, si passa da una normale alternanza tra tono simpatico e parasimpatico, ad un ipertono del sistema simpatico con comparsa d’insonnia, agitazione, inappetenza, calo ponderale. Maggiore è l’importanza psichica del conflitto e la sua durata, maggiore è l’irritazione cerebrale, che in principio è solo funzionale (una sorta di corto circuito elettromagnetico), per diventare poi man mano organica, a causa dei fenomeni vascolari ed umorali che avvengono nell’area interessata. A livello somatico durante questa fase nella maggior parte dei casi le sintomatologie soggettive ed oggettive appaiono piuttosto sfumata o silente. Nella seconda fase, detta post-conflittuale, si ha una prevalenza del sistema parasimpatico-vagale. In questa fase il paziente si sente astenico, assonnato, riprende ad alimentarsi con appetito, recupera il calo ponderale eventuale. In tale momento iniziano tutti i fenomeni di guarigione biologica, che si estrinsecano nei sintomi comunemente definiti “malattia” (dolore, febbre, infiammazioni, coliche, ecc.) che invece andrebbero opportunamente inquadrati nel momento evolutivo della patologia. Tutto deve essere finalizzato a circoscrivere l’area d’edema cerebrale intrafocale o perifocale, che si viene a formare in questa fase a causa di fenomeni elettromagnetici, e che in casi limite può addirittura portare alla morte.

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Schematicamente si può formulare il seguente schema: Conflitto psichico (avviene a livello della psiche/software) →Focolaio cerebrale di Hamer (avviene a livello del cervello/hardware) →manifestazione organica con i relativi sintomi (accade a livello del corpo). Inquadrare correttamente un sintomo è fondamentale sia in chiave diagnostica che per avviare una terapia mirata alla soppressione del conflitto attivo, o di sollecitazione dei meccanismi di guarigione nel periodo post-conflittuale. Ecco un esempio di conflitti psichici, con le loro relative somatizzazioni: 1) Conflitto di rabbia: Vescica biliare, Fegato, Tenue, Milza/pancreas 2) Conflitto di nido (sentimentale): Genitali, seno, terminazioni nervose sensitive (tattili,

termiche, dolorifiche), cute. 3) Conflitto di separazione o acquisizione territoriale: cute, sistema nervoso sensitivo,

cuore (arterie coronarie) 4) Conflitto d’identificazione: milza, articolazioni, retto, polmone. 5) Conflitto d’eliminazione, di perdita, intellettuale: sigma-retto, Colon, sistema nervoso

sensitivo cefalo-brachiale 6) Conflitto di paura: polmone (bronchi), rene, laringe, mediastino 7) Conflitto d’inedia, di afferrare: tiroide, ipofisi, tessuto adiposo. 8) Conflitto di difesa e delimitazione territoriale, di ergersi: bronchi, vescica, pancreas

endocrino. 9) Conflitto di devalorizzazione: ossa, articolazioni, linfonodi, milza, surreni, tessuto

connettivo, muscolatura striata, tessuto adiposo. 10) Conflitto di delimitazione territoriale: vie urinarie, ano, retto. 11) Conflitto motorio: terminazioni nervose muscolari 12) Conflitto d’incapacità: fibre muscolari lisce parenchimali e vascolari. L’affascinante proposta di Hamer può essere valutata in sede clinica con gli attuali esami strumentali a livello cerebrale (RMN, TAC) solo nel caso di grosse patologie in fase post-conflittuale. Tutta la piccola e media patologia, e soprattutto le reazioni cerebrali delle fasi conflittuali, non possono usufruire di un supporto basato sui rudimentali esami strumentali e funzionali attualmente disponibili nella diagnostica corrente. Il Dott. Marchese ha superato tale handicap creando l’OFO (Organometria Funzionale Olistica), nella quale ogni punto di misurazione sulla cute possiede una triplice connotazione: somatica, cerebrale e psichica; in tal modo è possibile determinare, in caso di caduta dell’indice su un punto di un vaso o di un meridiano, le informazioni relative all’organo o alla funzione in questione, alla sua corrispondente area cerebrale interessata (centri specifici di regolazione cerebrale) ed alla natura del conflitto a livello psichico che ha costituito il "primum movens" della patologia. Per tale motivo in caso di condizioni funzionalmente attive (conflitti psico-emotivi), i centri di regolazione cerebrale possono essere fortemente destabilizzati, anche se nell’organo corrispondente non esistono ancora lesioni organiche clinicamente evidenziabili (che si manifesteranno con tutta probabilità in fase post-conflittuale), in tal caso i punti di misurazione mostrano valori elevati o con notevole caduta dell’indice. Sempre il Dott. Marchese, nel tentativo di allargare la concezione olistica dell’uomo fino a giungere alla dimensione spirituale (essenza profonda dell’uomo che lo fa comunicare con l’Ente Creatore), ha preso spunto dall’Enneagramma, per comprendere come riparare la difficoltà di comunicazione che si struttura come difetto a livello del software psichico, che altera biologicamente i circuiti dell’Hardware cerebrale, che a sua volta condiziona i relativi organi o le funzioni a livello corporeo.

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L'Enneagramma ha probabilmente avuto origine in Afghanistan circa duemila anni fa, e costituisce un viaggio nel proprio sé, mediante il qual è possibile scoprire il proprio tipo di personalità e modificare l’atteggiamento nei confronti della vita, generando una lisi profonda dei conflitti antichi o attuali. Si tratta in realtà di una e vera e propria riprogrammazione, quindi non viene modificato il proprio carattere, ma lo stesso viene positivizzato eliminando le negatività derivanti da compulsioni specifiche, radicate nella concezione che ognuno ha di se stesso e che condiziona il proprio comportamento. Ogni soggetto, infatti, sviluppa una strategia difensiva per salvaguardare la propria sicurezza e dare un significato alla vita. Tale strategia di solito è misconosciuta, non percepita in modo cosciente ed agisce quindi indisturbata nella vita dell’uomo, tanto da condizionarne decisioni e comportamenti e da generare conflitti. La compulsione, o negatività della propria personalità, dovrebbe essere individuata con precisione, in modo tale che ognuno possa scegliere liberamente di seguirla o no. Tale individuazione può essere facilitata dall’OFO mediante la misurazione dei punti di misurazione che rivelano anomalie funzionali elettriche di aree cerebrali corrispondenti ai contenuti emotivi conflittuali più frequenti per ognuna delle tipologie dell’Enneagramma, che sono nove (dal greco enneas = nove), e si ricavano dal seguente schema: a) Ogni soggetto sviluppa una personale immagine di sé idealizzata; b) L’esaltazione di tale immagine, che porta la persona a prendersi troppo su serio,

provoca delle ossessioni, o tentazioni; c) Queste ossessioni servono ad evitare ciò che più si teme; d) In tal modo si strutturano dei meccanismi di difesa nei confronti dell’ambiente

circostante; e) Tali difese in realtà nascondono una profonda compulsione, detta “peccato radicale”; f) Quando le difese vengono meno, predispongono ad una serie di conflitti, rilevabili sui

punti di misurazione dei meridiani e dei vasi secondo la tecnica OFO; g) Riconoscere la compulsione mette nella condizione di operare liberamente una scelta:

continuare nell’atteggiamento negativo, o aderire ad un invito di riconoscere la propria positività soffocata, che in tal modo può manifestarsi compiutamente nelle relazioni con Dio, con se stessi e con gli altri.

Questa riprogrammazione psico-spirituale, che permette di far chiarezza nel proprio io, richiede indubbiamente coraggio, implicando la rinuncia a qualcosa che si credeva indispensabile nella propria vita; i risultati che si ottengono ci proiettano in una dimensione interiore prima impensabile, ma che una volta raggiunta è presupposto irrinunciabile per costituire la vera base di partenza per un concetto di guarigione e di salute profondo. L’OFO riesce, attraverso i punti di misurazione controllati da un normale apparecchio d’EAV, a definire i conflitti e da questi risalire rapidamente alla personalità del paziente in base all’Enneagramma, accelerando la comprensione delle proprie caratteristiche positive e negative in vista di una rimozione definitiva di queste ultime. Personalmente ho ideato un metodo che fa riferimento al solo meridiano dell’Endocrino (o Triplice Riscaldatore secondo la Medicina Tradizionale Cinese), posto sul lato mediale del 4° dito (quello più vicino al 5° dito) come ideato da Voll, modificato secondo il Dott. Sapienza, ed ulteriormente rivisto dal sottoscritto: Punto 1 (punto prossimale della 3a articolazione interfalangea): 1° CHAKRA Punto 2 (punto distale della 2a articolazione interfalangea): 2° CHAKRA Punto 3 (punto distale della 1a articolazione interfalangea): 3° CHAKRA

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Punto 4 (punto prossimale della 1a articolazione interfalangea): 4° CHAKRA Punto 5 (punto distale del 4° metatarso): 5° CHAKRA Punto 6 (punto intermedio del 4° metatarso): 6° CHAKRA Punto 7 (punto prossimale del 4° metatarso): 7° CHAKRA. Se sono presenti differenti valutazioni tra le due mani, è possibile che ci troviamo di fronte a problemi di sincronizzazione tra il cervello destro e sinistro (capacità intuitive ed artistiche/capacità razionali). Valori all’EAV alti: Chakra in eccesso (→flogosi, congestioni, allergie, iperfunzionalità della ghiandola endocrina). Valori all’EAV bassi: Chakra in carenza (→ ipoergia, ipofunzione della ghiandola endocrina, degenerazione). Da notare che la caduta dell’indice, che si ritrova spesso sui punti di misurazione del Chakra, indica soltanto che il Chakra non è in equilibrio, e proprio la stabilizzazione intorno a valori di 50 sarebbe il risultato ideale da raggiungere.

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ESERCIZI RESPIRATORI DI RILASSAMENTO Al centro del nostro essere si trova il movimento ritmico, un’espansione e una contrazione ciclica che avviene sia dentro il nostro corpo che all’esterno, sia nella nostra mente sia nel corpo, sia dentro sia fuori la nostra coscienza. Il respiro è l’essenza dell’essere e in tutti gli aspetti dell’universo possiamo vedere lo stesso disegno ritmico dell’espansione e della contrazione: sia nei cicli diurni sia in quelli notturni, in quelli della veglia e del sonno, nell’alta e nella bassa marea o, ancora, nel fiorire e nel finire delle stagioni. Se il respiro è il movimento dello spirito nel corpo, un mistero che ci rende parte della creazione, allora lavorare con il respiro è una forma di esercizio spirituale. Ma è anche un qualcosa che influisce sulla salute e sulla guarigione, perché il modo in cui respiriamo rispecchia lo stato dei sistema nervoso e agisce sul suo equilibrio. Si può insegnare a regolare il battito cardiaco, la pressione arteriosa, la circolazione e la digestione modificando volontariamente il ritmo e la profondità del respiro. Allo stesso modo, si può rendere più forte il sistema di guarigione.

A questo punto vorrei consigliarvi alcune semplici tecniche per compiere questo tipo di lavoro e, poiché ciascuna di esse richiede solo pochi minuti, non vi renderete conto delle loro potenziali capacità finché non avrete incominciato a praticarle regolarmente, preferibilmente ogni giorno. 1 Osservate il respiro. Sedetevi in una posizione comoda con gli occhi chiusi e allentate

qualunque indumento stretto. Focalizzate l’attenzione sulla respirazione, ma senza cercare di influenzarla minimamente. Seguite Io svolgersi del ciclo dell’inspirazione e dell’espirazione e cercate di percepire i punti nei quali una fase si tramuta nell’altra. Fate questo esercizio per almeno qualche minuto. L’obiettivo è semplicemente quello di mantenere l’attenzione sul ciclo della respirazione e di osservarlo. Non importa in che modo si modifica il respiro: anche se le escursioni diventano molto ravvicinate, continuate a seguirle. Questa è la base della meditazione, un metodo di rilassamento e un modo per armonizzare il corpo, la mente e Io spirito.

2 Iniziate con l’espirazione. La respirazione è continua, non c’è inizio né fine, anche se

noi pensiamo che il respiro inizi con un’inspirazione e finisca con un’espirazione. Vorrei che cercaste di invertire questa percezione nel prossimo esercizio, che si può eseguire sia da seduti sia da sdraiati. Focalizzate ancora una volta l’attenzione sul respiro: lasciate che l’aria entri senza cercare di modificare l’inspirazione, ma provate a sentire l’espirazione come l’inizio di un nuovo ciclo. In questo modo otterrete un controllo maggiore sull’espirazione perché potrete usare i muscoli volontari intercostali per soffiare l’aria fuori dai polmoni e questa muscolatura è più potente di quella usata per inspirare l’aria. Quando si butta l’aria fuori, automaticamente e nella stessa misura l’aria entra nei polmoni. È consigliabile rendere la respirazione più profonda possibile e il modo più facile per farlo è quello di pensare all’espirazione come alla prima parte del ciclo, senza preoccuparsi affatto dell’inspirazione.

3 Lasciate che il respiro entri in voi. Questo esercizio riesce meglio quando si sta sdraiati

sulla schiena, perciò si può cercare di eseguirlo prima di addormentarsi oppure al risveglio. Chiudete gli occhi e tenete le braccia accanto al corpo, poi focalizzate l’attenzione sul respiro, senza cercare di modificarlo. Ora immaginate che ad ogni inspirazione l’universo stia soffiando aria dentro il vostro corpo e che ad ogni

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espirazione la ritiri. Voi ricevete passivamente il respiro. Mentre l’universo soffia nel vostro corpo, cercate di avvertire il respiro che penetra in ogni parte del corpo, fino ad arrivare alla punta delle dita delle mani e dei piedi. Cercate di mantenere questa percezione per dieci cicli di espirazione e d'inspirazione. Questi primi tre esercizi possono essere eseguiti con la frequenza desiderata, per il periodo di tempo voluto e fino ad un massimo di dieci minuti per ogni esercizio. L’importante è farli ogni giorno. I prossimi due esercizi sono tecniche di respirazione tratte dal pranayama, l’antica scienza indiana per il controllo del re- spiro che si ritrova anche in parte degli esercizi yoga. Prana è un termine che significa “energia universale” e il respiro rappresenta l’espressione del corpo; la pratica del pranayama è mirata ad armonizzare le energie del corpo e ad accordarle con l’energia cosmica. Questi due esercizi sono sicuri e molto efficaci. Anch’essi richiedono poco tempo, tuttavia, per poter agire sul sistema di guarigione, devono essere fatti regolarmente.

4 Fate una respirazione stimolante. Sedetevi in una posizione comoda, con la schiena

diritta e gli occhi chiusi. Mettete la lingua nella posizione yoga, cioè in modo che a punta della lingua tocchi il retro degli incisivi superiori, poi fatela scivolare appena sopra i denti finché non si appoggia alla Ioggia alveolare, ossia la tessuto molle tra i denti e il palato. Tenetela in quella posizione per l'intera durata dell'esercizio. La filosofia yoga sostiene che questo contatto serve a chiudere un circuito d’energia nel corpo, evitando così la dissipazione del prana durante l’esercizio della respirazione). A questo punto fate una rapida inspirazione ed espirazione con il naso, tenendo la bocca leggermente chiusa. L’inspirazione e l’espirazione dovrebbero essere di uguale entità e brevi; i dovrebbe avvertire uno sforzo muscolare alla base del collo, appena sopra la clavicola, e anche del diaframma. (Cercate di mettere le mani su questi punti per avere un’idea del movimento che avviene.) L’azione del torace dovrebbe essere rapida e meccanica, come il movimento lei mantici che pompano l’aria: infatti, in sanscrito il nome di questo esercizio vuol dire “respiro dei mantici”. Il respiro dovrebbe essere udibile sia nell’inspirazione sia nell’espirazione e, se ci riuscite, dovreste completare tre cicli al secondo. La prima volta la durata di questo esercizio non deve superare i quindici secondi, poi bisogna respirare normalmente. Ogni volta che lo si pratica occorre aumentare la durata di cinque secondi alla volta, finché non si arriva a un minuto. Si tratta di una vera e propria ginnastica, perciò sarà normale sentire un certo affaticamento dei muscoli che state esercitando. A questo punto comincerete anche a sentire qualcos’altro: cioè, un sottile ma deciso flusso d’energia che attraversa il corpo quando ricominciate a respirare normalmente. In genere si percepisce come una vibrazione o una sensazione di formicolio, soprattutto nelle braccia, e nello stesso tempo mi sento più pronto e non avverto più la stanchezza. Badate che non si tratta di un esercizio di iperventilazione (in questo caso avvengono dei cambiamenti fisiologici per il fatto di aver eliminato l’anidride carbonica in eccesso), ma di un modo per attivare il sistema nervoso centrale. Quando sarete capaci di eseguire la respirazione dei mantici per un minuto intero, cercate di servirvene al posto del caffè come stimolante per il pomeriggio! Molte persone lo considerano un esercizio particolarmente utile quando avvertono segni di stanchezza alla guida, specialmente sull’autostrada. Comunque, più lo si pratica, più ci si accorge dell’energia che produce.

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5 Eseguite una respirazione rilassante. Questo esercizio si può fare stando seduti con la schiena diritta, stando sdraiati sulla schiena o anche stando in piedi e camminando. Mettete la lingua nella posizione yoga descritta sopra e tenetevela per l’intera durata dell’esercizio. Espirate completamente attraverso la bocca, facendo un rumore udibile. Poi chiudete la bocca e inspirate silenziosamente attraverso il naso, contando mentalmente fino a quattro. A questo punto trattenete il respiro e contate fino a sette, poi espirate facendo rumore con la bocca e contate fino ad otto. Ripetete per un totale di quattro cicli, poi riprendete la respirazione normale. Se avete difficoltà a respirare con la lingua nella posizione yoga, cercate di contrarre le labbra e vedrete che presto ci abituerete. La velocità di esecuzione dell’esercizio è ininfluente. Quelli che importano, invece, sono i tempi- quattro, sette, otto – per l’inspirazione, il trattenimento del respiro e l’espirazione. Probabilmente vi sentirete limitati dalla durata che riuscirete a imporre all’esercizio, perciò cercate di modificare la velocità del conteggio. Mentre eseguite questa respirazione dovete comunque essere in grado di rallentarla. Eseguite l’esercizio due volte al giorno e dopo un mese, se non vi sono controindicazioni, aumentate quantità a otto cicli due volte al giorno.

Si dovrebbe praticare questa respirazione rilassante la mattina al risveglio e la sera

quando si è letto, poco prima di addormentarsi. Inoltre, bisogna cercare di ricordarsi di eseguirla quando ci si sente ansiosi o quando si è turbati. Questo metodo allevia i problemi digestivi, facilita il rallentamento del cuore nelle aritmie cardiache, abbassa la pressione alta, combatte l’ansia e l’insonnia. E’ un tonico per il sistema nervoso – un tonico spirituale più che materiale.

Con questi cinque esercizi potete iniziare un programma per imparare ad usare la respirazione e a potenziare il sistema di guarigione. Come ho già detto, si tratta di una vera e propria ginnastica spirituale, non solo di un metodo per migliorare lo stato di salute.

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STAR MEGLIO MANGIANDO MEGLIO Un regime alimentare è qualcosa che si deve seguire per tutta la vita e non per

pochi mesi, per questo potete farlo vostro anche in tempi non brevi, così come c’è voluto molto tempo per imparare a mangiare male. Quattro regole alimentari semplicissime garantiscono di rimanere in perfetta salute e mantenere il peso ideale, queste regole discendono dalla conoscenza della nostra natura e del funzionamento del nostro organismo. 1) Almeno il 75% degli alimenti che ingeriamo nella giornata deve essere ricco di

acqua: ovvero frutti e verdure. Il nostro pianeta è composto dal 75% di acqua ed anche il nostro corpo rispetta le

medesime proporzioni. Per permettere un corretto ricambio dell’acqua presente nelle nostre cellule non basta “bere molto”, occorre nutrirsi con alimenti ricchi di acqua. Le proteine animali come la carne o i carboidrati, come pane e pasta, contengono poca acqua disponibile all’assimilazione durante i processi digestivi. La frutta va mangiata da sola, lontano dai pasti e dagli altri alimenti, altrimenti ne ostacola la digestione, causando fermentazione intestinale. L’ideale sarebbe mangiare solo frutta nelle prime ore della giornata fino al pranzo, oppure come spuntino a metà pomeriggio o ancora usarla ogni tanto come pasto completo. 2) Sfatiamo il mito delle proteine: basta assumerle fino a quattro volte alla settimana.

Le proteine animali (carne, salumi, insaccati, pesce, uova e formaggi) non sono così indispensabili come ci hanno insegnato le teorie di una certa dietetica contemporanea. L’apporto proteico della civiltà dei consumi è enormemente superiore a quello dei nostri predecessori e questo non è necessariamente un bene: studi scientifici dimostrano che un apporto eccessivo di proteine può causare dei seri problemi all’equilibrio del nostro organismo (specialmente nei bambini). A questo si aggiunga che molti vegetali sono ricchi di proteine “semplici” (vedi i legumi e la frutta secca) e quindi più assimilabili da parte del nostro organismo. Il nostro apparato digerente ha caratteristiche che lo situano tra quello degli erbivori e quello dei carnivori, queste caratteristiche indicano che carne e pesce si possono mangiare, non sicuramente tutti i giorni e secondo le indicazioni che tratteremo nel prossimo punto. Anche il latte e latticini vanno molto ridimensionati. Il latte è un alimento molto complesso e di non facile digestione, andrebbe assunto da solo, lontano dagli alimenti; lo stesso vale per i latticini: i formaggi andrebbero preferibilmente consumati freschi e non stagionati. 3) Associamo i vari alimenti in maniera corretta: ciò assicura un’ottima digestione e

un’ottima assimilazione. Carboidrati e proteine non vanno mai associati! Bisogna scegliere in ciascun pasto se si vuole mangiare la pasta o la carne:

l’abitudine di mangiare un primo e un secondo non è assolutamente corretta. Queste indicazioni hanno una precisa ragione fisiologica, facilmente dimostrabile scientificamente: il nostro stomaco digerisce i carboidrati in un “ambiente” basico e le proteine in un “ambiente” acido. Ingerire entrambi in tempi ravvicinati manda in tilt lo stomaco impedendogli così di svolgere un lavoro corretto. Oltre ad un tempo di digestione più lungo (che significa dispendio di energia), dai cibi mal digeriti si producono tossine che irritano l’intestino e danneggiano tutto l’organismo.

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4) Mangiamo meno! Numerose ricerche scientifiche hanno evidenziato che il modo più sicuro per

aumentare la durata della vita animale consiste nel ridurre la quantità di alimenti che si ingerisce. Per questo è importante alimentarci con moderazione, alzandosi ogni volta da tavola con ancora un po’ di appetito. Gli eccessi non sono smaltiti in tempi fisiologici dall’organismo per cui vengono immagazzinati nei tessuti di deposito e vanno ad intasare l’organismo stesso. Sicchè il messaggio è semplice e chiaro: mangia meno e vivrai di più!.

BILANCIAMO CORRETTAMENTE OGNI PASTO • I due pasti principali (pranzo e cena) debbono avere sempre la stessa struttura e cioè: 1) verdure crude 2) o un “primo” o un “secondo” (solo 4 volte alla settimana: carne bianca o formaggio

o uova o pesce) 3) verdura cotta (fare in modo che in ogni pasto sia presente un solo cibo “secco”). • Le verdure crude e cotte si possono condire con sale marino integrale, olio e limone (o

aceto di mele biologico). Le verdure si possono cuocere a vapore o stufate o al forno ma senza grassi in cottura.

• Ricordare che ogni alimento bruciato (specialmente le carni) è potenzialmente cancerogeno.

• Ridurre il consumo di cibi conservati e raffinati (impoveriscono la dieta di nutrienti essenziali e facilitano lo sviluppo di intolleranze alimentari); preferire decisamente alimenti integrali e freschi e di derivazione biologica, privi di additivi, coloranti, conservanti, pesticidi.

• Evitare i grassi insaturi (burro, margarina, panna, olii spremuti a caldo). • Evitare lo zucchero bianco e il sale: usare lo zucchero di canna grezzo integrale e il sale

marino integrale. • La colazione del mattino dovrebbe essere a base di frutta ben associata, cioè: ogni qual

volta si mangiano uno o più frutti acidi si dovrebbero mangiare anche uno o più frutti dolci.

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ELENCO PER UNA GIUSTA COMBINAZIONE DEGLI ALIMENTI

Frutta (cibo + ricco d’acqua)

Verdure senza amidi (cibi ricchi d’acqua)

Carboidrati (cibi “secchi”)

Acida Asparago cereali (frumento, mais, orzo, riso, farro, amaranto, quinoa, kamut,ecc.)

Arancia bietola verde legumi freschi (fagioli, lenticchie, piselli secchi, fave, ceci, ecc.)

Cedro Broccoli pane, pasta, pizza limone Cardo patate mapo cavolini di bruxelles zucche

mela cotogna cavolo (sconsigliati se si soia Melagrana cavolfiore hanno problemi scitan Pesca cavolo rapa gastrintestinali).

proteine (cibi “secchi”) Pompelmo cavolo riccio noci, mandorle, pinoli, nocciole. Semiacida Cetriolo olive Albicocca cicoria (è pesante: va combinata solo

con altre verdure). *formaggi

Fragola Crescione *latte Lamponi Finocchi *carne Mandarino Fagiolini *pesce Kiwi Funghi *pollame Mango Germogli *uova Mela Indivia *yogurt Mirtillo Lattuga

grassi e olii Mora Melanzana avocado mais papaia peperone dolce sono cibi acidi burro girasole Susina Pomodoro *panna oliva Prugna prezzemolo (usato crudo toglie acidità

ai cibi) *lardo sesamo

Uva Radicchio margarina soia Dolce Ravanelli semi di lino Ananas rucola (è come il prezzemolo) Banana rape (anche rosse) *elencati per chiarezza ma

sconsigliati Caco Scarola

irritanti (da usare poco): pera Spinaci aglio, cipolla, fico (fresco) Verza porro, rafano e scalogno Castagna Zucchini Dattero verdure con pochi amidi frutta secca Barbabietola uva (moscata e passa) Carciofo sedano (è pesante e poco digeribile) carota piselli freschi

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LA VITA E L’ENERGIA Occorre chiarire un concetto fondamentale: la differenza tra la vita e la non vita, tra

la materia vivente e quella non vivente. Noi siamo infatti abituati a fare una grande differenza tra le due cose, come se appartenessero a due mondi completamente diversi tra loro; in realtà tutto ciò che la ricerca scientifica ci sta mostrando è che si tratta semplicemente di una differenza di struttura.

La differenza consiste nel fatto che i vari atomi siano disposti in un modo piuttosto che in un altro: in modo, diciamo, “giusto” oppure “sbagliato”. Infatti il nostro corpo è costituito esattamente dagli stessi atomi che si trovano in un sasso (idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto, fosforo, ferro, sodio, potassio, calcio, ecc.); la differenza consiste nel disporre tutti questi atomi nel modo giusto, e allora si ottiene un organismo vivente.

Spieghiamo meglio questo concetto. Attraverso il metabolismo cellulare noi cambiamo senza sosta tutti i nostri atomi; ogni giorno prendiamo dall’ambiente miliardi di atomi (respirando, mangiando, bevendo) e ne rigettiamo altri miliardi (sudando, espirando, eliminando rifiuti). C’è un ricambio continuo di questi atomi nei tessuti del nostro corpo, nei quali tutte le cellule vengono cambiate nel giro di qualche mese; e sono oggi interamente costituite da atomi che prima si trovavano nei negozi di alimentari sotto forma di pomodori, marmellate, carne, pesce, pasta, ecc.

E l’energia per far muovere tutto questo? Ci viene dal Sole, perché noi funzioniamo ad energia solare. Non mi dilungherò sul funzionamento di un organismo vivente, perché rischierei di uscire fuori del nostro tema.

Quello che però è importante sottolineare è che la differenza tra materia non vivente e materia vivente è appunto una differenza di struttura, cioè di montaggio di atomi. Nel nostro discorso ciò assume una grande importanza; infatti se, per un insieme di circostanze, certi atomi cominciano casualmente ad aggregarsi in certe strutture, sotto l’azione dell’energia solare, diventa allora possibile innescare un processo che gradualmente, attraverso un meccanismo di selezione, può portare a strutture sempre più complesse e funzionanti.

Ciò è accaduto nel “brodo caldo” della Terra primitiva, oltre 4 miliardi di anni fa. Ai suoi inizi la Terra non era un posto raccomandabile; anche dopo che la crosta terrestre aveva cominciato a solidificarsi, l’ambiente era totalmente inospitale: vulcani, lava, fulmini, e soprattutto un’atmosfera che per noi sarebbe stata irrespirabile, composta da ammoniaca, idrogeno, vapore acqueo, metano (oltre ad idrogeno solforato, anidride solforosa e ossido di carbonio). Sotto l’azione dell’energia solare e dei fulmini, i gas presenti nell’atmosfera reagirono, formando i primi composti organici (forse in parte portati anche dalle comete). Questi aminoacidi (che sono i costituenti delle proteine, cioè i mattoni con cui sono costruite tutte le nostre cellule) riempirono pian piano gli oceani, dove l’acqua li proteggeva dall’azione dei raggi ultravioletti, e si unirono casualmente in aggregati più grandi e più complessi, i cosiddetti polimeri. In questo “brodo caldo” per molti milioni di anni ci fu un rimescolamento di molecole organiche sempre più complesse e numerose, finchè ad un certo punto, probabilmente in prossimità delle sorgenti sulfuree calde dei vulcani sottomarini, emersero delle molecole capaci di stampare delle copie identiche di sé stesse, utilizzando il materiale ambientale. Queste molecole sono gli acidi nucleici, in particolare il DNA, che rappresenta il filo conduttore del nostro discorso relativo alla vita sulla terra. Nacque così la replicazione, e la selezione ambientale portò a molecole ancora più complesse ed efficienti, le quali unendosi in ulteriori montaggi spontanei e cominciando a replicarsi dentro una membrana diedero origine alle prime forme cellulari, e quindi alla

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vita vera e propria, cioè ai primi esseri unicellulari (alghe verdi-azzurre o solfo-batteri) destinati poi ad evolvere.

La comparsa del DNA sulla terra segna il confine tra la non-vita e la vita, un confine non netto, perché vi è stata una gradualità nel passaggio, come per il passaggio dalla notte al giorno. Tutte le forme viventi sulla Terra sembrano discendere da una sola partenza avvenuta circa 3 miliardi e mezzo di anni fa, e cioè dalla molecola di DNA, un modello rivelatosi nel corso dell’evoluzione il più adatto ed il più efficiente, grazie ad un lungo processo di mutazione e selezione naturale.

Ciò che più stupisce è il fatto che una molecola di DNA sia virtualmente identica in un virus, in un batterio, in un albero, in una cellula umana. Le informazioni genetiche del DNA sono codificate nella sequenza delle basi (adenina, timina, citosina, guanina). Poiché il numero di basi appaiate varia da circa 5000 per i virus più semplici a circa 5 milioni nei 46 cromosomi umani, le variazioni possibili raggiungono un numero astronomico. Il DNA di una cellula umana, che esteso raggiungerebbe la lunghezza di quasi 2 metri, può contenere informazioni equivalenti a 600.000 pagine stampate, ognuna di 500 parole (oppure ad una biblioteca di circa un migliaio di volumi).

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IL TAO La vita può esistere soltanto se vi sono due forze opposte ed antagoniste, ma allo stesso tempo complementari, poiché cooperano e si combinano in continuazione, sia all’interno del corpo che nell’Universo; esse sono lo Yin e lo Yang, racchiuse nel Tao. Il concetto del Tao, in realtà indefinibile, può essere inteso come flusso, infinito divenire di tutte le cose e di tutti gli esseri viventi che allo stesso tempo è unicità immutabile e incondizionata, in un alternarsi di opposti e di forze complementari e inseparabili. Lo Yin e lo Yang sono i due elementi che permettono la manifestazione della materia. Senza questo principio di dualità non vi può essere presa di coscienza né manifestazione. Infatti, la dualità permette l’identificazione di un elemento in rapporto all’altro. Il freddo non può esistere senza il caldo, né la morte senza la vita, la materia senza energia; lo Yin e lo Yang esistono ovunque e sono iniziati dal momento della creazione dei mondi, ossia dal big bang. Questo è il momento in cui un principio unico si divide per realizzarsi attraverso questa doppia polarità, che è il punto di giunzione e di passaggio tra il mondo della non-manifestazione e quello della manifestazione, tra l’energia e la materia. L’uomo nasce da due cellule Yin e Yang (ovulo e spermatozoo) che si combinano per ritrovare un’unità. L’equilibrio Yin-Yang induce un’oscillazione permanente della vita, attraverso una trasformazione costante che si realizza a livello di collegamento dell'individuo con i piani cosmici.

Ritorniamo al DNA: l’acido desossiribonucleico nei geni fornisce la base molecolare dell’evoluzione; esso dirige e controlla tutte le attività della cellula attraverso il controllo della sintesi degli aminoacidi (i mattoni della sostanza vivente), che assemblano le proteine, favorendo la crescita e lo sviluppo dell’organismo.

Se ci riferiamo al Tao, possiamo realmente comprendere cosa sono i virus: essi sono i discendenti di blocchi di acidi nucleici che hanno acquistato la capacità di una replicazione indipendente, e quindi sono una parte della strategia mediante la quale il DNA assicura la continuazione della sua riproduzione e la sua evoluzione. I virus potrebbero essere uno dei due estremi che caratterizzano l’ampia varietà di molecole di DNA che si sono originate all’interno delle cellule viventi.

Infatti il DNA vivente è il progetto iniziale della vita, ciò che ha creato la vita (e quindi conserva in sé il progetto divino); il DNA non vivente dei virus potrebbe essere quella parte del progetto (software) che dopo la creazione si è dato una capacità di replicazione indipendente dal primo, proprio perché la vita potesse esistere. Questo perchè non può esistere una vita senza una non-vita, una materia senza un’antimateria, un Universo senza un Universo parallelo.

E’ la legge eterna dello Yin e dello Yang, del bene e del male, dell’amore e della morte (a-mor, inteso come gli antichi Egizi, cioè senza morte, immortale).

A dimostrazione della legge eterna del Tao, che afferma l’esistenza degli opposti e di tutte le loro sfumature, se ci riferiamo al DNA potremmo pensare che ad un estremo si trovi il DNA nucleare, responsabile della sintesi delle proteine (al fine di favorire la crescita e lo sviluppo dell’organismo), oltre che di dotare tutta la discendenza delle informazioni per tale sintesi (trasmissione ereditaria dei caratteri genetici), mentre all’altro estremo si trovano i virus.

E in mezzo? C’è il DNA mitocondriale, trecentomila volte più corto di quello nucleare, che si trova nei mitocondri, organuli situati da tempi antichissimi nel citoplasma cellulare e che hanno il ruolo di fornire energia ai processi cellulari. Questi nostri “soli” interni derivano probabilmente da batteri primordiali, e quindi il loro DNA potrebbe

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derivare da virus batteriofagi, il cui acido nucleico si sarebbe inglobato nella struttura del mitocondrio, fornendogli il combustibile per il funzionamento della centrale energetica.

E’ interessante, ed anche suggestivo, il fatto che durante la fecondazione lo spermatozoo inserisce nell’ovulo il proprio DNA, ma non i propri mitocondri; infatti l’ovulo, una volta inglobato il DNA dello spermatozoo, continua a funzionare grazie ai propri mitocondri. Quindi i mitocondri che ognuno di noi ha nelle sue cellule sono quelli della madre, non del padre. C’è, insomma, un filone tutto femminile di DNA: quello mitocondriale. La centrale energetica delle nostre cellule, responsabile quindi dell’energia vitale endogena, è solo femminile!

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CONCLUSIONE Una cosa a cui penso spesso è l’estrema complessità del vivente. Se è vero che in una minuscola goccia di sangue di 1 mm. cubo vi sono circa 5 milioni di globuli rossi, è altrettanto vero che un globulo rosso contiene 280 milioni di molecole di emoglobina, che una molecola di emoglobina è composta da circa 10.000 atomi, con una loro precisa collocazione spaziale e strutturale. Questo lascia solo immaginare quanto è complicato il nostro corpo (composto da 60000 miliardi di cellule), e quanto siamo ancora indietro, malgrado tutti i progressi fatti. Cosa ha in comune il nostro organismo con una stella? Il fatto che entrambi sono costituiti di atomi. Sapete quanti atomi sono contenuti in una capocchia di spillo? Centomila miliardi di miliardi! E la cosa più stupefacente è che gli atomi sono principalmente costituiti di spazio vuoto. Se il nucleo (che contiene protoni e neutroni) fosse grande quanto una moneta, l’elettrone più vicino ruoterebbe ad una distanza di mezzo chilometro. E in quel mezzo chilometro non c’è niente, o, meglio, esiste uno spazio eterico che è il trasmettitore vibratorio dell’informazione. Inoltre l’elettrone, che possiamo considerare come un attivatore oscillante, ha una duplice caratteristica (secondo la teoria della relatività di Einstein): sia onda che particella, come la luce, che si comporta sia come un flusso di particelle (quanti di luce o fotoni) sia come un’onda elettromagnetica. E il suo moto è governato dal principio di indeterminazione di Heisenberg (“E’ impossibile conoscere con la necessaria precisione e nello stesso momento sia la posizione che la velocità di un elettrone”). Questi sono i fondamenti della meccanica quantistica, che rende impossibile prevedere con assoluta precisione e certezza ogni fenomeno, accontentandosi della probabilità. Ogni elettrone orbita intorno al nucleo alla velocità di milioni di miliardi di giri al secondo, comportandosi come un’onda che salta da un’orbita all’altra (come se i pacchetti di onde, raggruppandosi tutte insieme, si concentrassero in un punto, comportandosi in certi casi come un corpuscolo). Per concludere, vorrei citare le parole di Albert Einstein, colui che ha avuto la più grande intuizione che possa avere un essere umano, cioè quella di collegare nella sua famosa formula E=mc² l’energia e la materia, lo Yin e lo Yang. Queste frasi sono tratte dal libro “Come io vedo il mondo”: “Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perché, ma assai spesso crede di averlo capito. Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia….Qual è il senso della nostra esistenza, qual è il significato dell’esistenza di tutti gli esseri viventi in generale?… Chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere. La più bella sensazione è il lato misterioso della vita… Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per così dire morto; i suoi occhi sono spenti… Mi basta sentire il mistero dell’eternità della vita, avere la coscienza e l’intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell’intelligenza che si manifesta nella natura”. Ecco lo scopo di una vita.